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ESAME AVVOCATO - SESSIONE 2012
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Da: quest''anno | 11/12/2012 16:10:38 |
che tracce di merda!! | |
Da: Tutti o nessuno | 11/12/2012 16:11:10 |
IL LEGATO IN SOSTITUZIONE DI LEGITTIMA è STRUTTURALMENTE INCOMPATIBILE COL PRELEGATO. Il legato in SOSTITUZIONE di legittima si SOSTITUISCE alla quota di legittima Il prelegato si AGGIUNGE alla legittima. La massima è a trabochetto è fatta per farvi sbagliare. | |
Da: pina 75 | 11/12/2012 16:11:58 |
chi mi sintetizza la conclusione della prima traccia??? | |
Da: confusa | 11/12/2012 16:12:27 |
soluzione 1 | |
Da: HO IL CAZZO GRANDE | 11/12/2012 16:12:37 |
La prescrizione del codice Il codice civile regolamenta all'articolo 2935 stabilendo che essa "comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere". Osserva la Corte che si tratta di una norma di carattere generale, dalla quale si evince che "presupposto della prescrizione è il mancato esercizio del diritto da parte del suo titolare". La giurisprudenza di merito In questo quadro, nella giurisprudenza di merito, vi era già un orientamento di gran lunga maggioritario secondo cui la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito doveva decorrere dalla chiusura definitiva del rapporto, considerata la natura unitaria del contratto di conto corrente bancario, il quale darebbe luogo ad un unico rapporto giuridico, ancorché articolato in una pluralità di atti esecutivi. In questo senso "la serie successiva di versamenti e prelievi, accreditamenti e addebiti, comporterebbe soltanto variazioni quantitative del titolo originario costituito tra banca e cliente". Mentre "soltanto con la chiusura del conto si stabilirebbero in via definitiva i crediti e i debiti delle parti e le somme trattenute indebitamente dall'istituto di credito potrebbero essere oggetto di ripetizione". Le Sezioni unite A fare definitivamente chiarezza era intervenuta la Cassazione, sentenza 2 dicembre 2010 n. 24418, che aveva affermato il seguente principio di diritto: «Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati». Rispetto alle pronunzie precedenti, dunque, la sentenza della Cassazione, chiariva anche che la prescrizione decorre dalla data in cui il pagamento indebito è stato eseguito soltanto qualora "si sia in presenza di un atto con efficacia solutoria, cioè per l'appunto di un pagamento, vale a dire di un versamento eseguito su un conto passivo ("scoperto"), cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, oppure di un versamento destinato a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento (cosiddetto extra fido)". L'intervento "salva banche" A fronte dunque di una situazione chiara e definita è intervenuto l'articolo 2, comma 61, del Dl n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011. La norma nel primo periodo dispone che «In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'articolo 2935 Cc si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa». La disposizione si autoqualifica di interpretazione e, dunque, spiega efficacia retroattiva. Per la Consulta, però, così facendo lede, in primo luogo, il canone generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.). Infatti non si versava in quella "situazione di oggettiva incertezza del dato normativo" che legittima la necessità da parte del legislatore di intervenire con una norma interpretativa retroattiva. Il quadro, infatti, come visto, era chiaro. La ripetizione dell'indebito La Corte costituzionale precisa poi che nel novero dei «diritti nascenti dall'annotazione», devono ritenersi inclusi anche i diritti di ripetere somme non dovute (quali sono quelli derivanti, ad esempio, da interessi anatocistici o comunque non spettanti, da commissioni di massimo scoperto e così via). Ma la ripetizione dell'indebito oggettivo postula un pagamento (art. 2033 cod. civ.) che, avuto riguardo alle modalità di funzionamento del rapporto di conto corrente, spesso si rende configurabile soltanto all'atto della chiusura del conto (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza n. 24418 del 2010, citata). "Ne deriva - continua - che ancorare con norma retroattiva la decorrenza del termine di prescrizione all'annotazione in conto significa individuarla in un momento diverso da quello in cui il diritto può essere fatto valere, secondo la previsione dell'art. 2935 cod. civ". "Pertanto, la norma censurata, lungi dall'esprimere una soluzione ermeneutica rientrante tra i significati ascrivibili al citato art. 2935 cod. civ., ad esso nettamente deroga, innovando rispetto al testo previgente, peraltro senza alcuna ragionevole giustificazione". | |
Da: lulo | 11/12/2012 16:12:53 |
RAGAZZI QUESTA E' BUONA?????????? Con la traccia oggetto di parere mi si chiede di assumere le vesti di difensore di Caio al fine di tutelarlo in ordine alle possibilità, anche eventualmente recuperatorie, benché problematiche, relativamente ad una serie di operazioni di conto corrente intercorse tra il 1994 ed il 2008 con la Banca X, gravate da interessi pattizi extralegali, capitalizzati sia trimestralmente che annualmente. Al fine di rendere il parere richiesto appare necessario muovere dagli istituti dell'anatocismo, della prescrizione dell'eventuale ripetizione di indebito e dalla natura convenzionale degli interessi passivi, con necessario coinvolgimento delle molteplici problematiche connesse al caso di specie. Con il termine anatocismo (dal greco anà - di nuovo, e tokòs - interesse) si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi). Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti "composti". Un esempio di anatocismo è quello di capitalizzare (ossia sommare al capitale di debito residuo) gli interessi ad ogni scadenza di pagamento, anche se sono regolarmente pagati. Il calcolo degli interessi in regime di capitalizzazione composta anziché in regime di capitalizzazione semplice determina una crescita esponenziale del debito, di conseguenza per periodi inferiori all'anno l'importo calcolato con la capitalizzazione composta sarà inferiore a quello che si determina nella capitalizzazione semplice. Giuridicamente, in un'obbligazione pecuniaria l'applicazione dell'anatocismo comporterebbe, per il debitore, l'obbligo di pagamento, non solo del capitale e degli interessi pattuiti, ma anche degli ulteriori interessi calcolati sugli interessi già scaduti. La legge autorizza il pagamento degli interessi legali sulle quote di debito (capitale e interessi), che non sono state regolarmente pagate a scadenza. Malgrado l'anatocismo sia un istituto conosciuto dagli albori del prestito ad interesse, la normativa italiana non ha raggiunto un sufficiente grado di completezza, tant'è che la disciplina si basa ancora sul codice civile del 1942, ed in particolare sull'art. 1283 c.c.. Secondo questa norma, gli interessi scaduti, in assenza di usi contrari, possono produrre a loro volta interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. In linea di principio, il codice civile vieta un regime di capitalizzazione composta degli interessi, ovvero il pagamento degli interessi su interessi di periodi precedenti. Nonostante la tutela approntata dal citato articolo, che subordina l'anatocismo alla compresenza di alcuni presupposti ben determinati, per circa mezzo secolo nella prassi bancaria italiana hanno trovato applicazione pressoché generalizzata, nei contratti di apertura di conto corrente, le clausole di capitalizzazione trimestrale degli impieghi. Ciò grazie (anche) all'avallo della giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, che ha affermato la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale, escludendo l'esistenza di un contrasto con la previsione di cui all'art. 1283 codice civile, sulla base dell'affermazione dell'esistenza di un uso idoneo a derogare al divieto di anatocismo stabilito da tale norma. Nel 1999 la Corte di Cassazione, invertendo il proprio orientamento giurisprudenziale, ha più volte affermato la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, sostanzialmente argomentando nel senso della inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare all'art. 1283 c.c.. Per evitare scompensi tra il lavoro dei giudici e la prassi, il legislatore ha ritenuto opportuno, con il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, modificare l'art. 120 del decreto legislativo 1ï¿��º settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia): tale intervento ha introdotto in materia il principio della eguale cadenza di capitalizzazione dei saldi attivi e passivi, nel contempo stabilendo - con norma transitoria - una sanatoria per il pregresso, facendo salve le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina. La norma transitoria è stata però dichiarata illegittima, per eccesso di delega e conseguente violazione dell'articolo 77 Costituzione, dalla Corte Costituzionale (sentenza 17 ottobre 2000, n. 425). Il cosiddetto "decreto salva banche" fu presentato il 23 luglio 1999, e convertito in legge n. 342 del 4 agosto 1999. La Consulta, con la citata sentenza, ha abrogato l'art. 25, comma 3, dichiarato incostituzionale per: l'irretroattività della legge, la disparità di trattamento fra soggetti del testo Unico Bancario e creditori sottoposti all'anatocismo, il non rispetto dell'autonomia e indipendenza della magistratura. Dopo la sentenza della Consulta, del 17 ottobre 2000, un secondo decreto fu approvato il 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24 il quale fornisce l'interpretazione autentica della legge antiusura n. 108 del 1996. Venuta meno la norma transitoria, finalizzata ad assicurare validità ed efficacia alle clausole di capitalizzazione degli interessi inserite nei contratti bancari stipulati anteriormente alla entrata in vigore della nuova disciplina, paritetica, della materia, la Corte di Cassazione ha continuato, con una ulteriore serie di sentenze (tra le altre, si veda la sentenza 13 dicembre 2002, n. 17813), a ribadire il suo approccio più recente, peraltro estendendo i principi enunciati inizialmente con riferimento al conto corrente bancario anche ai contratti di mutuo. Infine, con sentenza Cass. Civ., SS.UU., 4 novembre 2004, n. 21095, la suprema Corte ha confermato in modo netto il revirement del 1999, così consolidando il nuovo trend giurisprudenziale. Il tema dei diritti dei correntisti alla ripetizione di somme illegittimamente addebitate sul conto, soprattutto per interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto, presenta diversi e noti profili autorevolmente dibattuti. Tra questi, un aspetto saliente è costituito dall'individuazione del giorno in cui inizia a decorrere il termine di prescrizione decennale per far valere tali diritti, ai sensi dell'art. 2935 cod. civ. ("la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere"). La giurisprudenza di merito, negli ultimi anni - in particolare, dopo che la Cassazione ha affermato l'illegittimità della capitalizzazione trimestrale praticata dalle banche, è stata chiamata numerose volte a pronunciarsi sull'argomento e si è divisa, essenzialmente, tra due orientamenti. Un orientamento ritiene che il termine di prescrizione decorra dalla chiusura del conto corrente, considerata la natura unitaria del contratto di conto corrente bancario, il quale darebbe luogo ad un unico rapporto giuridico, sicché la serie di accreditamenti ed addebiti costituirebbe un dato contabile, mentre è solo con la chiusura del conto che si stabilisce l'entità del credito e del debito delle parti. Un diverso indirizzo afferma che la prescrizione decorra da ciascun addebito in conto corrente, poiché la relativa annotazione produrrebbe l'effetto di modificare il saldo e consentirebbe di esercitare il diritto di ripetizione. In questo quadro sono intervenute le Sezioni Unite (Cass., S.U., 2 dicembre 2010, n. 24418), le quali hanno stabilito che, al fine di individuare il dies a quo della prescrizione, occorre distinguere tra il caso in cui il cliente gode di una apertura di credito (e perciò il versamento sul conto serve a ripristinare la provvista) ed il caso in cui il conto è scoperto o il versamento sia comunque extra fido (qui il versamento è un vero pagamento, con natura solutoria). Nella prima ipotesi, ha giudicato la Corte di legittimità, il termine di prescrizione decorre dalla chiusura del conto, poiché i precedenti addebiti, appunto, non sono qualificabili tecnicamente come pagamenti; nella seconda ipotesi, invece, ogni versamento corrisponde ad un vero pagamento e come tale (ove fosse eseguito per effetto di una clausola nulla) produce immediatamente il diritto del cliente di chiederne la ripetizione, ed il termine di prescrizione di tale diritto, di conseguenza, inizia a decorrere subito. Tale soluzione, seppure con le suddette distinzioni, dava un quadro finalmente solido in termini di certezza del diritto. Ma, come la dottrina ha prontamente segnalato , il legislatore è intervenuto con una "particolarmente tempestiva previsione", mutando in modo radicale i termini della questione. La norma cui si allude è l'art. 2, co. 61, del d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, conv. con modif. dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10. Il suo tenore è il seguente: "in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 cod. civ. si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto". Il senso della disposizione, così come colto da molte decisioni che l'hanno applicata (senza ravvisarne profili di illegittimità costituzionale), è che la prescrizione del diritto alla ripetizione inizia a decorrere, per ciascun addebito, dal momento in cui è avvenuta l'inerente annotazione in conto. Il che si traduce nell'estinzione della gran parte delle pretese, specialmente in materia di anatocismo, atteso che in tale ambito, com'è noto, le controversie riguardano prevalentemente operazioni poste in essere negli anni '80 e '90 del secolo scorso, in relazione alla disciplina all'epoca vigente. Taluni Giudici di merito, tuttavia, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale, in particolare censurando l'effetto retroattivo della norma, da cui sono scaturite nove ordinanze di rimessione alla Consulta. Da qui l'ultimo capitolo della vicenda: la Corte Costituzionale, con sentenza del 5 aprile 2012, n. 78, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma sopra citata. | |
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Da: Vertigo70 | 11/12/2012 16:13:09 |
Il legato in sostituzione di legittima non c'entra assolutamente. Non fatevi fuorviare. La sentenza risolutiva NON ESISTE. Dovete ricavare la soluzione partendo dai principi generali. | |
Da: The Special | 11/12/2012 16:13:42 |
Alla seconda traccia darei un taglio da tema corredandola con l'opportuna giurisprudenza. In sostanza si deve conoscere bene il diritto civile. Attenzione a non fare casini. La prima fa un po' schifo..sembra diritto bancario. Ovviamente le mie sono valutazioni da "esterno", col codice alla mano non so quanto complessa o meno possa risultare la traccia. Mi sono abilitato quest'anno e sono felice di non rientrare in quello schifo di esame. | |
Da: misraim | 11/12/2012 16:13:59 |
Condivido la soluzione della seconda traccia proposta da avv. | |
Da: HO IL CAZZO GRANDE | 11/12/2012 16:17:01 |
Sto scopando nei bagni e voi studiate.....hihihihihihi | |
Da: juliet00 | 11/12/2012 16:18:16 |
esatto ragazzi la soluzione alla seconda traccia è nei rapporti tra art 632 e art 653 e nella sottile linea di confine che li separa. leggetevi tutta la giurisprudenza sul codice commentato, le risposte sono lì per forza. | |
Da: bob | 11/12/2012 16:20:19 |
dritte sulla seconda traccia dopo che ho letto molte cose inesatte. Si tratta di prelegato cioè figura giuridica che si aggiunge alla qualità di erede, quindi nessuna azione di riduzione è giustificabile. Io andrei sulla nullità per indeterminatezza dell'oggetto e verifica di autenticità del testamento olografo. Il resto non serve. | |
Da: Franco544 | 11/12/2012 16:20:49 |
ma quale kaxxo di giurisprudenza c'è sotto l'art. 632 e 635? qualche sentenza risalente al secolo scorso (magari neanche riportata nei codici che hanno dietro....) | |
Da: MORALIZZATORE2012 | 11/12/2012 16:21:08 |
TUTTO CIO' CHE STATE FACENDO E'INGIUSTO, INUTILE , SPREGEVOLE, IMMORALE. VI RENDETE CONTO . FERMATEVI ORA CHE POTETE................... | |
Da: avv | 11/12/2012 16:21:33 |
Peraltro, richiamandomi al mio post precedente, a prescindere dall'esistenza e quindi dalla validità del prelegato, la traccia non dice molto...si potrebbe persino ipotizzare che la legittima dei due fratelli sia cmq lesa dalle altre attribuzioni cui si fa cenno, come pure si può pensare che non sia per nulla stata lesa neppure in presenza di un prelegato valido. Questo per dire che che, a mio modo di vedere, questo parere si risolve sulle norme e chi lo ha proposto voleva soltanto testare la conoscenza degli istituti in generale (i brevi cenni sono fondamentali) e la capacità di ragionamento, non certo la conoscenza di una qualche massima di Cassazione od altro. | |
Da: anchiola penso cos | 11/12/2012 16:21:43 |
sulle posate non c'è questione perchè è valida | |
Da: juliet00 | 11/12/2012 16:21:52 |
franco, io quest'esame l'ho passato grazie a una sentenza del 92. ragionate. | |
Da: Fra | 11/12/2012 16:22:23 |
Ragazzi per favore conclusioni alla prima traccia e mi tolgo dai piedi... | |
Da: judy | 11/12/2012 16:22:52 |
avv mi daresti un aiuto per qnto concerne la soluzione??? grazieee | |
Da: ludo992009 | 11/12/2012 16:23:04 |
ragazzi notizie da napoli?? | |
Da: anchiola penso cos | 11/12/2012 16:23:38 |
bravo bob, fai così che vai bene..... franco, significa che non hai mai studiato un cazzo nella vita. ritirati che è meglio | |
Da: sfondatorediculi | 11/12/2012 16:25:23 |
sto scopando alla grande in bagno , con una milf mentre il marito sta fuori ad aspettarla:D ahahahaha...che goduria...e che cornutone che è il marito..ahahahaha | |
Da: cioao | 11/12/2012 16:26:19 |
a che ora consegna roma | |
Da: lex | 11/12/2012 16:26:32 |
MI serve la soluzione della seconda traccia | |
Da: Recomo | 11/12/2012 16:26:54 |
conclusioni prima traccia? | |
Da: judy | 11/12/2012 16:27:09 |
NAPOLIIII a che ora consegna nessuno rispondeee!!! | |
Da: Elsa Fornero | 11/12/2012 16:27:23 |
- Messaggio eliminato - | |
Da: maty1983 | 11/12/2012 16:27:25 |
tu sei un emerito imbecille | |
Da: AIUTO VI PREGO | 11/12/2012 16:27:38 |
SU CEDAM O DIKE A CHE PAG SONO LE SENTENZE DELLA SECODNA TRACCIA? | |
Da: bob | 11/12/2012 16:27:50 |
d'altronde la traccia stessa lo dice. Tizo e Caio dubitano sull'autenticità del testamento olografo e chiedono la successione ex lege. Leggete è tutta lì la soluzione. Validità del prelegato (oggetto assolutamente indeterminato - appartamento in una zona di Roma) e autenticità del testaento olografo. In caso di nullità si opta per la successione ex lege. é tutta qui la soluzione della seconda traccia. Non aggiungete azioni di riduzione o altro perchè non c'è riferimento a lesioni di legittima. | |
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