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Quanti di voi sono avvocati ma hanno lasciato per un concorso pubblico?
10148 messaggi

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Da: Ecc''appunto...20/08/2016 13:10:18
...
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Da: laurea in legge carta igienica20/08/2016 14:11:23
MILANO.  Andrea ha solo 28 anni. Ed è un senzatetto. Ha una laurea in Giurisprudenza, un diploma al Conservatorio e un passaporto che vale mezzo giro del mondo: viaggi di lavoro in tutta l'Asia, quel lavoro che non ha più. Così il giorno.it racconta la vita di Andrea, clochard a 28 anni, a Milano. Ad oggi dorme sotto i portici di piazza San Babila insieme ad un ecuadoriano e ad un filippino. Ha perso la mamma all'età di 6 anni e il papà l'anno successivo. Non ha nemmeno zii o parenti: «Se esistono - dice - non li ho mai conosciuti». Ha sempre avuto «pochi amici» perché gli è mancato il tempo: appena diventato maggiorenne ha affiancato il lavoro agli studi. «E poi, anche li sentissi ancora, non mi andrebbe di raccontar loro come vivo: l'orgoglio mi impedisce di chiedere aiuto finché non è estremamente necessario». "Cavarsela da soli" è da sempre la sua filosofia. Cappotto grigio scuro, una ventiquattr'ore, cuffie, un viso pulito, la barba e i capelli in ordine: a vederlo uscire dalla mensa dell'Opera San Francesco, in piazza Tricolore, sembra un volontario che ha finito il turno e sta per tornare in ufficio. Invece in ufficio vorrebbe tornare, ma non può più farlo.

«Mi sono laureato nel 2009 alla Statale di Milano - racconta Andrea -. Un anno dopo mi sono diplomato al Conservatorio, suono il trombone. Il lavoro è sempre stata una dimensione parallela a quella degli studi: ho iniziato a 20 anni in una società che produce cartucce filtranti per altre aziende, mi occupavo di contabilità: impiegato amministrativo contabile». Davanti ad un caffè parla di «cicli passivi» con la stessa naturalezza con la quale si parla di pallone. Ma nella ventiquattr'ore, ora, ha «un maglione pesante, una camicia e una maglietta». Niente tabelle, niente elenchi spese. «Ho lavorato nella società di filtri per un anno e mezzo poi ho provato a fare il salto di qualità, sono stato assunto da una multinazionale che mi ha affidato tutto il ciclo passivo - eccolo - della contabilità». Ma dopo 4 anni e mezzo la multinazionale ha dichiarato fallimento: «Dalla sera alla mattina, senza preavviso - ricorda Andrea -. È ancora tutto nelle mani del curatore fallimentare, non so se avrò mai una liquidazione».

Da qui alla disdetta del contratto d'affitto della casa il passo è stato né breve né lungo. Solo proporzionato ai suoi risparmi che, a detta sua, «Ad un certo punto finiscono». Senza darsi per vinto, Andrea ha trovato lavoro come cameriere in un bar. Pochi mesi poi è finita anche lì. «Vivo in strada da maggio 2014 - racconta ancora-. L'aspetto più incredibile è che in strada riscopri gli istinti più primitivi: il primo pensiero è mangiare, poi coprirsi e dormire. Non in dormitorio, però. Lì non mi sento sicuro». Da qui la scelta di piazza San Babila. Per i pasti e la doccia c'è, invece, l'Opera San Francesco: «Sono eccellenti». Quindi le biblioteche, al pomeriggio, «per leggere e per inviare curriculum via internet». «Nelle agenzie interinali mi dicono che ho troppe qualifiche per i mestieri che girano». Il sogno di Andrea è tornare a occuparsi di contabilità.

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Da: Liebespirit 20/08/2016 14:15:31
Grazie per aver postato questa notizia. Mi ha fatto riflettere e commuovere.
Grazie, davvero.
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Da: laurea in legge carta igienica20/08/2016 14:26:57
La tesi è netta: il numero chiuso, in particolare per l'accesso alla facoltà di Medicina, è incostituzionale, viola il diritto allo studio e costringe anche i migliori studenti a iscriversi a corsi a pagamento se vogliono superare un esame che non misura competenze offerte dalla scuola. Oggi Il Fatto Quotidiano ha pubblicato la lettera al capo dello Stato Sergio Mattarella di una neodiplomata di Catania, Chiara Riscica, che sta pensando di andare a studiare in Belgio: pur avendo preso il massimo dei voti, ha capito che il suo liceo non le ha dato la preparazione necessaria ad affrontare il testa di medicina. E' probabile che il suo pessimismo sia fondato: lo scorso anno il 52 per cento degli iscritti non è riuscita a raggiungere neppure i 20 punti (su 90) necessari a entrare nella graduatoria.

Vanno quindi aboliti i test di ammissione e le restrizioni all'accesso garantendo a tutti il diritto di provarci, almeno, a studiare all'università?

A favore del numero chiuso ci sono solidi argomenti di principio: poiché lo studente non sostiene l'intero costo della propria istruzione, il resto è a carico della fiscalità generale, cioè di tutti i contribuenti. Garantire a tutti il diritto di iscriversi all'università affidando poi la selezione agli esami significa accettare un numero molto più alto di immatricolati, in calo da anni, e i costi conseguenti. Tra l'anno accademico 2003-2004 e quello 2014-2015 gli immatricolati in Italia sono passati da 326.000 a 260.000, un tracollo che ha molte e complesse spiegazioni (la crisi, l'assenza di studenti stranieri, i travasi tra Sud e Nord, la scomparsa di studenti adulti lavoratori…). Togliendo il numero chiuso, le iscrizioni aumenterebbero di sicuro e ci sarebbe una redistribuzione, dalle facoltà aperte da sempre a quelle oggi "chiuse".

I difensori del numero chiuso obiettano: spendere miliardi per garantire a tutti di "provarci" è iniquo. Le tasse universitarie sono relativamente basse (se confrontate con quelle private ma in linea o superiori rispetto ad altri Paesi), pesano molto su chi ha redditi medio-bassi e poco su chi viene da famiglie agiate. Ha senso sussidiare studenti ricchi poco motivati per concedersi un paio di anni a pascolare tra i corridoi? Non è meglio fermarli con un test? No, obiettano gli aperturisti: visto che gli studi sono pagati solo in piccola parte dalle rette e per il resto dalla fiscalità generale, l'equità è garantita dalla progressività delle tasse. Si possono sussidiare di fatto gli studenti ricchi perché, comunque, i loro genitori hanno pagato più Irpef (sorvoliamo sull'evasione).

Io però resto scettico sull'idea di abolire il numero chiuso. Per due ragioni. Primo: lo Stato deve investire sulla produzione di medici, avvocati, architetti, dentisti e perfino economisti facendo una ragionevole previsione di quanti laureati l'economia sarà in grado di assorbire. Se giurisprudenza avesse avuto più facoltà a numero chiuso negli ultimi vent'anni, oggi ci sarebbero meno avvocati sottoproletari che guadagnano poche centinaia di euro al mese in nero. Secondo l'ultima indagine Almalaurea, a un anno dalla laurea magistrale lavora l'81,3 per cento dei medici (facoltà a numero chiuso) contro una media del 55 per cento. A cinque anni dalla laurea, i medici che lavorano sono praticamente tutti, il 94 per cento, in fondo alla classifica i laureati in materie letterarie (65,9 per cento) e geo-biologiche (56,2).

Seconda ragione: siamo sicuri che gli esami siano un modo più equo di selezionare gli studenti rispetto a un test di ingresso che restringe la platea? Sulla base della mia esperienza universitaria non mi sentirei di sostenerlo. E non è certo soltanto il test l'unico momento in cui pesano gli "aiutini", dai corsi a pagamento alle spintarelle ai benefici che derivano da un background famigliare elevato (come la conoscenza dell'inglese, i viaggi ecc),  anzi. Agli esami le disuguaglianze si sentono ancora di più, come anche la nostra battagliera studentessa Chiara Riscica scoprirà.

Ultimo punto: gli stessi argomenti che giustificano l'abolizione del numero chiuso, si possono applicare all'abolizione di ogni controllo o sbarramento durante il percorso di studi. E' forse più equo fermare un 20enne che potrebbe diventare un grande medico dopo un primo anno di studi tormentato invece che sbarrargli la facoltà con il test? Opinabile. Si arriverebbe così alla conclusione - da parecchi sostenuta - che dovrebbe essere il mercato del lavoro a fare la vera selezione. Se un avvocato non è capace di trovare clienti, se ne accorgerà a prescindere dal "pezzo di carta" che ha appeso in studio. Idem per un medico o un biologo o uno scienziato della comunicazione.

Non credo che sarebbe un miglioramento sociale, collettivo e individuale, rinviare i problemi di dieci anni, a spese dei contribuenti. Quindi, cari amici che vi preparate ai test o li avete sostenuti nei mesi scorsi, rassegnatevi: prima o poi dovrete confrontarvi con degli sbarramenti, con la scelta binaria tra riuscire e fallire. Con la possibilità che, magari, qualcuno che ritenete meno intelligente di voi ma regge meglio lo stress e non va nel panico di fronte alla scelta multipla, vi passi davanti.

Non è piacevole, ma funziona così. I test d'ingresso all'università sono la prima vera occasione di acquisire questa consapevolezza.
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Da: Liebespirit20/08/2016 14:38:00
Carissimi,
tanto mi sono commossa per Andrea, il ragazzo-barbone, che ho cercato subito di saperne di più.
Guardate cosa ho scoperto...

Milano, 23 gennaio 2015 - In centinaia si sono rivolti, e continuano a rivolgersi, al nostro giornale per chiedere aggiornamenti sulla vicenda di Andrea, il ragazzo di 28 anni che abbiamo incontrato martedì all'ora di pranzo alla mensa per i poveri dell'Opera San Francesco di piazza Tricolore, e del quale abbiamo raccolto il racconto. Una mensa alla quale Andrea ha potuto accedere perché gli è stato rilasciato un tesserino che ne accerta lo stato di necessità, nonostante la giovane età.

Quel giorno il ragazzo ha fatto sapere di vivere per strada da maggio, di essere rimasto senza lavoro nonostante una laurea e un diploma al Conservatorio, di aver perso entrambi i genitori e di non avere una famiglia alla quale potersi appoggiare. Venuto a mancare il padre, Andrea, al contrario di quanto da lui dichiarato, forse per suscitare più partecipazione alla sua vicenda, avrebbe potuto contare sull'appoggio di mamma e sorella, potendo così frequentare sia il Conservatorio che  un corso di laurea in «Economia e Commercio». Dal maggio scorso si è allontanato da casa, senza farvi più ritorno se non per visite saltuarie ai familiari, che da allora non hanno avuto notizie certe su come vivesse se non quelle da lui stesso riferite. In seguito all'articolo che lo riguarda, in questi giorni il ragazzo ha avuto la possibilità di sostenere colloqui di lavoro in aziende che lo hanno contattato. Questo ci rende felici. E rispettiamo la scelta dei suoi familiari che hanno chiesto d'ora in poi riserbo sulla sua vita, auspicando che Andrea questa volta sia in grado di mantenere il suo prossimo impiego con costanza e responsabilità.
Rispondi

Da: Coeur dans le coeur20/08/2016 14:48:09
Ragazzi, al di là delle vostre scelte di vita (professione o concorsi), non scoraggiatevi mai!
La vicenda di Andrea, al di là delle diverse versioni sulla sua vicenda personale, che il giovane ha fornito ai giornali, insegna a tutti che non bisogna scoraggiarsi, mai!
Ben vestito, con una valigetta da imprenditore, pulito e decoroso, Andrea rifiuta concettualmente di "lasciarsi andare", continua ad inviare curricula, si mette in gioco. Alla fine, un lavoro lo ritrova.
Mi fa pensare a un bellissimo film: "La ricerca della felicità".
La virtù del "ricominciamento" è una concetto di cui si parla poco. Ne rilevai l'esistenza in giovinezza, leggendo gli scritti di un sociologo, che ho avuto occasione di incontrare nuovamente nelle mie recenti incursioni in libreria.
Mettete cuore nel vostro cuore. Tutto il coraggio che avete!
Buona fortuna a tutti!
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Da: ..............20/08/2016 16:17:50
ma quale casta avvocatizia, ce moremo de fame,...
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Da: laurea in legge carta igienica20/08/2016 17:48:15
Grazie Coeur dans le coeur.
Ma ho un dilemma.
Usare, dopo diversi anni dall'abilitazione forense, la laurea in legge come carta igienica, e fare come Andrea che alla fine un lavoro di travet lo troverà, oppure fare ancora parte del prestigioso albo (non chiamiamola casta, sarebbe follia) forense e chiedere aiuto economico ai genitori?
Rispondi

Da: ..............20/08/2016 18:19:46
se dopo tanti anni dal conseguimento della laurea non hai concluso niente puoi sempre iscriverti alla casta dei falliti e provare il concorso dei 1000 falliti che prima o poi faranno uscire.....
Rispondi

Da: @ ..............20/08/2016 18:44:26
Un dubbio, visto che mi sembri esperto su quali siano i concorsi per falliti, e quelli che non lo sono.
Secondo te, sono da falliti anche il concorso in magistratura e quello in bankitalia?
Rispondi

Da: @ ..............20/08/2016 18:45:43
lo chiedo perche' non mi va di far parte della schiera dei falliti, per cui vorrei sapere il tuo spassionato giudizio sui sopra menzionati concorsi.
Rispondi

Da: ..............20/08/2016 18:56:05
quei 2 e anche il notariato non sono concorsi da falliti ma solo a patto di vincerli. Pertanto chi li fa senza vincerli è iscritto d'ufficio al registro dei falliti..
Rispondi

Da: Coeur dans le coeur 20/08/2016 19:42:20
E' evidente che chi usa la parola "fallimento" lo fa in senso provocatorio...e magari per spronarvi a tentarli i concorsi!
La vita è come una bella arancia: ci sono tanti spicchi, rappresentati dalla realizzazione personale, da quella sentimentale, dalle nostre buone qualità, dagli hobbies, dai ricordi preziosi che illuminano le giornate nei periodi bui.
La parola "falliti" va bandita!
E' riduttivo comunque riferirla al mondo lavorativo...
Ci possono essere fallimenti, non persone fallite.
Ciò posto, tutto nella vita e' veramente molto molto soggettivo.
Se la mattina ti svegli e pensi: mi piace proprio tanto scrivere atti, argomentare, frequentare le aule di tribunale...L'avvocato e' il tuo mestiere.
Se pensi al concorso in magistratura e trovi, nelle more, un lavoro, se questo  e' da scrivania o pur sempre relativo all'ambito giuridico, e' meno complicato prepararsi. In caso contrario, l'incapacità di conciliare cose opposte può aumentare il grado di frustrazione. Niente comunque e' compromesso!
Se invece uno si impegna per un concorso più fattibile e la sua vita migliora in tutti i sensi: possibilità di mettere su famiglia, gratificazioni affettive, e' possibile anche trovare la forza in più per fare un ulteriore balzo, se non ci si ritiene già soddisfatti. Avere accanto una persona che ti aiuta anche moralmente può fare la differenza.
Non esistono falliti, ma circostanze più o meno avverse.
Non arrendersi e impegnarsi, però, dipende da noi.
Ciò che scegliamo e come lo facciamo dipende da noi.
Essere ottimisti nella società odierna e' paradossalmente difficile, anche se abbiamo più possibilità che in passato.
Nella società esistono pure la competizione senza quartiere, le cattiverie gratuite, le frasi umilianti dette apposta per scoraggiare.
Io ne ho sentite e non ho avuto sempre l'intelligenza di ignorarle.
Adesso le ignoro. In alcuni casi sono meno passiva. Dipende...
Ignorare e' la strada migliore...
Non scoraggiatevi.Se potete, tentate più strade...
Coltivate i sogni con tenacia, anche mentre servite un aperitivo in un bar o pulite le scale di un condominio, lavori peraltro rispettabilissimi.
Abbiate rispetto per voi stessi e siate rispettabili!
E non potrete mai, dico MAI!, considerarvi dei falliti. Coraggio!
Rispondi

Da: laurea in legge carta igienica20/08/2016 20:06:34
Se di 250.000 avvocati, che amano scrivere atti ed argomentare nei tribunali, di questi almeno 100.000 sono disposti ad abbandonare la toga e sacrificare la propria realizzazione dei sogni, in cambio di un posto fisso di travet, di cancelliere, di funzionario inps o delle entrate, perchè lo stipendio fisso è meglio della precarietà finanziaria della professione forense, significa che il grado di frustrazione economica, risulta prevalente e fondamentale nel determinare ogni scelta e tale da compensare la frustrazione dovuta all'abbandono dei propri sogni.
Le cause della decadenza economica forense vanno ricercate nel sistema universitario delle facoltà giuridiche italiane.
Rispondi

Da: ðŸ'— 20/08/2016 20:15:51
Non so che dire, ragazzi!
Forse, avete chiesto un'analisi alla persona sbagliata!
Qualunque cosa facciate e possiate fare, posso solo ribadire: Coeur dans le coeur!ðŸ'—
In bocca al lupo!
Rispondi

Da: @ ..............20/08/2016 20:22:02
Grazie per la risposta!
Un'ultima domanda: e il corso-concorso  per dirigenti della SNA e' un concorso da falliti, oppure no?
Rispondi

Da: laurea in legge carta igienica20/08/2016 20:52:35
E' un concorso per il quale 200.000 avvocati abbandonerebbero immediatamente la toga se lo superassero.
Rispondi

Da: ..............20/08/2016 20:55:18
nessuno ha costretto questi 200.000 a fare gli avvocati.. meglio perderli che trovarli per quanto mi riguarda..
Rispondi

Da: Harvey Specter21/08/2016 09:42:31
A 40 anni ho già versato i 500.000 euro necessari per diventare senior partner del mio studio. Io in Tribunale vinco, punto e basta. I concorsi  non mi interessano.
Rispondi

Da: laurea in legge carta igienica21/08/2016 11:21:32
Ecco il futuro che aspetta a molti dei 250.000 avvocati italiani se non vogliono riciclarsi in altri mestieri. Emigrare in Africa dove ancora il mercato non è saturo. Almeno in Africa la laurea in legge ancora non è carta igienica

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/21/avvocato-a-tunisi-in-italia-zero-possibilita-negli-studi-legali-qui-lavoro-per-tutto-il-mondo-arabo/2985669/

Avvocato a Tunisi: "In Italia zero possibilità negli studi legali. Qui lavoro per tutto il mondo arabo"

Giorgio Bianco, sardo di 31 anni, da quattro si è trasferito in Nord Africa e lavoro presso uno studio internazionale anglo-italiano. "Qui posso vivere del mestiere che amo. Il nostro Paese si evolverà solo quando chi fugge deciderà di rientrare portando con sé un nuovo bagaglio culturale"


A 23 anni, laurea di Giurisprudenza in mano e praticantato alle porte sono l'ingresso di Giorgio nel mondo del lavoro. "Tutti gli avvocati che conoscevo erano stanchi di esercitare la loro professione - racconta sul suo periodo da praticante - Mi dicevano di cambiare lavoro, anche perché il mercato, a loro dire, era morto. Ma io, da vero sardo, ero testardo e pronto a mettermi in gioco".
Rispondi

Da: Avete pensato21/08/2016 11:26:11
al fatto che nelle università italiane, neanche la pergamena che ti rilasciano è buona come quella di una volta?
Ho visto quella di un neo-laureato in legge, e sono rimasto impressionato da quanto fosse dozzinale, e grezza.
Parlo proprio della consistenza della carta.
Insomma, se anche uno volesse pensare a farne un uso alternativo, non sarebbe buona neanche come carta igienica, oramai.
Rispondi

Da: le coeur et ses raisons 21/08/2016 16:37:09
Mi e' piaciuta la storia di Giorgio. Un ragazzo che si mette in gioco all'estero ha le spalle larghe e merita rispetto. Imitatelo!
Rispondi

Da: laurea in legge carta igienica21/08/2016 18:10:10
In Italia non resta che l'uso di carta igienica  per la laurea in legge.
Mentre in Africa, se si conosce la lingua araba e si hanno le giuste conoscenze, si può fare il dipendente presso i mega studi legali internazionali, vere e proprie società di capitali, che non hanno niente a che fare con la miriade di studi legali italiani, individuali o con 2 o 3 soci, ma solo per dividere le spese comuni.
Rispondi

Da: .................21/08/2016 18:15:42
in italia stiamo con le pezze al culo.. studiare non serve a un cazzo.. fate i salumieri che vi conviene di più...
Rispondi

Da: ..............21/08/2016 19:05:30
la carta del salumiere non e' mai cambiata.
Quella della laurea si'.
Rispondi

Da: .......................21/08/2016 19:29:32
voi scherzate, il salumiere sotto casa (che firma con la X) ha una macchina che io me la sogno...
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Da: avvocati poveri22/08/2016 13:51:52
Avvocati poveri: solo colpa della crisi?

Ma di chi è la colpa? Inutile dire che la crisi è responsabile solo in parte. Ormai tutti sanno che fare causa a qualcuno ha costi altissimi e trascinare Tizio o Caio in tribunale è ormai un lusso che in pochi possono ancora permettersi.



Un fattore rilevante è rappresentato dalle grandi assicurazioni che non retribuiscono il legale in base a parametri ben determinati. La retribuzione è ridotta all'osso a scapito della qualità.




Avvocati poveri: quali soluzioni?

Contenere i numeri potrebbe essere una soluzione alla spropositata crescita del numero di avvocati, istituendo l'accesso a numero chiuso nella facoltà di giurisprudenza. Non solo: si potrebbe pensare a un turn over, regolamentando il flusso di avvocati che vanno in pensione e quelli che intraprendono l'attività, avendo cura di bilanciare i numeri. Tutte misure mirate al contenimento dell'offerta, in modo tale che quest'ultima non superi la domanda, evitando l'accentuarsi della concorrenza, con un conseguente ribasso del valore della prestazione il quale a sua volta porta a un aumento di disoccupazione e, quindi, al generarsi di "nuovi poveri". Come si può notare, un vero e proprio circolo vizioso.
Rispondi

Da: 22/08/2016 20:49:01
              
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Da: .................22/08/2016 23:32:45
numero chiuso, la laurea dovrebbe essere sempre più difficile da prendere..i somari vanno castigati fin da subito, gli si fa pure un piacere in tal modo.......
ma qui si va nel senso opposto, lauree più facili da prendere, università telematiche...
Rispondi

Da: laurea in legge proficua23/08/2016 08:53:28
Uno degli aspetti peculiari della formazione in giurisprudenza negli States e' che questa materia si studia solo a livello graduate . Per frequentare un corso di legge negli States uno studente deve gia'essere in possesso di un titolo di laurea di primo livello.
I diplomi di laurea in giurisprudenza piu' comuni negli States sono il
Juris Doctor(JD) degree e il Master's degree in Law
(LLM). Il JD e' il diploma che prelude all'esercizio della professione legale negli Stati Uniti e per questo e' focalizzato soprattutto sul diritto americano (n.b. Per esercitare la professione legale negli States bisogna prima passare il bar exam e comunque essere in possesso di un visto che autorizzi il lavoro negli States).L' LLM e' invece un tipo di diploma che viene generalmente conseguito da chi ha gia' una formazione legale e vuole specializzarsi in
un ramo particolare del diritto come ad esempio In ternational law, comparative law, taxation.

L'Università di Harvard è un posto che resta nel cuore di chi, come chi scrive, vi ha trascorso un anno studiando legge per ottenere un master alla «Law School». Ciò che per una valdostana è subito evidente entrando in Università è l'incredibile babele di lingue, culture, religioni. Come tutti i migliori atenei americani, Harvard adotta la politica di ammettere persone di diverse origini perché ciò apporta un arricchimento culturale e un pregio. La facoltà di legge offre tre programmi di studi: una laurea in tre anni per chi non ha mai praticato il diritto in precedenza (la classica laurea in Giurisprudenza), un master di un anno per chi ha già ottenuto una laurea in legge e un dottorato. Il master frequentato da chi scrive è composto di un numero limitato di studenti (circa 150) provenienti da più di 60 Paesi al mondo. La semplice interazione tra persone diverse e altamente qualificate rende questo posto unico al mondo. L'interazione insegna molto sia agli studenti sia ai professori ed è anche aiutata dal metodo di studio socratico. Se negli atenei europei l'idea è di apprendere quante più nozioni possibili dal professore, il metodo americano è basato sull'esperienza pratica. A lezione gli studenti devono arrivare avendo già letto il materiale di cui si discuterà in classe e l'apprendimento avviene attraverso lo scambio d'idee e l'interazione, si discute di ciò che si è letto, di come sarebbe possibile cambiarlo e di come la questione è affrontata in altri paesi del mondo. Si è obbligati a interagire con i professori che nella maggior parte dei casi, amano discutere con gli studenti anche fuori dalle aule, dopo le lezioni. L'apprendimento pratico avviene anche attraverso quelle che chiamano «clinics»: grazie alla collaborazione con diversi studi legali, gli studenti possono lavorare su casi reali e imparare cosa significhi mettere in pratica il diritto. E' una possibilità unica per misurarsi con la realtà e andare in varie parti del mondo lavorando con un team di studenti-avvocati.

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