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Quanti di voi sono avvocati ma hanno lasciato per un concorso pubblico?
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Da: scottex16/07/2016 15:55:01
Per fare il cuoco ci vuole una certa attitudine, non diventano bravi chef i giuristi falliti, tutt'al più sguatteri.
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Da: @scottex16/07/2016 16:03:19
capirai che grande abilità. La metà dei ristoranti ha cuochi egiziani, cingalesi et simila
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Da: ................16/07/2016 18:26:31
ma al giorno d'oggi ancora pensate che la laurea vi darà il lavoro? siete fuori strada, lo studio va fatto solo per cultura personale.. il lavoro ve lo dovete inventare...
l'epoca del concorso pubblico è finita da un pezzo, non so se ve ne siete resi conto...
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Da: scottex16/07/2016 19:03:57
Tuttavia ci sono lauree, che non sono carta igienica come quella in legge.
Mi riferisco a quelle del settore scientifico, ingegnieristico, sanitario, con le quali anche fuori dalla pubblica amministrazione, permettono di vivere dignitosamente.
Poi se uno deve studiare solo per cultura personale, quanto vale risparmiarsi la retta universitaria e formarsi culturalmente da autodidatta.
Rispondi

Da: 17/07/2016 18:06:03
                        
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Da: ..................17/07/2016 18:17:40
la laurea in legge serve a fare l'avvocato ma solo se sei bravo puoi fare l'avvocato altrimenti morirai di fame o ti perderai dietro qualche concorsino da laureato fallito..
Rispondi

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Da: ,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,17/07/2016 19:16:52
Attenzione: il soggetto di cui sopra è affetto da patologie compulsive nonché da una forma aggravata di autismo. Pregasi di non rispondere, onde non peggiorare le sue già compromesse condizioni psicofisiche. Grazie.
Rispondi

Da: ..................17/07/2016 19:26:49
ci vuole il MERITO per andare avanti e per fare gli avvocati.. gli scarsoni  a casa...
Rispondi

Da: meritocrazia18/07/2016 08:37:24
http://www.siciliainformazioni.com/sparlagreco/369103/embargo-greco-presidente-avvocati10-mila-presunti-innocenti-in-carcere
Rispondi

Da: meritocrazia19/07/2016 16:21:09

Nell'ambito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria hanno emesso sette misure cautelari a carico di persone, che, a vario titolo, sono indagate per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al fine di favorire illecitamente il superamento dei concorsi per il reclutamento nell'Esercito italiano.

L'indagine ha rivelato l'esistenza di un articolato e consolidato sistema di acquisizione di informazioni e atti riservati riguardanti i test di accesso, nonché di "segnalazioni" volte a favorire, sfruttando una fitta rete di relazioni, il superamento dei concorsi di volontario nell'Esercito in ferma prefissata.

Tra i destinatari dell'ordinanza cautelare figurano quattro militari, attualmente in servizio nell'Esercito, e un appartenente alla Guardia di finanza, già sottoposto ad analogo provvedimento nell'ambito di un collegato filone investigativo. Nei loro confronti sono stati disposti gli arresti domiciliari, altri due appartenenti all'Esercito Italiano sono stati sospesi per un anno, nei confronti del quinto è stato disposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Le indagini hanno fatto emergere il modus operandi degli indagati, i quali, secondo l'ipotesi accusatoria, abusando della loro qualifica e violando i doveri inerenti il servizio prestato nell'Amministrazione militare di appartenenza, in una specifica occasione si facevano promettere e consegnare - da un operaio residente nella provincia di Napoli - la somma di 10 mila euro in contanti, in cambio del loro intervento diretto a fornire informazioni riservate e a segnalare la figlia del medesimo nelle prove selettive relative al concorso per il reclutamento 2015 nell'Esercito Italiano.

I finanzieri hanno anche iniziato perquisizioni personali e locali per ricercare elementi di prova con riferimento ad oltre 50 posizioni relative ad altrettanti aspiranti, che si sono rivolti al sodalizio per il superamento del concorso.

"Una vera associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, una organizzazione criminale che aveva come punto di riferimento un maresciallo della Esercito italiano". Non usa mezzi termini il gip di Napoli Nord, Fabrizio Finamore, che ha accolto il lavoro del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli e quello del pm Ilaria Corda, firmando le sette misure cautelari.  "Usavano
frasi in codice e criptiche tipiche di una associazione a delinquere che aveva lo scopo di avere contatti con i familiari dei candidati che a loro si rivolgevano per ottenere soldi in cambio delle domande a per le procedure selettive e psicoattitudinali per i concorso nella Esercito", scrive. Una 'rete' che era a supportata da altri militari, alcuni dei quali sono stati individuati e sono destinatari della ordinanza di questa mattina, altri invece sono in corso di identificazione.
Rispondi

Da: 19/07/2016 21:19:01
                   
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Da: ex avvocato20/07/2016 19:37:11
Io ho vinto da alcuni anni un concorso pubblico e mi trovo meglio di quando facevo l'avvocato...ormai sono in troppi bisogna lasciare la professione
Rispondi

Da: in sintesi21/07/2016 08:03:33
Hai ragione. E' la triste realtà, basata sulle inconfutabili statistiche, rigettata solo dalle aspiranti, future, ambiziosissime,eccellenze abogadizie da forum.
Rispondi

Da: rquo compenso23/07/2016 17:16:40
A proposito di politiche economiche e di classe media: è in corso un dialogo tra il suo ministero e il Consiglio nazionale forense per una legge sull`equo compenso per gli avvocati. A 10 anni dall`abolizione delle tariffe professionali, questa legge è un obiettivo raggiungibile? Innanzitutto penso che considerare gli avvocati come erogatori di un servizio qualunque sia stato un errore. L`idea che l`unico meccanismo con cui intervenire sia incentivare la competizione tralascia un dato: la competizione si è già sviluppata in modo selvaggio perché una carenza di programmazione ha fatto arrivare il numero degli avvocati a 240mila. Con la conseguenza di una fortissima crisi e di un fenomeno
di proletarizzazione della professione forense. E questo rischia di incidere non solo sulla qualità della professione ma addirittura sulla tenuta democratica.
A cosa si riferisce? A quell`impoverimento di un pezzo di classe media che rischia di generare posizioni populiste e anti sistema. Perciò ho cercato di sostenere in questi anni una terza via tra una logica mercatista e quella meramente corporativa: la professione si deve innovare, e abbiamo provato
a farlo con la legge di riforma dell`ordinamento forense, ma nemmeno si può sottoporre l`avvocatura a delle cure da cavallo. L`impatto della globalizzazione sulla professione e l`aumento del numero di professionisti
hanno già avuto effetti sul reddito medio degli avvocati.
E come si argina tutto questo? Dobbiamo fare una sorta di politica
industriale per guidare questa trasformazione. In parte lo abbiamo fatto con l`introduzione dei parametri, con gli strumenti che riguardano la formazione, con una regolamentazione più rigorosa della deontologia, e anche con le modalità di accesso al ruolo di cassazionisti. Ma adesso, e questo è anche l`impegno che ho assunto all`inaugurazione dell`anno giudiziario del Consiglio nazionale forense, dobbiamo provare a dare sollievo a un pezzo di avvocatura che soffre di più. E in questo senso la questione dell`equo compenso credo abbia sicuramente una rilevanza. Ci muoviamo all`indomani della firma di un decreto che consente la compensazione tra debiti tributari e crediti per il patrocinio a spese dello Stato, che consentirà di rimediare ai pagamenti ritardati da parte dei tribunali.
Su questo l`Ue potrebbe opporsi per violazione delle direttive
sulla libera concorrenza. Non possiamo prescindere dalla legge europea, ma dobbiamo partire da un punto: dall`enorme sperequazione che si è creata tra committente e professionisti nei casi in cui il committente è un grande soggetto economico o finanziario. Mi auguro che l`Antitrust e anche l`Unione europea tengano conto di questo squilibrio che nel tempo si è determinato e che genera un`alterazione del mercato.
Rispondi

Da: ......................23/07/2016 17:20:20
#NoAllaCassaForenseObbligatoria!
Rispondi

Da: x scotte23/07/2016 18:43:18
Rispondi

Da: x scottex23/07/2016 18:46:08
Non è vero che le lauree scientifiche trovano più lavoro e sono meglio pagate. Dove vivi?! Sai quanti ingegneri disoccupati e che prendono 800 euro al mese ci sono? La libera professione è concentrata in grossi studi. E gli ingegneri dipendenti guadagnano poco. Forse si salvano solo i medici,


P.S. io ho la laurea in giurisprudenza e guadagno bene ma non ho 30 anni ma molti di più. Ormai i tempi sono cambiati
Rispondi

Da: tempi cambiati24/07/2016 08:04:54
http://www.bergamonews.it/2016/06/08/la-denuncia-del-giovane-avvocato-disilluso-e-avvilito-abbandono-la-pratica/225849/

La denuncia del giovane avvocato: "Disilluso e avvilito, abbandono la pratica"

Un giovane praticante avvocato denuncia al presidente dell'Ordine una situazione spiacevole che lo ha costretto, dopo mille sacrifici, ad abbandonare la pratica forense.
di Redazione - 08 giugno 2016 - 5:38

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    Denuncia
    praticante avvocato

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L'entusiasmo per la laurea in giurisprudenza e per la possibilità finalmente di confrontarsi con la pratica forense si è spento quando per la prima volta ha messo piede in uno studio legale: è la storia di un giovane praticante in cui, forse, in tanti si riconosceranno e che ha spinto il protagonista ad abbandonare la strada intrapresa con il suo percorso di studi.
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Una situazione spiacevole che ha voluto denunciare al presidente dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo Ermanno Baldassarre, al quale ha scritto una lunga lettera che vi proponiamo:

Egregio Presidente,

la questione che mi accingo ad esporLe non è nuova né particolarmente originale, ma merita, a mio avviso, la massima attenzione, poiché coinvolge tutta una serie di problematiche di tipo etico, sociale, culturale e, in ultima analisi, costituzionale, che non possono essere rimosse sic et simpliciter.

Sono un giovane laureato in giurisprudenza dell'Università di Bergamo e circa un mese fa ho cominciato la pratica forense presso uno studio legale cittadino. Mosso dalla passione per il diritto penale e dal desiderio di imparare il "mestiere", ho da subito affrontato la nuova esperienza con entusiasmo e, se si vuole, con quell'incoscienza tipica dei neofiti.

Superati non senza difficoltà i primi ostacoli di carattere burocratico, scoprivo tuttavia, come un Candide scappato dal suo castello, la dura e per certi versi sconcertante realtà forense. Il primo incontro con il mio dominus è stato in questo senso rivelatore. Dopo avermi esposto brevemente l'ambito di attività dello studio, questi, con naturalezza e senza alcun imbarazzo, mi ha chiesto se fossi figlio di avvocati e, alla mia risposta negativa, ha ribattuto domandandomi se potessi permettermi il praticantato. Ovviamente non ho potuto nascondere un certo disagio, ma ho preferito comunque far buon viso a cattivo gioco, dicendo che avrei continuato, come negli anni universitari, a lavorare nel week-end per racimolare un po' di denaro.

Le prime inaspettate questioni erano il prologo da consumato teatrante per la fatidica e poco originale sentenza: "Il primo anno non corrispondo nessun rimborso spese ai miei collaboratori. Si lavora dal lunedì al venerdì, dalle 8.45 alle 19".

Seguiva la firma delle carte e la presentazione dei colleghi, ma di queste circostanze ho un ricordo sbiadito. Ero infatti già assorto nei ricordi delle lezioni universitarie di diritto del lavoro sulla giusta retribuzione di cui all'articolo 36 della Costituzione. Non potevo peraltro non pensare, con amara ironia, al primo, cruciale articolo della nostra Carta fondamentale, che lapidariamente afferma: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro".

Evidentemente, ho pensato, l'Italia non è più una Repubblica, o forse non è più democratica. Forse. Nel frattempo, con il passare dei giorni, mi concentravo sulle mansioni affidatemi, che, per quanto consistenti prevalentemente in attività di mera segreteria, stimolavano la mia curiosità intellettuale, se non altro perché finalmente potevo avere un'idea di che cosa fosse quel "diritto vivente" freddamente descritto dai voluminosi manuali accademici. Potevo anche, finalmente, vedere da vicino un'udienza e cominciare a comprendere il canovaccio recitato quotidianamente nelle aule di giustizia.

E tuttavia, nonostante i molti, troppi sacrifici cui ero costretto (meglio, cui era costretta tutta la mia famiglia) per sbarcare il lunario ed affrontare al meglio la settimana lavorativa, l'impudenza del mio dominus pareva non trovare limite. In occasione della consegna dei libretti dei praticanti, recatomi con l'avvocato presso il nostro (sic) Ordine, dovevo sorbirmi una commedia nient'affatto divertente.

Protagonista un principe del foro, comprimario il sottoscritto. La trama, a dire il vero particolarmente raffinata, culminava in una sgarbata consulenza estetica, con il consiglio di comprarmi degli abiti nuovi, magari risparmiando sulle uscite con gli amici , giacché, riporto fedelmente, "l'abito fa il monaco".

Ma non fa il signore, verrebbe da dire.

Un consiglio che in altre circostanze sarebbe stato forse ben accetto, benché non fossi esattamente vestito di cenci, risultava e risulta insopportabile proprio in ragione dello sfruttamento totale cui venivo sottoposto e cui vengono, purtroppo, sottoposti molti praticanti: costretti ad orari oberanti, senza alcun compenso, inquadrati ed irregimentati secondo schemi da catena di montaggio più che da tirocinio all'interno di un contesto intellettualmente stimolante.

Nei giorni successivi, ormai disilluso ed avvilito, ho cercato comunque di tirare a campare, di far passare senza intoppi le giornate, in attesa di rimediare qualche ora di lavoro domenicale ed avere così la certezza di potermi finanziare un'altra settimana di lavoro. Lo scorso week-end, però, il maltempo e la penuria di clienti hanno fatto saltare la giornata lavorativa di molti che, come me, lavorano "a chiamata", inducendomi così ad una lunga e sofferta riflessione, risoltasi nella decisione di abbandonare la pratica forense.

Nel mio caso, come in altri, allo scoramento morale si aggiunge la pratica impossibilità di autofinanziare un percorso divenuto ormai selettivo su base censitaria, come avveniva per l'ordine equestre nell'antica Roma. Non è infatti possibile, per chi non disponga di forme di rendita parentale o di un cospicuo patrimonio personale, concludere quel percorso che ineludibilmente si deve affrontare per accedere all'esame di abilitazione alla professione di avvocato.

Forse converrebbe scolpire all'ingresso degli studi legali il fondamentale discorso che Piero Calamandrei rivolse agli studenti italiani nei primi anni di vita della Repubblica e di cui mi piace riportare il seguente passo: "Perché fino a che non c'è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società".

Il progresso di tutta la società era l'orizzonte a cui guardava il grande giurista, ed al progresso della società dovrebbe guardare l' avvocato, oggi come ieri chiamato al delicato ruolo di garante della legalità, in tutte le sue declinazioni. Ma, come nella celebre sentenza latina citata da Cicerone, "summum ius, summa iniuria": il massimo di ingiustizia risiede proprio nei luoghi ove si dovrebbe promuovere la giustizia. E se è vero che non c'è libertà senza giustizia, in primo luogo giustizia sociale, allora viviamo in una società illiberale. Una società nella quale le "menti migliori della mia generazione", parafrasando Allen Ginsberg, sono messe nella condizione di non poter pensare, quindi di non vivere, perché prese dall'angoscia di sopravvivere.
Rispondi

Da: ..................24/07/2016 11:32:31
se hai problemi a bergamo pensa al sud dove ci sono più avvocati che mosche..
comunque è davvero riste tutto ciò...
Rispondi

Da: ..................24/07/2016 11:32:50
se hai problemi a bergamo pensa al sud dove ci sono più avvocati che mosche..
comunque è davvero triste tutto ciò...
Rispondi

Da: tempi cambiati24/07/2016 15:22:34
Questa non è una semplice denuncia di quanto avviene in Italia o di quanto aumenta giornalmente il precariato. Questa è l'espressione della rabbia, messa nero su bianco di una di loro: una precaria o meglio, come li chiamano a Roma una di "quei sorci da butta' in gabbia". Ebbene, la gabbia, sembra paradossale a dirsi, è uno studio legale, uno dei tanti dove oggigiorno vengono "assunti" giovani praticanti.

"Assunzione", però è una parola grossa perché, pur se subordinata ad un formale colloquio di assunzione, ad esso non segue un contratto. Nessuna certezza dunque e la possibilità di ritrovarsi senza un posto di lavoro se "il periodo di prova" è andato male. Ebbene sì, pur avendo tutte le carte in regola per lavorare in uno studio legale, (laurea, master, esame d'avvocato già sostenuto) si viene sottoposti giornalmente ad un esame di compatibilità con lo studio. Cosa si intende per compatibilita'? Credo di non averlo ben capito ... o forse sì.


Per la mia prima esperienza lavorativa, compatibilità indicava la predisposizione ad "accompagnare" il professore saltuariamente nella sua vita privata, in cambio di una "assunzione definitiva" o, se si è più fortunate ed oltre ad esser carine si sa anche scrivere, di qualche pubblicazione. Sembra banale scriverlo. Nulla di nuovo, si diranno in tanti leggendo questa lettera, tutti lo sanno, funziona così in Italia. Per una donna è più facile, o forse più difficile, dipende dai punti di vista: devi essere carina, indossare un abbigliamento "consono ad uno studio legale" e così forse, arrivi a guadagnare anche 500 euro al mese. Ma questo "compenso" è sudato, ovviamente.

Se invece non ci si imbatte in queste tragicomiche situazioni imbarazzanti a tête à tête con il professore allora si capita in un grosso studio con praticanti sotto i 27 anni, i più non vengono retribuiti e tanti altri vengono pagati una miseria. Per miseria si intende che con tale cifra non ci si riesce a coprire neanche il rimborso spese equivalente al pranzo o ai costi per il tragitto casa-studio. E tutto ciò perché ? Beh, perché è la prassi per noi giovani praticanti avvocati. Ma mi chiedo in cosa debba consistere questa prassi. Forse è prassi l'essere sottoposti ad un supplizio giornaliero che dura dalle 9.00 alle 21 ogni giorno? Forse è la prassi essere soggetti a pressioni o stupide ritorsioni dei "boss" o forse invece di scappare dall'Italia bisognerebbe denunciare tante meschine situazioni di sfruttamento e mobbing lavorativo?

A tutti voi, praticanti e boss, una riflessione.

Rispondi

Da: ..................24/07/2016 15:58:11
altro che 27 enni, qua ci sono schiavetti di studio che hanno 30-35 anni...
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Da: tempi cambiati24/07/2016 21:02:58
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/09/giovani-avvocati-schiavismo-del-nuovo-millennio-ecco-vostre-storie/376153/
Mi chiamo Francesca, ho 33 anni e sono avvocato. Lavoro per uno dei più importanti studi di Napoli da oltre otto anni, cinque giorni la settimana, 12 mesi l'anno perché anche ad agosto lo studio è aperto per due settimane. Mai pagato il mese di agosto perché tanto non si fa niente… Trasferte in giro per i tribunali della Campania a dir poco sottopagate, ma il bello deve ancora venire! Rimango incinta, lavoro fino al giorno prima del parto oberata di adempimenti ed udienze, partorisco e dopo due settimane sono di nuovo al lavoro dopo molteplici chiamate, 2 giorni la settimana. Quando ritorno a lavorare a pieno regime sapete quanto mi viene offerto per i quattro mesi in cui ho lavorato 'a mezzo servizio'? Cinquecento euro fatturati per quattro mesi, due volte la settimana per 8 ore ciascuna ovvero 0,5 centesimi l'ora quando una cameriera ne guadagna 8 l'ora senza laurea, master, specializzazioni e soprattutto Cassa forense da pagare. Questo è il magico mondo del lavoro che la nostra generazione ha di fronte e che diversamente dagli spagnoli subiamo senza in alcun modo reagire!

DANIELE, UNA MULTA PER OGNI ERRORE. Sono un giovane di 27 anni che a Dicembre proverà per la prima volta l'esame di abilitazione alla professione forense. All'inizio ho svolto la pratica in un piccolo studio, orario di ufficio, niente paga. Dopo 6 mesi ho iniziato a percepire qualcosa (130,00euro  al mese) che piano piano è aumentato a 300,00. Fortunato?! Non proprio!. Se sbagliavo un atto o una lettera veniva scalata una "multa" dal mio stipendio. Ovviamente dovevo svolgere tutta la cancelleria, redigere atti, andare in posta, alle notifiche (alle 6 di mattina in coda dinanzi all'Unep competente), preparare le fatture e altro. Inoltre, dovevo gestire lo studio durante le "ferie" del dominus. Il mio cellulare era diventato un call-center, chiamate a tutte le ore (dopo il lavoro) e chissenefrega se ero a cena con la morosa o amici. Dovevo essere sempre reperibile, manco fossi un ingegnere nucleare!!!!. Un giorno il mio dominus si accorge che è stato smarrito un mini scanner (valore 130 ,00 euro  più iva), e si ricorda che 3 settimane prima lo aveva dato a me! Conclusione ho dovuto ricomprarlo (IVA compresa, ma il professionista non la scarica?!). Infine dulcis in fundo. il 29 dicembre 2011 (durante le festività natalizie) vengo lasciato a casa alle ore 22.00 tramite un sms perché mi sono rifiutato di recarmi in Tribunale a depositare un atto (non urgente) la mattina dopo, rendondomi disponibilissimo a depositarlo il lunedì successivo. Causa questa mia grande mancanza il mio dominus ha dovuto ritardare la partenza per la sua settimana bianca di 4 ore!!!!! Finita qui?! Assolutamente no!!! Nonostante la conclusione del rapporto di praticantato ho dovuto litigare ferocemente per ottenere la firma sul libretto.

ARIANNA: "PRATICA LEGALE, SCHIAVISMO DEL NUOVO MILLENNIO". Sono Arianna, 27 anni, laurea triennale in scienze giuridiche europee e transnazionali, laurea specialistica in giurisprudenza a Bologna, entrambe nei tempi e con voti oltre il 100. Un'esperienza Erasmus in Germania e un master internazionale in proprietà industriale in Italia. Parlo correntemente inglese e tedesco, ho già lavorato durante l'università per non essere totalmente a carico dei miei. Dopo la laurea mi sono trovata a fare i due anni di schiavismo del nuovo millennio altrimenti definiti pratica forense. Non ho imparato a scrivere. Ma ho imparato a rispondere al telefono, fare fotocopie fronte/retro, litigare in cancelleria, depositare a tempo record, liquidare i clienti che il dominus non voleva ricevere, tanto da trovarmi talvolta anche in situazioni poco piacevoli. Il tutto gratis per due anni, sentendomi dire che nonostante lavorassi gratis per 10 ore al giorno non facevo abbastanza. Quest'anno ho l'esame di Stato, lo faccio perché voglio il titolo, ma vi potete scordare che io vada a fare l'avvocato in qualche studio. Piuttosto vado a fare qualsiasi altro lavoro, pagato (anche poco), ma perlomeno dignitoso. Forse all'estero sapranno apprezzare e ricompensare la mia professonalità e la mia preparazione. Questo sistema non funziona e fra 10 anni questo paese si accorgerà di aver perso tante occasioni quanti siamo noi giovani che ce ne andiamo disgustati da una classe politica che pensa solo al breve periodo e non è capace di guardare al futuro. Mi dispiace, ma non intendo contribuire a pagare la pensione a quelli che oggi non fanno che trattarci come schiavi.

MARCO, PAGATO DALLO STATO 36 CENTESIMI L'ORA. Mi sono laureato con lode in Giurisprudenza a 24 anni, 6 mesi e 15 giorni, in meno dei cinque anni previsti, a luglio 2009. Da dicembre 2008, però, avevo iniziato la pratica notarile, con l'intenzione di diventare notaio: attività che si è protratta per 18 mesi, fino a luglio 2010, senza rimborso spese alcuno. Da settembre 2010 ad oggi, ormai 27enne, sono stato praticante avvocato presso l'ufficio legale di una Pubblica Amministrazione: l'orario richiesto è quello d'ufficio, peraltro flessibile - e dunque molto più favorevole di quello cui devono sottostare la maggior parte dei praticanti avvocati - ma il rimborso spese è di 250 euro mensili, versati con cadenza trimestrale, non regolare. Dunque ogni tre mesi arrivano 750 Euro: calcolando 35 ore lavorative settimanali per 5 giorni alla settimana e 20 giorni lavorativi mensili, fa 1,56 euro l'ora (8×5=40 ore settimanali; 40×4=160 ore mensili; 250:160= 1,56 Euro l'ora). Sono così fortunato da avere alle spalle una famiglia economicamente solida, che mi sostenta interamente, ma mi chiedo quali prospettive riservi per il futuro un simile sistema, non solo a me, ma anche ad altri meno fortunati. Resta la sconcertante constatazione che la provenienza di censo è (ri)diventata determinante nel decidere cosa uno potrà o non potrà fare nella vita, e realizzarlo non è piacevole nemmeno per chi, pur nato "dalla parte giusta", ha sete di giustizia, soprattutto sociale.

ANTONELLA, CON REGOLARE CONTRATTO: MAI RISPETTATO. Sono Antonella, ventiquattro anni e vi scrivo da Reggio Calabria. La mia condizione lavorativa è apparentemente discreta, infatti lavoro come segretaria in uno studio legale da ben cinque anni, regolarmente assunta con contratto a tempo indeterminato. Dietro questo contratto si celano delle condizioni che vanno ben oltre la precarietà: stipendio al di sotto del minimo sindacale per lo svolgimento del doppio delle ore previste dal contratto (400 euro  per 8 ore di lavoro al giorno), straordinari non retribuiti, 15 giorni di ferie l'anno su quattro settimane previste dalla legge e zero pretese per non perdere il posto. Aggiungiamo il fatto che mi ritrovo a pagare tasse e a subire costi rapportati a un reddito che non percepisco realmente. Queste sono le condizioni a cui oggi è possibile trovare un posto di lavoro. Ed è questo il motivo per cui non si può dar torto a quei giovani che valutano e optano per l'idea di rimanere a casa dai genitori. Io non ce l'ho avuta la possibilità di scegliere quest'alternativa, sono costretta a procurarmi un sostentamento, sono costretta quindi ad accettare le suddette misere condizioni.
Rispondi

Da: meritocrazia nei concorsi pubblici25/07/2016 21:27:21
Pavia, supera il test ma lo annullano
perché è difficile. Concorso da rifare
Alla selezione per un posto nell'Asl si sfidano in 64. L'unica idonea non viene presa: «Prova troppo complessa, da rifare». Lei fa ricorso: si vuole favorire qualcuno


Troppo brava per essere assunta, così la prossima volta impara a rispondere esattamente alle domande «troppo difficili». Su 64 candidati è l'unica giudicata «idonea» dalle prove d'esame per un posto di coadiutore amministrativo da assegnare al Dipartimento Prevenzione Veterinaria, quindi vince il concorso pubblico bandito dall'azienda sanitaria locale di Pavia: ma non viene assunta perché appunto l'«Azienda Tutela Salute» pavese annulla il concorso, e ordina di farne uno nuovo, con il surreale e postumo argomento che le domande sarebbero state «viziate» da «eccessiva complessità». Michael Young, il sociologo britannico di matrice laburista autore nel 1958 del manifesto «L'avvento della meritocrazia», si rivolterebbe nella tomba a vedere la chirurgica precisione burocratica con la quale 52 pagine di un decreto dell'Ats di Pavia sembrano incaricarsi di dimostrare plasticamente che meritocrazia continua a essere solo una parola della quale riempirsi la bocca ai convegni.

L'iter concorsuale

In aprile l'azienda sanitaria di Pavia bandisce un concorso per un ruolo amministrativo nel settore veterinario. Gli ammessi alla graduatoria sono 64, e svolgono l'esame (con «idoneità» fissata a 6 punti su un massimo di 9) in tre convocazioni il 16-17-18 maggio, rispondendo a tre blocchi di domande. All'esito della procedura di selezione, la Commissione d'esame dichiara «idonea» una sola candidata, la 39enne D.C., con 8 punti. C'era un posto da coprire, c'è una persona selezionata per assumere quel ruolo, sembrerebbe tutto semplice. E invece no. In un trionfo burocratico di cinque «visto che», tre «richiamato che», quattro «preso atto che», un «esaminato», un «acquisiti» i pareri dei direttori sanitario-amministrativo-sociosanitario, e due «ritenuto che», ecco che «a tutela dell'interesse pubblico» un decreto del direttore generale stabilisce «necessario procedere all'annullamento in autotutela degli atti endoprocedimentali», e dispone «il rinnovo della fase valutativa della procedura nei confronti» di tutti i «candidati presenti alle tre convocazioni» di maggio: «al fine da un lato di assicurare il superamento del vizio rilevato, e dall'altro di garantire il rispetto del principio di conservazione degli atti giuridici e di divieto di aggravamento del procedimento».

Domande troppo «difficili»

E quale sarebbe il grave «vizio rilevato» che imporrebbe l'annullamento del concorso? Dubbi di esami truccati? Errori nelle tracce? Irregolarità tra i Commissari? Macché. Si annulla tutto perché «le domande formulate dalla Commissione esaminatrice nell'ambito delle tre convocazioni non rispettano, in termini di eccessiva complessità, le indicazioni del bando per quanto attiene alle prove di idoneità in esso contenute, con conseguente violazione della lex specialis che il bando medesimo costituisce». Ma cosa veniva chiesto di così tremendo? A occhio e croce cose non esattamente da Premio Nobel, ma quesiti (rispettivamente da 2 minuti di risposta, 5 minuti e 5 minuti) su conoscenze basilari per un operatore amministrativo nel settore veterinario. E cioè elementi essenziali di anagrafe zootecnica (come il codice allevamento, documenti di trasporto, registro di carico e scarico); saper utilizzare Word per inviare alcuni tipi di lettere di contestazione di contributi evasi; e saper usare Excel per predisporre un elenco di aziende con suini e avicoli, da inviare ai vari veterinari per i controlli.

Si prepara il ricorso al Tar

«Ma quale tutela dell'interesse pubblico», obiettano gli avvocati Valeria Sergi e Stefano Nespor che ora faranno ricorso al Tar per conto della ragazza: «La tutela dell'interesse pubblico consiste nell'attribuire il posto a concorso al candidato più meritevole, l'unico che ha ottenuto l'idoneità», anzi in teoria «risultato ancor più meritorio tenuto conto della (pretesa) "eccessiva complessità" delle prove. Al contrario, la decisione assunta non tutela alcun interesse pubblico, ma semmai l'interesse di candidati palesemente non meritevoli di provare nuovamente a ottenere il posto a disposizione (e non c'è dubbio che qualcuno di questi riuscirà, con le nuove prove, a ottenerlo). Senza contare che il costo di una nuova selezione graverà sull'Azienda e, quindi, sui contribuenti».

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Da: meritocrazia nei concorsi pubblici26/07/2016 13:14:52
http://www.wired.it/economia/lavoro/2016/06/21/sempre-laureati-connessi-disoccupati-gli-under-35-italiani/

In generale, a livello europeo gli Under 35 sono la generazione più istruita di tutti i tempi, secondo i dati di EU Youth Report, il rapporto sui giovani della commissione europea. Infatti, l'82% dei ragazzi europei tra i 20 e i 24 anni ha conseguito il diploma di maturità e un terzo dei 30-34enni ha in tasca una laurea. Ciononostante 8,7 milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non hanno lavoro.

In Italia ad esempio, secondo i dati di AlmaLaurea relativi al 2015, su 23.000 laureati in lettere il 63% è disoccupato e su 13.000 laureati in psicologia lo è 66,4%. Anche i laureati in giurisprudenza non se la passano bene: su 15.500, i disoccupati sono addirittura il 76,9%.

A denunciare questi dati è anche il rapporto dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) del 2015 Education at a glance che costituisce un momento importante per fare il punto sui sistemi d'istruzione dei 34 Paesi membri: nel 2014, solo il 62% dei laureati tra i 25 e i 34 anni era occupato in Italia. Questa percentuale, paragonabile solo alla Grecia, è la più bassa tra i Paesi dell'OCSE (la media è dell'82%). Non solo: L'Italia e la Repubblica Ceca sono i soli Paesi dell'OCSE dove il tasso di occupazione tra i 25 e i 34 anni è il più basso tra i laureati rispetto alle persone che hanno conseguito un diploma d'istruzione secondaria superiore. Come dire che dopo anni passati sui libri e interminabili sessioni di esami, le facoltà universitarie italiane, così come strutturate, faticano a creare quel ponte tra l'istruzione e il mondo del lavoro.
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Da: 26/07/2016 21:27:54
           
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Da: tesi dei baroni accademici27/07/2016 12:05:14
Una laurea non arricchisce solo il bagaglio culturale di chi la consegue: i tanti rapporti delle agenzie specializzate in questo tipo di analisi statistiche rivelano infatti che il titolo accademico resta anche in concreto un valore che garantisce maggiori opportunità. Nonostante il quadro non sia tra i più rosei, quella dell'università resta una scelta che a lungo termine paga, se è vero che il 90% dei laureati trova un posto di lavoro nel giro di cinque anni. Le analisi del Consorzio interuniversitario AlmaLaurea mostrano che sì, la crisi si fa sentire, ma nell'affannosa ricerca di un'occupazione, la laurea rimane una marcia in più rispetto al diploma. Nel periodo di recessione tra il 2007 e il 2014, per esempio, il tasso di disoccupazione per i neolaureati (25-34 anni) è cresciuto di 8,2 punti, passando dal 9,5 al 17,7%, ma lo stesso tasso è cresciuto di più del doppio per i neodiplomati (18-29 anni): 16,9 punti, dal 13,1 al 30%.
Non chiamatelo "foglio di carta": l'importanza della laurea e quel dubbio che non esiste

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Da: avvocati protetti dall''alzheimer27/07/2016 19:01:36
Un lavoro stressante può proteggere dall'Alzheimer. In particolare, avvocati, insegnanti e medici hanno le migliori chance di combattere gli effetti della malattia, grazie proprio alla natura della loro professione. Lo sostengono ricercatori dell'Alzheimer Disease Research Center nel Wisconsin (Usa), secondo cui l'effetto 'scudo' è frutto del mix fra la complessità intellettuale e l'impegno verso gli altri.

L'equipe, che ha presentato lo studio alla Conferenza internazionale sull'Alzheimer a Toronto, ha esaminato le iperintensità della sostanza bianca - le macchi bianche visibili con la risonanza magnetica cerebrale e associate con la malattia neurologica - in 284 persone di mezza età, considerati a rischio demenza. I più protetti da tali danni sono risultati appunto avvocati, assistenti sociali, insegnanti e medici, i più vulnerabili invece gli addetti agli scaffali in magazzini e supermercati, cassieri, operai. Insomma, i lavori più manuali.
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Da: occasione d''oro27/07/2016 21:50:31
Cerchiamo avvocato esperto/autonomo nella gestione di cause/udienze, con esperienza minima di 3 anni. Compenso/rimborso iniziale euro  600,00 oltre oneri. Disponibilità immediata.
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Da: Rieic 27/07/2016 21:59:44
Non saranno un po' troppi 600 euro???
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