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ESAME AVVOCATO - SESSIONE 2012
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Da: sangelom12/12/2012 11:38:45
Traccia Notaio

Riferimenti normativi: art. 314 c.p. ( peculato) e 322 ter c.p. (confisca per equivalente)

(1) In materia di responsabilità del notaio e peculato, si veda Cassazione penale, sez. V, sentenza n° 47178/2009. "Il notaio che ometta il versamento di somme, affidategli da clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro in relazione ad atti rogati incorre nel delitto di peculato. La condotta appropriativa del notaio deve essere qualificata come peculato. Infatti, la qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non solo nell'esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma in tutta la sua complessa attività, disciplinata da norme di diritto pubblico (legge notarile) e diretta alla formazione di atti pubblici (negozi giuridici notarili)".

(2) In tema di peculato e confisca per equivalente, si veda Cassazione penale, SS.UU., sentenza 06.10.2009 n° 38691. In tema di peculato, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca "per equivalente" disciplinata dall'art. 322 ter, comma primo cod. pen., può essere disposto, in base al testuale tenore della norma, soltanto per il prezzo e non anche per il profitto del reato.

(3) In tema di peculato, si veda Cassazione penale, sez. VI, sentenza 20.05.2009 n° 21165.
La confisca per equivalente prevista dall'articolo 322-ter, comma 1, ultima parte, del Cp, nel caso di condanna o di applicazione della pena per taluno dei delitti di cui agli articoli da 314 a 320 del Cp, può essere rapportata, in base al dato testuale della norma, non al profitto, ma soltanto al prezzo del reato, inteso in senso tecnico quale corrispettivo dell'esecuzione del reato pattuito e percepito dal suo autore, e in tale nozione non è certamente riconducibile il provento del delitto di peculato.

(4) Sentenza n. 37960 del 2011 Notaio accusato di peculato e con debiti per tributi evasi.

La previsione di cui all'art. 322 ter introduce la confiscabilità per equivalente nel caso in cui i beni costituenti il "profitto" o il "prezzo" del reato non siano aggredibili per qualsiasi ragione. La norma prevede che la confisca possa riguardare beni dei quali il reo abbia in ogni caso "la disponibilità" per un valore corrispondente a quello che avrebbe dovuto altrimenti costituire oggetto della confisca.

Da: ....AaA12/12/2012 11:39:37
massima traccia notaio ????

Da: qwerty7512/12/2012 11:42:06
roma a che ora consegna grazie

Da: incavolato nero12/12/2012 11:42:27
ma qualcosa per la pedofilia !!! NOOOOO

Da: auto12/12/2012 11:42:32

- Messaggio eliminato -

Da: rino 2108812/12/2012 11:43:07
notizie da ROMA? non si sa a che ora consegnano? hanno finito di dettare?

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Da: giurdanella.it12/12/2012 11:43:28
ci devi citare come fonte
http://www.giurdanella.it/articolo/esame-avvocato-2012-parere-penale-traccia-notaio-riferimenti-normativi-e-giurisprudenziali

Da: LORENZOXXXX12/12/2012 11:43:54
UN GIORNO IL MIO CAZZO USCì DAL GREGGE E ANDò IN CULO A KI LO LEGGE!!!!!!!

Da: VaLLio12/12/2012 11:44:00
la soluzione del notaio ragazzi vi pregooo

Da: kevina12/12/2012 11:44:02
per la traccia del notaio

attenzione alla modifica recentissima della 190 / del 2012 che aggiunge alla fine del primo comma del 322 ter anche la parola profitto!

Da: aoxomoxoa 12/12/2012 11:44:44
SVOLGIMENTO TRACCIA NOTAIO
(CAMBIATELA O E' TUTTO INUTILE)

Col parere oggetto di svolgimento mi si chiede di illustrare la fattispecie penale individuabile dalla condotta del Notaio Tizio con particolare riferimento alle possibilità di confisca per  equivalente dei beni previamente sottoposti a sequestro.  Al fine di rendere il parere richiesto appare quindi necessario muovere dall'istituto della confisca così come previsto dall'art. 322-ter c.p. per i fini che a noi interessano.
La previsione di cui all'art. 322 ter introduce la confiscabilità per equivalente nel caso in cui i beni costituenti il "profitto" o il "prezzo" del reato non siano aggredibili per qualsiasi ragione. La norma prevede che la confisca possa riguardare beni dei quali il reo abbia in ogni caso "la disponibilità" per un valore corrispondente a quello che avrebbe dovuto altrimenti costituire oggetto della confisca.
Nell'ambito delle misure di sicurezza assume un ruolo peculiare la figura della confisca, la cui disciplina generale è contenuta nell'art. 240 c.p. Attraverso detta misura ablatoria vengono acquisiti dallo Stato beni che per la loro intrinseca natura, ovvero per un collegamento funzionale con un illecito penale, devono considerarsi criminosi. Per quanto attiene ai presupposti applicativi della confisca occorre precisare che questa, a differenza della altre misure di sicurezza, prescinde dall'accertamento della pericolosità sociale del reo, essendo sufficiente la commissione di un reato o di un quasi reato.
In linea generale, essa è di applicazione facoltativa (art. 240, comma 1, c.p.) ovvero obbligatoria (art. 240, comma 2, c.p.). Attraverso la l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha inciso sul titolo dedicato ai delitti contro la Pubblica Amministrazione, la confisca obbligatoria è stata estesa, grazie alle previsioni contenute nell'art. 322 ter c.p.. ad alcune fattispecie ivi previste e, inoltre, è stato inserito l'istituto della confisca per equivalente, già contemplato dal nostro ordinamento in materia di usura (l.  7 marzo 1996, n. 108). Il tratto che connota tale figura giuridica consiste nella possibilità, per l'autorità giudiziaria, di procedere, qualora manchino i beni che si identificano con il profitto e il prezzo del reato, all'ablazione di beni diversi per un valore equivalente al prezzo del reato (art. 322 ter, comma 1) ovvero al profitto del medesimo (art. 322 ter, comma 2, c.p.).
Fin dall'introduzione dell'istituto della confisca si è aperto un dibattito relativo alla natura giuridica di tale sanzione penale. Precisamente, ci si è chiesti se, conformemente all'intitolato legale, debba considerarsi una misura di sicurezza ovvero assuma i tratti di una vera e propria pena.
La distinzione è di non poco momento, atteso che, ai sensi dell'art. 200 c.p., si applica alle misure di sicurezza un divieto di retroattività temperato, in forza del quale può trovare applicazione la legge in vigore al tempo dell'esecuzione della misura di sicurezza, ancorché sia diversa da quella prevista al tempo del reato commesso, mentre per le pene vale il principio di irretroattività sancito nell'art. 2, comma 1, c.p., il quale ammette deroghe soltanto a favore del reo. Secondo la tesi tradizionale, la ratio di tale opzione normativa riposa sulla diverse funzioni perseguite dalla pena e della misura di sicurezza. Nel primo caso prevalgono esigenze di prevenzione generale, nel secondo caso, invece, è valorizzato il contenuto terapeutico della misura sanzionatoria, sicché trova giustificazione l'applicazione di uno strumento più moderno, sebbene diverso da quello previsto al tempo della perfezione dell'illecito. Resta inteso che, per non svuotare di contenuto le garanzie del reo, è necessario che la previsione di una misura di sicurezza applicabile per il fatto realizzato già sussista al momento della commissione di questo.  
Proprio in materia di confisca per equivalente, le indicazioni provenienti dalla l. 29 settembre 2000, n. 300 orientano a ritenere che la confisca abbia una natura giuridica assimilabile a quella della pena. L'art. 15 (Norma transitoria), preclude infatti l'applicazione retroattiva della confisca per equivalente.
Detto rilievo, già condiviso dalla giurisprudenza delle Sezioni unite in materia di responsabilità degli enti dipendente da reato (Cass. pen., S.U., 27 marzo 2008 - 2 luglio 2008, n. 26654), è stato recentemente confermato dalla Corte costituzionale (Corte cost., 2 aprile 2009, n. 97) la quale, recependo l'approccio sostanzialistico in materia penale, tipico della giurisprudenza della Corte della Europea dei Diritti dell'Uomo, ha riconosciuto nella confisca per equivalente i tratti dell'afflittività, tipici della pena. Poste queste premesse, la Consulta ha statuito che un'applicazione retroattiva dell'istituto di cui all'art. 322 ter c.p. violerebbe l'art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, a tenore del quale nessuno può essere punito con un pena più grave di quella prevista al momento in cui è stato commesso il fatto e, conseguentemente, contrasterebbe con l'art. 117, comma 1, Cost. che impone al legislatore italiano di esercitare la potestà legislativa rispettando i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
La prima problematica che viene in rilievo nel caso di specie attiene alla possibilità di ritenere integrati gli estremi del delitto di peculato dalla condotta di Tizio, il quale riveste la qualità di soggetto pubblico. Nella giurisprudenza della Suprema Corte si osserva un indirizzo interpretativo pacifico secondo il quale il momento consumativo del delitto di peculato deve individuarsi nel comportamento appropriativo dell'agente avente a oggetto il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia il possesso per ragioni d'ufficio o di servizio.
Ed in effetti, a mente della Cassazione penale, sez. V, sentenza n° 47178/2009, il notaio che ometta il versamento di somme, affidategli da clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro in relazione ad atti rogati incorre nel delitto di peculato. La condotta appropriativa del notaio deve essere qualificata come peculato. Infatti, la qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non solo nell'esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma in tutta la sua complessa attività, disciplinata da norme di diritto pubblico e diretta alla formazione di atti pubblici.
Occorre ora chiedersi se effettivamente la misura cautelare, funzionale a quella ablativa, potesse o meno avere a oggetto i beni nella disponibilità di Tizio.
La questione si colloca nel contesto relativo alla definizione dello spettro operativo della confisca per equivalente disciplinata nell'art. 322 ter c.p.
L'art. 322 ter, introdotto nel codice penale dalla l. 29 settembre 2000, n. 300, in occasione delle ratifiche da parte del nostro Paese di specifiche convenzioni internazionali volte a contrastare i fenomeni corruttivi, dispone al comma 1, che in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei delitti contro la Pubblica Amministrazione previsti negli articoli da 314 a 322 c.p. è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono "il profitto o il prezzo" salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando questa non sia possibile, la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale "prezzo" (c.d. confisca per equivalente). Nei termini chiariti dall'autorevole insegnamento delle Sezioni unite della Suprema Corte, la ratio dell'istituto della confisca per equivalente risiede nella scelta di privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale misura che assume a tutti gli effetti i tratti distintivi di una vera e propria sanzione (Cass. pen., S.U., 27 marzo 2008 - 2 luglio 2008, n. 26654).
Stando alla formulazione letterale della disposizione (art. 322 ter, comma 1, c.p.), come rilevato dalla costante e più recente giurisprudenza di legittimità, la confisca per equivalente non è applicabile in relazione al profitto del delitto di peculato (art. 314 c.p.), dovendo ritenersi limitata al solo tantundem del prezzo del reato (Cass. pen., Sez. VI, 5 novembre 2008 - 7 aprile 2009, n. 14966; Cass. pen., Sez. VI, 10 marzo 2009, n. 10679).
Depongono a favore di questa soluzione argomenti di diversa natura.
In prospettiva sistematica, si esclude che il legislatore abbia utilizzato nell'art. 322 ter c.p. il termine prezzo in senso atecnico, così da comprendere qualsiasi utilità connessa al reato, derogando alla disciplina generale stabilità nell'art. 240 c.p., ove le nozioni di prezzo e profitto sono nettamente distinte.
Da un punto di vista esegetico, poi, sembra chiara la volontà del legislatore di escludere, salvo le ipotesi del comma 2 dell'art. 322 ter c.p., il profitto del reato dalla confisca per equivalente.
In senso contrario si registra un isolato orientamento che aderisce a una interpretazione estensiva secondo la quale, riguardo al delitto di peculato, sono assoggettabili a confisca, ai sensi dell'art. 322 ter c.p., comma 1, beni nella disponibilità dell'imputato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato (Cass. pen., Sez. VI, 29 marzo 2006 - 17 luglio 2006, n. 24633).
Di recente, a dirimere l'illustrato contrasto giurisprudenziale sono intervenute le Sezioni unite della Suprema Corte. La Corte ha precisato che, in difetto di una nozione legale di profitto del reato, può accogliersi la ricostruzione semantica di tale concetto offerta dalla dominante giurisprudenza di legittimità secondo la quale esso deve essere identificato con il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato e si contrappone al prodotto e al prezzo del reato. In particolare, il prodotto rappresenta ciò che materialmente deriva dall'illecito, vale a dire le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato, il prezzo, invece, deve individuarsi nel compenso dato o promesso a una determinata persona, a titolo di corrispettivo dell'esecuzione dell'illecito (ex plurimis, Cass. pen., S.U., 3 luglio 1996 - 17 ottobre 1996, n. 9149).
Le Sezioni unite, pertanto, alla luce della netta distinzione fra le nozioni di prezzo e profitto del reato, unitamente alla mancanza di una chiara indicazione legislativa che attribuisca a tali termini un significato diverso da quello comunemente assegnato dalla giurisprudenza di legittimità, ritengono che non sussista alcun elemento idoneo a far ritenere che il legislatore, nella formulazione dell'art. 322 ter, comma 1°, c.p., abbia usato il termine prezzo in senso atecnico, così da includere qualsiasi utilità connessa al reato sicché, con riferimento al delitto di peculato può disporsi la confisca per equivalente prevista dall'art. 322 ter, comma 1, ultima parte c.p., soltanto del prezzo e non anche del profitto (Cass. pen., S.U., 25 giugno 2009 - 6 ottobre 2010, n. 38691).
Nel caso di specie, accedendo all'ultimo indirizzo delle Sezioni unite, Tizio potrà ottenere, previa istanza di riesame del sequestro preventivo, la restituzione dei propri beni.

Da: MARCOS7512/12/2012 11:45:06
il notaio potrebbe rispondere di peculato continuato, anche pena accessoria 317bis?

Da: Seb Sebian12/12/2012 11:45:26
Chi dice che le tracce di Civile erano semplici è uno sborone arrogante che si sente il Carnelutti dei noantri.

Da: MAGAGRIMALDA12/12/2012 11:46:06
Sul peculato sentenza di riferimento:

http://www.altalex.com/index.php?qs=36364&idstr=0

Da: giurdanella.it12/12/2012 11:46:44
per SANGELOM
hai copiato il nostro articolo, ci devi citare come fonte
http://www.giurdanella.it/articolo/esame-avvocato-2012-parere-penale-traccia-notaio-riferimenti-normativi-e-giurisprudenziali

Da: speriamochevada12/12/2012 11:51:08
Al fine di individuare gli autori di reati in materia di pedopornografia la legge 269/1998 consente attività di contrasto ai reati di pedopornografia online, affidando strumenti particolari agli organi di polizia che, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, può procedere anche ad acquisti simulati di materiale pornografico, o ad infiltrarsi nelle organizzazioni criminali.
Sulla base della normativa attuale si possono utilizzare siti "civetta" congegnati con modalità tali da attirare persone interessate all'acquisizione di immagini raffiguranti attività sessuali con minori, oppure azioni "sotto copertura" in chat o nei newsgroup.
Dato il carattere di eccezionalità di questi strumenti di indagine, deve ritenersi inutilizzabile il risultato di una indagine di questo tipo che non abbia avuto gli esiti sperati e che abbia rivelato un reato diverso e non compreso tra quelli elencati nella legislazione speciale.

Da: incavolato nero12/12/2012 11:52:47
pedo


Corte di Cassazione, Sez. III penale
Sentenza 6 aprile 2011- 3 ottobre 2011, n. 35696


LA SUPREMA  CORTE  DI  CASSAZIONE
SEZIONE  III  PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott.    Giuliana Ferrua                         - Presidente -
Dott.    Claudia Squassoni                   - Consigliere -
Dott.    Alfredo Maria Lombardi            - Consigliere -
Dott.    Amedeo Franco                       - Consigliere -
Dott.    Elisabetta Rosi             - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
XXXXX
avverso la sentenza n. 48/2009 della Corte d'Appello di Firenze

Visti gli atti, la sentenza e il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 6/04/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Elisabetta Rosi
Udito il Procuratore Generale (…..) che ha concluso per il rigetto del ricorso, previa emenda del dispositivo con esclusione della pena accessoria
Udito il difensore (…..) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 22 febbraio 2010, ha confermato la sentenza emessa all'esito di rito abbreviato dal G.I.P. presso il Tribunale di Firenze il 26 febbraio 2008, che aveva condannato XXXXX alla pena di un anno di reclusione e 1800 euro di multa, per i reati di cui all'art. 600 ter, c. 4 (così derubricato il capo a), 600 quater c.p. ed unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, commessi in Sesto Fiorentino sino al 26 ottobre 2005.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, tramite il proprio difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

1.  Inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 600 ter comma 4 c.p. e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte cui è stata ritenuta corretta la riqualificazione dei fatti contestati al capo a) dell'imputazione, ed è stata ritenuta raggiunta la prova della consumazione del reato di cui all'art. 600 ter comma 4 c.p., ritenendo che la conversazione per via telematica (c.d. "in chat") intercorsa tra l'utente con l'username 13topina90 e il suo interlocutore, avrebbe consentito ai due di condividere materiale avente ad oggetto contenuto pedopornografico, mentre la norma richiamata prevede solo la condotta di offerta e cessione reciproche.
Nel caso di specie l'invio di materiale ritenuto a carattere pedopornografico, era invece avvenuto unidirezionalmente da parte del computer dell'interlocutore a quello del ricorrente, cessionario delle immagini: di fatti non esisteva prova di invio di files da parte del ricorrente stesso.

2.  Inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 600 quater c.p. e mancanza e manifesta illogicità della motivazione: nella sentenza impugnata non sarebbe stata data risposta al terzo motivo di appello con il quale si poneva in evidenza la mancanza di prova dei fatti.

3.  Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 350 comma 5, 6, 7; 192; 442 c.p.p.; mancanza e manifesta illogicità della motivazione ed inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, nella parte in cui non è stata ritenuta, ex art. 350 comma 6 c.p.p., l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato nell'immediatezza dei fatti in assenza del difensore e riversate nell'annotazione di P.G., in quanto l'individuazione del ricorrente è stata effettuata solo su tale base.

4.  Inosservanza o erronea applicazione della legge penale e processuale penale e violazione ed erronea applicazione degli artt. 592 e 605 c.p.p., in quanto la Corte di appello, pur ritenendo errata da parte del Giudice di primo grado l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione perpetua prevista dall'art. 600 septies comma 2 c.p. come risulta dalla parte motiva della sentenza, non ne ha fatto cenno nel dispositivo della sentenza. Tale pena accessoria è stata introdotta dall'art. 5 Legge 6/2/2006 n. 38, e quindi in epoca successiva alla commissione dei reati contestati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato, non è infatti possibile ritenere, come asserito dal ricorrente, che la "condivisione di files", attuata nel caso di specie tramite chat, sia esclusa dalla fattispecie tipizzata al comma 4 dell'art. 600 ter c.p., che incrimina l'offerta o la cessione gratuita di materiale pedopornografico.
In molte pronunce l'elemento della divulgazione via internet attraverso programmi di file sharing, è stato proprio individuato in diversità con la situazione di scambio in un semplice rapporto a due" (conf. Sez. 3, sentenza n. 24788 del  5 febbraio 2009, R.E.F.), e la riflessione giurisprudenziale ha concluso affermando che "quando il programma consenta a chiunque si colleghi la condivisione di cartelle, archivi, documenti contenenti foto pornografiche, deve ritenersi integrato il delitto di cui all'art. 600 ter c.p., comma 3.
Laddove, per contro, il prelievo del ridetto materiale avvenga solo a seguito della manifestazione di volontà dichiarata nel corso di una conversazione privata, ovvero si tratti di cessione meramente occasionale, si versa nella più lieve ipotesi di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4" (cfr. Sez 3, n. 18678 del 19/3/2008, si veda anche Sez. 3, 7/12/2006 n. 593, relativo alla cessione di fotografie pornografiche minorili attraverso una chat-line; Sez. 5, 11/12/2002 n. 4900).
La condivisione, insomma, altro non è che una forma di scambio di documenti informatici, tramite internet, rientrante appieno nella fattispecie di cui trattasi.
Orbene, i giudici di merito hanno ricostruito i fatti addebitati al ricorrente che si concretizzarono nell'invio e ricezione di materiale pedopornografico con un solo altro utente: le immagini venivano visionate insieme all'interlocutore al fine di soddisfacimento reciproco e contestuale, tramite masturbazione.
I giudici di appello hanno condiviso hanno condiviso le valutazioni della sentenza di primo grado offrendo puntale risposta alle doglienze avanzate in grado di appello e qui riproposte, essendo principio giurisprudenziale consolidato quello dell'integrazione in un unico compendio motivazionale della sentenza impugnata con quella conforme di primo grado.

2.  Risultano quindi infondati anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso, posto che la valutazione di utilizzabilità nel rito abbreviato delle dichiarazioni di cui al comma 7 dell'art. 350 c.p.p. risulta in linea con la giurisprudenza di legittimità (da ultimo cfr. Sez. 5, n. 18064 del 19/1/2010, Rv. 246865).

3.  Peraltro questo Collegio osserva che è evidente che l'ipotesi di offerta o cessione di materiale pedopornografico (art. 600 ter, comma 4, c.p.) contiene dal punto di vista concettuale quella di detenzione inclusa nell'imputazione di cui all'art. 600 quater c.p. (procurarsi o detenere): infatti la giurisprudenza di legittimità ha affermato, in via generale, che anche la stessa divulgazione di materiale illecito presuppone la sua detenzione, perché non si può evidentemente divulgare volontariamente "materiale pedopornografico" se non si è in possesso e non si detiene consapevolmente il materiale stesso (cfr. Sez. 3, n. 11169 del 7/11/2008, Rv. 242992).  E' stato quindi, in relazione allo specifico, escluso il concorso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico e quello di detenzione dello stesso materiale, "in quanto la condotta di detenzione rappresenta un antefatto non punibile rispetto a quella di cessione, rimanendo assorbita in quest'ultima" (Sez. 3, n. 36364 del 10/7/2008, Rv. 241036).
Pertanto, all'esito della derubricazione effettuata dal giudice di primo grado del reato di divulgazione contestato ab origine al  XXXXX al capo a), nella fattispecie di cui all'art. 600 ter, comma 4, c.p., l'ipotesi di cui al capo b), descrittiva di un comportamento che necessariamente è compreso nella condotta riconosciuta al capo precedente per effetto della derubricazione, deve essere considerata assorbita in quella sub a).
Quindi la sentenza impugnata deve essere annullata senza limitatamente al reato sub b), perché assorbito in quello sub a) e, conseguentemente, non sussistendo più la continuazione prima computata, la decisione deve essere rinviata ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze che provvederà a rideterminare la pena.

4.  Quanto all'ultimo motivo di ricorso, lo stresso è fondato: con chiarezza nella parte motiva della sentenza i giudici hanno dato atto che al XXXXX  non potevano essere applicate le pene accessorie ex art. 609 septies c.p., in quanto la disposizione in questione era stata introdotta successivamente al tempus commissi delicti. Nel dispositivo la affermazione non risulta riprodotta  e pertanto la sentenza, nella parte relativa alla condanna alle citate pene accessorie, deve essere annullata senza rinvio, con conseguente venir meno anche della condanna dell'appellante alle spese del grado.

PQM

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato sub b), perché assorbito in quello sub a).
Annulla detta sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze per la rideterminazione della pena.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in ordine alle applicate pene accessorie.
Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011

Il Consigliere estensore
Elisabetta Rosi

Il Presidente
Giuliana Ferrua

Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2011

Da: Sempi12/12/2012 11:53:03
Qual è la sentenza per la traccia sulla pedopornografia?

Da: Lalla8612/12/2012 11:55:20
confermo aoxomoxoa SUL NOTAIO è giusta cambiatela un pochino...però dovrebbe andare bene

Da: elenco sentenze e riferimenti TRACCIA NOTAIO12/12/2012 11:55:41
Facciamo un elenco definitivo delle sentenze riferimenti normativi?
inoltre l'aggiornamento che dicono del 322ter è esatto?
la soluzione è già arrivata?
grazie mille siete gentilissimi

Da: x  elenco sentenze e riferimenti TRACCIA NOTAIO12/12/2012 11:57:14

- Messaggio eliminato -

Da: eipigreco12/12/2012 11:58:17
MI SERVE LA TRACCIA 1 GENTILMENTE

Da: lingegnere12/12/2012 11:58:48
la soluzione proposta da amoxoxa è buona?

Da: mao12/12/2012 11:59:37

Da: Chex 12/12/2012 11:59:43
basita ma vattela a pija 'nder culo!

Da: SantAmbrogio12/12/2012 12:01:37
la traccia di aoxomoxoa è corretta

Da: SantAmbrogio12/12/2012 12:01:38
la traccia di aoxomoxoa è corretta

Da: TRACCIA12/12/2012 12:02:27
qual è la traccia 1??????? grazie è urgentee!!!!!!!!

Da: Vi aiuto12/12/2012 12:04:51
Ragazzi su altalex sono riportate per ciascuna traccia le sentenze di riferimento con i relativi commenti,

Da: stella21 12/12/2012 12:09:14
Potresti mettermi il link per trovare la pagina su altalex relativa alla traccia del notaio?grazie!

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