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Da: cicciopasticca17/12/2008 12:13:17
Sapete chi corregge Roma??

Da: alex17/12/2008 12:13:22
La diffamazione, così come l’ingiuria, consiste in una manifestazione del pensiero, che rileva, ai fini della consumazione del reato, nella misura in cui l’espressione offensiva venga a conoscenza di un’altra persona o comunque sia da altri percepita.
L’offesa è rivolta nei confronti della reputazione della persona - che al momento possiamo intendere come la “personalità socialeâ€, il valore sociale di un determinato individuo - che può essere lesa o messa in pericolo da chiunque attribuisca al soggetto interessato qualità o fatti in qualche modo disonoranti.
1. Il reato di diffamazione.
La diffamazione, così come l’ingiuria, consiste in una manifestazione del pensiero, che rileva, ai fini della consumazione del reato, nella misura in cui l’espressione offensiva venga a conoscenza di un’altra persona o comunque sia da altri percepita.
L’offesa è rivolta nei confronti della reputazione della persona - che al momento possiamo intendere come la “personalità socialeâ€, il valore sociale di un determinato individuo - che può essere lesa o messa in pericolo da chiunque attribuisca al soggetto interessato qualità o fatti in qualche modo disonoranti. Tale offesa implica in concreto, ma non necessariamente, che la persona si senta colpita nel proprio onore e che ne risenta la sua reputazione in termini di perdita di stima. Ma, dal momento che si verte nel campo dei beni morali, non è facilmente accertabile se questi vengano lesi effettivamente ovvero solo potenzialmente.
A questo punto occorre domandarsi se si tratti di reato di lesione o di pericolo e valutare, dunque, se la ratio della norma incriminatrice si identifica con la lesione ovvero con il pericolo di lesione del bene-reputazione. Ciò rileva al fine di determinare il grado di tutela del bene giuridico in questione (rendendo incerto il momento consumativo del reato).
Si premette che il reato si consuma nel momento in cui l’espressione offensiva è comunicata ad altre persone e si verifica la diffusione della propalazione offensiva. Dal testo della norma sembra desumersi che, in caso di comunicazione fatta separatamente a più persone, la consumazione segue la seconda comunicazione e tutte le altre rilevano ai fini della gravità del reato per il maggior danno che ne deriva.
La Suprema Corte di Cassazione ha affermato sul punto che “la diffamazione è un reato formale ed istantaneo che si consuma con la comunicazione con più persone lesiva dell’altrui reputazione onde diviene irrilevante, ai fini del perfezionamento della fattispecie, una maggiore espansione quando si sia realizzata la propalazione minima, sempre che si rimanga nello stesso contesto di azioneâ€
Secondo parte della dottrina siamo in presenza di un reato di pericolo e non è necessario, per la configurabilità del reato, che “il biasimo abbia trovato credito presso coloro che lo hanno appreso e, quindi, non si esige che la reputazione sia distrutta o diminuita†Secondo altra parte della dottrina si tratta, invece, di un reato di danno e l’offesa presa in considerazione dalla norma è l’effettiva lesione del bene-reputazione
La lettera della norma sembra deporre nel primo senso, dal momento che manca in questa un richiamo espresso all’effettiva perdita di stima. In ogni caso le difficoltà di inquadramento nell’una o nell’altra categoria di reati dipendono anche dalla natura del bene tutelato, che non consente una sua precisa e concreta identificazione.
Riguardo alla configurabilità del tentativo, questo potrebbe anche configurarsi in astratto, ma la possibilità che si realizzi in concreto è limitata anche dal fatto che, essendo un reato perseguibile a querela di parte, si presuppone, perché si configuri, che il soggetto passivo sia venuto a conoscenza dell’offesa rivoltagli.
2. Il bene giuridico tutelato.
Si ha diffamazione tutte le volte in cui taluno, “comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione†e non ricorra in concreto una fattispecie di ingiuria.
Tale ultima precisazione, contenuta nella clausola “fuori dei casi indicati nell’articolo precedenteâ€, sta a significare che un primo requisito negativo del reato in questione è l’assenza dell’offeso, il quale si trova nell’impossibilità di giustificarsi ed eventualmente rispondere all’offesa.
È proprio da ciò che discende, peraltro, la maggiore gravità della diffamazione rispetto all’ingiuria “per la maggiore quantità ed estensione del danno e per la viltà e la particolare pericolosità del colpevoleâ€.
A tale requisito negativo se ne aggiunge un altro, che incide sulla struttura del reato e sulle modalità di aggressione del bene tutelato dalla norma, dato dalla divulgazione dell’offesa. L’azione incriminata si verifica, dunque, rendendo edotte altre persone della notizia diffamante nei confronti di qualcuno, che è assente, il quale ne riceve nocumento per la sua reputazione.
L’offesa alla reputazione costituisce il nucleo della norma incriminatrice, che punisce chi cerca di scalfire e, in effetti, scalfisce la stima di cui taluno gode tra i consociati, ciò che costituisce il valore sociale della persona. La ratio della norma è evidente nelle ulteriori previsioni che aggravano la fattispecie di reato in argomento, previsioni che sanzionano con maggiore rigore la diffamazione che avviene mediante la stampa o che consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. È agevole notare che in presenza di tali circostanze aumenta l’idoneità offensiva della condotta posta in essere dall’agente e la reputazione dell’offeso risente di un danno più grave.
La norma de qua è collocata nel capo II, “Dei delitti contro l’onoreâ€, del titolo XII, “Dei delitti contro la personaâ€, del libro II del codice penale. Tale titolo prevede e punisce i delitti che offendono direttamente beni essenziali dell’individuo e tra questi è ricompreso, per l’appunto, l’onore. Giova rammentare che i delitti contro l’onore, contenuti del capo in esame, sono due: oltre alla diffamazione è sanzionata anche l’ingiuria. Nel codice è, comunque, possibile rinvenire altre offese all’onore sanzionate penalmente, ma si tratta di fattispecie incriminatrici che prendono in considerazione la lesione di interessi di maggior rilievo sociale.
Basti pensare all’abrogazione della norma che prevedeva e puniva il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale (art. 341 CP), che è stata considerata dalla giurisprudenza norma assorbente rispetto a quella che prevede il reato di ingiuria. Norma quest’ultima che contiene solo una parte delle fattispecie che dapprima potevano essere ricondotte nell’ambito di applicazione della prima norma, che “tutelava alternativamente il prestigio o l’onore del pubblico ufficiale†e non “l’onore e il decoro della persona offesaâ€.
Autorevole dottrina intende per onore “il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona, l’insieme delle doti morali, intellettuali, fisiche e delle altre qualità che concorrono a determinare il pregio dell’individuo nell’ambiente in cui viveâ€. Vengono, dunque, in rilievo sia l’aspetto soggettivo (le qualità delle persona) che quello oggettivo (il valore sociale) dell’onore.
La dottrina germanica, invero, sottolineando il profilo soggettivo del bene-onore, sosteneva che quest’ultimo, in quanto racchiude il valore intrinseco dell’uomo, non può in alcun modo essere leso da un altro uomo.
Il nostro ordinamento considera l’onore sotto due aspetti l’uno di natura soggettiva, l’altro di natura oggettiva, che vanno oltre il valore più intimo dell’uomo. Il primo consiste in ciò che la dottrina ha definito come il “sentimento del proprio valore sociale†ed è rimesso all’apprezzamento dell’individuo stesso, mentre il secondo - ed è quello che più ci interessa - è rappresentato dal giudizio degli altri sulle sue doti, dalla reputazione e dalla considerazione di cui gode nella comunità. Ciò vale anche quando la lettera dell’art. 594 CP sembra riferirsi all’onore come all’insieme delle qualità morali, indicando le altre qualità col termine decoro.
La lettera del codice penale è chiara nel ricomprendere nell’ambito del reato di ingiuria la lesione dell’onore e in quello del reato di diffamazione l’offesa della reputazione. Come precisato entrambi i termini afferiscono al concetto principe di onore.
Del resto, mediante le dichiarazioni ingiuriose o diffamatorie non si fa altro che attribuire a un soggetto qualità o fatti disonoranti, in grado di ledere tanto il sentimento del proprio valore sociale, quanto la reputazione dell’individuo. Malgrado, soprattutto in passato, si sia tentato da parte di alcuni autori  di relegare l’offesa alla reputazione nell’ambito della diffamazione e quella al sentimento dell’onore nell’ambito dell’ingiuria, non si può negare che in concreto il fatto criminoso possa avere ripercussioni su entrambi gli aspetti.
D’altronde, la giurisprudenza in tema di diffamazione non parla soltanto di opinione o stima di cui gode l’individuo, ma anche di “senso della dignità personale in conformità all’opinione del gruppo sociale†[] o ancora di “decoro professionaleâ€. Vieppiù, sembra riconoscersi l’esistenza di un minimum di personalità sociale, che rende doveroso un corrispondente rispetto minimo nei confronti di tutte le persone. Al di là di tale soglia viene, poi, riconosciuta un’ulteriore tutela della reputazione, che è collegata alla posizione sociale che riveste il soggetto interessato. Rilevano, quindi, anche le qualità della persona offesa.Indubbiamente, si tratta di una considerazione “astratta†delle particolari doti sociali della persona che procede per categorie: si parla in proposito di relatività della reputazione e nelle ipotesi concrete l’offesa va commisurata al rispetto medio dovuto alle diverse categorie degli avvocati, dei magistrati, degli sposi et coetera.Il minimum di valore sociale tutelato è da rapportare al contesto sociale in cui è inserito e, su tali basi, la giurisprudenza ha affermato che non integra il reato di diffamazione la mera “infrazione alla suscettibilità e alla gelosa riservatezza†del soggetto passivo, avuto riguardo non solo alla totalità della popolazione, ma anche ai più limitati contesti di categorie professionali e di specialisti di un determinato settore. Di tal guisa, il sentimento del proprio valore sociale, sul piano squisitamente oggettivo e quindi della reputazione, è “limitato†dall’apprezzamento che la comune opinione fa o può socialmente fare su quella data persona. È ciò che rileva in tema di diffamazione.Sintetizzando, la relatività del concetto di reputazione si ricollega, anzitutto, al momento storico di riferimento (basti pensare all’epiteto “fascista†utilizzato oggi in raffronto al ventennio fascista), in secondo luogo al contesto sociale e, infine, al più limitato eventuale ambito di categoria cui appartiene l’offeso. Inevitabilmente, si tratta di un concetto elastico “i cui parametri sono destinati a non rimanere fissi nel tempo bensì a seguire … il mutamento della cultura e dei costumi socialiâ€
Nondimeno, per verificare tale concetto è necessario “tenere presenti tutti gli indici che siano suscettibili di assumere rilievo al fine di individuare consistenza ed estensione della reputazione di un determinato soggetto†. Pertanto, dal momento che la reputazione racchiude in sé le peculiarità personali, familiari e lavorative di un dato individuo, non si può non tenere in considerazione anche queste per valutare l’idoneità offensiva della comunicazione che si reputa diffamante. Non si tratta di spostare sul piano soggettivo il concetto di reputazione, che per forza di cose è intrinsecamente oggettivo, ma di rapportarlo alla posizione sociale o professionale dell’offeso, la cui reputazione proprio in ragione di tale considerazione potrebbe anche non ritenersi lesa o messa in pericolo.Si pensi, ad esempio, a Sempronio che dichiara a più persone l’ignoranza di Tizio in una data disciplina, che nulla ha a che vedere con questi per professione, ambiente sociale in cui opera, etc.. In tale ipotesi lo stato o il grado sociale di Tizio potrebbe far considerare le dichiarazioni di Sempronio offensive della reputazione di Tizio? potrebbe costui, che non ha mai studiato diritto penale, offendersi perché qualcuno ha detto ad altri che non conosce quella particolare categoria di reati che la dottrina germanica denomina “Ausserungsdelikts�
Quanto affermato sopra risulta di notevole rilevanza, perché la verifica della natura diffamatoria delle “comunicazioni†dell’agente è essenziale per l’accertamento del reato. Infatti, sembra banale dirlo, perché possa configurarsi la diffamazione, deve sussistere l’offesa alla reputazione. Se già, in virtù dell’accertamento di fatto operato dal giudice, non si riscontrerà l’idoneità offensiva della condotta, perché ad esempio l’ambiente in cui è stata posta in essere o il suo particolare contesto consentono di esprimersi in termini quasi offensivi, l’indagine sull’elemento oggettivo del reato porterà alla conclusione che il fatto non costituisce reato.
Si pensi alla lotta politica e alle espressioni pungenti e suggestive, sovente, utilizzate dai politici per apostrofare colleghi e personaggi pubblici, al fine di comunicare più efficacemente con i cittadini e carpirne il consenso]. Peraltro, anche coloro che ascoltano, da spettatori, tali dibattiti tra politici non colgono il significato offensivo ex se dell’espressione eventualmente utilizzata, se non come strettamente collegato al problema di interesse pubblico, più rilevante, su cui si controverte
Se nel caso appena citato la tutela della reputazione viene contenuta dal particolare contesto in cui si realizza la comunicazione offensiva, la relatività del concetto di reputazione non può però comportare una modifica in peius della tutela apprestata dall’ordinamento quando una data persona sia per qualsivoglia motivo disistimata o disonorata. Il che vuol dire che quel minimum di valore sociale, di cui parlavamo prima, va riconosciuto a tutte le persone, che, in quanto tali, hanno una dignità personale e un diritto all’integrità morale che è indipendente dalla buona o cattiva fama posseduta.
Il rispetto sociale è dovuto a chiunque e il nostro ordinamento non può tollerare aggressioni alla reputazione di soggetti, che, pur essendo già compromessi per altri motivi, non possono avere lesa la propria dignità personale o professionale impunemente. Ciò, del resto, contrasterebbe con i principi della nostra Carta costituzionale e, in particolare, con l’art. 3, che - come detto - assicura pari dignità sociale a tutti i cittadini.
La giurisprudenza in tali ipotesi ha ritenuto, più volte, di tutelare l’onorabilità di tutte le persone, anche in presenza di eventi disonorevoli, “essendo la reputazione tutelata tanto come stima che una persona si è conquistata presso gli altri per i suoi meriti, quanto come rispetto sociale minimo cui ogni persona ha diritto, in quanto tale, indipendentemente dalla buona o cattiva fama che abbiaâ€].È vero, dunque, che taluno possa godere di una maggior tutela della propria reputazione per la posizione sociale o professionale che riveste in seno alla comunità, ma non è altrettanto vero che altri possano risentire delle loro malefatte con gratuite e ulteriori aggressioni diffamatorie a discapito della loro dignità personale. La Corte di Cassazione ha mantenuto tale orientamento anche trattando del diritto di cronaca giudiziaria.
È il caso solo di accennare all’orientamento di una parte della dottrina, secondo cui, invero, in tali ipotesi non si potrebbe garantire la tutela dell’onore a chi ha una reputazione negativa, realizzandosi vieppiù un’ipotesi di reato impossibile ai sensi dell’art. 49 CP ].
Occorre, infine, operare la distinzione tra la lesione del bene giuridico della reputazione e quella del bene dell’identità personale, al fine di delimitare l’ambito delle condotte offensive che possono configurare una responsabilità penale per diffamazione.
In genere, quando viene diffusa una determinata notizia o una raffigurazione che incide in qualche misura sul giudizio che altri possano avere sulla persona, oggetto della notizia e della raffigurazione, e sul suo valore sociale, può configurarsi una fattispecie di diffamazione ex art. 595 CP. Perché ciò accada è, però, necessario che si realizzi un’offesa alla reputazione e non basta che “vi sia distorsione della effettiva identità personale o alterazione, travisamento, offuscamento, contestazione del patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionaleâ€]. In questi ultimi casi potrebbe, al più, configurarsi un illecito civile per lesione del diritto all’identità personale.
Così, ad esempio, mentre non costituisce reato il fatto che il giornalista esprima in certi termini la scelta politica di un dato soggetto, potrebbe ravvisarsi una sua responsabilità penale nel momento in cui attribuisce alla stessa persona un’opinione che costituisce “un abuso della libertà di manifestazione per il suo contrasto con valori fondamentali comunemente sentitiâ€. In alcuni casi, poi, potrebbero sussistere entrambe le lesioni, come nel caso in cui le propalazioni offensive concernano i compiti istituzionali di un magistrato, offeso in ugual misura nella sua reputazione e nella sua dignità ed identità personale

Da: Grey17/12/2008 12:13:30
Da giorni nel liceo della città Alfa è in corso un'occupazione studentesca, accompagnata da forti polemiche. Un gruppo di genitori si riunisce e chiede lo sgombero coattivo del liceo.
Il telegiornale della più importante emittente televisiva cittadina trasmette un servizio sull'evento .Mentre l'autore del servizio riferisce gli accadimenti, scorrono vecchie immagini di repertorio in cui, tra l'altro, si vede il preside parlare al microfono di un giornalista. L'autore del servizio, nel frattempo, riferisce che il preside ha dichiarato che non richiederà alla polizia lo sgombero coattivo del liceo. In verità il preside non ha mai rilasciato una dichiarazione del genere. Arrabbiato per l'attribuzione di tale dichiarazione, presenta querela per diffamazione nei confronti dell'autore del servizio e del direttore del telegiornale. Quest'ultimo- asserisce il preside nella querela- aveva l'obbligo di impedire l'evento diffamatorio e, comunque, è responsabile a norma dell'art. 57 c.p.
Il direttore del telegiornale e l'autore del servizio giornalistico si recano insieme dall'Avvocato penalista e chiedono di conoscere quale è la situazione in cui versano.
Il candidato- assunte le vesti del legale- rediga motivato parere, illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame.
Sent : Cass. Pen. 10 marzo 2008, n. 10735
Commento : - NON E’ IL PARERE, SOLO UN COMMENTO
Corte di Cassazione  Sentenza n. 10735/2008.

Commentiamo in questa sezione la Sentenza n. 10735/2008, benché la questione ivi posta riguardi marginalmente il diritto scolastico. Si tratta infatti di una caso che riguarda il reato di diffamazione a mezzo stampa, tuttavia nella sentenza si fa cenno ai diritti di un dirigente scolastico. Il caso in esame riguarda, infatti, un giornalista condannato dal Tribunale di Roma per diffamazione aggravata dall'uso del mezzo della stampa per avere, nella sua veste di direttore responsabile del quotidiano "Leggo", consentito la pubblicazione di articolo redazionale in cui si affermava, peraltro contrariamente al vero, che il Preside di un Liceo di Roma aveva assicurato agli alunni che avevano occupato i locali scolastici che non avrebbe chiesto lo sgombero con l’intervento delle forze dell'ordine. La Corte d'Appello confermava la condanna. Avverso la sentenza di appello il giornalista ha promosso ricorso per Cassazione lamentando sia il mancato riconoscimento del diritto di cronaca, sia l'assenza di nota diffamatoria nell'affermazione di stampa obiettivamente non offensiva della reputazione del preposto all'istituto scolastico, poiché l'assicurazione di evitare lo sgombero coattivo da parte delle forse dell'ordine non si qualifica come illecito penale, potendosi qualificare anche come una mossa di buon senso protesa alla pacificazione degli animi. La Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato senza rinvio la sentenza impugnata. Infatti, la Corte, pur dichiarando che, nel caso di specie, non ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, la quale richiede, alla luce di un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'inderogabile necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva, limite violato poiché la notizia riportata dal pezzo redazionale è risultata infedele. Tuttavia, ha aggiunto la Corte, l'inattendibilità dell'informazione non costituisce in sé offesa all'altrui reputazione, occorrendo che essa necessariamente si connoti di un portato lesivo delle qualità morali, intellettuali o professionali di una persona, valutato non già secondo la considerazione della stessa, ma in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Ora, l'accusa rivolta al responsabile di un istituto scolastico di volersi attivare per impedire un possibile sgombero coattivo dell'occupazione studentesca in atto da parte della forza pubblica non è in alcun modo lesiva della sua dignità professionale, in quanto attinente a una sfera di autonomia decisionale connessa alla funzione amministrativa del Dirigente Scolastico, assunta nell'interesse pubblico e volta a sopire pericolose provocazioni, evitando il rischio di maggiori guai per le persone e per le cose, nella prospettiva di liberare il più presto l'edificio dallo stato di paralisi e riprendere il corso scolastico. Né, d'altra parte, al Preside è attribuita un'attività di illecita inerzia, quale una omissione penalmente rilevante, né una illecita solidarietà con i giovani studenti. Con ciò, ha concluso la Corte, l'assenza dell'elemento oggettivo del reato determina l'inesistenza dell'illecito contestato al ricorrente, pertanto la sentenza viene annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
POSSIBILE PARERE
Il caso in esame presuppone una preventiva disamina del reato di diffamazione.
L’ ART 595 incrimina chi, al di fuori dei casi indicati dal precedente art. 594cp (ingiuria), comunicando con più persone offende l’ altrui reputazione.
Oggetto di tutela del delitto di diffamazione è l’ altrui reputazione che la dottrina prevalente intende in senso oggettivo e, cioè, nel significato di stima sociale e considerazione di cui si gode all’ interno di un contesto sociale. A ciò si contrappone l’ onor in senso soggettivo inteso come il “sentimento del proprio valore sociale†ed è rimesso all’apprezzamento dell’individuo stesso.
L’ elemento oggettivo del reato in esame consta di 3 requisiti: 1)l’assenza dell’ offeso; 2)l’ offesa all’ altrui reputazione; 3) la comunicazione con più persone.
L’ assenza del soggetto passivo al momento dell’ azione criminosa consiste nell’ impossibilità che la persona offesa percepisca direttamente l’ addebito diffamatorio  e possa, quindi, difendersi dall’ addebito o ritorcere l’ offesa. Ciò determina la maggiore gravità del reato in esame.
Il secondo requisito consiste nell’ offesa all’ altrui reputazione intendendo l’ offesa non già nel senso di lesione bensì come probabilità o possibilità che l’ uso di parole o atti destinati a ledere l’ onore provochi una effettiva lesione. La diffam, pertanto, è qualificata come reato di pericolo concreto essendo demandata di volta in volta al giudice l’ interpretazione della portata offensiva delle espressioni usate dall’ agente ed essendo sufficiente che tali espressioni determino anche solo il pericolo di lesione dell’ altrui reputazione.
Infine, per aversi il requisito della comunicazione con più persone occorre che l’ agente renda partecipi dell’ addebito diffamatorio almeno due persone le quali siano state in grado di percepire l’ offesa e di comprenderne il significato.
Il problema da affrontare, da sempre dibattuto in dottrina e giurisprudenza, è quello relativo alla operatività dell’ esimente dell’ esercizio del diritto ex art. 51 cp, sub specie di diritto di cronaca, rispetto alla condotta posta in essere dal giornalista il quale, nell’ esercizio della propria funzione istituzionale, informi la collettività su fatti storici obiettivamente lesivi della reputazione dei terzi, pur se rispondenti a verità.
La giurisprudenza di Cass ha elaborato taluni presupposti della scriminante in oggetto operanti alla stregua di veri e propri limiti interni e l’ assenza anche di uno solo rende in concreto non operativa la causa di giustificazione. La Corte ribadisce come il diritto di cronaca possa scriminare a condizione che ricorrano i tre noti requisiti: la verità della notizia propalata; l’interesse pubblico alla sua conoscenza; la continenza formale nel momento espositivo.
In primo luogo rileva la verità della notizia, non potendo meritare tutela la diffusione di notizie false o tendenziose, non risultando le stesse utili nell’economia del processo di formazione di una valida opinione presso la collettività.
In secondo luogo la Corte ha sempre sottolineato il rispetto del parametro della continenza formale da apprezzarsi alla stregua di corretta esposizione dei fatti oggetto di narrazione. Sul punto, lo si ricorda altrettanto velocemente, la giurisprudenza utilizza un differente metro di giudizio quante volte in luogo del diritto di cronaca si invochi quello di critica che, considerata la sua natura parziale ed orientata, non può che manifestarsi in veste meno ossequiosa del dato della continenza. Similmente può dirsi in relazione all’attività satirica, attesa la sua portata deformante dei fatti in una evidente logica caricaturale.
Da ultimo, il dato della cd. pertinenza vale ad isolare in termini scriminanti tutte quelle diffusioni di notizie che rivestano agli occhi della pubblica opinione un certo interesse. Ovviamente non è necessaria una rilevanza indifferenziata nel senso che la questione interessi la collettività indistinta, potendo assumer pregio il riportar notizie, anche in ragione di un eventuale tecnicismo, a favore di ridotto numero di utenti.
Il diritto di cronaca non esime dunque di per sé dal rispetto dell'altrui reputazione e riservatezza, ma giustifica intromissioni nella sfera privata dei cittadini solo quando possano contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettività.
È vero che anche le vicende private di persone impegnate nella vita politica o sociale possono risultare di interesse pubblico, quando possano desumersene elementi di valutazione della personalità o della moralità di chi debba godere della fiducia dei cittadini. Ma non è certo la semplice curiosità del pubblico a poter giustificare la diffusione di notizie sulla vita privata altrui, perché è necessario che tali notizie rivestano oggettivamente interesse per la collettività.
E’ di rilevante importanza dare atto della scelta legislativa di evitare, nel rispetto del terzo comma dell’art. 21 Cost., forme preventive di autorizzazione alla stampa. L’esigenza di garantire un controllo sul merito delle pubblicazioni viene dall’ordinamento soddisfatta creando in capo ai soggetti che vedremo una peculiare posizione di garanzia.
L’art. 3 della legge n. 47 del 1948 pone l’obbligo per ogni stampato periodico di dotarsi e di indicare un direttore ed un vicedirettore responsabile. Costoro l’art. 57 c.p. chiama a rispondere, a titolo colposo, dell’illecito posto in essere in essere mezzo stampa. Per la stampa non periodica, secondo il disposto dell’art. 57 bis c.p., responsabile risulterà l’editore, a condizione che risulti ignoto o non imputabile l’autore materiale dell’articolo, o lo stampatore, “se l’editore non è indicato o non è imputabileâ€.
L’originaria versione dell’art. 57 c.p., la cui ammissibilità a fronte del mutato contesto normativo trovava conferma attraverso le parole della Corte costituzionale, imputava sic et simpliciter, in assenza di un quid soggettivo, ai soggetti cennati la responsabilità degli eventi illeciti derivanti dall’attività giornalistica presieduta. 
Il successivo intervento legislativo del 1958 (l. 127) ha innovato la disposizione codicistica subordinandone l’operare al ricorrere di dato: l’addebitabiità colposa del tutto. Solo in presenza di un deficit di attenzioni da parte del direttore responsabile potrà allo stesso rimproverarsi l’illecito commesso dall’autore dell’articolo.
A dire il vero quanto esposto è stato a lungo oggetto di critica, avendo parte considerevole degli addetti ai lavori inteso riduttivamente l’inciso “a titolo di colpa†previsto all’art. 57 c.p. come rilevante solamente in chiave meramente sanzionatoria, senza che implicasse un effettivo riscontro del coefficiente psicologico. Più opportunamente, si è ritenuto imprescindibile l’accertamento in concreto della rimpoverabilità della condotta lesiva, sottolineandosi, dunque, la ricerca necessaria del requisito soggettivo prescritto, secondo le direttive di cui all’art. 43 c.p.
Rebus sic stantibus, le fattispecie previste agli artt. 57, 57 bis e 58 vanno intese come autonome forme di illecito la cui condotta si sostanzia nella mancata osservanza di regole cautelari (il non aver impedito la pubblicazione illecita) cui fa da pendant l’evento costituito dal reato commesso mezzo stampa. Non emerge, quindi, una forma di concorso di persone nel reato, sub specie di agevolazione colposa, ma un illecito del tutto distinto da quello effettivamente lesivo come può arguirsi tanto avendo riguardo alla clausola d’esordio dell’art. 57 c.p. (“… fuori dai casi di concorso…â€), quanto dall’esegesi dell’art. 58 bis c.p. che, estendendo l’operatività della condizione obiettiva di punibilità propria presentata direttamente a carico del direttore e del vicedirettore nei confronti dell’autore della pubblicazione, non può, ragionando a contrario, che dar per scontata l’assenza di una dimensione propriamente concorsuale.( Sez. V, sentenza  14 novembre 2007, n. 42067.)

Da: JulianRoss17/12/2008 12:13:38
MA COME FATE A PRETENDERE UNA VERSIONE DEFINITIVA DI UN PARERE SU UN FORUM??????????????????

Da: sara..17/12/2008 12:13:43
notizie di ermenegildo? mi serve 1 parere definitivo

Da: manuela17/12/2008 12:13:50
allora le tracce sono sicure?????

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Da: @@@@@@@@@@@@17/12/2008 12:14:01
x alessandro

ma i numeri [19], [20], ecc. che cosa sono?

Da: chiara17/12/2008 12:14:40
ragazzi non è che qualcuno può fare il punto della situazione sulla prima traccia con un solo post??? Io sto sola a casa e devo aiutare mia sorella...vi prego....

Da: XXX17/12/2008 12:15:04
ale il compito intero vogliamo....l'Italia ti farà presidente

Da: Mari17/12/2008 12:15:12
La sentenza 34717/2008 non la trovo...qualcuno la può postare?

Da: alessandro17/12/2008 12:15:26
riferimenti bibliografici del sito da cui ho copiato...

Da: Il moralizzatore17/12/2008 12:15:39
Alessandro pentiti, sei ancora in tempo.
A voi tutti tre Ave Maria e una quindicina di Padre Nostro.

Da: dalila17/12/2008 12:15:40
cortesemente capisco che tu possa essere agitato ma il parere che deve essere formulato in tepria dovrebbe nascere da uno studio che si è dovuti affontare prima di trovarsi a fare l esame di abilitazione forense.. ! sn ipotesi che si fanno x argomentare.. nn sn cazzate stai tranquillo e cmq in ogni caso nn prenderlo in considerazione nessuno ti obbliga mica??!!!!

Da: ely17/12/2008 12:15:49
alex ma tutto il papello che hai scritto cos'è? non è la soluzione vero?

Da: LAura17/12/2008 12:16:34
alessandro possiamo copiare quello che ha scritto grey...o solo il tuo commento?

Da: alessandro17/12/2008 12:16:51
x il moralizzatore:
ho ancora speranza di redimermi?

Da: indignato17/12/2008 12:17:40
Carlo, che detti a tuo fratello? Sta facendo l'esame? bravi bravi... venite al nord a fare l'esame. Maledetti!

Da: dada17/12/2008 12:17:47
la soluzione della seconda è stata completata?

Da: alessandro17/12/2008 12:17:57
COPIATE I POST DI GREY E ALEX
HANNO RIUNITO TUTTO QUELLO CHE è STATO POSTATO

Da: Kratos17/12/2008 12:18:21
Alessandro mi puoi postare la 34717?
Grazie mille

Da: mario17/12/2008 12:18:45
raga nn ci capisco piu nulla tutti che scrivono ...

MA LA SOLUZIONE DA DETTARE QUALE è???????????????????????????

Da: baranello117/12/2008 12:18:52
x antonio979 il tuo parere è troppo lungo un consiglio da chi ha già fatto l'esame superandolo con un tema molto ridotto

Da: DI RIENTRO DALL'UDIENZA17/12/2008 12:18:53
II traccia
Ad occhio mi sembra che esista una legge speciale per la custodia delle armi (reato di omessa custodia) ma non la ritengo applicabile poichè ricordo che la norma richiede una condizione di fatto. (impossessamento da parte di incapaci, tossicodipendenti ...etc.. etc.)

CI PENSO E VEDO SE POSSO ESSERE D'AIUTO

Da: sara..17/12/2008 12:19:31
x alessandro ma è 1 parere definitivo quello di alex e grey?
potete postarlo di nuovo?mi si è bloccato

Da: alessandro17/12/2008 12:19:33
kratos mi hanno bloccato i motori di ricerca, e non scherzo....

Da: Kratos17/12/2008 12:20:20
Ma siamo sicuri che esiste???

Da: .......17/12/2008 12:20:28
MA STATTI ZITTO

Da: alessandro17/12/2008 12:20:28
sara quello scritto da alex e grey è la raccolta di tutto quello già postato, è TUTTO, di più non si trova!
COPIATE I POST DI ALEX E GREY

Da: x ahahahaha indignato e ...17/12/2008 12:20:31
venite pure tutti e tre che vi rompo il culo e vi caco nel cervello
merde!
sapete di avere le madri puttane e le mogli che se lo fanno mettere al culo vero

Da: Antoni@17/12/2008 12:20:43
Ma per la seconda traccia non c'è NULLA?

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