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Quanti di voi sono avvocati ma hanno lasciato per un concorso pubblico?
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Da: considerazione13/07/2015 17:05:49
Ho preso una brillante laurea in legge e dopo il tirocinio ho iniziato a fare l'avvocato. Nella vita ho sempre studiato e sgobbato ma ora mi ritrovo con una professione che in termini economici non mi ripaga degli sforzi fatti.
Invece c'è mio cugino, a scuola era un somaro pluri-ripetente, una totale zappa che è entrato in polizia e ora mi ride in faccia col suo bravo stipendio a vita.
Domanda: conviene davvero studiare impegnarsi in questo nostro Paese?
Rispondi

Da: ..................13/07/2015 17:18:04
nooooo io ci piango tutti i giorni...
Rispondi

Da: @considerazione13/07/2015 17:38:03
conviene nei settori non saturi. Come ho già scritto, tra gli avvocati riescono ad emergere solo i migliori e per gli altri c'è poco spazio. C'è da dire inoltre che anche le forze dell'ordine sono pagate pochissimo rispetto al delicato lavoro che svolgono.
Rispondi

Da: dati obbiettivi13/07/2015 18:01:15
L'email giunta al nostro indirizzo, aperto alle segnalazioni di chiunque abbia qualcosa da raccontare, era di quelle che sin da subito attirano l'attenzione: una avvocato, under 30, che chiede di poter raccontare la propria esperienza quotidiana, fatta di sacrifici e continue umiliazioni, soprattutto umane prima che professionali.

Decidiamo di rispondere, invitando Giada (nome di fantasia, ndr) a fornirci un recapito telefonico per una chiacchierata informale e naturalmente anonima. Lei accetta, aprendoci il racconto di una vita oggettivamente al limite della schiavitù, ma accettata con enorme dignità…nonostante tutto.

Giada…prima di approfondire la tua storia, parlaci un po' di te.

"In realtà ho molto poco da dire. Sono una ragazza come tante altre, con una laurea in Giurisprudenza presa a 26 anni con il massimo dei voti e sin dal mese successivo catapultata nel - per come l'avevano definito in molti - magico mondo della professione di avvocato".

Immaginiamo che, soprattutto all'inizio, non saranno state rose e fiori…

"Naturalmente no. I primi colloqui, per essere "assunta" ed iniziare così il mio periodo di tirocinio obbligatorio ai fini dell'esame di abilitazione forense (per poter sostenere l'esame di avvocato occorre aver maturato un periodo di pratica di 18 mesi, ndr) mi servirono soprattutto per capire come farmi apprezzare. E difatti dopo nemmeno un mese dal conseguimento della laurea fui presa in uno Studio Legale di Palermo".

Nel vostro accordo era previsto un rimborso-spese, o un compenso?

"Magari! Nessun compenso, nessun rimborso spese. Nulla di tutto ciò: "il tuo compenso è la formazione".
Anzi ad essere onesta, nel lungo periodo la pratica è stata più una spesa che un guadagno, per me. Ogni giorno andare e tornare dal luogo di lavoro, con i mezzi pubblici o con il motorino, mi costava dai 3 ai 5 euro. Senza contare le giornate in cui, avendo del lavoro da sbrigare, ero "invitata" a restare a pranzo…in quei giorni la spesa poteva arrivare anche a 7-8 euro".

Beh, si sa che soprattutto i primi tempi i datori di lavoro del settore forense, tranne qualche caso raro, difficilmente riconoscono qualcosa…

"Certo, e difatti non mi lamentai assolutamente di questa condizione. Tutti i miei colleghi erano nella mia stessa situazione. Ero lì per imparare, per capire e muovere i primi passi verso una professione che, comunque, avevo da sempre desiderato fare. Certo, non nascondo che ho dovuto fare dei piccoli sacrifici per tirare avanti, chiedendo soldi ai miei genitori e riducendo un po' la mia vita sociale e le cose meno importanti. Meno aperitivi, meno shopping e più professione: per me comunque, andava bene così in quel momento".

E allora poi cosa è successo?

"E' successo che per poter sostenere l'esame che, una volta superato, ti consegnerà il titolo di avvocato a tutti gli effetti devi "fare pratica" per 18 mesi. In sostanza, quasi due anni di questa vita passata a lavorare dalle otto alle dieci ore al giorno, senza mai vedere l'ombra di un centesimo di euro. Alla lunga, lo ammetto, la situazione era diventata un po' snervante soprattutto perché dopo i primi mesi, passati a gettare le basi, iniziai a dare un contributo più "concreto" portando anche alcuni Clienti in studio. Naturalmente tutto ciò, per il mio "Capo", non ebbe alcun peso. Ma pazienza, il mio obiettivo era l'esame di abilitazione, per il quale decisi di frequentare una Scuola forense della città, pagata anch'essa con soldi che purtroppo i miei genitori furono costretti a togliere da altre voci del bilancio familiare. Ancora oggi mi sento mortificata per tutto ciò e spero un giorno di poter loro restituirli".

Dunque, l'esame di abilitazione. Come è andato? E' noto a tutti che è una vera e propria lotteria, dove a volte anche i più preparati sono costretti a soccombere…

"E' vero. Sostenni la fase scritta dell'esame di abilitazione nel mese di dicembre, e sino al giugno dell'anno successivo non ci fu data alcuna notizia. Francamente l'attesa ti logora dentro. Poi però giunse la lieta novella: avevo superato il primo scoglio, i miei elaborati erano stati evidentemente apprezzati dalla Commissione esaminatrice distante diversi chilometri da Palermo".

Grande festa dunque: cosa significava per te?

"Beh, anzitutto significava che mi sarei dovuta mettere a studiare senza sosta per preparare l'esame orale, ultimo gradino prima dell'acquisizione del titolo di avvocato: sei materie per quasi 2200 pagine, studiate in piena estate. Una esperienza al limite della sopportazione fisica molto difficile da gestire. Ma francamente poco mi interessava, il mio scopo era ottenere il titolo di avvocato con il quale, teoricamente, avrei finalmente dato una svolta alla mia vita professionale, e con essa alla mia vita".
Teoricamente…abbiamo il vago timore che le cose non siano andate così.

"Purtroppo nulla va per come lo si progetta: superato l'esame orale, a 28 anni ero un'avvocato. Non male, considerati i tempi e considerato che altri miei colleghi, validi quanto me se non di più, sono stati bocciati agli scritti o fermati agli orali. Mi misi subito alla ricerca di una sistemazione, tanto a Palermo quanto in altre città d'Italia perché non avevo nessuna difficoltà a lasciare un luogo dove, evidentemente, il mio lavoro non era apprezzato adeguatamente. All'uscita dai primi colloqui mi veniva da piangere: alla scusante originaria di due anni prima, secondo cui non avrei potuto pretendere nulla perché una praticante con esperienza "nulla guadagna se non la formazione ottenuta", si era sostituita la nuova, "è diventata Avvocato da pochissimo tempo". Sentirmi dire che avrei dovuto lavorare tre mesi in prova, senza vedere un euro, mi ha davvero mortificata. Eppure, a forza di cercare e non arrendermi, qualcosa ho trovato".

Sarebbe a dire?

"Uno Studio legale internazionale, con molte sedi in Italia e nel resto del mondo e un fatturato da milioni di euro, al quale avevo inviato il mio CV poco dopo l'acquisizione del titolo. Mi chiamarono, per entrare a far parte della sede romana, ed al termine di un paio di colloqui mi proposero un compenso di 500,00 euro lordi da liquidare tramite regolare fattura e dunque con Partita IVA. Nessun contratto, nessuna garanzia: ogni giorno a lavoro, dal Lunedì al Venerdì dalle 9:30 alle 19:30, con pausa pranzo da fare in studio di un'ora. In mancanza d'altro, ed anche per poter annoverare questa esperienza nel mio curriculum, decisi di accettare".

Adesso come vanno le cose?

"Onestamente… non c'è stato un grande miglioramento. All'inizio stringevo i denti e per quanto possibile avevo un aiuto, l'ennesimo, dai miei genitori che davvero stanno facendo il possibile per sostenermi, ma di questi tempi anche un sussidio minimo per me può davvero essere pesante nell'economia di una famiglia. Pensavo che le cose sarebbero cambiate, impegnandomi al massimo e facendomi apprezzare per ciò che so e per quanto ho ancora voglia di imparare…purtroppo mi sbagliavo. A voler essere cinica, con 500 euro lordi al mese io porto a casa, per nove ore di lavoro piene, 16 euro e 10 centesimi. Basta fare una semplice divisione per capire che, per ogni ora, guadagno poco più di 1 euro e 70 centesimi. E naturalmente parliamo di cifre lorde, dal momento che avendo la Partita IVA per ogni compenso ricevuto occorre mettere da parte oltre 1/3, tra imposte sostitutive e contributi INPS. Faccio bene a non pensare che in realtà mi restano in tasca pochi spiccioli…"

La rabbia per una vita vissuta così è davvero tanta…

"Assolutamente. Iscritta alla Facoltà di Giurisprudenza pensavo davvero di poter scegliere il mio futuro, forte di un titolo teoricamente spendibile sul mercato con relativa facilità. I tempi però sono cambiati, ormai il nostro titolo è equiparato alla carta straccia e il suo possesso, o meno, è davvero irrilevante per il 90% dei datori di lavoro. Volendo intraprendere la libera professione, poi, la situazione è ancora più tragica…come può uno Stato chiedere oltre il 30% del guadagnato? Senza contare che ci sono costi fissi come le spese di studio, la Cassa Forense, i costi vivi per gli spostamenti… questo sistema non porterà altro che a milioni di disoccupati, e disperati".

Cosa pensi di fare, adesso? Hai intenzione di continuare questo percorso o stai cercando altre strade?

"Sinceramente non so cosa rispondere. Adesso è da qualche settimana che ho iniziato a rispondere ad offerte di lavoro, vediamo cosa ne salta fuori. Di sicuro continuerò a mettere il massimo impegno e la massima dedizione nella mia professione, sebbene al solo pensiero di essere pagata meno di due euro all'ora, sapendo perfettamente a cosa ogni giorno sono sottoposta dal punto di vista professionale, personale e fisico…mi viene da piangere. Non hai alcuna certezza, che vita puoi fare? Vorrei avere una famiglia, dei figli con il mio fidanzato, ma come è possibile tutto ciò? Una volta il problema era la mancanza di lavoro, adesso non solo a mancare è il lavoro ma anche una parvenza minima di trattamento economico decente. Siamo trattati al pari delle bestie, senza alcuna tutela: a queste condizioni potrei anche decidere di andare a lavorare in un bar. Un mestiere dignitosissimo, probabilmente meno stressante e responsabilizzato del mio, ma che a fine mese mi permetterebbe di portare a casa un migliaio di euro netti. Traguardo che, in questi tre anni di attività forense, finora non ho mai nemmeno lontanamente visto con il cannocchiale".
Rispondi

Da: ............................13/07/2015 18:17:37
questi laureati in giurisprudenza sono un esercito di disperati, l'università è solo un parcheggio e il parcheggio prosegue coi 2 anni di pratica forense fino al momento in cui si inizia a fare l'avvocato ma senza il corrispettivo economico che si può pensare. Mettersi in proprio, con un proprio studio, porta ad una serie di spese che non te lo dico proprio.. restare col proprio dominus significa fare lo schiavo a vita...
soluzioni?
Rispondi

Da: @puntini13/07/2015 19:51:44
Dato che sfornare un laureato in giurisprudenza implica elevati costi sociali: un disoccupato non sarà utile a se stesso ed alla società; fare sopportare tali costi sociali a chi sceglie tale facoltà.
Chi si immatricola in tale corso di studio dovrà pagare insieme alla retta una assicurazione sulla disoccupazione, che assicuri le spese di mantenimento del disoccupato pari ad almeno un quinquennio, cioè il tempo utile  per conseguire una laurea più dignitosa per trovare un lavoro, senza farsi mantenere dai genitori.
Rispondi

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Da: @puntini13/07/2015 20:16:36
Con tutte le tasse che ci sono in Italia, ci manca solo  l'assicurazione sulla disoccupazione. La proposta è ridicola. Lo Stato deve assolutamente intervenire abbassando le tasse per favorire le attività produttive e favorire il turnover nelle amministrazioni pubbliche per aumentarne la produttività. L'età pensionabile va portata a 60 anni perchè non si vive per lavorare ma il contrario e la pensione pubblica dovrebbe essere minima ed uguale per tutti. Per la restante parte, se qualcuno ha interesse a ricever di più, si dovrebbero incentivare le pensioni integrative private ovviamente con forti agevolazioni fiscali. Inoltre si dovrebbe dire un secco NO all'austerità che non ha nessun fondamento economico specie in periodi di recessione economica come questo. Un NO serio ovviamente, non per finta come in Grecia.
Rispondi

Da: 13/07/2015 21:16:22
veramente oggi tutte le facoltà sfornano disoccupati ma non mi sembra che per chi non abbia studiato le cose vadano meglio
Rispondi

Da: fatto quotidiano13/07/2015 21:17:52
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/24/reddito-garantito-1-300-euro-al-mese-in-danimarca-460-in-francia-ecco-mappa/673894/

Mentre in Italia giacciono in Parlamento proposte di legge mai discusse, nel resto d'Europa sono in vigore forme di sostegno e sussidi non destinati solo ai disoccupati. Dal modello scandinavo all'esperimento francese, ecco come funzionano e quanto valgono. Ma il primato va all'Alaska (grazie al petrolio). In Brasile povertà dimezzata con il piano di Lula.

L'ultima ad entrare nel club è stata l'Ungheria, nel 2009. Tutti gli altri paesi dell'Europa a 28 (tranne Italia e Grecia) hanno adottato da tempo forme di reddito minimo garantito per consentire ai loro cittadini più deboli di vivere una vita dignitosa, così come l'Europa chiede fin dal 1992. Strumento pensato per alleviare la condizione di insicurezza di chi vive al di sotto della soglia di povertà, in caso di perdita del lavoro il reddito minimo scatta quando è scaduta l'indennità di disoccupazione (che in Italia è l'ultima tutela disponibile) e il disoccupato non ha ancora trovato un nuovo impiego. Ma nell'Ue ne beneficia anche chi non riesce a riemergere dallo stato di bisogno nonostante abbia un lavoro. Negli ultimi anni la tendenza generalizzata, secondo il rapporto The role of minimum income for social inclusion in the European Union 2007-2010 stilato dal Direttorato generale per le politiche interne del Parlamento Ue, è stata quella di razionalizzare i vari sistemi, cercando di legare più che in passato il sostegno a misure per rafforzare il mercato del lavoro in modo da creare occupazione e ridurre il numero dei beneficiari. Ma il reddito minimo continua ad assolvere alla sua funzione: quella di ultimo baluardo garantito dagli Stati contro l'indigenza.
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DANIMARCA - Il modello scandinavo. Informato ai principi dell'universalismo, il sistema danese è tra i più avanzati del continente ed è basato su un pilastro principale: il Kontanthjælp, l'assistenza sociale. Il sussidio è tra i più ricchi: la base per un singolo over 25 è di 1.325 euro (escluso l'aiuto per l'affitto, che viene elargito a parte), che arrivano a 1.760 per chi ha figli. I beneficiari che non hanno inabilità al lavoro sono obbligati a cercare attivamente un'occupazione e ad accettare offerte appropriate al loro curriculum, pena la sospensione del diritto. A differenza della maggior parte degli altri paesi, il sussidio è tassabile. E se ci si assenta dal lavoro senza giustificati motivi, viene ridotto in base alle ore di assenza. Fino al febbraio 2012, poi, esisteva lo Starthjælp, letteralmente "l'indennità di avviamento ad una vita autonoma", il cui contributo minimo era di 853 euro: il beneficio è stato abolito in un tentativo di riorganizzazione e razionalizzazione del sistema.

GERMANIA - Il modello centroeuropeo. In Germania lo schema di reddito minimo è basato su 3 pilastri: l'Hilfe zum Lebensunterhalt, letteralmente un "aiuto per il sostentamento", un assegno sociale per i pensionati in condizioni di bisogno (Grundsicherung im Alter) e un sostegno ai disoccupati con ridotte capacità lavorative (Erwerbsminderung). Dal 1° gennaio 2013 il contributo di primo livello (il più alto) è di 382 euro per un singolo senza reddito. Sussidi per l'affitto e il riscaldamento vengono elargiti a parte, come le indennità integrative per i disabili, i genitori soli e le donne in gravidanza. Lo Stato pensa anche alla prole: 289 euro per ogni figlio tra i 14 e i 18 anni, 255 euro tra i 6 e i 14 anni, 224 euro da 0 a 5 anni. La durata è illimitata, con accertamenti ogni 6 mesi sui requisiti dei beneficiari, a patto che chi è abile al lavoro segua programmi di reinserimento e accetti offerte congrue alla sua formazione. Ne hanno diritto i cittadini tedeschi, gli stranieri provenienti da paesi Ue che hanno firmato il Social Security agreement e i rifugiati politici.

REGNO UNITO - Il modello anglosassone. Oltremanica il reddito minimo è garantito da un complesso sistema di sussidi basati sulla "prova dei mezzi", la misura del reddito dei richiedenti. L'Income Support è uno schema che fornisce aiuto a chi non ha un lavoro full time (16 ore o più a settimana per il richiedente, 24 per il partner) e vive al di sotto della soglia di povertà. Il sostegno ha durata illimitata finché sussistono le condizioni per averlo e varia in base ad età, struttura della famiglia, eventuali disabilità, risorse che i beneficiari hanno a disposizione: chi ha in banca più di 16mila sterline non può accedervi e depositi superiori alle 6mila riducono l'importo del sostegno. Le cifre: i single tra i 16 e i 24 anni percepiscono 56,80 pound a settimana, gli over 24 arrivano a 71,70 (per un totale di circa 300 sterline al mese, pari a 330 euro, contro le 370 del 2007). Un aiuto dello stesso importo garantisce la Jobseeker Allowance, riservata agli iscritti nelle liste di disoccupazione: "Per riceverlo il candidato deve recarsi ogni due settimane in un Jobcenter e dimostrare che sta attivamente cercando lavoro". Lo Stato aiuta chi ha bisogno anche a pagare l'affitto e garantisce alle famiglie assegni per il mantenimento dei figli.

FRANCIA - Esperimento di reddito modulare. A due diversi tipi di sostegno rivolti ai disoccupati, si è aggiunto nel 1988 il Revenu Minimun d'Insertion, sostituito nel giugno 2009 dal Revenu de Solidarité Active. Ne ha diritto chi risiede nel paese da più di 5 anni, ha più di 25 anni, chi è più giovane ma ha un figlio a carico o 2 anni di lavoro sul curriculum. Un singolo percepisce 460 euro mensili (in aumento dai 441 del 2007), una coppia con 2 figli 966 euro. E il sussidio, che dura 3 mesi e può essere rinnovato, aumenta con l'aumentare della prole. Perché il sostegno non si trasformi in un disincentivo al lavoro, il beneficiario deve dimostrare di cercare attivamente un'occupazione, partecipare a programmi di formazione e l'importo del beneficio è modulare: man mano che cresce il reddito da lavoro, diminuisce il sussidio, ma in questo modo il reddito disponibile aumenta.

BUONE PRATICHE
Belgio. Quello belga è un sistema rigido, ma generoso: 725 euro il contributo mensile per un singolo. Con l'inizio della crisi Bruxelles ha, inoltre, aumentato le tutele, adottando nel luglio 2008 per gli anni 2009-2011 l'Anti-Poverty Plan, un'ulteriore serie di misure per garantire il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, all'energia, ai servizi pubblici. Inoltre il Belgio è tra i paesi che, con Germania e Danimarca, consentono di rifiutare un lavoro perché non congruo al proprio livello professionale senza vedersi sospeso il sussidio (idea affine a quella proposta in Italia da M5S e Sel): un meccanismo studiato per contrastare quella fascia di lavori a bassa qualificazione che prolifera in conseguenza dell'obbligo di accettare un impiego per non perdere il sostegno.

Irlanda. Anche quello irlandese figura tra i sistemi più generosi: 849 euro il contributo massimo per un singolo. E grazie al Back to Work Allowance nell'isola un disoccupato che intraprende un'attività lavorativa continua ad usufruire dei sussidi per diversi mesi dopo l'avvio del lavoro. Anche se si riprendono gli studi si può richiedere un sostegno al reddito grazie al Back to study Allowance.

Olanda. I Paesi Bassi, invece, oltre ad avere un sistema di manica larga con singoli (617 euro il contributo mensile massimo) e famiglie (1.234 euro, sia che si tratti di coppie sposate che di coppie di fatto, con figli e senza) hanno messo a punto il Wik, una misura specifica per gli artisti, studiata per garantire una base economica a chi si dedica alla creazione artistica.

RISULTATI. Secondo uno studio commissionato dalla Commissione Europea basato sui report nazionali dello Eu Network of National Independent Experts on Social Inclusion, sono rari i casi in cui il reddito minimo "riduce sensibilmente i livelli aggregati di povertà": "i paesi che meglio riescono ad elevare le condizioni dei loro cittadini più deboli verso la soglia di povertà sono Irlanda, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca". Svolge, invece, un ruolo importante "nel ridurre l'intensità della povertà".

ESPERIMENTI NEL MONDO: IL REDDITO DI CITTADINANZA IN ALASKA E BRASILE. A differenza del reddito minimo, il reddito di cittadinanza, in inglese basic income, è una forma universalistica di sostegno del reddito garantita dallo Stato a tutti i cittadini maggiorenni a prescindere dai loro averi e dalla loro disponibilità a lavorare. Secondo la Global Basic Income Foundation, l'unico paese al mondo in cui esiste un reddito di cittadinanza è l'Alaska. Dal 1982 l'Alaska Permanent Fund, nel quale confluisce almeno il 25% dei proventi dei giacimenti di petrolio e gas dello Stato, garantisce un dividendo a tutti i cittadini residenti da almeno un anno. L'importo varia in base a proventi annui del settore minerario: nel 2011 è stato di 1.174 dollari, nel 2008 aveva toccato i 2.100. E si tratta di un sostegno individuale, quindi una famiglia composta da 5 persone riceverà 5 sussidi. Il Brasile, invece, si è dotato di un basic income, la Bolsa Familia, con la legge n. 10.835/2004 promulgata dal presidente Lula l'8 gennaio 2004. In base ai dati della Banca Mondiale, in questi anni la percentuale di persone che vivevano sotto la soglia della povertà (fissata nelle parti più ricche del mondo emergente a 4 dollari al giorno) è scesa dal 42.84%, del 2003 al 27.60% del 2011. E, secondo il Ministero per lo Sviluppo Sociale, il budget per il programma sarà portato dai 10,7 miliardi di dollari del 2012 a 12,7 nel 2013.


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Da: ............................13/07/2015 22:52:03
ci manca solo il reddito di cittadinanza..e con quali soldi? qui già abbiamo una voglia di lavorare che non te lo dico.. finiremmo peggio della grecia..
Rispondi

Da: Il diritto al reddito13/07/2015 23:16:27
non esiste. Esiste però il diritto al lavoro come sancisce l'art. 4 della nostra Costituzione. E' da qui che si deve partire per ristabilire una ripresa dell'economia Italiana e quindi la fine della recessione. Il resto è fuffa.
Rispondi

Da: fatto quotidiano14/07/2015 08:28:47
Infatti in tutte queste nazioni da voi giudicate incivili di vagabondi nessuna è sull'orlo del fallimento. LE QUALI RISPETTANO TUTTE sia LE DIRETTIVE EUROPEE CHE IMPONGONO  I VINCOLI DI BILANCIO SIA UN REDDITO MINIMO. Anzi rischiano il fallimento e l'uscita dall'Europa proprio quelle nazioni che non adottano lo strumento del reddito minimo garantito e che sprecano risorse pubbliche in tanti altri modi (SUPER PENSIONI, SUPER STIPENDI PUBBLICI) come la Grecia e l'Italia.
1) Danimarca: 1.325 euro  che arrivano a 1.760 per chi ha figli. I beneficiari che non hanno inabilità al lavoro sono obbligati a cercare attivamente un'occupazione e ad accettare offerte appropriate al loro curriculum, pena la sospensione del diritto.
2) GERMANIA:  382 euro per un singolo senza reddito + 289 euro per ogni figlio tra i 14 e i 18 anni, 255 euro tra i 6 e i 14 anni, 224 euro da 0 a 5 anni. La durata è illimitata, con accertamenti ogni 6 mesi sui requisiti dei beneficiari, a patto che chi è abile al lavoro segua programmi di reinserimento e accetti offerte congrue alla sua formazione
3)REGNO UNITO - (per un totale di circa 300 sterline al mese, pari a 330 euro, contro le 370 del 2007). Un aiuto dello stesso importo garantisce la Jobseeker Allowance, riservata agli iscritti nelle liste di disoccupazione: "Per riceverlo il candidato deve recarsi ogni due settimane in un Jobcenter e dimostrare che sta attivamente cercando lavoro".

4) FRANCIA -  Un singolo percepisce 460 euro mensili (in aumento dai 441 del 2007). Perché il sostegno non si trasformi in un disincentivo al lavoro, il beneficiario deve dimostrare di cercare attivamente un'occupazione, partecipare a programmi di formazione

5)Belgio.  725 euro il contributo mensile per un singolo con obbligo di accettare un lavoro  congruo al proprio livello professionale sotto pena di sospensione del sussidio.
6)Irlanda: 849 euro il contributo massimo per un singolo. E un disoccupato che intraprende un'attività lavorativa continua ad usufruire dei sussidi per diversi mesi dopo l'avvio del lavoro. Anche se si riprendono gli studi si può richiedere un sostegno al reddito grazie al Back to study Allowance.

7):Olanda.  617 euro il contributo mensile massimo oltre il Wik, una misura specifica per gli artisti, studiata per garantire una base economica a chi si dedica alla creazione artistica.

Rispondi

Da: @fatto quotidiano14/07/2015 14:35:22
Lascia perdere super stipendi e super pensioni. Non è quello il motivo perchè Grecia e Italia si trovano strette nella morsa della crisi economica ma piuttosto una moneta unica che non è adatta per tutti i Paesi dell'eurozona e di cui in tanti ormai si stanno rendendo conto ed infatti se ne sta cominciando a discutere. Non ha senso istituire il rdc con la condizione di cercare attivamente lavoro. Il problema è proprio che il lavoro manca come dimostra la disoccupazione record in Italia. Bisogna PRIMA creare le condizioni per cui tutti possano abbiano la possibilità di trovare lavoro e POI istituire, se si vuole, un rdc in sostituzione della cassa integrazione per dare tempo a chi il lavoro lo perde, cose che capitano, di trovarne uno nuovo. Mettere il carro davanti ai buoi e elevare la fuffa a massimo problema economico di un Paese non risolve i problemi e non aiuta a focalizzarsi sui veri motivi della crisi.
Rispondi

Da: blog Alberto Bagnai14/07/2015 17:13:19
consiglio vivamente a tutti di leggere e seguire il blog di economia del prof. Bagnai (ww.goofynomics): vi aiuterà a capire perchè la disoccupazione viene VOLUTAMENTE tenuta alta, e perché l'euro in realtà è il marco, e dunque è una moneta che avvantaggia solo la Germania.

No euro: speriamo di uscirne al più presto.
Rispondi

Da: debito pubblico per arricchirsi14/07/2015 21:20:48
Il 7 luglio è convocato il nuovo Cda Enav SpA di fresca nomina. Dopo quasi un anno di attesa finalmente il Governo ha sciolto la riserva sui nomi di Presidente e AD dell'Ente Nazionale di Assistenza al Volo.
Che cosa abbiano a che fare l'ex manager di General Electic ed investitore di private equity, Ferdinando Beccalli Falco, e la super liquidata con bonus milionario Acea, Roberta Neri, con il trasporto aereo è tutto da scoprire ma in ogni caso hanno assunto incarichi di grande responsabilità e con molte gatte da pelare.

E, infatti, cosa hanno inserito come primo punto all'ordine del giorno del nuovo Cda del 7 luglio?
Il nuovo piano nazionale aeroportuale in discussione in Parlamento? No!
La sicurezza del nostro sistema radar che spesso va in avaria? No!
Cosa allora? Come primo punto all'ordine del giorno hanno inserito le loro remunerazioni.
E che remunerazioni! Direte voi: sono dirigenti pubblici e, pertanto, non possono guadagnare più di 240 mila euro annui in base alla normativa in vigore (art.13 del decreto legge n. 66 del 2014).
Sbagliato! Perché fatta la norma trovato l'inganno.
Il Governo per superare l'impasse delle nomine ha ideato uno stratagemma veramente ingegnoso. Siccome il tetto retributivo non vale per le Società quotate in borsa e, se a totale controllo pubblico, emittrici di titoli negoziabili sul mercato come le obbligazioni, che Enav vada sul mercato!
Ma l'azienda è in utile: il bilancio 2013 è stato chiuso con più 50,5 milioni di euro mentre quello del 2014 con più 38,8 milioni di euro.
Non c'è nessuna urgente richiesta di liquidità per andare sul mercato. Ma Renzi, come si sa, non è persona da arrendersi facilmente. Come risolvere l'impasse? Semplice! Obblighiamo Enav ad indebitarsi attraverso una riduzione di capitale e il gioco è fatto. Falso? No!

Purtroppo tutto vero: il Governo, tramite il Ministero dell'Economia e delle Finanze, lo scorso 13 aprile 2015, in qualità di azionista unico, ha deliberato una riduzione di capitale sociale di Enav di 180 milioni di euro, autorizzando contestualmente Enav ad emettere un prestito obbligazionario di importo equivalente finalizzato a colmare tale riduzione.
Pazzesco! Si obbliga un'azienda sana ad indebitarsi per consentire ai futuri manager di derogare alla normativa sul tetto delle retribuzioni.
Un trucco in sostanza per aggirare una norma dallo stesso Governo fortemente voluta. Ma si sa: in Italia fatta la legge trovato l'inganno.

Rispondi

Da: ............................14/07/2015 23:44:55
qua si parla di avvocati che hanno lasciato, non di politica
Rispondi

Da: nuovi poveri15/07/2015 15:39:47
http://ilcentro.gelocal.it/pescara/cronaca/2015/06/18/news/i-nuovi-poveri-architetti-e-avvocati-1.11641041?refresh_ce

I nuovi poveri? Architetti e avvocati

Lavorano poco e spesso i clienti non li pagano. Risultato: guadagnano meno di un operaio. E molti scelgono di fare altro

La crisi ha colpito anche loro, i liberi professionisti, architetti e avvocati che, stando al quarto rapporto Adepp sulla previdenza privata anticipato ieri dal quotidiano La Repubblica, nel giro di otto anni, dal 2005 al 2013, hanno visto calare il loro volume di affari del 13 per cento arrivando a percepire stipendi medi inferiori a quelli di un operaio della Fiat. I numeri relativi al 2013 sono impietosi: un avvocato sotto i 40 anni ha un reddito medio di 24.738 euro contro i 29.455 di un dipendente privato e i 35.157 di un dipendente pubblico.
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Da: Pasquale T.15/07/2015 15:42:36
Ciao a tutti io volessi diventare unavvocato perche mi piacesi tanto.voi mi potessi darmi qualcche consiglio?
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Da: ............................15/07/2015 15:49:51
e le cose andranno sempre peggio.... nonostante si stia provando a scoraggiare l'arrivo di neo avvocati (rendendo più difficile superare l'esame di abilitazione) ogni anno l'italia si riempie di migliaia di nuovi avvocati molti dei quali vanno incontro ad una grama esistenza.
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Da: un consiglio15/07/2015 16:23:19
a 20 anni buttatevi nell'esercito o nella polizia, prendete uno stipendio e state tranquilli...
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Da: ..............15/07/2015 17:36:47
siamo messi molto male.... i vecchi avvocati non schiodano dalla sedia e restano a fare gli avvocati fino a 80 anni..e i giovani quando lavorano?
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Da: ottemperare o pagare multa15/07/2015 19:39:07
Il Parlamento Europeo invita gli Stati Membri ad introdurre il reddito di cittadinanza
Urgente adottare misure contro la povertà in Italia e Grecia

Fonte: Il Parlamento Europeo invita gli Stati Membri ad introdurre il reddito di cittadinanza

Via libera al reddito di cittadinanza da parte dell'UE. Il Parlamento Europeo ha infatti approvato la nuova "Relazione per le politiche degli Stati membri a sostegno dell'occupazione", un documento annuale con cui Bruxelles traccia le linee guida per uscire dalla crisi occupazionale che ormai da diversi anni attanaglia l'Europa.
All'interno di tale relazione spicca il capitolo relativo alle misure straordinarie contro la povertà: il Parlamento Europeo invita gli Stati Membri che ancora non si sono adeguati (Italia e Grecia) ad introdurre al più presto il reddito di cittadinanza, uno uno strumento che serve dare un sostegno a quella fetta di popolazione che vive in condizioni di povertà a causa della mancanza di lavoro o di un reddito insufficiente.

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In Europa un cittadino su quattro vive al di sotto della soglia di povertà, ma in 26 stati su 28 è presente il reddito di cittadinanza, oltre a numerose misure straordinarie a sostegno dell'occupazione.

Ad oggi, solo l'Italia e la Grecia non hanno ancora attivato alcun intervento a sostegno degli indigenti e faticano a trovare soluzioni efficaci per ridurre il tasso di disoccupazione, sebbene siano stati fra i paesi più efficienti nel recepire i diktat dell'UE in tema di austerity.
cittadini italiani e greci, che hanno subito e subiscono ancora la spada di Damocle dell'austerity, senza il reddito di cittadinanza vivono oggi una condizione di profonda disparità di diritti nei confronti dei loro colleghi europei, che non può più essere ignorata dai rispettivi governi.





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Da: enigma16/07/2015 20:34:32
Pagare multa agli eurotecnocrati, oppure elargire briciole a poveracci.
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Da: NO al reddito di cittadinanza16/07/2015 22:18:51
se prima non si risolve la questione lavoro. PRIMA si crea il lavoro e POI il rdc che andrà a sostituire la cassa integrazione.
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Da: ................................16/07/2015 22:47:23
la soluzione è bocciare al massimo all'università... così molti non si illudono inutilmente
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Da: L''università16/07/2015 23:00:27
va bene così. A mancare è il lavoro ed una concreta politica industriale del Governo Italiano oltre al grave problema della moneta unica. Sono questi i problemi seri da affrontare subito. Il resto è fuffa.
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Da: ...........................................17/07/2015 00:09:48
invece è vero, giustizziamoli all'università.
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Da: E'' fuffa.17/07/2015 00:10:24
Bisogna concentrarsi sui problemi veri.
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Da: fuffa e solo fuffa17/07/2015 08:28:54
Ad oggi, solo l'Italia e la Grecia non hanno ancora attivato alcun intervento a sostegno degli indigenti e faticano a trovare soluzioni efficaci per ridurre il tasso di disoccupazione, sebbene siano stati fra i paesi più efficienti nel recepire i diktat dell'UE in tema di austerity.
cittadini italiani e greci, che hanno subito e subiscono ancora la spada di Damocle dell'austerity, senza il reddito di cittadinanza vivono oggi una condizione di profonda disparità di diritti nei confronti dei loro colleghi europei, che non può più essere ignorata dai rispettivi governi.
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Da: La pezza del rdc17/07/2015 10:08:14
non serve a nulla. Bisogna inanzitutto uscire dall'euro e attuare politiche espansive e di occupazione come stabilisce la nostra Costituzione e POI , in sostituzione della casssa integrazione, si può introdurre il reddito di cittadinanza. Mettere il carro davanti ai buoi non serve a niente ed anzi può essere dannoso.
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