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Quanti di voi sono avvocati ma hanno lasciato per un concorso pubblico?
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Da: ..............06/01/2016 12:45:24
lasciare perdere l'università, buttate solo gli anni più belli della vostra vita e vi ritrovate, se va bene, con un pezzo di carta utile solo a pulirsi il culo...
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Da: .......................................06/01/2016 12:54:39
L'ho capito troppo tardi.
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Da: neo-gufo ex renziano07/01/2016 08:38:57
Poco più di metà dei laureati italiani (52,9%) risulta occupato entro tre anni dalla laurea, il dato peggiore nell'Unione europea dopo la Grecia: è quanto risulta da statistiche Eurostat secondo le quali la media dell'Ue a 28 nel 2014 è dell'80,5%. Per i diplomati la situazione è peggiore con solo il 30,5% che risulta occupato a 3 anni dal titolo (40,2% nei diplomi professionali).

Nel complesso le persone tra i 20 e i 34 anni uscite dal percorso formativo occupate in Italia nel 2014 erano appena il 45% contro il 76% medio in Europa, indietro quindi di oltre trenta punti rispetto l'Ue a 28. In particolare il dato complessivo è lontano da quello tedesco (90%) e britannico (83,2%) ma anche da quello francese (75,2%).

L'Italia è in ritardo sia sull'occupazione dei diplomati (per i diplomi non professionali si registra appena il 30,5% di occupati a tre anni dal titolo contro il 59,8% medio Ue e il 67% della Germania) che su quella dei laureati. Per l'educazione terziaria (dalla laurea breve al dottorato) l'Italia si situa sempre al penultimo posto dopo la Grecia con il 52,9% (93,1% la Germania).  Per l'Italia si è registrato un crollo per la percentuali di occupazione dopo il titolo con la crisi economica e la stretta sull'accesso alla pensione che ha tenuto al lavoro la fascia di età più anziana.

In particolare tra il 2008 e il 2014 la media di giovani occupati a tre anni dal titolo nell'Unione europea è scesa di otto punti, dall'82% al 76% mentre in Italia è crollata di oltre venti punti dal 65,2% al 45%. Nello stesso periodo in Germania la percentuale è cresciuta dall'86,5% al 90% mentre in Francia è passata dall'83,1% al 75,2%. Nel Regno Unito la percentuale è rimasta stabile passando dall'83,6% all'83,2%.

In genere i tassi di occupazione dei laureati sono superiori a quelli dei diplomati (questi ultimi risentono del tipo di diploma con un'occupabilità più alta per i titoli professionali) ma l'Italia è all'ultimo posto in graduatoria nella percentuale di giovani laureati. Secondo le statistiche Eurostat riferite al 2014 sui giovani nella fascia tra i 30 e i 34 anni gli italiani hanno la maglia nera per l'educazione terziaria con appena il 23,9% di laureati a fronte del 37,9% della media Ue. Il dato è migliorato rispetto al 19,2% del 2008 ma meno di quanto abbiano fatto in media gli altri paesi Ue (la percentuale era al 31,2% nel 2008 ed è quindi cresciuta di oltre sei punti).
Rispondi

Da: paolo 343415/01/2016 13:16:18
Il problema non è che l'abbiamo capito tardi, perchè prima le cose funzionavano soprattutto quando c'era la lira tutto andava bene......le cose sono precipitate in seguito all'euro, ad una politica tesa solo alle ruberie varie senza alcun investimento concreto per il futuro.
Rispondi

Da: european legal17/01/2016 08:18:14
l rettore dell'università romena Dunarea de Jos, Iulian Gabriel Birsan, che ha aperto a Enna una estensione della facoltà di Medicina e Farmacia, ha scritto una lettera aperta al ministro Stefania Giannini per chiederle un incontro che chiarisca gli aspetti giuridici che secondo il ministero impedirebbero all'ateneo romeno di svolgere attività in Italia. Per Birsan la campagna di stampa dopo la comunicazione del ministro, che aveva definito l'iniziativa di Enna "fuorilegge", ha «danneggiato l'immagine della università tra le più prestigiose del sud est della Romania. Vi chiediamo - si legge nella lettera - di comunicarci la base giuridico-legale con la quale avete qualificato illegale l'iniziativa».
Intanto sono riprese, dopo la pausa per le festività natalizie, le lezioni. Sono arrivati in città docenti e personale di segreteria da Galati. Le lezioni per i 44 iscritti di cui 14 per professioni sanitarie e 30 per medicina che si svolgeranno nei locali dell'ex ufficio di collocamento, dopo la prima lezione dello scorso 15 gennaio, all'indomani dell'inaugurazione dell'anno accademico, proseguiranno secondo il calendario approvato lo scorso settembre dalla Dunarea de Jos subito dopo l'autorizzazione del governo romeno.
Già completati, proprio nel periodo in cui gli studenti sono stati in pausa per la pausa natalizia, i lavori per le aule ed i laboratori, mentre entro la fine di questo mese è previsto il completamento del resto della sistemazione dei locali.
Le strumentazioni tecniche per le attività di laboratorio sono state acquistate dal fondo Proserpina srl, società che fa capo a Mirello Crisafulli, che si occupa di supportare le attività dell'ateneo straniero approdato ad Enna lo scorso settembre. Per la fine di questo mese è attesa una prima importante definizione del "caso Enna". Il giudice Gregorio Balsamo del tribunale civile di Caltanissetta, dovrà pronunciarsi, dopo il rinvio dello scorso mese di ottobre per consentire alla difesa della Dunarea de Jos di Galati, come anche a quella della Proserpina di produrre memorie difensive per il ricorso proposto dall'avvocatura distrettuale su impulso del Miur per dare lo stop alle attività dell'ateneo straniero, considerato "illegittimo" dal ministero italiano.

La difesa del Fondo Proserpina ha già annunciato l'intenzione di dare battaglia per arrivare ad affermare la correttezza dell'insediamento e delle attività dell'ateneo straniero in base all'art. 49 del trattato di funzionamento dell'Unione europea che sarebbe invece stati violato dall'Italia e per cui è già stato presentato ricorso alla corte costituzionale.
Rispondi

Da: adelchi118/01/2016 16:55:11
Ma basta con sti stralci di articoli.
La via per la sicurezza economica è semplice: trovare una raccomandazione per banche o imprese private oppure stazionare presso uno studio legale e nel frattempo studiare x i concorsi.
Alternative non ve ne sono.
Ah si, una terza via vi sarebbe: darla/o via.
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Da: Burp!18/01/2016 17:02:11
Mi spiace, ma stanno studiando un ddl per eliminare pure la possibilità di darla/o via.
Rispondi

Da: Burp!18/01/2016 17:02:15
Mi spiace, ma stanno studiando un ddl per eliminare pure la possibilità di darla/o via.
Rispondi

Da: Burp!18/01/2016 17:02:20
Mi spiace, ma stanno studiando un ddl per eliminare pure la possibilità di darla/o via.
Rispondi

Da: Burp!18/01/2016 17:02:24
Mi spiace, ma stanno studiando un ddl per eliminare pure la possibilità di darla/o via.
Rispondi

Da: adelchi118/01/2016 17:10:24
Non intedeva iniziare la "professione" ma trovarsi una ereditiera o un signorotto locale da adescare e circuire, nonchè circumnavigare.

Qualche pensa che io scherzi ma sapete quando ho passato lo scritto cosa mi/ci ha detto il Presidente dell'Ordine di appartenenza: trovatevi qualcuno, un'ereditiera o un riccone, e lasciate perdere l'iscrizione.
Era il giugno 2013
Rispondi

Da: Burp!18/01/2016 17:16:38
Beata la sincerità. Quando mi sono abilitato io (2011) hanno sottaciuto la realtà dei fatti.
Rispondi

Da: adelchi118/01/2016 17:34:53
A me l'hanno confermata in sede di orale.
"mi raccomando si iscriva il più tardi possibile." Presidente di Commissione eh...
Rispondi

Da: abogado abogado18/01/2016 19:44:44
Inizialmente fu la "via" spagnola: chi di noi, negli ultimi anni, non ha avuto a che fare con un collega "abogado"?

Poi, forse è noto, la Spagna ha regolamentato la professione forense (a partire dalla ley espanola 30 ottobre 2006, n. 34) rendendo obbligatorio, seppur tra periodi transitori e rinvii vari, la frequenza di un Master en Abogacia e di una prova attitudinale.

Ma nel momento in cui si restringeva questa via, un'altra se ne apriva, ovvero quella di ottenere l'abilitazione in Romania.

Il Consiglio nazionale Forense e gli ordini locali non sono stati peraltro a guardare: non appena i numeri del fenomeno (spagnolo prima e ora anche rumeno) sono diventati di rilievo, gli ordini locali hanno in vario (e, va detto, disorganizzato, cioè sostanzialmente ciascuno a modo proprio) modo cercato di ostacolare queste iscrizioni, che avvenivano sulla base della Direttiva 98/5/CE (recepita in Italia con il D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96).

La vicenda non è rimasta confinata, peraltro, alle segreteria degli ordini, tanto è vero che l'Antitrust con il provvedimento 23 aprile 2013, n. 24327 ha sanzionato cinque Consigli dell'ordine (Civitavecchia, Latina, Tempio, Tivoli e Velletri) per aver "posto in essere intese restrittive della concorrenza ai sensi dell'articolo 101 TFUE, volte ad ostacolare l'accesso al mercato italiano dei servizi di assistenza legale da parte degli avvocati comunitari che intendevano avvalersi del procedimento di stabilimento/integrazione di cui alla Direttiva 98/5/CE e al Decreto Legislativo 96/2001, ciascuna consistente, nelle delibere, nei regolamenti e nelle altre condotte, sopra descritti, introduttivi di requisiti generali, ultronei rispetto a quelli previsti dalla normativa citata, ai fini dell'iscrizione degli avvocati comunitari nella sezione speciale".

Un anno e mezzo prima, peraltro, la vicenda aveva interessato anche le Sezioni Unite (sentenza n. 28340/11) che accogliendo il ricorso di un "abogado" italiano nei confronti dell'Ordine che aveva rifiutato l'iscrizione avevano anche ricostruito la duplice possibilità per chi si abilita all'estero, ovvero:

1) per avere il riconoscimento immediato del titolo, avvalersi della normativa sul riconoscimento delle qualifiche professionali (Direttiva 05/36/CE, recepita in Italia con il D.lgs. 206/2007) e in questo caso la richiesta di iscrizione immediata va fatta al ministero della Giustizia che, su parere dell'apposita conferenza di servizi, individua con un decreto, le prove da sostenere per compensare eventuali diversità di formazione;

2) utilizzare la procedura di stabilimento-integrazione prevista dalla Direttiva 98/5/CE (recepita in Italia con il D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96). In questo caso l'iscrizione alla sezione speciale degli avvocati comunitari stabiliti è subordinata, solo alla prova dell'iscrizione presso la corrispondente autorità di un altro Stato membro, ed è poi necessario agire d'intesa con un avvocato iscritto all'albo italiano. Dopo tre anni di effettiva attività in Italia è possibile chiedere l'iscrizione all'albo ordinario, dimostrando al consiglio dell'ordine di aver svolto un'attività regolare.

Questa seconda strada, seppur più lunga, avendo però il vantaggio di non prevedere alcun esame o prova attitudinale che dir si voglia, è stata finora di gran lunga la più utilizzata.
Rispondi

Da: diritto allo studio legale19/01/2016 15:32:22
C ontinua la battaglia degli avvocati contro quei laureati italiani in giurisprudenza che vanno in Spagna per conseguire più facilmente il titolo e tornano poi in Italia richiedendo, e spesso ottenendo, l' iscrizione ad uno degli Albi dei 130 Ordini forensi. L'Associazione nazionale avvocati italiani (Anai) ha rivolto al ministro della Giustizia, Orlando, l'invito «a predisporre una legge che stronchi questa prassi deleteria per l'avvocatura». «In relazione all'iscrizione all'albo degli ingegneri la Corte di Giustizia Ue (con la decisione 29 gennaio 2009) ha affermato che il duplice riconoscimento in uscita e poi in entrata dall'estero rappresenta una costruzione di puro artificio che contrasta con il principio comunitario in base al quale i cittadini non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario» ha dichiarato il presidente Anai Maurizio De Tilla. «Secondo il Cnf - ha dichiarato De Tilla - si possono rifiutare le iscrizioni degli avvocati "made in Spain" qualora sia accertato il carattere artificioso del percorso che ha portato alla relativa richiesta». (a.b.
Rispondi

Da: cervello in fuga25/01/2016 14:37:21
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/21/in-lussemburgo-ero-gia-indipendente-durante-lo-stage-ecco-perche-e-chi-se-ne-va-che-cambia-le-cose-in-italia/2386060/

"Dopo la laurea ho provato a spedire cv ovunque, ma senza risultato. E così me ne sono andata all'estero, in un luogo che potesse farmi crescere dal punto di vista professionale e offrirmi un lavoro col quale mantenermi da sola. Due cose che in Italia è difficile conciliare". Esther Cocco, trentenne sarda, ha sempre avuto il viaggio nel dna. Complice anche il lavoro dei genitori, assistenti di volo. Ha passato l'infanzia in Brasile e l'adolescenza tra Cagliari e Toronto, e da cinque anni vive in Lussemburgo.
Specializzata in diritto bancario, Esther ha fatto le valigie dopo la laurea in giurisprudenza alla Luiss di Roma e si è iscritta ad un master in private equity e mercati finanziari. Destinazione Lussemburgo, prima piazza europea e seconda al mondo, dopo New York, nella gestione dei fondi di investimento. Qui, a fine master, la aspettavano uno stage e poi l'assunzione a tempo indeterminato nel dipartimento legale di una multinazionale di servizi finanziari e contabilità, dove oggi ricopre il ruolo di supervisor legal. "Una cosa impensabile in Italia - riconosce-. Ho iniziato a guadagnare in modo da essere indipendente già durante lo stage: in Lussemburgo è la prassi. Tanti miei coetanei rimasti in Italia, sia giovani avvocati sia giuristi d'impresa, faticano a costruire un'esperienza professionale che li renda economicamente indipendenti e li soddisfi. In molti studi legali i ritmi di lavoro sono eccessivi e i tempi per raggiungere il titolo d'avvocato, tra pratica ed esame, lunghissimi".

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A Lussemburgo Esther ha trovato il suo equilibrio. Il sogno nel cassetto, però, è quello di tornare. In Italia, in Sardegna. Con l'obiettivo di fare qualcosa di concreto per la sua terra. "Rientrerò, questo è sicuro. Il mio futuro è lì" e il suo sogno "è di poter mettere a servizio del mio Paese ciò che sto imparando all'estero". Il rientro però è vincolato a "un progetto", che Esther ha già messo nero su bianco e ha sede ad Uras, in provincia di Oristano: "Voglio ricreare un polo tessile che ha dovuto chiudere a causa della crisi qualche anno fa. La Sardegna è piena di risorse e professionalità di altissimo livello che rischiano di andare perdute se nessuno si impegna a valorizzarle".

Il primo periodo a Lussemburgo non è stato facile: "Ora riconosco che la multiculturalità è un grandissimo punto di forza per una azienda. Ma all'inizio una delle cose più difficili è stato conciliare il mio approccio lavorativo con quello di tantissime persone di nazionalità differenti. Nel mio team siamo in otto, ognuno proveniente da un Paese diverso". E anche sapere bene l'inglese spesso non è bastato: "Avendo trascorso tutte le estati del liceo in Canada per perfezionare l'inglese, ero arrivata a Lussemburgo con un buon livello di padronanza della lingua, in Italia considerato ottimo. Qui invece tutti mi chiedevano, un po' stupiti, se sapessi solo l'inglese. I miei coetanei in media parlano perfettamente 3 lingue. Ora, grazie al lavoro, ho imparato un po' di francese. È un Paese che ti dà l'opportunità di arricchirti tantissimo anche dal punto di vista linguistico".

E poi l'Italia manca. Tanto. "Fare una passeggiata a Roma è la cosa che mi manca di più. Abbiamo una cultura e delle bellezze uniche, che chi vive all'estero ci invidia. Ma non sappiamo e non possiamo valorizzarle come meriterebbero. Purtroppo in Italia ancora non vedo la luce alla fine di questo tunnel". Anche per questo, secondo Esther, l'Italia paga un caro prezzo al di fuori dei confini nazionali: "All'estero c'è un'idea spesso sbagliata degli italiani. All'inizio alcuni scherzavano sul fatto che non sembravo italiana. Perché? Lavoravo tanto. E questo me l'ha insegnato l'Italia. Se abbiamo successo all'estero lo dobbiamo innanzitutto alla nostra formazione. Dobbiamo ricordarci chi siamo e da dove veniamo. Mi arrabbio con chi va a lavorare fuori e inizia a denigrare il nostro Paese".

Una scelta, quella di Esther, a cui sono seguite non poche critiche: "Sin da quando sono partita ho ricevuto tanti rimproveri. "'E' facile andarsene, ma è chi rimane che cambia le cose', mi hanno detto in molti. In realtà, se fossi rimasta a casa dai miei probabilmente avrei potuto cambiare ben poco. Le esperienze all'estero mi hanno arricchita, aprendomi gli occhi su nuovi mondi e orizzonti. Ed è questo che riporta a casa, quando torna, un emigrante".

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Da: no g30/01/2016 15:39:17
Il riconoscimento dei titoli conseguiti all'estero è tema di vivo interesse; specie laddove lo si rapporta al principio di libera circolazione di merci, capitali e servizi all'interno dell'Unione europea.
E' il caso, noto, dell'abilitazione all'esercizio della professione forense. L'orientamento giurisprudenziale è nel senso di riconoscere il diritto dei soggetti abilitati all'esercizio della professione presso un qualsiasi Stato membro di iscriversi (seppur con alcune limitazioni e vincoli) nell'albo degli avvocati e di esercitare in Italia la professione di Avvocato.  
Tuttavia, tale principio non ha applicazione incondizionata e assoluta.
Infatti, il Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 gennaio 2016, ha confermato la sussistenza di un limite al riconoscimento in Italia del titolo professionale conseguito in Spagna. In particolare, è stato rilevato che il titolo di economista, conseguibile in Spagna sulla base della semplice laurea, senza necessità né di esame di abilitazione, né di alcuna ulteriore formazione post lauream, non consente la iscrizione all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e, dunque, l'esercizio della relativa professione.

E ciò perché "la direttiva comunitaria 2005/36/CE (trasposta nell'ordinamento nazionale dal sopra citato d.lgs. nr. 206 del 2007), sulla base della quale l'odierno appellato ha chiesto il riconoscimento in Italia del titolo professionale conseguito in Spagna, è costantemente interpretata dalle stesse istituzioni europee nel senso di non consentire l'automatico riconoscimento di titoli conseguiti in altro Stato dell'Unione, qualora questo sia richiesto al fine di ottenere l'attribuzione di un titolo per il quale l'ordinamento nazionale richiede un esame o una formazione professionale specifica, ulteriore rispetto al diploma di laurea (cfr. Corte di giustizia UE, 29 gennaio 2009, C-311)".

Quindi, allo stato, gli avvocati spagnoli possono esercitare in Italia, iscrivendosi nel relativo albo, mentre gli economisti spagnoli no.
Rispondi

Da: no g31/01/2016 08:22:18
Ancora licenziamenti al Comune di Sanremo come effetto dell'inchiesta  che nell'ottobre scorso portò a 35 arresti per truffa e falso. In molti timbravano e poi lasciavano il lavoro. Sale così a 18 il numero dei licenziati. licenziato anche il vigile era stato ripreso a timbrare il cartellino in mutande, immagine che era divenuta il simbolo di tutta l'inchiesta.
Rispondi

Da: impiegato_comunale 31/01/2016 13:24:05
La storia dei licenziamenti al Comune di Sanremo è tutta una bufala. Basta consultare l'albo pretorio del Comune per vedere che non c'è e non c'è mai stata traccia di questi provvedimenti, che vi ricordo devono necessariamente passare per l'albo pretorio fra le determinazioni.

http://dns.comunedisanremo.it/websicdotnet/portale/albopretorio/albopretorioconsultazione.aspx
Rispondi

Da: infatti01/02/2016 07:40:33
Da Gilletti all'arena, ieri  hanno detto un sacco di cretinate.
Rispondi

Da: adelchi101/02/2016 16:47:17
Se foste un avvocato cinquantenne e nell'ultimo anno aveste guadagnato 76.000 euro (condividendo lo studio con altro legale, euro  12.000 di affitto annui, oltre cassa, tasse e accessori, senza nessun dipendente in studio) quanto daresti ad un avvocato trentenne da oltre 6 anni vs. collaboratore?
Rispondi

Da: non vapisco... 01/02/2016 17:16:58
In media un avvocato quarantenne al nord, netto quanto guadagna all'anno?
Rispondi

Da: Ahahahah...01/02/2016 17:25:59
il solito provocatore pseudodifensore della casta avvocatizia, che spasso...
Rispondi

Da: infatti01/02/2016 17:29:34
Sarebbe - infatti - auspicabile la concreta applicazione del Fondo di Garanzia per le professioni, che sostenga l'accesso e l'esercizio delle attività professionali, senza limiti, favorendo la concessione di garanzie a favore di professionisti giovani e meno giovani per l'accesso al credito;
in questo senso, ed in attesa di una nuova disciplina in materia, sarebbe auspicabile la modifica dell'art. 2 del DM 176/2014, recante modalità di accesso al microcredito per l'avvio e lo sviluppo di iniziative imprenditoriali nel mercato del lavoro, nella parte in cui esclude l'accesso ai finanziamenti ai liberi professionisti titolari di partita iva da più di 5 anni.

http://www.oua.it/NotizieOUA/scheda_notizia.asp?ID=16774
La crisi economica da un lato e la mancanza di garanzie per l'accesso al credito bancario penalizzano tutti i liberi professionisti, e non solo coloro i quali sono in procinto di affacciarsi al mondo professionale.
Nel frattempo bisogna concretamente utilizzare quanto previsto dal programma COSME, che prevede 1.4 miliardi di Euro nel periodo 2014-2020 per finanziare le PMI attraverso garanzie sui prestiti e investimenti in strumenti di capitale.
Le disposizioni contenute nel Piano d'azione 2020 prevedono una serie di misure a sostegno delle attività professionali, tra cui l'apertura dei fondi strutturali europei ai liberi professionisti per il periodo 2014-2020.
È necessaria quindi l'adozione da parte del Governo italiano di adoperarsi affinché i liberi professionisti possano essere destinatari dei fondi europei.
Ulteriori fondi della Commissione Europea sono disponibili, ad esempio, attraverso il Programma Easi per l'occupazione e l'innovazione sociale, il programma Horizon202 e il Fondo europeo per lo sviluppo regionale.
Rispondi

Da: avvocati coniugi02/02/2016 04:10:09
Siamo due avvocati con più di 20 anni di professione.
Nostro figlio  ha preso l'anno scorso la maturità classica con il massimo dei voti.
Felicissimi di avere procreato e mantenuto finora un'eccellenza negli studi, ci stiamo sacrificando pagando una retta universitaria di 26mila euro annui, ma ne vale la pena sacrificarsi economicamente, per la certezza di un futuro migliore per nostro figlio con una laurea in economia e finanza americana, rispetto agli angusti ambiti che avrebbe potuto offrirgli l'avvocatura.
http://www.johncabot.edu/admissions/studenti-italiani/retta-universitaria.aspx
Rispondi

Da: x me06/02/2016 17:15:44
Me pare na strunzat...
Rispondi

Da: ..........06/02/2016 23:24:54
La verità è che i pochi grossi avvocati, molto ben rappresentati nelle aule parlamentari e non solo, vogliono chiudere l'accesso alla professione ai neolaureati. Il sistema ordinistico è palesemente illiberale, oltre che, a mio avviso, incostituzionale. Anche al semplice annuncio di un provvedimento che cerchi di aprire la professione di avvocato ad un minimo di concorrenza, la lobby dei grossi avvocati non esita ad alzare immediatamente barricate, e tramite i suoi organismi di rappresentanza invoca i principi i diritti del cittadino, la Costituzione, ecc.. Io non me la prendo con loro. Come qualunque altra categoria, infatti, non fanno altro che difendere i loro privilegi. No, io me la prendo con tutti noi praticanti e giovani avvocati, che, vuoi per scelta consapevole (pochi), vuoi perché culturalmente poco preparati (la maggioranza, purtroppo, a causa dell'apertura della facoltà di giurisprudenza anche a chi non aveva le necessarie basi storico-filosofiche per comprendere lo  jus, ma veniva da studi tecnici), preferiamo stare dalla parte dei potenti sperando così, di raccogliere qualche avanzo alla mensa del padrone. Perché la pratica legale, nella stragrande maggioranza dei casi, quando non sfocia nello schiavismo vero e proprio, si riduce ad adempimenti burocratici e di segreteria? Perché per un praticante con spirito critico che si ribella, ve ne sono dieci senza dignità disposti ad accettare ogni umiliazione, pur di farsi chiamare avvocato.
Rispondi

Da: ...............................07/02/2016 09:57:29
Sante parole..... ma se permetti il discorso si può estendere al mondo del lavoro in generale per uno che si ribella tutti a quattro zampe sotto la tavola del padrone...... scodinzolando sperando che dalla tavola ricca gli venga gettata qualche briciola..... che schifo   il problema è che fino a quando non ci si unisce e ci si ribella a questo stato di cose per noi sarà sempre peggio
Rispondi

Da: Le basi storico filosofiche...07/02/2016 10:40:56
La verità è molto più semplice: ci sono troppi avvocati ed è ovvio che non tutti riescano ad emergere. È il mercato.
Rispondi

Da: x 10:4007/02/2016 10:51:31
Concordo.
Volete un posto più sicuro e rispettato?
Prendetevi una triennale in materie giuridiche-economico (dovrebbero convalidarvi paraecchio e se siete bravi in 2 anni avete il titolo), tale che possa farvi partecipare ai concorsi per amministrativi di cat. C e D in qualsiasi ente pubblico, fate i concorsi, vinceteli e mettetevi il cuore in pace.
Amen
Rispondi

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