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ESAME AVVOCATO - SESSIONE 2012
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Da: rc | 12/12/2012 10:36:56 |
ragazzi confermo le tracce...notaio e pedopornografia | |
Da: natalino 53 | 12/12/2012 10:36:57 |
per napoli che novità ci sono | |
Da: MEL | 12/12/2012 10:37:11 |
PER PO: PUOI POSTARE IL LINK DI ALTALEX ? | |
Da: aaa | 12/12/2012 10:39:37 |
abbiamo bisogno di sapere con esattezza le tracce vere! altrimenti come facciamo ad aiutarvi!!!! ....forza ragazzi forza!!!! | |
Da: LIBRAIO | 12/12/2012 10:39:49 |
TRACCIA 1 Nel corso di una indagine di polizia giudiziaria finalizzata alla repressione del fenomeno dello sfruttamento dei minori a fini sessuali, l'agente autorizzato ad operare sotto copertura sulla rete web con un nikname, accerta uno scambio di materiale pedopornografico tra tizio e caio, accertando, poi, che il nikname utilizzato da uno degli utenti è riferibile a Tizio, titolare dell'utenza telefonica usata per la connessione internet, la quale risulta ubicata in un appartamento abitato soltanto da lui. Contattandolo direttamente sempre in via telematica, l'agente acquisisce da Tizio numerose immagini pedopornografiche. Tizio viene sottoposto a procedimento penale e si procede al sequestro del computer di Tizio rinvenuto nell'appartamento. La consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero sul computer in sequestro consente di accertare che con quel computer erano stati inviati numerosi messaggi di posta elettronica con allegati files contenenti immagini pedopornografiche, che esiste un'apposita cartella salvata sul disco rigido, contenente numerosissimi files di immagini e filmati dello stesso genere. A questo punto, Tizio si reca da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta. Il candidato, assunte le vesti del difensore di Tizio, analizzi la fattispecie o le fattispecie configurabili nella condotta descritta soffermandosi in particolare sulle figure della progressione criminosa dell'antefatto e post-fatto non punibili TRACCIA 2 Tizio, notaio, ometteva il versamento delle somme affidategli dai clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro per gli atti rogati. L'illecito veniva scoperto quando ad uno dei clienti veniva contestato l'omesso pagamento dell'importo dovuto e questi, verificato quanto accaduto, sporgeva denuncia nei confronti del notaio. Avviato il procedimento penale, l'A.G. inquirente verificava che il danaro di cui Tizio si era appropriato era molto ingente. Pertanto, si disponeva il sequestro finalizzato alla confisca di 2 appartamenti di proprietà di Tizio. Quindi si reca dunque dal proprio avvocato per conoscere possibili conseguenze della condotta contestatagli sia sotto il profilo sanzionatorio che con riguardo alla parte dei beni immobili oggetto di sequestro. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio rediga motivato parere illustrando la fattispecie penale ravvisabile nel caso prospettato e soffermandosi sulla possibilità della confisca per equivalente degli immobili appartenenti a Tizio e sottoposti a sequestro UFFICIALI | |
Da: ...Pp | 12/12/2012 10:41:19 |
napoli ha iniziato? | |
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Da: sez | 12/12/2012 10:42:11 |
sapete se a roma hanno dettato e nal caso a che ora hanno finito di dettare? grazie | |
Da: kevina | 12/12/2012 10:42:34 |
A BARI HANNO TERMINATO DI DETTARE. 7 ORE A PARTIRE DA ADESSO | |
Da: tracce confermate!!! | 12/12/2012 10:43:11 |
Traccia parere di diritto penale. traccia 1: Tizio ometteva il versamento delle somme affidategli dai clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro per gli atti rogati. L'illecito veniva scoperto quando ad uno dei clienti veniva contestato l'omesso pagamento dell'imposta dovuta e questi, verificato quanto accaduto sporgeva denuncia nei confronti del Notaio. Avviato il procedimento penale, l'Autorità giudiziaria inquirente verificava che il denaro di cui tizio si appropriava era molto ingente, pertanto, si disponeva il sequestro finalizzato alla confisca di due appartamenti di proprietà di Tizio. Questi si reca dunque dal proprio avvocato per conoscere possibili conseguenze della condotta contestatagli sia sotto il profilo sanzionatorio che con riguardo alla sorte dei sui beni immobili oggetto del sequestro. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere illustrando la fattispecie penale ravvisabile nel caso prospettato, soffermandosi sulla possibilità di confisca per equivalente degli immobili appartenenti a Tizio e sottoposti a sequestro. traccia2: Nel corso di una indagine di polizia giudiziaria finalizzata alla repressione del fenomeno dello sfruttamento dei minori a fini sessuali, l'agente autorizzato ad operare sotto copertura sulla rete web con un nikname, accerta uno scambio di materiale pedopornografico tra tizio e caio, accertando, poi, che il nikname utilizzato da uno degli utenti è riferibile a Tizio, titolare dell'utenza telefonica usata per la connessione internet, la quale risulta ubicata in un appartamento abitato soltanto da lui. Contattandolo direttamente sempre in via telematica, l'agente acquisisce da Tizio numerose immagini pedopornografiche. Tizio viene sottoposto a procedimento penale e si procede al sequestro del computer di Tizio rinvenuto nell'appartamento. La consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero sul computer in sequestro consente di accertare che con quel computer erano stati inviati numerosi messaggi di posta elettronica con allegati files contenenti immagini pedopornografiche, che esiste un'apposita cartella salvata sul disco rigido, contenente numerosissimi files di immagini e filmati dello stesso genere. A questo punto, Tizio si reca da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta. Il candidato, assunte le vesti del difensore di Tizio, analizzi la fattispecie o le fattispecie configurabili nella condotta descritta soffermandosi in particolare sulle figure della progressione criminosa dell'antefatto e post-fatto non punibili. | |
Da: natalino 53 | 12/12/2012 10:43:50 |
trilli56 tu non dai informazioni come mai | |
Da: lllll | 12/12/2012 10:44:37 |
volete fare l avv e pretendete di copiare .......studiate............. | |
Da: aoxomoxoa | 12/12/2012 10:44:39 |
QUESTA E' PRESA DA PERCORSI GIUFFRE' PER CUI CAMBIATELA CAMBIATELA CAMBIATELA O VI ANNULLANO IL COMPITO !!! La portata applicativa della confisca per equivalente (art. 322 ter c.p.) Tizio, presidente della Società consortile Alfa S.p.A., concessionaria della gestione di alcuni lotti del patrimonio immobiliare dell'Inpdap, fa transitare i flussi finanziari relativi alla commessa Inpdap, avente a oggetto la riscossione dei canoni di locazione e degli oneri accessori dagli inquilini, su un proprio conto corrente bancario, diverso da quello indicato dall'ente pubblico e fuori da ogni possibilità di controllo da parte di questo. Nell'ambito del procedimento penale aperto a carico di Tizio per il delitto di peculato continuato, il G.I.P. del Tribunale di Alfa emette un decreto di sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, c.p.p., su beni intestati o nella disponibilità di Tizio sino alla concorrenza dell'importo di circa euro 5.000.000,00, considerato, ai sensi dell'art. 322 ter c.p., equivalente al profitto che si assume dallo stesso realizzato per effetto delle sue condotte illecite, essendo i conti riferibili a Tizio ormai prosciugati. Tizio, essendo convinto che la misura cautelare esuli dall'ambito applicativo dell'art. 322 ter c.p., si rivolge al suo legale di fiducia per un parere, rappresentando, peraltro, che l'operazione di giroconto trovava giustificazione nell'autoliquidazione di un proprio credito vantato nei confronti dell'Inpdap. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, dopo aver accennato all'istituto della confisca per equivalente, rediga parere motivato illustrando le problematiche del caso. Giurisprudenza â�� Cass. pen., S.U., 25 giugno 2009 - 6 ottobre 2010, n. 38691. In tema di peculato, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca "per equivalente" disciplinata dall'art. 322 ter, comma primo cod. pen., può essere disposto, in base al testuale tenore della norma, soltanto per il prezzo e non anche per il profitto del reato. â�� Cass. pen., Sez. VI, 5 novembre 2008 - 7 aprile 2009, n. 14966. La confisca per equivalente prevista dall'articolo 322-ter, comma 1, ultima parte, del Cp, nel caso di condanna o di applicazione della pena per taluno dei delitti di cui agli articoli da 314 a 320 del Cp, può essere rapportata, in base al dato testuale della norma, non al profitto, ma soltanto al prezzo del reato, inteso in senso tecnico quale corrispettivo dell'esecuzione del reato pattuito e percepito dal suo autore, e in tale nozione non è certamente riconducibile il provento del delitto di peculato. â�� Cass. pen., Sez. VI, 10 marzo 2009, n. 10679. Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca "per equivalente", disposto nei confronti della persona sottoposta ad indagini per uno dei reati previsti dall'art. 322 ter, comma primo cod. pen., può essere rapportato, in base al testuale tenore della norma, non al "profitto" ma soltanto al "prezzo" del reato, inteso quest'ultimo in senso tecnico e non è estensibile a qualsiasi utilità connessa al reato. â�� Cass. pen., Sez. VI, 29 marzo 2006 - 17 luglio 2006, n. 24633. La confisca �«per equivalente�» prevista dall'articolo 322 ter del Cp, cui è funzionale il sequestro preventivo di ciò che a tale provvedimento ablativo può essere soggetto all'esito del procedimento, a differenza dell'ordinaria confisca, che non può avere a oggetto altro che cose direttamente riferibili al reato, può riguardare beni che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del soggetto, non hanno neanche alcun collegamento diretto con il singolo reato. Da ciò consegue che la confisca de qua, e il sequestro preventivo a essa funzionale, possono ricadere su beni comunque nella disponibilità del soggetto, senza che possano avere effetti �«presunzioni�» o �«vincoli�» posti in materia contrattualistica dal codice civile, volti a regolare i rapporti �«interni�» tra creditori e debitori solidali (articolo 1298 comma 2, del codice civile), ovvero i rapporti tra banca e depositante (articolo 1834 del codice civile). â�� Cass. pen., Sez. VI, 4 ottobre 2004 - 31 gennaio 2005, n. 2963. La natura plurioffensiva del reato di peculato implica che l'eventuale mancanza di danno patrimoniale conseguente all'appropriazione non esclude la sussistenza del reato, atteso che rimane pur sempre leso dalla condotta dell'agente l'altro interesse, diverso da quello patrimoniale, protetto dalla norma, cioè quello del buon andamento della P.A. â�� Cass. pen., Sez. VI, 3 novembre 2003 - 20 gennaio 2004, n. 1256. Il delitto di peculato, che è reato istantaneo, si consuma nel momento stesso in cui l'agente, in possesso di un bene altrui per ragioni di ufficio, ne dispone �«uti dominus�». Nel caso riguardante la riscossione di denaro per conto della P.A., posto che tale denaro diviene subito di proprietà pubblica, l'agente non può confonderlo con il proprio, assumendo l'obbligo di erogare all'amministrazione l'equivalente, o scambiarlo con titoli di credito di sua pertinenza, perché già tale comportamento assume valenza appropriativa, almeno quando il tempo trascorso tra la riscossione ed il versamento ecceda quello ragionevolmente necessario in relazione alla complessità delle operazioni da compiere. â�� Cass. pen., S.U., 3 luglio 1996 - 17 ottobre 1996, n. 9149. In tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioe` il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attivita` illecita; il profitto, a sua volta, e` costituito dal lucro, e cioe` dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato. Svolgimento Nell'ambito delle misure di sicurezza assume un ruolo peculiare la figura della confisca, la cui disciplina generale è contenuta nell'art. 240 c.p. Attraverso detta misura ablatoria vengono acquisiti dallo Stato beni che per la loro intrinseca natura ovvero per un collegamento funzionale con un illecito penale devono considerarsi criminosi. Per quanto attiene ai presupposti applicativi della confisca occorre precisare che questa, a differenza della altre misure di sicurezza, prescinde dall'accertamento della pericolosità sociale del reo, essendo sufficiente la commissione di un reato o di un quasi reato. In linea generale, essa è di applicazione facoltativa (art. 240, comma 1, c.p.) ovvero obbligatoria (art. 240, comma 2, c.p.) Attraverso la l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha inciso sul titolo dedicato ai delitti contro la Pubblica Amministrazione, la confisca obbligatoria è stata estesa, grazie alle previsioni contenute nell'art. 322 ter c.p.. ad alcune fattispecie ivi previste e, inoltre, è stato inserito l'istituto della confisca per equivalente, già contemplato dal nostro ordinamento in materia di usura (l. 7 marzo 1996, n. 108). Il tratto che connota tale figura giuridica consiste nella possibilità , per l'autorità giudiziaria, di procedere, qualora manchino i beni che si identificano con il profitto e il prezzo del reato, all'ablazione di beni diversi per un valore equivalente al prezzo del reato (art. 322 ter, comma 1) ovvero al profitto del medesimo (art. 322 ter, comma 2, c.p.). Fin dall'introduzione dell'istituto della confisca si è aperto un dibattitto relativo alla natura giuridica di tale sanzione penale. Precisamente, ci si è chiesti se, conformemente all'intitolato legale, debba considerarsi una misura di sicurezza ovvero assuma i tratti di una vera e propria pena. La distinzione è di non poco momento, atteso che, ai sensi dell'art. 200 c.p., si applica alle misure di sicurezza un divieto di retroattività temperato, in forza del quale può trovare applicazione la legge in vigore al tempo dell'esecuzione della misura di sicurezza, ancorchè sia diversa da quella prevista al tempo del reato comesso, mentre per le pene vale il principio di irretroattività sancito nell'art. 2, comma 1, c.p., il quale ammette deroghe soltanto a favore del reo. Secondo la tesi tradizionale, la ratio di tale opzione normativa riposa sulla diverse funzioni perseguite dalla pena e della misura di sicurezza. Nel primo caso prevalgono esigenze di prevenzione generale, nel secondo caso, invece, è valorizzato il contenuto terapeutico della misura sanzionatoria, sicchè trova giustificazione l'applicazione di uno strumento più moderno, sebbene diverso da quello previsto al tempo della perfezione dell'illecito. Resta inteso che, per non svuotare di contenuto le garanzie del reo, è necessario che la previsione di una misura di sicurezza applicabile per il fatto realizzato già sussista al momento della commissione di questo. Proprio in materia di confisca per equivalente, le indicazioni provenienti dalla l. 29 settembre 2000, n. 300 orientano a ritenere che la confisca abbia una natura giuridica assimilabile a quella della pena. L'art. 15 (Norma transitoria), preclude infatti l'applicazione retroattiva della confisca per equivalente. Detto rilievo, già condiviso dalla giurisprudenza delle Sezioni unite in materia di responsabilità degli enti dipendente da reato (Cass. pen., S.U., 27 marzo 2008 - 2 luglio 2008, n. 26654), è stato recentemente confermato dalla Corte costituzionale (Corte cost., 2 aprile 2009, n. 97) la quale, recependo l'approccio sostanzialistico in materia penale, tipico della giurisprudenza della Corte della Europea dei Diritti dell'Uomo, ha riconosciuto nella confisca per equilavente i tratti dell'afflittività , tipici della pena. Poste queste premesse, la Consulta ha statuito che un'applicazione retroattiva dell'istituto di cui all'art. 322 ter c.p. violerebbe l'art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, a tenore del quale nessuno può essere punito con un pena più grave di quella prevista al momento in cui è stato commesso il fatto e, conseguentemente, contrasterebbe con l'art. 117, comma 1, Cost. che impone al legislatore italiano di esercitare la potestà legislativa rispettando i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Nel caso di specie, accedendo all'ultimo indirizzo delle Sezioni unite, Tizio potrà ottenere, previa istanza di riesame del sequestro preventivo, la restituzione dei propri beni. La prima problematica che viene in rilievo nel caso di specie attiene alla possibilità di ritenere integrati gli estremi del delitto di peculato dalla condotta di Tizio, il quale riveste la qualità di soggetto pubblico in forza della concessione rilasciata alla società da lui presieduta, sebbene costui chiarisca che le somme erano state trasferite sul conto corrente nella sua disponibilità a titolo di liquidazione per un credito vantato nei confronti dell'Inpdap. Nella giurisprudenza della Suprema Corte si osserva un indirizzo interpretativo pacifico secondo il quale il momento consumativo del delitto di peculato deve individuarsi nel comportamento appropriativo dell'agente avente a oggetto il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia il possesso per ragioni d'ufficio o di servizio. In particolare, a detta della Corte, la perfezione del delitto non è esclusa dalla circostanza che l'appropriazione sia intervenuta prima della scadenza del rendiconto, né che il reo abbia l'intenzione di restituire il tantundem, atteso che l'interesse all'integrità patrimoniale della Pubblica Amministrazione viene leso dal comportamento incompatibile con il titolo per il quale si possiede il bene pubblico (ex plurimis, Cass. pen., Sez. VI, 3 novembre 2003 - 20 gennaio 2004, n. 1256). Così stando le cose, salvi i casi previsti dalla legge, in materia di peculato non è riconosciuta l'autotutela per la realizzazione dei propri diritti, giacché l'eventuale mancanza di danno patrimoniale conseguente all'appropriazione non esclude la sussistenza del delitto, poiché la condotta dell'agente lede l'altro interesse tutelato dalla disposizione, vale a dire il buon andamento, la legalità e l'imparzialità dell'amministrazione (Cass. pen., Sez. VI, 4 ottobre 2004 - 31 gennaio 2005, n. 2963). Alla luce del quadro giurisprudenziale dianzi illustrato, deve quindi ritenersi priva di pregio la giustificazione di Tizio di esercitare un proprio preteso diritto, ricorrendo a una sorta di autoliquidazione del credito vantato. Occorre ora chiedersi se effettivamente la misura cautelare, funzionale a quella ablativa, potesse o meno avere a oggetto i beni nella disponibilità di Tizio. La questione si colloca nel contesto relativo alla definizione dello spettro operativo della confisca per equivalente disciplinata nell'art. 322 ter c.p. L'art. 322 ter, introdotto nel codice penale dalla l. 29 settembre 2000, n. 300, in occasione delle ratifiche da parte del nostro Paese di specifiche convenzioni internazionali volte a contrastare i fenomeni corruttivi, dispone al comma 1, che in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei delitti contro la Pubblica Amministrazione previsti negli articoli da 314 a 322 c.p. è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono "il profitto o il prezzo" salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando questa non sia possibile, la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità , per un valore corrispondente a tale "prezzo" (c.d. confisca per equivalente). Nei termini chiariti dall'autorevole insegnamento delle Sezioni unite della Suprema Corte, la ratio dell'istituto della confisca per equivalente risiede nella scelta di privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale misura che assume a tutti gli effetti i tratti distintivi di una vera e propria sanzione (Cass. pen., S.U., 27 marzo 2008 - 2 luglio 2008, n. 26654). Stando alla formulazione letterale della disposizione (art. 322 ter, comma 1, c.p.), come rilevato dalla costante e più recente giurisprudenza di legittimità , la confisca per equivalente non è applicabile in relazione al profitto del delitto di peculato (art. 314 c.p.), dovendo ritenersi limitata al solo tantundem del prezzo del reato (Cass. pen., Sez. VI, 5 novembre 2008 - 7 aprile 2009, n. 14966; Cass. pen., Sez. VI, 10 marzo 2009, n. 10679). Depongono a favore di questa soluzione argomenti di diversa natura. In prospettiva sistematica, si esclude che il legislatore abbia utilizzato nell'art. 322 ter c.p. il termine prezzo in senso atecnico, così da comprendere qualsiasi utilità connessa al reato, derogando alla disciplina generale stabilità nell'art. 240 c.p., ove le nozioni di prezzo e profitto sono nettamente distinte. Da un punto di vista esegetico, poi, sembra chiara la volontà del legislatore di escludere, salvo le ipotesi del comma 2 dell'art. 322 ter c.p., il profitto del reato dalla confisca per equivalente. In senso contrario si registra un isolato orientamento che aderisce a una interpretazione estensiva secondo la quale, riguardo al delitto di peculato, sono assoggettabili a confisca, ai sensi dell'art. 322 ter c.p., comma 1, beni nella disponibilità dell'imputato per un valore corrispondente a quello relativo al profittto o al prezzo del reato (Cass. pen., Sez. VI, 29 marzo 2006 - 17 luglio 2006, n. 24633). Di recente, a dirimere l'illustrato contrasto giurisprudenziale sono intervenute le Sezioni unite della Suprema Corte. La Corte ha precisato che, in difetto di una nozione legale di profitto del reato, può accogliersi la ricostruzione semantica di tale concetto offerta dalla dominante giurisprudenza di legittimità secondo la quale esso deve essere identificato con il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato e si contrappone al prodotto e al prezzo del reato. In particolare, il prodotto rappresenta ciò che materialmente deriva dall'illecito, vale a dire le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato, il prezzo, invece, deve individuarsi nel compenso dato o promesso a una determinata persona, a titolo di corrispettivo dell'esecuzione dell'illecito (ex plurimis, Cass. pen., S.U., 3 luglio 1996 - 17 ottobre 1996, n. 9149). Le Sezioni unite, pertanto, alla luce della netta distinzione fra le nozioni di prezzo e profitto del reato, unitamente alla mancanza di una chiara indicazione legislativa che attribuisca a tali termini un significato diverso da quello comunemente assegnato dalla giurisprudenza di legittimità , ritengono che non sussista alcun elemento idoneo a far ritenere che il legislatore, nella formulazione dell'art. 322 ter, comma 1�°, c.p., abbia usato il termine prezzo in senso atecnico, così da includere qualsiasi utilità connessa al reato sicchè, con riferimento al delitto di peculato può disporsi la confisca per equivalente prevista dall'art. 322 ter, comma 1, ultima parte c.p., soltanto del prezzo e non anche del profitto (Cass. pen., S.U., 25 giugno 2009 - 6 ottobre 2010, n. 38691). Stando così le cose, Tizio potrà avanzare istanza di riesame del sequestro preventivo per la restituzione dei propri beni. | |
Da: ninni pinni | 12/12/2012 10:45:05 |
sono facili secondo voi? | |
Da: malox | 12/12/2012 10:53:07 |
confermate le tracce? | |
Da: auto | 12/12/2012 10:53:25 |
- Messaggio eliminato - | |
Da: sangelom | 12/12/2012 10:54:34 |
Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 10 luglio 2008 (dep. 23 settebre 2008), n. 36364 Per cessione di materiale pedopornografico occorre la previa detenzione. Ne consegue che la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimase assorbito nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all'art. 600 ter allorchè sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all'art. 600 ter c.p.. Nella fattispecie tra la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. e quella di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perchè il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procuraselo. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LUPO Ernesto - Presidente - Dott. PETTI Ciro - Consigliere - Dott. LOMBARDI Angelo Maria - Consigliere - Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: difensore di D.P.M., nato a (OMISSIS); avverso la sentenza della Corte d'appello di Lecce del 21 novembre del 2007; udita la relazione del Consigliere Dott. Ciro Petti; sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni D'Angelo, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; letti il ricorso e la sentenza denunciata. Osserva quanto segue: Fatto La corte d'appello di Lecce, con sentenza del 21 novembre del 2007, confermava quella resa dal tribunale della medesima città il 26/1/2007, con cui D.P.M. era stato dichiarato colpevole dei reati di cui all'art. 81 c.p., art. 600 ter c.p., comma 4 e art. 600 quater c.p., così scissa e riqualificata l'originaria imputazione di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 600 ter c.p., comma 3 e, concesse le attenuanti generiche, era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione ed Euro 7.500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; confisca e distruzione di quanto in sequestro. Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata l'ispettore C.A., su autorizzazione dell'autorità giudiziaria, aveva iniziato un'attività sotto copertura con l'utilizzo del nick-name "(OMISSIS)". In tale veste il (OMISSIS) aveva intercettato uno scambio di materiale pedopornografico tra "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)", accertando che "(OMISSIS)" era riferibile all'utenza telefonica (OMISSIS) intestata a T.R., compagna dell'attuale ricorrente, ed attiva nell'ambito della sede del patronato ACLI di (OMISSIS) con abbonamento alla società (OMISSIS) sottoscritto da D.P. M. mentre "(OMISSIS)" corrispondeva all'utenza telefonica intestata a P.A.. L'ispettore, scambiando per quindici giorni materiale pedopornografico con gli utenti del canale, aveva individuato numerosi indirizzi di IP tra cui quello in uso al D. P.. Il predetto si era difeso sostenendo di non avere avuto la consapevolezza di detenere nel proprio computer materiale pedopornografico, anzi appena si era accorto della presenza di tale materiale aveva segnalato la circostanza ai carabinieri. Tanto premesso in fatto, la corte a fondamento del proprio assunto osservava che il computer dove erano state rinvenute le immagini pedopornografiche era usato solo dall'imputato,che l'utente " (OMISSIS)" per scambiare materiale pedopornografico con "(OMISSIS)" si era avvalso di quel computer; che per mezzo della consulenza disposta dal pubblico ministero si era accertato che con esso erano stati inviati diversi messaggi di posta elettronica con allegati i files contenenti immagini pedopornografiche; che le immagini pedopornografiche erano state archiviate in una cartella salvata sul disco rigido e denominata "Da Masterizzare/Vietate"; che ulteriori riscontri si desumevano dall'esito positivo della perquisizione presso il patronato "Acli" nel corso della quale sull'hard disk del computer del prevenuto erano stati rinvenuti numerosi files contenenti immagini pedopornografiche nonchè dalla perquisizione nell'abitazione patema dove era stato trovato materiale pornografico. Osservava infine che la denuncia sporta ai carabinieri, con cui peraltro il prevenuto si era limitato a segnalare l'invio di materiale pubblicitario, rappresentava un tentativo di salvataggio posto in essere quando le indagini erano state già da tempo avviate ed era stato individuata la persona che usava il nick name " (OMISSIS)", certamente in contatto con il D.P.. Ricorre per cassazione il prevenuto per mezzo del proprio difensore deducendo: la nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: il ricorrente dopo avere premesso che dalle indagini non era emersa la sussistenza di una condotta divulgativa, ma la mera cessione a terzi in una singola occasione di materiale pedopornografico, assume che la corte non aveva preso in considerazione il dato certo costituito dalla denuncia da lui sporta ai carabinieri in epoca non sospetta nonchè la circostanza che il computer si trovava in un luogo aperto al pubblico per cui chiunque avrebbe potuto usarlo; precisa altresì che il rinvenimento del materiale pornografico lecito nell'abitazione paterna non poteva costituire riscontro alla consapevole detenzione di foto pedopornografiche; la violazione delle norme incriminatici nonchè mancanza di motivazione sul punto, per avere i giudici del merito ritenuto, senza adeguata motivazione, configurabile il concorso tra il delitto di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 e quello di cui all'art. 600 quater c.p.. Diritto Il primo motivo è inammissibile perchè sotto l'apparente deduzione del vizio d'illogicità e contraddittorietà della motivazione in realtà si censura l'apprezzamento delle prove da parte dei giudici del merito, la cui motivazione non presenta alcuna illogicità o contraddizione. Anzitutto non è vero che i giudici del merito non abbiano valutato la segnalazione da lui fatta ai carabinieri, ma al contrario l'hanno ritenuta ininfluente perchè costituiva una manovra difensiva posta in essere dall'indagato quando aveva avuto il sospetto di essere stato individuato. Non è altresì vero che ai fini dell'affermazione della responsabilità si sia attribuita decisiva rilevanza al rinvenimento di materiale pornografico, non vietato, nell'abitazione patema. La responsabilità è stata affermata sulla base di altri elementi di inequivoco valore indiziante ed in particolare sulle seguenti circostanze: a) il computer utilizzato per la cessione era di sua proprietà ; b) il contratto per il collegamento attivato attraverso il provider "(OMISSIS)" utilizzato per la navigazione in internet e per lo scambio di immagini era a lui intestato, c) l'indirizzo di posta elettronica utilizzato era a lui intestato; d) sul disco rigido del suo computer erano state rinvenute alcune cartelle dove erano state archiviate le immagini pedopornografiche; e) al momento della perquisizione il ricorrente aveva dimostrato di essere a conoscenza della detenzione del materiale pedopornografico, tanto è vero che aveva offerto agli inquirenti un CD contenente immagini vietate. Il secondo motivo è invece fondato. Il pubblico ministero aveva contestato al prevenuto il reato di cui all'art. 81 c.p., art. 600 ter c.p., comma 3 perchè, in concorso con T.R., poi prosciolta, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, per via telematica aveva distribuito e divulgato materiale pornografico realizzato mediante lo sfruttamento di minori nonchè per avere divulgato notizie e informazioni finalizzate all'adescamento o sfruttamento sessuale dei minori di anni 18. Il tribunale ha escluso la divulgazione e scindendo l'originaria imputazione ha ritenuto configurabile il reato di cessione di cui al cit. art. comma 4 in concorso con la detenzione di cui all'art. 600 quater c.p. relativamente ai files archiviati sul disco rigido ed a quelli rinvenuti sul CD. Non risulta se i files salvati ed archiviati siano gli stessi in precedenza ceduti perchè la circostanza non è stata chiarita dal tribunale e peraltro non ha decisiva importanza ai fini della questione ora in esame ossia ai fini della configurabilità del concorso tra i due reati perchè si è comunque accertato che il prevenuto non si limitava a detenere le immagini pedopornografiche che si era procurato ma era anche solito cederle. Orbene, la presenza di una clausola di riserva espressa risolve il problema del concorso tra i due reati anzidetti in favore della tendenziale configurabilità del solo reato di cui all'art. 600 ter c.p.: nel caso in esame a favore dell'ipotesi di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4. Ciò vale ovviamente per i casi in cui si possa riscontrare un identità di fatto tipizzato tale da determinare un conflitto apparente di norme risolvibile appunto in base alla clausola di riserva. Se i fatti sono diversi operano invece le regole del concorso, salvo le ipotesi di assorbimento. Per semplificare, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. (detenzione di materiale pedopornografico) può concorrere con quella di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento dei minori di cui all'art. 600 ter c.p., comma 3, trattandosi di condotte completamente diverse anche se offendono lo stesso bene giuridico e, appunto perchè non sovrapponigli non possono dare luogo ad un conflitto apparente di norme, ma ad un concorso di reati. Nella fattispecie però la condotta della divulgazione di notizie o informazioni finalizzate allo sfruttamento dei minori, originariamente contestata, è stata esclusa dal tribunale il quale ha ravvisato l'ipotesi della cessione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4. Orbene, per cedere il materiale (che è cosa diversa dall'informazione), bisogna prima detenerlo. In tale situazione la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimase assorbito nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di cui all'art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all'art. 600 ter allorchè sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all'art. 600 ter c.p.. Nella fattispecie tra la condotta di cui all'art. 600 quater c.p. e quella di cui all'art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perchè il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procuraselo. Pertanto il prevenuto deve essere assolto da tale reato perchè il fatto non sussiste, in quanto autonomamente non configuratole perchè assorbito nella cessione. La relativa pena deve essere quindi eliminata. A tale operazione deve provvedere il giudice del merito perchè il tribunale ha ritenuto più grave proprio il reato di cui all'art. 600 quater c.p.. P.Q.M LA CORTE Letto l'art. 623 c.p.p. annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna per il reato di cui all'art. 600 quater c.p. perchè il fatto non sussiste. Rinvia per la determinazione della pena ad altra sezione della corte d'appello di Lecce. Rigetta il ricorso nel resto. Così deciso in Roma, il 10 luglio del 2008. Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2008 | |
Da: Annebbiata | 12/12/2012 10:55:07 |
Per AUTO Per quello che scrivi non meriteresti nemmeno un minimo aiuto. Ringrazia chi non deve fare l'esame e sta davanti al pc a cercare di aiutarvi. | |
Da: anna 82 | 12/12/2012 10:55:27 |
esagerato | |
Da: goffredotobias | 12/12/2012 10:56:12 |
forza con le soluzioni ragazzi!!! | |
Da: incavolato nero | 12/12/2012 10:57:18 |
per auto: i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi i tuoi | |
Da: sangelom | 12/12/2012 10:57:30 |
Corte di Cassazione - Sentenza n. 37960 del 2011 Notaio accusato di peculato e con debiti per tributi evasi Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico www.gadit.it/ Ritenuto in fatto Ricorrono L. Maria M. N., A.M. e G. avverso la ordinanza emessa in data 7 giugno 2011 dal Tribunale di Chieti, in funzione del giudice del riesame, con la quale è stato rigettato l'appello avverso l'ordinanza di quel Gip, con cui era stata negata la revoca del sequestro preventivo della somma di euro 250.000.000 versata dall'indagato C. L. e dai ricorrenti, suoi figli, a soddisfazione dei crediti per tributi evasi vantati dalla amministrazione finanziaria. A C. L., notaio, era, infatti, addebitato ex art. 314 c.p. di essersi impossessato della somma di euro 324.277,71, riscossa dagli acquirenti di beni immobili per imposte di registro, ipotecarie e catastali, nonché della somma di euro 157.052 per omesso versamento IVA per l'anno 2008. I L. denunciano che il tribunale, in violazione di legge, ha mantenuto ferma la misura, nonostante fosse pacifico che la somma di euro 250.000 appartenesse ai figli, persone estranee al reato, che avevano contratto, successivamente ai fatti, un mutuo bancario per assolvere ai tributi, come indicati nell'ordinanza cautelare emessa dal GIP di Vasto in data 12 ottobre 2010 e che, quindi, non ricorreva l'ipotesi della confisca per equivalente, non essendo il denaro in alcun modo riconducibile all'indagato. Inoltre essi non avevano tratto dal reato alcun profitto, sicché era palese la violazione dei presupposti dell'applicazione dell'art. 322 ter c.p.p. nei loro confronti. Inoltre era errata la asserzione che essi nel richiedere indietro la somma intendano mutarne la destinazione, giacché la revoca del vincolo è finalizzata all'esatto adempimento fiscale, non ancora eseguito dalla autorità giudiziaria, e quindi a garantire l'Erario. Considerato in diritto 1. La previsione di cui all'art. 322 ter introduce la confiscabilità per equivalente nel caso in cui i beni costituenti il "profitto" o il "prezzo" del reato non siano aggredibili per qualsiasi ragione. La norma prevede che la confisca possa riguardare beni dei quali il reo abbia in ogni caso "la disponibilità " per un valore corrispondente a quello che avrebbe dovuto altrimenti costituire oggetto della confisca. Nel caso in esame, il tribunale distrettuale ha individuato la disponibilità in capo all'indagato, osservando che nel momento in cui i figli diedero al padre la possibilità di uso della somma sopra indicata, costui ne fece effettivo impiego, a nulla rilevando che la provenienza non fosse strettamente collegata alla persona del L., cui il denaro era stato procurato, mediante la volontaria accensione di un mutuo dagli odierni ricorrenti, estranei al reato. Tale ragionamento, che, è in linea con i principi espressi da questa corte in ordine al concetto di "disponibilità ", che è inteso come relazione di appartenenza e di riferibilità al reo, che subisce la misura "per equivalente" su beni che non sono il profitto del reato, ma ne hanno un valore corrispondente, al fine evidente di individuare anche le forme di investimento susseguenti al delitto ed idonee ad evitare l'apprensione del maltolto mediante le ordinaria misura ex art. 240 c.p., poggia tuttavia sul presupposto che non risulta evidente dalla documentazione in atti ed è affrontato nel provvedimento con una mera affermazione assertiva. Risulta, infatti, che la somma in questione venne, con la dichiarazione del 25 ottobre 2010, allegata al deposito (g 15 del fascicolo PM trasmesso al Tribunale della libertà ), offerta dai tre figli dell'indagato per l'estinzione del debito tributario, ed in tale prospettiva essa era stata erogata da un istituto bancario di Vasto - presso cui era stato acceso un mutuo - mediante accreditamento sul conto corrente n. (â��). Ora, tale dichiarazione lascia del tutto irrisolta la questione se il notaio avesse o meno acquisito in quel momento la disponibilità della somma; si tratta invero di denaro conseguito dai figli, mediante una operazione bancaria riferibile solo a loro; pertanto, per la operatività della confisca per equivalente occorreva acquisire la ragionevole certezza che tale somma fosse in concreto entrata nel patrimonio dell'indagato. Senza una siffatta dimostrazione, la dichiarazione assume altro valore, ossia quello di una semplice destinazione di scopo del denaro, che, come ribadito dai ricorrenti, è stato approntato per la definizione della posizione tributaria e che tale finalità manterrebbe anche in caso di dissequestro. La impugnata ordinanza è dunque da annullare sul punto, affinché venga accertato lo snodo fondamentale della effettiva disponibilità in capo al notaio L. e gli atti sono, dunque, da rimettere al Tribunale di Chieti per un nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Chieti Depositata in Cancelleria il 20.10.2011 | |
Da: acer | 12/12/2012 10:57:59 |
ragazzi a napoli sono entrati tutti | |
Da: foggia81 | 12/12/2012 10:59:07 |
grazie mille a chi ha risposto da bari! non so come contattare mia sorella x aiutarla! forza ragazzi | |
Da: ultima conferma 1 e 2 traccia | 12/12/2012 10:59:31 |
1 traccia Tizio notaio ometteva il versamento delle somme affidategli dai clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro per gli atti rogati. L'illecito veniva scoperto quando ad uno dei clienti veniva contestato l'omesso pagamento dell'imposta dovuta e questi, verificato quanto accaduto sporgeva denuncia nei confronti del Notaio. Avviato il procedimento penale, l'Autorità giudiziaria inquirente verificava che il denaro di cui tizio si appropriava era molto ingente, pertanto, si disponeva il sequestro finalizzato alla confisca di due appartamenti di proprietà di Tizio. Questi si reca dunque dal proprio avvocato per conoscere possibili conseguenze della condotta contestatagli sia sotto il profilo sanzionatorio che con riguardo alla sorte dei sui beni immobili oggetto del sequestro. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere illustrando la fattispecie penale ravvisabile nel caso prospettato, soffermandosi sulla possibilità di confisca per equivalente degli immobili appartenenti a Tizio e sottoposti a sequestro. 2 traccia Nel corso di una indagine di polizia giudiziaria finalizzata alla repressione del fenomeno dello sfruttamento dei minori a fini sessuali, l'agente autorizzato ad operare sotto copertura sulla rete web con un nikname, accerta uno scambio di materiale pedopornografico tra tizio e caio, accertando, poi, che il nikname utilizzato da uno degli utenti è riferibile a Tizio, titolare dell'utenza telefonica usata per la connessione internet, la quale risulta ubicata in un appartamento abitato soltanto da lui. Contattandolo direttamente sempre in via telematica, l'agente acquisisce da Tizio numerose immagini pedopornografiche. Tizio viene sottoposto a procedimento penale e si procede al sequestro del computer di Tizio rinvenuto nell'appartamento. La consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero sul computer in sequestro consente di accertare che con quel computer erano stati inviati numerosi messaggi di posta elettronica con allegati files contenenti immagini pedopornografiche, che esiste un'apposita cartella salvata sul disco rigido, contenente numerosissimi files di immagini e filmati dello stesso genere. A questo punto, Tizio si reca da un avvocato per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta. Il candidato, assunte le vesti del difensore di Tizio, analizzi la fattispecie o le fattispecie configurabili nella condotta descritta soffermandosi in particolare sulle figure della progressione criminosa dell'antefatto e post-fatto non punibili. | |
Da: skiwwd | 12/12/2012 11:01:16 |
sapete se a ROMA hanno iniziato? | |
Da: sez | 12/12/2012 11:02:35 |
scia' sanda gnende da roma nessuna notizia sull'ora di consegna? | |
Da: sangelom | 12/12/2012 11:03:38 |
Per il peculato del notaio e' interessante anche la Cassazione n. 37960 del 2011 | |
Da: tani | 12/12/2012 11:04:20 |
a napoli sapete a che ora hanno iniziato orientativamente grazie | |
Da: CASO NOTAIO SPUNTI | 12/12/2012 11:04:21 |
Il quesito: Al notaio spetta la qualifica di pubblico ufficiale? Il caso Tizio, notaio, ometteva il versamento di somme, affidategli da clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro in relazione ad atti rogati. Nonostante che il Gip del Tribunale di Orvieto avesse dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell'imputato, perché il fatto non sussisteva, il Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale ricorre per Cassazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, in particolare, nella condotta di Tizio sono individuabili tutti gli elementi del delitto di peculato, fra i quali, il "danno" per la Pubblica Amministrazione ed il "vantaggio" per il notaio inadempiente, a fronte dei versamenti omessi. La normativa Codice penale Art. 314 (Peculato) Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di un'altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita. Art. 357 (Nozione di pubblico ufficiale) Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. Inquadramento della problematica La nozione di pubblico ufficiale è da sempre stata oggetto di controversia sia in dottrina che in giurisprudenza, stante la vaghezza delle definizioni legislative contenute all'interno degli artt. 357 e 358 c.p.. Mentre, per quanto attiene alla funzione legislativa e a quella giudiziaria l'ambito risulta essere di facile caratterizzazione, maggiori problematiche ha dato la funzione amministrativa, in quanto non inquadrabile in uno schema tipico. L'intervento normativo, avvenuto con la L. 86/1990, modificata dalla L. 181/1992, ha contribuito a risolvere molti problemi interpretativi che l'originaria formulazione degli articoli sopra richiamati aveva suscitato. L'attuale formulazione dell'art. 357 c.p., infatti, si preoccupa di definire la funzione amministrativa come quella disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi (elementi di riconoscimento esterno), e caratterizzata dalla formulazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione, nonché dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi (elementi di riconoscimento interno) (). Dalla definizione legislativa emerge come l'elemento che contraddistingue il pubblico ufficiale sia l'esercizio di una "funzione pubblica"; posto, però, che anche in merito al concetto di "funzione pubblica" non vi è una definizione univoca, le incertezze sembrano permanere all'interno della manualistica e delle corti. Ciò brevemente precisato, ci dobbiamo domandare se l'attività svolta dal notaio possa essere qualificata "pubblica funzione", tale da attribuire al soggetto la qualifica di pubblico ufficiale e se, in caso di risposta positiva, Tizio possa essere ritenuto responsabile del delitto di peculato, previa verifica della sussistenza degli elementi costitutivi del reato. La soluzione accolta dalla Suprema Corte - Secondo un primo orientamento, per pubblica funzione si intende qualsiasi attività che sia capace di realizzare i fini propri dello Stato, anche se esercitata da soggetti estranei alla pubblica amministrazione. Di conseguenza, secondo tale impostazione, è pubblico ufficiale la persona chiamata a volere ed agire nell'interesse dello Stato o di una pubblica amministrazione ([ii]). - Secondo una diversa teoria, per pubblico ufficiale si deve intendere il soggetto che: a) concorre a formare o forma la volontà dell'ente pubblico, ovvero che lo rappresentano all'esterno; b) è munito di poteri autoritativi; c) è munito di poteri certificativi ([iii]). - In linea di prima approssimazione possiamo definire i poteri autoritativi come tutti quei poteri, non solo coercitivi, che sono esplicazione di un potere pubblico discrezionale nei confronti di un soggetto che non si trova su un piano paritetico rispetto alla pubblica amministrazione. - Nel novero dei poteri certificativi rientrano quelle attività di documentazione cui l'ordinamento riconosce efficacia probatoria quindi, come tale, anche l'attività posta in essere dal notaio, dagli agenti di cambio, dai mediatori autorizzati, ecc. Come affermato anche dal giudice nomofilattico "l'elemento caratterizzante della qualità di pubblico ufficiale è quello dell'esistenza del potere pubblico autoritativo in senso lato, del quale, in sostanza, fa parte anche il potere certificativo. L'esistenza di quest'ultimo non necessariamente deve essere prevista in maniera esplicita, ben potendo risultare dalla natura dell'atto posto in essere, in relazione ai fini dello stesso" ([iv]). - Secondo l'opinione dei giudici "Non v'è dubbio che la condotta appropriativa del notaio vada qualificata come peculato. La qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non solo nell'esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma in tutta la sua complessa attività , disciplinata da norme di diritto pubblico (legge notarile) e diretta alla formazione di atti pubblici (negozi giuridici notarili)" ([v]). - Orientamento che trova conferma nella più recente giurisprudenza di legittimità , secondo la quale "commette il reato di peculato il notaio che, incaricato della levata di protesti cambiari, si appropria del denaro derivante dall'incasso degli effetti cambiari consegnatogli per detto scopo, omettendo di effettuare il pagamento nel tempo dovuto ai creditori e trattenendo le somme incassate su conto corrente personale. Il notaio conserva infatti la qualità di pubblico ufficiale anche successivamente alla levata del protesto, come si ricava dall'art. 9, comma 4, L. 12 giugno 1973, n. 349, in base al quale il notaio è annoverato tra i pubblici ufficiali che hanno l'obbligo di versare l'importo dei titoli pagati il giorno non festivo successivo a quello del pagamento" ([vi]). - Tornando al caso di specie, non può essere accolta la tesi difensiva secondo la quale l'attività del notaio, nell'adempimento dell'obbligazione tributaria vada qualificata come estranea alla funzione pubblica svolta per la stipula degli atti. - Il fatto che il notaio sia responsabile d'imposta ed assuma come tale la veste di coobbligato solidale, che la legge affianca al soggetto passivo d'imposta, al fine di agevolare la riscossione dei tributi, non vale certo ad escludere la qualifica pubblicistica che gli compete. - Per tali motivi, la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata. ______________ | |
Da: sigcullen | 12/12/2012 11:04:41 |
appena finito dettare tracce a napoli confermato pedopornografia e confisca per equivalente | |
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