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ESAME AVVOCATO 2013
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Da: jourawsky11/12/2013 14:30:13
POSTATE IL PARERE DELLA PRIMA TRACCA PER FAVORE?
Rispondi

Da: Peppa11/12/2013 14:32:33
Si può parlare di concorso di reati
Rispondi

Da: sorelladifratello11/12/2013 14:32:59
ma un parere completo é  possibile?grazie per l'aiuto!!!
Rispondi

Da: Avvcivpengiu11/12/2013 14:33:09
Io opterei per l'omicidio volontario (dolo eventuale), atteso che dalla traccia emergono circostanze che vanno in questa direzione (es. l'alta velocità, l'assenza di frenate, ecc.).
Rispondi

Da: magic mike2011/12/2013 14:33:19
Postate parere 1traccia..
Rispondi

Da: studioangelo 11/12/2013 14:35:55
Postate parere 1 traccia si consegna alle 17
Rispondi

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Da: Bluas11/12/2013 14:38:03
La fattispecie in esame considera una serie di eventi posti in essere da Tizio che, trovandosi alla guida di un autoveicolo, in stato di ebbrezza alcoolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, provoca un incidente stradale con conseguenze letali per Mevio, pedone su di un marciapiedi e la distruzione di una edicola.
Il punto focale è circa le conseguenze penali che la condotta di Tizio hanno posto in essere, distinguendo tra omicidio colposo e dolo eventuale, ed ancora se nella conodotta di Tizio vi sia una ipotesi di reato complesso.
La distinzione è significativa, perché dalla colpa cosciente discende l'imputazione per omicidio colposo (seppur con l'aggravante del III co nn 1 e 2 del 589 c.p.), dal dolo eventuale discende direttamente l'omicidio volontario, di cui al 575 c.p.
Va subito evidenziato che la Cassazione penale, con la pronuncia nr. 20465/13 è ancora ferma nel ritenere che l'omicidio causato da guida in stato di ebbrezza/stupefacenti sia omicidio colposo aggravato e non volontario.
In buona sostanza all'agente verrà contestato o l'ipotesi di cui all'art. 589 co. 2° c.p., che potrà essere affiancata la contestazione dell'art. 186 2 bis ( come novellato dalla L.120\2010) Cds  o quella dell'art. 187 Cds a seconda della tipologia della sostanza indebitamente assunta.
In particolare, lo specifico richiamo nell'art. 186, come novellato, all'art. 224 ter C.d.S., introdotto dalla richiamata L. n. 120 del 2010, (intitolato "Procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della confisca amministrativa e del fermo amministrativo in conseguenza di ipotesi di reato"), fa fondatamente ritenere, alla stregua di una interpretazione organica delle norme di riferimento, che la confisca, prevista per la più grave ipotesi di guida in stato di ebbrezza (nonché per il reato di rifiuto di sottoporsi all'alcoltest e di guida sotto l'influenza di sostanze psicotrope), è ora qualificata come sanzione amministrativa e non più penale, come in precedenza, sciogliendo dubbi interpretativi, era stato affermato da questa Corte (Sez. Un. 25 febbraio 2010, Rv.247042) e dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 196/2010).
E' di tutta evidenza, dunque, che - in questa fase - la condotta dell'agente viene punita sotto il profilo esclusivamente e puramente colposo, cioè si ritiene che l'incidente stradale sia stata determinato da una responsabilità che si fonda su di una colpa del soggetto.
Le conseguenze letali o lesive manifestatesi non sono, quindi, state volute dall'agente né preventivamente, né in corso di verificazione dei fatti.
Si evidenzia, altresì, come l'elemento soggettivo della colpa venga configurato attraverso il ricorso a due principali elementi indicati dall'art. 43 co. 1 terza parte c.p. "l'imprudenza" oppure "l'inosservanza di leggi o regolamenti".
La struttura normativa attuale non tiene, infatti, in conto la circostanza che, nell'iter progressivo di commissione del fatto, interviene purtroppo spesso, in maniera eziologicamente decisiva, una condotta dolosa assolutamente rilevante e che consiste nella sciente e consapevole assunzione da parte dell'autore del fatto illecito - in spregio a precetti di contenuto penalmente indiscutibile - di sostanze (stupefacenti od alcool) che sono fortemente idonee ad alterare la di lui capacità di conduzione di un veicolo nel traffico.
La normativa codicistica vigente, infatti, appare predisposta allo scopo di punire comportamenti tipicamente connotati da negligenza od imprudenza od imperizia, cioè situazioni nelle quali si appalesi un errore di valutazione compiuto dal soggetto circa la necessaria mancanza di rischi o di pericolo per la circolazione e quindi di manovre di emergenza per il conducente (Cfr. Cass. civ. Sez. III, 18-02-1998, n. 1724).
L'errore efficiente nella sequenza finalisticamente rilevante avviene e si sviluppa, pertanto, all'interno di una situazione di "normalità ed idoneità" delle condizioni soggettive (sia fisica, che sopratutto psichiche) in cui la persona versa.
Tale condizione di ideazione e rappresentazione della realtà viene, dunque, turbata, distorta ed alterata solamente da una valutazione ex parte del tutto soggettiva, ancorché errata, ma che non è affatto cagionata da una incapacità naturale del soggetto, sopravvenuta quale conseguenza di un comportamento volontario, quale la situazione in cui si viene a trovare chi abbia dato corso all'assunzione di sostanze vietate.
La responsabilità nei casi cd. "di normalità colposa" consiste, dunque, in un'involontaria deroga a quei severi doveri di prudenza e diligenza richiesti normativamente per fare fronte a situazioni di pericolo e che sono imposti, anche quando siano determinate da altri comportamenti irresponsabili; sicché la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente (Cfr. Cass. pen. Sez. IV, 28 marzo 1996, n. 4257, Cass. pen. Sez. IV, 28-03-1996, n. 4257, Lado, Cass. Pen., 1997, 1014, Riv. Polizia, 1997, 1014).
Si tratta, all'evidenza, di una situazione assolutamente diversa da quella in cui si viene a trovare un soggetto che, anteriormente, alla scelta di porsi alla guida di un veicolo a motore, pur consapevole del divieto di condurre un mezzo in precise condizioni personali e, quindi, affatto ignaro l'illiceità della propria condotta (in relazione al successivo comportamento che andrà a tenere) assuma le sostanze vietate, più volte ricordate.
E' questo, quindi, un comportamento fortemente caratterizzato dalla presenza di una componente di dolo, perché a mente dell'art. 43 co. 1 prima parte c.p. "e' doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che e' il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, e' dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione" e non si può certo sostenere che l'ingestione di droghe od alcoolici sia frutto di una mera imprudenza od inosservanza di leggi o regolamenti etc..
In realtà, appare del tutto evidente che la composita costruzione (o ricostruzione) di una vicenda, nella quale emergano quali dati in fatto provocati attraverso il sinistro stradale, ovvero presenza di persona deceduta e distruzione di cose, non rientra sic et simpliciter in una sistematica di omicidio doloso, cioè nello stereotipo dell'omicidio volontario di cui all'art. 575 c.p., né tanto meno nello spettro della norma di cui all'art. 584 c.p. che regola la preterintenzione.
La natura ibrida della condotta globalmente considerata ci permette di ritenere di essere in presenza di un dolo iniziale che ripiega nel prosieguo su di un profilo di colpa.
Occorre, altresì, sul punto un breve analisi dell'elemento psicologico
Il dolo che si appalesa inizialmente, in una situazione del tipo di quella che si sta rappresentando, si riferisce, senza dubbio, alla condotta che il soggetto tiene, assumendo consapevolmente taluna delle sostanze più volte citate (droga ed alcool).
Il mero comportamento assuntivo del singolo, in sé e per sé ed avulso da ulteriori condotte penalmente rilevanti, non integra, né può integrare, affatto una violazione di legge penale, salvo che non venga concretamente ravvisato il superamento dei limiti dati - per l'ubriachezza - dagli artt. 687 e 688 c.p..
Per quanto attiene, invece, agli stupefacenti, pur non essendo assolutamente configurabile un diritto del singolo a drogarsi, si deve osservare che il consumatore (non cedente o spacciatore) di sostenze stupefacenti, che detenga sostanza psicotropa nei limiti di cui al co. 1 bis dell'art. 73 d.p.r. 309/90, è perseguibile solamente sul piano amministrativo, ai sensi dell'art. 75.
Giovi, però, aprire (e chiudere illico et immediate) una breve parentesi esplicativa, proprio per precisare che l'art. 75 (novellato dalla L. 49 del 2006) costituisce una delle più importanti conferme di quanto si va sostenendo, se è vero che al co. 1 detta norma prevede la sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla.
Ciò posto e premesso, è evidente la necessità di pervenire alla focalizzazione di quale debba essere l'elemento psicologico cui fare riferimento nella situazione specifica che si verifica - come detto - laddove l'incidente stradale sia stato provocato da un conducente che versava nello stato di alterazione richiamato e siano conseguiti effetti lesivi o letali.
Non pare dubbio che - in proposito, vertendo in un ambito di progressione criminosa - si debba tenere in considerazione, originariamente, tutte le fasi dell'evoluzione psicologica del soggetto.
Come affermato, esse - sotto il profilo sostanziale - sono due, l'una dolosa, l'altra colposa, giacchè è chiaro che la conseguenza lesiva che la condotta del conducente del veicolo provoca a terzi non è voluta.
Ciò nonostante, va riconosciuta, seppur preliminarmente, peso specifico al profilo doloso, posto che esso opera pregnante riferimento ad un comportamento che, pur non essendo in radice configurante reato, diviene in itinere, invece, vero e proprio illecito penale, ai sensi dell'art. 186 o 187 Cds (a seconda dei casi).
In quest'ottica, dunque si è in presenza di una condotta (il bere ed il drogarsi) che, associata, al condurre un veicolo a motore ( di grossa cilindrata nel caso di specie), assume veste di reato doloso e si pone come elemento propedeutico o prodromico eziologicamente rilevante rispetto a precise conseguenze fattuali e giuridiche (incidente stradale con lesioni o morte).
Si deve, dunque, valutare se una simile progressione criminosa possa rientrare nello stereotipo di cui all'art. 586 c.p., oppure se sia necessario fare un passo ulteriore in avanti.
In primo luogo è evidente che, allo stato, la natura di contravvenzioni, elemento che caratterizza geneticamente sia l'ipotesi di cui all'art. 186 che all'art. 187 Cds, non permetterebbe affatto di poter fare rientrare le condotte punite, con tali norme, nel novero di quei presupposti di fatto richiamati dall'art. 586 c.p. e cioè nella categoria dei "delitti dolosi".
Vi è poi da rilevare, sempre ad indirizzo negativo, che la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato che "La responsabilità penale per morte o lesioni costituenti conseguenza non voluta di altro delitto doloso non è fondata sul mero rapporto di causalità materiale fra la precedente condotta e l'evento diverso, ma postula l'accertamento di un coefficiente di «prevedibilità» della morte o delle lesioni, in quanto forma di «responsabilità per colpa»" (Cfr. Cass. pen. Sez. V, 07-02-2006, n. 14302).
In questo modo si è posto l'accento sulla natura prettamente colposa del reato susseguente a quello originario, profilo che appare confermato nell'architettura della norma in questione anche dal riferimento applicativo alle sanzioni - seppur aumentate - sancite dagli artt. 589 e 590 c.p. (che regolano come noto l'omicidio colpo e lesioni colpose) che vengono posti in relazione al disposto dell'art. 83 c.p..
In buona sostanza il tessuto testuale della disposizione in parola opera un preciso riferimento anche all'ipotesi di aberratio delicti prevista al citato art. 83 c.p. che recita sotto la rubrica "Evento diverso da quello voluto dall'agente".
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto e' preveduto dalla legge come delitto colposo.
Se il colpevole ha cagionato altresi' l'evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati.
Vi è, da ultimo, da sottolineare un solo aspetto, che pare recuperabile alla causa che si proponga e cioè che per la Sez. IV della S.C., ( sent. 25-01-2006, n. 19179, Bellino e altri, Riv. Pen., 2007, 1, 54) In tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, pur definendosi il rapporto tra il delitto voluto e l'evento non voluto in termini di causalità materiale, la condotta delittuosa deve avere insito, in sé, il rischio non imprevedibile né eccezionale di porsi come concausa di morte o lesioni.
La breve rassegna svolta induce, dunque, a ritenere che la vigente struttura della norma di cui all'art. 586 c.p. che si caratterizza per un forte connotato colposo e per la presupposizione quale prodromo di un delitto doloso - [così come concepita allo stato attuale] - osti irreversibilmente e completamente rispetto a qualsiasi ipotesi di piena sussunzione della situazione descritta ed in esame nel nomotipo.
Vi è, però, da osservare e ritenere che il parallelismo svolto sino ad ora fra la condotta che si va studiando e la previsione dell'art. 586 c.p. possa suggerire un ambito applicativo diverso.
Pur apparendo differente dal dolo diretto, il dolo eventuale appare, infatti, ad esso assimilabile - sul piano della realtà psicologica - in quanto l'agente, "pur in presenza della rappresentazione delle possibili ulteriori conseguenze della propria azione criminosa, continui ad agire a costo di provocarle, accettandone il rischio e trasferendo, quindi, nel raggio della volontà ciò che era solo nella previsione" (Cfr. Sez. 1 30.5.80 n. 9699).
Il paradigma testè indicato presenta la peculiarità che connota il tipo di elemento psicologico in esame e che lo differenzia dalla cd. colpa cosciente, la quale presuppone la convinzione del non verificarsi dell'evento, che peraltro rimane astrattamente possibile.
L'arresto giurisprudenziale, sentenza n. 20465\2013, richiamata all'inizio, applicabile al caso di specie, ribadisce che allo stato della legislazione il reato (omicidio stradale) è già previsto ed è precisamente quello dell'art. 589 c.p., che nel sanzionare l'omicidio colposo prevede espressamente l'aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e, nel perimetro della detta aggravante, quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Il reato, così aggravato, non è di poco conto, prevedendo una sanzione da tre a dieci anni di reclusione.
Mentre non potrà parlarsi di reato complesso, in quanto, come la recente giurisprudenza ha confermato: cass.pen. 46441 del 30\12\12, in caso omicidio colposo o di lesione colposa e di contemporanea violazione delle norme sulla circolazione stradale, non si configura una ipotesi di reato complesso, ma un mero concorso tra il delitto e la contravvenzione, e pertanto risulta inapplicabile la disposizione di cui all'art. 84 c.p.
Rispondi

Da: Bib 11/12/2013 14:40:12
A che ora hanno dettato a napoli?
Rispondi

Da: sinfo11/12/2013 14:43:12
Qualcuno sa a che ora hanno dettato a firenze? Grazie
Rispondi

Da: studioangelo 11/12/2013 14:43:52
x  Bluas e la definitiva
Rispondi

Da: Bluas11/12/2013 14:47:18
yes
Rispondi

Da: KAL11/12/2013 14:50:32
Tribunale Bari Sezione 1 Penale - Sentenza del 24 settembre 2010, n. 1371

Truffa - Apertura di conto corrente postale con false generalità - Configurabilità del reato - Sussistenza - Applicabilità dell'aggravante prevista dal comma 10 dell'art. 61 c.p. - Inammissibilità - Motivi.

La condotta del soggetto che si presenta ad uno degli sportelli dell'Ente Poste con false generalità, rafforzata da un falso documento di identità e da altrettanto false attestazioni di natura commerciale, al fine di stipulare con tale istituto un contratto di conto corrente bancario, integra pienamente la condotta incriminata dall'art. 640 c.p. (truffa); trattasi, invero, di condotta artificiosa, costituente raggiro, più che idoneo ad indurre in errore il soggetto a cui l'apertura del conto viene richiesta. Nè può, in simile ipotesi, aversi dubbio relativamente alla sussistenza del requisito dell'ingiusto profitto. Invero anche l'indebito ottenimento, con generalità false, dell'apertura di un conto corrente è suscettibile di integrare l'ingiusto profitto, con relativo danno dell'istituto erogante, atteso che la disponibilità di un conto corrente bancario attribuisce non solo al nuovo correntista la facoltà di emettere assegni, oltre che di fruire di tutti gli ulteriori servizi bancari connessi con l'esistenza di un siffatto rapporto bancario, ma consente altresì di far fittiziamente figurare, nei confronti di terzi, una determinata disponibilità sul conto medesimo, con tutti i conseguenti vantaggi connessi alla esistenza del rapporto in questione, cui si accompagna il danno della banca che deve dar luogo ad iniziative comportanti dispendio di tempo e denaro una volta verificata la non negoziabilità dei titoli accreditati. Tuttavia, a seguito della trasformazione della previgente struttura pubblica del servizio postale nell'odierna società per azioni "Poste Italiane", ancorché questa sia a prevalete capitale pubblico, non può ricorrere, in tale ipotesi, l'aggravante prevista dal comma 10 dell'art. 61 c.p., non potendo essere considerato il nuovo apparato, nell'attività di credito, un incaricato di pubblico servizio, svolgendo sul mercato la propria attività nella più assoluta parità giuridica rispetto agli altri soggetti economici privati, con uguali funzioni.

Tribunale Lodi Penale - Sentenza del 11 maggio 2005, n. 373
Truffa - Apertura di conti correnti - Artifici - Raggiri

Si configura il reato di truffa nel comportamento di chi, con artifici e raggiri consistenti nel presentarsi presso un istituto di credito sotto falso nome, come soggetto solvibile e a capo di tre società inesistenti (garantendo in apparenza gli affidamenti societari con fideiussioni personali) accenda dei rapporti di conto corrente e goda di affidamenti (inducendo in errore la società, parte lesa sulla sua solvibilità) e consegue così l'ingiusto profitto pari ai fidi concessigli. (M.Rossi)


Corte di Cassazione Sezione 2 Penale - Sentenza del 19 novembre 1997, n. 10474
Reati contro il patrimonio - Delitti - Truffa - Elemento oggettivo (materiale)

In tema di truffa anche l'indebito ottenimento con generalità false dell'apertura di un conto corrente bancario può costituire ingiusto profitto, con correlativo danno della banca, atteso che la disponibilità di un conto corrente bancario crea nel correntista la possibilità di emettere assegni oltre che di fruire di tutti gli altri servizi bancari connessi all'esistenza del rapporto in questione; vantaggi, questi, a fronte dei quali si pone lo svantaggio, per la banca, di aver instaurato il detto rapporto con soggetto che, per il fatto stesso di aver fatto ricorso ad artifici e raggiri, (nella specie costituiti essenzialmente dall'essersi l'imputato presentato sotto falso nome), non poteva fornire la benché minima garanzia di affidabilità.

Rispondi

Da: XXX11/12/2013 14:50:55
Nel caso in oggetto, aderendo alla giurisprudenza prevalente, Tizio potrà essere perseguito per il delitto di omicidio colposo aggravato ex art. 589, comma 3, n. 1, nonché di omissione di soccorso ex art. 189, comma 7, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada).
Nella specie la questione nodale si sostanzia nella individuazione del coefficiente psicologico sotteso alla condotta di Tizio.
Più in particolare, la problematica che viene in rilievo è chiedersi se la morte dei pedoni possa essere addebitata al ragazzo a titolo di dolo eventuale ovvero di colpa cosciente.
Come noto, i due titoli d'imputazione rappresentano rispettivamente l'ipotesi meno intensa di dolo e l'ipotesi più grave di colpa, integrante l'aggravante comune prevista nell'art. 61 n. 3 c.p.
In linea di principio, l'elemento individuatore del dolo eventuale risiede nella volizione e rappresentazione dell'evento, per converso la responsabilità colposa, sebbene compatibile con la previsione dell'evento, implica l'assenza di volontà della situazione offensiva.
Poste queste premesse, si è precisato che nei casi di dolo eventuale la rappresentazione del prodursi dell'evento prevale sulla controrappresentazione a contenuto negativo, mentre, nella colpa cosciente, la controrappresentazione del mancato prodursi dell'evento prevale sulla rappresentazione a contenuto positivo. Più in particolare, in quest'ultima situazione, a una previsione generica avente a oggetto il prodursi dell'offesa, si sovrappone una previsione specifica negativa, del tipo "l'evento non si verificherà". A esempio, è espressivo di un atteggiamento doloso, sebbene nella forma eventuale, il caso di un motociclista che, dopo aver compiuto un furto con strappo, guida spericolatamente per fuggire, non facendosi trattenere dalla probabile prospettiva di investire uno o più pedoni. Diversamente, è animato da colpa cosciente l'automobilista che, transitando nei pressi di una scuola, pur rappresentandosi l'eventualità che un bambino attraversi repentinamente la carreggiata, non modera la velocità della vettura, confidando di poter porre in atto una manovra di emergenza per evitarlo grazie alle proprie abilità di esperto guidatore.
Occorre altresì precisare, che né il dubbio, né la speranza che l'offesa non si produca vale a escludere il dolo, atteso che fino a quando l'agente si rappresenta la possibilità che la sua condotta sia produttiva dell'evento offensivo, egli non versa in uno stato colposo, ma, diversamente, attua un comportamento animato da dolo, non astenendosi dalla condotta pericolosa, nonostante la previsione dell'offesa.
Le distinzioni prospettate in linea teorica sono state recepite sul piano applicativo dalla dominante giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ha sostenuto che la linea di demarcazione fra dolo eventuale e colpa con previsione è individuata nel diverso atteggiamento psicologico dell'agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non direttamente voluto, mentre, nella seconda ipotesi, nonostante l'identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l'azione (ex multis, Cass. pen., Sez. IV, 10 ottobre 1996 - 20 dicembre 1996, n. 11024). In altri termini, nelle ipotesi di dolo eventuale la volontà dell'agente investe la situazione offensiva, mentre nella colpa cosciente l'offesa rimane un'ipotesi astratta, peraltro respinta dalla volontà dell'agente (Cass. pen., Sez. V, 17 settembre 2008 - 1 dicembre 2008, n. 44712; Cass. pen., Sez. IV, 24 luglio 2008 - 31 ottobre 2008, n. 40878).
Ci si chiesti se nelle ipotesi di ebbrezza alcolica, sebbene non preordinata alla commissione di un reato, ma comunque produttiva di un evento offensivo, nella specie l'investimento dei due pedoni, possa predicarsi la sussistenza del dolo eventuale e quindi imputarsi l'offesa a titolo di omicidio volontario.
Il più recente orientamento in materia, ha statuito che la giovane età del conducente avente a disposizione un veicolo di grossa cilindrata delinea un quadro di un ragazzo spericolato ed eccitato indotto a una condotta di guida estremamente imprudente e negligente. A detta della Corte, l'ingannevole senso di padronanza della situazione è corroborato dallo stato di ubriachezza atto a ingenerare nel ragazzo uno stato di onnipotenza in virtù del quale l'agente si convince di non correre rischi di sorta, confidando nelle proprie capacità di guida per evitare eventi offensivi (Cass. pen., Sez. IV, 10 febbraio 2009 - 25 marzo 2009, n. 13083). Stando alle determinazioni dei giudici di legittimità, questi indici comportamentali e circostanziali, inducono a negare la sussistenza di una condotta cosciente di un individuo che accetta il rischio di verificazione dell'evento.
Peraltro, l'intento di dimostrare le proprie abilità alla guida, in uno con la conoscenza del tratto stradale da percorrere, consente di affermare che Tizio non ha minimamente voluto la situazione offensiva effettivamente verificatasi. In altri termini, la possibilità del verificarsi di un'offesa è rimasta relegata negli strati più profondi della sfera intellettiva non entrando nello schermo del giudizio razionale. La morte dei pedoni, quindi, potrà essere imputata a Tizio a titolo di omicidio colposo aggravato ai sensi dell'art. 589, comma 3, n. 1, nonché ex art. 61 n. 3 c.p. avendo agito, nonostante la previsione dell'evento.
Occorre inoltre considerare gli ulteriori effetti giuridici della condotta del giovane. Egli, infatti, dopo essersi reso conto della gravità delle condizioni degli investiti non ottempera all'obbligo di fermarsi per prestare assistenza.
Questa condotta integra gli estremi della speciale ipotesi di omissione di soccorso punita dall'art. 189, comma 7, Codice della Strada.
In particolare, come richiesto dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurazione di tale delitto doloso si richiede che l'agente si rappresenti non soltanto l'evento dell'incidente, ma anche il danno alle persone, che non costituisce una condizione di punibilità, sostanzialmente imputabile a titolo di responsabilità oggettiva, ma rappresenta un elemento costitutivo del delitto (Cass. pen., Sez. IV, 8 novembre 2006 - 21 dicembre 2006, n. 41962).
Rispondi

Da: Bifidus11/12/2013 14:54:55
ma quale omissione di soccorso se sischianta contro l'edicola
l'età dove sta scritta
Rispondi

Da: Dura lex sed lex11/12/2013 14:55:08
Grazie Bluas
Rispondi

Da: Bluas11/12/2013 14:56:40
per Certosino
un'ultima cosa da inserire, ovvero, tra le conseguenze vi sarà la richiesta danni del proprietario dell'edicola ( conseguenza certamente non penale )
Rispondi

Da: io11/12/2013 14:57:10
non capisco come dite che c' è omissione di soccorso, leggete attenatmente la traccia, non si dice infatti che Tizio sia scappato via non dando aiuto a Mevio......... quante persone intelligenti che ci sono in questo forum     non sviate i ragazzi ma cercate solo di dare loro aiuto
Rispondi

Da: Bluas11/12/2013 14:58:31
non c'è di che
Rispondi

Da: io11/12/2013 14:58:59
parlano di edicola e di omissione di soccorso perchè hanno copiato un parere che si trova su percorsi giuffrè
Rispondi

Da: KAL11/12/2013 15:06:31
E' truffa l'apertura di un conto corrente con false generalità.

Cassazione penale, sez. II, 25 novembre 2010, n. 44379.

La questione giuridica affrontata dalla Cassazione è quella di stabilire se l'indebita apertura di un conto corrente bancario attraverso l'utilizzo di false generalità possa, o meno, integrare il reato di truffa.
In particolare si discute sulla configurabilità in detta attività degli elementi oggettivi dell'ingiusto profitto per l'agente e del danno patrimoniale per la banca, richiesti dall'art. 640 c.p..
Il caso è quello di Tizio, indagato, quale promotore, di un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di truffe e falsi, attraverso l'apertura di numerosi conto corrente presso almeno 30 istituti di credito al fine di ottenere la consegna dei libretti di assegni da utilizzare per la spendita senza provvista.
Di fronte alla eccezione dell'imputato di mancata motivazione in relazione al danno patrimoniale subito dagli istituti bancari, la Suprema Corte ritiene corretto l'operato del Tribunale il quale ha fatto riferimento, con motivazione "per relationem", alle argomentazioni del G.I.P. ed alla giurisprudenza richiamata, in particolare alla sentenza n. 10474 del 04/04/1997 Ud. (dep. 19/11/1997), che, in tema di truffa, ritiene che anche l'indebito ottenimento con generalità false dell'apertura di un conto corrente bancario può costituire ingiusto profitto, con correlativo danno della, banca, atteso che la disponibilità di un conto corrente bancario crea nel correntista la possibilità di emettere assegni oltre che di fruire di tutti gli altri servizi bancari connessi all'esistenza del rapporto in questione; vantaggi, questi, a fronte dei quali si pone lo svantaggio, per la banca, di aver instaurato il detto rapporto con soggetto che non poteva fornire la benchè minima garanzia di affidabilità.
Inoltre, ribadisce la Corte, anche il semplice accredito in conto corrente di assegni di illecita provenienza costituisce ingiusto profitto, atteso che esso consente di far fittiziamente figurare, nei confronti di terzi, una determinata disponibilità sul conto medesimo con tutti i conseguenti vantaggi connessi alla esistenza del rapporto in questione, cui si accompagna il danno della banca che deve dar luogo ad iniziative comportanti dispendio di tempo e denaro una volta verificata la non negoziabilità dei titoli accreditati.
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Da: annunciata82  11/12/2013 15:08:12
napoli consegna alle 17.30
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Da: sorelladifratello11/12/2013 15:09:22
grazie bluas!!!!
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Da: pampaciune 11/12/2013 15:11:37
Non so eh, ma se vi riducete a copiare paro paro 'sti pareri per risolvere la prima traccia, secondo me vi segano all'istante. È di una facilità disarmante.
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Da: Bluas11/12/2013 15:12:00
agli amici napoletani e non
FORZA NAPOLI
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Da: Tartufon11/12/2013 15:13:21
grazie B.
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Da: Pasqualina54 11/12/2013 15:15:23
Postate lo svolgimento della 2 traccia?
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Da: Unabomber11/12/2013 15:17:13
La soluzione di blauss mi pare la più corretta sino ad ora...siete d'accordo? O mi sbaglio?
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Da: pask00000011/12/2013 15:18:15
ma gli art 186 e 187 del cds si applicano entrambi. oppure no?? sono reati contravvenzionali giusto
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Da: Avvcivpengiu11/12/2013 15:19:45
Scusate ma l'incidente quando si è verificato?
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Da: Bluas11/12/2013 15:20:03
grazie a te sorella-
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