>Concorsi
>Forum
>Bandi/G.U.
 
 
 
 
  Login |  Registrati 

NB: La redazione di mininterno.net non si assume alcuna responsabilità riguardo al contenuto dei messaggi.

CONCORSO MAGISTRATURA 2019
25238 messaggi, letto 1294040 volte
 Discussione ad accesso limitato, solo gli utenti registrati possono scrivere nuovi messaggi

Registrati per aggiungere questa o altre pagine ai tuoi Preferiti su Mininterno.

Torna al forum    


Pagina: 1, 2, 3, 4, 5, 6, ..., 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, ..., 837, 838, 839, 840, 841, 842 - Successiva >>

Da: Edo18225/06/2019 14:18:47
Scusate, mi sorge un dubbio amletico. Nella foga della consegna della seconda giornata, avvenuta a pochi minuti dalla scadenza dell'ottava ora, potrei aver inserito nella busta grande anche un foglio protocollo bianco, intonso. So che, per regolamento, tutti i fogli non utilizzati andrebbero restituiti ai commessi. Eventualmente, l'inserimento del foglio bianco configura causa di esclusione? Mannaggia alla mia dabbenaggine.

Da: Per concorso 201925/06/2019 14:18:50
Aggiungo la tua magnifica argomentazione giuridica all'elenco delle altre perle.

Da: FGLAW lha spiegata25/06/2019 14:19:22
lungi da me ogni intento pubblcicitario, tuttavia, visto che tu la intravedi in ogni mio intervento, segnalo che sono previsti due open day gratuiti;

- il primo a Milano l'8 luglio

- il secondo è una novità assoluta poichè si svolge in videoconferenza e tutti possono partecipare persino con lo smart phone

sarà possibile formulare domande e sarà dato l'assegno per le vacanze, oltre ad indicazioni sullo studio estivo


in più per chi vuole risparmiare fglaw sta promuovendo gruppi dove si raggiunger persino una scontisca del 50% dove - a conti fatti - l'intero corso ti costa più o meno 600 euro

hai capito bene: tutto il corso 600 euro!!!!

per di più per i neolaureati ci sono le borse del tutto gratuite

ciao ciao, anzi come dice un illustre utente del forum, bacino!

Da: concorso2019 25/06/2019 14:28:10
in che senso concorso nel reato proprio?
intendi l esattore che concorre col mandante nel 393?
elemento del 393 è il poter ricorrere al giudice, cosa che l esattore non puó fare, a meno che non vi sia a monte un titolo di legittimazione attiva (81cpc).
oppure dovresti ipotizzare che il mandante ha invitato l incaricato a usare minaccia o violenza.. la traccia non lo dice e comunque non saprei dire adesso se c è concorso nel 393 visto che la condotta materiale sembra appannaggio esclusivo del mandante..
il tema é più problematico per le non richieste che per quanto oggetto di traccia.
é un giochetto questo a vantaggio di chi ha letto la sentenza. lo studio del penale qua nn c è.
il punto era solo uno: esercizio o estorsione, concorso appte o formle o reato complesso..
c é chi nn sa nulla di penale ma avendo letto per caso la sentenza passa;
c é chi ne sa molto ma è andato fuori traccia..
scelta della commissione: temi che premiano il caso..
nei concorsi seri tale evenienza è esclusa in radice: premiano i migliori.
in ordinaria la pochezza culturale di sfaticate commissioni seleziona di tutto.
e chi frequenta i tribunali lo sa benissimo

Da: FGLAW lha spiegata25/06/2019 14:31:01
L'OPEN DAY "VIRTUALE" GRATUITO IN VIDEOCONFERENZA SI SVOLGE IL 5 (PROVA COLLEGAMENTO) E IL 6 LUGLIO (OPEN DAY)

ci si può collegare il computer, con il tablet, con lo smart-phone

si possono rivolgere domande al docente

ci si può confrontare con gli altri partecipanti

insomma si mostra anche il funzionamento della videoconferenza

Da: Gigiagigia25/06/2019 14:31:37
La motivazione per cui parlare dell'incaricato di pubblico servizio è semplicemente assurdo è questa:
- la traccia aveva ad oggetto l' incarico di riscuotere  un credito usando violenza o minaccia. Chi ha parlato dell'incaricato di pubblico servizio lo ha, quindi, fatto sul presupposto che la p.a. gli abbia ordinato di riscuotere un suo credito usando violenza o minaccia. Davvero pensate che la commissione abbia potuto assegnare una traccia su una fattispecie tanto grottesca dal punto di vista della fattispecie reale?
- se invece avete considerato l'ipotesi dell'incaricato di pubblico servizio che, autonomamente, usi violenza o minaccia nella riscossione all'insaputa del mandante, il fuori traccia è ancora più evidente, visto che, se l'italiano non è un'opinione, la violenza e la minaccia erano oggetto dell'incarico.

Così è ok?

E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android.
Scaricala subito GRATIS!

Da: x fglawsss25/06/2019 14:35:55
sei indegno ciao

Da: FGLAW lha spiegata25/06/2019 14:37:46
Scusate ma più della spiegazione di Macchia (Consigliere delle Sezioni unite penali) e di Fava che cosa volete?

Forse non l'avete ancora letta.

Per vostra comodità ed un costruttivo confronto la trascrivo di seguito (estratto sito fglaw, sezione tracce centrate).


PROVA SCRITTA IN DIRITTO PENALE DEL 5 GIUGNO 2019



Traccia di PENALE: La responsabilità penale dell'incaricato alla riscossione del credito di terzi mediante violenza o minaccia.



Svolgimento ragionato sintetico a cura del Cons. Alberto Macchia.

La traccia evoca come primo punto di riflessione di carattere generale il tema del concorso di persone nel reato. Dunque, un primo approfondimento merita la natura e la funzione stessa della fattispecie concorsuale considerato che l'incarico implica un "mandato" che presuppone l'ontologico accordo di un mandante e di un mandatario. Esiste, dunque, già un primo punto di interesse, rappresentato dal fatto che è proprio la disciplina del concorso a consentire la "tipizzazione" dell'illecito. Solo attraverso il "combinato disposto" della generale previsione dettata dall'art. 110 cod. pen. e della figura incriminatrice di parte speciale è possibile configurare "l'esaurimento" della fattispecie in capo ai "compartecipi" dell'illecito. La natura e le caratteristiche del "mandato" spiegano, dunque, tutta la relativa carica di "predefinizione" della condotta esecutiva, dal momento che, in ipotesi di "scostamento" dal programma concordato può trovare applicazione il peculiare e problematico regime stabilito dall'art. 116 cod. pen., con le correlative aperture interpretative sul versante della "colpevolezza".

Da qui l'ulteriore passaggio alla analisi delle diverse forme in cui può articolarsi il concorso, dal momento che non per tutti i reati "l'esecuzione" può essere delegata a terzi. Ma, tenuto conto del fatto che l'"incaricato" è portatore di una posizione soggettiva qualificata determinata dal mandato, il quale a sua volta presuppone l'esistenza, in capo al terzo, di una posizione anch'essa qualificata dalla esistenza del credito vantato, sorge il problema - in ipotesi di mandato alla riscossione del credito con violenza o minaccia - del titolo di estensione della responsabilità, e del più generale problema del concorso nel reato "proprio" e dell'eventuale mutamento del titolo del reato a norma dell'art. 117 cod. pen. Disciplina, quest'ultima, che merita attenzione per i problemi che essa pone in teoria generale e sul versante della relativa portata derogatoria rispetto ai principi sanciti dall'art. 47, terzo comma, cod. pen. Sul piano oggettivo, infatti, il titolare di una determinata qualità soggettiva  - quello che di regola si qualifica come "l'intraneo" - deve realizzare la condotta tipica solo nei casi dei cosiddetti "reati esclusivi", i quali, per loro natura, sono reati definiti "di mano propria", vale a dire a realizzazione personale, in quanto non possono essere realizzati "per interposta persona" ( si pensi al falso giuramento, che richiede la condotta da parte di quello specifico soggetto; all'incesto, che presuppone il rapporto sessuale tra persone legate da vincoli specifici). Non così accade - secondo alcuni - per i reati propri (quelli che richiedono, ad esempio, la qualifica di pubblico ufficiale) ma non esclusivi, così come per i reati cosiddetti "semiesclusivi", nei quali il fatto, senza la qualifica, subirebbe soltanto un mutamento del titolo del reato, vale a dire si trasformerebbero da reato proprio in un reato comune (peculato, appropriazione indebita). Teli distinzioni rileveranno per quel che si dirà a proposito di un recente e in parte discusso approdo giurisprudenziale.

Lo sviluppo ulteriore della traccia non potrà non misurarsi con quelle fattispecie che più da vicino - anche alla luce della evoluzione giurisprudenziale - affrontano il tema della riscossione di crediti mediante l'uso della violenza o della minaccia. In particolare, vengono in discorso i problematici rapporti tra le fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle cose o con violenza o minaccia alle persone (artt. 392 e 393 cod. pen.), ed il ben più grave delitto di estorsione di cui all'art. 629 cod. pen. Il primo, come è noto, è un delitto contro l'amministrazione della giustizia il cui prestigio viene leso appunto dal fatto che il privato, pur potendo ricorrere al giudice, si fa ragione "arbitrariamente" da sé medesimo, usando metodi in sé antigiuridici, e tesi a coartare la libertà di autodeterminazione del singolo. L'estorsione, invece, è reato contro il patrimonio e la libertà di autodeterminazione della persona, integrato dalla condotta di chi con violenza o minaccia, costringendo taluno a fare od omettere qualcosa, procura per sé o per altri un "ingiusto profitto", con altrui danno. Le due fattispecie, vanno quindi analizzate con attenzione, perché i relativi connotati si presentano in molti casi sfuggenti, dando luogo a perplessità, proprio nelle ipotesi "classiche" in cui terzi si intromettano - con condotte violente - per riscuotere somme, non sempre facilmente riconducibili ad un credito certo, liquido ed esigibile ed azionabile davanti al giudice.

In giurisprudenza, infatti, è assolutamente prevalente l'orientamento secondo il quale integra il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la condotta minacciosa o violenta che, estrinsecandosi in forme talmente aggressive da annichilire le capacità di reazione della vittima e trasformarla in mero strumento di soddisfazione delle pretese dell'autore, esorbita dal ragionevole intento di far valere un preteso diritto. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la qualificazione come estorsione della condotta di un soggetto che, per far valere un credito verso la persona offesa, aveva preteso interessi usurari e l'aveva sottoposta ad un violento pestaggio). (Sez. 2, n. 55137 del 03/07/2018 - dep. 10/12/2018). Ma l'assunto potrebbe essere smentito dal fatto che, strutturalmente, le due fattispecie non divergono per "qualità" della condotta, tant'è che l'art. 393 espressamente prevede una aggravante se la violenza o la minaccia alla persona è commessa addirittura con armi. Un orientamento minoritario, infatti, afferma che integra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, e non quello di estorsione, la condotta di chi si adoperi con violenza o minaccia per realizzare un preteso diritto che potrebbe tutelare in sede giudiziale, anche se utilizza modalità di particolare forza intimidatoria, atteso che l'intensità o la gravità della violenza o della minaccia non costituiscono profili oggettivi incidenti sulla qualificazione giuridica del fatto. (Sez. 1, n. 6968 del 20/07/2017 - dep. 13/02/2018).

La terza parte dello sviluppo della traccia richiede, nell'ambito del concetto di "incaricato", l'analisi delle diverse posizioni che l'esattore può assumere ove per l'adempimento del mandato impieghi, per conseguire il pagamento del credito, l'uso della violenza o della minaccia. Ad una prima riflessione di carattere teorico sulla sussistenza o insussistenza, in capo all'incaricato, della stessa "posizione" del titolare di un credito giudizialmente azionabile, deve conseguire una analisi della possibile "frattura" che subisce la condotta "arbitraria", a seconda che la stessa sia esercitata direttamente dal titolare (integrazione della fattispecie), oppure per il "tramite" della tipizzazione offerta dall'art. 110 cod. pen., dal momento che le "prospettive" delle condotte possono anche divergere. Altro, infatti, è l'agere dell'"esattore" che si limiti a realizzare il "fatto" del creditore, altro è l'esattore "per mestiere" che cura anche un profitto proprio oltre che quello del creditore "mandante". In passato, infatti, la giurisprudenza era orientata ad affermare che integra il reato di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni la condotta di colui che, incaricato dell'esazione di un credito per conto di un terzo, ponga in essere l'attività intimidatoria anche per il conseguimento di un proprio profitto. (fattispecie in cui i concorrenti nel reato procedevano alla spartizione delle somme conseguite). (Sez. 5, n. 22003 del 07/03/2013 - dep. 22/05/2013).

Più di recente, invece, la Corte di cassazione è giunta ad affermazioni diverse. Si è infatti ritenuto che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sia con violenza sulle cose che sulle persone, rientra, diversamente da quello di estorsione, tra i cosiddetti reati propri esclusivi o di mano propria, perciò configurabili solo se la condotta tipica è posta in essere da colui che ha la titolarità del preteso diritto. Ne deriva che, in caso di concorso di persone nel reato, solo ove la condotta tipica di violenza o minaccia sia posta in essere dal titolare del preteso diritto è configurabile il concorso di un terzo estraneo nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni (per agevolazione, o anche morale), mentre, qualora la condotta sia realizzata da un terzo che agisca su mandato del creditore, essa può assumere rilievo soltanto ai sensi dell'art. 629 cod. pen. (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016 - dep. 03/11/2016).

Si tratta di una conclusione che non ha trovato peraltro consensi unanimi in dottrina e giurisprudenza, proprio sul versante teorico della ricostruzione del reato di cui all'art. 393 cod. pen. come reato cosiddetto esclusivo o di mano propria; infatti, la struttura della fattispecie non si presta - sul piano ontologico - ad una simile ricostruzione, finendo per attrarre nel perimetro della assai più grave fattispecie della estorsione le condotte "disinteressate" di quanti si limitino a realizzare il fatto tipico ascrivibile al mandante.



Le attività del Corso (lezioni del Cons. Alberto MACCHIA).

Le varie tematiche inerenti la struttura della fattispecie concorsuale e le sue varie partizioni sono state affrontate a lezione più volte e sotto diversi angoli di visuale.

Anche da ultimo, nel rush finale, si è parlato tanto di concorso di persone che di concorso apparente di norme e dei vari criteri di soluzione (il rapporto tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione, presentando un nucleo comune di condotta materiale, offre spunti al riguardo, in particolare sul versante degli elementi differenziali sul piano del dolo). Quando si è trattato, in particolare, del concorso si è posto l'accento su quelle ipotesi in cui la condotta è esclusiva del soggetto tipizzato dalla norma e si è fatto riferimento ai reati esclusivi, o di mano propria, a quelli semiesclusivi, in cui muta la qualificazione per il soggetto "estraneo" concorrente, e quelli non esclusivi. Il tutto con specifico riferimento al problema della portata da annettere all'art. 116 cod. pen

Nell'ambito della lezione sui reati contro il patrimonio si sono messe in luce le peculiarità che caratterizzano il reato di estorsione e sono stati, nella circostanza, analizzati i caratteri comuni e differenziali rispetto alla figura della "ragion fattasi" (alla luce, anche, delle numerose pronunce della Cassazione soffermatesi sul punto). In particolare, si è accennato alla giurisprudenza restia ad ammettere quest'ultima meno grave figura, tutte le volte in cui vi sia un "eccesso di mezzi rispetto al fine"; e si è fatto riferimento proprio alle figure di "intermediari" come ipotesi tendenzialmente denotativa di un passaggio dall'esercizio arbitrario alla estorsione, quante volte gli "esattori" perseguano un interesse proprio.

E' stato proprio in questo contesto che è stata analizzata, anche criticamente, alla luce della migliore dottrina, la tesi della Cassazione che inquadra l'esercizio arbitrario come ipotesi di reato esclusivo o di mano propria, dal momento che la posizione del soggetto che "si fa ragione" da sé medesimo non equivale - secondo alcuni - ad affermare che si "debba necessariamente" far ragione da sé, ma possa anche agire per il tramite di terzi (un amico, un parente o qualsiasi soggetto non portatore di un "interesse" proprio).



ESAME DELLA GIURISPRUDENZA RILEVANTE (a cura del Cons. Pasquale Fava)

A) SULLA POSSIBILITA' CHE TERZI NON TITOLARI DEL DIRITTO PONGANO IN ESSERE LE CONDOTTE DI ESERCIZIO ARBITRARIO DELLE PROPRIE RAGIONI.

TESI TRADIZIONALE: La tesi che ammette che il terzo, agendo alla stregua di un negotiorum gestor dell'effettivo titolare del diritto, possa commettere il reato di cui all'art. 393 c.p. è stata sostenuta in giurisprudenza, tra l'altro, da:

Cass., 9 aprile 2001, n. 14335: "In tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, il soggetto attivo del reato può anche essere colui che non abbia la titolarità del diritto arbitrariamente esercitato, ma che agisca quale mero negotiorum gestor dell'effettivo titolare (fattispecie relativa all'arbitrario esercizio di un diritto del quale è risultato essere titolare il coniuge del soggetto agente)"

Cass., 20 gennaio 2004, n. 1257: "In tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, soggetto attivo del reato può essere anche persona diversa dal titolare del diritto illecitamente tutelato, quando questa abbia agito secondo lo schema della "negotiorum gestio" (fattispecie relativa a condotta di violenza sulle cose attuata per esercitare il presunto diritto di proprietà di un figlio dell'agente)";

Cass., 29 maggio 2013, n. 23322: "Soggetto attivo del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose può essere anche chi esercita il preteso diritto pur non avendone la titolarità, in quanto, ai fini della configurabilità del delitto, rileva che l'agente si comporti come se fosse il titolare della situazione giuridica e ne eserciti le tipiche facoltà (fattispecie in cui l'imputato, al fine di assicurare la somministrazione di energia elettrica al fondo del padre, aveva collocato nel fondo di un vicino dei pali perché l'Enel potesse esercitare la servitù di elettrodotto)".

TESI INNOVATIVA: Soprattutto in seno alla Sezione II è maturato l'orientamento che ha perorato la natura di reato proprio ed esclusivo della fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con la conseguenza che ove sia il terzo a porre in essere la condotta violenta o minacciosa il reato dovrebbe essere necessariamente qualificato come estorsione.

La tesi è stata sostenuta da Cass., sez. II, 3 novembre 2016, n. 46288, la quale ha argomentato come segue:

"9.2. A parere del collegio, il denunciato contrasto di orientamenti è più apparente che reale.

9.2.1. Occorre premettere che, ai fini della risoluzione del problema in esame, non è possibile trarre utili indicazioni dalla Relazione del Guardasigilli al Re sul progetto del Codice penale, sul punto assolutamente silente.

9.2.2. La materialità dei due reati in questione non appare esattamente sovrapponibile (così Sez. 2^, n. 11453 del 17 febbraio 2016, Guarnieri, rv. 267123), poichè soltanto ai fini dell'integrazione dell'estorsione necessita il verificarsi di un effetto di "costrizione" sulla vittima, conseguente alla violenza o minaccia, queste ultime costituenti elemento costitutivo comune ad entrambi i reati (art. 392 c.p.: "mediante violenza sulle cose"; art. 393 c.p.: "usando violenza o minaccia alle persone"; art. 629 c.p.: "mediante violenza o minaccia"): all'uopo occorre, secondo la dottrina più recente, "che vi sia un nesso causale tra la condotta e la situazione di coazione psicologica che costituisce, a sua volta, l'evento intermedio tra la condotta stessa e l'atto di disposizione patrimoniale che arreca l'ingiusto profitto con altrui danno. Si tratta di un evento psicologico che deve essere causato direttamente dalla condotta del soggetto attivo del reato: se l'effetto di coazione trovasse nell'azione o nell'omissione dell'autore solo uno dei tanti antecedenti non potrebbe mai parlarsi di estorsione. La coazione psicologica si risolve, essenzialmente, nella compressione della libertà di autodeterminazione suscitata dalla paura del male prospettato").

9.2.3. Nondimeno, la possibile valenza dimostrativa di tale disomogeneità può agevolmente essere ridimensionata, ove si pensi che l'effetto costrittivo della condotta estorsiva appare consustanziale proprio alla diversa finalità dell'agente, che mira ad ottenere una prestazione non dovuta, dalla quale l'agente trae profitto ingiusto, e la vittima un danno; diversamente, nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni la violenza o minaccia deve mirare ad ottenere dal debitore proprio e soltanto la prestazione dovuta, come in astratto giudizialmente esigibile.

9.2.4. Sia l'art. 393 c.p., comma 3, che l'art. 629 c.p., comma 2 (in quest'ultimo caso, mediante richiamo dell'art. 628 c.p., comma 3, n. 1) prevedono che la pena è aumentata "se la violenza o minaccia è commessa con armi".

La circostanza aggravante speciale de qua non legittima distinzioni tra armi bianche ed armi da fuoco, ed evidenzia la possibilità di qualificare come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza (o minaccia) alle persone, aggravato dall'uso di un'arma, anche le condotte poste in essere con armi tali da rendere la violenza (o minaccia) di particolare gravità, e comunque sproporzionata rispetto al fine perseguito, o tale da non lasciare possibilità di scelta alla vittima (secondo l'id quod plerumque accidit, disarmata).

Detto riferimento appare decisivo, atteso che, in quest'ultimo caso, la condotta dovrebbe sempre integrare gli estremi del più grave delitto di estorsione, il che, per espressa previsione di legge, non è.

9.2.4.1. Quest'ultima argomentazione non risulta mai esaminata, nè quindi validamente confutata, nell'ambito dell'orientamento riepilogato sub p. 9.1., che si limita tout court a non considerarla.

9.2.5. A parere del collegio, una prima distinzione tra i reati in oggetto può riguardare il soggetto attivo.

9.2.5.1. Invero, il solo esercizio arbitrario delle proprie ragioni può essere commesso, ai sensi degli artt. 392 e 393 c.p., come soggetto agente, unicamente da "chiunque... sì fa arbitrariamente ragione da sè medesimo": detta espressa previsione (sin qui non adeguatamente valorizzata dalla dottrina, che si limita a darne una interpretazione meramente descrittiva, e del tutto trascurata dalla giurisprudenza) impone di ritenere che il solo esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) rientra, diversamente da quello di estorsione, tra i cc.dd. reati propri esclusivi o di mano propria, che si caratterizzano in quanto la loro esecuzione implica l'intervento personale diretto del soggetto designato dalla legge; la condotta tipica oggetto di incriminazione può, quindi, assumere rilievo penale nell'ambito della norma incriminatrice che la prevede e punisce, soltanto se posta in essere personalmente da un determinato soggetto attivo.

9.2.5.2. Tale rilievo potrà risultare decisivo nei casi di reati commessi in concorso, poichè, se la condotta tipica di violenza o minaccia prevista dagli artt. 392 e 393 c.p., è posta in essere da un terzo estraneo al rapporto obbligatorio fondato sulla pretesa civilistica asseritamente vantata nei confronti della p.o., che agisca su mandato del creditore, essa potrà assumere rilievo soltanto ex art. 629 c.p., giammai a titolo di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

In tutti gli altri casi, nei quali la condotta tipica è posta in essere da chi agisce per "farsi ragione da sè medesimo", sarà, al contrario, configurabile - in ipotesi (e salva la considerazione delle eventuali peculiarità dei singoli casi concreti) il concorso (per agevolazione, od anche morale) di terzi estranei alla pretesa civilistica vantata dall'agente nei confronti della p.o. nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

9.2.5.3. Quanto appena osservato costituisce conseguenza diretta ed immediata della particolare oggettività giuridica dei reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, che sono posti a tutela dell'interesse statuale al ricorso obbligatorio alla giurisdizione (il c.d. monopolio giurisdizionale) nella risoluzione delle controversie, in riferimento al quale, se può - in determinati casi (ovvero in difetto della presentazione della querela da parte del soggetto a ciò legittimato) - essere tollerato che chi ne ha diritto si faccia ragione "da sè medesimo", non può mai essere tollerata l'intromissione del terzo estraneo che si sostituisca allo Stato, esercitandone le inalienabili prerogative nell'amministrazione della giustizia.

9.2.6. Nell'ambito della dottrina, può senza dubbio definirsi unanime il convincimento che i due reati in oggetto si distinguano in relazione al fine perseguito dall'agente.

9.2.6.1. Le dottrine tradizionali avevano autorevolmente evidenziato che, nel caso in cui l'agente "non agì per trarre ingiusto profitto dall'azione o dall'omissione imposta al soggetto passivo, ma per uno scopo diverso, potrà ricorrere il titolo di (..) esercizio arbitrario delle proprie ragioni, o altro; ma non quello di estorsione", osservando che "spesso però l'affermazione di voler esercitare un opinato diritto (...), non è che un pretesto per larvare l'estorsione", ed ammonendo i giudici quanto all'opportunità di adoperare "molta cautela nell'accertare il vero scopo dell'agente"; naturalmente, "pur mirando l'agente anche a conseguire il profitto relativo a un preteso diritto esistente o supposto, la estorsione sussiste) quando egli chieda più di ciò che tale diritto comporta".

Ed ancora, che l'estorsione presenta tratti comuni con l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni, "ma a stabilirne la diversità basta l'elemento psicologico, che nel secondo consiste nel fine di esercitare un preteso diritto, quando si abbia la possibilità di ricorrere all'autorità giudiziaria".

Altra dottrina, con pari autorevolezza, ha successivamente ritenuto che l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni "richiede il fine di esercitare un preteso diritto azionabile e l'estorsione la coscienza e volontà di conseguire un profitto non fondato su alcuna pretesa giuridica".

Analogamente, la dottrina più recente afferma, altrettanto autorevolmente, che "il criterio discretivo tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni si fonda sulla finalità perseguita dall'agente: nell'esercizio arbitrario il soggetto attivo, supponendo di essere titolare di un diritto, agisce con lo scopo di esercitarlo, mentre nell'estorsione l'agente è consapevole di conseguire un ingiusto profitto".

9.2.7. Fermo quanto osservato nei p.p. 9.2.5. ss. quanto al soggetto attivo, ed alle conseguenze in tema di concorso di persone nel reato, deve, quindi, concludersi che i delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e di estorsione, pur caratterizzati da una materialità non esattamente sovrapponibile, si distinguono tendenzialmente in relazione all'elemento psicologico: nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se in concreto eventualmente infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella piena consapevolezza della sua ingiustizia.

9.2.7.1. A tal proposito, è, peraltro, necessario precisare, onde evitare possibili (ed anzi, per la verità, molto frequenti nella pratica) interpretazioni strumentali, che, ai fini dell'integrazione del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni:

- la pretesa arbitrariamente attuata dall'agente deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico, e non risultare in qualsiasi modo più ampia, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato (Sez. 5^, n. 2819 del 24 novembre 2014, dep. 2015, rv. 263589);

- l'agente deve essere animato dal fine di esercitare un diritto con la coscienza che l'oggetto della pretesa gli possa competere giuridicamente: pur non richiedendosi che si tratti di pretesa fondata, deve, peraltro, trattarsi di una pretesa non del tutto arbitraria (Sez. 5^, n. 23923 del 16 maggio 2014, rv. 260584), ovvero del tutto sfornita di una possibile base legale. Per la sussistenza del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni non è, infatti, necessario che il diritto oggetto dell'illegittima tutela privata sia realmente esistente, ma occorre pur sempre che l'autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto in ipotesi suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale.

9.2.7.2. In applicazione del principio, è stata, ad esempio, già ritenuta la configurabilità del delitto di estorsione, e non di quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, nei confronti del creditore che eserciti una minaccia per ottenere il pagamento di interessi usurari, poichè in tal caso egli è consapevole di porre in essere una condotta per ottenere il soddisfacimento di un profitto ingiusto, in quanto derivante da una pretesa contra ius (Sez. 2^, n. 9931 del 9 marzo 2015, Iovine, rv. 262566), e con riguardo alla pretesa (esplicitata in più occasioni con violenza e minacce) di ottenere, per conto di terzi creditori, l'adempimento di un debito dal padre del debitore, poichè essa non è tutelabile dinanzi l'Autorità giudiziaria, ma è diretta a procurarsi un profitto ingiusto, consistente nell'ottenere il pagamento del debito da un soggetto estraneo al sottostante rapporto contrattuale (Sez. 2^, n. 16658 del 16 gennaio 2014, D'Errico, rv. 259555, e n. 45300 del 28 ottobre 2015, Immordino, rv. 264967).

9.2.8. Alla speciale veemenza del comportamento violento o minaccioso potrà, peraltro, riconoscersi valenza di elemento sintomatico del dolo di estorsione.

9.2.8.1. E' noto, in generale, che la prova del dolo, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell'imputato, ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni ed, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva, siano i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall'agente.

9.2.8.2. Come acutamente osservato da Sez. 2^, n. 44476 del 3 luglio 2015, Brudetti, rv. 265320, erroneamente, collocata tra le sentenze che accolgono l'orientamento contrario a quello qui sostenuto (che, al contrario, in motivazione premette espressamente di condividere), "considerato che, come rilevato in dottrina, la doloscopia non è stata ancora inventata, e che quindi il dolo può essere tratto solo da dati esteriori, che ne indicano l'esistenza, e servono necessariamente a ricostruire anche il processo decisionale alla luce di elementi oggettivi, analizzati con un giudizio ex ante, appare evidente che le forme esteriori della condotta, e quindi la gravità della violenza e l'intensità dell'intimidazione veicolata con la minaccia, non sono momenti del tutto indifferenti nel qualificare il fatto in termini di estorsione piuttosto che di esercizio arbitrario ai sensi dell'art. 393 c.p.", ben potendo quindi costituire indici sintomatici di una volontà costrittiva, di sopraffazione, piuttosto che di soddisfazione di un diritto effettivamente esistente ed azionabile.

9.2.8.3. Anche Sez. 5^, n. 19230 del 3 maggio 2013, Palazzotto, rv. 256249, a sua volta erroneamente, collocata tra le sentenze che accolgono l'orientamento contrario a quello qui sostenuto, premette di ritenere "certamente esatto il rilievo che si legge nella impugnata sentenza, in base al quale il delitto di estorsione si differenzia da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con minaccia alla persona, non tanto per la materialità del fatto, che può essere identica, quanto per l'elemento intenzionale che, nell'estorsione, è caratterizzato, diversamente dall'altro reato, dalla coscienza dell'agente che quanto egli pretende non gli è dovuto", ed aggiunge che "nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la condotta violenta o minacciosa è strettamente connessa alla finalità dell'agente di far valere il preteso diritto, rispetto al cui conseguimento si pone come elemento accidentale, e, pertanto, non può consistere in manifestazioni sproporzionate e gratuite di violenza, in presenza delle quali deve, al contrario, ritenersi che la coartazione dell'altrui volontà sia finalizzata a conseguire un profitto ex se ingiusto, configurandosi in tal caso il più grave delitto di estorsione".

9.2.8.4. Si è, ad esempio, già ritenuto che integra gli estremi dell'estorsione aggravata dal c.d. "metodo mafioso", e non dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, la condotta consistente in minacce di morte o gravi lesioni personali formulate dal presunto creditore e da un terzo estraneo al rapporto obbligatorio in danno della persona offesa, estrinsecatesi nell'evocazione dell'appartenenza di entrambi ad una organizzazione malavitosa di matrice 'ndranghetistica, per l'estrema incisività della forza intimidatoria esercitata, costituente indice del fine di procurarsi un profitto ingiusto, esorbitante rispetto al fine di recupero di somme di denaro sulla base di un preteso diritto (Sez. 2^, n. 34147 del 30 aprile 2015, P.G. in proc. Agostino, rv. 264628: fattispecie in cui l'imputato, che aveva prestato alla persona offesa somme di denaro nell'esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria, secondo la prospettazione difensiva, per recuperare gli importi erogati, avrebbe potuto proporre azione di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c.).

9.2.9. A ben vedere, il denunciato contrasto di orientamenti (cfr. p. 9 s. di queste Considerazioni in diritto) risulta più apparente che reale, riguardando, oltre che decisioni erroneamente considerate, mere enunciazioni di principio in realtà ininfluenti ai fini della decisione.

9.2.9.1. Nella fattispecie esaminata da Sez. 2^, n. 1921 del 18 dicembre 2015, dep. 2016, Li, rv. 265643, si era accertato che l'agente aveva richiesto al proprio debitore "una somma maggiore di quanto dalla stessa in precedenza richiesto perchè a suo dire bisognava pagare i ragazzi (cioè i concorrenti nel reato da lei chiamati ad agire con violenza e minacce nei confronti della persona offesa)": quindi, anche a prescindere dal fatto che "le modalità di soddisfacimento del preteso diritto erano travalicate in forme di particolare violenza, sistematicità e pervicacia", pure valorizzato, l'agente ed i terzi incaricati della riscossione avevano perseguito la soddisfazione di una pretesa giudizialmente non azionabile.

9.2.9.2. Nella fattispecie esaminata da Sez. 2^, n. 44657 dell'8 ottobre 2015, Lupo, rv. 265316, gli imputati avevano posto in essere condotte violente e minacciose nei confronti delle diverse persone offese - per lo più soggetti in situazione di grave crisi finanziaria finalizzate non solo al recupero di crediti originari, ma anche al perseguimento di un autonomo profitto rappresentato dall'acquisizione della percentuale concordata come "tangente" per la riscossione delle somme, e quindi per la soddisfazione di una pretesa giudizialmente non azionabile.

9.2.9.3. Nella fattispecie esaminata dalla già citata Sez. 2^, n. 44476 del 3 luglio 2015, Brudetti, rv. 265320, alla p.o., sottoposta ad una serie continua di gravi minacce da parte di più persone, singolarmente e in gruppo, "fu poi intimato di firmare cambiali in bianco (che effettivamente in seguito firmò a decine sul cruscotto di un'autovettura nei pressi dello stadio di (OMISSIS)) e venne anche prospettata (...) la possibilità di lavorare, unitamente ai fratelli, presso un'azienda della zona, onde guadagnare le somme necessarie a ripianare l'esposizione debitoria (prospettiva imposta con la forza dell'intimidazione, e non quale espressione sintomatica di una libera scelta lavorativa)": i soggetti agenti perseguivano, quindi, la soddisfazione di una pretesa giudizialmente non azionabile, non essendo mossi dal "ragionevole intento di affermazione di un preteso diritto".

9.2.9.4. Nella fattispecie esaminata da Sez. 6^, n. 17785 del 25 marzo 2015, Pipitone, rv. 263255, i contratti preliminari ai quali, con le violenze accertate, si intendeva indurre le pp.OO. a far seguire la stipula un contratto di vendita di quota, erano "stati stipulati nel 1989, non dagli attuali soci della (...) s.r.l. ma dagli originari soci della stessa (...); occorreva, dunque, un formale conferimento della relativa posizione negoziale nella società e di tanto manca agli atti la prova si che, dal punto di vista documentale, come evidenziato dal Tribunale, la pretesa ancorata al citato preliminare risulta comunque riferibile a soggetti diversi dagli odierni indagati (...)"; i soggetti agenti perseguivano, quindi, la soddisfazione di una pretesa giudizialmente non azionabile.

9.2.9.5. Nella fattispecie esaminata da Sez. 2^, 9759 del 10 febbraio 2015, Gargiuolo, rv. 263298, l'imputato, per riscuotere il suo credito, si era avvalso di due pregiudicati, che avevano minacciato la persona offesa di dare alle fiamme il suo locale e di cagionare gravi lesioni a lui ed ai suoi familiari ove non avesse pagato il debito, ed aveva quindi perseguito la soddisfazione di una pretesa giudizialmente non azionabile, avendo agito anche in danno di terzi estranei al rapporto obbligatorio vantato.

9.2.9.6. Nella fattispecie esaminata da Sez. 5^, n. 19230 del 3 maggio 2013, Palazzotto, rv. 2256249, ricorreva, con riferimento ad entrambi i tentativi di estorsione contestati e ritenuti, la circostanza aggravante di cui alla legge 203 del 1991, art. 7, "in quanto le modalità della minaccia, la sua stessa indeterminatezza, l'intervento di persona formalmente estranea al rapporto tra S. e T., la vicinanza di P. a personaggi della famiglia F. (ovviamente la separazione legale di questo imputato dalla moglie di per sè non può essere circostanza significativa), la richiesta di versare Euro 15.000 a favore proprio della famiglia mafiosa del quartiere, sono tutte circostanze che militano, come correttamente hanno ritenuto i giudici di appello, nel senso della sussistenza dell'utilizzazione del metodo mafioso. E se, erroneamente, anche il secondo giudice ha escluso, con riferimento al primo episodio estorsivo, la sussistenza della predetta aggravante (e tale errore non può essere corretto in mancanza di una impugnazione sul punto della parte pubblica), non vi è ragione per la quale non si debba riconoscerne la sussistenza e la operatività con riferimento al secondo episodio estorsivo". L'estrema incisività della forza intimidatoria esercitata costituiva, pertanto, indice del fine di procurarsi un profitto ingiusto, esorbitante rispetto al fine di soddisfazione di una legittima pretesa civilistica.

9.2.9.7. Appare inutile proseguire la disamina anche in riferimento alle decisioni, in apparenza contrarie, più risalenti.

9.2.10. Vanno, conclusivamente, affermati i seguenti principi di diritto:

- il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) è posto a tutela dell'interesse statuale al ricorso obbligatorio alla giurisdizione (il c.d. monopolio giurisdizionale) nella risoluzione delle controversie;

- il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) rientra tra i cc. dd. reati propri esclusivi o di mano propria, che si caratterizzano perchè la condotta tipica assume rilievo penale nell'ambito della norma incriminatrice che la prevede e punisce soltanto se posta in essere personalmente da un determinato soggetto attivo; ne consegue che, se la condotta tipica di violenza o minaccia prevista dagli artt. 392 e 393 c.p., è posta in essere da un terzo estraneo al rapporto obbligatorio fondato sulla pretesa civilistica asseritamente vantata nei confronti della p.o., che agisca su mandato del creditore, essa non potrà mai integrare il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ma soltanto altra fattispecie. (Nei casi in cui la condotta tipica è posta materialmente in essere da chi intende "farsi ragione da sè medesimo", è, al contrario, configurabile il concorso - per agevolazione, od anche morale - nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni di terzi estranei alla pretesa civilistica vantata dall'agente nei confronti della p.o.);

- il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) e quello di estorsione si distinguono quanto al soggetto attivo, perchè soltanto il primo è un reato proprio esclusivo o c.d. di mano propria, e quanto all'elemento psicologico, perchè, nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non arbitraria, ma ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nell'estorsione, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto ingiusto, nella piena consapevolezza della sua ingiustizia;

- per la sussistenza del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) occorre che l'autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente. La pretesa arbitrariamente attuata dall'agente deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi quid pluris, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato;

- ai fini della distinzione tra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) e quello di estorsione, l'elevata intensità o gravità della violenza o della minaccia di per sè non legittima la qualificazione del fatto ex art. 629 c.p., poichè l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni può risultare - come l'estorsione aggravato dall'uso di armi, ma può costituire indice sintomatico del dolo di estorsione" (Cass., sez. II, 3 novembre 2016, n. 46288).



Successivamente la Cassazione ha ribadito questo nuovo orientamento nelle sentenze Cass., sez. II, 17 maggio 2017, n. 24478, Cass., 11 luglio 2017, n. 33712 e Cass., 31 luglio 2018, n. 36928: "si tratta di giurisprudenza che rassicura sulla qualificazione del fatto come estorsione ogni volta che il titolare del diritto dia ad un terzo il mandato alla riscossione del credito: l'inquadramento dell'esercizio arbitrario come un reato proprio "esclusivo" esclude la delega della condotta di ragion fattasi e, di fatto, in relazione all'art. 393 cod. pen. Inibisce l'operatività della norma generale sul concorso di persone nel reato. La Cassazione ha infatti chiarito che nei reati propri cosiddetti "esclusivi" occorre che il soggetto qualificato (o intraneo), concorrente con altri, sia il personale esecutore del fatto tipico (ad esempio, nel reato di incesto), essendo questa l'indispensabile condizione per la sussistenza del reato proprio, prospettandosi, in difetto, reato comune ovvero nessun reato. Soltanto in tali ipotesi si esige, dunque, la personale realizzazione della fattispecie tipica ad opera dell'intraneo, e tale condizione va ricavata dalla descrizione letterale della condotta materiale o dalla natura del bene o interesse giuridicamente protetto o da altri elementi significativi - ad esempio, particolari rapporti tra autore e soggetto passivo. Diversamente nei reati "propri" comuni, ovvero non "esclusivi" non è indispensabile che proprio l'intraneo sia l'esecutore dell'azione tipica, che può materialmente essere realizzata da altro concorrente, purchè quello qualificato dia, secondo le regole generali, il suo contributo efficiente, in qualsiasi forma, compresa, quindi, quella omissiva della volontaria e concertata astensione dall'obbligo di impedire l'evento (Cass., sez. I 30 aprile 1991, n. 4820). Senza rinnegare tale ultimo approdo si rileva che ogni volta che il mandato alla riscossione del credito è conferito a soggetti dotati di particolare capacità persuasiva in quanto appartenenti a consorzi criminali con riconosciuta capacità criminale è ragionevole che l'azione violenta produca l'effetto costrittivo della libertà personale che, si è visto, è già da solo sufficiente a risolvere la vexata quaestio della diagnosi differenziale tra reati limitrofi. A ciò si aggiunga che di regola il terzo esattore è mosso da un interesse proprio non coincidente con quello del mandante, consistente nell'accrescimento della propria capacità criminale (fonte dell'assegnazione di ulteriori incarichi e generatore di profitti): il che consente, anche da questa ulteriore prospettiva di escludere il concorso nel reato proprio in quanto il profilo soggettivo dell'esecutore in tale caso non è sovrapponibile con quello dell'autore del reato di ragion fattasi, essendo preminente l'interesse personale all'accrescimento del proprio prestigio criminale rispetto alla soddisfazione del credito altrui (in tal senso Cass., sez. II, 18 marzo 2016, n. 11453; Cass., sez. II, 4 ottobre 2016, n. 41433)" (Cass., 31 luglio 2018, n. 36928).



B) I CRITERI PRETORI PER DIFFERENZIARE LE FATTISPECIE DI ESERCIZIO ARBITRARIO DELLE PROPRIE RAGIONI (ART. 392-393 C.P.) ED ESTORSIONE (629 C.P)

La differenza tra esercizio arbitrario e estorsione è problematica reiteratamente affrontata dalla giurisprudenza penale, la quale nel tempo, ha conosciuto una magmatica e complessa evoluzione in ordine ai criteri discretivi.

Si è precisato che i delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e di estorsione, pur caratterizzati da una materialità non esattamente sovrapponibile, presentano in comune il nocciolo della violenza o minaccia, con la necessità di identificare idonei parametri onde differenziare le fattispecie contermini.

B.1.) La giurisprudenza TRADIZIONALE ha escluso la configurabilità del meno grave reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, applicando quello più grave di estorsione facendo leva originariamente sui seguenti criteri:

1) la tutelabilità dinanzi all'autorità giudiziaria del preteso diritto cui l'azione del reo era diretta (mancando tale presupposto, ad accertamento giudiziale preliminare, non potrebbe che sussistere il reato di estorsione); in più si è spesso precisato che la pretesa arbitrariamente attuata dall'agente deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico, atteso che ciò che caratterizza il reato è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico, con quello privato.

2) l'analisi esclusivamente incentrata sull'elemento soggettivo del reato: la fattispecie estorsiva si realizzerebbe, indipendentemente dall'intensità e dalla gravità della violenza o della minaccia, solo qualora essa miri all'attuazione di una pretesa non tutelabile davanti all'autorità giudiziaria: in sostanza nell'estorsione l'agente persegue il conseguimento di un profitto, pur nella consapevolezza di non averne diritto; nel delitto di cui all'art. 393 c.p., invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione, ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, giudizialmente azionabile, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria: occorrerebbe, pertanto, che l'agente sia soggettivamente - pur se erroneamente, ma plausibilmente - convinto dell'esistenza del proprio diritto, e che detto diritto riceva astrattamente tutela giurisdizionale (elaborazione giurisprudenziale più antica).

3) il livello di gravità dell'azione minatoria (orientamento prevalente nell'ultimo decennio), che, ove particolarmente intensa giustificherebbe il riconoscimento dell'estorsione (criterio ora superato dalla giurisprudenza più recente che ha evidenziato come il reato di cui all'art. 393 c.p. può realizzarsi anche attraverso l'uso delle armi); l'orientamento che si fonda sull'applicazione esclusiva di questo criterio valorizza, ai fini della predetta distinzione, la materialità del fatto, affermando che, nel delitto di cui all'art. 393 c.p., la condotta violenta o minacciosa non è fine a se stessa, ma è strettamente connessa alla finalità dell'agente di far valere il preteso diritto, rispetto al cui conseguimento si pone come elemento accidentale, per cui non può mai consistere in manifestazioni sproporzionate e gratuite di violenza; pertanto, quando la minaccia si estrinseca in forme di tal forza intimidatoria e di tale sistematica pervicacia che vanno al di là di ogni ragionevole intento di far valere un diritto, allora la coartazione dell'altrui volontà è finalizzata a conseguire un profitto che assume ex se i caratteri dell'ingiustizia (per tale ragioni in determinate circostanze e situazioni anche la minaccia dell'esercizio di un diritto, in sé non ingiusta, può diventare tale, se le modalità denotano soltanto una prava volontà ricattatoria, che fanno sfociare l'azione in mera condotta estorsiva). Secondo questo indirizzo, dunque, a fronte di un preteso diritto che sia possibile far valere davanti all'autorità giudiziaria, ai fini della distinzione tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed estorsione, occorrerebbe verificare il grado di gravità della condotta violenta o minacciosa, con la conseguenza che si rimarrebbe indubbiamente nell'ambito dell'estorsione, ove venga esercitata una violenza gratuita e sproporzionata rispetto al fine, ovvero se si eserciti una minaccia che non lasci possibilità di scelta alla vittima.

B.2.) La giurisprudenza PIU' RECENTE, pur confermando la necessità dell'indagine sul presupposto sub 1 (Cass., sez. II, 16 gennaio 2017, n. 1901; Cass., sez. II, 17 maggio 2017, n. 24478) e manifestando una propensione ad un utilizzo combinato dei criteri sub 2 e 3 (Cass., sez. II, 12 dicembre 2016, n. 52525 e Cass., sez. II, 14 dicembre 2018, n. 56400), ha rivisitato questi criteri muovendosi sul piano strutturale e finalistico della fattispecie incriminatrice.

Dal punto di vista STRUTTURALE si è affermato che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni sia proprio ed esclusivo, con conseguenziale esclusione del 393 c.p. ed applicazione dell'art. 629 c.p. in presenza di condotte poste in essere da terzi estranei (sul presupposto che il reato di cui all'art. 393 c.p. sia proprio ed esclusivo Cass., sez. II, 17 maggio 2017, n. 24478, Cass., 11 luglio 2017, n. 33712 e Cass., 31 luglio 2018, n. 36928), ovvero, in ipotesi di richieste di adempimento del rapporto obbligatorio, rivolte nei confronti di terzi (spesso familiari) vicini al debitore minacciato (Cass., 16 gennaio 2014, n. 16658; Cass., 28 ottobre 2015, n. 45300; Cass., 3 novembre 2016, n. 46288; Cass., 20 dicembre 2017, n. 5092; Cass., 31 luglio 2018, n. 36928).

Dal punto di vista FUNZIONALE si è posta al centro della scena la tutela della persona della vittima rilevando che l'estorsione è configurabile solo ove l'azione violenta o minacciosa sia idonea a coartare la vittima (ledendo la sua libertà di autodeterminazione), mentre l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni, invece, si ravvisa ove l'agente abbia posto in essere una più blanda condotta persuasiva (Cass., sez. VI, 10 marzo 2017, n. 11823; Cass., 2 febbraio 2018, n. 5092; Cass., 31 luglio 2018, n. 36928, sentenza che acutamente precisa che "la soddisfazione di un preteso diritto attraverso la coazione alla persona non può che essere ingiusto. Diversamente opinando l'uso della violenza costrittiva per regolare in via privata sarebbe sanzionata meno gravemente in presenza di un diritto e più gravemente in sua assenza: si tratta di un epilogo ermeneutico che si traduce nell'abbattimento della rilevanza penale della costruzione illecita giustificata da pretese patrimoniali, che contrasta con la dimensione assoluta e prioritaria dei diritti della persona").

Parte della pagina (ESAME DELLA TRACCIA DI PENALE ESTRATTA) creata il 5 giugno 2019, ore 22:20

(le presenti indicazioni ed i collegamenti tra gli istituti giuridici sovra menzionati sono creazione originale e riservata protetta dal diritto d'autore)

Da: X voi 1  - 25/06/2019 14:43:22
Concussione
Concussione
Concussione
Concussione
I fuori traccia siete voi.
Imparate a fare i giudici
Non imparate a memoria le sentenze degli altri giudici.
Le sentenze le dovete fare voi!!!

Da: X voi 1  - 25/06/2019 15:00:06
Povero te. Sicuramente anche nel tuo tema avrai fatto il copia incolla della lezioncina! Mi auguro che i commissari premino il ragionamento fatto da chi veramente ha studiato, e non di chi aveva il compito già bello e pronto! Tranquilli, si fa il ricorso... Si fa...
La traccia di civile era frutto di una sentenza del presidente della commissione e guarda caso è uscita il primo giorno
La traccia di penale era di diverse interpretazioni, ma a qnt pare sempre frutto di una precisa sentenza
La traccia di amministrativo frutto di una sentenza di addirittura pochi gg prima
Ora.. Se fare il magistrato significa imparare a memoria le sentenze degli altri giudici e non potersene discostare allora tutto qst vociare ha senso!
Ma se fare il magistrato significa applicare le leggi al caso concreto (caso che a qnto pare va molto di fantasia visti i pochi elementi forniti dalla traccia) qlsiasi soluzione potrebbe esser valida, sempre se giuridica e ben giustificata, e non campata in aria!

Da: X voi25/06/2019 15:04:03
Se e qnd diventerai giudice, tu prima di giudicare andrai su internet a cercare casi simili o a vedere come te la spiega il tuo "corso"... Fatto sta che qsta è l'italia:tu diventerai giudice e io, o chi come me, no! Ecco xke siamo rovinati!!

Da: Gigiagigia25/06/2019 15:04:14
Certo, perché l'alternativa al conoscere la sentenza poteva essere solo e soltanto quella di parlare della concussione. Ma veramente fate?
Capisco che dobbiate metabolizzare l'idea di aver consegnato un tema scritto su un argomento diverso da quello richiesto, ma calmatevi un attimo.
C'è chi ragionando, senza conoscere la sentenza, ha parlato di estorsione ed esercizio arbitrario. Fatevene una ragione!

Da: Gigiagigia25/06/2019 15:06:03
Se poi per te "ragionare" significa pensare: "cavolo, nella traccia c'è scritto 'incaricato'! Deve essere di sicuro l' 'incaricato di pubblico servizio'", beh...chapeau per le tue abilità deduttive.

Da: Per Gigiagigia25/06/2019 15:10:11
Non so in che mondo vivi, ma ti rammento che colui che riscuote crediti di terzi lo fa per un compenso. Chi riscuote crediti di un'amministrazione ha dei budget che se raggiunge viene premiato. L'incaricato della riscossione delle giocate del lotto è incaricato di pubblico servizio per la giurisprudenza, tanto che risponde di peculato se non le versa all'amministrazione. Se costui usa violenza per incassare l'importo di una grossa giocata non è concussione? Ti sembra talmente lontano dalla realtà. Ci vuole il mandato? La traccia parla di responsabilità dell'incaricato non dell'incaricante. Ti porto nel mondo vero: nella mia zona c'era una società di recupero crediti che mandava dei serbi a casa dei debitori per riscuotere i crediti. Non c'era nessun mandato del creditore, bensì si usava questa tecnica perché questi facevano paura solo a vederli e la società ovviamente guadagnava su quanto recuperato. Non aggiungo altro perché davvero non serve.

Da: Gigiagigia25/06/2019 15:10:25
Tra l'altro la cosa divertente è che, anche se mi pare di capire pensassi il contrario, concordo con te sul fatto che le commissioni dovrebbero evitare di impostare le tracce concorsuali sulla base di singole sentenze.
Però, amico... la concussione, citando Di Pietro, non c'azzeccava proprio.

Da: Pippo Sowlo 25/06/2019 15:29:24
Cioè praticamente sta andando così:

"Vergogna! La commissione premia voi che sapevate (?) la sentenzina!! Il concorso non è un sentenzificio! Bisognerebbe premiare noi che abbiamo ragionato (?) ed abbiamo fatto il tema sulla concussione perché per incaricato si intendeva l'incaricato di pubblico servizio. Basta co' ste sentenze!1!1"

"Ah e chi lo dice che si trattava di concussione?"

"La giurisprudenza"


Siete meravigliosi, non smettete mai.
🐐

Da: Febbraio si o no  1  - 25/06/2019 15:31:25
E dai con questo discorso sul ragionamento e caxxate varie lo volete capire che la commissione dovrà bocciare necessariamente circa 2800 persone ma su cosa pensate si basino se non sulle sentenze? Chi sapeva le sentenze passa chi no bocciato.. Poi vediamo chi aveva ragione quando usciranno i risultati

Da: Per Pippo Sowlo25/06/2019 15:45:20
Te le rispiego in tutte le lingue che vuoi e vediamo se alla fine lo capisci: io ho parlato principalmente di 393, 610 e 629. Solo alla fine ho aggiunto la configurabilità della concussione, con citazioni di giurisprudenza come nella prima parte del tema. La traccia parla di responsabilità penale dell'incaricato (almeno su questo saremo d'accordo) quindi il delitto è possibile. Aspetto un argomento giuridico e non le solite invettive. Comunque se siete nel giusto non capisco di cosa vi preoccupate. Io difendo le mie opinioni perché a me piace parlare di diritto.

Da: Pippo Sowlo 25/06/2019 15:49:48
@Gigiagigia

Non perdere tempo a spiegare le cose a chi non può capirle, perché ha la cultura giuridica di un tombino (come ampiamente dimostrato ieri) o perché in alternativa dovrebbe ammettere di aver bucato completamente il tema.




Da: Per Pippo Sowlo25/06/2019 15:59:29
Come al solito l'unico cosa che sai fare è offendere. Perché chi non ha ragioni, insulta soltanto.

Da: Fiera2019 25/06/2019 16:06:22
Salve qualcuno mi può dire se al rush finale di bellomo e ' stato di aiuto per le tracce uscite e se ha dato materiale in merito ? Tra i rush fiinali quale secondo voi è stato utile ? Grazie

Da: gigetto non so25/06/2019 16:21:26
io ho parlato di violenza privata e se è pubblico ufficiale art. 61 n.9

Da: Nina123 25/06/2019 16:28:27
Monti ha scritto:
#AGGIORNAMENTI IN ORDINE AL NUOVO BANDO DI MAGISTRATURA

Pur rincorrendosi le voci su un possibile nuovo  concorso tra gennaio e febbraio 2020, i tempi sono ancora prematuri per valutare la fattibilità di questa opzione....

Si tratta di un'ipotesi,  per quanto suggestiva...

in attesa dell'evoluzione delle prossime settimane....

Non esiste allo stato nulla di concreto in tale direzione...
Anzi escludo con alto grado di probabilità che ci sarà un concorso a gennaio/febbraio.

Da: gigetto non so25/06/2019 16:36:11
ah e poi per il tema di civile ho scritto che l'usucapione non è possibile perché il soggetto che ha già costruito è già proprietario dell'immobile....ho fatto bene?

Da: Servitutis 25/06/2019 16:39:37
La traccia non dice se il creditore abbia dato mandato di riscuotere il credito con violenza. Bisognava analizzare sia la fattispecie monosoggettiva (il terzo che va e in autonomia usa violenza) 629 610 in base a come si configuri il profitto e il danno;poi la fattispecie concorsuale: 393 629 610 se si considera reato di mano propria e tutti quei discorsi.
Infine credito illecito (usura e truffa, ad esempio) fattispecie a consumazione prolungata e concorso nel reato da parte del terzo.
Stop.

Da: Concordo con servitutis25/06/2019 16:46:55
la traccia non specifica alcunché circa ipotetici mandati. Anzi è scritta talmente con i piedi che letteralmente pare dire che l'incarico è stato conferito mediante violenza o minaccia. Sull'usura non condivido, ma questo è un altro discorso.

Da: Pippo Sowlo 25/06/2019 16:48:36
Ho scritto più volte di come, a mio avviso, la traccia dovesse essere impostata dal punto di vista tecnico.

Ho fatto un ulteriore sforzo di pazienza, considerando che sei stato tu - ti ricordo - a dare dell'ignorante e dell'arrogante a chi, come me, avesse escluso la trattazione della concussione e di altri reati dal tema non perché non li conoscesse, ma perché non li ha ritenuti pertinenti al quesito di fondo. Per questo, ti ho risposto specificatamente aggiungendo che il dato testuale della traccia non consentisse ulteriori riferimenti (p. 164 di questo thread).

Mi hai dato ancora dell'ignorante e così sei stato sverniciato sull'approccio interpretativo alla rubrica e al principio di tipicità, base della qualificazione del fatto, con tanto di referenze agli scritti dei componenti della commissione.

Mi hai dato del ridicolo e hai continuato a fare il saccente con altri utenti che ti facevano notare le mie stesse cose  ("nel mio mondo funziona così"; "ti porto nel pratico" ecc.)

Oggi ti vedo più mansueto e cerchi il confronto, avendo più chiaro che se fai troppo il cogl**ne sulla teoria generale ti becchi pure la pettinata, ma non è che stiamo qui a dare le calle per compensare i tuoi dubbi sulle prove, o a seconda di come ti svegli la mattina.

La prima cosa che mi hanno insegnato nella preparazione del concorso è che la traccia va interpretata, ossia bisogna capire "cosa vuole la commissione".
Come ti è stato fatto notare, aprire al caso di riscossione con violenza o minaccia da parte dell'incaricato di pubblico servizio, oltre a essere un'ipotesi irreale nella prassi (il recupero crediti per conto della P.A. svolge un ruolo preventivo del contenzioso, quasi di transazione o ADR, altro che scoattamenti e aggressioni varie), ed all'ipotesi di un "mandato" della P.A. ad operare con violenza o minaccia, avrebbe richiesto la trattazione non solo della concussione, ma di metà della parte speciale del c.p.

Non è che siamo fessi e non conosciamo la concussione: io ci ho riflettuto 5 minuti al concorso e ho pensato che, semplicemente, se la commissione avesse voluto da parte nostra un approdo a questi approfondimenti, lo avrebbe richiesto espressamente, come del resto ha fatto nelle ipotesi applicative delle tracce delle altre due materie.

E se non ti bastasse quello che dico io, potresti almeno seguire i ragionamenti della cassazione, o dei consiglieri tenutari dei corsi (che pure hanno escluso queste ricostruzioni). O, più semplicemente, quello che mi ha detto un pm che da trent'anni sta sui reati contro il patrimonio, e qualcosa di riscossione crediti la sa.

"Anch'io avrei impostato sull'elemento soggettivo di 393-629"

"...ma qualcuno ha ipotizzato si trattasse di incaricato di pubblico servizio"

"E che caz*o c'entrava?"


saluti

Da: Primo o poi scopro25/06/2019 17:11:56
chi sei e renderai conto di tutto quello che hai scritto.

Da: Febbraio si o no the last chapter 25/06/2019 17:15:15
Possiamo mettere la parola fine su febbraio come riportato Gianni monti lo ha escluso con alte probabilità ci vediamo tutti a giugno saluti a tutti

Da: X rush finale bellxxxmo 25/06/2019 17:18:17
No non ha trattato nessuna delle tre tracce per penale aveva fatto un accenno al ne bis in idem ma in generale non sulla specifica questione quasi 300 euro buttati nel cesso

Pagina: 1, 2, 3, 4, 5, 6, ..., 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, ..., 837, 838, 839, 840, 841, 842 - Successiva >>


Torna al forum