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Agenzia Entrate 855 funzionari II prova
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Da: ............24/04/2013 19:06:49
Da: franpot79     24/04/2013 18.13.06
tributario si, ma civile commerciale e contabilità sono sempre le stesse...

enigma sogna sogna...come per il primo ricorso...si rifarà ...certo...infatti la prima prova si è rifatta...ahahahah

questo ancora peggio...voglio proprio vedere chi vorrà sborsare centinaia di euro per fare le centinaia di notifiche agli idonei...a meno che non volete affidarvi nuovamente al principe del foro....del codacons....ahahah



Ebbene: io ti dico "Abbi fede e vedrai!!!!!!!!!!!"

Da: ............25/04/2013 08:49:44
Buona l'idea del ricorso amministrativo gerarchico in autotutela, per chiedere che venga rifatta la prova quantomeno  con le medesime modalità del 2009, quando pur potendo teorizzarsi qualche neo, nessuno protestava e prospettava ricorsi già prima della pubblicazione delle graduatorie.
In tale ricorso amministrativo, qualora il suo esame richieda tempo, si può anche  chiedere di differire la pubblicazione delle graduatorie per uno, due, se occorre anche i rituali 90 giorni, necessari per esaminare completamente tale ricorso e poi pubblicare le graduatorie.
Poichè un ricorso amministrativo, che non riceve nessuna risposta prima della pubblicazione delle graduatorie, viene ignorato da chi si sentirà leso, anzi la vedrà come uno spreco di tempo.
Considererà l'ente destinatario reticente di fronte ad accuse pesanti di non buona amministrazione, di inopportunità, di illogicità, tutti criteri che sostanziano l'eccesso di potere, che inficia il merito dell'azione amministrativa.

Da: ............25/04/2013 09:59:23
Da: eppure    21/04/2013 22.06.40
Pare proprio che nessuna PA riesca mai ad essere logica, coerente, trasparente (v. nel caso particolare lett. b art 35 d .lgs 165/2001). Eppure sono criteri tutti previsti dalla legge e dalle leggi, che dovrebbero essere sempre applicati e scrupolosamente e non aggirati in maniera furbesca o maldestra, pena violazione di legge, oramai, e se comunque non bastasse eccesso di potere ad abundantiam.
Pure queste storie delle ripetizioni del tirocinio, se confermate, sono avvilenti.
Rispondi
Da: eppure    22/04/2013 23.05.09
Ancora una volta sarà il caso di ricordare che il processo amministrativo ha delle regole, e che in quel processo si stabilisce se la PA a sua volta ha o meno rispettato delle regole.
Nell'altro forum si leggono delle cose anche amene tra le parti, favorevoli e contrarie come già era stato nel caso del primo ricorso.
La posizione corretta comunque è quella di studio.contatto, che inquadra bene la questione. E non è affatto vero che la PA sceglie come le pare perchè è nella discrezionalità amministrativa piena (o merito). I criteri, a saperli leggere, sono nel d. lgs. 165/2001, art. 35, che pongono certamente limiti all'azione amministrativa. Nonché in altre norme pure applicabili.
La morale è che la PA non può tirare a fregare, a sorprendere, a permettere di equivocare: questo è il criterio (legale) della "trasparenza", che tra gli altri deve essere applicato senza deroghe e senza sconti. E solo la novità dei quiz (il loro essere inediti) assicura l'osservanza di questo criterio "cogente" (obbligatorio).
Fa tenerezza il tifo di chi spera che non ci siano ricorsi, e prova a dare risposte parziali e monche (forse anche perché non sa o non conosce) rispetto ad una cosa che è semplice, elementare, e risponde a criteri di fondo: imparzialità, trasparenza, correttezza, tutela dell'affidamento: cioè nel caso quiz nuovi di zecca: non li dovevano scolpire nel granito: non lo hanno fatto per intuibili ragioni, ma violazione di legge ed eccesso di potere in pieno. Bravi... Non c'è un 'azzo da fare. Sono incorreggibili, marci.
Rispondi

Da: ............25/04/2013 14:56:15
Un altro ricorso al TAR, un'altra sospensiva, un'altra ammissione con riserva dei ricorrenti come avvenuto per la prima prova.

Da: eppure25/04/2013 17:26:09
Confermo.
Per una prova perfettamente regolare ed a prova di ricorso è necessario:
A) che ci sia contemporaneità nello svolgimento delle prove;
B) che i quiz siano inediti.
Sul punto A) ed in relazione al ricorso già proposto, è pur vero che il Consiglio di Stato ha un po' aggiustato il tiro "pro amministrazioni" in via interpretativa. Tuttavia per evitare questioni l'amministrazione si deve organizzare per fare iniziare la prova in contemporneità o almeno quasi, con scostamenti accettabili. E non è impossibile visto che non si tratta di andare su Marte. Questo pure se nel merito (ci si arrivasse senza arrestarsi al rito) il ricorso già proposto verrà probabilmente rigettato, dal momento che è difficile o impossibile provare la catena di contatti telefonici tra le varie sedi, per via della disparità di orario; catena che avrebbe quindi alterato gli esiti complessivi della prova stessa (e non soltanto gli esiti presso una o alcune sedi d'esame).
Sul punto B) un legale scrupoloso e preparato, anche non geniale, non avrebbe grandi difficoltà ad imbastire un ricorso in termini di violazione dell'art. 35 ed eccesso di potere in via concorrante o alternativa. C'è poco da menarla (o da sperare) che si tratti (in questo caso) di merito, come tale insindacabile dinanzi al G. A. Già Sandulli spiegava a suo tempo come il merito "trasmoda" nella illegittimità, diventà cioè esso stesso illegittimita. Ed ora l'art. 35 prevede i noti criteri per cui in loro violazione, nel caso avvenuta, si rientra pienamente in violazione di legge; e ad abundantiam in eccesso di potere per profili sintomatici. L'amministrazione è infatti "tenuta" a determinare condizioni di parità, trasparenza oltre che ragionevolezza, logicità, tutela dell'affidamento ecc. E solo la novità dei quiz, quand'anche appartenenti (in ipotesi) "esclusivamente" ad una determinata tipologia (ad. es. brani), garantisce rispetto a censure di violazione di legge. Né vale in opposto obiettare che in anni passati ciò non sia avvenuto: dal 2001 (minimo) in poi doveva avvenire; che se ne sbattano è un'altra storia. L'esigenza di novità, anzi, è maggiore (ed ineliminabile) nei quiz attitudinali rispetto agli altri: lo capisce infatti anche un muro (ed un mulo) che le norme in materia di bilancio quelle sono, come pure quelle tributarie, o penali, o i criteri di ragioneria ecc.: poco al riguardo si può dunque inventare di nuovo, pure se almeno una ragionevole riformulazione letterale dei quesiti, rispetto a quelli comunemente diffusi sui testi in commercio e comunque reperibili, non guasta: si deve anzi, e comunque, fare. Sugli attitudinali però, non ci possono essere sconti circa la novità: ed è anomalo quanto mai non indicare una banca dati ufficiale, che costrigerebbe allora tutti (candidati e amminiistrazione) a far riferimento ad essa, e però impiegare una banca dati neanche "ufficiosa" (RIPAM) per pescare la stragrande maggioranza dei quiz; per di più con l'aggravante che per un periodo (peraltro breve) le relative soluzioni sono state in qualche modo disponibili se fortunosamente rintracciate, mentre ora non lo sono più né altrimenti lo sono sul sito dell'ente che i quiz stessi genera. I RIPAM in realtà sono per definizione soltanto un "modello" di esercitazione: non unico e soprattutto non ufficiale, dal momento che l'amministrazione non li adotta nel bando e che questo non le è imposto da qualche norma (altrimenti li avrebbe dovuto adottare come banca dati ufficale). Ed in questo caso la prova non è complicata come nel primo ricorso (quello pendente), perché è di tipo documentale, e ben si adatta quindi alla natura del processo amministrativo: è sufficiente allegare il tutto al ricorso nelle forme dovute.
In conclusione avrebbe semmai potuto l'amministrazione, esemplificando, utilizzare i moduli del genere RIPAM con, poniamo, 80 quesiti di carattere soltanto critico verbale, purché "nuovi"; riguardassero eventualmente anche gli scavi archeologici in Asia Minore, o gli insetti, la zoologia, la chimica o la botanica assortita. Come pure avrebbe eventualmente potuto optare per 80 quesiti sulle figure con ombre, incastri, freccette e cose del genere. Forse quest'ultimi sarebbe stati casi di un "merito" più difficile da censurare. Ma una strada si sarebbe comunque trovata. Perché bisogna fare dei quiz per lo meno percentualmente abbastanza attinenti al profilo richiesto: non tutti sulla pscichiatria, ancora esemplificando, in casi come questi.
Ma è da pazzi chiedere (prima dei ricorsi) coerenze all'amminstrazione. E quindi ricorsi. Non lo impareranno mai. Non lo vogliono imparare. Che è peggio.
Inoltre, i quiz attitudinali mirano a veerifcare l'apprendimento, da parte del candidato, di una metodologia di soluzione degli stessi: ed in ciò sta l'essenza delle attitudini richieste e richiedibili. Se dunque per la notorietà dei quiz dovuta a fattori casuali vengono a privilegiarsi in maniera preponderante facoltà mnemoniche rispetto alle attitudini: è indubbio infatti che la conoscenza preventiva facilita l'esame, neanche tanto trattandosi di ricordare le soluzioni numeriche quanto di "riconoscere" il "contesto" in cui eseguire le operazioni; mentre ancora maggiore è l'incidenza del "ricordo" dei testi quando si tratta di quiz relativi al loro esame. Ed è in ogni caso  ininfluente che lo sforzo (scarso) del compilatore si "limiti" ad invertire l'ordine delle risposte rispetto a tasti e tabelle per il resto ricopiate di sana pianta altrove. Se così è dunque, il parametro della scelta dell'amminstazione diventa il caso o il culo. Che però non è ancora stato codificato in una norma, sicché è irragionevole, incoerente, lesivo di affidamenti ecc. Impiegarlo.
Cercare di scoraggiare evemtuali ricorrenti paventando difficoltà è umanamente comprensibile ma bambinesco. Tutti dovrebbero augurasri che l'amministrazione faccia la brava, idonei e non: i primi per non subire i ricorsi, i secondi per evitare di farli. In fondo si tratta di cose semplici, non di andare su Marte: tenere d'occhio un orologio e fare un po' di quiz nuovi.
Ma non lo impareranno mai. Non lo vogliono imparare. Che è pure peggio.

Da: ............25/04/2013 20:39:01
l'eccesso di potere è il vizio principe invalidante la legittimità di un provvedimento amministrativo uale espressione dell'esercizio discrezionale di un potere amministrativo.
Si sostanzia in straripamento del potere o sviamento del potere, cioè come uso di un potere discrezionale fatto per un fine diverso  per il quale il potere è stato attribuito. L'eccesso di potere va individuato  con un raggio più ampio e quindi anche generico, di ogni possibile situazione invalidante la legittimità degli atti amministrativi sottoposto al giudice amministrativo.
Esso si rivela  strumento  per sindacare l'agire discrezionale della p.a., in quanto può investire il provvedimento in tutta la sua validità, non solo formale, superando il limite della corrispondenza allo schema legale predisposto dalla norma. Inoltre per la sua importanza e rilevanza, viene anche fatto rientrare tra i vizi privatistici della volontà: errore, violenza, dolo.
A causa della nascita di diverse figure di eccesso di potere, ad es. lo sviamento del potere, la giurisprudenza tenta una codificazione, non dogmatica, del vizio. cioè In  2 gruppi, inerendo alla ragionevolezza e razionalità della ponderazione valutativa ovvero della congruità stessa: contraddizione tra motivazione e dispositivo; l'immotivata contraddittorietà con un precedente provvedimento; il travisamento di un fatto (inesistente..) che si assume erroneamente esistente quale presupposto del provvedimento; insufficienza della motivazione; violazioni di circolari e prassi amministrativa; disparità di trattamento; ingiustizia grave e manifesta (sproporzione tra la soddisfazione del pubblico interesse e il correlativo sacrificio richiesto dal privato).
In sintesi è espressione discrezionale di un potere che si è svolto senza una ragionevole e congrua ponderazione degli interessi in gioco.
Infatti 'amministrazione procedente è tenuta ad esercitare la sua azione secondo una scansione di operazioni nell'ambito delle quali la soddisfazione dell'interesse pubblico primario deve ottenersi con la congrua ponderazione e la razionale valutazione di questo unitamente a tutti gli altri interessi introdotti ovvero introducibili nel procedimento.
C'è una stretta correlazione tra il momento valutativo degli interessi in gioco e quello della provvista dei mezzi necessari, in quanto più opportuni, per realizzare il migliore dei regolamenti possibili per i medesimi.
La situazione invalidante consiste nella non congruità  della valutazione degli interessi e della scelta dei mezzi per la cura degli stessi. Razionalità, ragionevolezza, proporzionalità si fondono concorrendo nella congrua ponderazione; se questo non avviene (non realizzando le regole del giusto procedimento), il provvedimento finale è viziato nella sua legittimità per eccesso di potere, pur essendo magari perfettamente rispondente alle esigenze del merito in quanto opportuno.
Un certo indirizzo giurisprudenziale ha consentito spesso di dilatare il sindacato di legittimità estendendolo in modo surrettizio al merito, allargando la sfera operativa dell'eccesso di potere.
L'eccesso di potere può essere considerato il principe dei vizi d legittimità perché va a sindacare il cuore del provvedere, cioè la razionalità, la ragionevolezza e quindi la congruità della ponderazione valutativa degli interessi, che confluisce in quel regolamento-assetto dei medesimi.
Nella motivazione, a cui è obbligata ogni amministrazione, si tratta della congrua ponderazione la cui situazione viziata costituisce lo stato invalidante il provvedimento per eccesso di potere.

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Da: ............26/04/2013 08:52:04
Ed è in ogni caso  ininfluente che lo sforzo (scarso) del compilatore si "limiti" ad invertire l'ordine delle risposte rispetto a tasti e tabelle per il resto ricopiate di sana pianta altrove. Se così è dunque, il parametro della scelta dell'amminstazione diventa il caso o il culo. Che però non è ancora stato codificato in una norma, sicché è irragionevole, incoerente, lesivo di affidamenti ecc. Impiegarlo.
Cercare di scoraggiare evemtuali ricorrenti paventando difficoltà è umanamente comprensibile ma bambinesco.


Concordo

Da: pio26/04/2013 11:27:41
Ragazzi ci sta una denuncia per truffa?
È tutto predisposto per far vincere gli interni..

Da: xpio26/04/2013 14:45:34
No! Perchè devi fornire o indicare la prova di tutti questi elementi costitutivi in assenza dei quali potresti essere accusato di calunnia, se la denuncia si riferisce verso un soggetto identificato o facilmente identificabile dalla denuncia!
Truffa è un reato che richiede la presenza di truffato e di un truffatore.
Quindi bisogna individuare in questo caso chi ha subito la beffa e chi la perpetrata.
Inoltre in che cosa è consistito il danno per il truffato: una deminutio patrimoniale, un lucro cessante, un arricchimento patrimoniale che è venuto meno, o un'altra utilità anche di tipo morale non conseguita (ad esempio avere funzionari meritevoli)?
Infine l'ultimo elemento da individuare è l'attività truffaldina, cioè gli  artifici, i raggiri, la condotta capziosa e ingannevole, non riconoscibile da l'uomo di ordinaria diligenza, e senza la quale la volontà del truffato non si sarebbe diretta nel senso di farsi fregare.
Se non sai rispondere a queste domande lascia stare.

Da: eppure26/04/2013 21:11:04
Se manovre fraudolente ci fossero, si riporterebbero piuttosto al falso ed all'abuso d'ufficio (quanto meno).
Però il punto, di fondo, è che come dimostra il pregevole allegato sull'eccesso di potere, è tutt'altro che pacifico che la questione riguardi il  merito e che quest'ultimo non sia mai ed in nessun caso sindacabile. Non è così e studiassero l'argomento coloro che pure lo sostengono.
La conseguenza comunque è che se l'amministrazione non fa delle cose in fondo semplici, tanto da essere sciocche, e comunque dovute, quali coordinare gli orari d'inizio, predisporre quiz nuovi, si espone ai ricorsi ed espone ai ricorsi gli interessati. Aspetteremo anche l'esito di questo di ricorso, con i ritardi del caso. Amen.
E c'è poco da rallegrarsi a sperare "questa volta ci ho preso e chi se ne fotte del resto e di tutto" qualora idonei, o "che annullino tutto" se non idonei. La PA non riesce a fare delle cose semplici e dovute, di comune buon senso, probità e trasparenza. O non vuole proprio farle (né qui né altrove). Che è pure peggio.

Da: ............27/04/2013 08:22:53
con L'inopportunità  è tutto il merito che viene ad essere invalidato non esistendo altri vizi di merito poichè corrisponde alle regole di buona amministrazione.
Il provvedimento è opportuno quando l'amministrazione  individua  la soluzione ottimale, cioè la più conveniente, meno costosa e più efficiente.
Dunque, applicando i criteri della economicità e della efficienza, cogente è non un regolamento degli interessi opportuno, ma quel regolamento in assoluto il più opportuno, in quanto coincidente con l'opzione ottimale.
A parità di costi economici la soluzione più efficiente risulterà la scelta più opportuna. A parità di grado di efficienza sarà la soluzione meno costosa ad imporsi come conveniente. Infine con costi differenziati e decrescente grado di efficienza, la soluzione più opportuna sarà quella che proporzionalmente ottiene il più elevato quoziente di efficienza con il minor costo sostenibile.
Buona amministrazione è individuare non una soluzione sufficientemente opportuna, ma la soluzione più opportuna e non altra, se si vuole evitare che il provvedimento sia inopportuno!
È inopportuno l'atto quando il suo merito, cioè l'opportunità, individua una soluzione meno opportuna rispetto la scelta ottimale: è inopportuno quel provvedimento con cui si adotta una soluzione meno opportuna rispetto la soluzione più opportuna!
Ecco perché al fine di evitare lo stato viziante il merito, l'amm. agente ha sempre una ed una sola soluzione opportuna possibile, valida da perseguire.
L'inopportunità quale stato viziato del merito, invalida il provvedimento nella sua interezza: le misure reattive contro il provvedimento inopportuno portano all'annullamento, alla revoca,m talvolta alla riforma del medesimo. Si tratta di una gamma sanzionatoria più ampia dell'annullabilità, che si collega all'illegittimità, considerata la forma classica dell'invalidità di un provvedimento amministrativo.
L'inopportunità non è un male minore rispetto l'illegittimità: è meglio adottare un provvedimento illegittimo ma opportuno piuttosto che un provvedimento formalmente legittimo ma inopportuno.

l'eccesso di potere  demarca il confine tra le due categorie della legittimità e del merito.
i sintomi dell'eccesso di potere offrono elementi sufficienti per far presumere l'inopportunità del provvedimento: questo basterebbe a dedurne la sua illegittimità.
Tuttavia un provvedimento viziato da eccesso di potere non necessariamente risulti poi anche inopportuno: es. lo sviamento di potere, che non va a toccare il merito. Vi può essere una coincidenza tra legittimità e merito, né tanto meno una necessitata successione tra i corrispondenti stati viziati.
Le scelte di merito, coincidendo con l'attività discrezionale dell'amministrazione, risulterebbero più facilmente verificabili in sede di legittimità, mediante strumenti sindacatori di tipo oggettivo.
La ponderazione è la metodologia con cui si ricerca la soluzione ottimale, cioè la più opportuna.
la soluzione viziata nel merito può essere adottata a seguito di un giusto procedimento gestito puntualmente da un responsabile, senza incorrere in alcuno dei vizi di legittimità, ivi compreso l'eccesso di potere. Il provvedimento dimostra di essere frutto di un'accorta ponderazione, che non ha impedito all'amministrazione procedente di scegliere male, cioè di adottare una soluzione meno conveniente di quella più opportuna.

Da: ZmazingaZ 27/04/2013 09:14:11

Non ci vogliono grandi capacità attitudinali per osservare come persone che sanno di aver superato la prova siano consci del fatto che l'abbiano superata solamente barando ...

Se non fosse così non avrebbero paura di doverne affrontare una successiva ... o di probabili ricorsi presentati da molti ...

Ricordo ai più che AUDENTES FORTUNA IUVAT ...

Da: xpio27/04/2013 09:45:59
Hai precisamente fatto una fotografia della situazione. E non poteva essere altrimenti in un periodo di fame di lavoro nel settore privato e di assenza di concorsi pubblici. Per cui nessuno rinuncia alla manna dal cielo nel deserto.
Hanno paura di non riuscire a superare una prova con quiz inediti, originali e sconosciuti a tutti e quindi continuare a restare disoccupati o concorsisti a vita.
Di fronte a queste esigenze, chi pensa di aver superato la prova che cacchio gli frega di legittimità, eccesso di potere, merito, opportunità, o peggio ancora onestà intellettuale, par condicio, meritocrazia.
Meglio che vinca io il concorso ed esca subito subito dalla disoccupazione, dal precariato, anche in presenza di concorsi irregolari (meno male che sono stato fortunato!) Invece di esserci procedura regolare in cui io sia escluso.
Che mi frega di ciò che è avvenuto, quiz conosciuti da alcuni e da altri no, anche se tali quiz siano stati conoscibili da tutti, snaturando così la prova da attitudinale a cognitiva a menmonica.
E' questo il ragionamento egoistico dell'italiano medio.
D'altronde a fare una seconda prova che ci vuole, nuovo  avviso nel  sito ufficiale, riprenotazione delle aule, non basta 1 mese?
Così potremmo vedere graduatorie, le quali come lo scorso concorso del 2009, erano scevre del sospetto che fossero inopportunamente falsate, per eccesso di potere, oppure se solo formalmente legali, in forza di una procedura che non ha rappresentato la opzione ottimale (la più trasparente, la più imparziale, ossia la migliore), cioè quella opportuna tipico connotato e contrassegno saliente della buona amministrazione in merito alle scelte discrezionali dell'autorità.

Da: Luc De Clapiers 27/04/2013 11:52:47
Ragazzi, una domanda riguardo la Lombardia: qualcuno è a conoscenza della partecipazione di qualche idoneo alla seconda prova di una settimana fa, o della possibilità che qualcuno rinunci, in altri termini se c'è qualche ipotetica possibilità di un anche leggero scorrimento della graduatoria per l'ammissione al tirocinio?
So che gli interni concorrono principalmente per le regioni del sud, ma sapete se nel precedente concorso qualche caso numericamente esiguo si è presentato anche in Lombardia?
Grazie a chi vorrà rispondere

Da: xpio27/04/2013 12:19:52
Non ti preoccupare!
Se sarai escluso dal tirocinio, potrai fare come i ricorrenti esclusi dalla prima prova (che per coerenza non dovrebbero diventare contro-ricorrenti ora, ma tutto è possibile) che hanno partecipato alla seconda prova: essere ammesso con riserva al tirocinio tramite ricorso al TAR!
Sempre che la seconda prova non venga rifatta!!!!

Da: xpio27/04/2013 13:46:31
Eccesso di potere:  l'attività amministrativa non è libera ma vincolata nel fine, in quanto la legge che attribuisce alla p.a. il potere, fissa anche l'interesse pubblico da realizzare (c.d. interesse primario). Tale interesse va armonizzato con gli interessi (pubblici o privati) che di volta in volta si scontrano o si coordinano con l'interesse pubblico primario (c.d. interessi secondari).
In tal modo si individua l'interesse pubblico in concreto da realizzare; tale individuazione deve avvenire secondo parametri di ragionevolezza, nel senso che ogni scelta deve essere conseguenziale sul piano logico rispetto alle premesse costituite dai dati evidenziati nella situazione concreta (Cerulli Irelli).
Perché si concretizzi l'(â€") occorrono tre requisiti:
â€" un potere discrezionale della P.A., in quanto per gli atti vincolati la legge non riconosce alcuna possibilità di scelta circa il contenuto e non può dunque riscontrarsi un vizio della funzione;
â€" uno sviamento di tale potere dal fine pubblico da realizzare;
â€" la prova dello sviamento, necessaria per far venir meno la presunzione di legittimità dell'atto amministrativo.
L'(â€") si manifesta essenzialmente attraverso le seguenti figure (dette figure sintomatiche):
â€" travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
â€" illogicità e contraddittorietà della motivazione;
â€" contraddittorietà tra più atti;
â€" inosservanza di circolari;
â€" ingiustizia manifesta;
â€" violazione e vizi del procedimento che non si concretizzino in violazioni di legge;
â€" vizi della volontà;
â€" mancanza di idonei parametri di riferimento;
â€" violazione di principi generali del diritto.

Da: ........................27/04/2013 14:08:10
ora gli idonei si lamentano della prova? ma questo concorso non era perfetto? è perfetto fin quando vi conviene... TAR pensaci tu...

Da: track327/04/2013 15:41:46
qualcuno può darmi qualche ragguaglio sulla storia dello scorrimento della graduatoria per l'accesso al tirocinio nell'eventualità che ci siano degli interni. Ho fatto la 2 prova in Sicilia e da quanto ho appreso sò che su 75, 48 sono interni.

Da: xpio27/04/2013 16:28:43
T.A.R. [tribunale amministrativo regionale]
Organo di giustizia amministrativa di primo grado, istituiti con L. 1034/1971. è composto da un presidente e da almeno cinque magistrati amministrativi regionali che sono reclutati con concorso pubblico; essi concorrono a formare, a seguito della L. 186/1982, un unico personale di magistratura amministrativa.
hanno tre diverse specie di competenza:
â€" una giurisdizione generale di legittimità (artt. 2, 3 e 4 L. 1034/1971): ha ad oggetto atti lesivi di interessi legittimi in  questo caso possono solo annullare l'atto illegittimo, ma non possono riformare né sostituire l'atto annullato;
â€" una giurisdizione eccezionale di merito per materie tassativamente determinate dalla legge (art. 26 L. T.A.R.): l'atto è sindacato non solo sotto il profilo della legittimità ma anche sotto il profilo della convenienza e dell'opportunità. Ne consegue un ampliamento dei poteri di cognizione, di istruzione e decisione del giudice, che può annullare l'atto per motivi di legittimità o per vizi di merito, riformarlo in tutto o in parte, sostituirlo con un altro da esso stesso formato.

Da: xpio27/04/2013 23:05:48
l'affidamento legittimo e ragionevole  impone al soggetto pubblico che voglia allungare le sua fauci lato sensu ablatorie di tenere nel debito conto l'interesse alla conservazione di un vantaggio/bene/utilità conseguito in buona fede dal privato grazie ad un previo chiaro atto della pubblica amministrazione all'uopo diretto.
l' elemento oggettivo, che rende l'affidamento ragionevole, esso impone che il vantaggio che il privato disperatamente difende rispetto alle ansie acquisitive della p.a. sia chiaro, non nebuloso; certo non possibile; univoco, non opaco. E' all'uopo necessario che esso trovi la sua scaturigine in un comportamento attivo , non bastandone uno omissivo; in un atto formale, non essendo sufficienti meri facta conludentia; in un atto efficace e vincolante, non essendo idoneo un atto endoprocedimentale ed impotente.
l'esercizio del potere riconosce un preesistente bene attribuito in modo chiaro ed univoco da un provvedimento espresso ed efficace
ll'elemento soggettivo, è  che il privato resista ,   al fine di difendere un'utilità ottenuta nella plausibile convinzione di averne titolo. E'  l'affidamento condito dalla buona fede.

Da: xpio28/04/2013 12:22:22
L'accertamento dei fatti entra così a far parte del processo amministrativo e consente al giudice di verificare se il potere sia stato esercitato sulla base di presupposti corretti o di un travisamento dei fatti (altra figura sintomatica).

L'utilizzo del parametro della ragionevolezza e della proporzionalità consente infine al giudice di trasformare il proprio controllo, una volta meramente estrinseco, in un controllo intrinseco sulla discrezionalità, attraverso il quale viene proprio verificato se la comparazione degli interessi in gioco è avvenuta in modo corretto, con un esatto accertamento dei fatti e se la scelta finale non solo sia rispondente all'interesse primario perseguito, ma sia anche ragionevole e proporzionata (con il minor sacrificio possibile degli altri soggetti coinvolti).

Da: proprio così28/04/2013 17:47:43
"L'utilizzo del parametro della ragionevolezza e della proporzionalità consente infine al giudice di trasformare il proprio controllo, una volta meramente estrinseco, in un controllo intrinseco sulla discrezionalità, attraverso il quale viene proprio verificato se la comparazione degli interessi in gioco è avvenuta in modo corretto, con un esatto accertamento dei fatti e se la scelta finale non solo sia rispondente all'interesse primario perseguito, ma sia anche ragionevole e proporzionata (con il minor sacrificio possibile degli altri soggetti coinvolti)."

Questo è ormai uno dei cardini dell'azione amministrativa, la cui verifica comporta un controllo "intrinseco". L'elaborazione ha portato ad almeno una attenuazione dell'andazzo diffuso e secondo il quale formalmente ed esteriormente ineccepibile l'atto esso non era gravabile, il che ha costituito il paravento per ogni comportamento... (diciamo) deviante e deviato (ogni sorta di furberia sottostante).
Comunque i criteri legali (in termini di violazione di legge) sono  quelli dell'art. 35, in concorso per completezza e scrupolo con i necessari od opportuni profili sintomatici dell'eccesso di potere.

(Che poi alla fine: ma cosa gli costa coordinare orari e fare quiz nuovi? Perché non lo fanno? Già...).

Da: .............28/04/2013 19:24:47
ma questo che vuol dire? che possono annullare tutto?

Da: xpio29/04/2013 08:39:52
Secondo me, in un ricorso al TAR, in cui in via principale si chiede, previa sospensiva, la ripetizione della prova, nella quale se si utilizza una banca dati l'AE la deve indicare ufficialmente, oppure se non la utilizza deve elaborare ex novo i quiz da somministrare (originali, inediti, ossia segreti per tutti) e in via subordinata in attesa della decisione sul merito, l'ammissione con riserva di tutti i ricorrenti, con la seconda domanda non si danneggia nessuno, come avvenuto in precedenza con il ricorso codacons appellato al consiglio di stato. 

Da: ...........29/04/2013 11:38:52
Il ricorso è infondato...l'ae poteva somministrare i quiz che voleva...non è antigiuridico e non esiste giurisprudenza contraria....ahimè rassegniamoci e aspettiamo il 10

Da: ............29/04/2013 11:46:35
La 2 prova sarà ripetuta e i quiz li vedremo tutti per la prima volta.
E' l'unica scelta di merito ottimale che tutela tutti: l'AE, i concorrenti idonei, gli interni e gli esterni. E' l'unica scelta di merito ponderata, logica, manifestamente secondo giustizia, trasparente, OPPORTUNA!

Da: ...........29/04/2013 12:04:35
ma scusate, ancora niente relativamente alla sentenza del TAR?

Da: ............29/04/2013 13:05:43
Come volevasi dimostrare:
Da: cuccuro     29/04/2013 13.02.10
E' più fondato il ricorso relativo alla seconda prova che il precedente.
Non lo dico io l'ho chiesto ad un collega amministrativista. Sono stati calpestati tutti i principi di una pubblica selezione

Da: ............29/04/2013 16:09:39
La portata generale e la centralità del principio partecipativo, desumibile anche dal principio di consensualità (art.11 L. 241), e la sua diretta correlazione con gli altri principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, è stata rimarcata più volte dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e dalle Sezioni Unite della Cassazione civile proprio in relazione al tradizionale alto tasso di discrezionalità ed alla libertà dell'A. nell'attuazione delle disposizioni, soprattutto in presenza del recente tessuto normativo di non sempre agevole interpretazione.
In definitiva la partecipazione di che trattasi, l'imparzialità e la trasparenza (nella quale ultima può sintetizzarsi la citata comprensibilità e conoscibilità dell'azione amministrativa), collegate al principio di legalità sostanziale, hanno la precipua finalità: di realizzare un cambiamento radicale di mentalità nella burocrazia italiana; di stimolare la sua azione in non pochi casi inadeguata e soprattutto lenta; di evitare, nello stesso interesse pubblico, indebite deviazioni nell'estrinsecazione della discrezionalità; di preservare, quindi, dalle storture del sistema e dall'arbitrario esercizio dei poteri in qualche caso favorito proprio dallo schermo della discrezionalità tecnica ed amministrativa; di moralizzare, in definitiva , l'agire della P.A.
Il principio di imparzialità, che richiede un'approfondita valutazione delle situazioni concrete, impone, poi, ad ogni amministratore, nell'esercizio della sua delicata funzione discrezionale una equidistanza rispetto a tutti i soggetti che con essa vengono in contatto e ciò per eliminare favoritismi e disparità di trattamento; situazioni e criticità quest'ultime che ancora si annidano, purtroppo, anche in organismi rilevanti che, proprio perché dotate di ampi poteri discrezionali e costituzionale autonomia, dovrebbero rappresentare il punto di riferimento più alto dell'imparzialità e, quindi, la controspinta alla spinta disgregatrice della loro dignità istituzionale e la garanzia della loro stessa funzione : in un sistema democratico il vero prestigio non è più correlato all'esercizio di una funzione ma al modo col quale essa si esercita.
Un contributo notevole per il conseguimento della correttezza e terzietà delle valutazioni e scelte discrezionali della P.A. ha dato, anche, il principio di autolimite .
Quest'ultimo, desumibile dall'obbligo dell'A. di predeterminare e rendere pubblici i criteri disciplinatori della discrezionalità erogativa di vantaggi economici (art.12 L 241) è stato, giustamente, ricollegato dalla giurisprudenza al precetto dell'art.97 Cost. per la sua riconducibilità ai più generali principi di trasparenza e di imparzialità.
Altro importante settore nel quale il principio in parola trova la sua più forte applicazione è quello relativo ai concorsi pubblici e più in particolare a quelli per l'assegnazione dei posti di professori universitari.
Il problema attiene, soprattutto, alla predeterminazione dei criteri di massima di valutazione dei candidati e cioè a quei parametri ai quali le commissioni esaminatrici si impegnano a conformare la propria attività ed i giudizi che sono chiamati ad esprimere.
E' stato, a tal proposito, osservato che l'ampia discrezionalità riconosciuta dalla legge alle commissioni giudicatrici dei concorsi universitari se non consente di costringere i giudizi di valore sulla maturità scientifica dei candidati entro parametri rigidamente predeterminati, non tollera neppure l'omissione di qualsiasi criterio, anche solo orientativo, idoneo ad indirizzare le valutazioni dei candidati in modo omogeneo e rispettoso delle regole della trasparenza.
La necessaria elaborazione preventiva dei criteri di valutazione costituisce, anche e soprattutto in questo campo, un auto - limite della discrezionalità e un'importante garanzia per i concorrenti perché, nel loro interesse, rende meglio comprensibili i risultati concorsuali.
Tale auto-limite ed il sindacato, anche sostanziale, sulla discrezionalità tecnica hanno manifestato tutta la loro importanza pratica in relazione proprio a quei settori ed ordinamenti avvezzi a trincerarsi dietro tale nozione per mascherare forme, apparentemente non percepibili, di cooptazione del personale.
L'esposto quadro generale sui cardini che oggi reggono l'ordinamento amministrativo e pongono limiti alla discrezionalità della P.A. impone di fare un conclusivo accenno a quello che, a mio avviso, costituisce o dovrebbe costituire il baricentro, il principio informatore dell'agire amministrativo, principio, in concreto, spesso disatteso nel nostro paese.
Intendo riferirmi al principio di responsabilità della P.A. (di derivazione comunitaria) che si interseca con gli altri principi esaminati, con la sindacabilità della discrezionalità tecnica e, quindi, con la problematica risarcitoria : è proprio con riferimento a tale responsabilità che si pone l'esaminato problema di ammissibilità del sindacato in ordine all'attività discrezionale.
Non ho la pretesa di affrontare in profondità la materia della responsabilità della P.A. che costituisce uno dei problemi dottrinari più dibattuti del diritto amministrativo e che, con tutte le connesse questioni, non ha ancora trovato sistemazione in sede giurisdizionale.
Voglio solo ribadire che, a differenza di quanto avveniva in passato, il cittadino del terzo millennio, interessato ad un procedimento, non è più il destinatario passivo della discrezionalità e dell'azione dell'amministrazione ma è divenuto beneficiario di doveri amministrativi che la giurisprudenza, a partire dalla nota sentenza della cassazione n. 500/1999 , che ha abbattuto il dogma della irrisarcibilità dei danni da lesione degli interessi legittimi, identifica, appunto, nei principi e nelle regole di imparzialità, di correttezza e buona amministrazione, alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve ispirarsi e che il giudice può valutare, in quanto si pongono come limiti alla discrezionalità.
La P.A., infatti, anche quando agisce nell'esercizio di poteri tecnico-discrezionali ( c.d. discrezionalità tecnica) è tenuta ad osservare non solo le norme primarie e secondarie, ma anche le regole anzidette ed i criteri di diligenza e prudenza imposti dal precetto del neminem laedere.
L'interesse al rispetto delle regole di svolgimento della discrezionalità e dell'attività amministrativa ha assunto sempre più, a seguito della procedimentalizzazione di quest'ultima, un autonomo rilievo, per cui l'inadempimento e la violazione delle regole stesse integrano pur sempre una qualche responsabilità per i danni cagionati; soprattutto nell'attuale momento storico connotato dalla nascita di nuovi diritti e dallo sviluppo di tecniche risarcitorie delle più varie posizioni personali.

Da: ............29/04/2013 16:34:53
Questa oscillante tendenza proseguirà per alcuni lustri successivi al secondo dopoguerra, periodo nel quale la giurisprudenza del Consiglio di Stato negherà in alcune decisioni la sindacabilità del giudizio dell'amministrazione, sul rilievo che esso rientrasse nell'apprezzamento tecnico -discrezionale di quest'ultima, mentre in altre l'ammetterà sotto il profilo della logicità.
Col primo indirizzo , di sostanziale sottrazione al controllo giurisdizionale, si finiva per consentire alle amministrazioni pubbliche una illimitata discrezionalità ed una libertà di determinazione in un regime di franchigia o di privilegio quasi assoluto.
Negli anni 60 e 70 si andrà sempre più accentuando quella giurisprudenza tendente ad ammettere, in vari settori cruciali, il sindacato estrinseco sulle valutazioni tecnico discrezionale dell'A. in presenza di elementi sintomatici di scorretto esercizio del potere, quali il difetto di motivazione, l'illogicità manifesta o l'errore di fatto.
Alla base di questa linea vi è stata la spinta evolutiva che innesta le sue radici, soprattutto, nel diritto comune europeo, enucleabile nella convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Questa nuova prospettiva di tutela ha avuto la precipua finalità di correggere le deviazioni più macroscopiche della discrezionalità, che finivano per stringere in una tenaglia anche i diritti fondamentali contro il comune sentire della cultura giuridica europea, tesa a privilegiare l'ottica "del servizio" rispetto a quella "del potere".
Un decisivo colpo d'ala, e cioè una vera e propria svolta ad un più penetrante e rafforzato controllo della discrezionalità tecnica si è avuta a seguito del d.lgs. n. 80 del 1998 (art.35,commi 1 e 3), della legge n. 205 del 2000 (art.7, co. 3, lett. c) ed art.16) e, più di recente, del codice della giustizia amministrativa (d.lgs. n. 104 del 2010 art, art.30 co. 2, art.34 co. 1 lett. c), art.63 e art.64), che ha spostato il baricentro del giudizio dall'atto amministrativo al rapporto sottostante ed al bene della vita inciso.
Ora è ben vero che tale ultima normativa non disconosce il generale divieto di invadere gli spazi riservati al potere amministrativo e quindi l'interdizione ad un'azione giudiziale sostitutiva dell'amministrazione; ma la nuova concezione del giudizio quale strumento di protezione delle posizioni soggettive sostanziali, in applicazione del principio di effettività della tutela, e l'attribuzione al giudice amministrativo del potere di disporre l'assunzione dei mezzi di prova, la consulenza tecnica d'ufficio e di pronunciare sentenze di condanna, anche in forma specifica, ha finito, secondo l'orientamento oggi dominante, per erodere la sfera d'insindacabile discrezionalità tecnica dell'amministrazione, con consequenziali e sempre più frequenti incursioni del giudice nelle valutazioni tecniche della P.A. non sempre scevre da opacità.
Se ne deduce che il sindacato sui giudizi tecnici non può essere ristretto al tradizionale controllo estrinseco, diretto al riscontro di elementi sintomatici di uno scorretto esercizio di potere, ma può esternarsi in un controllo intrinseco sulla discrezionalità tecnica attraverso la cognizione diretta ed esatta valutazione del fatto oggetto del giudizio valutativo, nel caso in cui il controllo formale dell'iter logico non sia sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento impugnato.
A nessuno sfugge la delicatezza di tale questione che ha dato luogo ad accesi dibattiti e contrasti giurisprudenziali.
La materia con riferimento alla quale maggiormente sono venuti a porsi i problemi relativi alla possibilità di un sindacato della discrezionalità tecnica è quella degli esami e concorsi pubblici.
Si è sostenuto, soprattutto in passato, l'insindacabilità dei giudizi espressi dalle commissioni giudicatrici sulle prove di un concorso pubblico.
A tale impostazione tradizionale la giurisprudenza successiva, prendendo le mosse dai profili differenziali che la discrezionalità tecnica presenta da quella amministrativa e recependo sollecitazioni dottrinali, ha affermato che la valutazione relativa ad una prova concorsuale non si concreta in un sindacato di merito ma in un mero accertamento di fatto comprensivo anche delle valutazioni di natura tecnica.
In definitiva questa linea giurisprudenziale ha aperto la strada ad un più sostanziale sindacato sulla discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione.
Si è, infatti, ritenuto, anche di recente, che il giudice amministrativo possa considerare viziata da eccesso di potere la valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di attendibilità, quando non appaiono rispettati i parametri tecnico - scientifici di univoca lettura , (Cons. St. Sez. IV, 30 giugno 2011 n.3896).
In ordine all'intensità del sindacato intrinseco si suole distinguere in dottrina e giurisprudenza tra controllo forte, che si traduce in un potere sostitutivo che consente al giudice di sovrapporre il proprio giudizio tecnico a quello dell'A sul solo presupposto della opinabilità della valutazione tecnica di quest'ultima, e controllo debole che non consente al giudice di surrogarsi ad un potere già esercitato fino ad esprimere proprie autonome scelte ma solo di censurare valutazioni che appaiono inattendibili sul piano della ragionevolezza e coerenza tecnica.
Anche e soprattutto sulla base della recente legislazione e dei profondi cambiamenti nell'assetto dei rapporti e relazioni tra cittadini e potere pubblico, la giurisprudenza più recente ha avuto modo di ritenere ormai tramontata l'equazione "discrezionalità tecnica- merito".
Si afferma, infatti, da oltre un decennio: che il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti della pubblica amministrazione può, come detto, svolgersi in base ad una verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza, quanto al criterio tecnico ed a procedimento applicativo; che la qualificazione degli atti in termini di esercizio di discrezionalità tecnica o di valutazione tecnica non può costituire un ostacolo alla tutela giurisdizionale (fra le altre C.d.S.,sez.V 5 marzo 2001; sez.VI 3 maggio2002, n.2334).
Indubbiamente fare acquistare spazio al terreno del sindacato sulla "discrezionalità tecnica", dissacrando il luogo comune dell'inaccessibilità ai giudizi e alle valutazioni, è conquista di civiltà giuridica, perché tanto le lenti del giudice saranno ampie e affinate, tanto più è garantita l'effettività della tutela.
Oltre che dal predetto quadro normativo e dal conseguente più incisivo controllo giurisdizionale, una forte ripercussione sul limite della discrezionalità dell'azione amministrativa ha avuto la precedente legge 241 del 1990, che costituisce il punto di arrivo del processo evolutivo della discrezionalità stessa e dell'attività amministrativa.
Prima di tale legge la regola nei rapporti amministrazione - amministrati era, in sostanza, il segreto e il silenzio basati sul presupposto di una illimitata discrezionalità, considerata come essenziale al normale svolgimento dell'amministrazione.
La predetta normativa, con la sua carica innovativa, con la disposta tipizzazione dei doveri amministrativi di economicità ed efficacia (art.1), elevati a paradigma di valutazione dell'attività, col riconoscimento del diritto alla informazione amministrativa, ha realizzato un modello di amministrazione fondato su una radicale riforma del modo di essere e di agire della stessa.
Con la L.241/1990 si è finalmente entrati, con un passaggio storico dirompente, nella modernità di uno Stato civile, fondato su un rapporto sempre più paritario e garantistico fra utenti e amministrazione.
In sostanza la trasformazione, in senso aziendalistico, dell'apparato burocratico ha fatto si che l'amministrazione non possa, quindi, più essere sorretta dai tradizionali principi di supremazia, di separazione e segretezza ed i cittadini considerati meri destinatari della discrezionalità e della conseguente azione amministrativa.
Questi ultimi sono divenuti, per legge, beneficiari di obblighi amministrativi con correlati riflessi sull'impostazione del problema della responsabilità dell'A., anche in relazione al fenomeno patologico dei ritardi o mancato esercizio delle sue funzioni, fatti oggi finalmente sanzionati per effetto dell'art.2 bis della L.241/1990, introdotto dall'art. 7 della legge n. 69/2009 e considerati attentamente dal nuovo codice della G.A. .
Questo il rassicurante quadro legislativo che impone quelle regole di correttezza e di buona amministrazione (costituenti limiti alla discrezionalità), alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve ispirarsi, anche se sul piano pratico e concreto, è doveroso rilevarlo, la predetta rivoluzione amministrativa non è stata, a distanza di quattro lustri, completamente realizzata, con il consequenziale, ben conosciuto, deterioramento, anche, dell'economia nazionale : la correttezza ed efficienza dell'attività amministrativa sono fattori di competitività e, quindi, di benessere dei cittadini.
Alcune resistenze, lentezze ed inefficienze della macchina burocratica, finalizzate, spesso, alla difesa della più ampia discrezionalità amministrativa e delle sfere di attribuzioni tradizionali, hanno in pratica prolungato quegli abusi ingiustificati di posizione dominante che in non rari casi, proprio in nome della discrezionalità, sono stati compiuti con danni non solo per il privato cittadino ma anche per la stessa collettività.
Tutto ciò ha impedito la concreta ed ottimale attuazione dei principi della semplificazione procedimentale, di efficienza e speditezza dell'azione amministrativa, in sostanza il rapido evolversi da un'amministrazione - potere, che mal sopporta le regole, ad un'amministrazione - servizio, cosi come emerge dalla Costituzione.
Nonostante ciò una incisiva "ristrutturazione", per così dire, della discrezionalità amministrativa ed una rottura di un sistema burocratico, ingessato nella sua concezione preconfezionata del potere, c'è stata ed è attualmente una realtà .
Un ruolo essenziale per la sua modernizzazione l'hanno svolto, oltre che gli orientamenti giurisprudenziali garantistici, anche le iniziative e le pressioni degli utenti della P.A., soprattutto con le richieste di accesso, istituto, quest'ultimo, finalizzato proprio ad assicurare la trasparenza e l'imparzialità della condotta amministrativa.
Tale rinnovamento (e cambiamento) radicale della discrezionalità della P. A. ha avuto il suo referente in principi, di derivazione costituzionale e comunitaria; primi fra tutti, unitamente ai citati, quelli della pubblicità, della trasparenza, imparzialità, partecipazione e responsabilità che costituiscono, oggi, i valori essenziali di riferimento di ogni comportamento dell'amministrazione.
Il principio della pubblicità e quello connesso di trasparenza, riconducibili entrambi all'art. 97 Cost., sono stati positivizzati con l'art. 1 della legge n.15 del 2005, anche se la conoscibilità e la controllabilità della discrezionalità e dell'azione amministrativa, connaturate ai predetti principi, erano già state assicurate dalla citata legge 241/1990 che, con la disciplina della motivazione, del responsabile del procedimento, dell'avvio del procedimento e più in generale della partecipazione allo stesso procedimento, ha sovvertito l'antica discrezionalità e quindi la stessa attività amministrativa.
I principi medesimi, inerenti entrambi al rapporto dialogante tra pubblica amministrazione ed amministrati, attribuiscono a questi ultimi la possibilità di una più efficace valutazione della discrezionalità e della legittimità dell'azione della stessa amministrazione.
Il principio della partecipazione al procedimento e, quindi, all'elaborazione dell'attività amministrativa oltre che essere uno strumento collaborativo e di accrescimento delle capacità conoscitive dell'A. procedente, favorisce il controllo degli amministrati sui comportamenti discrezionali dei soggetti che agiscono per l'A., stimolandoli a comportarsi responsabilmente, con correttezza e sulla base di parametri di legalità: da ciò la c.d. multifunzionalità dell'intervento del privato nel procedimento.
Il riconosciuto diritto del cittadino alla informazione amministrativa, la sua possibilità di partecipare al procedimento ed il correlativo obbligo della P. A. di ascoltare e valutare le sue ragioni, in altre parole l'inserimento dello stesso nel processo valutativo e decisionale (con la consequenziale attenuazione e riduzione della sfera discrezionale e dell'unilateralità del potere pubblico) determinano, in sostanza, una certa cogestione della discrezionalità, sottraendola alla preesistente situazione di estraneazione e di soggezione alle valutazioni tecniche e scelte ampiamente discrezionali del potere stesso.
Nella nuova ottica legislativa l'intervento del privato col contributo di idee e l'emersione del suo interesse nel procedimento svolgono, invero, un penetrante ruolo in quanto determinano un collegamento, un momento dialettico tra soggetti pubblici e privati cooperanti alla gestione della discrezionalità e dell'attività amministrativa per una migliore soddisfazione dell'interesse pubblico attraverso una gestione più razionale, ponderata e più democratica del potere ( principio di co -amministrazione).

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