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Da: mario17/12/2008 12:29:08
Commentiamo in questa sezione la Sentenza n. 10735/2008, benché la questione ivi posta riguardi marginalmente il diritto scolastico. Si tratta infatti di una caso che riguarda il reato di diffamazione a mezzo stampa, tuttavia nella sentenza si fa cenno ai diritti di un dirigente scolastico. Il caso in esame riguarda, infatti, un giornalista condannato dal Tribunale di Roma per diffamazione aggravata dall'uso del mezzo della stampa per avere, nella sua veste di direttore responsabile del quotidiano "Leggo", consentito la pubblicazione di articolo redazionale in cui si affermava, peraltro contrariamente al vero, che il Preside di un Liceo di Roma aveva assicurato agli alunni che avevano occupato i locali scolastici che non avrebbe chiesto lo sgombero con l’intervento delle forze dell'ordine. La Corte d'Appello confermava la condanna. Avverso la sentenza di appello il giornalista ha promosso ricorso per Cassazione lamentando sia il mancato riconoscimento del diritto di cronaca, sia l'assenza di nota diffamatoria nell'affermazione di stampa obiettivamente non offensiva della reputazione del preposto all'istituto scolastico, poiché l'assicurazione di evitare lo sgombero coattivo da parte delle forse dell'ordine non si qualifica come illecito penale, potendosi qualificare anche come una mossa di buon senso protesa alla pacificazione degli animi. La Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato senza rinvio la sentenza impugnata. Infatti, la Corte, pur dichiarando che, nel caso di specie, non ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, la quale richiede, alla luce di un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'inderogabile necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva, limite violato poiché la notizia riportata dal pezzo redazionale è risultata infedele. Tuttavia, ha aggiunto la Corte, l'inattendibilità dell'informazione non costituisce in sé offesa all'altrui reputazione, occorrendo che essa necessariamente si connoti di un portato lesivo delle qualità morali, intellettuali o professionali di una persona, valutato non già secondo la considerazione della stessa, ma in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Ora, l'accusa rivolta al responsabile di un istituto scolastico di volersi attivare per impedire un possibile sgombero coattivo dell'occupazione studentesca in atto da parte della forza pubblica non è in alcun modo lesiva della sua dignità professionale, in quanto attinente a una sfera di autonomia decisionale connessa alla funzione amministrativa del Dirigente Scolastico, assunta nell'interesse pubblico e volta a sopire pericolose provocazioni, evitando il rischio di maggiori guai per le persone e per le cose, nella prospettiva di liberare il più presto l'edificio dallo stato di paralisi e riprendere il corso scolastico. Né, d'altra parte, al Preside è attribuita un'attività di illecita inerzia, quale una omissione penalmente rilevante, né una illecita solidarietà con i giovani studenti. Con ciò, ha concluso la Corte, l'assenza dell'elemento oggettivo del reato determina l'inesistenza dell'illecito contestato al ricorrente, pertanto la sentenza viene annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.




RAGA MI POTETE DIRE SE QUESTO   è  IL COMPITO FINITO O C'E DA AGGIUNGERE ALTRO??

Da: Dubbioso17/12/2008 12:30:01
Qualcuno sa chi corregge Bellaria?

Da: indignato17/12/2008 12:30:14
per "x" e gianlu
caro x penso che questa sia la tua firma che rappresenta pienamente il tuo grado di analfabeta.
Gianlu, sta di fatto però che al nord passa il 20% al sud un pochino di più (eufemismo).
Comunque sono per tutti quelli che lo fanno onestamente, nord o sud che sia. Sono per chi ha fatto anni di pratica e non ha bisogno di farsi dettare niente perchè le cose le ha già fatte a stipendio 0 o quasi.

Da: lou17/12/2008 12:30:34
la 34717 del 2008...non la trovo

Da: gnommu17/12/2008 12:30:50
mario manda cio che ha postato qualche pag fà grey e alex ..la vi è una buona base x svolgere il problema..

Da: SPERANZA17/12/2008 12:30:55
sentenza  n. 34717/08                                     
avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, emessa
il 29.11.2006;
udito il difensore di parte civile, avv. Milasi Giuseppe Renato,  che
ha concluso per la conferma della sentenza impugnata;
spese come da nota;
udito  il difensore del       L., avv. D'Ottavio Gabriele,  che  ha
chiesto l'accoglimento del ricorso;
uditi  i  difensori  del        M.,  avv.  Caccavari  Enzo  e  avv.
Verdirame Giuseppe, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso;
                


Inizio documento

FattoDiritto

Con sentenza emessa in data 04.07.02 il Tribunale di Reggio Calabria dichiarava M.A. colpevole del reato di cui al capo B) del procedimento ex n. 192/98 R.G.T. e del reato di cui al capo A) del procedimento ex n. 159/97 R.G.T., con esclusione dell'espressione "banditesca operazione" coperta da precedente giudicato, nonchè L.R. e S.C. dei reati loro rispettivamente ascritti (capo B del proc. 158/97 per il L. e capo B del proc. 159/97 per la S.). Quindi, concesse a tutti le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione per i reati ascritti al M., li condannava alle pene come in atti, oltre al risarcimento in solido dei danni e alla rifusione delle spese processuali in favore della costituita parte civile. Dichiarava non doversi procedere nei confronti di M.A. in ordine al reato di cui al capo A) ex proc. 192/98 per precedente giudicato e lo assolveva dal reato di cui al capo A) del procedimento n. 158/97 R.G.T. perchè il fatto non costituisce reato.
Su gravame delle parti private, la Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 29.11.2006, rigettava l'appello della parte civile; dichiarava non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati appellanti in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti al capo B (proc. pen 158/97 RGT) ed ai capi A e B (proc. pen 159/97 RGT) perchè estinti per prescrizione, previo giudizio di equivalenza delle già concesse attenuanti generiche alle aggravanti contestate agli imputati M. e S.; rideterminava la pena per M.A. in relazione al capo B (proc. pen 192/98 RGT) in anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 300,00 di multa;
confermava nel resto; dichiarava interamente condonata la pena inflitta a M.A.; condannava tutti gli imputati appellanti in solido alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla costituita parte civile.
Così sintetizzate le decisioni dei giudici di merito, occorre puntualizzare su quali reati vertano i ricorsi per Cassazione, atteso che la S. (capo B del proc. pen. n. 159/97) non è ricorrente, mentre sono caduti nel corso dei giudizi di merito i reati sub A) del procedimento n. 158/97 ( diffamazione a carico del M.) e sub A) del procedimento n. 192/98 (altra diffamazione , sempre a carico del M.).
Residuano, dunque, le seguenti contestazioni:
L.R.:
- capo B (proc. n. 158/97) = reato p. e p. dall'art. 57 c.p. e art. 595 c.p., commi 1, 2 e 3, L. n. 47 del 1948, art. 13, L. n. 223 del 1990, art. 30, comma 4, perchè, quale direttore dell'emittente televisiva (OMISSIS), non impediva la commissione del delitto sub A), in (OMISSIS);
M.A.:
- capo A (proc. 159/97) = reato p. e p. dall'art. 595 c.p., commi 1, 2 e 3, L. n. 47 del 1948, art. 13, per avere offeso la reputazione di Ma.Vi., dichiarando, al fine di far pubblicare il tutto sulla stampa: che Ma. era l'ispiratore primario delle strategie organizzate dalla mafia in danno di diversi magistrati, ed in particolare del dott. V.; che Ma. è da considerare "provocatore, arrogante, irrispettoso delle regole deontologiche";
dichiarazioni riportate da "(OMISSIS)", in data (OMISSIS);
con l'aggravante dell'attribuzione di fatti determinati, in (OMISSIS), in data compresa tra il (OMISSIS);
- capo B (proc. 192/98) = reato p. e p. dall'art. 648 c.p. per avere ricevuto da persone non identificate copia della relazione ministeriale dell'ispettore N., proveniente dal delitto di cui all'art. 326 c.p., e dallo stesso poi diffusa, mediante consegna alla stampa in un luogo imprecisato, nel (OMISSIS).
Avverso la sentenza della Corte d'appello hanno proposto ricorso per Cassazione i difensori del L. e del M., nell'ambito delle imputazioni delimitato come sopra.
Il difensore del L. si duole che la Corte territoriale abbia dichiarato non doversi procedere nei confronti del suo assistito perchè il reato ascritto è estinto per prescrizione, anzichè pervenire all'assoluzione con formula piena. Sostiene che la sentenza impugnata deve essere annullata per i seguenti motivi: 1) violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e d) in relazione agli artt. 51 e 57 c.p., art. 595 c.p., commi 1, 2 e 3, nonchè alla L. n. 47 del 1948, art. 13, L. n. 223 del 1990, art. 30, comma 4; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultando il vizio dal testo della sentenza e da altri atti di causa; violazione del giudicato interno; 2) violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1 lett. b) e d) in relazione all'art. 57 c.p., art. 595 c.p., commi 1, 2 e 3, nonchè alla L. n. 47 del 1948, artt. 5, 6, 1321 e 30 e L. n. 223 del 1990, art. 10; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultando il vizio dal testo della sentenza e da altri atti di causa.
In buona sostanza il ricorrente sostiene di non essere penalmente responsabile del fatto di non avere impedito la commissione del delitto rubricato sub lettera A) del proc.pen. n. 158/97, a carico di M.A. mediante dichiarazioni rese nel corso di un'intervista trasmessa in data 14.2.1995 dall'emittente televisiva (OMISSIS), dal momento che l'autore materiale del fatto è stato assolto con la formula "perchè il fatto non costituisce reato ai sensi dell'art. 68 Cost."; rileva, per altro, che l'accertato notevole interesse della collettività a conoscere i fatti oggetto della dichiarazione elide la responsabilità penale.
Sotto altro profilo (motivo n. 2) questo ricorrente sostiene che il direttore di un quotidiano radiotelevisivo è equiparato a quello di un giornale soltanto ai fini dell'obbligo della registrazione presso la cancelleria del Tribunale, come previsto dalla L. n. 223 del 1990, art. 10, sicchè deve escludersi la applicabilità dell'art. 57 c.p. e delle altre norme in tema di responsabilità del direttore responsabile per gli articoli diffamatori pubblicati sul cartaceo, per i direttori di radiotelevisioni.
In favore del M. sono stati presentati due ricorsi, i cui motivi possono riepilogarsi come segue.
1) Violazione o falsa applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in relazione a quanto asserito sulla sussistenza del reato di cui all'art. 326 c.p., presupposto dell'ipotesi di ricettazione contestata;
Ci si duole che il giudice di secondo grado abbia confermato la valutazione fatta dal giudice di primo grado, ritenendo che la relazione dell'ispettore N. era sicuramente coperta dal segreto e che di conseguenza la circolazione dello scritto, al di fuori dell'ufficio che lo aveva redatto, appare certamente qualificabile come illecita.
Si sostiene che all'epoca dei fatti non era stata ancora approvata la norma regolamentare che solo successivamente disciplinò la conoscibilità degli atti relativi ad un procedimento ispettivo- ministeriale, mentre l'attività amministrativa è ispirata al principio della trasparenza; che, pertanto, alla data di commissione del fatto era assente un Decreto Ministeriale attuativo della L. n. 241 del 1990 e che l'individuazione del preciso obbligo di segretezza posto in capo all'impiegato pubblico difficilmente può essere ricostruito in assenza appunto di un decreto attuativo.
2) Col secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 648 c.p., nell'assunto che, stando alla lettera dell'accusa rivolta al M., lo stesso è imputato di essere stato destinatario di una notizia asseritamente secretata: " si contesta di avere ricevuto da persone non identificate copia della relazione ministeriale dell'ispettore N.". Ciò posto, si sostiene che tale azione non ha alcuna rilevanza penale, ma serve esclusivamente ad integrare l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 326 c.p., e la violazione del segreto esaurisce i suoi effetti penali nel momento in cui si è realizzato l'illecito.
In subordine si fa presente che, con i motivi di appello si era evidenziata la possibilità di qualificare il fatto sotto l'ipotesi contravvenzionale prevista dall'art. 712 c.p..
3) Violazione o falsa applicazione della legge penale ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione a tutte le ipotesi di reato contestate per non avere la Corte territoriale riconosciuto l'esimente dell'esercizio di un diritto ai sensi dell'art. 68 Cost. e delle successive leggi di attuazione.
Si afferma che l'imputato avrebbe dovuto essere assolto e la domanda della parte civile rigettata, perchè il fatto non costituisce reato in relazione a tutte le ipotesi di reato contestate, trattandosi di fatti costituenti esercizio di un diritto. Si sostiene che l'inesistenza di un conflitto dovuto alla assenza di una deliberazione di insindacabilità della Camera di appartenenza o anche alla presenza di una deliberazione negativa non esclude il dovere del giudice di giudicare,secondo legge. Si soggiunge che la sussistenza della scriminante riguarda anche l'ipotesi di ricettazione, essendo evidente che l'esercizio del potere ispettivo da parte del parlamentare contempla inevitabilmente la ricezione di quelle notizie che, poi, costituiscono il presupposto delle iniziative che lo stesso intenderà intraprendere.
Questa Corte è chiamata ad esaminare prioritariamente due questioni di mero diritto, la cui soluzione elide alla radice la responsabilità penale del L. in ordine al reato a lui ascritto e del M. in ordine al reato di ricettazione, assorbendo tutte le altre argomentazioni al riguardo.
Resterà, poi, da considerare il reato di diffamazione ascritto al M..
1) Responsabilità penale del direttore di un'emittente televisiva per reati commessi col mezzo della pubblicazione.
Nel caso di specie L.R., direttore di "(OMISSIS)", è stato chiamato a rispondere del reato omissivo delineato dall'art. 57 c.p., che consegue all'inosservanza dell'obbligo di controllo sul contenuto di un'intervista resa in una trasmissione televisiva da un terzo.
E' stato ritenuto che l'ipotesi di reato configurata dal citato art. 57 c.p. fosse estensibile al direttore di un giornale radiotelevisivo in forza della L. 6 agosto 1990, n. 223, art. 30, comma 4.
Il Collegio - pur consapevole di una giurisprudenza sul punto non univoca, anche se non cospicua - ritiene che la L. n. 223 del 1990, art. 30, comma 4, debba essere interpretato in senso restrittivo.
Le norme speciali di cui alla citata legge, art. 30, in tema di trattamento sanzionatorio per il reato di diffamazione con attribuzione di fatto determinato commesso attraverso trasmissioni televisive - secondo le quali si applicano le sanzioni previste dalla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 13 - valgono esclusivamente, come discende dal combinato disposto del primo e quarto comma della predetta disposizione, con riferimento ai soggetti in essa specificamente indicati, i quali si identificano nel concessionario privato, nella concessionaria pubblica ovvero nella persona da loro delegata al controllo della trasmissione (v. Cass. Sez. 1 sent.
1996/01291 rv 205281).
A questa conclusione deve giungersi applicando il principio di stretta legalità, dal quale discende la delimitazione, anche sotto il profilo soggettivo, delle fattispecie incriminatrici. L'art. 57 c.p., invero, è dettato esclusivamente per i reati commessi col mezzo della stampa periodica e non può intendersi riferito anche alla trasmissioni radiofoniche e televisive; il legislatore posteriore, nell'emettere la L. 6 agosto 1990, n. 223, si è posto all'evidenza il problema della responsabilità omissiva, fuori dei casi di concorso nel reato principale, proprio per il reato di diffamazione con l'attribuzione di un fatto determinato (oltre che per le trasmissioni con carattere di oscenità e quelle ex comma 2) e lo ha risolto individuando i responsabili nelle seguenti categorie di persone (art. 30, comma 1, richiamato anche dal comma 4): "il concessionario privato o la concessionaria pubblica ovvero la persona da loro delegata al controllo della trasmissione".
La precisa specificazione delle persone a cui deve attribuirsi la responsabilità penale non consente interpretazioni analogiche, nè estensive che si risolverebbero in un indebito ampliamento della norma penale.
Nel caso di specie, il L. è stato incriminato e condannato (il reato si è poi prescritto) quale direttore di una trasmissione televisiva e non come concessionario o suo delegato al controllo, di modo che, per quanto si è detto, la sua figura è estranea alla norma incriminatrice: la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei suoi confronti perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
2) Il delitto di ricettazione di un documento proveniente dal delitto di cui all'art. 326 c.p..
Conviene ricordare che la ricettazione de qua è stata ritenuta realizzata nel seguente fatto concreto: l'avere il M. ricevuto da persona non identificata la copia di un'ispezione ministeriale, proveniente dal delitto di cui all'art. 326 c.p., e di averla diffusa mediante consegna alla stampa in un luogo imprecisato.
Al riguardo la Corte di Appello ha puntualizzato che, quanto alla ricettazione: a) la relazione ispettiva N. era sicuramente coperta dal segreto, come da dichiarazione proveniente dalla Presidenza del C.S.M.; b) tutto un complesso di argomentazioni conduce a ritenere l'ovvia segretezza del documento; c) il documento ricevuto dal M. pertanto proviene dal reato di cui all'art. 326 c.p.; d) la genericità del racconto circa la ricezione del documento e la gratuità offensiva della divulgazione dei contenuti sono dimostrativi della piena consapevolezza del M. (pag. 13) "di avere ottenuto un prezioso documento, non conosciuto e non conoscibile, e di avere colto l'occasione per effettuare una divulgazione, non solo offensiva ma non consentita, alla comunità reggina". Da ciò ha fatto discendere la piena configurazione del reato di ricettazione (e non la contravvenzione prevista dall'art. 712 c.p.).
Questa Corte ritiene, però, che si imponga una riflessione sulla natura e sui connotati essenziali dei delitti in discussione, ossia il delitto presupposto (art. 326 c.p., rivelazione e diffusione di segreti di ufficio) ed il delitto di ricettazione (art. 648 c.p.).
A ben vedere la fattispecie criminosa prevista dall'art. 648 c.p. è comprensiva di una multiforme serie di attività successive ed autonome, rispetto alla consumazione del delitto presupposto, finalizzate al conseguimento di un profitto (acquisto, ricezione, occultamento o qualunque forma di intervento nel fare acquistare il bene). Ne consegue che integra gli estremi del delitto di ricettazione colui che si intromette nella catena di possibili condotte traslative di un oggetto, successive ad un delitto già consumato, essendo consapevole dell'origine illecita del bene e determinato dal fine di procurare a sè o ad altri un profitto (per altro, il dolo specifico del reato di ricettazione può avere anche natura non patrimoniale e richiedere una generica finalità di profitto, una qualsiasi utilità, anche non patrimoniale, che l'agente si proponga di conseguire.
Caratteristica intrinseca della ricettazione è, quindi, l'illecita circolazione di un bene di provenienza delittuosa, bene inteso come oggetto materiale, come cosa la cui semplice ricezione costituisce illecito ("acquista, riceve .. denaro o cose"..).
Il delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio (art. 326 c.p.), per contro, reprime la condotta di colui che, nella specifica qualità, riveli indebitamente a terzi le conoscenze di cui abbia la disponibilità in ragione dell'assolvimento di compiti d'istituto, in relazione ai quali è configurabile la qualifica pubblicistica, necessaria ai fini della configurabilità del delitto stesso.
A ben vedere, quindi, il contenuto dell'obbligo la cui violazione è sanzionata dall'art. 326 c.p. consiste nella indebita cessione a terzi di conoscenze sottratte alla divulgazione.
La combinazione degli elementi strutturali dei due reati in esame, come finora illustrati, conduce a ritenere che l'oggetto del delitto presupposto (art. 326 c.p.) sia non già una cosa, ma un'informazione, con la conseguenza che il corpus materiale attraverso il quale si attua il trasferimento illecito dell'informazione è irrilevante (può essere una fotocopia, come un c.d. rom, come un flatus vocis); con l'ulteriore conseguenza che la ricezione di una cosa reale (ad es. fotocopia) contenente notizie di ufficio non è altro che la fase terminale della ricezione della notizia e non la ricezione di "altro da sè", che potrebbe costituire l'oggetto della ricettazione.
Nel delitto di rivelazione dei segreti di ufficio la condotta incriminata è legata a chi riceve la notizia e alla previsione della punizione nei confronti dell'autore della rivelazione; pertanto il mero recettore della notizia potrà, se del caso, rispondere in base all'ordinaria disciplina del concorso di persone nel reato, ma non potrà qualificarsi come ricettatore.
Per questa imputazione (reato di ricettazione), quindi, deve annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di M.A., perchè il fatto non sussiste.
Resta la contestazione della diffamazione in capo al M..
In questo caso il discorso è molto semplice, dati il chiaro contenuto e le stesse modalità denigratorie, con attribuzione di fatti specifici, delle frasi riportate e la congrua motivazione sul punto della Corte di Appello, la quale ha sottolineato anche che "per il fatto di diffamazione ora addebitato al M. la Camera dei deputati ha espressamente escluso l'applicabilità dell'art. 68 Cost.". Non può che confermarsi sul punto la sentenza di secondo grado, con tutte le conseguenze civilistiche nei riguardi della parte civile, rigettandosi sul punto il ricorso.





Inizio documento

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di L. R., perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato, e nei confronti di M.A. in ordine al reato di ricettazione, perchè il fatto non sussiste.
Rigetta nel resto il ricorso del M., che condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Ma.
V., che liquida in complessivi Euro 3.460,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A..
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2008

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Da: seipunti17/12/2008 12:30:59
DUBBIOSO.
Bellaria sarà corretta dalla Corte d'appello di Minervino Murge.

Da: ermenegildomotumeno17/12/2008 12:31:13
ciao sono appena arrivato dove sono le tracce ? risp subito ... un saluto a tutti

Da: Taty17/12/2008 12:31:14
C'è qualcuno che parla di onesta ma non ha neanche il coraggio di inventare un nick, ma si aggira in forma anonima e gufare, mi sembra chiaro che se stai tutto il giorno su questo forum, significa che non hai nulla da fare, ciò può significare due cose o sei un nella facente o un fallito, ma ti lascio scegliere perchè mi fai pena

Da: Daniela17/12/2008 12:31:17
Quella è la sentenza
ma non basta

Da: per mario17/12/2008 12:31:32
aggiungici che sei un coglione!

Da: X MARIO17/12/2008 12:31:42
SE UNO CONSEGNA UN COMPITO COSI' NENACHE TE LO LEGGONO!!!!!

Da: poseidonia17/12/2008 12:31:44
Secondo me a carico di Mevio l'applicabilità dell'aberratio ictus plurilesiva è da escludere in quanto agisce in presenza di una causa di giustificazione, che esclude il dolo e quindi anche l'applicabilità dell'art. 82cp
Non applicandosi l'art. 82, l'uccisione del bandito è scriminata e in relazione a questo Mevio va assolto.
L'uccisione dell'inserviente, stante l'inapplicabilità dell'art. 82, potrebbe essere imputata a titolo di colpa.
Per quanto riguarda Tizio, il problema è quello di stabilire se egli possa rispondere a titolo di concorso colposo nell'omicidio colposo dell'inserviente(art.113).
La colpa sarebbe costitutita dal fatto di non avere adempiuto ai suoi doveri di vigilanza e custodia dell'arrestato. Tale omissione sarebbe collegata causalmente con l'evento morte, x cui si tratterebbe di un reato omissivo improprio. 
voi ke ne pensate??

Da: ANONIMA17/12/2008 12:31:50
Commentiamo in questa sezione la Sentenza n. 10735/2008, benché la questione ivi posta riguardi marginalmente il diritto scolastico. Si tratta infatti di una caso che riguarda il reato di diffamazione a mezzo stampa, tuttavia nella sentenza si fa cenno ai diritti di un dirigente scolastico. Il caso in esame riguarda, infatti, un giornalista condannato dal Tribunale di Roma per diffamazione aggravata dall'uso del mezzo della stampa per avere, nella sua veste di direttore responsabile del quotidiano "Leggo", consentito la pubblicazione di articolo redazionale in cui si affermava, peraltro contrariamente al vero, che il Preside di un Liceo di Roma aveva assicurato agli alunni che avevano occupato i locali scolastici che non avrebbe chiesto lo sgombero con l’intervento delle forze dell'ordine. La Corte d'Appello confermava la condanna. Avverso la sentenza di appello il giornalista ha promosso ricorso per Cassazione lamentando sia il mancato riconoscimento del diritto di cronaca, sia l'assenza di nota diffamatoria nell'affermazione di stampa obiettivamente non offensiva della reputazione del preposto all'istituto scolastico, poiché l'assicurazione di evitare lo sgombero coattivo da parte delle forse dell'ordine non si qualifica come illecito penale, potendosi qualificare anche come una mossa di buon senso protesa alla pacificazione degli animi. La Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato senza rinvio la sentenza impugnata. Infatti, la Corte, pur dichiarando che, nel caso di specie, non ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, la quale richiede, alla luce di un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'inderogabile necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva, limite violato poiché la notizia riportata dal pezzo redazionale è risultata infedele. Tuttavia, ha aggiunto la Corte, l'inattendibilità dell'informazione non costituisce in sé offesa all'altrui reputazione, occorrendo che essa necessariamente si connoti di un portato lesivo delle qualità morali, intellettuali o professionali di una persona, valutato non già secondo la considerazione della stessa, ma in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Ora, l'accusa rivolta al responsabile di un istituto scolastico di volersi attivare per impedire un possibile sgombero coattivo dell'occupazione studentesca in atto da parte della forza pubblica non è in alcun modo lesiva della sua dignità professionale, in quanto attinente a una sfera di autonomia decisionale connessa alla funzione amministrativa del Dirigente Scolastico, assunta nell'interesse pubblico e volta a sopire pericolose provocazioni, evitando il rischio di maggiori guai per le persone e per le cose, nella prospettiva di liberare il più presto l'edificio dallo stato di paralisi e riprendere il corso scolastico. Né, d'altra parte, al Preside è attribuita un'attività di illecita inerzia, quale una omissione penalmente rilevante, né una illecita solidarietà con i giovani studenti. Con ciò, ha concluso la Corte, l'assenza dell'elemento oggettivo del reato determina l'inesistenza dell'illecito contestato al ricorrente, pertanto la sentenza viene annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

PER MARGY

Da: Birbaccione17/12/2008 12:31:52
Ai vari moralizzatori e moralizzati, questo esame è una grande c..
sarà la strada a vantar il tuo onore se vali, quindi se posso aiuterò tutti.

Da: incubo bianco17/12/2008 12:32:13
DANIELA CI SEI ?

Da: biblio17/12/2008 12:33:33
chi corregge genova?

Da: .....17/12/2008 12:33:35
E' un divertente passatempo stare a vedere quanto siete in basso.E pure convinti di far del bene.Che orrore.Che ignoranza.Poverini, poverini, poverini.

Da: MariXErmenegildo17/12/2008 12:33:43
Ciao!ti posto la prima traccia:

I TRACCIA

Da giorni nel liceo della città Alfa è in corso un'occupazione studentesca, accompagnata da forti polemiche. Un gruppo di genitori si riunisce e chiede lo sgombero coattivo del liceo.
Il telegiornale della più importante emittente televisiva cittadina trasmette un servizio sull'evento .Mentre l'autore del servizio riferisce gli accadimenti, scorrono vecchie immagini di repertorio in cui, tra l'altro, si vede il preside parlare al micorofono di un giornalista. L'autore del servizio, nel frattempo, riferisce che il preside ha dichiarato che non richiederà alla polizia lo sgombero coattivo del liceo. In verità il preside non ha mai rilasciato una dichiarazione del genere. Arrabbiato per l'attribuzione di tale dichiarazione, presenta querela per diffamazione nei confronti dell'autore del servizio e del direttore del telegiornale. Quest'ultimo- asserisce il preside nella querela- aveva l'obbligo di impedire l'evento diffamatorio e, comunque, è responsabile a norma dell'art. 57 c.p.
Il direttore del telegiornale e l'autore del servizio giornalistico si recano insieme dall'Avvocato penalista e chiedono di conoscere quale è la situazione in cui versano.
Il candidato- assunte le vesti del legale- rediga motivato parere, illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame

Da: PER POSEIDONIA17/12/2008 12:34:06
IL PROBLEMA E' CHE DELLA POSIZIONE DI MEVIO NON TE NE SBATTE UN TUBO, DATO CHE E' TIZIO A RIVOLGERSI AD UN LEGALE

Da: x alessandro17/12/2008 12:34:06
per la 2a traccia partiamo da art. 387..poi..sentenza 2146?..i feel confusion

Da: Dubbioso17/12/2008 12:34:28
Seipunti... sei sicuro? A me risulta Rimini

Da: per indignato17/12/2008 12:34:35
trattandosi di qualificazione di un soggetto, dovevi usare l'aggettivo analfabetismo e non il sostantivo analfabeta.... detto questo, ma ti rendi conto della banalità delle cose che hai detto?????

Da: gianlu per indignato17/12/2008 12:35:01
ma secondo te io non sono per tutti coloro che lo passano onestamente?ricevere un aiuto..confermando la sentenza che gia si aveva in testa puo essere una buona iniezione di fiducia!!poi se non si sa scrivere..ragionare..e non si è fatta una buona pratica...non si va da nessuna parte nord o sud che sia!!ps lo stipendio è o...non quasi...cmq!!

Da: indignato. Luca17/12/2008 12:35:05
CARA TATY, visto che hai tempo di scrivere anche tu, sono io che ti faccio scegliere.
P.S.
sono in pausa pranzo.

Da: sara..17/12/2008 12:35:10
x ermenegildo...

Ho la 1?° traccia
Da giorni nel liceo della città Alfa è in corso un'occupazione studentesca, accompagnata da forti polemiche. Un gruppo di genitori si riunisce e chiede lo sgombero coattivo del liceo.
Il telegiornale della più importante emittente televisiva cittadina trasmette un servizio sull'evento .Mentre l'autore del servizio riferisce gli accadimenti, scorrono vecchie immagini di repertorio in cui, tra l'altro, si vede il preside parlare al micorofono di un giornalista. L'autore del servizio, nel frattempo, riferisce che il preside ha dichiarato che non richiederà alla polizia lo sgombero coattivo del liceo. In verità il preside non ha mai rilasciato una dichiarazione del genere. Arrabbiato per l'attribuzione di tale dichiarazione, presenta querela per diffamazione nei confronti dell'autore del servizio e del direttore del telegiornale. Quest'ultimo- asserisce il preside nella querela- aveva l'obbligo di impedire l'evento diffamatorio e, comunque, è responsabile a norma dell'art. 57 c.p.
Il direttore del telegiornale e l'autore del servizio giornalistico si recano insieme dall'Avvocato penalista e chiedono di conoscere quale è la situazione in cui versano.
Il candidato- assunte le vesti del legale- rediga motivato parere, illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame.







L ispettore Tizio tiene a bada ammanettato il pericoloso bandito Caio nel salone della villa dove si era nascosto, dopo averlo disarmato ed arrestato poco prima insieme con i colleghi Sempronio e Mèvio. Costoro, intanto , frugano tra gli oggetti della stanza alla ricerca di armi e documenti. Caio improvvisamente asserisce di sentirsi male e vuole stendersi sul divano. Tizio , sicuro di sé, libera Caio, dalle manette, supponendo di essere in grado di tenerlo sottocontrollo. Caio, tuttavia, repentinamente spintona Tizio, facendogli perdere l equilibrio ed impossesandosi della sua pistola, quindi spara all indirizzo di Sempronio e Mèvio. Quest ultimo, pùr ferito lievemente ad una gamba,  reagisce uccidendo il bandito nel corso del conflitto a fuoco. Purtroppo, ùn proiettile sparato da Mèvio fora il vetro di una finestra che affaccia sul giardino e colpisce mortalmente al capo ùn giovane inserviente, che, di ritorno a casa, si accingeva a bussare alla porta. Tizio si reca dall avvocato penalista e chiede di conoscere qual è la situazione in cui versa. Il candidato, assunte le vesti del legale, rediga motivato parere , illustrando gli istituti e le problematiche sottèsi alla fattispecie in esame.

Da: SPERANZA17/12/2008 12:35:13
manca quualcosa in quello che hai scritto??? o la possiamo prebdere per buona???scusa ma non sono del mestiere...

Da: pradeiro17/12/2008 12:35:18
TRACCIA 1

Da giorni nel liceo della città Alfa è in corso un'occupazione studentesca, accompagnata da forti polemiche. Un gruppo di genitori si riunisce e chiede lo sgombero coattivo del liceo.
Il telegiornale della più importante emittente televisiva cittadina trasmette un servizio sull'evento .Mentre l'autore del servizio riferisce gli accadimenti, scorrono vecchie immagini di repertorio in cui, tra l'altro, si vede il preside parlare al micorofono di un giornalista. L'autore del servizio, nel frattempo, riferisce che il preside ha dichiarato che non richiederà alla polizia lo sgombero coattivo del liceo. In verità il preside non ha mai rilasciato una dichiarazione del genere. Arrabbiato per l'attribuzione di tale dichiarazione, presenta querela per diffamazione nei confronti dell'autore del servizio e del direttore del telegiornale. Quest'ultimo- asserisce il preside nella querela- aveva l'obbligo di impedire l'evento diffamatorio e, comunque, è responsabile a norma dell'art. 57 c.p.
Il direttore del telegiornale e l'autore del servizio giornalistico si recano insieme dall'Avvocato penalista e chiedono di conoscere quale è la situazione in cui versano.
Il candidato- assunte le vesti del legale- rediga motivato parere, illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame

TRACCIA 2

L ispettore Tizio tiene a bada ammanettato il pericoloso bandito Caio nel salone della villa dove si era nascosto, dopo averlo disarmato ed arrestato poco prima insieme con i colleghi Sempronio e Mèvio. Costoro, intanto , frugano tra gli oggetti della stanza alla ricerca di armi e documenti. Caio improvvisamente asserisce di sentirsi male e vuole stendersi sul divano. Tizio , sicuro di sé, libera Caio, dalle manette, supponendo di essere in grado di tenerlo sottocontrollo. Caio, tuttavia, repentinamente spintona Tizio, facendogli perdere l equilibrio ed impossesandosi della sua pistola, quindi spara all indirizzo di Sempronio e Mèvio. Quest ultimo, pùr ferito lievemente ad una gamba,  reagisce uccidendo il bandito nel corso del conflitto a fuoco. Purtroppo, ùn proiettile sparato da Mèvio fora il vetro di una finestra che affaccia sul giardino e colpisce mortalmente al capo ùn giovane inserviente, che, di ritorno a casa, si accingeva a bussare alla porta. Tizio si reca dall avvocato penalista e chiede di conoscere qual è la situazione in cui versa. Il candidato, assunte le vesti del legale, rediga motivato parere , illustrando gli istituti e le problematiche sottèsi alla fattispecie in esame.

Da: MariXErmenegildo17/12/2008 12:35:53
II TRACCIA

II TRACCIA
L ispettore Tizio tiene a bada ammanettato il pericoloso bandito Caio nel salone della villa dove si era nascosto, dopo averlo disarmato ed arrestato poco prima insieme con i colleghi Sempronio e Mèvio. Costoro, intanto , frugano tra gli oggetti della stanza alla ricerca di armi e documenti. Caio improvvisamente asserisce di sentirsi male e vuole stendersi sul divano. Tizio , sicuro di sé, libera Caio, dalle manette, supponendo di essere in grado di tenerlo sottocontrollo. Caio, tuttavia, repentinamente spintona Tizio, facendogli perdere l equilibrio ed impossesandosi della sua pistola, quindi spara all indirizzo di Sempronio e Mèvio . Quest ultimo, pùr ferito lievemente ad una gamba, reagisce uccidendo il bandito nel corso del conflitto a fuoco. Purtroppo, ùn proiettile sparato da Mèvio fora il vetro di una finestra che affaccia sul giardino e colpisce mortalmente al capo ùn giovane inserviente, che, di ritorno a casa, si accingeva a ussare alla porta. Tizio si reca dall avvocato penalista e chiede di conoscere qual è la situazione in cui versa. Il candidato, assunte le vesti del legale, rediga motivato parere , illustrando gli istituti e le problematiche sottèsi alla fattispecie in esame.



Da: seipunti x POSEIDONIA17/12/2008 12:35:54
Concordo, ma la questione va approfondita.
Il concorso colposo in quello che non mi sembra neppure un omicidio colposo???...mhà...da vedere...riflettiamoci...

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