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ESAME AVVOCATO - SESSIONE 2011
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Da: sil14/12/2011 15:34:18
a che ora consegn NAPOLI?

Da: momyno14/12/2011 15:34:24
sono in attesa da stamane di una tua versione sulla I traccia.non hai elaborato nulla? :-(

Da: Estrella81 x  tutti.14/12/2011 15:34:47
ragazzi vi rispondo rapidamente perché purtroppo non posso più dedicarmi al forum...le altre figure di reato che suggerite io le ho pure prese in considerazione ma francamente non le vedo centrali..perciò le ho scartarte. Per capirci: la traccia ci dice che sto maresciallo acquisisce informazioni riservate usando la sua posizione,appunto, di maresciallo. Su questo credo ci si debba fermare. Che poi si inventi l'indagine e il numero del fascicolo e bla bla bla non penso rilevi più di tanto. Anche perché x quel che ne so il falso tanto ideologico che in atto pubblico presuppongo la redazione di un documento che qui manca. X il resto vi consiglio di evitare di gonfiare il parere con troppi istituti,altrimenti diventa un casino e si rischia il fuori traccia.    A voi le conclusioni. A più di questo io non arrivo. In bocca al lupo. Chiudo.

Da: Mxxxxxxxxx14/12/2011 15:35:41
Scusate, in relazione alla prima traccia sapete dirmi (per piacere) il perchè non si configura il falso ideologico e la truffa?????
è urgentissimo, ringrazio anticipatamente

Da: momyno x Luxor14/12/2011 15:36:34
sono in attesa da stamane di una tua versione sulla I traccia.non hai elaborato nulla? :-(

Da: vioketa14/12/2011 15:37:16
grazie Estrella81...oggi sei stata grande!!!

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Da: AR14/12/2011 15:37:43
la secodaaaaaaaaaaa tracciaaaaaaaaaa help

Da: principessa8114/12/2011 15:37:49
POSTO LA SOLUZIONE CONTROLLATE PLEASE                   


ISTITUTO di riferimento: APPROPRIAZIONE INDEBITA 646 CP+CIRCOSTANZA AGGRAVANTE
COMUNE ART. 61 c11
PROBLEMATICHE:  termini per la querela che sono scaduti?  SE si cosa si può
fare?
APPROPRIAZIONE INDEBITA: art. 646 c.p.
Rientra nei reati contro il patrimonio mediante frode.
Soggetto attivo: generico (chiunque)
soggetto passivo: generico (il proprieta rio del denaro o della cosa mobile);
presupposto di reato: possesso a titolo legittimo, sia pure con diversa destinazione o motivazione, del denaro o della cosa mobile di cui ci si appropria;
dolo: specifico (al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto;
oggetto giuridico: tutela del patrimonio, in particolare del diritto di proprietà;
oggetto materiale: denaro o altra cosa mobile;
Infatti l'appropriazione indebita ê il delitto che commette chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro o di altra cosa mobile di cui ha il possesso a qualsiasi titolo.
La condotta tipica del delitto in esame consiste nell' "appropriarsi" cioè comportarsi verso la cosa come se fosse propria; arrogarsi poteri del proprietario. Tale comportamento può essere posto in essere in svariati
modi : mediante la  consumazione della cosa; oppure, nel caso in cui in capo al possessore sussista un obbligo di restituzione, il reato si configura se egli non ottemperi tale obbligo opponendo un rifiuto immotivato o comportandosi in modo concludente, dimostrando la volontà di tenere la cosa. Si
può dire che si verifica appropriazione ogni volta che il possessore compie sulla cosa atti che siano incompatibili con il diritto del proprietario. Per la sussistenza o meno di questo delitto, la prima cosa da accertare è che l'autore del reato abbia a suo tempo acquisito legittimamente il possesso del denaro o della cosa mobile di cui si appropria. (nel caso di specie a seguito di  obbligazione seppure verbale)
Differenze con il furto: Infatti, nella ipotesi in cui taluno si impossessa della cosa mobile altrui "sottraendola a chi la detiene" commette furto e non appropriazione. La differenza fra le due ipotesi delittuose (a prescindere dal fatto che il furto è un reato contro il patrimonio mediante violenza) è data dal "modo" in cui si viene in possesso della cosa mobile altrui: nel furto mediante sottrazione a chi a qualsiasi titolo la detiene, nella appropriazione indebita mediante appropriazione da parte di chi è già in possesso della cosa stessa.( è definito anche furto improprium)
Si può parlare di appropriazione quando si compiono con la cosa altrui, azioni che potrebbero essere compiute solo dal legittimo proprietario (come ad esempio destinare la cosa a scopi diversi da quelli cui il proprietario l'ha destinata, o con la vendita o consumazione della stessa a proprio vantaggio). Si consuma altresì, come ha stabilito la suprema Corte di Cassazione, mediante il rifiuto categorico di restituire la cosa altrui. Per ciò che riguarda la consumazione non dobbiamo certo farci trarre in  inganno dalla formulazione dell'articolo in esame, non essendo necessario che l'agente abbia conseguito un profitto (non è richiesto dolo specifico): tale elemento caratterizza la componente psicologica; è il fine a cui la volontà si deve dirigere. Come il conseguimento del profitto non è necessario per la consumazione del reato, così non  può ritenersi sufficiente il solo mutamento dell'animus del possessore. Questo perché un fatto puramente psichico non può portare  ad avere effetti giuridici se non accompagnato da un comportamento valutabile esteriormente. Per aversi consumazione, quindi, il soggetto deve compiere un atto di disposizione riservato al proprietario. Per la sussistenza del dolo occorre la consapevolezza del possesso della cosa e l'altruità della stessa. 
Arresto: facoltativo nella flagranza;
Fermo: non consentito;
Procedibilità: a querela della persona offesa;
Competenza: tribunale ordinario.
Nel caso di specie il reato di appropriazione indebita è procedibile a querela di parte nei termini stabiliti dall'art . 124 c.p.. Nel caso di specie i termini per proporre querela sono scaduti ma il codice  stabilisce che   l'appropriazione indebita è procedibile d'ufficio se ricorre l'aggravante speciale di aver commesso il fatto su cose possedute a titolo di deposito necessario o di aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione o di ospitalità. Quest'ultima aggravante è comune per i delitti in genere (art. 61 n. 11 c.p.), diventa specifica per l'appropriazione indebita.
Nel caso di specie l'aggravante è stata configurata a tutelare il dovere di lealtà e fedeltà nei rapporti di lavoro , convenienza e famiglia ossia in tutte quelle relazioni  interpersonali, che, generando reciproco affidamento, pongono chi ne abusi in  una posizione di arbitrario vantaggio nella commissione del delitto.
L'espressione "abuso di relazioni  di prestazione d'opera "abbraccia, nel suo  significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un facere , bastando che tra le parti ci sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del fatto, a nulla rilevando la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione e di dipendenza; nel caso di mandato a vendere una cosa mobile, donde nasce un  rapporto do prestazione d'opera tra le parti, ricorre il reato di  appropriazione indebita, con l'aggravante, quando il mandatario abbia  approfittato della particolare fiducia in lui riposta dal mandante per  appropriarsi con maggiore faciltà della cosa a lui affidata. L'espressione abuso di relazioni di prestazioni d'opera abbraccia, oltre ipotesi di un contratto di lavoro, anche tutti i rapporti giuridici che  comportino l'obbligo di facere e che istaurino tra le parti un rapporto di  fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto e che non si risolva in un rapporto meramente occasionale ed estemporaneo, connesso a ragioni di semplice amicizia.
Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" abbraccia, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un "facere" e che instaurino, comunque, tra le partì un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto. Cassazione, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 989
CONCLUSIONI
Nel caso di specie si consiglia essendo nella fattispecie di  delitti perseguibili d'ufficio al fine di attivare un procedimento penale ,  è necessario far giungere a qualsiasi autorità competente, una notizia di reato, attraverso la denuncia, evidenziando che una volta attivata questa procedura la stessa non pùò essere rimessa

Da: corolla 14/12/2011 15:38:02
Ciao, mi interesserebbe legere il tuo parere. Come lo tovo in questo mare di mail?
Grazie

Da: pia14/12/2011 15:38:36
a che ora si consegna a napoli perfavore mi fate sapere?

Da: fra14/12/2011 15:39:02
qualcosa sulla seconda traccia ..in attesa

Da: Luxor 14/12/2011 15:40:37
si etrella anch'io ho da lavorare e purtroppo non i posso soffermare ....ma la traccia dice anche analizzare LE fattispecie e non LA fattispecie...secondo me la traccie è sul rapporto tra il 479 e il 323 c'è una Set. n° 27778/2004 chi può la guardi...c'è ancora un pò di tempo non siate affrettati....PS...ovviamente non dico che non c'è abuso d'ufficio ma che se questo si realizza attraverso una condotta di falso si applica SOLO questo reato......il carabiniere utilizza il dominio dell'ufficio, tramite pawd...riferisce l'atto al suo ufficio ed è perciò un atto pubblico (falso)....riscontri prego..

Da: michdeno14/12/2011 15:44:43
1^ Traccia
i reati che possono essere contestati al m.llo sono
- abuso d'ufficio 323 c.p. (che non si perfeziona)
- falsità ideologica 479 c.p. (poichè afferma che vi è un'indagine su richiesta della procura)
- reato continuato 81 c.p. (poichè con un'azione compie più reati)


non si possono attribuire
- falsità materiale art. 476 c.p. (poichè fa solo riferimento ad una richiesta della locale Procura e/o dell'indagine in corso della Stazione)


di contro lo si potrebe difendere così:
le dichiarazioni rese dal M.llo non sono garantite quindi inutilizzabili come detta l'Art. 81 c.p.p.
la posta elettronica non è certificata quindi suggerico di leggere questo commento:

Privacy per la posta elettronica sul posto di lavoro [modifica]

Il problema riguarda da una parte il fatto che il datore di lavoro desidera che gli strumenti che mette a disposizione (come Internet e la posta elettronica) vengano usati solo per scopi prettamente lavorativi, e dall'altro la legittima tutela dei dati personali del dipendente. L'autorità Garante ha stabilito che il datore di lavoro può controllare i messaggi di posta elettronica dei dipendenti esclusivamente in rari casi. Sono state definite le norme per l'utilizzo della posta elettronica sul luogo di lavoro; spetta infatti allo stesso datore di lavoro il compito di fissare i modi consentiti all'interno dell'azienda per l'uso di Internet e dei messaggi di posta elettronica e soprattutto sulla possibilità che vengano effettuati dei controlli. Quindi, in definitiva la soluzione più efficace è l'adozione da parte dell'azienda di un regolamento interno, coinvolgendo anche i sindacati.

Si verificano problemi anche quando un dipendente è assente e il datore di lavoro o un superiore presume che al suo indirizzo siano stati inviati messaggi di lavoro a cui è necessario accedere per il funzionamento dell'azienda. Queste situazioni possono essere prevenute creando caselle di posta associate a particolari uffici o persone oltre a quelle individuali, e usando queste caselle per le attività lavorative che possono essere gestite da più persone.

Privacy delle comunicazioni [modifica]

Un altro aspetto problematico è il trattamento del contenuto di un messaggio che si è ricevuto. Come norma generale, ciascun messaggio è da considerarsi destinato alle persone a cui è indirizzato, e quindi non sarebbe legittimo inoltrarlo o comunque farlo leggere da altri. Alla pari di qualsiasi altro scambio di informazioni di tipo postale o telefonico, peraltro, la tutela della segretezza è limitata al trasferimento fra il mittente ed il destinatario, ma quest'ultimo è libero di utilizzare il messaggio come crede, assumendosene naturalmente tutte le responsabilità di fronte al mittente e alla legge.

Da: Mxxxxxxxxx14/12/2011 15:45:26
Scusate, ma secondo voi nella prima traccia c'è il falso ideologico? la firma digitale non ha la stessa valenza della firma autografa?
riscontri gentilmente...

Da: Viper99914/12/2011 15:46:33
Ragà! NAPOLI a che ora consegna???

Da: english234re14/12/2011 15:46:37
non c'è atto pubblico, quindi no 476 e 479

Da: fra14/12/2011 15:46:50
Ragazzi la seconda traccia dai postatela

Da: gap14/12/2011 15:46:55
a che ora consegnano a catania?

Da: se è vero che ci sei14/12/2011 15:47:02
presa da altri forum, da controllare
SOLUZIONE TRACCIA 2

Per poter dare una risposta al quesito giuridico proposto in favore del sig. Caio dovrà verificarsi se la condotta del sig. Tizio configuri il reato di appropriazione indebita, e se lo stesso sia perseguibile giudizialmente.

Tizio, il 20 gennaio 2011, riceve in conto vendita da Caio della merce da esporre nel proprio negozio, al fine di venderla ad un prezzo preventivamente determinato, nel termine di 4 mesi.

Soltanto dopo diversi mesi, al rientro dalle vacanze estive, Caio viene a sapere che la merce è rimasta invenduta e che Tizio con varie scuse non vuole restituirgliela.

La fattispecie descritta configura il reato di appropriazione indebita disciplinato dall'art. 646 cp, e che si sostanzia nella condotta di chi, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui. È necessario che l'autore del reato abbia, a qualsiasi titolo, almeno il possesso del bene.

Secondo la tesi maggioritaria non è necessario che la situazione di possesso sia qualificabile secondo il corrispondente civilistico. Si afferma che mentre il possesso di nozione civilistica esige il concorso dell'elemento materiale ovvero la disponibilità e potere fisico sulla cosa, e dell'elemento spirituale ovverosia il proposito di comportarsi come titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale, il corrispondente penalistico ex art. 646 cp è comprensivo della detenzione a qualsiasi titolo (come ad esempio in caso di locazione, comodato, deposito, mandato) (Cass., n. 6937/2011).

A tal fine affinchè si abbia possesso, in senso penalistico, occorre pur sempre che la detenzione si esplichi comunque al di fuori della diretta vigilanza del possessore e di altri che abbia sulla cosa un potere giuridico maggiore.

Da quanto a noi noto il rapporto giuridico instaurato tra Tizio e Caio configura un contratto di conto vendita, per cui alla consegna della merce, sorge in capo a Tizio l'obbligo di custodirla. Al momento della dazione corrisponde pertanto il passaggio della facultas possidenti: questi infatti se civilisticamente sarà un detentore qualificato, ai fini della configurabilità del delitto in parola ha il "possesso" della merce ex art. 646.

Il bene oggetto del reato deve essere costituito dal denaro o da altro bene mobile comunque suscettibile di fisica apprensione (Cass. n. 33839/2011).

Per la configurabilità del reato di appropriazione indebita dovrà verificarsi la sussistenza del dolo che non necessariamente dovrà tradursi nell'animus possidenti, di civilistica valutazione, né tantomeno nella volontà di possedere uti dominus tipica dell'interventio possessionis.

Il reato ex art. 646 è punito, a querela della persona offesa.

Nel caso prospettato il tempus commissi delicti si cristallizza il 20 gennaio del 2011: da tale data la persona offesa dal delitto, il sig Caio, potrà presentare querela all'autorità giudiziaria.

L'art. 124 c.p. prescrive che la querela deve essere presentata nel termine perentorio di tre mesi dalla notizia del fatto costituente reato.

La giurisprudenza ha chiarito che tale termine comincia a decorrere dalla effettiva conoscenza del fatto che ha la persona offesa, anche in relazione alla sua qualifica di reato e alla individuazione dell'autore.

Inoltre, l'onere di provare che la querela è stata proposta non tempestivamente grava su chi vuole far valere la decadenza, e l'eventuale incertezza deve essere interpretata a favore del querelante.

Sembra pertanto che la scoperta fatta a fine luglio 2011 che le scuse di Tizio in realtà nascondevano un'appropriazione indebita non dia la possibilità di agire giudizialmente contro lo stesso per decadenza dal diritto d'azione visto che il sig. Caio non ha presentato querela.

Tuttavia sovviene in aiuto dell'interprete il 3 comma dell'art 646, per cui l'appropriazione indebita sarà procedibile d'ufficio, se ricorre la circostanza ex art. 61, n. 11, che stabilisce l'aggravante generica relativa all'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità.

La questio iuris su cui si incentra il caso proposto, pertanto, ruota sulla possibilità di configurare il contratto di conto vendita quale ipotesi aggravante ex art. 61, n. 11 in caso di appropriazione indebita.

Tra le varie ipotesi tassativamente indicate nell'art. 61, n. 11 il rapporto giuridico sorto tra Tizio e Caio può essere qualificato come prestazione d'opera.

Anche in tal caso la nozione penalistica di "prestazione d'opera" non deve essere intesa nel senso strettamente civilistico: sul punto, infatti, la Cassazione afferma che per la configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" si riferisca, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, a tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un "facere" e che determino l'insorgere un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto (Cassazione, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 989).

Da ciò consegue che il reato configurabile nella condotta del sig. Tizio sarà quello di appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11, per cui anche in mancanza di querela della persona offesa, l'azione penale sarà procedibile d'ufficio.

Tanto detto presuppone che anche nell'ipotesi in cui la relazione negoziale tra Tizio e Caio sia risolta con la restituzione della merce, e pur'anche il sig. Caio avesse proposto querela poi successivamente rimessa, la perseguibilità del fatto di reato non viene meno.

Alla luce di quanto illustrato il sig. Caio potrà notiziare l'autorità giudiziaria con denunzia-querela della sussistenza del reato di appropriazione indebita aggravata commessa dal sig. Tizio nei suoi confronti, ed il reato sarà perseguibile d'ufficio.

Da: !!!14/12/2011 15:47:59
si ritiene indispensabile, ai fini della configurazione del delitto di falso in atto pubblico, la riconoscibilità dell'autore dell'atto; cosa che si ottiene normalmente con la sottoscrizione.
È certo vero che la sottoscrizione vergata a mano può essere sostituita da stampiglie personali, laddove la legge non richieda l'autografia come garanzia formale per l'individuazione dell'autore; tanto che la Corte di Cassazione ha affermato che "È ravvisabile il delitto di falso ideologico in atto pubblico, anche se il documento sia privo di intestazione e di sottoscrizione, purché risulti incontestata l'esatta individuazione dell'organo cui esso risale" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13578 del 26/04/1989).
Va però sottolineato che il messaggio di posta elettronica (non certificato ai sensi del D.P.R. Il febbraio 2005, n. 68, e privo di firma digitale a crittografia asimmetrica ai sensi del D.Lg. 7 marzo 2005, n. 82) non può fornire alcuna certezza circa la propria provenienza o sull'identità dell'apparente sottoscrittore, bastando intervenire sul programma di posta elettronica perché chi riceve il messaggio lo veda come se fosse inviato da diverso indirizzo.

Da: CIRCE14/12/2011 15:48:24
2a traccia



Mi viene chiesto parere circa l'individuazione delle forme di tutela, in sede penale, azionabili dal Sig. Caio nei confronti del Sig. Tizio il quale ultimo, avendo ricevuto della merce in conto vendita dal primo, anche dopo numerose sollecitazioni, dopo diversi mesi dalla scadenza del termine per la vendita o riconsegna, ha omesso la restituzione dei beni pur negozialmente convenuta.
Queste, in particolare, le circostanze dedotte alla mia cognizione:
- in data 20 gennaio 2011, il Sig. Caio, richiedente il parere, ha consegnato (in conto vendita) al Sig. Tizio della merce affinché quest'ultimo la esponesse nel proprio negozio onde procedere alla vendita della stessa a prezzo prestabilito;
- nel medesimo accordo le parti, i Sig.ri Tizio e Caio, hanno preventivamente stabilito che la consegna in conto vendita avesse termine di 4 mesi, decorsi i quali Tizio avrebbe dovuto corrispondere a Caio il prezzo predeterminato della vendita ovvero procedere alla riconsegna della medesima merce;
- allo spirare del termine di quattro mesi il Sig. Tizio ha omesso di fornire alcuna informazione sull'esito della vendita e, in particolare, di informare il Sig. Caio che la merce fosse rimasta invenduta (con conseguente obbligo contrattuale di restituzione);
- nel mese di luglio 2011 a seguito di una discussione per divergenze di opinione in merito ad altri affari, il Sig. Caio ha chiesto notizie circa la avvenuta esecuzione del contratto, ricevendo dal Sig. Tizio risposte evasive;
- al rientro dalle vacanze estive il Sig. Caio, nel compiere un ulteriore tentativo di contattare tizio per la restituzione della merce ovvero del corrispettivo, ha appreso dalla segretaria del Sig. Tizio che la merce fosse rimasta invenduta.
* * *
Il quesito sottoposto impone di affrontare, preliminarmente, l'esame della condotta del Sig. Tizio onde individuarne gli eventuali profili di rilevanza penale, l'eventuale sussistenza di particolari forme di manifestazione del reato con particolare riguardo alla indivudazione delle circostanze; non mancando di analizzare le condizioni di procedibilità che caratterizzano l'eventuale reato ascrivibile al Sig. Tizio.
Giova in primo luogo evidenziare che, dall'esame delle contingenze poste alla mia attenzione, la condotta del Sig. Tizio (omessa restituzione di merce di proprietà del Sig. Caio e dunque non più legittimato ad esercitare un autonomo potere di fatto sulla cosa) integra la fattispecie penale delineata dall'art. 646 cod. pen. (posto sotto il Titolo XIII "dei delitti contro il patrimonio", Capo II "Dei delitti contro il patrimonio mediante frode"), ossia il reato di appropriazione indebita.
In particolare, il delitto di appropriazione indebita si realizza nell'ipotesi in cui taluno, per procurare a sé o ad altri, un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. Il trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore per questa fattispecie incriminatrice è quello della reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a euro  1.032. Per aversi appropriazione indebita, nel significato tipico della fattispecie in esame, è necessario infatti che il soggetto agente si comporti, nei confronti del denaro o della cosa mobile altrui di cui ha il possesso, uti dominus, cioè come se ne fosse il proprietario e, quindi, oltrepassando le facoltà di disposizione del bene consentitegli dal titolo in virtù del quale lo possiede.
La giurisprudenza specifica che qualora il possessore non adempia l'obbligo di restituire la cosa (ritenzione), il reato di appropriazione indebita sussiste se egli oppone alla richiesta un rifiuto immotivato o pretestuoso oppure si comporti in modo da dimostrare la volontà di continuare a tenere la cosa medesima a tempo indefinito.
Il soggetto attivo del delitto può, dunque, essere chiunque, motivo per cui l'appropriazione indebita viene usualmente annoverato nella categoria dei reati c.d. comuni, con la precisazione che l'art. 646 cod. pen. esige in ogni caso che il soggetto attivo abbia «a qualsiasi titolo il possesso» del denaro o della cosa mobile altrui (ciò che vale a distinguere la fattispecie in parola dall'art. 624 cod. pen.).
Soggetto passivo del reato, invece, è il proprietario del bene (o dei beni, nel caso di specie) mobile, nei cui confronti ed in danno del quale sia intervenuta l' interversione del titolo del possesso del denaro o delle cose mobili altrui, ed a cui spetta di presentare la querela di regola richiesta per la perseguibilità del delitto, ad eccezione delle ipotesi previste dai commi 2 e 3.
L'elemento soggettivo del delitto di appropriazione indebita, punibile esclusivamente a titolo di dolo, è costituito dalla rappresentazione e volontà di appropriarsi del bene mobile altrui posseduto.
Ai fini della consumazione del reato deve escludersi che sia necessario che l'agente abbia conseguito un profitto, quest'ultimo rappresentando una nota dell'elemento soggettivo. Quanto al momento consumativo, inoltre, esso si verifica quando si è verificato l'atto appropriativo, anche se il termine fissato per la restituzione non è ancora scaduto o non ricorra un'acquisizione di carattere duratura della signoria sulla cosa.
L'art. 646 cod. pen., inoltre, contempla una circostanza aggravate speciale del medesimo reato che ricorre nel caso in cui se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario (art. 646, comma 2, cod. pen.), prevedendo altresì che si proceda d'ufficio "se ricorre la circostanza indicata nel comma 2 dell'articolo 646 oppure in presenza di taluna delle circostanze indicate nel numero 11 dell'articolo 61" (art. 646, comma 3 cod. pen.), vale a dire quando il fatto è commesso con abuso di autorità o di relazioni domestiche ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione o di ospitalità. La maggiore gravità del fatto e la particolare violazione della fiducia dall'altro giustificano la deroga alla regola della perseguibilità a querela di parte.
Orbene, nella fattispecie sottoposta alla mia attenzione, la condotta posta in essere dal Sig. Tizio si è risolta dapprima nell'omessa restituzione, alla data contrattualmente prevista, della merce (invenduta); successivamente, nell'immotivato rifiuto opposto da Tizio alla restituzione pur richiesta dal Sig. Caio che, come visto, costituisce, nell'analisi della giurisprudenza, condotta integrante, il reato di appropriazione indebita dimostrando la volontà dell'agente Tizio di continuare a tenere la cosa medesima a tempo indefinito.
Con riferimento al secondo dei due aspetti cennati, inerente all'eventuale sussistenza di particolari forme di manifestazione del reato ed alla individuazione delle circostanze, è opportuno segnalare, ai che ci occupano, che il co.1 dell'art. 61 cod pen., al n. 11 prevede, quale circostanza aggravante l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità.
Infine occorre osservare che, quanto alle condizioni di procedibilità dell'azione penale, normalmente compete al Pubblico ministero l'esercizio d'ufficio dell'azione penale (art. 50 cod. proc. pen.) salvo i casi in cui l'esercizio dell'azione penale è subordinata all'esistenza di una delle seguenti condizioni di procedibilità: querela (artt. 336-340 c.p.p.), istanza di procedimento (art. 341 c.p.p.), richiesta di procedimento (art. 342 c.p.p.), autorizzazione a procedere (art. 343-344 c.p.p.). Nel caso che ci occupa, la condizione di procedibilità di cui si impone l'esame è quella della querela. Essa, in termini generali, costituisce la dichiarazione facoltativa con la quale la persona offesa, anche per mezzo di un procuratore speciale, manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. Può essere presentata oralmente o per iscritto al Pubblico ministero, ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad un agente consolare all'estero non oltre il termine di tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato (art. 124 c.p.). Il diritto di querela, in quanto disponibile, può essere oggetto di rinuncia (art. 339 c.p.p.) e remissione (art. 340 c.p.p.). Come ognun sa, peraltro, La mancanza della condizione di procedibilità determina i seguenti effetti: il P.M. non deve esercitare l'azione penale ma chiedere l'archiviazione della notizia di reato; all'esito dell'udienza preliminare il Giudice dell'Udienza Preliminare emette una sentenza di non luogo a procedere; se il P.M. esercita comunque l'azione penale, il giudice in ogni stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con sentenza di non doversi procedere. Diversamente dalla querela, la "denuncia da parte di privati" è uno strumento previsto dalla legge (art. 333 cod. proc. pen., a termini del quale "ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia") per informare l'ufficio legittimato all'esercizio dell'azione penale e descrivere un fatto nel quale sono ravvisabili gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio. La Denuncia e la Querela si differenziano per i seguenti motivi: a) la denuncia, al contrario della querela, può essere presentata anche da una persona diversa dalla persona offesa; b) la denuncia, a differenza della querela, non richiede la manifestazione in forma esplicita o implicita della volontà di ottenere la punizione del colpevole, perché ha una funzione semplicemente informativa di un fatto nel quale sono ravvisabili gli estremi di un reato perseguibile di ufficio; c) la querela è una condizione prevista dalla legge per poter procedere contro solo alcuni reati specifici; d) la querela, infine, può essere proposta solo entro un limitato termine.
Ciò posto, nel caso in esame, stante anche il tempo trascorso dal momento in cui il Sig. Caio ha appreso della notizia di reato ex art. 646 c.p. (conoscenza della notizia che, dalle contingenze dedotte, sembra essere oltre i tre mesi previsti dall'art. 124 c.p.), ci si deve dunque interrogare sulla possibilità di configurare nella condotta del Sig. Tizio la aggravante prevista dal n. 11 dell'art. 61, che consentirebbe l'esercizio d'ufficio dell'azione penale.
In proposito la Suprema Corte di Cassazione (Cass. pen. 17.1.2011 n. 989; nonché Cass. pen., 1.10.2008, n. 38498) ha confermato che ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 co. 1 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" comprende, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un facere, bastando che tra le parti ci sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del fatto, a nulla rilevando la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione e di dipendenza. Per effetto della richiamata decisione, è senz'altro configurabile in capo al Sig. Tizio la fattispecie penale di cui all'art. 646 c.p., con, inoltre, applicazione della circostanza aggravante prevista dall'art. 61, co. 1 n. 11, con ogni effetto sulla procedibilità d'ufficio del reato.
Alla stregua di quanto precede, la azionabilità di rimedi in sede penale nei confronti della condotta assunta dal Sig. Tizio e, in particolare, la punibilità del reato ex art. 646 c.p., presuppone la proposizione di querela (laddove non sia trascorso dalla notizia di reato il termini di tre mesi, che importerebbe in caso contrario decadenza) e, in ogni caso, la denuncia del fatto che costituisce reato, comunque procedibile d'ufficio sussistendo la aggravante prevista dall'art. 61, co. 1 n. 11 c.p.

Da: aKANE teNDO14/12/2011 15:49:22
CONFERMO ATTENDIBILITà SVOLGIMENTO TRACCIA 2

Per poter dare una risposta al quesito giuridico proposto in favore del sig. Caio dovrà verificarsi se la condotta del sig. Tizio configuri il reato di appropriazione indebita, e se lo stesso sia perseguibile giudizialmente.

Tizio, il 20 gennaio 2011, riceve in conto vendita da Caio della merce da esporre nel proprio negozio, al fine di venderla ad un prezzo preventivamente determinato, nel termine di 4 mesi.

Soltanto dopo diversi mesi, al rientro dalle vacanze estive, Caio viene a sapere che la merce è rimasta invenduta e che Tizio con varie scuse non vuole restituirgliela.

La fattispecie descritta configura il reato di appropriazione indebita disciplinato dall'art. 646 cp, e che si sostanzia nella condotta di chi, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui. È necessario che l'autore del reato abbia, a qualsiasi titolo, almeno il possesso del bene.

Secondo la tesi maggioritaria non è necessario che la situazione di possesso sia qualificabile secondo il corrispondente civilistico. Si afferma che mentre il possesso di nozione civilistica esige il concorso dell'elemento materiale ovvero la disponibilità e potere fisico sulla cosa, e dell'elemento spirituale ovverosia il proposito di comportarsi come titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale, il corrispondente penalistico ex art. 646 cp è comprensivo della detenzione a qualsiasi titolo (come ad esempio in caso di locazione, comodato, deposito, mandato) (Cass., n. 6937/2011).

A tal fine affinchè si abbia possesso, in senso penalistico, occorre pur sempre che la detenzione si esplichi comunque al di fuori della diretta vigilanza del possessore e di altri che abbia sulla cosa un potere giuridico maggiore.

Da quanto a noi noto il rapporto giuridico instaurato tra Tizio e Caio configura un contratto di conto vendita, per cui alla consegna della merce, sorge in capo a Tizio l'obbligo di custodirla. Al momento della dazione corrisponde pertanto il passaggio della facultas possidenti: questi infatti se civilisticamente sarà un detentore qualificato, ai fini della configurabilità del delitto in parola ha il "possesso" della merce ex art. 646.

Il bene oggetto del reato deve essere costituito dal denaro o da altro bene mobile comunque suscettibile di fisica apprensione (Cass. n. 33839/2011).

Per la configurabilità del reato di appropriazione indebita dovrà verificarsi la sussistenza del dolo che non necessariamente dovrà tradursi nell'animus possidenti, di civilistica valutazione, né tantomeno nella volontà di possedere uti dominus tipica dell'interventio possessionis.

Il reato ex art. 646 è punito, a querela della persona offesa.

Nel caso prospettato il tempus commissi delicti si cristallizza il 20 gennaio del 2011: da tale data la persona offesa dal delitto, il sig Caio, potrà presentare querela all'autorità giudiziaria.

L'art. 124 c.p. prescrive che la querela deve essere presentata nel termine perentorio di tre mesi dalla notizia del fatto costituente reato.

La giurisprudenza ha chiarito che tale termine comincia a decorrere dalla effettiva conoscenza del fatto che ha la persona offesa, anche in relazione alla sua qualifica di reato e alla individuazione dell'autore.

Inoltre, l'onere di provare che la querela è stata proposta non tempestivamente grava su chi vuole far valere la decadenza, e l'eventuale incertezza deve essere interpretata a favore del querelante.

Sembra pertanto che la scoperta fatta a fine luglio 2011 che le scuse di Tizio in realtà nascondevano un'appropriazione indebita non dia la possibilità di agire giudizialmente contro lo stesso per decadenza dal diritto d'azione visto che il sig. Caio non ha presentato querela.

Tuttavia sovviene in aiuto dell'interprete il 3 comma dell'art 646, per cui l'appropriazione indebita sarà procedibile d'ufficio, se ricorre la circostanza ex art. 61, n. 11, che stabilisce l'aggravante generica relativa all'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità.

La questio iuris su cui si incentra il caso proposto, pertanto, ruota sulla possibilità di configurare il contratto di conto vendita quale ipotesi aggravante ex art. 61, n. 11 in caso di appropriazione indebita.

Tra le varie ipotesi tassativamente indicate nell'art. 61, n. 11 il rapporto giuridico sorto tra Tizio e Caio può essere qualificato come prestazione d'opera.

Anche in tal caso la nozione penalistica di "prestazione d'opera" non deve essere intesa nel senso strettamente civilistico: sul punto, infatti, la Cassazione afferma che per la configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" si riferisca, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, a tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un "facere" e che determino l'insorgere un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto (Cassazione, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 989).

Da ciò consegue che il reato configurabile nella condotta del sig. Tizio sarà quello di appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11, per cui anche in mancanza di querela della persona offesa, l'azione penale sarà procedibile d'ufficio.

Tanto detto presuppone che anche nell'ipotesi in cui la relazione negoziale tra Tizio e Caio sia risolta con la restituzione della merce, e pur'anche il sig. Caio avesse proposto querela poi successivamente rimessa, la perseguibilità del fatto di reato non viene meno.

Alla luce di quanto illustrato il sig. Caio potrà notiziare l'autorità giudiziaria con denunzia-querela della sussistenza del reato di appropriazione indebita aggravata commessa dal sig. Tizio nei suoi confronti, ed il reato sarà perseguibile d'ufficio.

Da: Mxxxxxxxxx14/12/2011 15:51:42
ho trovato questa norma, che ne pensi english234er?

Ai sensi del II comma dell'art. 21 del Codice dell'amministrazione digitale (D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, come modificato dal D.Lgs. 235/2010) "il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 20, comma 3, che garantiscono l'identificabilità dell'autore, l'integrità o l'immodificabilità del documento, ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del codice civile".

Prosegue la norma stabilendo che "l'utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria ". Le norme tecniche per la generazione e l'utilizzo della firma digitale sono contenute nel Decreto del Presidente del consiglio dei ministri in data 13 gennaio 2004, in vigore dal 12 maggio successivo.

Da: Luxor 14/12/2011 15:52:00
Sig.ri qui il maresciallo non si presenta solo come tale ,ma come incricato di acquisire notizie per un indagine......quindi come delegato di plozia giudiziaria!!! la sua richiesta ad una PA (ufficio anagrafe) secondo me non può non essere un atto pubblico (ooviamente sta abusando del suo ufficio...che dubbio c'è) ma tramite una condotta che pone in essere un falso...pertanto bisogne stabilire se tra i due reati 479 e 323 c'è concorso...secondo me e dico secondo me no!perchè c'è una clausola di riseva (salvo che il fatto costituisca più grave reato...la pena del 479 la trovate nella ubrica del 476....la Cassazione citata più sopra dice questo: che si applica solo il falso!)...scusate i refusi ma vado di fretta

Da: Seconda traccia per voi14/12/2011 15:55:16
Seconda traccia
La vicenda sottoposta ad esame permette di soffermare l'attenzione su due istituti: uno di natura processuale, l'altro di natura sostanziale. In particolare, il primo riguarda la procedibilità dei reati solo su istanza di parte, e le relative differenze con la perseguibilità d'ufficio; mentre il secondo, che è di natura sostanziale, verte sulla distinzione tra il reato di appropriazione indebita di cui all'art 646 del c.p., e  l'eventuale applicazione della circostanza di cui al comma 3 dello stesso articolo.
Va subito specificato che la procedibilità d'ufficio è la qualità di alcuni reati a seguito della perpetrazione dei quali l'azione penale deve essere avviata al mero ricevimento della  notitia criminis da parte dell' Autorità Giudiziaria.
A differenza di quanto accade per i reati perseguibili a querela della parte offesa, perciò, non si richiede che taluno debba sollecitare l'avvio dell'azione penale, ma l'Autorità Giudiziaria deve immediatamente perseguire il colpevole non appena acquisisca la relativa denuncia. Inoltre, l'azione avviata d'ufficio non è ritrattabile, non è dunque possibile interromperla come invece avviene nel caso di remissione di querela. La querela, infatti, è una manifestazione di volontà diretta ad ottenere la punizione del colpevole, risultando così una mera condizione di procedibilità.
Dal punto di vista sostanziale, invece, il quesito richiede d analizzare l'art. 646 del c.p. nella parte in cui sanziona chiunque, che per procurare a sé o ad altri ingiusto profitto, si appropria di cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. L'elemento soggettivo del reato in esame è il dolo specifico: infatti, occorre la coscienza e la volontà di procurarsi la cosa mobile altrui allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.  Ai fini dell'integrazione dell'aggravante della relazione d'opera , o di altri similari rapporti, di cui all'art 61 n 11 del c.p. occorre che all'origine ci sia un rapporto di prestazione d'opera, che secondo l' orientamento giurisprudenziale, non debba risolversi in un semplice rapporto fiduciario (cfr. Cass. Sez. II 179446/88). Sul punto, di recente, è pure intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione la quale ha evidenziato come ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" abbraccia, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un "facere" e che instaurino, comunque, tra le partì un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto (cfr. Cass. Sez. II  989/2011).
Va anche detto che non ogni inadempimento contrattuale integra il reato dell' appropriazione indebita. Pure sul punto la giurisprudenza si è espressa ritenendo che un'obbligazione civilistica che imponga la restituzione di una cosa altrui non determina, né prova, di per sé, la consumazione del reato di appropriazione indebita; perché ciò avvenga è necessario infatti che in base a concludenti prove di fatto sia rivelato il carattere intenzionale della omessa restituzione e quindi la volontà dell'agente di convertire il possesso medesimo appropriandosi della cosa al fine di trarne ingiusto profitto. Nel caso di specie, va evidenziato come Caio ha appreso che la merce è rimasta invenduta solo al rientro delle vacanze estive, nonostante avesse chiesto a Tizio le sorti dei sui beni, già nei primi giorni del mese di luglio, ricevendo al riguardo solo risposte generiche e incomplete. Da tali circostanze emerge quindi, non solo l'intenzione di tizio a mantenere presso il proprio patrimonio la merce invenduta, ma anche la volontà di Caio di ottenerne la restituzione . Nel caso di specie, pertanto, non si configura un semplice inadempimento civilistico, ma un netto rifiuto penalmente rilevante. Pertanto si consiglia a Caio di comunicare la notitia criminis all'Autorità Giudiziaria con contestuale istanza di punizione, se non si considera decorso il periodo utile per la presentazione della querela, ossia entro tre mesi da quando ha avuto notizia, da parte della segretaria, che la merce è stata invenduta.  In caso contrario, trattandosi di appropriazione indebita aggravata, il reato sarà cmq perseguibile d'ufficio a prescindere quindi dalla tempestiva presentazione della querela.

Da: sil14/12/2011 15:55:43
a che ora consegna Napoli?

Da: daniela8014/12/2011 15:56:00
siamo sicuri che si configuri il reato di appropriazione indebita???Vi prego..controllate

Da: mart14/12/2011 15:57:08
napoli dovrebbe finire tra un paio d'ore,,,mezz'ora in più mezz'ora in meno....nn ho la certezza

Da: IloveDogs 14/12/2011 15:57:55
Ho dubbi sulla consumazione del 646.
Dal tenore della traccia si rileva una mera reticenza, non un netto rifiuto alla restituzione della merce.
Il comportamento di tizio non è univocamente diretto  a compiere atti di disposizione sulla merce.
In realtà ritengo che prima di sporgere querela sarebbe opportuno che Caio diffidasse Tizio alla restituzione della merce, così da superare qualsivoglia dubbio interpretativo in merito alla consumazione del reato.
.......................c'è qualcuno che ha trovato giurisprudenza in tal senso?

Da: alex14/12/2011 15:58:58
ma secondo voi si configura il reato di cui all'art. 615 ter?

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