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Da: dada17/12/2008 13:38:01
Dico,non ti garba il parere di Daniela?

Da: sara..17/12/2008 13:38:10
X ALESSANDRO: CI SONO + TRACCE IN GIRO DELLA 1 QUALE PRENDO?

Da: ILLEGALE17/12/2008 13:39:13
GRAZIE ALESSANDRO SEI IL MIGLIORE

Da: sara..17/12/2008 13:39:20
X DADA, MA SECONDO TE VA BENE QUELLO DI DANIELA? XKè SO KE ERA INCERTO NELL'ULTIMA PARTE

Da: ANONIMA17/12/2008 13:39:38
La questione esposta nel caso prospettato richiede un preventivo esame del reato di diffamazione. Tale fattispecie, prevista dall’art. 595 c.p., inserita nel capo relativa ai delitti contro l’onore, consiste nel fatto di chi, comunicando con più persone, offende la reputazione di una persona non presente. Il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice è, quindi, la “reputazioneâ€, intesa, normalmente, come il riflesso, in termini di considerazione sociale, dell’onorabilità. La dottrina ritiene che, mentre il bene giuridico tutelato nel delitto di ingiuria è l’opinione soggettiva che l’offeso ha del proprio valore, quello tutelato dalla fattispecie dell’art. 595c.p. riguarda prevalentemente l’opinione sociale dell’onore della persona offesa dal reato. L’elemento materiale consiste nella condotta di chi comunica una espressione offensiva dell’altrui reputazione; dall’assenza dell’offeso, che giustifica l’aggravato trattamento sanzionatorio stante l’impossibilità per lui di difendersi; dalla presenza di più persone (la comunicazione deve raggiungerne almeno due â€" Cass. pen., sez. V, 17/3/1969).
In buona sostanza, la diffamazione, reato a forma libera come vedremo, si realizza in presenza di tre presupposti necessari:
1)l’assenza dell’offeso, che gli impedisce di percepire l’espressione oltraggiosa;
2)l’offesa riguardante l’altrui reputazione;
3)la comunicazione a più persone.
Quanto, poi, alla natura dell’offesa, essa può consistere tanto in comportamenti direttamente lesivi dell’onorabilità, quanto in espressioni o atti che possono essere oggettivamente non lesivi dell’altrui reputazione, ma che lo diventano per le forme adottate. Infatti, possono acquisire rilievo diffamatorio anche le offese indirette (Cass. pen., sez. V, 3/3/1999), quando, ad esempio, la diffamazione è posta in essere con un fotomontaggio. L’elemento soggettivo ovvero psicologico del reato in questione è costituito dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di comunicare a più persone espressioni o informazioni delle quali si conosce la valenza lesiva dell’altrui reputazione. La fattispecie incriminatrice contempla, fra le altre, l’aggravante della commissione del fatto con il mezzo della stampa o con qualsiasi mezzo pubblico (radio, televisione ed altro) ed anche quella dell’attribuzione di un fatto determinato, così come delineato nel quesito proposto. Il momento consumativo del reato è quello in cui si realizza la diffusione della propalazione offensiva al secondo fra i soggetti destinatari e presenti e, nel caso di diffusione a mezzo stampa e/o telematica, quando la diffusione del messaggio offensivo viene percepito da parte di soggeti diversi rispetto al soggetto agente o alla persona offesa (Cass. pen., sez. V, 17/11/2000). Ciò premesso, è bene ora illustrare brevemente i limiti del diritto di cronaca, che rappresenta un diritto pubblico soggettivo (art. 51 c.p. â€" esimente e causa di non punibilità), con quello della diffusione di notizie che potrebbero intaccare la reputazione altrui. La recente giurisprudenza della C.S. ha coerentemente affermato che: “La diffamazione a mezzo stampa è scriminata ai sensi dell’art. 51 c.p. quale esercizio del diritto di cronaca e/o di critica, a sua volta profanazione del diritto consacrato dall’art. 21 cost., allorquando la notizia riportata sia veridica; vi sia un interesse pubblico alla sua diffusione; infine via sia continenza nel linguaggio utilizzato†ed ancora: “il limite della continenza, entro il quale deve svolgersi un corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica, viene superato quando le informazioni, pur vere, si risolvano, per il lessico impiegato, per l'uso strumentale delle medesime, per la sostanza e la forma dei giudizi che le accompagnano, in un attacco personale e gratuito al soggetto cui si riferiscono: quando, cioè, al di là della offensività della notizia e della negativa sua valutazione, si risolvano in un attacco personale e gratuito al soggetto cui si riferisconoâ€. Ciò posto, occorre, infine, soffermarsi sull’aspetto della responsabilità ex art. 57 c.p. del direttore della rete televisiva che avrebbe dovuto esercitare il controllo del contenuto del servizio od impedirne la sua divulgazione televisiva. In ordine ad essa, secondo un maggioritario orientamento, si tratterebbe di un’ipotesi di concorso colposo nel reato (doloso) commesso dall’autore della pubblicazione (nel nostro caso del servizio televisivo). In ogni caso, il direttore ha l’obbligo di controllo, derivante dalla sua posizione di preminenza, che si estrinseca nel potere di censura e nella facoltà di sostituzione, da cui deriverebbe la sua responsabilità. Orbene, nel caso proposto, pur non ricorrendo l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca, per invocare la quale deve esser categoricamente rispettato il limite della verità oggettiva (limite violato in quanto la notizia riportata era del tutto infedele). Peraltro, l'inattendibilità dell'informazione non costituisce di per sé offesa all'altrui reputazione, occorrendo che essa necessariamente si connoti di valenza lesiva della reputazione di una persona, valutata non già secondo la considerazione della stessa, ma in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Orbene, l'accusa rivolta al responsabile di un istituto scolastico di volersi attivare per impedire un possibile sgombero coattivo dell'occupazione studentesca in atto da parte della forza pubblica non è in alcun modo lesiva della sua dignità professionale. Essa attiene ad una sfera di autonomia decisionale connessa alla sua funzione amministrativa, assunta nell'interesse pubblico, volta a sopire pericolose provocazioni ed ad allontanare il rischio di maggiori guai per le persone e per le cose, nella prospettiva di liberare il più presto l'edificio dallo stato di paralisi e riprendere il corso scolastico. Peraltro, al Preside non è attribuita un'attività di illecita inerzia, nè una illecita solidarietà con i giovani studenti, non si apprezza offesa di rilievo penale: l'assenza dell'elemento oggettivo del reato determina l'inesistenza dell'illecito contestato (Cass. pen., sez. V, 7/2/2008, n. 10735). In conclusione, sia il giornalista, sia il direttore potranno ricorrere in Cassazione invocando la loro assoluzione perché il fatto non sussiste.


RAGAZZI SE VOLETE COPIATEVI QUESTA...E' UNA DELLE MIGLIORI
SARA...COPIATI QUESTA E VAI TRANQUILLA

Da: X VALE AV17/12/2008 13:39:40
PECCATO CHE IL PARERE SI RIFERISCE ALLA POSIZIONE DI TIZIO E NON DI MEVIO CHE HA SPARATO

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Da: antonio17/12/2008 13:39:53
MA NESSUNO CONSIDERA CHE IL FATTO NON è CONFIGURABILE COME REATO PER IL DIRETTORE DEL TELEGIORNALE IN VIRTù DI UN CONSLIDATO ORIENTAMENTOGIURISPRUDENZIALE CASS.34717/08 ED ALTRE DEL 2000 E DEL 1997....
CHE MI DITE..........

Da: Avalon17/12/2008 13:39:56
sara il parere di daniela a pag 152 è il più completo...

Da: II traccia utile17/12/2008 13:41:11
In tema di reato colposo, per poter addebitare un evento a un determinato soggetto occorre accertare non solo la sussistenza del "nesso causale materiale" tra la condotta (attiva od omissiva) dell'agente e l'evento, ma anche la cosiddetta "causalità della colpa", rispetto alla quale assumono un ruolo fondante la prevedibilità e l'evitabilità del fatto. Infatti, la responsabilità colposa non si estende a tutti gli eventi che comunque siano derivati dalla violazione della norma, ma è limitata ai risultati che la norma stessa mira a prevenire. Compito del giudice, in proposito, per poter formalizzare l'addebito, è quello di identificare una norma specifica, avente natura cautelare, posta a presidio della verificazione di un altrettanto specifico evento, sulla base delle conoscenze che, all'epoca della creazione della regola, consentivano di porre la relazione causale tra condotte e risultati temuti. Per l'effetto, ai fini dell'addebito, l'accadimento verificatosi deve essere proprio tra quelli che la norma di condotta tendeva a evitare, realizzandosi così la cosiddetta "concretizzazione del rischio". Peraltro, affermare, come afferma l'art. 43 c.p., che, per aversi colpa, l'evento deve essere stato causato da una condotta soggettivamente riprovevole, implica anche che l'indicato nesso eziologico non si configura quando una condotta appropriata (il cosiddetto comportamento alternativo lecito) non avrebbe comunque evitato l'evento: si può quindi formalizzare l'addebito solo quando il comportamento diligente avrebbe certamente evitato l'esito antigiuridico o anche solo avrebbe determinato apprezzabili, significative probabilità di scongiurare il danno.

Cassazione penale , sez. IV, 14 febbraio 2008 , n. 19512

Da: sara..17/12/2008 13:41:22
X ANONIMA, ma l'hai fatta te

Da: polpetta17/12/2008 13:41:44
la sentenza 34747/08 non esiste!!!!!

Da: dada17/12/2008 13:41:51
Anonima,ma ke parere è quello?

Da: polpetta17/12/2008 13:43:31
ERRATA CORRIGE:
la sentenza 34717/08 non esiste!!!!!

Da: Per Alessandro e Daniela...17/12/2008 13:43:35
Sulle sentenze cosa abbiamo concluso?

La sentenza 10735 del 10.03.2008

Ci sono altre?  Ho visto tutti e due i pareri ma non mi sembra che citano la 34717 del 2008 né la 15594 DEL 2004. 

Non me ne intendo della materia ma volevo dare una risposta definitiva sulle sentenza...

Grazie

Da: x polpetta17/12/2008 13:43:37
se vedi i post dietro è stata scritta la sentenza ed esiste!!!

Da: antonio 97917/12/2008 13:43:39
la sentenza 15594 del 2004 ????

Da: broly66617/12/2008 13:44:22
we per la traccia 2 qualche sentenza????vi prego grazie....

Da: dada17/12/2008 13:44:38
Alessandro,il parere di Anonima prospetta una conclusione diversa!

Da: Citrulo17/12/2008 13:44:50
ma posso mandare il parere che segue??????????o non va bene????
................................................................................................
Per la risoluzione del caso prospettato è opportuno soffermarsi sui concetti di diffamazione e diritto di cronaca.
In base all’art. 595 del c.p., si ha diffamazione tutte le volte in cui taluno, “comunicando con più persone, offende l’altrui reputazioneâ€, e non ricorra in concreto una fattispecie di ingiuria, laddove la reputazione non è altro che la considerazione dei terzi nella quale si riflette la dignità personale.
La diffamazione, pertanto, consiste in una manifestazione del pensiero, che rileva, ai fini della consumazione del reato, nella misura in cui l’espressione offensiva venga a conoscenza di un’altra persona o comunque sia da altri percepita.
L’offesa è rivolta nei confronti della reputazione della persona che può essere lesa o messa in pericolo da chiunque attribuisca al soggetto interessato qualità o fatti in qualche modo disonoranti.
Tale offesa implica in concreto, ma non necessariamente, che la persona si senta colpita nel proprio onore e che ne risenta la sua reputazione in termini di perdita di stima. Ma, dal momento che si verte nel campo dei beni morali, non è facilmente accertabile se questi vengano lesi effettivamente ovvero solo potenzialmente.
L’offesa alla reputazione costituisce il nucleo della norma incriminatrice, che punisce chi cerca di scalfire e, in effetti, scalfisce la stima di cui taluno gode tra i consociati, ciò che costituisce il valore sociale della persona.
La ratio della norma è evidente nelle ulteriori previsioni che aggravano la fattispecie di reato in argomento, previsioni che sanzionano con maggiore rigore la diffamazione che avviene mediante la stampa o che consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. È agevole notare che in presenza di tali circostanze aumenta l’idoneità offensiva della condotta posta in essere dall’agente e la reputazione dell’offeso risente di un danno più grave.
L’offesa può essere arrecata con qualsiasi mezzo (ad esempio attraverso la stampa, la radio o la televisione) e con qualunque modalità idonea, sia attraverso l’attribuzione di un fatto determinato, sia semplicemente tramite insinuazioni.
Tra le cause di giustificazione comuni che si applicano generalmente alla diffamazione vi sono l'esercizio di un diritto, come appunto può essere il diritto di cronaca.
Sicché, in alcuni casi, è pacifico che i diritti della personalità del singolo possano legittimamente essere violati; ciò avviene soprattutto nell’esercizio del diritto di cronaca e soltanto se ricorrano determinate e specifiche condizioni; in mancanza di queste, ogni lesione di tali diritti deve ritenersi illegittima ed illecita.
Una nota sentenza della Corte di Cassazione n. 5259 del 1984 (c.d. sentenza decalogo), ha proprio statuito circa le necessarie condizioni la cui esistenza consentirebbe di valutare la configurabilità della c.d. esimente del diritto di cronaca.
La Suprema Corte ha statuito, infatti, che “l’esercizio della libertà di diffondere, attraverso la stampa, notizie e commenti è legittimo se concorrono le condizioni della utilità sociale dell’informazione; della verità dei fatti esposti; e, infine, della forma civile dell’esposizione degli stessiâ€.
Passando ora all’analisi della fattispecie proposta, la stessa riguarda, appunto, il reato di diffamazione  per mezzo di una emittente televisiva locale, con riferimento  ai diritti di un dirigente scolastico il quale propone querela avverso l’autore di un servizio televisivo e del direttore dello stesso telegiornale invocando l’art. 57 c.p. relativo ai reati commessi con il mezzo della stampa.
Nel servizio si affermava, peraltro contrariamente al vero, che il Preside del Liceo della città di alfa aveva assicurato agli alunni, coccupanti i locali scolastici, che non avrebbe chiesto lo sgombero con l’intervento delle forze dell'ordine.
Nel caso di specie, di certo non ricorre l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca la quale richiede, alla luce di un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'inderogabile necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva, limite, in questo caso, violato poiché la notizia riportata dal telegiornale è risultata totalmente fasulla.
Tuttavia non sembra prospettabile la condanna per il reato ex art. 57 c.p., in quanto la Corte di Cassazione, di recente ha statuito che “l'inattendibilità dell'informazione non costituisce in sé offesa all'altrui reputazione, occorrendo che essa necessariamente si connoti di un portato lesivo delle qualità morali, intellettuali o professionali di una persona, valutato non già secondo la considerazione della stessa, ma in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico†(Cass. pen. - sez V ��" n. 10735 del 10.03.2008).
Ora, l'accusa rivolta al responsabile di un istituto scolastico di volersi attivare per impedire un possibile sgombero coattivo dell'occupazione studentesca in atto da parte della forza pubblica non è in alcun modo lesiva della sua dignità professionale, in quanto attinente a una sfera di autonomia decisionale connessa alla funzione amministrativa del Dirigente Scolastico, assunta nell'interesse pubblico e volta a sopire pericolose provocazioni, evitando il rischio di maggiori guai per le persone e per le cose, nella prospettiva di liberare il più presto l'edificio dallo stato di paralisi e riprendere il corso scolastico.
Né, d'altra parte, al Preside è attribuita un'attività di illecita inerzia, quale una omissione penalmente rilevante, né una illecita solidarietà con i giovani studenti.
Dunque, si conclude per l'assenza dell'elemento oggettivo del reato che determina conseguenzialmente  l'inesistenza dell'illecito contestato; pertanto, non sussiste il reato di diffamazione imputato dal querelante ai due querelati.
Ora, l'accusa rivolta al responsabile di un istituto scolastico di volersi attivare per impedire un possibile sgombero coattivo dell'occupazione studentesca in atto da parte della forza pubblica non è in alcun modo lesiva della sua dignità professionale, in quanto attinente a una sfera di autonomia decisionale connessa alla funzione amministrativa del Dirigente Scolastico, assunta nell'interesse pubblico e volta a sopire pericolose provocazioni, evitando il rischio di maggiori guai per le persone e per le cose, nella prospettiva di liberare il più presto l'edificio dallo stato di paralisi e riprendere il corso scolastico.
Né, d'altra parte, al Preside è attribuita un'attività di illecita inerzia, quale una omissione penalmente rilevante, né una illecita solidarietà con i giovani studenti.
Dunque, si conclude per l'assenza dell'elemento oggettivo del reato che determina conseguenzialmente l'inesistenza dell'illecito contestato; pertanto, non sussiste il reato di diffamazione imputato dal querelante ai due querelati.

Da: MIO DIO!!!17/12/2008 13:44:50
NON VORREI ESSERE AL POSTO DI CHI COPIA I "PARERI" POSTATI SU QUESTO FORUM........

Da: ANONIMA17/12/2008 13:45:13
sara vai tranquilla.....e ringrazia la buona stella ciao

Da: carlo17/12/2008 13:45:14
qualcuno sa dirmi se su questo forum e' postato un parere in cui sia citata anche la legge mammi'?

Da: polpetta17/12/2008 13:45:31
PUOI VEDERE TUTTI I POST CHE VUOI...CREDI A TUTTO QUELLO CHE SCRIVONO QUI SOPRA?!!!

Da: DA ILLEGALE A ILLEGALE17/12/2008 13:45:35
ottimo lavoro, da perfezionare un poco le conclusioni
byebye

Da: dada17/12/2008 13:46:01
ANONIMA,dove hai preso quel parere?

Da: mario17/12/2008 13:46:07
raga tra una mezzora ho la prima traccia completa..me la sta facendo un amica avvocato..dopo la posto qui cosi vedete come è

Da: quasi moglie17/12/2008 13:46:15
sabato mi sposo e il mio ragazzo adesso è chiuso per l'esame...dopo averlo già fatto bene per due volte.
Non ha voluto fare ricorso per non inimicarsi la cricca massonica dell'ordine.
E noi ci dovremmo vergognare???
Ma vergognati te...che magari non hai un cazzo da fare e perdi tempo prezioso a rompere i coglioni a chi cerca solo un modo per superare questo esame di merda...totalmente inutile e privo di senso.

Da: Fate i bravi17/12/2008 13:46:26
Ragazzi, perchè non mi fate vedere il parere sulla II traccia????? dai.... dovremmo essere colleghi!

Da: sara..17/12/2008 13:46:36

x anonima: la tua sentenza dicono ke si concluda diversamente da quella di daniela a pag 152

Da: Azzeccagarbugli17/12/2008 13:46:44
La vicenda de quo racchiude due fattispecie criminose.

Senza dubbio Tizio risponderà del reato di cui all'art. 387 c.p e cioè di "Colpa del custode" in quanto la sua condotta è stata di fatti colposa, avendo supposto erroneamente di tenere sotto controllo l'arrestato e di averlo così liberato, provocando la causa delle conseguenze successive dovute alla liberazione momentanea del bandito.

La seconda figura criminosa è l'omicidio colposo dell'inserviente da parte di Mevio,collega di Tizio del bandito Caio.

In questo caso Tizio  risponderà di concorso anomalo ex art.116 c.p in omicidio colposo in quanto acchè si configuri tale ipotesi delittuosa si richiede un rapporto di causalità psichica del compartecipe.

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