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Quanti di voi sono avvocati ma hanno lasciato per un concorso pubblico?
10148 messaggi

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Da: sì ma07/11/2015 06:25:38
è la normale selezione del più forte in ogni ambito.
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Da: carriera di una eccellenza08/11/2015 12:35:38
Giunta a Roma non superai il test per Medicina, così passai a Giurisprudenza. Però mi piaceva scrivere e cominciai a collaborare con un giornale, "Roma In". Facevo interviste al Senato e Giulio Andreotti lo sorpresi, da solo, in sala lettura. Gli chiesi un consiglio: mi disse di provare con il famosissimo studio Pavia e Ansaldo... Lì mi assumono e conosco la contessa Marisa Pinto Olori del Poggio, che mi insegna tutto: da come si apparecchia una tavola a come si fanno conoscenze in Vaticano. Passo allo studio "Orrick", approdo alla "Ernst&Young", mi iscrivo all'associazione di Enrico Letta "VeDrò", mi ritrovo spiritualmente vicina all'Opus Dei. Finché, un giorno, mi telefona monsignor Balda: "Sei candidata al comitato referente sui dicasteri economici della Santa Sede"».

http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_novembre_04/i-tweet-l-ironia-macabra-63fb1dec-8340-11e5-a218-19a04df8a451.shtml
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Da: italiani dietro i tedeschi22/11/2015 21:15:07
- Trovare un lavoro ai giovani italiani? Ci pensano i tedeschi. In attesa di capire se il Jobs Act sia o meno una buona soluzione, arriva una proposta della Germania che promette di "essere un sostanziale contributo alla riduzione della disoccupazione giovanile". E come avverrebbe questa sorta di miracolo laico? Importando nel nostro paese il modello della "formazione duale". Che in Germania funziona oramai da anni e prevede che l'inserimento nel mondo del lavoro avvenga continuando - almeno per una parte di ore della settimana - a studiare. Come funziona? Per due o tre anni, i giovani lavorano per 3-4 giorni nel nuovo posto di lavoro (dove vengono seguiti da un trainer che insegna loro il mestiere), ma per 1-2 giorni tornano sui banchi di scuola per essere formati anche a livello teorico. Alla fine, viene rilasciato un certificato che attesta il livello di preparazione raggiunto.

A portarlo nel nostro paese è la Camera di Commercio Italo-Germanica che ha avviato nei mesi scorsi un corso sperimentale per le società tedesche che operano nella penisola. Sono partiti con il gruppo della grande distribuzione Penny Market, per poi passare a colossi come dell'industria come Bosch e Bayer. In tutto, sono in corso di formazione oltre 400 giovani. Con un meccanismo che tende, alla fine, a confermare in assunzione definitiva la stragrande maggioranza dei rapporti. Perché i costi della formazione sono a carico delle imprese, che sono interessate a "proteggere" il loro investimento. Mentre la struttura della Camera di Commercio mette a disposizione le competenze e l'esperienza accumulata negli anni, guidando le imprese nel percorso di formazione. In pratica, trasferendo anche alle imprese italiane il modello "duale".

Del resto, in Germania sono 438mila le imprese che offrono formazione professionale di questo tipo per i propri dipendenti, con il 55% degli studenti che scelgono questo percorso alla fine del ciclo di studi (contro il 18% dei giovani laureati). Il che fa capire che si tratta di una formazione rivolta soprattutto a figure professionali legate all'industria. Siccome in Italia la struttura media delle imprese è più piccola il bacino dei potenziali interessati è minore, ma comunque può contare su numeri importanti. Secondo la Camera di Commercio Italo-Germanica, il bacino di utenza potrebbe riguardare circa 210mila imprese "per il rinnovamento della della fabbrica italiana". Tra le nuove figure professionali che potrebbero essere introdottoe anche in Italia mutuate dall'esperienza tedesca, oltre "al tecnico meccatronico per l'industria 4.0, un profilo trasversale come quello del burokaufmann, figura che non ha tradizione nè traduzione in italiano, ma molto diffuso in Germania che si può descrivere come un impiegato con compiti organizzativi di analisi, organizzazione, tecniche di presentazione e organizzazione eventi.

Sul rapporto più stretto tra scuola e lavoro anche in Italia ci si interroga. Una dibattito fermo ancora alle prime proposte estemporanee. Come quella avanzata dal ministro del lavoro Giuliano Poletti che nella primavera scorsa aveva lanciato l'idea di sfruttare almeno il periodo di vacanze estive: "Si potrebbe fare formazione - aveva detto - perché non troverei niente di strano se un ragazzo lavorasse tre o quattro ore al giorno per un periodo preciso durante l'estate, anziché stare solo in giro per le strade". Così come non è la prima volta che la Germania si affaccia sul mondo del lavoro italiano: due anni fa l'agenzia di collocamento internazionale Zev aveva organizzato incontri per offrire opportunità di impiego, anche se in Germania dove il calo della natalità ha aperto possibilità di occupazione per i giovani di altri paesi.

"La formazione professionale duale può essere la vera soluzione al problema della disoccupazione in Italia ed
offre alla pmi italiane una preparazione solida al futuro, in quanto orientata alla domanda delle aziende e alla pratica", è il parere di Jorg Buck consigliere delagato della Camera di Commercio Italo-Germanica. Ora le imprese italiane interessate non devono fare altro che farsi avanti
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Da: redditi da fame 201428/11/2015 15:03:49
"Purtroppo - segnala il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - questi dati dimostrano che la precarietà presente nel mondo del lavoro si concentra soprattutto tra il popolo delle partite Iva. Sia chiaro, la questione non va affrontata ipotizzando di togliere alcune garanzie ai lavoratori dipendenti per darle agli autonomi, ma allargando l'impiego di alcuni ammortizzatori sociali anche a questi ultimi che, almeno in parte, dovrebbero finanziarseli".

"Quando un lavoratore dipendente perde momentaneamente il posto di lavoro può disporre - evidenzia Zabeo - di diverse misure di sostegno al reddito. E nel caso venga licenziato può contare anche su una indennità di disoccupazione. Un autonomo, invece, non ha alcun paracadute. Una volta chiusa l'attività è costretto a rimettersi in gioco affrontando una serie di sfide per molti versi impossibili. Oggigiorno è difficile trovare un'altra occupazione; l'età spesso non più giovanissima e le difficoltà congiunturali costituiscono un ostacolo insormontabile al reinserimento nel mondo del lavoro".

La Cgia fa notare che dall'inizio della crisi (2008) al primo semestre di quest'anno, gli autonomi (ovvero, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti, i coadiuvanti familiari, etc.) sono diminuiti di quasi 260 mila unità: del 4,8 per cento. La platea dei lavoratori dipendenti, invece, si è ridotta di 408.400 unità, anche se in termini percentuali è diminuita "solo" del 2,4 per cento cioè della metà. Dall'inizio della crisi ad oggi, gli autonomi hanno segnato la contrazione peggiore in Emilia Romagna (-14,6 per cento), in Campania (-13,7 per cento) e in Calabria (13,3 per cento). Di rilievo, invece, la performance ottenuta dal Lazio (+10,1 per cento) e dal Veneto (+5,3 per cento).

"Non è da escludere - spiega Zabeo - che l'incremento registrato in Veneto sia in buona parte dovuto alle decisioni prese da molte aziende che, a seguito della crisi, hanno trasformato il rapporto di lavoro di molti dipendenti in forme di lavoro autonomo, invitando molte persone ad aprirsi la partita Iva. Nel caso del Lazio, invece, il dato si accompagna al contesto economico regionale, dominato dall'economia dei servizi che ha superato meglio le difficoltà di questi anni, permettendo una crescita e di conseguenza un deciso incremento occupazionale anche degli autonomi".

Per quanto concerne le quattro ripartizioni geografiche, tra il 2008 e il primo semestre di quest'anno la riduzione più importante si è verificata nel Mezzogiorno ed è stata del 7,5 per cento (- 120.700 unità). Segue il Nordest con il -5,8 per cento (-67.800 unità) e il Nordovest con il -5,3 per cento (-82.500 unità). Solo il Centro ha segnato una crescita positiva dell'1 per cento (+11.300 unità). Infine, il reddito medio annuo delle famiglie con fonte principale da lavoro autonomo ha subito in questi ultimi anni (2008-2013) una riduzione di oltre 4.352 euro (-10,6 per cento), mentre quello dei dipendenti è aumentato di soli 320 euro (+1 per cento).

In deciso aumento, invece, il dato medio annuo dei pensionati e di quelle famiglie che hanno beneficiato dei sussidi (di disoccupazione, di invalidità e di istruzione) che sono stati erogati ai nuclei più in difficoltà. In termini assoluti il ritocco all'insù è stato pari a 1.680 euro (+7,6 per cento).

"Il forte calo della domanda interna ha contribuito in maniera determinante a peggiorare le condizioni economiche degli autonomi - segnala il segretario della Cgia Renato Mason - Gli artigiani, i piccoli commercianti e i liberi professionisti nella stragrande maggioranza dei casi vivono dei consumi delle famiglie: il crollo di quest'ultimi ha causato una caduta verticale del fatturato di moltissime piccole attività e spinto alla chiusura tantissimi lavoratori autonomi. Si auspica che la ripresa dei consumi si consolidi nella parte finale di quest'anno e che il 2015 possa chiudersi con un numero di lavoratori autonomi superiore al 2014, come sembrerebbe intravedersi nei dati provvisori relativi al primo semestre".
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Da: cosenza13/12/2015 10:09:32
Se hai soldi puoi esercitare la professione pagando, in assenza di fatturato, oltre mille euro l'anno.



COSENZA - Eleganti e dotati una buona dialettica, ma con pochi spiccioli in tasca. E' questo il ritratto dei giovani avvocati del ventunesimo secolo. Con una lettera indirizzata al ministro del Lavoro Poletti e al Presidente della Repubblica Mattarella, una giovane avvocatessa cosentina, ha sollecitato l'annullamento dell'operazione Poseidone che prevede ulteriori aggravi fiscali per i legali che esercitano la professione. L'avvocato in questione nel 2009 ha presentato la sua prima dichiarazione dei redditi: un fatturato pari 479 euro di cui 216 euro da versare nelle casse dell'INPS. Una tassazione che secondo la giovane avvocatessa sarebbe in contrasto con la normativa vigente, in quanto frutto dell'iscrizione d'ufficio alla gestione separata effettuata dall'INPS, la quale pretende che il 27% del fatturato venga versato per la previdenza sociale. Tasse che gli avvocati dovranno liquidare senza alcun tipo di giustificazione visto che tutti i legali in Italia pagano già la propria cassa di previdenza ovvero la Cassa Forense in cui viene versato il 4% dei redditi provento dell'attività professionale. Un dato di fatto che oggi, dopo l'avvio dell'operazione Poseidone, viene ignorato con la conseguenza diretta che molti giovani avvocati pare si trovino nella condizione di dover pagare, anche in assenza di fatturato, oltre mille euro di tasse all'anno.



Infatti, pur non superando i 10mila e 300 euro di reddito al di sotto dei quali vigeva l'esenzione dal contributo soggettivo, oggi i legali sono obbligati a pagare alla Cassa Forense, oltre al 4%, un tributo 'minimo' uguale per tutti i giovani professionisti, a prescindere dal fatturato: 846 euro l'anno. Chi non paga verrà cancellato dall'albo degli avvocati e non potrà più esercitare la professione forense. Una realtà imbarazzante che scoraggia i tanti giovani che si affacciano all'avvocatura, a meno che non abbiano famiglie facoltose che possano sostenerne le spese. L'INPS infatti chiede che anche chi dichiara redditi al di sotto della soglia di povertà debba versare i contributi alla gestione separata. Costi a cui si aggiungono le spese tradizionali proprie della professione che ammontano a circa seicento euro: 130 euro di iscrizione all'albo professionale, 136 euro per la piattaforma necessaria per il processo telematico e 300 euro di assicurazione professionale l'anno. Un'anomalia che sarebbe stata creata con l'iscrizione forzata alla gestione separata INPS avviata nei confronti di neoprofessionisti che hanno presentato il primo fatturato nel 2009. Contributi previdenziali a fondo perduto (visto che ad erogare la pensione in futuro sarà la Cassa Forense) che costituiscono un aggravio ulteriore della condizione economica dei giovani avvocati, già costretti a lavorare gratuitamente per anni prima di sostenere l'esame di Stato per l'abilitazione alla professione. Un mestiere 'povero' destinato sempre più solo a chi proviene da famiglie benestanti che possano garantire la copertura delle spese necessarie per esercitare il proprio lavoro. Per chi non è ricco, invece, si apre l'immenso universo della disoccupazione post-laurea o (per i più 'fortunati') del doppio lavoro.

Rispondi

Da: effettivamente14/12/2015 12:38:12
Con la laurea in legge si spera di guadagnare minimo 100.000 euro annui.
Invece........
Rispondi

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Da: ex avvocato14/12/2015 20:31:45
Un consiglio a tutti voi, senza mezzi termini: lasciare immediatamente e totalmente la libera professione, mettersi a studiare quotidianamente per concorsi e il problema sarà presto risolto...
Rispondi

Da: neo-netturbino15/12/2015 03:54:31
Non ci sono più concorsi per funzionari ed amministrativi.
Meglio fare il netturbino.Si guadagna più dell'avvocato, si risparmiano spese per corsi e libri e si lavora viciniori.
Rispondi

Da: ...................................15/12/2015 09:18:44
per ex avvocato... io da tempo ci provo.....
Rispondi

Da: ex avvocato15/12/2015 13:43:27
Ti auguro di riuscirci, la soddisfazione sarà enorme, anche per 1200 netti al mese. Considera che tanti professionisti giovani non arrivano alla metà! .......e soprattutto i redditi non crescono molto andando avanti con l'età e l'esperienza. Perseverare è diabolico.....
Rispondi

Da: 4915/12/2015 15:34:25
Preoccupante il Rapporto 2015 della Fondazione Res "Nuovi divari. Un'indagine sulle Università del Nord e del Sud": il trenta per cento dei diplomati non si indirizza agli studi universitari. Secondo i ricercatori rispetto al momento di massima espansione nel 2008 la tendenza alla contrazione ha raggiunto attualmente la fase più critica: gli studenti immatricolati si sono ridotti di oltre 66mila (meno venti per cento); i docenti sono scesi a meno di 52mila (-17 per cento); il personale tecnico amministrativo a 59mila (-18 per cento); i corsi di studio a 4.628 (-18 per cento). Della gran massa di giovani che non si iscrivono più a un corso di laurea, oltre il 50 per cento diserta le università del Mezzogiorno: (37 mila matricole in meno dal 2003 al 2014). Maggiore, nel Meridione, la quota di studenti che abbandona gli studi universitari dopo il primo anno (il 17,5 per cento al Sud, contro il 12,6 per cento al Nord e il 15,1 per cento al Centro), il 30 per cento degli immatricolati meridionali si iscrivono in università del Centro-Nord.
Un disagio che brucia sulla pelle dei giovani ai quali manca una prospettiva, con la sola certezza di una disoccupazione che domina incontrastata. Non c'è lavoro, per i giovani: quando trovano una occupazione è sottopagata e in nero. Ma questo le fredde statistiche non lo dicono, anche se registrano che "aumenta il reddito, ma non per tutti" che. "la povertà non si riduce" e che "per i più poveri non ci sono miglioramenti" e "il disagio delle persone con gravi difficoltà economiche non si attenua, e la ripresa non raggiunge le famiglie in situazioni di grave deprivazione materiale".
Ora la conferma che i giovani si tengono lontano dagli atenei: non c'è da meravigliarsi e qualora si volesse porre un freno all'aggravarsi dello stato delle cose, passeranno anni e anni prima che i giovani riacquistino fiducia negli studi. Nel contempo i giovani non saranno più giovani...
Rispondi

Da: ...............................15/12/2015 16:13:53
Grazie ex avvocato me lo auguro tanto anche io
Rispondi

Da: diritto allo studio negato17/12/2015 14:48:49
Dopo il nuovo intervento del Ministero, anche i Rettori e gli studenti lanciano un ulteriore allarme sulla vicenda relativa all'istituzione dei corsi di area medica ad Enna. Nell'incontro di stamattina, alcune cose sono state messe in chiaro, altre invece rimangono ancora senza risposta.

Ad iniziare i lavori, presso la Sala Rossa di Palazzo dei Normanni, i Rettori delle Università di Catania, Giacomo Pignataro, Messina, Pietro Navarra e il prorettore dell'Università di Palermo, Francesco Paolo La Mantia. Un incontro a cui hanno partecipato anche i giornalisti per discutere della questione relativa all'avvio dei corsi di Medicina e Chirurgia e di Infermieristica dell'Università Dunărea de jos Galaţi della Romania, che dovrebbero essere ospitati ad Enna presso l'Ospedale Umberto I, in virtù di un accordo tra l'Asp e la Fondazione Proserpina, promotrice della convenzione con l'Ateneo romeno. Presente anche una rappresentanza degli studenti delle tre Università, a ribadire come quanto sta accadendo non minacci solo la credibilità dell'intero sistema universitario italiano, ma rischi anche di vanificare gli sforzi compiuti dai ragazzi prima per superare le prove d'accesso nazionali e, poi, per completare il loro percorso di studio.

Nel corso dell'incontro - a cui hanno inoltre preso parte anche diversi parlamentari regionali - i tre rappresentanti degli Atenei siciliani hanno chiesto l'interruzione dei rapporti tra le strutture regionali e la Fondazione Proserpina che, tra l'altro, a fronte delle informazioni emerse nelle ultime ore, sembra avere in realtà la natura giuridica di società a responsabilità limitata (e dunque a scopo di lucro). I Rettori si chiedono come le strutture pubbliche sanitarie della Regione possano essere messe a disposizione di un ente non universitario che non risulta avere svolto alcuna attività di alcun tipo (Fondazione Proserpina) o di un'Università che non ha alcuna attività in ambito sanitario (Università Kore di Enna). Ancora più incomprensibile appare che le strutture sanitarie pubbliche possano essere utilizzate per un'attività formativa gestita da un'Università, quella rumena, con la quale non esiste alcuna convenzione tra di essa e la Regione: un apparato così importante e delicato, come un ospedale, finirebbe per essere utilizzato attraverso intermediari i quali non gestiscono direttamente l'attività che si svolge al suo interno e senza che la Regione abbia potuto verificare i requisiti del soggetto utilizzatore.



Nei loro interventi i rappresentanti delle Università siciliane hanno, inoltre, evidenziato l'esistenza di un problema relativo alla coerenza dei requisiti strutturali con i criteri previsti dal DPCM del 24 maggio 2001 (Linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra Regioni e università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università nel quadro della programmazione nazionale e regionale ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517), già richiamato nel parere che il Coordinamento regionale delle Università siciliane rese nell'aprile dello scorso anno, in occasione di una istanza avanzata dalla stessa Fondazione Proserpina di istituzione di una nuova Università non statale, sempre a Enna e sempre per l'attivazione di corsi di area medica, che non fu accolta dal MIUR. In particolare, l'art. 3, comma 7, del DPCM fa riferimento, come criterio per l'individuazione delle strutture complesse funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca, a soglie operative minime di attività assistenziale. A questo proposito, si è ricordato che le strutture ospedaliere dell'ASP di Enna presentano la dotazione di posti letto più bassa della Sicilia, e che circa il 50% di tali posti letto è concentrato in quattro discipline: medicina generale, chirurgia generale, ortopedia e traumatologia, ostetricia e ginecologia. Il 40% circa della dotazione di posti letto dell'ASP di Enna, inoltre, si trova concentrato in piccoli presidi ospedalieri (oggi organizzati in Ospedali riuniti).

Infine, il territorio dell'ASP di Enna non è sede di pronto soccorso classificato hub. Considerate le ridotte dimensioni del bacino di utenza dell'ASP, in termini di numero di residenti, e ferma restando la qualità delle prestazioni erogate nei suoi presidi, i dati sopra riferiti fanno dubitare che quelle strutture possano avere quei requisiti di volume di trattamenti che l'attività formativa richiede.

Agli interventi dei Rettori siciliani, come detto, hanno fatto eco le rappresentanze degli studenti di Medicina e Chirurgia delle Università di Messina e Catania i quali hanno voluto ribadire l'urgenza di tutelare, con azioni immediate e concrete, la qualità della formazione dei futuri medici e, conseguentemente, la salute dei cittadini.

Rimane, dunque, ancora tutto aperto.
Rispondi

Da: x impiegato comunale29/12/2015 01:55:36
Ciao impiegato. premetto che queste sono considerazioni soggettive e pertanto nessuna di loro è la migliore. ti dico che ho 37 anni. gavetta fatta nel vero senso della parola senza papà e zii avvocati. durante la pratica forense non ho mai ricevuto neppure il rimborso spese. ti dico solo di avere una laurea con lode e altri titoli che non sto qui ad elencare. tutto con il sudore della mia fronte e noente di più. il mio ragionamento è questo. nella pubblica amministrazione (salvo casi rari e che per fortuna ci sono eccome se ci sono) dicevo nella pa ci sono tutti i rifiuti della società. i peggiori si accontentano del posto fisso perchè è vero come è vero che l'incertezza è una brutta bestia ma ricorda, io da avvocato libero professionista non ho padroni. il lavoro comincia (se sei bravo) dopo una certa età inizia ad aumentare. sai cosa vuol dire percepire diecimila euro per una causa? comincio a percepirlo io. inizialmente ho maledetto questa professione ora, comincia a piacermi. quindi la mia idea è: vuoi fare l'avvocato con la "A" maiuscola senza avere papà o parenti alle spalle? o hai due palle così o vai a fare concorsucoli nella pubblica amministrazione. gli impiegati statali sono i peggiori e i cervelli che lavorano nel privato non sono di gran lunga superiori. 
Rispondi

Da: Teen spirit29/12/2015 08:50:53
Quante caxxate.
Rispondi

Da: adelchi129/12/2015 09:25:52
tutte stronxate...
Rispondi

Da: megaloman29/12/2015 12:08:20
La solita eccellenza avvocatizia, fittizia e sognata.
Rispondi

Da: boh 29/12/2015 12:13:24

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: Presente!29/12/2015 12:34:12
Assistente amministrativo Cat. D presso una ASL
Titoli di studio: Giurisprudenza + triennale 'fuffa' in economia (mi hanno convalidato un bel po' di cose ma mi sono dovuto comunque pagare tre anni pieni)
Titoli di carriera: la gavetta dopo la laurea in giurisprudenza e un paio di idoneità in altri concorsi pubblici.
Non è stata una selezione banale perchè era più di un posto e si era presentato l'universo... c'era ovviamente anche il raccomandato di turno che doveva entrare.
Tornerei indietro alla libera professione? Mai! O sei figlio di avvocati, o hai la lingua cartavetrata, o non vai assolutamente da nessuna parte, puoi avere i 110 e lode che vuoi ma non conterai nulla.
Lavoravo mediamente 11-12 ore al giorno in ufficio, più tornavo a casa spesso a dover completare lettere e varie, il guadagno era circa pari a quello attuale.
Ora lavoro quasi meno della metà, con recuperi e ferie a iosa, e soprattutto quando esco dall'ufficio torno a VIVERE... non esiste solo il lavoro
Rispondi

Da: x Presente! 29/12/2015 13:16:17
Quanti punti ti sono stati riconosciuti per le idoneità?
Rispondi

Da: infatti..29/12/2015 16:39:58
gli avvocati sono tutte belle persone....per una causa di sinistro stradale sarebbero capaci di fare ricorso all'onu pur di sgraffignare qualcosa al malcapitato di turno...per non parlare delle cause ereditarie...si mangiano tutto...anche i loro clienti...e mi fermo per decenza....
Rispondi

Da: Presente!29/12/2015 21:43:42
Nell'ultima selezione mi vennero valutati 0,50 l'uno.
Ma nella seconda selezione l'idoneità al precedente concorso non aveva dato seguito ad alcun punteggio. Assurdo.. ma evidentemente ci sono ancora commissioni che non attribuiscono punteggi alle idoneità.
So invece di commissioni che colmano tutta la quota dei titoli di carriera quando c'è anche solo una idoneità in un precedente concorso. Purtroppo non credo esistano criteri standard per questo tipo di valutazione
Rispondi

Da: x presente 30/12/2015 08:07:49
È normale.
Solitamente i raccomandati di turno che devono entrare non hanno mai fatto un concorso in vita loro, per cui valutano 0 le precedenti idoneità altrimenti potrebbero rimanere fregati da uno che ha fatto più concorsi.
Viceversa se il raccomandato ha anche solo una idoneità allora vanno a saturazione dei titoli di carriera.
La cosa più onesta sarebbe attribuire un ponteggio standard per ogni idoneità
Rispondi

Da: ...30/12/2015 09:13:52
Anche quando i titoli del raccomandato o dei raccomandati non eguagliano per qualità e quantità quelli di altri candidati, basta gonfiare il punteggio agli scritti e agli orali e il gioco è fatto. Se il raccomandato invece ha i titoli giusti, il segreto è di farli "pesare" in maniera decisiva confezionando opportune griglie di valutazione come abiti su misura, in modo che nessun altro, sommando punteggio di scritti, orali e titoli, possa superare il raccomandato.
Rispondi

Da: baroni della medicina contro principi del foro31/12/2015 19:29:18
ENNA. «Non esiste nessuna truffa. E gli studenti non si sentono affatto truffati. Rispettiamo il lavoro della Procura, che ritengo stia perseguendo un atto dovuto, in relazione a quanto sostenuto dal Miur, secondo cui i titoli non sarebbero legittimi. Questa vicenda alla fine si ripercuoterà contro il Ministero, che ha creato un clima di terrore e messo in moto un meccanismo fuorviante».
Risponde così Mirello Crisafulli, ex parlamentare e legale rappresentante della Fondo Proserpina Srl, all'indomani della sua iscrizione sul registro degli indagati della Procura per truffa aggravata ai danni degli studenti e di alcuni enti che sarebbero entrati in contatto con la Proserpina. Crisafulli martedì pomeriggio è stato sentito per quasi un'ora dai sostituti procuratori di Enna Giovanni Romano e Francesco Lo Gerfo, assistito dal suo avvocato, il penalista Giovanni Palermo.

«Su mia richiesta, abbiamo spiegato che non esiste alcun illecito, che è stato tutto compiuto nel solco della legalità e del rispetto delle norme del diritto comunitario e del "processo di Bologna", da cui emerge che i titoli sono perfettamente legittimi, considerato che saranno rilasciati dalla Dunarea de Jos di Galatj, che è il soggetto che ha attivato i corsi in aula remota a seguito di una decisione formale del Governo della Romania, che mi risulta nessuno abbia mai messo in discussione. Del resto, se i ragazzi sono iscritti in Romania e fanno lezione a Enna, non mi pare che ci sia nulla di illegittimo
Rispondi

Da: infatti03/01/2016 12:07:47
Il Fondo Proserpina, la società che gestisce l'università romena Dunarea de Jos che a Enna ha aperto la facoltà di Medicina, ha presentato ricorso al TAR contro l'ASP Enna, il MIUR e l'Assessorato regionale alla Salute.

Il ricorso, firmato dagli avvocati Augusto Sinatra, Anna Lucia Valvo e Giuseppe Arena, si rivolge al tribunale amministrativo affinché chieda alla Corte di Giustizia europea come sono disciplinati i rapporti tra gli Stati membri dell'UE nell'ambito dei titoli di studio universitari abilitanti all'esercizio della professione sanitaria.

Nel ricorso si fa anche riferimento ad un'eventuale pressione che il prefetto di Enna, Fernando Guida, improvvisamente trasferito ad Isernia qualche giorno fa, avrebbe fatto sull'Azienda Sanitaria Provinciale della città, per disconoscere ogni intesa intervenuta con la Fondazione Proserpina per la concessione dei locali dell'ospedale.

Rispondi

Da: asinoabogado03/01/2016 16:43:02
Un avvocato italiano puó abilitarsi ed esercitare la professione in Spagna, in Francia, in Germania e negli altri Stati dell'Unione proprio perché é l'Europa che lo permette (e in qualche modo lo incentiva) e un francese oppure uno spagnolo potrebbe lavorare da noi.
In Italia, in base alla direttiva CE 36/2005 e al d.lgs. 96/2001, se consegui il titolo di avvocato in uno dei paesi della UE, puoi chiedere il riconoscimento immediato in Italia mediante l'iscrizione nell'Albo degli avvocati stabiliti italiani.



In generale, in Europa, ció che é veramente importante per poter esercitare la professione anche "fuori" dai confini nazionali (ma dentro quelli europei) é l'effettiva conoscenza (teorico-pratica) del diritto dello Stato in cui si vuole esercitare la professione e una certificazione effettiva di questa conoscenza.

In poche parole, l'abilitazione, ottenuta dopo aver superato l'esame di Stato in Italia (come in Francia) o dopo aver ottenuto la homologacion a seguito della prueba de aptitud (o prueba de conjunto) certificano la conoscenza giuridica necessaria per poter svolgere la professione.

In Spagna, la prueba de aptitud per omologare il titolo straniero, effettuata in ogni università spagnola solo due volte nell'arco di un anno (salvo appello straordinario), era inizialmente quasi del tutto riservata agli stranieri, provenienti dai Paesi dell'America Latina, che, facilitati dalla comune lingua, provavano ad entrare in Europa da professionisti.

Soltanto negli ultimi tempi le Università spagnole sono state invase dai giuristi europei e, soprattutto da quelli italiani.
L'esame svolto dagli italiani e quello dei latino-americani é sempre stato lo stesso ma lo scopo é di sicuro differente o almeno lo era.
I primi, con la nascita dell'unione europea e dopo le  novità introdotte in Italia con la Legge 18.07.2003 n° 180 (G.U. 21.07.2003), ed in particolare, quella relativa alla rotazione delle commissioni esaminatrici, che hanno reso (per alcuni) l'esame di abilitazione professionale molto piú difficile, almeno in termini di percentuale di ammissione all'esame orale e di superamento dello stesso, hanno ritenuto più "fattibile" (in molti casi sbagliando) la via spagnola per abilitarsi ed esercitare successivamente la professione nel proprio Stato d'origine (senza passare per la via classica pratica-esame di stato) mentre i latino-americani continuano a guardare la strada spagnola come la sola percorribile per iniziare (o almeno immaginare) nel "vecchio continente" una vita migliore.

L'Italia, con il d.lgs n. 96 del 2 febbraio del 2001 ha recepito la direttiva 98/5/CE sul diritto di stabilimento riconoscendo l'esercizio dell'avvocatura a tutti i cittadini di uno Stato membro della UE in possesso del titolo professionale e fino al 2005 non ci si é posto alcun problema per il riconoscimento dei titoli stranieri (compresi quelli spagnoli) in  quanto erano ancora pochi gli italiani che volavano in Spagna per affrontare la "prueba" e quelli che lo facevano, nella maggior parte dei casi, erano estudientes che, finito il progetto di interscambio culturale tra Università italiane e le Univer*******des espanoles (Erasmus - Socrates - Leonardo) restavano nel territorio iberico indecisi se intraprendere un'attività lavorativa oltre i Pyrénées francesi oppure in Italia.

La stessa cosa si verificó in Francia e in Germania ma ció che differenziava la Spagna dagli altri Stati europei (prima della Ley 34/2006 e le sue successive modifiche) era che l'unica documentazione richiesta per aver accesso a las profesiones de abogado y procurador de los Tribunales era la laurea in giurisprudenza e, pertanto, si permetteva ai laureati spagnoli di scriversi presso gli ordini professionali forensi presentando come unica documentazione attestante il titolo di avvocato, la laurea in Giurisprudenza.

In sostanza, i primissimi abogados italiani altro non erano che veri e propri studenti in possesso di una laurea italiana, in grado di parlare correttamente lo spagnolo e che avevano compiuto un periodo di formazione, spesso teorico/pratica e degli esami all'interno di una Università della Spagna.

Dopo il 2006 la situazione mutó notevolmente nel senso che gli argentini e i peruviani che sostenevano la "prueba" furono sempre meno rispetto agli italiani (soprattutto Sassaresi) che per diventare avvocato non esitavano ad oltrepassare i Pirenei francesi per omologare il proprio titolo.

Molti di questi nuovi aspiranti "abogados" non solo non avevano mai frequentato le università spagnole ma addirittura non erano neppure in grado di parlare la lingua.
"Viaggiatori fai da te" diedero vita al cd. "turismo forense" e si improvvisarono studenti universitari per tentare la via spagnola della abogacia sperando che la fortuna e le poche ore trascorse a leggere gli appunti scarabocchiati di qualche amico potessero bastare per superare la "prueba".
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Da: oasi06/01/2016 09:30:34
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/03/dublino-boom-di-informatici-italiani-si-trova-lavoro-senza-mandare-cv-contano-le-capacita-non-la-laurea/2293606/
Ma l'Irlanda non rappresenta solo una meta di passaggio: "Ci vogliono molti anni perché una persona decida di tornare - ammette -, ed è più facile trovare porte aperte quando all'estero si è raggiunto un ruolo dirigenziale, piuttosto che un ruolo intermedio".

"Non sempre serve la laurea, qui tanti autodidatti" - Le offerte di lavoro per i nostri informatici arrivano senza nemmeno dover mandare il curriculum. "Io sono stato contattato tramite LinkedIn da un cacciatore di teste", racconta a ilfattoquotidiano.it Luca, nato a Vigevano 27 anni fa, una quasi-laurea in matematica e una passione per l'informatica che porta avanti da sempre.

Dopo aver ricevuto la proposta di un'azienda che si occupa di scommesse, Luca non ci ha pensato su due volte e ha accettato: "Ho lavorato alcuni mesi a Gibilterra e poi sono venuto a Cork - ricorda -. Dopo tre anni ricopro un ruolo medio-alto e posso decidere quanto voglio guadagnare". Già, perché il mercato irlandese offre stipendi di gran lunga superiori a quelli italiani: "Nel nostro Paese, dove ho lavorato per varie aziende, sono arrivato massimo a guadagnare 1.500 euro al mese, qui arrivo a 3.400". Stando ai dati forniti da Payscale, database dedicato al lavoro globale, il salario medio di un manager informatico in Irlanda supera i 4.500 euro, mentre un ingegnere informatico ne guadagna almeno 3.200.

Un'altra testimonianza arriva da Fabrizio Di Carlo, 28 anni, security engineer a Dublino in una multinazionale: "Ho studiato Ingegneria informatica, ma dopo l'Erasmus a Varsavia ho capito che da noi siamo troppo legati allo studio teorico, così ho lasciato", racconta. Dopo l'esperienza in Polonia, è arrivato in Irlanda: "Avevo mandato diversi curriculum, ma per questo lavoro è stata l'azienda a cercarmi", ricorda. Senza dare troppa importanza al percorso di studi: "Qui non cercano ingegneri informatici, ma gente competente - sottolinea -, la laurea è un surplus".

Percorso diverso per Luca Iannario, nato 28 anni fa a Pescara. Dopo la specialistica in Ingegneria Informatica, ha ottenuto un incarico da software engineer a Roma: "Ero un neolaureato fortunato - spiega -, ma in Italia per accedere a ruoli più importanti devi avere per forza alle spalle molti anni di esperienza". Motivo per cui un anno fa ha deciso di accettare un'offerta di una multinazionale farmaceutica. "Sono a Dublino da gennaio e mi occupo dello sviluppo di piattaforme di hosting per il sito", spiega. "A nessuno interessa quanti anni ho, contano solo le mie capacità - ammette -, e in 10 mesi ho già avuto un avanzamento di carriera".

Alessandro, invece, di anni ne ha 42 e ha scelto l'Irlanda per mettere su famiglia: "Sono arrivato a Dublino nel 2008. Avevo deciso di lasciare Firenze perché non vedevo crescita professionale". Anche per lui il computer è un vecchio amore: "Porto avanti questa passione dai tempi del Commodore 64, mi sono messo a studiare da solo e sono diventato programmatore".

Dopo anni fermo sulla stessa sedia, in Irlanda Alessandro ha avuto la possibilità di ritagliarsi uno spazio tutto suo: "Ora sono senior system administrator per un gruppo assicurativo multinazionale - sottolinea -. Qui quando rispondi a un'inserzione c'è sempre un piccolo margine di trattativa sullo stipendio". Anche se l'Italia l'ha deluso, un domani spera di tornare: "Ho due bambini e a Dublino è più facile crescerli - ammette -, ma il nostro Paese mi manca molto". Nessun rimpianto, però: "Guardando ai miei coetanei penso di essere uno dei pochi fortunati ad aver trasformato una passione in una professione".
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Da: mabel 06/01/2016 10:58:37
che c entrano gli ultimi post con l'avvocatura?
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Da: infatti. 06/01/2016 12:39:53
Io neo avvocato immediatamente vincitore concorso ae del 2011
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