>Concorsi
>Forum
>Bandi/G.U.
 
 
 
 
  Login |  Registrati 

NB: La redazione di mininterno.net non si assume alcuna responsabilità riguardo al contenuto dei messaggi.

nuovo concorso uditore giudiziario 2010
2083 messaggi, letto 113557 volte
 Discussione chiusa, non è possibile inserire altri messaggi

Registrati per aggiungere questa o altre pagine ai tuoi Preferiti su Mininterno.

Torna al forum    


Pagina: 1, 2, 3, 4, 5, 6, ..., 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, ..., 65, 66, 67, 68, 69, 70 - Successiva >>

Da: TERRI14/02/2011 23:37:59
HO LETTO LO SVOLGIMENTO DELLE TRACCE DELL'ULTIMO NUMERO DELLA RIVISTA IL DIRITTO PER I CONCORSI.SONO STATE SVILUPPATE DAL CONS. RUSCICA, CHE HA ANCHE CURATO UNA PARTE DEL MENUALE DI CARINGELLA,  A MIO AVVISO SONO CONDIVISIBILI... CERTO CON DELLE PRECISAZIONI: SONO STATE FATTE CON CALMA E CON LA POSSIBILITA' DI EXCURSUS STORICI MOLTO INTERESSANTI..MA NON SI PRETENDE CERTO CHE AL CONCORSO SI RAGGIUNGA UN SIMILE LIVELLO DI APPROFONDIMENTO CIOE' ANCHE SCRIVERE UN TERZO DI QUANTO E' SCRITTO SULLA RIVISTA, CENTRANDO IL FILO LOGICO VA A MIO AVVISO BENISSIMO...

Da: per Terri15/02/2011 15:24:21
Io non condivido molto lo svolgimento della traccia di civile.
Il tema è stato sviluppato come se l'ambito e i limiti dell'intervento del giudice fossero riferiti alla nullità (tra l'altro in generale e non proprio a quella parziale), mentre, a mio avviso, andava riferito all'integrazione del contratto.
In quest'ottica, allora, andava inquadrata la questione della buona fede integrativa, dell'equità e, in generale, il nuovo ruolo del contratto a dimensione sempre più "sociale" frutto dell'incidenza del diritto europeo e della nascita della figura del consumatore.
In quest'ottica, allora, secondo me, andava affrontato il tema della nullità parziale oggetto di revisione da parte delle leggi speciali di attuazione delle direttive comunitarie.
 

Da: TERRI16/02/2011 00:02:50
di penale che ne pensi?
mi sembra l'impostazione giusta..

Da: .....16/02/2011 08:40:46
sì era l'impostazione giusta, dai cos'altro si poteva dire sulla successione di leggi penali, argomento classico e fondamentale del nostro sistema penale caratterizzato dalla norma di cui all'art. 2 del Codice Rocco? 

Da: per Terri16/02/2011 14:50:18
Si penale mi sembra ben fatto.
Personalmente non ho colto il riferimento all'esecuzione della pena con riguardo alla recidiva.
Ho impostato la discussione più sul passaggio della recidiva da generica a specifica con i risvolti sul diritto intertemporale.
Anche di amministrativo ne condivido l'impostazione.
L'unico che non mi convince è il tema di civile che, a mio modesto avviso, non è centrato sulle vere questioni che la traccia chiedeva di affrontare.

Da: per per Terri16/02/2011 18:40:37
ma come fai a dire che civile non è centrato? Di cosa si doveva parlare secondo te?

E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android.
Scaricala subito GRATIS!

Da: TERRI17/02/2011 02:10:13
sapete se il cons. Ruscica tiene il suo corso  a milano?

Da: ;-)17/02/2011 13:35:57
aridaie co sto ruscica

Da: per Terri... per terry17/02/2011 19:14:15
L'ho scritto qualche post più sù.
Nel tema si dà ampio risalto al profilo della rilevabilità d'ufficio della nullità in generale (non tanto di quella parziale), mentre, a mio avviso, i poteri del giudice erano da riferire all'integrazione del contratto.
Cioè ad un intervento (eteronomo) giudiziale volto a riequilibrare un contratto asimmetrico.
In quest'ottica, allora, assume fondamentale rilevanza l'art. 1374 che non incide più sugli effetti, secondo l'impostazione tradizionale, ma su un contratto dato da un insieme di fonti che vanno a eterointegrare il regolamento contrattuale, il quale assume una connotazione sempre più "sociale" volta, cioè, a perseguire interessi anche superindividuali.
Ciò è dato dal nuovo ruolo della buona fede oggettiva che, infatti, trovando il suo fondamento nell'art. 2 Cost., assolve ad una funzione solidaristica nei rapporti tra le parti e indirizza il controllo del giudice, in via integrativa, sul contratto.
Riflesso di tutto ciò è il nuovo volto della nullità parziale che non opera più in casi limitati, ma diviene una regola generale nell'ottica di conservazione del contratto (svolgendo tale nuova nullità una funzione di equilibrio e di giustizia del contratto) e non di una sua demolizione.

Da: ___-----___18/02/2011 12:18:39
Ma come fai a parlare di "funzione di giustizia del contratto"? ma da quando in qua il contratto è giusto? a giurisprudenza ci hanno da sempore insegnato che il contratto non è necessariamente giusto, è "legale" semmai, conforme alla legge, ma non ai criteri di giustizia materiale. Insomma per intenderci: il contratto è mezzo reso disponibile per la perseguibilità dei propri interessi meritevoli di protezione sul piano dell'ordinamento giuridico non certo per assicurare alle parti formali del negozio la soddisfazione effettiva dei propri interessi materiali (il c.d. buon affare).

Da: Matthias18/02/2011 12:25:40
In effetti penso anch'io che il contratto - inteso come fattispecie giuridica - non possa e non debba assicurare necessariamente esigenze di giustizia: se, poni caso, Tizio stipula una compravendita con Caio e gli cede l'appartamento di sua proprietà al prezzo di 350.000 euro, e il valore venale ammonta a sole 200.000 euro, in quanto Caio si trova nella disdicevole situazione di non aver conosciuto correttamente gli andamenti del mercato immobiliare, senza che ivi ricorrano gli estremi per azioni giudiziali di quasivoglia natura (rescindibilità, risolubilità, annullabilità per dolo o per errore etc.), allora nulla potrà ad aver da chiedere Caio per la "inopportunità sostanziale" del negozio da egli volontariamente stipulato.

Da: x Matthias18/02/2011 15:26:24
Sì però l'istituto contrattuale è stato di recente rivisitato da dottrina e giurisprudenza per darvi una conformazione differente sotto diversi profili. Anche se quanto tu asserisci può di certo ritenersi fondato (o comunque fondabile) sulla base di considerazioni riconducibili quanto meno ai principi tradizionali - pur sempre vigenti - in materia di diritto contrattuale generale.
Per quanto concerne l'intervento di cui supra, ritengo di poter dire che l'integrazione del contratto è tematica diversa e distinta da quella della rilevabilità della nullità contrattuale, ciò che veniva effettivamente richiesto, a mio modo di vedere, dalla traccia del tema concorsuale. Ritengo pertanto che l'art. 1374 cc non possa avere la fondamentale rilevanza che intende conferirgli il succitato post, in quanto tale normazione inerisce piu specificamente alla tematica della efficacia contrattuale (e della sua auto ed eterointegrabilità) piuttosto che a quella - ancora una volta da affermarsi come centrale e pertinente - della nullità.

Da: per x Matthias e gli altri18/02/2011 20:49:47
Non condivido.
Il significato che tu intendi dare alla traccia avrebbe avuto senso se il titolo fosse stato: "Nullità parziale del contratto: ambito e limiti dell'intervento del giudice".
Nella traccia di luglio, invece, si fa un espresso riferimento all'integrazione e alla sostituzione del contratto cioè a come il giudice possa intervenire in via integrativa su un contratto parzialmente nullo.
E' vero che non è dato rinvenire un concetto di giustizia del contratto intesa come equilibrio economico (anche se la dottrina "eversiva" la ammette e delle aperture in questo senso sono rinvenibili proprio nella riducibilità ex officio della penale eccessiva), ma oggi è pacificamente ammesso un intervento eteronomo del giudice su un contratto squilibrato in senso normativo.
Questo è il risultato della contrattazione di massa e della nascita della figura del consumatore che ha fatto emergere la figura del "contratto asimmetrico" sconosciuta al legislatore del '42.
Quello che allora era un atto frutto esclusivo della volontà delle parti, secondo l'impostazione giusnaturalistica, e che poteva essere integrato solo in casi eccezionali per assicurare un corretto funzionamento dei traffici giuridici, diviene, oggi, uno strumento a plurimo impiego che persegue anche interessi superindividuali.
Si afferma quello che viene definito l'attacco alla cittadella dell'autonomia contrattuale, sostituendosi ad una logica individualistica (secondo cui il contratto era frutto solo di ciò che le parti avevano voluto e, quindi, insindacabile dal giudice) una solidaristica determinata da una rilettura costituzionalmente orientata delle disposizioni codicistiche con gli artt. 2-41 Cost.
In quest'ottica, allora, non si guarda più alla distinzione tra atto e effetto ma ad un regolamento unitario costituito da una pluralità di precetti che determinano il contenuto del contratto: accanto alla fonte autonoma si aggiunge quella eteronoma (legge in primis, usi ed equità secondo quanto dispone l'art. 1374 c.c. nonchè la buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1375 che trova il suo fondamento proprio nell'art. 2 Cost.).
In definitiva l'influenza del diritto europeo ha portato all'emersione di un nuovo concetto di ordine pubblico economico (di protezione), che ha inciso sul contratto e sull'autonomia contrattuale (non più intangibile) e sulla stessa nullità parziale.
Quest'ultima, infatti, non è più subordinata ad una valutazione di essenzialità, soggettiva o oggettiva, della clausola nulla, ma comporta una separabilità della stessa dal contratto precludendo così il rischio della demolizione dell'intero contratto proprio per tutelare la parte debole.
Tale nullità, allora, finisce per rimodellare e conformare il contratto svolgendo così una funzione di giustizia sostanziale.
Fondamentale in questo senso, anche alla luce dei poteri di integrazione del giudice, l'art. 7 D. Lgs 231/02 e, in generale, le nullità di derivazione comunitaria che, infatti, sono parziali.  

Da: Matthias19/02/2011 07:49:54
Devo riconoscere che quanto si legge nel precedente post ha, da un punto di vista squisitamente teorico, una sua certa valenza descrittiva della realtà positiva dell'attuale sistema ordinamentale, ma cio' nonostante non riesce a definire in maniera adeguata quella che è e rimane la substantia del contratto nella concezione dottrinale e giurisprudenziale ancor oggi dominante.
Caterve di giurisprudenza continuano a vedere nel contratto un mezzo che nulla a che vedere con la giustizia materiale, sibbene un istituto che assicura la tutela formale delle posizioni giuridiche soggettive coinvolte nell'operazione economica. L'attacco alla cittadella dell'autonomia contrattuale, infatti, giammai può tradursi nel superamento dei limiti connaturati all'istituto del negozio giuridico bilaterale, che è e rimane un atto di autoregolamentazione degli interessi privati. Erra, pertanto, chi superficialmente sostiene che siano state superate presunte concezioni tradizionali per le quali il contratto sarebbe stato in passato il frutto solo di ciò che le parti avevano voluto e, quindi, insindacabile dal giudice: giammai il contratto ha avuto questa esclusiva caratterizzazione data l'esistenza da tempo immemore (e comunque dalla regolamnetazione positiva del codice del 1942) di normazioni che consentivano e consentono tuttora di integrare il regolamento contrattuale con regole e criteri di tipo equitativo e consuetudinario (art. 1374 cc), ovvero inerenti alla nozione di buona fede.
In base a tali considerazioni, non si deve ritenere che gli interventi comunitari abbiano determinato uno stravolgimento della lettura del contratto, sibbene solamente un rafforzamento della tutela giurisdizionale delle posizioni negoziali di determinate parti che - da un punto di vista sostanziale - vengono a trovarsi, nell'ambito di una transazione economica, in una posizione di debolezza o di criticità rispetto alla controparte negoziale.

Da: per  Matthias19/02/2011 10:27:44
Condivido in parte quello che affermi.
Il riconoscimento e l'intangibilità dell'autonomia contrattuale è stato volto più che a valorizzare la volontà individuale a regolamentare il mercato.
Ciò ha portato ad una obiettivizzazione dei rapporti che ha precluso qualsiasi indagine del giudice sull'equilibrio delle prestazioni e sugli status soggettivi.
Del resto basta guardare l'evoluzione storico-giuridica del sistema per avere contezza di ciò.
Il legislatore del '42, infatti, non solo non ha richiamato in alcuna norma il negozio giuridico, ma ha anche riunito i due codici per porre al centro del sistema il contratto affrancandolo così dalla proprietà.
Si è, cioè, puntato più sull'oggetto- il contratto (e, quindi, sul dichiarato)- più che sul soggetto -il voluto-.
Ciò spiega la stessa concenzione della causa vista in astratto che è divenuta strumento di controllo dell'ordinamento sull'autonomia privata.
Il contratto è, allora, frutto esclusivo della volontà delle parti (ha forza di legge tra le parti) attesa l'impossibilità per il legislatore di disciplinare esso stesso tutti gli aspetti della vita economica.
Ma tale riconoscimento è sempre finalizzato ad un interesse pubblico generale: la regolarità dei traffici giuridici.
In quest'ottica si spiega la distinzione tra atto ed effetti, il primo rimesso alla volontà delle parti e l'altro all'ordinamento.
Quest'ultimo poteva intervenire eccezionalmente solo quando l'atto di autonomia avesse presentato delle storture.
Tale intervento imperativo era sempre rivolto ai traffici giuridici.
E' con la contrattazione di massa che cambia la visuale.
Si prende coscienza del fatto che in questi casi il contratto non può essere considerato come "l'accordo tra le parti" perchè c'è una disuglianza sostanziale che fa sì che il contratto diventi espressione di una volontà unilaterale anzichè bilaterale.
Si prende coscienza del fatto che il contratto inteso come frutto esclusivo della volontà si fonda su una presunzione di uguaglianza (formale) tra le parti che non si addice più alla moderna contrattazione basata su asimmetrie informative e di potere.
L'autonomia contrattuale perde, così, la sua centralità all'interno del contratto.
Da qui il superamento della distizione tra atto ed effetto e l'affermazione di un regolamento unitario comprensivo oltre che della fonte autonoma anche di quella eteronoma.
Ciò proprio a garanzia degli opposti interessi delle parti.
In quest'ottica si spiega il ruolo della buona fede integrativa (riconosciuto a più riprese dalla stessa giurisprudenza di legittimità) e il ruolo riequilibratore del giudice sulla c.d. procedural justice.
In questo senso le nuove nullità (parziali) di derivazione europea che guardano, infatti, non alla fattispecie contrattuale, ma proprio al regolamento cioè agli interessi concretamente perseguiti.
In quest'ottica rientra, tra l'altro, anche la rivisitazione del ruolo della causa "in concreto": in pratica ad uno Stato imprenditore si è sostituito uno Stato regolatore del mercato.    

Da: Intellettuale giuridico19/02/2011 13:51:03
Le surriferite considerazioni sono, da un lato, stimolanti sotto un profilo storico-evolutivo, ma, da un altro, non pienamente salde in punto di diritto positivo.
L'asserita scarsa rilevanza della volontà individuale nella moderna contrattazione giuridica urta, al fondo, con la persistente natura ontologica del contratto medesimo, mai tradita dal legislatore italiano, di accordo tra le parti, in quanto tale di necessità riferibile alla sussistenza di convergenti volizioni su un oggetto economico, ossia su prestazioni economicamente valutabili.
Ciò deve inevitabilmente condurre a rinnegare orientamenti che obiettivizzino l'atto contrattuale in quanto tale, impedendo financo al giudice di sindacare il profilo, fondamentale ed imprescindibile, della sussistenza e della corretta formazione della volontà negoziale delle parti. Quanto poi al riferimento, dotto ed interessante, alla mancata emersione, nell'ambito della nostra legislazione positiva, della figura del negozio giuridico, non deve condurre a ritenere ammissibile, tuttavia e comunque, una centralizzazione del contratto e di conseguenza una inaccettabile obiettivazione di esso come regolamento oggettivo e disancorato dal controllo volitivo degli autori della regolamentazione.

Da: Uno dei tanti19/02/2011 13:56:04
...ma mi domando: se andaste a lavorare tutti quanti non sarebbe meglio?

Da: per Intellettuale giuridico19/02/2011 15:29:55
Il mancato richiamo al negozio giuridico vale a fondare le considerazioni in precedenza svolte.
Quest'ultimo, infatti, elaborato in epoca ottocentesca, è nato proprio come esaltazione della volontà individuale testimoniata dalla teorizzazione di un'unica categoria (costituita da atti inter vivos e mortis causa, da atti unilaterali e bilaterali) il cui dato unificante era rappresentato dalla manifestazione di volontà del privato.
All'interno di tale categoria vi era anche il contratto.
Con l'evoluzione della realtà economica e la conseguente perdita di centralità della proprietà (che era nel c.c. del 1865 il centro motore del sistema), il contratto comincia ad acquistare sempre più importanza all'interno del genus negozio giuridico perchè in grado di mediare la soggettività del volere con le necessità del mercato.
E' in questa fase che comincia a darsi rilevanza al "dichiarato" più che al "voluto".
Il legislatore del '42 ha, allora, recepito tale cambiamento e non solo non ha richiamato il negozio giuridico, ma ha unificato i due codici proprio per porre al centro del sistema il contratto che è divenuto, così, lo strumento principe dello scambio.
Ciò, allora, ha portato ad obiettivizzare i rapporti e a non dare eccesivo rilievo all'interno volere delle parti.
Del resto si è puntato proprio sull'affidamento dei terzi in buona fede (in un'ottica di certezza dei traffici giuridici), i quali fanno salvi i loro acquisti anche quando manca un'effettiva volontà delle parti.
Emblematica in questo senso la simulazione e, in generale, le ipotesi dell'apparentia iuris.
Si è, allora, puntato più che sulla volontà, sulla regolarità dei traffici giuridici.
Tale sistema è stato però messo in crisi dalla moderna contrattazione di massa e dalla nascita del consumatore, "parte debole" del rapporto.
E' in questa nuova ottica che sono venuti in considerazione gli status soggettivi e la configurabilità di contratti asimmetrici.
L'intervento eteronomo sul contratto non ha comportato modifiche di qualità dell'autonomia contrattuale, ma è più rispondente ad una realtà sociale ed economica diversa rispetto a quella pensata dal legislatore del '42.
Il contratto era ed è sempre un atto di autonomia privata ma questa va conformata alle nuove esigenze economiche e sociali sempre più rivolte alla libera concorrenza nel rispetto dei principi solidaristici.
Il contratto assume cioè sempre più una connotazione "sociale".   

Da: ciccia 19/02/2011 15:46:55
ero io la vera ragazza che ha scritto " per i napoletani...." e chiedeva di un corso al centro storico...sono della prov di caserta e nn ho macchina personale, per quest mi interessava un corso in prossimità del centro storico napoletano, che nn sia mancusi barone....e che sia facilemnte raggiungibile ecco....se poteste aiutarmi

Da: simo-19/02/2011 15:47:02
bastaaaaa!! avete rotto!!!

Da: Egisto19/02/2011 15:51:50
Onestamente mi trovo d'accordo con quanto afferma Intellettuale giuridico. Non credo che la soggettività del volere debba essere rinunciata e possa essere rinunciabile alla stregua dell'orientamento manifestato dalla nostra giurisprudenza. Non si può comunque abdicare al mercato e alle sue esigenze: il contratto è un accordo e una convergenza di volontà. Cosi sostiene daltra parte la nostra giurisprudenza di Cassazione.

Da: Oscar19/02/2011 16:28:13
Si ma alla fine della fiera condividete quanto scritto sulla rivista?
Siete dell'idea che dovesse darsi rilievo alla rilevabilità d'ufficio della nullità oppure ritenete, come scritto qualche post più su, che questa ricostruzione sarebbe stata più pertinente se il titolo esatto fosse stato: "nullità parziale del contratto: ambito e limiti dell'intervento del giudice"?
Cioè senza riferire i poteri del giudice all'integrazione e alla sostituzione delle clausole.

Da: x Oscar20/02/2011 20:37:30
Le due profilazioni sono strettamente interconnesse, secondo me: nullità e integrabilità/sostituibilità delle clausole non si possono, di per sé e a ben osservare, scindere. Se dichiaro nulla la clausola, poi dovrò pur integrare il contratto o sostituirla con altra clausola o norma legale sostitutiva? Altrimenti di cosa intendi trattare in un tema di otto pagine di foglio protocollo?

Da: Oscar21/02/2011 00:03:24
Il discorso è molto semplice: si tratta di stabilire se i poteri d'intervento del giudice vadano riferiti all'integrazione del contratto o alla rilevabilità della nullità.
Sono due cose molto diverse.

Da: x Oscar21/02/2011 07:45:45
Sì però, come ho spiegato prima, sono strettamente interconnesse e non se ne può trattare separatamente

Da: Oscar21/02/2011 12:45:14
Non è proprio così.
Quella di cui parli tu è un'integrazione cogente che viene fatta con norma imperativa.
Il problema è stabilire se tale integrazione, a seguito di una nullità parziale, possa essere fatta anche dal giudice.
Il problema è, cioè, stabilire se i poteri del giudice vadano riferiti alla rilevabilità della nullità parziale (ritenendo che l'integrazione avvenga poi in via cogente), o all'integrazione del contratto.
La differenza non è di poco conto e vale a fondare due temi completamente diversi.

Da: x Oscar21/02/2011 13:36:09
Appunto, nel tema andava trattata la duplice tematica della rilevabilità della nullità da parte del giudice e, conseguentemente, della sussistenza e consistenza dei poteri integrativi/sostitutivi dello stesso giudice. Come vedi i temi sono strettamente interconnessi. Mi auguro di non doverlo ripetere un'ennesima volta :)

Da: Matthias21/02/2011 13:40:55
L'esistenza di un inestricabile connubio delle due tematiche evincibili dalla traccia mi pare indiscutibile....mi sembrerebbe invece più interessante l'approfondimento delle problematiche, di stampo prevalentemente storico-teorico-dogmatico, che si dicevano in antecedenza, ove si dibatteva della ontologia dela contratto nella moderna concezione dottrinale e giurisprudenziale italiana. Continuiamo, vi prego: invito "Intellettuale giuridico" e gli altri a riassumerla.

Da: Oscar21/02/2011 14:24:51
Ok.
Il mio intervento era però rivolto al tema svolto sulla rivista dove si dà rilevanza esclusivamente alla rilevabilità d'ufficio e, in cui, viene richiamata solo l'integrazione ope legis e non ope iudicis.

Da: per Matthias21/02/2011 23:48:11
Penso di aver già detto abbastanza cmq cerco di esplicitare meglio il mio pensiero.
Ho detto che il legislatore del '42 ha preferito puntare più sull'oggetto che sul soggetto: ciò trova conferma nel mancato richiamo al negozio giuridico.
Si è, cioè, posto al centro del sistema il contratto puntando più sul dichiarato che sul voluto: ciò spiega, da un lato, la regola secondo cui il contratto "ha forza di legge tra le parti" (pacta sunt servanda) e, dall'altro, il disinteresse di dottrina e giurisprudenza per l'equilibrio delle prestazioni nell'ambito delle pattuizioni private.
Il contratto era (e rimane sostanzialmente) un atto privato le cui scelte sono insindacabili da parte del giudice.
Tutto ciò porta, allora, ad obiettivizzare i rapporti e a non ricercare quale sia stato l'interno volere dei soggetti.
Manca, infatti, nella disciplina del codice, una norma di "giustizia" del contratto: le uniche ipotesi in questo senso (es. rescissione per lesione ultra dimidium) hanno il crisma della tipicità in quanto eccezionali e non espressive di un principio generale.
Il fatto che si sia preferito puntare più sul contratto che sulla volontà trova poi un riscontro positivo nella tutela dell'affidamento dei terzi in buona fede (acquisti in caso di simulazione, art. 2652 n. 6, ecc.).
Il legislatore ha allora preferito tutelare un interesse pubblico generale: la certezza e la regolarità dei traffici giuridici.
il contratto in questo senso rappresenta lo strumento cardine dello scambio e dell'imprenditorialità.
Esso è frutto esclusivo della volontà perchè solo così si può tutelare la regolarità dei traffici giuridici.
Questo sistema si basa su una presunzione di uguaglianza formale tra le parti che oggi è, però, smentita dalla moderna contrattazione di massa che ha portato all'emersione della figura del consumatore e, in generale, della parte debole del rapporto.
Si è affermato un nuovo concetto di ordine pubblico di protezione che evidenzia come statisticamente i rapporti siano basati su una disuglianza sostanziale che finisce con il determinare delle asimmetrie informative e di potere che fanno del contratto non più un atto frutto di un "accordo bilaterale".
Esso, anzi, finisce con il risolversi in una volontà unilaterale che viene imposta alla controparte più debole.
Sotto questo aspetto è allora difficile configurare un vero e proprio accordo inteso come momento formativo dell'assetto con cui le parti autoregolamentano i loro interessi.
Ecco perchè emerge la necessità di una rilettura costituzionalmente orientata delle disposizioni codicistiche con particolare riguardo agli art. 2 e 41 Cost.
Il contratto, in sostanza, non è più espressione di una logica individualistica, ma assume una connotazione sempre più sociale frutto di una logica solidaristica.
Il regolamento contrattuale, allora, non può più essere considerato, oggi, solo come atto di autonomia privata, ma come la risultanza anche di altre fonti che hanno come scopo quello di tutelare il mercato e la libera concorrenza.
Viene meno quell'impostazione giusnaturalistica che portatva a distinguere tra atto ed effetto e si ritiene che l'art. 1374 c.c non incida più sull'effetto, cioè sulle lacune del contratto, ma vada ad integrarne il contenuto: ciò appare, peraltro, anche più conforme ad un sistema che vede la presenza di norme (es. 1339, 1419, 2° comma, 1815, 2° comma, ecc.) che incidono cmq sul contenuto del contratto anche in presenza di una difforme volontà delle parti.
Ulteriore conferma arriva anche dalla rivisitazione del ruolo della causa che coincide oggi con la ragione dell'affare e ha riguardo agli interessi concretamente perseguiti dalle parti.
Tutto ciò dimostra, allora, come si sia abbandonata quella logica che, per tutelare un interesse pubblico generale, finiva per guardare al contratto solo come fattispecie avente i suoi requisiti essenziali.
Oggi si guarda, invece, al regolamento (frutto anche di fonti eteronome) che meglio si cala nell'assetto degli interessi delle parti: da qui il ruolo delle nuove nullità che vanno, infatti, a rimodellare il contratto in un'ottica rimediale volta alla sua conservazione anzichè ad una sua demolizione. 

Pagina: 1, 2, 3, 4, 5, 6, ..., 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, ..., 65, 66, 67, 68, 69, 70 - Successiva >>


Torna al forum