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ESAME SCRITTO 2010
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Da: francy67 16/12/2010 13:11:10
MA STATE FACENDO SOLO PENALE?? O LAVORATE ANCHE PER LA SOLUZIONE DI CIVILE?? PERCHè PER ORA LEGGO SOLO PENALE.... RISP POI ASPETTO SE MI DITE CHE LA STATE FACENDO E QUANTO MANCA..... SCUSATE ANCORA!

Da: rompipalle26 16/12/2010 13:11:15
non so se puo essere utile detenzione abusiva di armi da fuoco art. 697 c.p.

Da: Sis16/12/2010 13:12:44
nessuno si occupa di amministrativo???non so cosa inviare!!!please

Da: Freddy16/12/2010 13:13:23
Ale ma nn ci sei?stai facendo l'atto di civile?rispondi grazie

Da: alby700 16/12/2010 13:13:57
per piacere: scrivete dati e un breve estratto della sentenza del Tribunale di Biella

Da: sil16/12/2010 13:14:08
Potete postarmi qualche sentenza per l'atto di civile????datemi indicazioni

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Da: alby700 16/12/2010 13:15:05
ma ke ora consegnano a napoli?

Da: PER LOLLO16/12/2010 13:15:06
ANCHE IO HO L'ABBONAMENTO A DEJURE MA OGGI NON VUOLE FUNZIONARE PUOI POSTARE LA SENTENZA CHE HAI RICHIAMATO GRAZIEEEEEE

Da: Ales16/12/2010 13:15:40
Per LOLLO
Avrei bisogo della sentenza del Trib di Verona per esteso. GRAZIE

Da: pellerossa 16/12/2010 13:16:27
ragazzi per favore la soluzione di civile....a che ora si finisce a napoli?

Da: Big16/12/2010 13:17:06
CONFRONTATELA CON I COMMISSARI
ve la do in pasto....



ECC.MA CORTE DI APPELLO DI
ATTO DI APPELLO
Il sottoscritto Avv. , con Studio Legale in Via n. , difensore di fiducia, giusta nomina in calce, dei Sigg. Tizio, nato a il / / , res.te a in Via n. , e Caio, nato a il / / , res.te a in Via n. , imputati nel proc. pen. iscritto ai nn. R.G.N.R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di e n. / R.G. del Tribunale di ,
PROPONE FORMALE APPELLO
avverso la sentenza emessa all'udienza del / / dal Tribunale di , con la quale gli odierni appellanti sono stati dichiarati responsabili del reato ascrittogli - combinato disposto ex art. 56 e 628, co. 3 lett. 1), cp - e condannati alla pena di anni di reclusione ed euro  di multa.
Il presente appello riguarda:
I. il capo della sentenza relativo al giudizio di responsabilità degli imputati;
II. il capo relativo alla quantificazione della pena.
M O T I V I
I
Le seguenti argomentazioni saranno volte a dimostrare la totale insussistenza della responsabilità, erroneamente supposta -a parere di questo difensore- dal Giudice di Prime Cure, a carico degli odierni appellanti.
Occorre rilevare che ciò non può avvenire senza una corretta individuazione degli elementi caratterizzanti il reato di tentata rapina p. e p. dagli artt. 56 e 648 cp ascritto a Tizio e Caio.
Risponde di tale delitto chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco, ad impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica; il reato è aggravato qualora la violenza o la minaccia è commessa con armi o da persona travisata, o da più persone riunite.
Questa difesa sostiene che il reato di cristallizzato nel capo di imputazione non possa configurarsi nei confronti di Tizio e Caio; non tutti gli elementi previsti dagli artt. 56 e 628 cp si sono realizzati, in particolar modo, difetta l'elemento oggettivo.
Dunque non può ritenersi che la condotta posta in essere da Tizio e Caio corrisponda all'elemento materiale previsto dalla presunta norma violata, non potendosi considerare gli atti dagli stessi compiuti come idonei e tesi in modo univoco a realizzare il reato di rapina.
Difatti, il delitto tentato indica un delitto che non si è consumato perché non si è verificato l'evento voluto dal reo o perché, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, l'azione non è comunque giunta a compimento; tale figura giuridica sarà configurabile soltanto ove ricorrano due elementi essenziali quali l'idoneità degli atti a commettere il delitto contestato e l'univocità degli atti diretti a commettere un delitto.
In ogni caso, l'idoneità deve essere valutata dal giudice con il criterio della "prognosi postuma", ovvero in concreto ed ex ante , valutando l'adeguatezza dei mezzi preposti al compimento del delitto nella reale e concreta situazione in cui si inseriscono, mentre, per quanto attiene al giudizio di l'univocità, si deve avere riguardo della intenzione del soggetto sotto il profilo della oggettività.
Alla luce di ciò, bisogna ritenere che possono qualificarsi atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del reato, e quindi punibili, solo quelli tipici della condotta prevista dalla fattispecie incriminatrice e quindi qualificabili, anche solo in minima parte, come esecutivi, e non invece quelli meramente preparatori della commissione dello stesso; in particolare, con riferimento al delitto di tentata rapina aggravata dall'uso delle armi, la presenza dei di due soggetti in un'auto parcheggiata nei pressi di un istituto bancario, la disponibilità di un cappello di lana atto al camuffamento e di armi, provviste di munizioni, ma non pronte ad essere utilizzate, nonché la presenza "in loco" dei due soggetti ancora a distanza dalla banca, se devono ritenersi atti preparatori idonei alla commissione del delitto, non costituiscono tuttavia tentativo punibile ex art. 56 c.p., atteso che in tale condotta non sono ravvisabili, nemmeno in forma iniziale, i presupposti della condotta tipica del reato di rapina.
Pertanto, la condotta di Tizio e Caio non è sussumibile al delitto di tentata rapina, atteso che risulta carente la univocità degli atti compiuti, in tal senso appare determinante e rivelatrice la circostanza che le armi non fossero pronte all'uso e che gli imputati si fossero fermati nella vettura, non essendo da escludere che gli stessi avessero desistito da un eventuale proposito criminale, rilevante ex art. 56 co. 3 cp, dubbio sussistente proprio in virtù della mancata univocità degli atti.
La sopra esposta tesi trova pronto riscontro nella pronuncia della Suprema Corte (Cass. Pen. n. 18196/2010), chiamata a pronunciarsi in un caso analogo, "...non è configurabile il tentativo di rapina, per difetto di univocità degli atti, qualora non sia possibile determinare, nemmeno in via ipotetica, il luogo in cui questa avrebbe dovuto essere consumata..."; inoltre, la S.C. in altre pronunce a posto l'attenzione, per la configurabilità del reato, sulla circostanza che le armi fossero pronte all'uso, cosa che non si è verificata nel fatto contestato
Inoltre, il giudicante non ha fornito alcuna motivazione sull'elemento soggettivo del reato, non essendosi premurato di accertare chi fosse il proprietario della vettura e chi dei due imputati avesse la consapevolezza della presenza delle armi e del cappuccio nella vettura, con evidenti conseguenze in ordine al giudizio di responsabilità degli appellanti.
Per le suesposte ragioni, gli appellanti vanno assolti dai reati ascrittigli, perché il fatto non costituisce reato.
II
Riguardo alla quantificazione della pena, in via subordinata, qualora la Corte adita non ritenesse opportuno accedere alla tesi difensiva sopra illustrata, ritenendo Tizio e Caio comunque responsabili di una condotta contraria all'ordinamento giuridico, dovrebbe attenuare l'entità della pena irrogata, in quanto la stessa appare oltremodo eccessiva, soprattutto stante l'ingiustificato diniego di concessione del beneficio delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis cp, che avrebbero potuto trovare applicazione tenuto conto della modesta gravità del fatto, unitamente alla personalità degli imputati, la loro condizione di incensurata.
RICHIESTE
Per i suindicati motivi, si chiede:
IN VIA PRINCIPALE, che L'Ecc.ma Corte assolva gli appellanti dal reato. ex art. 56 e 628, co. 3 lett. 1), cp. perché il fatto non costituisce reato.
IN SUBORDINE, si chiede che l'Ecc.ma Corte ridetermini la pena, previa concessione delle attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p., con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante.
Altri motivi deducendi.
Con Osservanza.
-Avv. -

NOMINA DEL DIFENSORE E CONTESTUALE PROCURA SPECIALE AD IMPUGNARE
Il sottoscritto Tizio nato a ……., il ……., residente in ……., via …….., domiciliato ai fini del presente procedimento in ….., via ……, imputato nel procedimento penale n. ……. RGNR e condannato con sentenza n. …….. del Tribunale di ……..,
nomina
difensore di fiducia l 'avv..……., del foro di………, con studio in ..., via……., conferendogli ogni più ampia facoltà di legge ed espressamente quella di impugnare la predetta sentenza, nominare sostituti processuali e farsi sostituire.
Esprime il proprio consenso al trattamento dei dati personali ai sensi della L.n.675/1996 e successive integrazioni e modificazioni.
…….., li…….
Tizio
per accettazione dell'incarico e autentica della firma
(Avv………)
NOMINA DEL DIFENSORE E CONTESTUALE PROCURA SPECIALE AD IMPUGNARE
Il sottoscritto Caio nato a ……., il ……., residente in ……., via …….., domiciliato ai fini del presente procedimento in ….., via ……, imputato nel procedimento penale n. ……. RGNR e condannato con sentenza n. …….. del Tribunale di ……..,
nomina
difensore di fiducia l 'avv..……., del foro di………, con studio in ..., via……., conferendogli ogni più ampia facoltà di legge ed espressamente quella di impugnare la predetta sentenza, nominare sostituti processuali e farsi sostituire.
Esprime il proprio consenso al trattamento dei dati personali ai sensi della L.n.675/1996 e successive integrazioni e modificazioni.
…….., li…….
Caio
per accettazione dell'incarico e autentica della firma
(Avv………)

Da: FIRENZE16/12/2010 13:17:19
A che ora finisca a Firenze?

Da: raffaella16/12/2010 13:17:52
sottoscritto avvocato in qualità di difensore di Tizio, in forza di nomina già presente in atti, propone atto di appello avverso la sentenza che condannava il prevenuto per i reati di tentata rapina aggravata dall'uso di armi e dalle più persone riunite ed a sostegno espone i seguenti motivi:
MOTIVO


Gli elementi posti a sostegno del gravato provvedimento non sono tali da ritenere che l'odierno imputato fosse sul punto di commettere il reato di rapina.
Infatti, emerge che i due venivano sorpresi in un luogo ben distante la banca Alfa e per di più le armi non erano pronte per lo sparo. Tali circostanze non possono essere assunte a fonti di prova, stante la mancanza assoluta di collegamento tra le circostanze di fatto sopradescritte ed il bene giuridico tutelato dalla norma, nemmeno sotto la forma del tentativo.
Infatti è noto come l'ipotesi di cui all'art.56 c.p. sia ravvisabile laddove sussista il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione di un delitto.
La Suprema Corte di Cassazione in merito si è espressa affermando che " nel delitto tentato gli atti diretti in modo non equivoco a commettere un reato possono essere esclusivamente gli atti esecutivi ossia atti tipici, corrispondenti, anche solo in minima parte alla descrizione legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o vincolata in quanto la univocità degli atti indica non un parametro probatorio, ma un criterio di essenza ed una caratteristica oggettiva della condotta; ne consegue che non sono punibili a titolo di tentativo meri atti preparatori" (Cass. I sez. Pen 24 settembre 2008-28 ottobre 2008 n. 40058 e Cass. I Sez. Pen. 7 gennaio 2010- 9 marzo 2010 n. 9411).
Nella fattispecie in esame non possono certo assurgere al rango di atto tipico nei limiti descrittivi offerti dalla giurisprudenza di legittimità le circostanze fattuali oggetto di contestazione.
Non ha infatti nulla della tipicità richiesta dal legislatore il debole dato oggettivo che Tizio occupasse un'automobile parcheggiata a 100 metri dalla banca Alfa.
In merito la nota sentenza della Suprema Corte 18196 del 4 marzo 2010 ha stabilito che non sia configurabile in un caso analogo nemmeno il grave indizio di colpevolezza a carico di un soggetto che venga trovato stazionare nelle vicinanze di alcuni esercizi commerciali astrattamente oggetto di reato di rapina, affermando che non si possono considerare gli elementi della detenzione delle armi e di un copricapo astrattamente idoneo a nascondere il volto e della vicinanza ad

Da: MANOGENA16/12/2010 13:18:02
SCUSATE MA LE SOLUZIONI NON ESISTONO OGGI??? L'ATTO CIVILE LO SCHEMA E' OK...MA PER QUANTO RIGUARDA IL PARERE???

PARERE PARERE  PARERE  PARERE  PARERE  PARERE  PARERE  PARERE PARERE PARERE PARERE vPARERE PARERE vPARERE

Da: luciddream16/12/2010 13:18:13
Tribunale  Verona  sez. IV
Data:  18 marzo 2009
Numero: 
Parti: 
Fonti:  Giur. merito 2010, 1, 132 (s.m.)

Da: sil16/12/2010 13:18:30
a napoli finiscono alle 17.30..indicate la sentenza per civile?

Da: pakozzo 16/12/2010 13:19:08
che ne dite di questa per penale?

Tizio e Caio vengono tratti in arresto perché sorpresi, con due pistole all'interno di un'automobile parcheggiata a cento metri dall'ingresso della banca alfa. Le pistole, armi comune da sparo, con le relative munizioni, non sono pronte per lo sparo. Nell'atto viene altresì rinvenuto e sequestrato un cappello di lana astrattamente idoneo al nascondimento del volto. All'esito del giudizio immediato tizio e caio vengono condannati per il reato di tentata rapina ai danni della banca alfa, con le circostanze aggravanti dall'uso di armi e della riunione di più più persone.
Assunta la veste di difensore di tizio il candidato rediga motivato atto di appello.
Tribunale
per
Corte di appello
ATTO DI APPELLO

avverso la sentenza n. ___, del ___, resa nel procedimento penale n. ___/__ R.G. Trib., dal Tribunale di ___,che ha condannato TIZIO, nato a ___, il ___, alla pena di anni ___, di reclusione e al pagamento di euro  ___ di multa, ritenendolo responsabile dei reato di cui agli artt. 56 628 c.p.
* * *
Il sottoscritto Avv. ___, del Foro di ___, difensore di fiducia di TIZIO, giusta nomina in calce al presente atto (3), dichiara di proporre appello avverso tutti i capi della succitata sentenza per i motivi di seguito precisati.

MOTIVI

(IN VIA PRINCIPALE E GRADATA)

1) Il Giudice avrebbe dovuto assolvere l'imputato perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto.
2) Il Giudice avrebbe dovuto concedere le attenuanti di cui all'art. ___ (oppure avrebbe dovuto riconoscere la prevalenza delle attenuanti di cui all'art. ___, o, ancora, avrebbe dovuto esperire il giudizio di bilanciamento delle attenuanti ex art. 69 c.p.). In ogni caso avrebbe dovuto irrogare una pena diversa, contenendola entro il limite di ___. […]
(formula sempre utilizzabile, inestremo subordine, ove il giudice abbia irrogato una sanzione diversa dal minimo edittale, con un diverso giudizio di valutazione da esperirsi ex art. 133 c.p.)
L'articolo 56 c.p. offre utili spunti di riflessione nella parte in cui dispone che il delitto tentato si verifica in due ipotesi: 1) quando l'azione non si compie (c.d. tentativo non compiuto); 2) quando l'evento non si verifica (ed tentativo compiuto).
L'articolo 56 c.p., disciplina il tentativo nei delitti e, essendo una fattispecie autonoma rispetto al reato consumato (ex plurimis Cass. 13/6/2001 riv 220330), richiede, come tutti i reati, la sussistenza sia dell'elemento soggettivo che oggettivo.
L'elemento soggettivo e' identico al dolo del reato che il soggetto agente si propone di compiere.
L'elemento oggettivo, invece, presenta spiccate peculiarita' in quanto ruota intorno a tre concetti:
- l'idoneita' degli atti;
- l'univocita' degli atti;
- il mancato compimento dell'azione o il mancato verificarsi dell'evento.
La linea di demarcazione fra la semplice intenzione non punibile (secondo il vecchio brocardo cogitationis poenam nemo patitur) e quella punibile si snoda proprio attraverso l'esatta comprensione dei suddetti principi.
Una premessa di natura sistematica: sebbene l'articolo 56 c.p. sia l'unica norma che disciplini espressamente il tentativo, tuttavia, utili argomenti si possono trarre, ai fini sistematici, anche dall'articolo 115 c.p. a norma del quale "qualora due o piu' persone si accordino allo scopo di commettere un reato e questo non sia commesso, nessuna di essa e' punibile per il solo fatto dell'accordo".
La suddetta norma, evidenzia, quindi, in modo plastico, il principio secondo il quale anche un semplice accordo a commettere un delitto (e, quindi, a fortiori, il semplice averlo pensato) non e' punibile (salva l'applicazione della misura di sicurezza) ponendosi all'estremo opposto del delitto consumato.
Ma e' proprio fra questi due estremi, ossia fra la semplice cogitatio o accordo (non punibile) ed il delitto consumato che si colloca la problematica del delitto tentato che consiste, appunto, nello stabilire quando un'azione, avendo superato la soglia della mera cogitatio, pur non avendo raggiunto il suo scopo criminoso, dev'essere ugualmente punibile.
C0ntroversa e' la nozione di univocita' degli atti. Secondo una prima tesi "anche gli atti preparatori possono configurare l'ipotesi del tentativo, allorquando essi rivelino, sulla base di una valutazione ex ante e indipendentemente dall'insuccesso determinato da fattori estranei, l'adeguatezza causale nella sequenza operativa che conduce alla consumazione del delitto e l'attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto, dimostrando contemporaneamente, per la loro essenza ed il contesto nel quale s'inseriscono, l'intenzione dell'agente di commettere il delitto": Cass. 27323/2008 riv. 240736 - Cass. 43255/2009 Rv. 245720 "L'atto preparatorio puo' integrare gli estremi del tentativo punibile, quando sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacita', sulla base di una valutazione "ex ante" e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato prefisso e a tale risultato sia univocamente diretto" - Cass. 40702/2009 Rv. 245123.
Mentre per la tesi soggettiva, l'univocita' va valutata sulla base delle circostanze concrete (con la conseguenza che si determina, sul piano della repressione penale, un arretramento della soglia di punibilita', in quanto anche gli atti in se' preparatori, possono, a determinate condizioni, essere considerati univoci), al contrario per la tesi oggettiva, l'univocita' coincide con l'inizio degli atti tipici di un determinato reato (con conseguente spostamento in avanti della soglia di punibilita', escludendosi l'univocita' degli atti meramente preparatori).

Ed ulteriore conferma puo' trarsi dall'articolo 49 c.p., comma 2 (che rappresenta, per cosi' dire, il lato speculare e contrario dell'articolo 56 c.p.) che esclude la punibilita' per "l'inidoneita' dell'azione" non degli atti esecutivi: il che significa che, per stabilire se ci si trova di fronte ad un tentativo punibile, a parte l'ipotesi del compimento degli atti esecutivi veri e propri (ipotesi considerata espressamente, come si e' detto, dall'articolo 56 c.p., comma 1 ultima parte), occorre aver riguardo piu' che all'idoneita' dei singoli atti, all'idoneita' dell'azione valutata nel suo complesso cosi' come appare cristallizzata in un determinato momento storico, tenuto conto di tutti gli elementi esterni ed interni, conosciuti e conoscibili. Solo se l'azione viene valutata unitariamente, puo' aversi un quadro d'insieme dei singoli atti che, se valutati singolarmente, possono anche sembrare in se' inidonei, ma che se inseriti in un piu' ampio contesto, appaiono per quelli che sono, ossia dei singoli anelli di una piu' complessa ed unica catena, l'uno funzionale all'altro per il compimento dell'azione finale destinata a sfociare nella consumazione del delitto programmato.

Si deve, pertanto, affermare il seguente principio di diritto: "ai fini del tentativo punibile, assumono rilevanza penale non solo gli atti esecutivi veri propri del delitto pianificato, ma anche quegli atti che, pur essendo classificabili come atti preparatori, tuttavia, per le circostanze concrete (di luogo - di tempo - di mezzi ecc.) fanno fondatamente ritenere che l'azione - considerata come l'insieme dei suddetti atti - abbia la rilevante probabilita' di conseguire l'obiettivo programmato e che l'agente si trovi ormai ad un punto di non ritorno dall'imminente progettato delitto e che il medesimo sara' commesso a meno che non risultino percepibili incognite che pongano in dubbio tale eventualita', dovendosi, a tal fine, escludere solo quegli eventi imprevedibili non dipendenti dalla volonta' del soggetto agente atteso che costui ha solo un modo per dimostrare di avere receduto dal proposito criminoso: ossia la desistenza volontaria (articolo 56 c.p., comma 3) o il recesso attivo (articolo 56 c.p., comma 4)".
Inoltre quel che emerge è solo che nella strada ove i due indagati furono sorpresi esistevano in via totalmente astratta altri "obiettivi", ma non vi sono elementi di sorta per stabilire ove i due avessero intenzione di recarsi.
Gli elementi indicati dal Giudice di prime cure non possono, nel loro complesso, costituire gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di tentata rapina perchè sussiste una totale indeterminatezza circa l'obiettivo della supposta rapina. Quel che emerge è solo che nella strada ove i due indagati furono sorpresi esistevano in via totalmente astratta tre "obiettivi", ma non vi sono elementi di sorta per stabilire ove i due avessero intenzione di recarsi. L'ora in cui i due furono fermati, le 7,30 (ben prima che uno qualsiasi dei tre locali aprisse), aggiunge ulteriore indeterminatezza al quadro indiziario non potendo nessuno degli elementi raccolti considerarsi allo stato come diretto in modo non equivoco a commettere una rapina in un luogo che è rimasto non identificato, neppure in via ipotetica. La direzione teleologica della volontà dell'agente non risulta assolutamente ricostruibile alla luce degli elementi prima ricordati (cfr. Cass. n. 7702/2007).

Sulla base dei motivi ora svolti, si chiede che l'Ill.mo Giudice adito, in riforma dell'impugnata sentenza, voglia:
(si segua la scansione e l'ordine dei motivi proposti per formulare le relative richieste, facendo bene attenzione a formulare la corretta richiesta sotto il profilo formale. Tra parentesi quadra i motivi a cui si riferisce la richiesta)
1) annullare il provvedimento oggetto di appello in quanto … [3]
2) assolvere l'imputato in quanto … [4, 5, 6]
3) dichiarare di non doversi procedere in quanto … [1, 2, 10 n. 3]
4) dichiarare la non punibilità dell'imputato in quanto … [9]
5) applicare la diversa pena della … [10 n. 1, 14]
6) contenere la pena irrogata nel limite di … [8, 11, 12]
7) concedere il beneficio della …. [13]
(luogo e data)
Avv. (firma)



PROCURA
Il sottoscritto TIZIO, nato a ___, il ___, residente in ___, Via ___, imputato nel procedimento penale n. ___/__ R.G. N.R., nomina quale proprio difensore in ordine allo stesso procedimento l'Avv. ___, del Foro di ___, con studio in ___, Via ___, conferendo allo stesso ogni più ampia procura e facoltà concessa dalla legge, ivi compresa quella di nominare sostituti processuali, proporre impugnazioni e rinunciare alle stesse. Dichiara inoltre di aver ricevute tutte le informazioni previste dagli artt. 7 e 13 del D.Lgv. 30 giugno 2003, n. 196 e presta il proprio consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito.
(luogo e data)
TIZIO (firma)
La firma è autentica ed è stata apposta in mia presenza
Avv. (firma)
________________________________________________________
   

   

Da: theperno16/12/2010 13:19:19
Ragazzi a Napoli sono in grossa difficoltà...finora niente!

Da: max16/12/2010 13:22:12
Grazie. Su de jure ho trovato questo:

la sentenza per esteso l'avete trovata voi?

Autorità: Tribunale Verona sez. IV
Data: 18 marzo 2009
Numero:
Parti:
Fonti: Giur. merito 2010, 1, 132 (s.m.) (nota di: NARDELLI)

Classificazione
PROCEDIMENTO CIVILE Domanda giudiziale in genere


Testo
Domanda giudiziale - Pronuncia di affermazione della liceità di una condotta - Ammissibilità - Non sussiste.

È inammissibile la domanda giudiziale volta ad ottenere la positiva delibazione della liceità di una futura condotta, avendo essa il fine surrettizio di confiscare alla controparte il diritto di (re)azione giudiziaria, attraverso la sottrazione preventiva dell'autore all'eventuale giudizio di responsabilità.




L'ESCLUSIONE DEL SOCIO E LA TUTELA CAUTELARE, TRA DUBBI TRADIZIONALI E RISPOSTE NECESSARIE


Giur. merito 2010, 1, 134

Michele Nardelli

Sommario: 1. Premessa. - 2. Anticipazione cautelare e sentenze costitutive. - 3. Facoltà private e necessità di richieste giudiziarie.



1. PREMESSA
La vicenda sottoposta al giudizio del Tribunale di Verona si è sviluppata nell'ambito di un procedimento cautelare.
Una società a responsabilità limitata e il suo amministratore, hanno chiesto in via cautelare l'esclusione del socio di minoranza e il divieto, per lo stesso, di accedere ai documenti sociali.
A giustificazione processuale della domanda, hanno chiarito che in via ordinaria sarebbe stata chiesta una sentenza costitutiva-dichiarativa, che avesse escluso per giusta causa il richiamato socio di minoranza.
L'amministratore ha anche addotto la volontà di esperire altra azione di merito, tesa ad ottenere in via ordinaria l'accertamento della legittimità del rifiuto opposto alla consegna dei documenti contabili, che il socio di minoranza aveva chiesto di ottenere.
In buona sostanza, quindi, la domanda cautelare è stata proposta al duplice fine di ottenere già con un provvedimento di urgenza l'esclusione del socio, e di ottenere, sempre in via d'urgenza, una pronuncia che legittimasse il rifiuto di consegnare i documenti richiesti dallo stesso socio.
Il Tribunale di Verona ha dichiarato inammissibile l'istanza cautelare.
E ciò ha fatto per entrambe le domande.
Quanto alla seconda, tesa ad ottenere una pronuncia che affermasse la liceità del rifiuto di consegnare i documenti, ha osservato che nel caso sottoposto non potevano dirsi sussistenti l'interesse ad agire e «financo» il pericolo di pregiudizio nel ritardo, perché la consegna dei documenti poteva essere rifiutata in via autonoma. Ovviamente, questo avrebbe potuto comportare la reazione giudiziaria del socio interessato, alla quale la società avrebbe dovuto resistere.
Ma proprio a quest'ultimo riguardo il Tribunale ha osservato che richiedere in via giudiziale una delibazione preventiva sulla legittimità di una futura condotta, avrebbe impedito alla controparte il diritto di agire in giudizio. E soprattutto avrebbe sottratto preventivamente, il soggetto che avesse rifiutato di consegnare i documenti richiesti dal socio, all'eventuale giudizio di responsabilità.
Quanto alla prima, tesa ad ottenere l'esclusione del socio, ha osservato che è dubbia l'ammissibilità di una pronuncia cautelare costitutiva (la revoca anticipatoria dello «status» di socio), laddove l'efficacia di una tale pronuncia è in realtà subordinata alla formazione del giudicato. Ha poi osservato che in ogni caso era inverosimile la sussistenza del pericolo di pregiudizio nel ritardo, dal momento che questo avrebbe dovuto trarsi dalla sola persistenza della qualifica di socio, in un caso in cui il soggetto interessato era privo di poteri gestionali. In questo senso, l'unica facoltà consentita a quest'ultimo, di accedere alle informazioni sociali, rientrava nei motivi di inammissibilità della seconda domanda, dal momento che la società ben avrebbe potuto decidere in via autonoma di non fornire le notizie richieste, salva una successiva decisione giudiziaria.
2. ANTICIPAZIONE CAUTELARE E SENTENZE COSTITUTIVE
Le questioni affrontate dal Tribunale di Verona sono in sostanza tre, così come rappresentate nelle massime.
Nel breve commento che seguirà, si cercherà di affrontarle singolarmente.
A questo proposito, il primo aspetto da approfondire, per i risvolti generali che presenta, che vanno ben al di là del caso specifico, è quello relativo alla seconda massima.
Il Tribunale, nello specifico, ha effettuato una presa di posizione in ordine ad una vicenda che obiettivamente si presenta complessa.
I termini della questione sono però semplici.
In sostanza, si tratta di decidere se si possa invocare una tutela cautelare, allorquando il merito della controversia richieda una pronuncia costitutiva, la cui efficacia sia collegata al passaggio in giudicato della relativa sentenza.
L'argomento che tradizionalmente ha portato ad escludere una tale possibilità, è consistito nella ritenuta insussistenza, prima della sentenza costitutiva, di una posizione soggettiva connotata dall'attualità (1)


(1) In generale Calvosa, Provvedimenti di urgenza, in Noviss. Dig. it., Torino, 1957, 449 e quindi 456, ove si dà conto della tesi per la quale il diritto cautelando dovrebbe essere già sussistente, perché altrimenti non vi sarebbe da temere alcuna lesione dello stesso, e poi si afferma che in realtà anche i diritti potestativi possono essere minacciati dal pericolo di lesione, nelle more del giudizio di cognizione, sicché si conclude aderendo alla tesi della ammissibilità della tutela cautelare anche nei casi in cui la situazione sostanziale necessiti di una pronuncia costitutiva.
(1). In altre parole, solo la sentenza - nei casi della specie - costituirebbe il diritto. Prima della decisione giudiziaria non vi sarebbe invece spazio per una tutela anticipata, rispetto ad un diritto solo sperato, e quindi ancora non suscettibile di tutela (2)


(2) In giurisprudenza cfr. Trib. Torino 12 luglio 2003, in Giur. it., 2004, 538; Trib. Bari, sez. lav., 9 giugno 2008, in www.dejure.giuffre.it; Trib. Marsala 18 novembre 2004, in questa Rivista, 2005, 531; Trib. Roma 5 novembre 2003, in questa Rivista, 2004, 457. In dottrina Satta, Limiti di applicazione dei provvedimenti d'urgenza, in Foro it., 1953, I, 132, ove è affermato che la costituzione provvisoria di un diritto appare inconcepibile e contraddittoria.
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Tale tesi è stata sottoposta però a una rivisitazione da parte di altro orientamento, nella misura in cui si è evidenziato che anche nel caso della tutela costitutiva può esservi la doverosa necessità di anticipare gli effetti della futura decisione giudiziaria, al fine di non pregiudicare la posizione giuridica del soggetto interessato (3)


(3) In dottrina cfr. Tommaseo, Provvedimenti di urgenza, in Enc. dir., Milano, 1988, 872, il quale nota come in passato il dubbio sulla concedibilità della tutela cautelare, rispetto a diritti la cui assicurazione necessitava di sentenze costitutive, era dato dalla mancanza di una posizione soggettiva connotata dall'attualità (requisito che evidentemente sarebbe conseguito solo alla emanazione della sentenza), e poi afferma che si tratta però di un orientamento caratterizzato da un concettualismo esasperato, tale da pregiudicare l'effettività della tutela costitutiva; Proto Pisani, Provvedimenti d'urgenza, in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 387; Dini - Mammone, I provvedimenti d'urgenza, Milano, 1993, 301 ss.; Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, III, 7ª ed., Torino, 1989, 301 s.; Baccaglini, Provvedimento d'urgenza e anticipazione dell'effetto di accertamento della pronuncia di merito. Una questione non ancora sopita, in Resp. civ. prev., 2005, 830 ss. In giurisprudenza Pret. Roma 3 febbraio 1986, in questa Rivista, 1987, 602; Trib. Civitavecchia 5 settembre 2008, in www.deiure.giuffre.it; Trib. Torre Annunziata 21 ottobre 2003, in Dir. e giur., 2005, 112.
(3).
D'altra parte, non si è neppure mancato di osservare come la sentenza costitutiva tutelerebbe un diritto soggettivo preesistente al processo, e che sarebbe stato oggetto di una precedente violazione, sicché non vi sarebbe motivo per negare in tali casi l'applicabilità della tutela d'urgenza (4)


(4) M. Dini - E. A. Dini, I provvedimenti d'urgenza del diritto processuale civile e nel diritto del lavoro, 5ª ed., Milano, 1981, 301 e ss. (e ivi ampia rassegna di dottrina e giurisprudenza a favore delle due tesi). È interessante notare che proprio in base a tale ricostruzione Trib. Torino 2 aprile 2004, in questa Rivista, 2004, 1952, ha escluso che possa emanarsi un provvedimento d'urgenza rispetto ad una azione di merito di revocatoria, posto che mancherebbe, in tale ipotesi, un diritto perfetto preesistente alla pronuncia richiesta al giudice, e la pronuncia cautelare si risolverebbe nella produzione di un anomalo effetto costitutivo anticipato. Sotto altro profilo, mette conto evidenziare che in dottrina (Impagnatiello, Sentenze costitutive, condanne accessorie e provvisoria esecutività, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, 3, 751 ss., e specie par. 7), non si è mancato di segnalare la necessità che la regola della immediata esecutività delle sentenze di primo grado sia intesa come riferita anche alle sentenze costitutive, al fine di non discriminare ingiustificatamente la tutela dei diritti potestativi rispetto ai diritti di credito.
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Per completezza di trattazione, pare opportuno accennare anche alla connessa questione, a sua volta assai controversa, della ammissibilità o non di una cautela che sia completamente satisfattoria del diritto fatto valere, e che abbia quindi effetti astrattamente irreversibili.
Per comprendere appieno la rilevanza della questione può farsi l'esempio del provvedimento che ha autorizzato l'impianto di un embrione (5)


(5) Trib. Roma 17 febbraio 2000, in Giust. civ., 2000, I, 1157 e in questa Rivista, 2000, 527.
, provvedimento rispetto al quale la successiva sentenza che avesse rigettato la domanda sarebbe stata evidentemente inutiliter data. Ancora, può pensarsi alla ipotesi della richiesta di consegna di documentazione da indirizzare nei confronti di una banca (6)


(6) Cfr. Trib. Monza 21 maggio 1997, in Fall., 1998, 83; Trib. Milano 22 gennaio 1997, in Banca, borsa e tit. credito, 1998, II, 433.
, ovvero alla possibilità del socio di srl di accedere ai libri sociali al fine di svolgere il controllo sulla gestione sociale ai sensi dell'art. 2476 c.c. (7)


(7) Cfr. Trib. Messina 5 aprile 2003, in Vita not., 2003, 955; Trib. Ivrea 4 luglio 2005, in D&G, 2005.
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In tutte tali ipotesi il provvedimento cautelare di accoglimento della domanda recherebbe degli effetti non eliminabili con una sentenza di merito, posto che la documentazione bancaria, o i libri sociali, sarebbero già entrati nella sfera di conoscenza degli interessati. E tuttavia deve considerarsi che anche il mancato accoglimento di una domanda cautelare potrebbe provocare danni irreparabili (8)


(8) Cfr. Trib. Milano 14 agosto1995, in Giur. it., 1996, I, 2, 354.
, sicché si deve essere consapevoli che il dogma della definitività degli effetti, utilizzato in molti casi per escludere la tutela d'urgenza, comporta quale conseguenza il sacrificio, in ipotesi a sua volta irreparabile, di «un diritto la cui esistenza appare probabile», a favore di un diritto che invece potrebbe apparire improbabile all'esito del procedimento cautelare (9)


(9) In tema cfr., in dottrina, Cristiano, I provvedimenti cautelari anticipatori: cenni generali, relazione tenuta all'incontro di studio I nuovi procedimenti in materia di diritto societario, Roma, 3-5 giugno 2003, 2, laddove si nota come l'orientamento restrittivo sembri in via di superamento; Tommaseo, Provvedimenti ..., op. cit., 861 e ivi nt. 28, ove si richiama l'osservazione, del medesimo Autore, per la quale «l'etica della giurisdizione d'urgenza consiste nel sacrificare l'improbabile al probabile». In giurisprudenza, tra le tante, cfr. Trib. Torino 10 dicembre 2003, in questa Rivista, 2004, 671, che ha dichiarato inammissibile la domanda di cancellazione in via d'urgenza della trascrizione di una domanda giudiziale, e Trib. Milano 30 settembre 2002, in Giur. milanese, 2002, 435, che ha invece accolto analoga domanda.
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E tutto ciò porta ad affermare che la tutela cautelare rappresenta, anche nel caso di situazioni che necessitino - nel merito - di una sentenza costitutiva, come pure nei casi nei quali la anticipazione degli effetti in sede cautelare non consentirebbe il ripristino della situazione fattuale, un istituto ineliminabile di salvaguardia, al pari di ciò che è comunemente affermato in via generale (10)


(10) Cfr. Proto Pisani, in Foro it., 1985, I, 1884 e in Lezioni di diritto processuale civile, 2ª ed., Napoli, 1996, 655, ove si nota anche come la giurisdizione statuale, con il correlato diritto o potere di azione, sia la contropartita del divieto di autotutela privata. Di particolare rilievo sono poi alcune pronunce della Corte Costituzionale, che se da un lato hanno escluso, con riferimento alla riscossione esattoriale, che la potestà cautelare del giudice costituisca una componente essenziale della tutela giurisdizionale, che non per questo, a giudizio della Corte, potrebbe ritenersi priva di effettività (posto che la pronuncia del giudice in sede di giudizio di accertamento negativo, comporta che la P.A. soccombente debba prontamente restituire la somma riscossa e non dovuta: C. cost., sent. n. 63 del 1982, in Foro it., 1982, I, 1216), dall'altro lato hanno poi dapprima ammesso che la tutela cautelare concorre alla maggiore intensità della difesa giurisdizionale (C. cost., sent. n. 318 del 1995, in Foro it., 1995, I, 3092), e quindi che la piena tutela giurisdizionale deve essere assicurata anche in sede cautelare (C. cost., sent. n. 437 del 1995, in Foro it., 1995, 3060), posto che «dall'art. 700 è lecito enucleare la direttiva che, le quante volte il diritto assistito da fumus boni iuris è minacciato da pregiudizio imminente e irreparabile provocato dalla cadenza dei tempi necessari per farlo valere in via ordinaria, spetta al giudice il potere di emanare i provvedimenti d'urgenza che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito» (C. cost., sent. n. 190 del 1985, in Foro it., 1985, I, 1881). In dottrina cfr. altresì Costantino, Una svolta epocale nella giurisprudenza della Corte Costituzionale: si apre una breccia per la sospensione giudiziale della esecuzione esattoriale, in Foro it., 1995, I, 3092, e Cadono i limiti alla sospensione giudiziale della esecuzione esattoriale: passano i bersaglieri nella breccia aperta dalla sentenza n. 318 del 1995, in Foro it., 1995, I, 3060.
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Tornando alla vicenda in esame, peraltro, e riprendendo l'argomento tradizionalmente usato a supporto della soluzione negativa, non può non evidenziarsi come la funzione della tutela atipica avrebbe dovuto ovviamente essere rivolta ad anticipare gli effetti della futura sentenza (la revoca anticipata dello «status» di socio), e non certamente la sentenza stessa. Sicché anche per questa via non vi sarebbero stati ostacoli alla piena possibilità di apprestare la cautela richiesta, ove chiaramente fossero stati sussistenti gli altri requisiti.
A ben guardare, proprio quest'ultimo aspetto è stato compiutamente valutato quelle volte in cui si è affermato che se in via cautelare è possibile ottenere, ad esempio, la consegna di un immobile, non sarà per contro possibile ottenere il trasferimento della proprietà dello stesso (11)


(11) Cfr. Conte, Sub art. 700, in Codice di procedura civile commentato a cura di Consolo e Luiso, 2ª ed., Milano, 2000, II, 3056. In giurisprudenza cfr. Trib. Torino 21 luglio 2003, in questa Rivista, 2004, 1124, che ha escluso che possa concedersi la tutela atipica per obbligare taluno a concludere un contrat to ai sensi dell'art. 2932 c.c., posto che in tal modo il provvedimento cautelare provocherebbe la costituzione del rapporto giuridico che invece spetta alla sentenza di merito.
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Sotto un ultimo profilo, non può non evidenziarsi, ad ulteriore conforto della tesi che qui si sostiene, che neppure potrebbe precludere la tutela cautelare, anticipatoria di una sentenza costitutiva, l'argomento per il quale non vi sarebbe la certezza che una sentenza venga poi emessa.
Da un lato, come è noto, le recenti riforme hanno reso non più necessaria l'introduzione dei giudizi di merito a fronte di tutele cautelari che anticipino gli effetti delle future decisioni di merito. La regolamentazione cautelare potrebbe pertanto soddisfare le parti, che liberamente potrebbero decidere di non coltivare il giudizio di merito, e porre in essere esse stesse gli atti giuridici necessari ad attribuire stabilità ai loro rapporti.
Dall'altro lato, e comunque, vale la pena ricordare come la mancata instaurazione del giudizio di merito non precluda, alla stregua degli ordinari istituti giuridici, il prodursi di effetti definitivi, che a loro volta ben possono conseguire ai «meccanismi di stabilizzazione di diritto sostanziale», quali ad esempio la prescrizione e l'usucapione (12)


(12) Cfr. Caponi, Provvedimenti cautelari e azioni possessorie, in Foro it., 2005, V, 136.
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In conclusione, sul punto, e dato atto che il Tribunale di Verona non ha escluso la possibilità di una tutela cautelare a fronte di una situazione giuridica che necessiti di una sentenza costitutiva, essendosi limitato ad evidenziare che tale soluzione sia dubbia, non può fare a meno di notarsi come in realtà la soluzione affermativa appaia preferibile rispetto a quella negativa.
Nella specie, poi, certamente condivisibile appare la negazione del requisito del pericolo di pregiudizio per la società, e per il socio di maggioranza, che nella prospettazione del ricorso avrebbe dovuto derivare dalla permanenza del socio di minoranza nella compagine sociale. Come appare evidente, se tale soggetto ha quale sua unica facoltà quella di chiedere di prendere visione delle informazioni sociali, e se a tale facoltà la società ben può opporre un rifiuto, salva verifica della legittimità dello stesso in ambito giudiziario, non vi è alcuno spazio per ritenere incombente sulla società un pericolo tale da legittimare l'esclusione cautelare del socio di minoranza.
3. FACOLTÀ PRIVATE E NECESSITÀ DI RICHIESTE GIUDIZIARIE
La prima massima riguarda l'ulteriore domanda sottoposta all'attenzione del Tribunale di Verona.
Si è detto che il socio di minoranza ha richiesto di ottenere la consegna di documenti contabili della società. A fronte di tale richiesta, l'amministratore ha opposto un rifiuto.
L'amministratore ha quindi annunciato di voler intentare un'azione di merito volta ad accertare la legittimità del rifiuto, chiedendo in via cautelare che al socio di minoranza venisse inibita la possibilità di accedere ai richiamati documenti sociali.
La questione che deriva da tale domanda va affrontata sotto due diversi profili.
Essi attengono ai requisiti del pericolo di pregiudizio irreparabile, che in assenza del provvedimento cautelare potrebbe gravare sul ricorrente, e dell'interesse ad agire in sede cautelare, ma più in generale in sede giurisdizionale.
Quanto al primo, giova premettere che un provvedimento è cautelare, o assolve a funzioni cautelari, quelle volte in cui, insuscettibile esso stesso di apprestare una regolamentazione definitiva al contendere, miri più semplicemente ad assicurare gli effetti di una sentenza di merito che probabilmente riconoscerà la fondatezza delle ragioni del ricorrente (fumus boni iuris), e la cui attesa probabilmente causerebbe dei danni allo stesso ricorrente (periculum in mora).
Come si evince da ciò, per ottenersi una tutela cautelare è necessario che i tempi del giudizio ordinario siano incompatibili con una pronta tutela della situazione giuridica soggettiva del ricorrente.
Si badi che ai fini del requisito in esame, ed anche nella prospettiva di definire i confini tra lo stesso e l'interesse ad agire, non è in discussione la necessità di un provvedimento giurisdizionale. In altre parole, dato per scontato che un soggetto abbia bisogno di un provvedimento del giudice per tutelare le proprie ragioni, il periculum in mora, ove sussistente, legittima tale soggetto ad invocare una tutela cautelare.
Se tuttavia le ragioni poste a base della domanda giudiziaria, non necessitino di un provvedimento del giudice, la questione relativa al periculum in mora non si pone neppure, perché non vi è proprio motivo di rivolgersi al giudice.
In questo senso, quello dell'interesse ad agire è un requisito che sta a monte rispetto a quello del pericolo da ritardo.
La precisazione in argomento è tanto più necessaria, ove si faccia mente locale ad alcuna delle tesi che tradizionalmente sono state sostenute a proposito degli istituti qui in esame.
Partendo con l'esame del concetto di interesse, va innanzi tutto chiarito che esso non si identifica in una nozione psicologica (bisogno o desiderio), bensì nella «esigenza di beni o valori da realizzare o da proteggere nel mondo sociale» (13)


(13) Betti, Interesse (diritto positivo), in Noviss. Dig. it., Torino, 1957, 839. L'Autore chiarisce il concetto spiegando che nella vita di relazione si fronteggiano interessi divergenti e contrastanti, che non possono avere attuazione pari e congiunta, ma solo attuazione differenziata secondo un rango di subordinazione. È quindi l'ordine giuridico, secondo tale impostazione, a stabilire il rango di subordinazione tra gli interessi in contrasto. E l'ordine giuridico effettua tale valutazione all'esito di una comparazione che tiene conto del merito della tutela giuridica, secondo le vedute politico-legislative dell'ordinamento.
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Nell'ordinamento processuale, l'interesse ad agire è istituto ampiamente dibattuto (14)


(14) In generale Nasi, Interesse ad agire, in Enc. dir., Milano, 1988, 34 ss., ove si individua il «fatto» al verificarsi del quale sorge l'interesse ad agire, nella violazione del diritto, vale a dire nella esistenza di uno stato di fatto contrario al diritto, e si dà conto della tesi per la quale a tale considerazione viene aggiunta l'esigenza per la quale siano esaurite tutte le vie extraprocessuali per ottenere la realizzazione del diritto, al punto che il processo appaia come l'unico mezzo esperibile per l'eliminazione della lesione del diritto; Lugo, Manuale di diritto processuale civile, 7ª ed., Milano, 1979, 20, ove si afferma che l'interesse ad agire sussiste solo quando il diritto sia contestato o insoddisfatto, e quando perciò il titolare del diritto, senza l'intervento degli organi giurisdizionali, subirebbe un danno.
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Richiamando l'opinione tradizionale secondo la quale esso è una condizione di ammissibilità della domanda (15)


(15) Attardi, Interesse ad agire, in Noviss. Dig. it., Torino, 1957, 840; Nasi, op. cit., 36. In giurisprudenza, da ultimo, Cass., sez. I, 30 maggio 2008, n. 14554, in Foro it., 2009, I, 208.
, le opinioni espresse sul tema si presentano del tutto contrastanti (16)


(16) Per una sintesi sia consentito rinviare a Andrioli, Diritto processuale civile, I, Napoli, 1979, 308 e ss.; Proto Pisani, Sub art. 100, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da Allorio, II, Torino, 1973, 1065 ss., ove il richiamo dell'insegnamento del Chiovenda (Istituzioni, I, n. 40, 167), secondo il quale «l'interesse ad agire consiste in questo, che, senza l'intervento degli organi giurisdizionali, l'attore subirebbe un ingiusto danno».
, addirittura quanto alla individuazione delle tipologie di azioni nelle quali tale requisito dovrebbe essere indagato (17)


(17) Senza pretesa di completezza, a dire dell'Attardi, op. cit., l'interesse ad agire sarebbe presente nelle sole azioni di accertamento e cautelari; a dire dell'Andrioli, op. cit., e premessa la distinzione tra azioni tipiche (i cui presupposti di fatto sono precisamente indicati nella legge, quali le costitutive e le cautelari), e azioni atipiche (la cui giustificazione formale dipende da ciò, che il processo deve dare al privato quelle utilità che il libero gioco delle forze sociali e la spontanea osservanza delle norme possono attribuirgli, quali le azioni di condanna e di mero accertamento), l'interesse ad agire avrebbe nelle prime un ruolo esclusivamente sistematico - così anche Proto Pisani, op. cit., 1069 s., anche in riferimento alle azioni costitutive non necessarie, come l'azione ex art. 2932 c.c., nelle quali ancora una volta il requisito in esame non assumerebbe funzione pratica ma solo sistematica, perché l'inadempimento dell'obbligo sarebbe solo un elemento della fattispecie dedotta in giudizio, e la sua insussistenza porterebbe al rigetto della domanda nel merito-, mentre nelle seconde avrebbe il suo vero campo di applicazione, perché il giudice dovrebbe valutare se il ricorso agli organi giurisdizionali sia veramente necessario ovvero se altre forze riescano più idonee a garantire il risultato; a dire del Nasi, op. cit., 40, nelle azioni costitutive l'interesse ad agire non è mai diverso da quello tipizzato nella fattispecie che prevede l'azione costitutiva come diritto ad ottenere un certo effetto giuridico, al punto che l'interesse ad agire non sarebbe pertanto un elemento del concetto di azione; a dire dell'Allorio, Bisogno di tutela giuridica?, in Jus, 1954, 547, e del Garbagnati, Azione e interesse, in Jus, 1955, 316 ss., il concetto di interesse ad agire sarebbe del tutto superfluo nella misura in cui esso sarebbe insito nella definizione di ogni singola tipologia di tutela; a dire del Fazzalari, Note in tema di diritto e processo, Milano, 1957, 127 ss., l'interesse ad agire consisterebbe nella lesione del diritto, e sarebbe presente in tutte le azioni; a dire del Grasso, Note per un rinnovato discorso sull'interesse ad agire, in Jus, 1968, 349 e ss., l'interesse ad agire risiederebbe nella indispensabilità del processo, ovvero nella lesione attuale del sfera giuridica del ricorrente, e parimenti sarebbe presente in tutte le tipologie di azioni.
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Volendo limitare l'analisi dell'istituto che ci occupa al caso in esame, va detto che esso presuppone una verifica che riguardi il procedimento cautelare e le azioni di condanna (18)


(18) La controversia sulla esistenza dell'obbligo, per la società, di porre a disposizione del socio di minoranza i documenti contabili, non presuppone -perché sia rilevante- un giudizio di accertamento del diritto del socio ad ottenere i documenti, ovvero di quello della società a negare tali documenti. Il giudizio di accertamento, infatti, riguarda l'affermazione della esistenza o non di un rapporto giuridico (Garbagnati, Azione e interesse, in Jus, 1955, 316 ss.; Proto Pisani, Appunti sulla tutela di mero accertamento, in Riv. trim dir. proc. civ., 1979, 641, ove l'affermazione per la quale la tutela di mero accertamento riguarda solo i diritti e non i fatti, ed ove si evidenzia comunque la difficoltà di discernere tra diritto e fatto), e non della esistenza o non di un diritto di accesso ai documenti, che evidentemente sottende - per essere rilevante - una domanda di condanna al soddisfacimento del diritto medesimo. Per contro, la sede cautelare nella quale il giudizio si è svolto impone di guardare anche alla tematica dell'interesse ad agire nello specifico ambito processuale. È di tutto rilievo richiamare uno scritto del Satta (peraltro in senso critico rispetto a Carnelutti, Accertamento giudiziale preventivo, in Riv. dir. proc., 1960, 177 ss.), A proposito dell'accertamento preventivo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, specialmente 1401 s., ove si afferma che «l'idea di chiedere al giudice, come al vigile di un crocicchio, la via da seguire, [mi] pare una contraddizione in termini», e quanto alle obbligazioni si afferma poi che l'incertezza tra le parti sulla portata dei rispettivi obblighi deve essere risolta con la richiesta e con il rifiuto di adempimento. Aggiunge l'Autore, che in tali ipotesi non può parlarsi di tutela di accertamento, nel senso che l'accertamento è solo funzionale alla esecuzione, e si verte in «quella che l'esperienza ha qualificato come condanna», concludendo con l'affermazione per la quale «è assolutamente inconcepibile che le parti, in luogo della condanna, chiedano un mero accertamento».
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Sotto il primo profilo, si è già detto che secondo l'impostazione tradizionale l'interesse ad agire si identificherebbe con il periculum in mora(19)


(19) Attardi, Interesse ad agire, op. cit. Dal canto loro, affermano invece che il periculum in mora deriverebbe solo dalle specifiche disposizioni dettate per le azioni cautelari, Garbagnati, Azione e interesse, op. cit.; Allorio, Bisogno di tutela giuridica?, op. cit.; Andrioli, Diritto processuale civile, op. cit., 312, ove si dà conto che anche nelle azioni cautelari l'interesse ad agire svolgerebbe semplice funzione sistematica, nel senso che il pericolo di un inutile provvedimento è eliminato dal semplice verificarsi delle condizioni di fatto, cui la possibilità di esercitare in giudizio dette azioni è collegata. Anche secondo Nasi, op. cit., 41, nelle azioni cautelari il diritto si identifica puramente e semplicemente nell'azione, dal momento che tali azioni producono determinati effetti giuridici nella sfera di un altro soggetto al verificarsi di ipotesi che prescindono del tutto dalla esistenza e dall'accertamento del diritto a vantaggio del quale è disposta la cautela. Afferma che la cognizione del giudice della cautela abbia per oggetto non un diritto o un rapporto giuridico, ma solo i presupposti di fatto per l'applicazione di una norma strumentale, Liebman, Unità del procedimento cautelare, in Riv. dir. proc., 1954, 17.
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In senso contrario, e molto sommessamente, deve però ribadirsi come in realtà i due requisiti agiscano su piani diversi, perché prima di passare ad esaminare il pericolo di pregiudizio nel ritardo, deve positivamente riscontrarsi la necessità di un provvedimento giurisdizionale a tutela del diritto del soggetto che agisca in giudizio.
Se si accede a tale impostazione, è del tutto convincente la decisione del Tribunale di Verona, laddove ha escluso nel caso concreto il requisito del periculum in mora.
È infatti evidente che la società non è esposta ad alcun pericolo imminente di vedere pregiudicato il proprio diritto, poiché le è sufficiente opporre, alla richiesta del socio di minoranza, il rifiuto di esibizione dei documenti contabili (20)


(20) Molto opportunamente, il provvedimento che si commenta ha richiamato la tematica relativa al generale principio di cui all'art. 1460 c.c., che permette una forma di autotutela di carattere sostanziale, attivabile direttamente dalla parte.
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A ben guardare, però, e alla stregua della qualificazione giuridica da attribuire al conflitto tra le parti, è altresì condivisibile il giudizio - che come detto sta a monte - di inesistenza, in capo alla società, dell'interesse ad agire per ottenere una sentenza che dichiari l'inesistenza del diritto del socio ad ottenere i documenti contabili. Si tratterebbe, astrattamente, di una azione di accertamento negativo (21)


(21) Sulle quali cfr. Proto Pisani, Appunti ... op. cit., 655 ss., specie in riferimento alla ripartizione dell'onere probatorio in tale tipo di azione, al fine di evitare la c.d. «azione di giattanza», e di rispettare il diritto di difesa del convenuto, ai sensi dell'art. 24 Cost.
, che però non potrebbe che incontrare i limiti propri imposti dall'art. 100 c.p.c. La società dovrebbe in altre parole dimostrare la necessità di una sentenza della specie, ed i motivi per i quali non le sarebbe sufficiente il mero rifiuto di consentire l'accesso ai documenti contabili.
In questo senso, infatti, non può non ritenersi che l'interesse della società ad ottenere l'affermazione dell'inesistenza di tale diritto, diventi attuale solo nel momento in cui il socio di minoranza attivi una specifica domanda di condanna (22)


(22) Secondo Nasi, op. cit., 41, nelle azioni di condanna non può distinguersi tra fatto costitutivo del diritto di credito e fatto costitutivo dell'interesse ad agire (da identificarsi nell'inadempimento spontaneo), perché l'obbligazione è esigibile fin dal suo sorgere. Da ciò deriva che si possa esercitare l'azione di condanna fin dal sorgere del diritto di credito, al fine di ottenere il titolo esecutivo. Ma in assenza di domanda di condanna, aggiungeremmo, o comunque in assenza di condotte del creditore che possano riflettere effetti negativi sulla posizione giuridica soggettiva del debitore, questi non ha interesse ad ottenere una pronuncia che accerti l'inesistenza del proprio obbligo, proprio perché la sua sfera giuridica non è in alcun modo lesa.
, tesa ad ottenere coattivamente l'affermazione del proprio diritto ad ottenere i documenti contabili (23)


(23) Attardi, Interesse ..., op. cit., nel richiamare la dottrina tradizionale nota come l'art. 100 c.p.c. esprime l'esigenza che oltre all'esistenza (o all'affermazione dell'esistenza), del diritto soggettivo fatto valere, sussista anche uno stato di fatto lesivo, in senso lato, del diritto medesimo, vale a dire una situazione che intacchi e diminuisca il valore di una situazione giuridica soggettiva.
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Fino a tale momento, e non essendo seriamente messo in discussione il diritto della società ad opporre un rifiuto alla richiesta, ciò che astrattamente potrebbe dipendere anche dalla ritenuta liceità di tale rifiuto da parte del socio, in capo alla società non può ravvisarsi alcun interesse ad agire.
Come è ovvio, la mancanza di tale requisito renderebbe inammissibile anche la domanda ordinaria, e quindi a maggior ragione rende inammissibile la domanda cautelare, come in maniera condivisibile affermato dalla pronuncia in commento.

Da: francy67 16/12/2010 13:22:13
a Napoli sono in grossa difficoltà, posso solo sapere a che punto si è con la soluzione di civile??? siete più avanti con civile o penale?? rispondete ale e pakozzo PER PIACERE!!! I ragazzi tra qlk ora finiscono e stanno tutti fermi!!! senza voi sono e siamo persi!!! rispondete x piacere

Da: ale16/12/2010 13:22:57
state pubblicando solo le note del parere e non il testo
almeno leggete cosa copiate e incollate a ripetizione

Da: pippo franco16/12/2010 13:23:23
Pakozzo la guardia di finanza ha una notifica per te

Da: avvocatomalinconico16/12/2010 13:24:04
Da una prima lettura ritengo che i punti da trattare potrebbero essere:

- artt. 56, 110, 112 e 628 commi 1 e 3 c.p., perché, in concorso tra loro,
compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere una rapina in
danno della banca, senza riuscire nell'intento per via dell'intervento delle
autorità, e quindi per cause indipendenti dalla loro volontà; tentata rapina
aggravata, perché posta in essere da più persone riunite e con armi;

- art. 416 commi 1 e 2 c.p., per essersi associati tra loro allo scopo di
commettere dei delitti; in particolare, perché si organizzavano con armi, mezzo
di trasporto (auto), cappello.

- artt. 110 c.p., 4 e 7 della legge 895 del 1967 e successive modifiche, per
avere, in concorso tra loro, illegalmente portato in luogo pubblico armi comuni
da sparo con relative munizioni, benchè non caricate (la traccia pare non fare
riferimento alla eventuale clandestinità delle armi).

......... vedi gli articoli con la relativa giurisprudenza ............

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CONSIDERAZIONI

L'eventuale appello il ricorrente dovrebbe lamentate che non sussistono gli
elementi minimi e necessari per integrare il tentativo di rapina, in quanto i
due, asseritamene, non erano entrati nella banca, essendo stati fermati dagli
agenti solo nei pressi.
Deve ritenersi che tale condotta non sia potenzialmente idonea a produrre
l'impossessamento della cosa mobile altrui (rapina), mediante violenza o
minaccia. Difatti, nel delitto tentato gli atti diretti in modo non equivoco a
commettere un reato possono essere esclusivamente gli atti esecutivi, ossia gli
atti tipici, corrispondenti, anche solo in minima parte, alla descrizione
legale di una fattispecie delittuosa a forma libera o vincolata, in quanto la
univocità degli atti indica non un parametro probatorio, ma un criterio di
essenza e una caratteristica oggettiva della condotta, con conseguente non
punibilità, a titolo di tentativo, dei meri atti preparatori (Cass. 24.9.2008,
n. 40058).
Con riguardo al delitto tentato deve, quindi, essere superata la distinzione
tra atti preparatori e atti esecutivi richiedendosi, per il tentativo punibile,
che gli atti, pur se meramente preparatori, siano tuttavia, in linea di fatto,
idonei ed inequivocabilmente diretti alla realizzazione di quello che sarebbe
stato il reato consumato (armi non pronte e solo un cappello di lana, non
passamontagna...l'altro era a viso scoperto?)
Peraltro l'idoneità degli atti richiesta per la configurabilità del reato
tentato deve essere valutata con giudizio "ex ante", tenendo conto delle
circostanze in cui opera l'agente e delle modalità dell'azione in modo tale da
determinare la reale, concreta adeguatezza causale e l'attitudine effettiva a
creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene
protetto dalla norma incriminatrice.
Non ravvisandosi tali elementi deve escludersi che si possa ravvisare una
corretta interpretazione "abrogans" dell'art. 56 c.p. o una sanzione penale di
intenzioni criminose non ancora estrinsecatesi in una sia pure iniziale,
effettiva aggressione di un bene giuridico.

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NOMINA DIFENSORE DI FIDUCIA

Io sottoscritto, _______ nato a _____ il _____ e residente in _____ alla via
_____, in relazione al proc. N. _____ R.G.N.R. nella qualità di imputato per i
reati di cui agli artt. _____ c.p.

dichiaro di nominare

ex art. 96 c.p.p. mio difensore di fiducia l'Avv. _____ del Foro di ____ con
studio in _____ in via ____ n. __ conferendogli ogni più ampia facoltà prevista
dalla legge, compresa la facoltà di nominare sostituti ex art. 102 c.p.p.

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 122 c.p.p., nomino e costituisco il
predetto difensore mio procuratore speciale, al fine di avvalersi di tutte le
facoltà e di esercitare tutti i diritti che per legge mi spettano, conferendo
allo stesso specifico mandato nonché

procura speciale

a chiedere in mia vece qualsiasi tipo di giudizio: rito abbreviato,
applicazione della pena su richiesta delle parti ovvero opposizione a decreto
penale di condanna, o oblazione, determinando, a suo insindacabile giudizio, l'
entità della pena da richiedere con promessa, sin da ora di rato e valido,
redigere e presentare tutte le istanze di qualsiasi tipo, compresa quella di
scarcerazione, nonché di richiesta di incidente probatorio;

Proporre ogni tipo di impugnazione anche ex art. 571 c.p.p. comma III
conferendogli sin da ora procura speciale in ogni stato e grado del
procedimento compreso quello davanti agli organi di sorveglianza, nonché di
rinunciare all'impugnazione ex art. 589 c.p.p. e di esercitare le facoltà ed i
poteri di cui all'art. 599 comma IV e 602 c.p.p.

Dichiaro con tale atto di nomina di revocare tutti i difensori precedentemente
nominati.

Luogo, ________

Firma ______________________

Vera la Firma Avv. _________

Da: robs16/12/2010 13:24:08
come si può concludere l'atto?????

Da: sil16/12/2010 13:24:29
@Francy67 aNapoli finiscono alle 17.30 c'è ancra del tempo non mettiamo ansia

Da: bambulella16/12/2010 13:25:04
scusate sono arrivata ora che atto civile....leggo che3 napoli ha bisogno...

Da: kikka8216/12/2010 13:25:07
ALE MA OGGI TROVI DIFFICOLTA'????

Da: nucleoguerrigliaoltremare16/12/2010 13:25:39
padiglione C (Na) è caos...novità su civile?

Da: francy67 16/12/2010 13:25:59
vabbè io la smetto sto zitta e aspetto però comunicatemi quando esce la soluzione del parere di civile e penale...... per favore!

Da: pellerossa 16/12/2010 13:27:21
confermo napoli nel caos...raga abbiamo bisogno della soluzione di civile....il tempo stringe x favore siamo nelle vs. maniiiiiiiiiiiii

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