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18 dicembre 2014 - Atto giudiziario - Penale
505 messaggi, letto 40618 volte

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Da: one18/12/2014 13:47:49
Cassazione penale    sez. V
Data:04/04/2003
Numero:37567

La bancarotta fraudolenta per distrazione in ambito societario (art. 216 comma 1 e 223 comma 1 r.d. 16 marzo 1942 n. 267) è figura di reato complessa, che comprende tra i propri elementi costitutivi una condotta di appropriazione indebita del bene distratto, per se stessa punibile ai sensi dell'art. 646 c.p. Ne consegue che, per il caso di identità del bene appropriato e distratto, l'agente non risponde di entrambi reati, ma solo di quello complesso, come stabilito dall'art. 84 comma 1. Qualora il delitto di appropriazione indebita sia stato oggetto di sentenza di condanna prima della dichiarazione di fallimento, non è preclusa nel successivo procedimento per bancarotta la contestazione del reato fallimentare, ma in tal caso il giudice deve, in sede di eventuale condanna per tale ultimo reato, considerare assorbito quello sanzionato ai sensi dell'art. 646 c.p., secondo un principio di equità che trova espressione anche nello scioglimento del giudicato sulle pene in caso di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva. (In applicazione di tale principio la Corte, preso atto che il giudice di merito aveva posto in continuazione il reato fallimentare perseguito con quello di appropriazione indebita già giudicato in altra sede, ha direttamente eliminato la quota di pena pertinente al reato meno grave).
Rispondi

Da: fate in fretta18/12/2014 13:48:14
Cortesemente, qualcuno di buona volontà, può postare lo svolgimento (anche sommario) dell'atto di penale ...?
Rispondi

Da: aiutinodacasa18/12/2014 13:49:12
per me i punti sono solo due poi fate vobis...
1) Si chiede che la Corte adita pronunci sentenza di non doversi procedere per violazione dell'art. 649 c.p.p..
2) Si chiede che la Corte adita riquantifichi la pena tenuto conto dell'assorbimento del reato p. e p. dall'art. 646 c.p. in quello più grave della bancarotta fraudolenta.
Rispondi

Da: filippas 18/12/2014 13:51:36
bene . concordate allora sulla ricostruzione di prima?
ci sono altri dubbi da chiarire? stiliamo i motivi?
Rispondi

Da: nik18/12/2014 13:53:21
la irrevocabilità della sentenza si ha nel 2011 o nel 2012??
Rispondi

Da: aiutinodacasa18/12/2014 13:53:41
filippas concordi?
Rispondi

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Da: chiedo18/12/2014 13:55:45
la sentenza 37567 è del 3 ott 2003 !!!! one non scivere st****te grazieeeeeee
Rispondi

Da: ice18/12/2014 13:56:44
ATTO DI APPELLO CON MOTIVI CONTESTUALI

Ecc. ma Corte di Appello

di ……………….

Il sottoscritto Avv. ………………. del Foro di ………………., con studio in ………………., difensore di fiducia come da nomina allegata di Tizio nato il ………………. a ………………. imputato nell'ambito del procedimento penale n. ………………. R.G.N.R./n. ………………. R.G., per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all'art. 216, comma 1 n. 1 Regio Decreto 16 marzo 1942 legge fallimentare ,

PREMESSO CHE

il proprio assistito è stato condannato dal Tribunale di ………………. con sentenza n. ………………., emessa in data 09/05/2014, . e depositata in data 03/06/2014 alla pena di pena di anni 3 di reclusione per il reato innanzi indicato;

tale decisione appare censurabile in quanto viziata per i seguenti motivi:

Improcedibilità dell'azione penale per il principio del ne bis in idem.

Ed invero il mio assistito con sentenza pronunciata dal Tribunale nel 2009, divenuta irrevocabile nel novembre 2012, è stato condannato alla pena, di anni 1 di reclusione ed euro  600 di multa, per il reato di cui all'art. 646 del codice penale per essersi appropriato indebitamente nell'anno 2008 di beni mobili (cucina e arredi completi di un bar ristorante, nonché della somma di euro  25.000), appartenenti alla società Alfa, della quale era amministratore unico. Successivamente a seguito del fallimento della società Alfa nell'aprile 2012, è stato denunciato e nuovamente sottoposto a processo per le condotte di distrazione relative ai medesimi beni e alla stessa somma di denaro per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all'art. 216, comma 1 n. 1 Regio Decreto 16 marzo 1942 legge fallimentare. Con sentenza in data 09/05/2014, è stato infine condannato alla pena di ani 3 di reclusione. Va osservato che ai sensi dell'art.  649, primo comma, c.p.p., non doveva procedersi nei confronti di Tizio in quanto lo stesso fatto era già stato giudicato con sentenza irrevocabile (anche se giuridicamente qualificato in termini di "appropriazione indebita"). La summenzionata norma, infatti, prevede che "l'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, (..)". E' questo il c.d. principio del ne bis in idem, che ha come finalità precipua quella di evitare il conflitto tra giudicati.

A prova della sussistenza di identità del fatto, si osserva che l'orientamento costante sia in dottrina che in giurisprudenza (cfr. Cass., s.u., sentenza n. 34655/2005) propende per la sussistenza di identità del fatto qualora via sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, esaminato in tutti i suoi elementi costitutivi - anche con riguardo alle condizioni di tempo, luogo e persone - da valutare nelle loro dimensioni naturalistica e giuridica. Pertanto, solo in caso di diversità di evento, pur conseguente a condotta unitaria, non trova applicazione l'art. 649 c.p.p., "posto che sotto il profilo giuridico l'evento ulteriore vale a caratterizzare diversamente il fatto-reato nella sua globalità".

Al riguardo prevalente giurisprudenza ritiene che in presenza di condotte materiali del tutto identiche, un elemento esterno - quale la dichiarazione di fallimento - non può essere considerato "evento ulteriore", come tale idoneo a consentire l'instaurazione di un nuovo giudizio a titolo di bancarotta fraudolenta per distrazione pur dopo che sia intervenuta l'irrevocabilità della sentenza di condanna per appropriazione indebita.

Pertanto la sentenza sentenza n. ………………., emessa in data 09/05/2014 va annullata perchè non doveva procedersi nei confronti di Tizio in quanto lo stesso già stato giudicato e condannato con sentenza irrevocabile per il reato di appropriazione indebita.

Riqualificazione della pena

In subordine, qualora l'Ecc. ma Corte di Appello adita, considerasse elemento esterno ulteriore la dichiarazione di fallimento della società Alfa, non trovando applicazione pertanto il principio del ne bis in idem, il rapporto tra le fattispecie di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta per distrazione avrebbe dovuto essere ricondotto alla configurazione del reato complesso di cui all'art. 84 c.p., con la conseguenza che, in caso di identità di beni oggetto di distrazione ed appropriazione, l'agente non avrebbe potuto essere chiamato a rispondere di entrambi i reati, ma solo di quello complesso, ossia di bancarotta fraudolenta. Le due ipotesi di reato, integrano una fattispecie complessa, nella quale l'appropriazione indebita viene a confluire nell'altra, perdendo la sua autonomia e restandone assorbita od inglobata, secondo il paradigma dell'art. 84 c.p. (cfr., in tal senso, Cass. Sez. 5, 4.4.2003, n. 37567, rv. 228297). La bancarotta fraudolenta ha assorbito, dunque, il reato di appropriazione indebita, che si pone, rispetto ad essa, come elemento costitutivo. Per tali motivi va riqualificata la pena tenendo conto di quella già scontata per la condanna di appropriazione indebita.

Tutto ciò premesso, con il presente atto si propone

APPELLO

avverso la sentenza di condanna n. ………………., emessa dal Tribunale di ………………. in data ………………. e per l'effetto

CHIEDE

che codesta Ecc. ma corte di Appello adita, sulla base di quanto esposto in premessa e con riserva di meglio precisare ed approfondire in sede di giudizio le argomentazioni riportate, voglia accogliere i sopraesposti motivi, pronunciando sentenza di non luogo a procedersi per violazione dell'art. 649 cpp; o in subordine, riquantificare la pena tenuto conto dell'assorbimento del reato di appropriazione indebita in quello più grave della bancarotta fraudolenta;

Si allega:

I) copia della sentenza di condanna n. ………………., emessa dal Tribunale di ………………. in data ……………….;

Luogo e data.

Avv. ……………….



NOMINA DEL DIFENSORE E CONTESTUALE PROCURA SPECIALE AD IMPUGNARE

Il sottoscritto Tizio, nato a …, il …, residente in …, via …, domiciliato ai fini del presente procedimento in …, via …, imputati nel procedimento penale n. … R.G.N.R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di … e condannati in primo grado con sentenza del 09/05/2014 del Tribunale di …, per il reato previsto e punito dall'art. 216, comma 1 n. 1 Regio Decreto 16 marzo 1942 legge fallimentare ,

nomina

difensore di fiducia l'Avv. …, del foro di … con studio in …, via …, conferendogli ogni più ampia facoltà di legge ed espressamente quella di impugnare la predetta sentenza e nominare propri sostituti processuali.

Esprime il consenso al trattamento dei dati personali, sensibili e giudiziari ai sensi del Codice della privacy, approvato con D.Lgs 196/2003 e successive integrazioni e modificazioni.

…, lì …

(Tizio)

per accettazione dell'incarico e autentica della firma

(Avv………)
Rispondi

Da: avvocato del sud 18/12/2014 13:58:03

E' stata pubblicata la soluzione di guarda...... che per me conclude in maniera sbagliata. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza.
Boh. Un gran caos
Rispondi

Da: nik18/12/2014 13:58:24
ragazzi la prima sentenza è divenuta irrevocabile nel novembre 2011...la traccia postata è sbagliata
Rispondi

Da: Di-di-ritto18/12/2014 14:00:53
http://www.professionisti24.ilsole24ore.com/art/Professionisti24/Diritto/2009/02/reato_complesso_23_2_PRN.shtml
Rispondi

Da: filippas 18/12/2014 14:01:17
si non c'è concorso formale ma assorbimento
Rispondi

Da: Aiutinodacasa 18/12/2014 14:02:15
Confermo l'atto di ice
Rispondi

Da: Di-di-ritto18/12/2014 14:02:38
Non c'è bis in idem, non c'è concorso formale, non c'è continuazione, non c'è reato progressivo. C'E' SOLO E SOLTANTO ASSORBIMENTO. L'unica richiesta plausibile è la RIDETERMINAZIONE DELLA PENA
Rispondi

Da: filippas 18/12/2014 14:03:21
l'ATTO POSTATO sopra(non so dove l'abbiano preso), per me è corretto!
Rispondi

Da: Non c''è ne bis in idem!18/12/2014 14:05:53
Cavoli, la giurisprudenza è chiarissima sul punto, una condanna per appropriazione indebita non impedisce un nuovo giudizio per bancarotta fraudolenta! L'atto va sviluppato in un unico motivo, ovvero sussistenza del reato complesso e rideterminazione della pena.
Rispondi

Da: chiedo18/12/2014 14:07:05
filippas e giurd... che lo ha messo l'unico sito tra tutti questi professoroni che ha dato una soluzione fino ad ora... in 3 giorni... mah... grazie a tutti
Rispondi

Da: wowowow18/12/2014 14:11:53
NON C'è IL NE BIS IN IDEM
Rispondi

Da: salvo113 18/12/2014 14:14:34
Anche per me è corretto
Rispondi

Da: avvocato del sud 18/12/2014 14:17:18
per wowowow e salco113.
Allora come cavolo impostereste l'atto ?
Rispondi

Da: one18/12/2014 14:17:40
assorbimento del reato meno grave in quello complesso
Rispondi

Da: salvo113 18/12/2014 14:21:03
Per me L atto postato è corretto
Rispondi

Da: one18/12/2014 14:21:23
quando entrambi i reati sono posti in essere mediante la stessa condotta materiale e arrecano un'identica offesa agli interessi tutelati, sussiste tra essi un rapporto di sussidiarietà ovvero di consunzione nel senso che … deve trovare applicazione solo la norma che incrimina il reato più grave
Rispondi

Da: Arbasigno18/12/2014 14:23:50
ATTO GIUDIZIARIO IN MATERIA DI DIRITTO PENALE

Con sentenza pronunciata dal Tribunale nel 2009, divenuta irrevocabile nel novembre 2012, Tizio viene condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni 1 di reclusione ed euro  600 di multa, per il reato di cui all'art. 646 del codice penale per essersi appropriato indebitamente nell'anno 2008 di beni mobili (cucina e arredi completi di un bar ristorante, nonché della somma di euro  25.000), appartenenti alla società Alfa, della quale era amministratore unico. Nell'aprile 2012 viene dichiarato il fallimento della società Alfa e, per le condotte di distrazione relative ai medesimi beni e alla stessa somma di denaro, Tizio viene denunciato e nuovamente sottoposto a processo, questa volta per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all'art. 216, comma 1 n. 1 Regio Decreto 16 marzo 1942 legge fallimentare, processo nel quale rimane contumace. Con sentenza in data 09/05/2014, Tizio viene condannato alla pena di ani 3 di reclusione. Ricevuta la comunicazione dell'avvenuto deposito della sentenza il 03/06/2014, Tizio si reca il giorno dopo in Tribunale, dove acquisisce copia della sentenza.
Il giorno 09/06/2014 Tizio si reca da un avvocato, rappresentandogli la situazione e mostrandogli le due sentenze di cui sopra. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga l'atto ritenuto più idoneo alla difesa dello stesso.     


All'Ecc. ma Corte d'Appello di_______, Sezione ______


Il sottoscritto Avv.______nato a______il______ con studio legale in_____alla via_____, tel/fax n°______, PEC______,in qualità di difensore di Tizio,______nato a______il______, giusta nomina in atti, imputato nel procedimento penale R.G.N.R./n. __________ per il reato p.e p. ex art 216 co 1 L.fall., con il presente propone

ATTO DI APPELLO, AI SENSI DELL'ART. 593 e SS C.P.P.,
AVVERSO LA SENTENZA N°_______PRONUNCIATA DAL TRIBUNALE DI_________SEZ._____ IN DATA 09/05/14 CON LA QUALE TIZIO VENIVA CONDANNATO ALLA PENA DI ANNI 3 DI RECLUSIONE

Per i seguenti
MOTIVI
(in fatto e in diritto)



1) Al fine di incardinare correttamente il gravame, che si propone con il presente atto, è necessario svolgere una serie di articolate osservazioni, ferma la riserva di eventualmente meglio esplicitare i relativi concetti in sede di discussione. Dalla lettura della sentenza di prime cure quivi impugnata, matura la netta convinzione che il primo giudice non offra affatto né congrua, né appagante motivazione, di cui a contrariis, un provvedimento che pretenda di affrontare e risolvere un tema di diritto attinente la condanna penale o meno della persona Tizio, dovrebbe necessariamente connotarsi. L'accertamento della penale responsabilità, costituisce un onere ben gravoso ricadente sull'organo giudicante rispetto al diritto alla libertà del singolo cittadino, e deve sempre fondarsi su elementi di fatto e diritto, logici o storici, che siano caratterizzati dal requisito della concretezza; cioè, deve fondarsi su elementi de facto et de iure tangibili e concretamente calati nella fattispecie trattata. La dimostrazione che un fatto abbia rilevanza penalistica, che esso sia stato commesso con coscienza e volontà, che esso configuri la violazione di una disposizione di legge con valenza antigiuridica, che esso è sicuramente attribuibile all'imputato, costituisce l'in sé del giudizio richiesto agli organi di giustizia: è nella fattispecie evidente che il percorso delibativo operato dal Tribunale nel caso de quo, risulta fortemente e negativamente condizionato da una genetica sommarietà ed improprietà nell'uso degli strumenti giuridici a disposizione dell'organo competente.

2) Invero, la sentenza di prime cure merita censura innanzitutto nella parte in cui statuisce la condanna di Tizio ex art. 216 co 1 L.fall. inopinatamente omettendo di rilevare come per i medesimi fatti ad oggetto fosse previamente intervenuta sentenza di condanna ex 646 c.p. (appropriazione indebita) da parte del Tribunale in data 2009, divenuta indi irrevocabile nel 2012; difatti Tizio, nel corso dell'anno 2008, in qualità di amministratore unico della società Alfa sottraeva illecitamente beni mobili per un valore superiore ai 25.000 euro ( beni materiali più somma in denaro), determinando con la sua condotta il fallimento della predetta società, dichiarato susseguentemente nell'aprile dell'anno 2012: ergo, per tali fatti, diretta conseguenza dell'indebita sottrazione di beni operata da Tizio nel 2008, lo stesso veniva condannato poi per bancarotta fraudolenta con l'impugnanda sentenza in oggetto.

3) Orbene, come esplicitato da clarissima giurisprudenza di legittimità (vedasi Cass. Pen n° 37298/2010), di massima questa difesa conviene nel delineare i rapporti tra artt. 646 c.p. e 216 L. fall. in termini tali da escludere il concorso formale tra i due reati, ove sussista identità della res oggetto delle illecite attività e la contestualità delle correlate condotte, con unica destinazione dei beni indebitamente appresi dal soggetto (come nella fattispecie de qua); è dato pertanto rilevare come, ex art. 84 c.p., il reato meno grave, ovvero la appropriazione indebita (reclusione fino a tre anni; multa fino a 1.032 euro) debba ritenersi assorbito nella bancarotta fraudolenta ex art. 216 co1 L. fall. (reclusione da tre a dieci anni), in virtù del principio di "assorbimento" appunto, dato che per aversi bancarotta fraudolenta è antecedentemente e logicamente necessario che la condotta del reo sia finalizzata all'illecita sottrazione di beni altrui per proprio profitto: ergo le due fattispecie criminose rimangono ontologicamente differenti, stante che nella bancarotta è pur sempre richiesto un quid pluris ( leggasi dichiarazione di fallimento) tale da integrare l'elemento costitutivo ex art 216 L. fall. (ovvero la concreta diminuzione del patrimonio societario in danno dei creditori), e con ciò è da concludersi come non possa operare in alcun modo il divieto di ne bis in idem in ambito processuale. La ratio di siffatto principio è rilevabile nel senso che adottando soluzione affatto differente e contraria resterebbe impunita l'area di illiceità/ antigiuridicità non coperta dalla fattispecie minore (si veda Cass. Penale 4404/08).

4)  Corollario diretto di quanto su esplicitato è che, pur delineatasi una condotta punibile per appropriazione indebita a carico del soggetto (con sentenza indi irrevocabile), quando viene esercitata una nuova azione penale in merito ai medesimi fatti su cui sia poi intervenuta successiva dichiarazione di fallimento della società interessata, il divieto del ne bis in idem non può operare; in primis per stabilire se alla fattispecie in esame sia o meno attagliabile il ne bis in idem, è necessario definirne preliminarmente i contorni ed i confini (il "medesimo fatto" rilevante ex art. art. 649 c.p.p.).  Orientamento maggioritario sia in dottrina che in giurisprudenza (cfr. Cass., s.u., sentenza n. 34655/2005) propende per l' identità della fattispecie ove vi sia piena corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, esaminato in tutti i suoi elementi costitutivi, da valutarsi nelle loro dimensione naturalistica/ giuridica; solo in caso di diversità di evento, pur conseguente a condotta unitaria, non trova applicazione l'art. 649 c.p.p., "posto che sotto il profilo giuridico l'evento ulteriore vale a caratterizzare diversamente il fatto-reato nella sua globalità".



5) Ne consegue che può esercitarsi una nuova azione penale ex art. 216 L.fall. nei confronti del mesedimo soggetto responsabile ex 646 c.p., stante che la dichiarazione di fallimento in sede civilistica travolge la fisionomia originaria del fatto di appropriazione indebita, conferendogli una viepiù grave connotazione penalistica, trasformandolo in una nuova tipologia delittuosa altrimenti punibile. Atteso che la querelle circa la compatibilità tra le due fattispecie (pur non specificamente normata ex art. 649 c.p.p.) va risolta nel senso incontestato dell'assorbimento del reato meno grave in quello più grave e complesso, sulla scorta dei riconosciuti  principi sostanziali di equità, va superato il pregresso giudicato nel caso si debba recuperare "ex post" l'identità di disegno criminoso per l'applicazione dell'istituto della continuazione.

6) Del tutto evidente, alla luce di quanto riportato, che i reati in esame, commessi contestualmente da Tizio, integrano un'ipotesi di reato complesso ex art. 84 c.p., atteso che la condotta di appropriazione indebita è considerata dall'art. 216  l.f. proprio elemento costitutivo della bancarotta fraudolenta; dunque in applicazione dei principi generali, il reato di appropriazione indebita viene assorbito da quello di bancarotta fraudolenta, risultando l'unico reato perseguibile.
In siffatta ipotesi il giudice deve, in sede di condanna per tale ultimo reato, considerare assorbita l'appropriazione indebita commessa dal soggetto, rideterminando la pena comminata, ovvero eliminando dal computo finale la quota di pena attinente al reato ex art. 646 c.p., reato invero meno grave e pertanto assorbito nella bancarotta fraudolenta (vedasi Cass. pen. n° 37567/03).


Tutto ciò premesso, e con riserva di produrre ulteriori motivi prima dell'inizio della discussione, il sottoscritto difensore,

CHIEDE

A questa Ecc.ma Corte di:

A) Voler assolvere Tizio, e con formula piena, dal delitto previsto e punito ex art. 216 L. fall. per non aver commesso il fatto ex art. 530 co 1 e 2 c.p.p.;

B) In subordine, qualora la Corte non ritenesse di assolvere Tizio da tale ipotesi delittuosa, si chiede di voler ritenere applicabile  l'art. 84 c.p., ritenendo la condotta ex art. 646 c.p. assorbita in quella ex art. 216 L. fall., con conseguente rideterminazione della pena da erogarsi, dequotata di quella parte già inflitta ex art. 646 c.p. con la sentenza di prime cure del Tribunale divenuta irrevocabile nel 2012;

C) Concessione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. con riduzione della pena ascritta a Tizio in primo grado;

D) Riduzione in ogni caso della pena inflitta entro limiti edittali.

Lì_________il__________


Con Osservanza,
                                                                                                                                Avv.




ATTO DI NOMINA

Io sottoscritto Tizio nato a ……………… il …………………….. e residente a ……………..
alla via …………………., n. ………………., eleggo domicilio presso lo studio del mio legale,
nominando mio difensore di fiducia l'Avv. ……………………., con studio in ……….. al numero …… della Via ………………………….. all'uopo conferendogli mandato a proporre impugnazioni.
Conferisco al medesimo ogni facoltà di legge.
Conferisco, altresì, procura speciale al fine di esercitare le facoltà previste dagli artt. 589 e 599, 4° comma, c.p.p.
Autorizzo l'Avv. …………………… al trattamento dei miei dati personali, ai sensi del DLGS 196/2003, espressamente esonerandolo da qualunque responsabilità derivante dall'utilizzazione degli stessi. Con la massima osservanza.
Luogo, data ……………………………..

È autentica

                                                                                                                  Avv. ……………………….





















Rispondi

Da: ingpaola 18/12/2014 14:24:02
A che ora consegna Napoli?
Rispondi

Da: Di-di-ritto18/12/2014 14:24:12
no il reato più grave, ma il reato PIU' AMPIO E CONTINENTE - La condotta materiale è si la stessa, ma diverse sono le offese ai beni giuridici, perché questi ultimi sono diversi: l'oggettività giuridica della bancarotta è diversa da quella dell'appropriazione. CIò fonda l'impossibilità di ritenere il bis in idem, anche se la condotta storico-materiale è la stessa. ASSORBIMENTO, SOLO E SOLTANTO ASSORBIMENTO!
Rispondi

Da: one18/12/2014 14:25:01
Rapporti fra i reati ex artt. 646 c.p. e 216 l. fall.

Non può sussistere concorso formale fra i reati di bancarotta fraudolenta ed appropriazione indebita quando vi sia:

1)    identità della cosa su cui si sono concentrate le attività criminose e simultaneità delle stesse;

2)    destinazione unica dei beni appresi indebitamente dal reo;

Ex art. 84 c.p., infatti, il reato meno grave di appropriazione indebita viene assorbito in quello di bancarotta fraudolenta.

Tuttavia, la giurisprudenza prevalente ritiene che anche nel caso di perfetta identità materiale rispetto alla distrazione di due reati rimangono ontologicamente diversi, perché alla bancarotta è sempre richiesto un quid pluris (dichiarazione di fallimento) che integra che integra elemento costitutivo del 216 l. fall, con ciò non potendo operare il divieto di ne bis in idem.

La ratio di tale principio è che adottando una soluzione contraria resterebbe impunita l'area di illiceità o antigiuridicità non coperta dalla fattispecie minore (ex plurimis, Cass. Penale 4404/08).

Pertanto, intervenuta una condanna per 646 c.p. divenuta irrevocabile, non è precluso l'esercizio dell'azione penale (dopo la sentenza di fallimento) per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione per i medesimi beni.

Pertanto, qualora il reato di cui all'art. 646 c.p. sia stato contestato e sia stato giudicato prima della dichiarazione di fallimento, la successiva imputazione ai sensi dell'art. 216 l. fall. non è inibita, atteso che la questione di compatibilità tra le due fattispecie, pur non trovando specifica soluzione nell'art. 649 c.p.p., va risolta nel senso dell'assorbimento del reato meno grave in quello complesso, sulla base dei medesimi principi di sostanziale equità che consentono di superare il giudicato nel caso si debba recuperare "ex post" l'identità di disegno criminoso per l'applicazione dell'istituto della continuazione.

Secondo Cassazione Penale n. 37567/03: in tal caso il giudice deve, in sede di eventuale condanna per tale ultimo reato, considerare assorbito quello sanzionato ai sensi dell'art. 646 c.p., secondo un principio di equità che trova espressione anche nello scioglimento del giudicato sulle pene in caso di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva. (In applicazione di tale principio la Corte, preso atto che il giudice di merito aveva posto in continuazione il reato fallimentare perseguito con quello di appropriazione indebita già giudicato in altra sede, ha direttamente eliminato la quota di pena pertinente al reato meno grave).

Rispondi

Da: Derrick 18/12/2014 14:26:18
c'è solo assorbimento infatti. No ne bis in idem.

Il principio del ne bis in idem in ipotesi di reato complesso


La V sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 4404/2009, ha affrontato la delicata questione relativa al rapporto tra i reati di appropriazione indebita e di bancarotta fraudolenta, commessi da un amministratore di società dichiarata fallita, alla luce del principio del c.d. ne bis in idem.

Nel caso di specie, il Presidente del Consiglio di Amministrazione di una società aveva distratto dalle casse sociali in proprio favore un'ingente quantità di denaro. Per tale condotta, l'amministratore era stato sottoposto, in un primo momento, a procedimento penale a titolo di appropriazione indebita, conclusosi con sentenza irrevocabile di non doversi procedere per essersi il reato estinto a causa dell'intervenuta prescrizione.
Successivamente, dopo la dichiarazione di fallimento della società, allo stesso amministratore veniva addebitato, per la condotta già precedentemente contestata ex art. 646 c.p., il reato di bancarotta fraudolenta in base al combinato disposto degli artt. 223 e 216, n. 1 della Legge Fallimentare.

Tuttavia, il Tribunale dichiarava, a norma dell'art. 649, primo comma, c.p.p., di non doversi procedere nei confronti dell'imputato in quanto lo stesso fatto era già stato giudicato con sentenza irrevocabile (anche se giuridicamente qualificato in termini di "appropriazione indebita"): la summenzionata norma, infatti, prevede che "l'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, (..)". E' questo il c.d. principio del ne bis in idem, che ha come finalità precipua quella di evitare il conflitto tra giudicati: nel nostro ordinamento penale tale principio nasce dal rifiuto di un sistema inquisitorio, che non lo ammetteva perché considerava il giudizio sempre perfettibile, a favore del sistema accusatorio, nel cui ambito occorre rispettare certi termini, tempi e forme, e pertanto, il ne bis in idem si configura come un risultato fisiologico, quasi necessario.

Orbene, per stabilire se alla fattispecie in esame sia applicabile il ne bis in idem è necessario definire preliminarmente il concetto di "medesimo fatto", rilevante ex art. art. 649 c.p.p.
L'orientamento costante sia in dottrina che in giurisprudenza (cfr. Cass., s.u., sentenza n. 34655/2005) propende per la sussistenza di identità del fatto qualora via sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, esaminato in tutti i suoi elementi costitutivi - anche con riguardo alle condizioni di tempo, luogo e persone - da valutare nelle loro dimensioni naturalistica e giuridica. Pertanto, solo in caso di diversità di evento, pur conseguente a condotta unitaria, non trova applicazione l'art. 649 c.p.p., "posto che sotto il profilo giuridico l'evento ulteriore vale a caratterizzare diversamente il fatto-reato nella sua globalità".

L'interpretazione di questo principio, però, non è uniforme in relazione al rapporto tra appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta, nell'ipotesi di unicità della condotta distrattiva rilevante.

Un primo orientamento, infatti, ritiene che, in presenza di condotte materiali del tutto identiche, un elemento esterno - quale la dichiarazione di fallimento - non può essere considerato "evento ulteriore", come tale idoneo a consentire l'instaurazione di un nuovo giudizio a titolo di bancarotta fraudolenta per distrazione pur dopo che sia intervenuta l'irrevocabilità della sentenza di condanna per appropriazione indebita.

Secondo un'altra impostazione, invece, la fattispecie della bancarotta fraudolenta è più ampia rispetto a quella di appropriazione indebita atteso che, anche nel caso di perfetta identità materiale della condotta distrattiva, la norma sostanziale richiede un elemento ulteriore, cioè la dichiarazione di fallimento, che integra un elemento costitutivo della fattispecie. Dunque, intervenuta la dichiarazione di fallimento, si concretizza un evento ulteriore che impedisce di affermare che l'appropriazione indebita e la bancarotta fraudolenta per distrazione sostanzino un "medesimo fatto" alla luce dell'art. 649 c.p.p.
Tale insegnamento è stato recepito dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, ove è precisato che "il fatto giuridico previsto dagli artt. 646 c.p. e 216 della legge fallimentare non è identico in quanto quello previsto da quest'ultima norma sostanziale è connotato da un quid pluris rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, almeno fintantoché questa continui ad essere rappresentata come elemento costitutivo della fattispecie e non come elemento ad essa estrinseco, rilevante soltanto ai fini della punibilità".

Il descritto approdo giurisprudenziale, tuttavia, non esaurisce le problematiche giuridiche che rilevano nel caso che ci occupa. Risulta evidente, infatti, che i reati in esame, se commessi contestualmente, integrano un'ipotesi di reato complesso ex art. 84 c.p., atteso che la condotta di appropriazione indebita (già di per sé costituente reato) è considerata dall'art. 216 l.f. un elemento costitutivo della bancarotta fraudolenta. Ne consegue che, in applicazione dei principi generali del diritto penale, il reato di appropriazione indebita viene assorbito da quello di bancarotta fraudolenta e dunque, posta in questi termini, la questione non presenta particolari problemi di conformità al principio del ne bis in idem in quanto l'unico reato perseguibile è proprio quello di bancarotta fraudolenta (con esclusione, quindi, del pericolo di duplicazione di giudizi aventi ad oggetto il medesimo fatto).

Tuttavia, può accadere - come nel caso di specie - che, integrata la condotta di appropriazione indebita, si intraprenda il relativo procedimento penale, il quale si conclude con sentenza irrevocabile prima che venga dichiarato il fallimento della società. Quid juris: è invocabile il ne bis in idem nel giudizio successivamente promosso per bancarotta fraudolenta? Al quesito i giudici di Piazza Cavour hanno risposto negativamente precisando che una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento l'appropriazione indebita si trasforma in una nuova, e più grave, fattispecie giuridica che, non integrando il concetto di "medesimo fatto" di cui all'art. 649 c.p.p., può legittimamente costituire oggetto di un nuovo procedimento penale.
Infatti, i due reati hanno obiettività giuridiche diverse, ledendo beni giuridici differenti: l'appropriazione indebita tutela l'integrità del patrimonio in sé considerato; la bancarotta fraudolenta l'integrità del patrimonio, inteso come garanzia per i creditori, in sede esecuzione fallimentare.

Per completezza espositiva, va poi evidenziato che se il procedimento relativo all'appropriazione indebita si definisce con condanna irrevocabile, la sentenza che conclude con una nuova censura il giudizio per bancarotta fraudolenta dovrà irrogare una pena unica, risultato della rideterminazione di quella precedentemente comminata.
Contrariamente, qualora il processo inerente l'appropriazione indebita si concluda con declaratoria di intervenuta prescrizione - come nella presente ipotesi - troverà applicazione l'art. 170, comma 2, c.p., secondo cui "la causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso".

In conclusione, dunque, appare condivisibile l'impostazione proposta nella sentenza n. 4404, considerato che l'applicazione del principio del ne bis in idem ogniqualvolta sia intervenuta sentenza irrevocabile solo sul reato "contenuto" escluderebbe, peraltro senza una valida giustificazione normativa, la punibilità di quel surplus di condotta illecita che caratterizza il reato "contenente" con un maggiore grado di riprovevolezza.
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Da: one18/12/2014 14:30:34
l'atto di Arbasigno è perfetto !!!!!!!!!!!
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Da: filippas 18/12/2014 14:32:45
scusate, sappiamo che non c'è ne bis in idem per le varie sent, per l'assorbimento e tutto ciò che abbiamo già detto.
ma è un atto, siamo il difensore e possiamo porre in essere motivi principali e in via gradata.
da buon difensore io cerco l'assoluzione per il secondo reato per cui è stato condannato,  poichè c'è un art. nel codice di rito che mi dice che un soggetto non può essere giudicato due volte per la stessa cosa.
ci provo da difensore. me la devo comunque giocare.
nel caso in cui mi vada male chiedo, secondariamente,  alla Corte che riconosca tutto ciò di cui abbiamo già parlato.
perciò assolutamente si al ne bis in idem.
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