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ESAME SCRITTO 2010
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Da: vinrit77 16/12/2010 13:00:39
aiuto  mi serve l'atto di penaleeeeeeeeeee
mia moglie è nella merd......


Help Me Help ME

Da: rosssss16/12/2010 13:00:43
novità per penale

Da: mary281216/12/2010 13:01:15
per favore ma l' atto d appello? mi postate magare l' elenco dei motivi........

Da: francy67 16/12/2010 13:01:45
PAKOZZO O ALE NON HO CAPITO SE AVETE GIà LA SOLUZIONE DI CIVILE SE SI LA PUBBLICATE PER PIACERE????

Da: Vincenzo22 16/12/2010 13:01:57
Pakozzo scusa puoi postare la sentenza di PENALE?

Da: Al16/12/2010 13:02:18
raga...cercate x il penale una sentenza del trib di teramo del 30 ottobre

è il caso specifico

E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android.
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Da: ale16/12/2010 13:02:30
non è pronta, mi pare ovvio!

Da: leccese16/12/2010 13:02:31
per favore l appello penale????grazie

Da: raffiore 16/12/2010 13:02:45
Ragazzi vi prego la soluzione di civile.

Ma quella di Lollo nn andava bene??

Da: Giuppone16/12/2010 13:03:43
lecce a che ora consegna?

Da: sarinaav16/12/2010 13:04:00
ma non si trova questa sentenza di verona

Da: GC.COM16/12/2010 13:04:15
RAGAZZI PER L'ATTO DI PENALE

SERVE PROCURA E SE QUALCUNO PUBBLICA LA PENA MINIMA PER DETENZIONE ABUSIVA DI ARMI DA FUOCO

Da: MAX16/12/2010 13:04:48
MA I MOTIVI DI ESCLUSIONE DEL SOCIO SONO TASSATIVAMENTE VALIDI?

Da: mate16/12/2010 13:05:14
La procuraaaa

Da: ESAMENAPOLI16/12/2010 13:05:43
Ragazzi Qualcuno di buona volontà che ci dica a noi ignoranti in materia COSA DOBBIAMO INVIARE PER CIVILE??? VI PREGOOO!!

Da: mARCOLIN8016/12/2010 13:06:25
Delle  contravvenzioni di polizia: la detenzione abusiva di armi, di cui  all'art. 697 c.p.



Il codice penale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 697 c.p., punisce con l'arresto da tre a dodici mesi o con l'ammenda fino a euro  371 la condotta di  "Chiunque detiene(1) armi(2)   o munizioni(3)  senza averne fatto denuncia all'Autorità, quando la denuncia è richiesta".  Inoltre, il testo normativo del secondo comma del predetto articolo è il seguente: "Chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano armi o munizioni, omette di farne denuncia alle autorità, è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a  euro  258".
Quindi, dalla lettura del testo normativo si evince che per tale fattispecie incriminatrice è sempre ammissibile l'oblazione discrezionale, di cui all'art. 162 bis c.p., in quanto il predetto reato viene punito alternativamente con l'arresto o l'ammenda. Pertanto, nel reato contravvenzionale in esame il soggetto agente è ammesso ex lege ad estinguere il reato pagando una somma di denaro pari alla metà del massimo dell'ammenda prevista oltre alle spese del procedimento.
In via preliminare, si osserva che detenere significa esercitare un potere di fatto sull'arma, mediato o immediato, unito alla consapevole volontà di tenerla contra legem per un tempo apprezzabile ed al di fuori dell'immediata vigilanza altrui o di chi abbia sull'arma un potere giuridico maggiore.
L'elemento psicologico del reato è rappresentato dal dolo generico(4) per l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 697 c.p. ed, invece, sia dal dolo che dalla colpa per l'ipotesi di cui al secondo comma. Inoltre, è un reato omissivo, comune, di pericolo, in quanto richiede l'offesa in senso giuridico del bene protetto, a forma vincolata e permanente, perché la consumazione è destinata a perdurare nel tempo. Più in particolare, sul concetto di  permanenza  intendo  precisare che, nel reato de quo, esiste una situazione antigiuridica (contra legem) destinata a protrarsi fintanto che non viene interrotta dalla presentazione della denuncia. Da ciò ne consegue che il tempo necessario a prescrivere il reato va computato non già dal giorno in cui la detenzione è iniziata, bensì da quello in cui è cessata la permanenza.
Il  bene  giuridico tutelato per il predetto reato è l'ordine pubblico, così come tutti gli interessi generali dello Stato che sono rivolti a garantire la pace sociale fra i consociati. Proprio su quest'ultimo punto la Suprema Corte ha enucleato in modo lineare e completo il seguente principio di diritto: "L'imposizione dell'obbligo(5)  di denunciare le armi detenute nella propria abitazione è soprattutto finalizzato a rendere possibile quel controllo che l'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di eseguire a norma dell'art. 38, ultimo comma, Testo Unico leggi di Pubblica Sicurezza. A tal fine, la denuncia deve essere necessariamente ripetuta ogni qual volta il detentore si trasferisce in una diversa abitazione ivi trasportando le sue armi, a nulla rilevando se il trasferimento sia  avvenuto  nell'ambito della stessa circoscrizione di pubblica sicurezza". (Cassazione  penale,  sezione  I,  sentenza 26   aprile  1995,  n. 4483)
La condotta incriminata (l'elemento materiale)   del reato, previsto e punito dall'art. 697 comma 1 c.p., consiste nella detenzione di un arma che non viene accompagnata dall'immediata denuncia all'autorità di Pubblica Sicurezza. Più in particolare, l'obbligo di denuncia immediata, ex art. 38  testo unico leggi pubblica sicurezza,  sorge non appena ha inizio l'autonoma detenzione dell'arma, quale che ne sia la causa. Pertanto, sono  tenuti  alla denuncia anche tutti coloro  i quali abbiano ricevuto l'arma solamente in prestito, in consegna, in conservazione o custodia, in comodato. Inoltre, nell'ipotesi di trasferimento dell'arma, la denuncia deve essere effettuata dal precedente possessore, ma ciò non esime il nuovo possessore dall'effettuare una seconda ulteriore denuncia.
Invece, la condotta incriminata dal secondo comma dell'articolo 697 c.p. consiste nell'omettere di denunciare alle autorità di essere a conoscenza che in un luogo abitato si trovano depositate delle armi o munizioni.  
La denuncia dell'arma o delle armi, prescritta dall'art. 38  t.u.l.p.s. (Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773), deve, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 58 e 15 del relativo regolamento (Regio Decreto  6  maggio 1940, n. 635), essere fatta per iscritto e deve anche includere, contenere tutte le indicazioni precise riguardanti le caratteristiche dell'arma denunciata. Si osserva, altresì, che nessuna efficacia deve essere riconosciuta, ai fini della esclusione della responsabilità penale a titolo di detenzione illegale, alla denuncia presentata in forma orale e non trascritta all'interno di un apposito verbale.
Tuttavia, il requisito essenziale, affinché l'arma sia soggetta a denuncia, è l'idoneità all'impiego, cosicché la giurisprudenza esclude la configurabilità del reato in presenza di armi inservibili o prive di parti essenziali. Invece, non si escludono le armi smontate ma ricostruibili in modo agevole, o delle quali è facilmente ripristinabile l'originaria funzionalità.
Inoltre, sono estranee alla predetta previsione normativa del reato di cui all'art. 697 c.p. le armi improprie, che sono rappresentate dagli strumenti idonei all'offesa dei quali, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 110/1975, viene vietato il porto mentre, invece, non vi sono limiti alla detenzione.
All'interno di questa breve trattazione dell'argomento si ritiene opportuno segnalare una recente pronuncia della Suprema Corte, e precisamente la n. 4353/2006 sezione I del 2 febbraio. La  predetta sentenza è di particolare interesse giacché ha escluso che la detenzione di più armi in un unico contesto possa costituire un reato continuato (art. 81 c.p.). Infatti, la Cassazione ha stabilito che il numero delle armi può avere rilevanza soltanto ai fini della determinazione della pena (circostanza aggravante).
A questo punto della trattazione si ritiene opportuno affermare che la fattispecie penale dell'art. 697 c.p. prevede la possibilità del concorso di persone nel reato ogni volta che vi sia una qualche disponibilità dell'arma da parte di più soggetti o comunque venga in qualche modo consapevolmente agevolata l'altrui detenzione (cd. contributo causale all'azione tipica). Proprio su quest'ultimo punto la Suprema Corte ha affermato che:  "Il  concorso  di  persone nel porto o nella detenzione di un'arma non può essere escluso dalla appartenenza di questa ad uno solo dei concorrenti, ma sussiste quando l'arma si trovi nella disponibilità di tutti, o l'uso di essa sia stato previsto dai concorrenti per commettere un reato, o quando i soggetti partecipino consapevolmente al porto dell'arma stessa, viaggiando nella stessa autovettura, perché una tale condotta realizza un apporto all'azione criminosa". (Cassazione   penale,  sezione  I,  sentenza  20   giugno   1987, n. 7524)
Infine, restano ancora da analizzare, per completezza espositiva, gli aspetti procedurali del reato di cui in oggetto. Pertanto, si tratta di un reato di competenza del Tribunale in composizione monocratica (art. 33-ter) che è procedibile d'ufficio (art. 50 c.p.p.) e dove le misure precautelari dell'arresto, del fermo e tutte le altre misure personali cautelari non sono consentite mentre, invece, viene consentita la misura cautelare reale del sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) e probatorio (art. 354 c.p.p.) anche finalizzati alla confisca. Proprio su quest'ultimo punto la Suprema Corte ha stabilito che: "E'  obbligatoria la confisca dell'arma comune da sparo legittimamente detenuta, del cui trasferimento dal luogo di detenzione in altro luogo non sia stata fatta regolare denuncia all'autorità di Pubblica Sicurezza" (Cassazione  penale,  sezione  I,  sentenza  15  ottobre  1992 n. 339  Per il delitto in oggetto l'azione penale si esercita mediante la citazione diretta a giudizio di cui agli artt. 550 e ss. c.p.p. o col decreto penale di condanna qualora ne ricorrano i presupposti.
In conclusione, si osserva che la fattispecie incriminatrice  di  cui all'art. 697 c.p. si prefigge la precipua finalità di assicurare all'autorità di polizia un efficace ed un costante controllo in merito al possesso delle armi, al fine di prevenire un utilizzo delle medesime in eventuali attività delittuose.

Si  riporta in allegato l'art. 38 - Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773

Art. 38 - Chiunque detiene armi, munizioni, o materie esplodenti di qualsiasi genere e in qualsiasi quantità deve farne immediata denuncia all'ufficio locale di pubblica sicurezza o, se questo manchi, al comando dei carabinieri.
Sono esenti dall'obbligo di denuncia:
a) i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate, per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo;
b) i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche;
c) le persone che per la loro qualità permanente hanno diritto di andare armate, limitatamente però al numero ed alla specie delle armi consentite.
L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di eseguire, quando lo ritenga necessario, verifiche di controllo anche nei casi contemplati dal capoverso precedente, e di prescrivere quelle misure cautelari che ritenga indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico.

Regolamento  del testo  unico  delle  leggi  di   Pubblica  Sicurezza  - Regio Decreto  6  maggio 1940, n. 635
Art. 15 - Quando la legge prescrive, per determinati atti, l'obbligo dell'avviso o della dichiarazione, questi debbono essere presentati per iscritto in doppio esemplare, di cui uno conforme alla legge sul bollo se prescritto.
L'autorità competente rilascia l'esemplare in bollo alla parte con l'annotazione del provvedimento, e conserva l'altro negli atti di ufficio.

Art. 58  -  La denuncia  è  fatta nelle forme indicate  dall'articolo 15 del presente regolamento e deve contenere indicazioni precise circa le  caratteristiche delle armi, delle munizioni e delle materie esplodenti; con le stesse forme deve essere denunciata qualsiasi modificazione nella specie e nella quantità.
Non è ammessa detenzione di bombe cariche.
In caso di trasferimento del detto materiale da una località all'altra dello Stato, salvo l'obbligo di cui all'articolo 34, secondo comma, della legge, il possessore deve ripetere la denuncia di cui all'articolo 38 della legge nella località dove il materiale stesso è stato trasportato.
Chi denuncia un'arma deve anche indicare tutte le armi di cui è in possesso e il luogo dove si trovano, anche se sono state precedentemente denunciate.

(1) Gli  appartenenti alle forze dell'ordine possono detenere liberamente solo le armi in loro dotazione, mentre le guardie giurate non sono esonerate dall'obbligo della denuncia.

(2) Poiché  la  spada  è  naturalmente  destinata  all'offesa alla persona, essa rientra  tra  le  armi  per la cui detenzione è necessaria la preventiva denuncia all'autorità. Cassazione  penale,  sezione  III,  sentenza  16  febbraio  1983 n. 1367

(3) Le munizioni sono gli strumenti indispensabili al caricamento ed all'impiego delle armi comuni da sparo.

(4) Per la sussistenza dell'elemento psicologico dei reati di detenzione e porto illegale di un'arma, è sufficiente il dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di avere materialmente a disposizione e di portare l'arma medesima, rispetto alla quale non siano state osservate le prescrizioni di legge, senza che occorra l'antigiuridicità della condotta, attesa l'irrilevanza dell'errore su legge penale stabilita dall'art. 5 c.p. Cassazione  penale,  sezione  I,  sentenza   17  marzo  1983   n. 2116

(5) L'obbligo della denuncia della detenzione di armi comuni da sparo trova la sua ratio nella finalità di mettere l'autorità di polizia in condizioni di conoscere il luogo in cui le armi si trovano e le persone che ne hanno la disponibilità in modo da rendere agevoli gli opportuni controlli facilitare l'esecuzione di ordini di consegna per ragioni di sicurezza. Cassazione   penale,   sezione  I,  sentenza  11  febbraio  1984  n. 1218

Da: francy67 16/12/2010 13:06:55
MANCA MOLTO PER LA SOLUZIONE DI CIVILE??? LO SO SIETE DEI SANTI E SENZA VOI SAREMO PERSI.....PERCIò SCUSATE SE ROMPO AVETE RAGIONE.....

Da: io16/12/2010 13:07:14
POSTATE L'ATTO COMPLETO. GRAZIE. SIAMOO IN DIFFICOLTA'

Da: disperata16/12/2010 13:07:43
ragzzi ma i motivi di panale....

Da: Fortuns16/12/2010 13:07:59
Ragazzi, ma la soluzione del CIVILE è stata fatta?

Da: chima16/12/2010 13:08:02
@ESAMENAPOLI
per ora niente...devi aspettare minimo un altra ora , e smettetela di incasinare i forum, appena è pronto qualcosa sarà pubblicato.

Da: gene16/12/2010 13:08:04
da dentro dicono anche tribunale torino, 12 luglio 2003

Da: sarinaav16/12/2010 13:08:26
aiutoooooooooooooooo cosa possiamo inviare di civilea?grazie

Da: pakozzo 16/12/2010 13:08:41
ecco la sentenza per penale ragazzi ma a voi il sito funziona bene?
questa dicono che sia fondamentale per penale
7702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
difensore di:
A.M., nato a (OMISSIS);
A.A., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza pronunciata in data 26 maggio 2004 dalla Corte di
Appello di FIRENZE;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Renato
BRICCHETTI;
sentite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del S.
Procuratore Generale Dott. BAGLIONE Tindari, che ha chiesto
dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.

(Torna su ) FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di FIRENZE confermava la condanna di A.M. e A.A. per concorso nel delitto tentato di furto aggravato (circostanze aggravanti ritenute equivalenti alla circostanza attenuante dell'avvenuto risarcimento dei danni), commesso in agro di (OMISSIS) il 7 agosto 1999.
Quel giorno, intorno alle ore 12.15, gli imputati avevano scardinato, avvalendosi di un grosso palo di legno, la grata in ferro di una finestra ubicata al piano terreno dell'abitazione di D.T. G..
Il padrone di casa, che si trovava nella camera da letto situata al primo piano, allertato dai rumori, si era affacciato alla finestra ed aveva sparato tre colpi di pistola in aria, così inducendo gli imputati a darsi alla fuga.
Gli A. si erano difesi affermando che avevano divelto l'inferriata al fine di entrare "per curiosità" nel casolare che credevano disabitato.
La Corte aveva, tuttavia, ritenuto inverosimile l'assunto, osservando che la casa, per le sue caratteristiche e condizioni, non poteva essere scambiata per un casolare abbandonato e che il tentativo di furto era fallito soltanto perchè il D.T. era in casa ed aveva reagito facendo uso di una pistola.
I giudici di appello confermavano la sentenza di primo grado anche nella parte relativa al diniego delle invocate circostanze attenuanti generiche, reputando ostativi al riconoscimento i precedenti penali, per furti e ricettazione, degli imputati.
La Corte condivideva, inoltre, il giudizio di equivalenza tra le circostanze aggravanti contestate (art. 625 c.p., nn. 1 e 7) e la circostanza attenuante del risarcimento del danno (art. 62 c.p., n. 6), osservando che in tal modo la pena irrogata doveva ritenersi proporzionata alle modalità del fatto ed alla personalità delinquenziale degli imputati.
2. Avverso l'anzidetta decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati per mezzo del comune difensore.
2.1. Con il primo motivo di ricorso A.M. chiede che sia dichiarata la nullità del decreto di citazione a giudizio in appello e di ogni atto consequenziale, compresa la sentenza di secondo grado, deducendo l'omessa citazione per non essere il decreto stato notificato nel domicilio dichiarato (nessun tentativo sarebbe stato in proposito effettuato), ma a mani del suo difensore.
2.2. Con il secondo motivo gli imputati lamentano, con riguardo all'affermazione di responsabilità, la mancanza di motivazione e la manifesta contraddittorietà della sentenza impugnata.
Gli atti compiuti non sarebbero stati idonei "a ... produrre l'evento", nè univocamente espressivi dell'intenzione di commettere un furto.
In proposito la Corte non aveva considerato che si erano recati in luogo senza portare con loro arnesi atti allo scasso ed avrebbe "screditato" la spiegazione da loro offerta soltanto perchè avevano precedenti per furti.
2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la mancanza di motivazione e la manifesta contraddittorietà della sentenza impugnata sia in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, sia con riguardo al sopra citato giudizio di equivalenza, sia, infine, con riferimento alle pene irrogate (mesi sei di reclusione ed Euro 120,00 di multa).
(Torna su ) DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. I ricorsi vanno rigettati.
3.1. Il primo motivo del ricorso è infondato.
Sostiene il ricorrente che "nessun tentativo" di notificargli nel domicilio dichiarato il decreto di citazione a giudizio sarebbe stato effettuato.
Dagli atti risulta, per contro, che è stata attestata, dall'agente addetto alle notificazioni, l'irreperibilità dell'imputato presso il domicilio dichiarato e che, per questa ragione, si è proceduto alla consegna dell'atto al suo difensore di fiducia.
Vi è da aggiungere, poi, che all'udienza dibattimentale il difensore ha prodotto documentazione proveniente dall'imputato intesa a certificare che quel giorno aveva fissato una visita medica.
Può così ragionevolmente affermarsi che l'imputato, a conoscenza dell'avvenuta citazione per il giudizio d'appello, ha inteso manifestare la volontà di recarsi ad una visita medica, ma la Corte ha correttamente escluso trattarsi che ci si trovasse al cospetto di legittimo impedimento a comparire (affermazione, quest'ultima, non contestata dall'imputato).
3.2. Il secondo motivo del ricorso è destituito di fondamento.
Benchè all'inidoneità degli atti sia fatto, in ricorso, soltanto un generico riferimento (e tanto, quindi, basterebbe per considerare inammissibile questo profilo della doglianza), non può seriamente negarsi l'attitudine offensiva dei medesimi nei confronti del bene giuridico tutelato.
Non può, in altre parole, dubitarsi che divellere dal muro la grata di protezione di una finestra al fine di introdursi nell'abitazione costituisca - per usare le parole della Relazione al codice penale - un atto di per sè "capace di produrre l'evento" del delitto di furto in abitazione.
Detto questo, va osservato che il problema sollevato dai ricorrenti sembra piuttosto coinvolgere l'univocità degli atti compiuti.
Per la sussistenza del tentativo, gli atti, oltre che idonei, devono, invero, essere oggettivamente diretti in modo non equivoco a commettere un determinato delitto.
L'univocità si pone, dunque, come requisito di natura sostanziale, che consente di selezionare, tra gli atti "idonei", quelli effettivamente punibili ex art. 56 c.p..
La giurisprudenza di questa Corte afferma in proposito che il requisito dell'univocità degli atti "va accertato sulla base delle caratteristiche oggettive della condotta criminosa" (Cass. 1^ 7 dicembre 1978 Ruocco, RV 141139), nel senso che gli atti posti in essere devono in sè stessi possedere, riguardati nel contesto in cui sono inseriti, l'attitudine a denotare il proposito criminoso perseguito, anche qualora sia stata conseguita aliunde la prova del fine verso cui tende l'agente (Cass. 1^ 28 settembre 1987, Di Matteo).
Occorre, in altre parole, ricostruire, sulla base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell'agente quale emerge dalle modalità di estrinsecazione concreta della sua azione, allo scopo di accertare quale sia stato il risultato da lui avuto di mira, sì da pervenire con il massimo grado di precisione possibile all'individuazione dello specifico bene giuridico aggredito e concretamente posto in pericolo (Cass. 1^ 10 luglio 1992, Lamari).
Ora, muovendo dal concetto di univocità su esposto, ne deriva - in riferimento alla fattispecie concreta - che l'atto di introdursi in un'abitazione altrui, dopo avere divelto la grata di protezione di una finestra del piano terra, può ritenersi univocamente diretto a commettere un furto all'interno dell'abitazione medesima.
Gli atti, considerati in sè medesimi, per il contesto nel quale si inseriscono, nonchè per la loro natura ed essenza sono - secondo le norme di esperienza e l'id quod plerumque accidit - giunti ad un livello di sviluppo tale da evidenziare il fine cui erano diretti, anche perchè non risultavano sussistere motivi diversi che potessero aver animato siffatta condotta, nè gli imputati avevano prospettato plausibili giustificazioni del loro operato tenuto conto inoltre del fatto che - come la Corte di merito ha osservato - non si trattava di un casolare abbandonato, ma di una casa abitata, apparsa (forse) momentaneamente disabitata agli imputati.
3.3. Il terzo motivo del ricorso è manifestamente infondato.
I ricorrenti pretendono, invero, che in questa sede si proceda ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le quali il giudice di merito ha esercitato il potere discrezionale a lui concesso dall'ordinamento ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
L'esercizio di detto potere deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine all'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
La concessione di dette circostanze presuppone, inoltre, l'esistenza di elementi suscettibili di positivo apprezzamento.
Nella specie, tuttavia, la Corte ha spiegato di non ritenere i ricorrenti meritevoli delle invocate attenuanti per la loro negativa personalità, desunta essenzialmente dalla circostanza che avessero già riportato condanne per furti e ricettazione.
Si tratta di una considerazione ampiamente giustificativa del diniego, che le censure del ricorrente non valgono a scalfire.
In altre parole, del tutto legittimamente la Corte di appello ha ritenuto ostativi al riconoscimento delle attenuanti generiche i numerosi e gravi precedenti penali degli imputati, trattandosi di parametro considerato dall'art. 133 c.p., applicabile anche ai fini dell'art. 62 bis c.p..
Quanto alle statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, esse sono censurabili in cassazione soltanto nell'ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione della equivalenza aver ritenuto, come nel caso in esame, detta soluzione la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (cfr. ex plurimis Cass. 1^, 13 aprile 2001, Pelini, RV 219263).
In relazione, infine, alla lamentata eccessività della pena, va detto che la conclusione di immeritevolezza di un più mite trattamento sanzionatorio, cui il giudice di merito è pervenuto con adeguata e non illogica motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità allorchè il ricorrente si limiti a sollecitare genericamente il riesame sul punto della sentenza impugnata.
4. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2007

Da: bah...16/12/2010 13:09:03
penale!

Da: mlaura16/12/2010 13:09:14
ma scusate, le armi mica sn abusive!!! se lo fossero state lo avrebbero detto! l'unico reato è che sn state portate fuori dall'abitazione

Da: ely130516/12/2010 13:09:25
ragazzi scusate ma i motivi di penale??vi pregooo

Da: vinrit77 16/12/2010 13:10:07
serve l'atto di penale..................

Da: dany16/12/2010 13:10:11
ma amministrativo non si sa nulla??? che tipo di atto bisogna fare???

Da: ragazza di catanzaro16/12/2010 13:10:47
E' ancora in bozzaCi sto lavorando ... Tizio e Caio vengono tratti in arresto perché sorpresi, con due pistole all'interno di un'automobile parcheggiata a cento metri dall'ingresso della banca alfa. Le pistole, armi comune da sparo, con le relative munizioni, non sono pronte per lo sparo. Nell'atto viene altresì rinvenuto e sequestrato un cappello di lana astrattamente idoneo al nascondimento del volto. All'esito del giudizio immediato tizio e caio vengono condannati per il reato di tentata rapina ai danni della banca alfa, con le circostanze aggravanti dall'uso di armi e della riunione di più più persone.
Assunta la veste di difensore di tizio il candidato rediga motivato atto di appello.
Tribunale
per
Corte di appello
ATTO DI APPELLO

avverso la sentenza n. ___, del ___, resa nel procedimento penale n. ___/__ R.G. Trib., dal Tribunale di ___,che ha condannato TIZIO, nato a ___, il ___, alla pena di anni ___, di reclusione e al pagamento di euro  ___ di multa, ritenendolo responsabile dei reato di cui agli artt. 56 628 c.p.
* * *
Il sottoscritto Avv. ___, del Foro di ___, difensore di fiducia di TIZIO, giusta nomina in calce al presente atto (3), dichiara di proporre appello avverso tutti i capi della succitata sentenza per i motivi di seguito precisati.

MOTIVI

(IN VIA PRINCIPALE E GRADATA)

1) Il Giudice avrebbe dovuto assolvere l'imputato perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto.
2) Il Giudice avrebbe dovuto concedere le attenuanti di cui all'art. ___ (oppure avrebbe dovuto riconoscere la prevalenza delle attenuanti di cui all'art. ___, o, ancora, avrebbe dovuto esperire il giudizio di bilanciamento delle attenuanti ex art. 69 c.p.). In ogni caso avrebbe dovuto irrogare una pena diversa, contenendola entro il limite di ___. […]
(formula sempre utilizzabile, inestremo subordine, ove il giudice abbia irrogato una sanzione diversa dal minimo edittale, con un diverso giudizio di valutazione da esperirsi ex art. 133 c.p.)
L'articolo 56 c.p. offre utili spunti di riflessione nella parte in cui dispone che il delitto tentato si verifica in due ipotesi: 1) quando l'azione non si compie (c.d. tentativo non compiuto); 2) quando l'evento non si verifica (ed tentativo compiuto).
L'articolo 56 c.p., disciplina il tentativo nei delitti e, essendo una fattispecie autonoma rispetto al reato consumato (ex plurimis Cass. 13/6/2001 riv 220330), richiede, come tutti i reati, la sussistenza sia dell'elemento soggettivo che oggettivo.
L'elemento soggettivo e' identico al dolo del reato che il soggetto agente si propone di compiere.
L'elemento oggettivo, invece, presenta spiccate peculiarita' in quanto ruota intorno a tre concetti:
- l'idoneita' degli atti;
- l'univocita' degli atti;
- il mancato compimento dell'azione o il mancato verificarsi dell'evento.
La linea di demarcazione fra la semplice intenzione non punibile (secondo il vecchio brocardo cogitationis poenam nemo patitur) e quella punibile si snoda proprio attraverso l'esatta comprensione dei suddetti principi.
Una premessa di natura sistematica: sebbene l'articolo 56 c.p. sia l'unica norma che disciplini espressamente il tentativo, tuttavia, utili argomenti si possono trarre, ai fini sistematici, anche dall'articolo 115 c.p. a norma del quale "qualora due o piu' persone si accordino allo scopo di commettere un reato e questo non sia commesso, nessuna di essa e' punibile per il solo fatto dell'accordo".
La suddetta norma, evidenzia, quindi, in modo plastico, il principio secondo il quale anche un semplice accordo a commettere un delitto (e, quindi, a fortiori, il semplice averlo pensato) non e' punibile (salva l'applicazione della misura di sicurezza) ponendosi all'estremo opposto del delitto consumato.
Ma e' proprio fra questi due estremi, ossia fra la semplice cogitatio o accordo (non punibile) ed il delitto consumato che si colloca la problematica del delitto tentato che consiste, appunto, nello stabilire quando un'azione, avendo superato la soglia della mera cogitatio, pur non avendo raggiunto il suo scopo criminoso, dev'essere ugualmente punibile.
C0ntroversa e' la nozione di univocita' degli atti. Secondo una prima tesi "anche gli atti preparatori possono configurare l'ipotesi del tentativo, allorquando essi rivelino, sulla base di una valutazione ex ante e indipendentemente dall'insuccesso determinato da fattori estranei, l'adeguatezza causale nella sequenza operativa che conduce alla consumazione del delitto e l'attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto, dimostrando contemporaneamente, per la loro essenza ed il contesto nel quale s'inseriscono, l'intenzione dell'agente di commettere il delitto": Cass. 27323/2008 riv. 240736 - Cass. 43255/2009 Rv. 245720 "L'atto preparatorio puo' integrare gli estremi del tentativo punibile, quando sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacita', sulla base di una valutazione "ex ante" e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato prefisso e a tale risultato sia univocamente diretto" - Cass. 40702/2009 Rv. 245123.
Mentre per la tesi soggettiva, l'univocita' va valutata sulla base delle circostanze concrete (con la conseguenza che si determina, sul piano della repressione penale, un arretramento della soglia di punibilita', in quanto anche gli atti in se' preparatori, possono, a determinate condizioni, essere considerati univoci), al contrario per la tesi oggettiva, l'univocita' coincide con l'inizio degli atti tipici di un determinato reato (con conseguente spostamento in avanti della soglia di punibilita', escludendosi l'univocita' degli atti meramente preparatori).

Ed ulteriore conferma puo' trarsi dall'articolo 49 c.p., comma 2 (che rappresenta, per cosi' dire, il lato speculare e contrario dell'articolo 56 c.p.) che esclude la punibilita' per "l'inidoneita' dell'azione" non degli atti esecutivi: il che significa che, per stabilire se ci si trova di fronte ad un tentativo punibile, a parte l'ipotesi del compimento degli atti esecutivi veri e propri (ipotesi considerata espressamente, come si e' detto, dall'articolo 56 c.p., comma 1 ultima parte), occorre aver riguardo piu' che all'idoneita' dei singoli atti, all'idoneita' dell'azione valutata nel suo complesso cosi' come appare cristallizzata in un determinato momento storico, tenuto conto di tutti gli elementi esterni ed interni, conosciuti e conoscibili. Solo se l'azione viene valutata unitariamente, puo' aversi un quadro d'insieme dei singoli atti che, se valutati singolarmente, possono anche sembrare in se' inidonei, ma che se inseriti in un piu' ampio contesto, appaiono per quelli che sono, ossia dei singoli anelli di una piu' complessa ed unica catena, l'uno funzionale all'altro per il compimento dell'azione finale destinata a sfociare nella consumazione del delitto programmato.

Si deve, pertanto, affermare il seguente principio di diritto: "ai fini del tentativo punibile, assumono rilevanza penale non solo gli atti esecutivi veri propri del delitto pianificato, ma anche quegli atti che, pur essendo classificabili come atti preparatori, tuttavia, per le circostanze concrete (di luogo - di tempo - di mezzi ecc.) fanno fondatamente ritenere che l'azione - considerata come l'insieme dei suddetti atti - abbia la rilevante probabilita' di conseguire l'obiettivo programmato e che l'agente si trovi ormai ad un punto di non ritorno dall'imminente progettato delitto e che il medesimo sara' commesso a meno che non risultino percepibili incognite che pongano in dubbio tale eventualita', dovendosi, a tal fine, escludere solo quegli eventi imprevedibili non dipendenti dalla volonta' del soggetto agente atteso che costui ha solo un modo per dimostrare di avere receduto dal proposito criminoso: ossia la desistenza volontaria (articolo 56 c.p., comma 3) o il recesso attivo (articolo 56 c.p., comma 4)".
Inoltre quel che emerge è solo che nella strada ove i due indagati furono sorpresi esistevano in via totalmente astratta altri "obiettivi", ma non vi sono elementi di sorta per stabilire ove i due avessero intenzione di recarsi.
Gli elementi indicati dal Giudice di prime cure non possono, nel loro complesso, costituire gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di tentata rapina perchè sussiste una totale indeterminatezza circa l'obiettivo della supposta rapina. Quel che emerge è solo che nella strada ove i due indagati furono sorpresi esistevano in via totalmente astratta tre "obiettivi", ma non vi sono elementi di sorta per stabilire ove i due avessero intenzione di recarsi. L'ora in cui i due furono fermati, le 7,30 (ben prima che uno qualsiasi dei tre locali aprisse), aggiunge ulteriore indeterminatezza al quadro indiziario non potendo nessuno degli elementi raccolti considerarsi allo stato come diretto in modo non equivoco a commettere una rapina in un luogo che è rimasto non identificato, neppure in via ipotetica. La direzione teleologica della volontà dell'agente non risulta assolutamente ricostruibile alla luce degli elementi prima ricordati (cfr. Cass. n. 7702/2007).

Sulla base dei motivi ora svolti, si chiede che l'Ill.mo Giudice adito, in riforma dell'impugnata sentenza, voglia:
(si segua la scansione e l'ordine dei motivi proposti per formulare le relative richieste, facendo bene attenzione a formulare la corretta richiesta sotto il profilo formale. Tra parentesi quadra i motivi a cui si riferisce la richiesta)
1) annullare il provvedimento oggetto di appello in quanto … [3]
2) assolvere l'imputato in quanto … [4, 5, 6]
3) dichiarare di non doversi procedere in quanto … [1, 2, 10 n. 3]
4) dichiarare la non punibilità dell'imputato in quanto … [9]
5) applicare la diversa pena della … [10 n. 1, 14]
6) contenere la pena irrogata nel limite di … [8, 11, 12]
7) concedere il beneficio della …. [13]
(luogo e data)
Avv. (firma)



PROCURA
Il sottoscritto TIZIO, nato a ___, il ___, residente in ___, Via ___, imputato nel procedimento penale n. ___/__ R.G. N.R., nomina quale proprio difensore in ordine allo stesso procedimento l'Avv. ___, del Foro di ___, con studio in ___, Via ___, conferendo allo stesso ogni più ampia procura e facoltà concessa dalla legge, ivi compresa quella di nominare sostituti processuali, proporre impugnazioni e rinunciare alle stesse. Dichiara inoltre di aver ricevute tutte le informazioni previste dagli artt. 7 e 13 del D.Lgv. 30 giugno 2003, n. 196 e presta il proprio consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito.
(luogo e data)
TIZIO (firma)
La firma è autentica ed è stata apposta in mia presenza
Avv. (firma)
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