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DIRIGENTE TECNICO MIUR
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Da: MARCUS 20/06/2012 21:23:19
Spending review:
i telefoni della p.a. «saranno abilitati esclusivamente alle chiamate urbane, ferma restando l'assegnazione al personale dirigenziale delle utenze abilitate alle chiamate nazionali e verso direttrici mobili, nonché‚ alle chiamate all'estero per i soli Direttori».
Ciascun dirigente sarà responsabile per le spese derivanti dall'utilizzo delle linee assegnate.

Cosa significa, in pratica per la scuola?
Significa che se tu devi chiamare un genitore per comunicazioni urgenti che riguardano suo figlio, siccome quasi tutti sono rintracciabili ad un numero di cellulare, dovrai chiamarlo dal tuo cellulare.
Certamente lo Stato risparmia, tu non tanto.
Rispondi

Da: OLTRE LORIZZONTE20/06/2012 21:36:37
.... " Al termine delle nuove verifiche, la non ammissione alla classe successiva dei cinque alunni potrá essere confermata solo se i docenti forniranno motivazioni giudicate valide dall'Ufficio scolastico regionale"....

rimane che le motivazioni devono essere supportate adeguatamente ricomprendendo il criterio della eccezionalità. Poiché questo criterio dovrà essere evidente, non credo che vi possa seguire la bocciatura di 5 alunni nella stessa classe, questo farebbe venire meno il criterio della eccezionalità. Qualcuno potrebbe eccepire che può capitare una tale concentrazione di casi 'border line', ma in questo caso scatterebbe  la questione relativa alla distribuzione dei bambini nella varie classi, salvo che non ve ne sia solo una di sezione.
A noi del forum mancano molti elementi per poter approfondire adeguatamente il caso; accenno ad altre questioni: il percorso di accompagnamento svolto durante l'anno scolastico con tutti gli attori interessati (equipe, genitori, comunità scolastica, servizi comunali, parrocchia, scuole dell'infanzia frequentate, ecc.); la condizione famigliare e il relativo accompagnamento della famiglia - si possono ingenerare situazione di deprivazione culturale famigliare, in tal caso bisogna fare attenzione alle azioni da intraprendere; il lavoro svolto dall'equipe pedagogica e da tutta la scuola; l'analisi continua di avvicinamento alla soluzione attraverso un processo condiviso senza lasciar sola la famiglia; l'analisi dei tempi di recupero sulla scala temporale più ampia dell'anno scolastico, ovvero su base biennale o addirittura quinquennale. Da questa breve analisi rimane chiaro che il caso è estremamente interessante ma anche, per noi, carente di informazioni adeguate.
Rispondi

Da: TIP TAP21/06/2012 08:45:01
Vedo che il caso di Pontremoli suscita molta animazione. Frequento saltuariamente il forum e su questo punto vorrei dire la mia. Premesso che la "bocciatura" va intesa in senso positivo, cioè come occasione per ritornare ad approfondire ciò che nonostante l'attività svolta non è stato appreso (... conoscendo un pò il mondo della scuola primaria non credo affatto che le maestre abbiano assunto tali decisioni a cuor leggero o tanto per "dare un segnale" di serietà), nel caso di una prima classe, se alla fine dell'anno un bambino non è in grado di leggere una parola nè tantomeno di sriverla correttamente (perchè presumo si tratti più o meno di questo livello) che senso ha far proseguire un percorso che vedrà scavare anno dopo anno un fossato sempre più grande con i compagni che tali strumentalità hanno acquisito? (chi ha insegnato alla scuola primaria sa bene che certi apprendimenti si consolidano nei primi anni  e dopo è estremamente dificile recuperare).
L'effetto di questa, come di altre storie, sarà quello di far perdere ancora più fiducia e credibilità nel lavoro degli insegnanti che saranno ancora di più portati a dire "... ma chi melo fa fare?" ... promuoviamo tutti e andiamocene in vacanza in santa pace.
Dimenticando che un atteggiamento di buonismo (non mi viene un termine meno abusato) e di comprensione rivolto al mondo intero (l'insuccesso è colpa della società, delle condizioni familiari, dello Stato) alla fine si ritorce proprio su quegli individui che si intende tutelare perchè, piaccia o non piaccia, fuori dalla scuola c'è un mondo (certamente da riscrivere) ma al momento fuonziona come funziona e quello che non vuole o non riesce a fare la scuola, lo farà l'esterno (che lavoro troverà un ragazzo che non riesce a padroneggiare adeguatamente le abilità di base? Quale azienda lo assumerà?) Perciò se un gruppo di persone con una serietà professionale alle spalle ritiene di far tornare un alunno a ripercorrere un itinerario didattico che non ha fatto proprio, credo sia un cosa di buon senso, ma di questi questi tempi è meglio il "liberi tutti".
Saluti
Rispondi

Da: Bia. 21/06/2012 09:17:21
Certo si può iniziare a "riscrivere"il mondo dai bambini di 6 anni...e magari figli di nessuno.E' molto più facile per tutti e permette agli insegnanti di pensare di  aver anche adempiuto ad un obbligo etico e taumaturgico per preparare i giovani alla rude vita dei forti.Un po' come la rupe Tarpea!Il vero buonismo è l'adesione incondizionata al mito della forza della potenza e della prepotenza.La Scuola dovrebbe essere un luogo di resistenza e di divergenza e non di passiva adesione alle mitologie tecnocratiche.A volte sembra che secoli di lotte e milioni di vittime...reali o sociali...siano stati solo nafta nel mare!
Rispondi

Da: TIP TAP21/06/2012 10:18:32
Cara Bia ti leggo sempre con molta attenzione.
Però spiegami.
Perchè parlando di un tema molto particolare (un ragazzo che all'interno di un percorso formativo non ha raggiunto certe concoscenze propedeutiche per il prosieguo e che magari ha solo bisogno di più tempo per recuperarle ed essere poi sullo stesso piano degli altri in termini di opportunità di crescita) salti subito ai "massimi sistemi", alla "rupe Tarpea", "ai milioni di vittime" ecc.?
Rispondi

Da: Bia. 21/06/2012 13:39:52
@TIP TAP
Grazie per l'attenzione.
Alcune questioni rischiano sempre di apparire retoriche o politiche.In realtà non lo sono.La rupe Tarpea era la tecnica di selezione.Le lotte...civili sociali sindacali...un modo per opporsi alle selezioni vuoi economiche sociali...le vittime il frutto dello scontro tra chi riteneva avere il potere di selezionare e chi era oggetto di selezione...e non credo sia questo il luogo ove aprire una discussione sulle passate e presenti tecniche di selezione gestite dai poteri per il potere.Nello specifico della Scuola io appartengo a "quelli"di Don Milani.
"Perché l'eguaglianza non resti un sogno
proponiamo tre riforme:
I. Non bocciare
II. A quelli che sembrano cretini dargli la
scuola a tempo pieno
III. Agli svogliati dargli uno scopo"
Ma se questo dovesse ancora apparire solo retorica appartengo a "quelli "della Costituzione.
art.3 comma 2
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
E se dovesse anche questa apparire obsoleta e retorica appartengo a "quelli"dell'autonomia.
Art. 4 dpr 275/99
Autonomia didattica
1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell'articolo 8 concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di
ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo.
2. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di
apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l'altro:
a) l'articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività;
b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della lezione e l'utilizzazione, nell'ambito del curricolo obbligatorio di cui all'articolo 8, degli spazi orari residui;
c) l'attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell'integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104;
d) l'articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso;
e) l'aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.
se queste cose non sono chiacchiere la bocciatura è un fallimento del sistema.
Ma le Scuole continuano a dire che sono gli alunni incapaci.
Rispondi

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Da: rosso perceval 21/06/2012 15:09:45
Sono perfettamente d'accordo con Bia. Gli insegnanti bocciano se stessi quando bocciano gli alunni. E questo è un principio nel quale ho sempre creduto, come studente, come genitore e come docente.
Rispondi

Da: Trevize21/06/2012 17:26:40
Da maestro di lungo corso, sulla scuola di Pontremoli e senza indulgere in luoghi comuni.
Premessa storica: non sentivo parlare di bocciature di massa dai tempi delle mie elementari, 40 alunni di quinta con una decina di bocciati all'esame, diversi dei quali già bocciati in altre occasioni. Non sono nemmeno tanto anziano, Hammurabi era già defunto. Era una scuola classista, lo dichiarava senza vergogna e produceva una accettabile elité culturale e dirigenziale: i miei compagni bocciati di quell'anno erano serenamente teppisti e quando ti scontravi con loro ti facevano vedere almeno un coltello a serramanico, accompagnato dalla frase fatidica "ti aspetto fuori".

Abbiamo cambiato per includere anche quei bambini e tutti (tanti) lo abbiamo creduto giusto e necessario e so di scuole di frontiera dove i colleghi fanno miracoli in situazioni degradate, perché credono nella forza e nel valore della educazione e della istruzione; quando cominciai io ad insegnare, in molti pensavamo che l'istruzione fosse uno strumento rivoluzionario, che si potesse cambiare il mondo.

Come maestro ho sempre vissuto con bambini anche molto piccoli; ancora adesso resto meravigliato e incredulo, come se fosse la prima volta, nel vedere il viso felice dei bambini che magari scoprono d'improvviso di saper leggere, di avere superato una difficoltà, di avere fatto una scoperta che "non conosce nessuno". Per questo condivido molte delle osservazioni che leggo ma non voglio citare con facilità Don Milani: si rivolterebbe nella tomba nel vedere come siamo messi dopo 50 anni: e quanto lo citiamo a sproposito in molte situazioni.

Il punto della questione è un altro e di Pontremoli non faccio scandalo perché è arrivato il momento di chiedersi che scuola vogliamo praticare nelle nostre aule; è arrivato il momento di chiedersi che peso hanno le parole inclusione, integrazione, multiculturalità e a quali scelte ci conducono (noto che nella bozza delle Nuove Indicazioni queste parole sono magicamente espunte se non in perifrasi da scorgere tra le righe). Dobbiamo risolverci a scegliere cioè tra una scuola competitiva e necessariamente selettiva con qualche attenzione "alla massa" ma poco più (riforma Moratti?) e una scuola inclusiva in cui invece si rinuncia di fatto alla competizione individuale per coltivare un apprendimento di matrice sociale, condiviso, che non toglie alle eccellenze ma ha come primo compito portare in fondo quanti più ragazzi è possibile (non uno di meno, se preferite). Darò scandalo: per brutta che sia, la riforma Gelmini della secondaria di secondo grado io la leggo così e se sbaglio, mi perdonerete perché frequento bambini e non ho grande esperienza di superiori.
Dopo di che, va sostenuto il peso di quella scelta con coerenza.

Opinione per chiudere: non ho elementi per mettere in croce la scuola di Pontremoli e le colleghe che hanno operato quella scelta; ma dato statistico a parte, e da esperto di modelli di insegnamento apprendimento della lettoscrittura, so come dato certo che quelle competenze in situazioni di svantaggio maturano con maggiore lentezza e nella scuola primaria ci si danno anche due anni di tempo per accertare un reale deficit di apprendimento.
Salutoni a tutti/e
Rispondi

Da: finalmente!21/06/2012 17:31:09
Con tutto il rispetto per gli interventi precedenti, mi viene in mente quel tizio che dava cinque euro alla moglie e voleva trovare un bel pranzo.
Rispondi

Da: Trevize21/06/2012 17:47:32
Con tutto il rispetto per l'illustre collega, la scuola non è soltanto una questione di fondi.
Rispondi

Da: finalmente!21/06/2012 17:53:21
non è soltanto questione di fondi. Ok!
Rispondi

Da: rosso perceval 21/06/2012 17:53:53
Infatti. Un buon piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino costa anche meno di 5 euro, e soddisfa qualsiasi appetito. Aver rinunciato a selezionare gli insegnanti, per "promuoverli" tutti, è ciò che ha generato i mostri, non gli stipendi che dai ai "cuochi".
Ma comunque, un conto è discutere di principi, altro di norme. E mi pare più che evidente che quello di Pontremoli non è un caso che può essere gestito da un punto di vista "tecnico".
Rispondi

Da: rosso perceval 21/06/2012 18:28:45
A proposito di luoghi comuni. Non c'è alcuna corrispondenza dimostrabile tra una scuola classista e la formazione di una accettabile classe dirigente o quadri intermedi che dir si voglia.
È come la storiella della cicogna. Nei paesi nordici le cicogne facevano di preferenza il nido sui camini delle case dove erano appena nati dei bambini. Perché? Perché erano in genere case più riscaldate e quindi anche i camini erano più confortevoli per quegli uccelli.
Ovviamente qualcuno poteva anche credere che ci fosse un altro nesso tra cicogne e neonati.  Così come qualcuno può ancora credere che ci sia un nesso tra classe dirigente e scuola classista.
E comunque, per usare un'altra metafora, il livello qualitativo di una scuola è come una botte, che si riempie fino al livello della doga più piccola, non di quella più alta.
Rispondi

Da: Trevize21/06/2012 19:06:11
@ rosso
Solo per dire, in autotutela, che non intendevo sottolineare una relazione tra la scuola classista e la classe dirigente: intendevo dire che la scuola di 40/50 anni fa aveva entrambe quelle caratteristiche. Se ci fosse relazione, non sono in grado di dirlo.
Semmai potremmo aprire un altro dibattito sulle caratteristiche che ha la scuola che frequentiamo/proponiamo noi ma è un altro paio di maniche e bisognerebbe ripartire dal tuo post precedente, che condivido, a proposito della selezione della formazione iniziale degli insegnanti.
Rispondi

Da: rosso perceval 21/06/2012 19:16:56
x Trevize
ho solo preso spunto dal tuo post, avevo ben capito. Ma in giro c'è aria di nostalgie del passato, del tipo quando c'era lui i treni viaggiavano in orario e cose del genere.
Rispondi

Da: Bia. 21/06/2012 19:19:23
Credo anche sulla formazione in servizio dei docenti così come delle "valutazioni".Entrambi argomenti ignorati dal grosso delle scuole.
Un aforisma:
Una docente della mia scuola su Vales:Non lo accettiamo perchè non ha criteri giusti e condivisi!
Ragionamento:Vabbè...ma nelle valutazioni anche i nostri alunni non condividono i criteri di partenza e spesso magari li trovano ingiusti.
Risposta:Si ma noi lo facciamo per il loro bene.
Ecco questa visione "etica" non può essere autoreferenziale ma deve appunto essere condivisa dall'intera comunità.
Insomma a mio parere la Scuola è messa male e confesso di temere per i miei figli.Quello di Pontremoli è solo il caso che è venuto fuori ma ogni scuola ha spesso la sua Pontremoli.God save the school!

Rispondi

Da: rosso perceval 21/06/2012 19:35:21
Formazione in itinere? E cos'è?
In questi anni mi sono reso conto che tutti, o quasi, i colleghi che ho conosciuto, fanno i professori "a memoria". Ciò scimmiottano quello che ricordano facevano i loro docenti di trenta o quaranta anni prima. Il vero grande scandalo della scuola italiana, (e parlo per le superiori perché forse negli altri gradi le cose vanno meglio) è proprio la didattica.
Ma, viene da chiedersi: chi ha insegnato agli insegnanti italiani ad insegnare? Mai nessuno.
Rispondi

Da: rosso perceval 21/06/2012 19:46:46
E il nostro ministero che gongola per il plico telematico.
Cioè?
Sono riusciti a mandare un'e-mail alle scuole!
Ma stiamo scherzando?
Rispondi

Da: Stefano 21/06/2012 20:57:10
ciao ROSSO
sono d'accordo, credo che le competenze disciplinari di molti docenti siano minime, questo problema mi sembra che sia anche uscito fuori nella nostra terza prova.
Per gli insuccessi degli studenti che sono insuccessi nostri credo che sia vero per elementari e medie, per le superiori c'è il problema che non esiste nessuna selezione o barriera all'ingresso, i genitori possono iscrivere a qualsiasi scuola un figlio senza basi, senza motivazioni e prescindendo dalle capacità, poi i miracoli non li fa nessuno e argini la dispersione abbassando il livello. Credo che le scuole dovrebbero fare orientamento vero e non consigli per gli acquisti.
Ciao Ste
Rispondi

Da: Bia. 21/06/2012 21:19:13
Il problema c'è anche alle superiori seppur abbia caratteristiche diverse.La recente riforma...seppur con i dovuti limiti...impone alle scuola una visione diversa della relazione insegnamento-apprendimento da sviluppare non più in termini di conoscenze (ri-ripetere le stesse cose) ma in termini di competenza con tutte le contraddizioni del caso.Le discipline perdono i confini e diventano sentieri da percorrere e tutte le attività dovrebbero essere pensate in maniera diversa in termini di creatività di interattvità di laboratorialità etc....capisco che possono essere solo parole ma danno coordinate diverse....e anche la fatidica e misteriosa valutazione cambia pelle e conosciamo le indicazioni ministeriali....al di là delle parole veniva richiesto alle scuole uno sguardo nuovo...per sentito dire....per esperienza....pochissimi si sono posti il problema...nessuna o pochissima formazione in merito...con il risultato della continuazione a fare le cose che si facevano sempre nello stesso modo e certificando le competenze trasformando i voti (i vecchi voti) in livelli di competenze.Per chiudere.Abbiamo difficoltà a capire che il mondo è cambiato e cambia continuamente mentre noi continuiamo a fare i giapponesi nelle isole del pacifico.Ritengo....e insegno da 27 anni...che il problema della Scuola non siano gli alunni...anzi loro sono la risorsa...ma siano gli insegnanti...senza alcuna cattiva fede nell'esserlo...ma il cuore del problema è quello.
Rispondi

Da: già rossa....21/06/2012 21:19:29
Non senza volerlo ho sollevato un bel dibattito sul caso di Pontremoli ed ho finalmente letto interessanti interventi! ah, son contenta!
vorrei, se riesco a farmi comprendere, esternare una triste riflessione sul cavallo di battaglia del mio insegamento e citato egregiamente dal grande Bia ( insegno diritto alle superiori): art 3 ,comma due , della Costituzione: compito della repubblica rimuovere.........
Quanto sentimento vi ho sempre profuso, quanta vis morale ho fatto scaturire da quei principi..
Eppure oggi mi ritrovo di fronte ad ex alunni, ormai uomini, che hanno fatto percorsi scolastici facili e banali  e si  sono inseriti in posti chiave delle pubbliche amministrazioni e/o  di altri settori, ma che, non avendo avuto alle spalle nè famiglia,nè chiesa, nè partito politico non hanno potuto affiancare alla cultura ricevuta  dei sani principi morali e vivono approfittando del ruolo e del potere che la facile cultura democratica del paese gli ha permesso di conquistare!
La grande corruzione del nostro paese è frutto anche della faciltà dei percorsi scolastici....credo!
Rispondi

Da: Bia. 21/06/2012 21:29:34
Grande nel senso di vecchio...presumo!!
Noi non sappiamo mai gli esiti delle vite...è all'imprevisto che gli dei aprono le porte (Ifigenia)...e non credo che a fare carriera siano solo i bravi o quelli che hanno avuto istruzioni rigide nè che questi poi gestiscano il potere eticamente nè il contrario.Penso che il dilagare del potere e della prepotenza e dei connessi provenga da una smania di possesso che forse prima era frenata da qualche credo (politico-religioso) oggi con la caduta dei miti e dei riferimenti etici e ideologici viviamo tutti in un eterno presente...abbiamo dimenticato il passato e non pensiamo al futuro...vogliamo tutto e subito.La Scuola risente pesantemente di questo "clima occidentale" non facile da affrontare per nessuno.
Rispondi

Da: OLTRE LORIZZONTE21/06/2012 23:04:00
Emergono i diversi punti di vista, le diverse ottiche con cui si guarda al problema delle bocciature di Pontremoli. Alcune questioni procedurali: tutti i punti di vista vanno tenuti in debito conto e considerati ai fini di un'analisi volta alla soluzione di un problema dell'amministrazione. Ricordiamoci che quando ci si riferisce ad un terzo (giudice o altro), la scuola tutta ne esce sconfitta su tutti i livelli. Pertanto, sta a tutti noi risolvere un problema di apprendimenti, se no chi dovrebbe risolverli?, se non è la scuola a risolverli, perché dovrebbe esistere? se il medico non riesce a risolvere i problemi del malato perché dovrebbe esistere?
Certamente la questione della visione della scuola è centrale nel lavoro che facciamo, rimane dietro le spalle di ognuno di noi cosa ha rappresentato, se è stata vissuta come l'unica opportunità che si presentava oppure come qualcosa di dovuto, di scontato o di sopportato. Se vale la prima esperienza non può che essere trasfusa positivamente alle future generazioni con la consapevolezza che ciò dovrà essere il tributo da restituire alla società. Sulla questione della selettività mi esprimo in modo abbastanza semplice: "un ragazzo una mattina dei primi di ottobre, si presenta al cancello della refezione delle suore dove venivano distribuiti profumati panini sfornati di fresco e formaggini della Susanna; si veniva sorteggiati o chiamati a ricoprire i posti degli assenti (eletti). Quella mattina, con un guizzo riuscimmo a eludere la stretta sorveglianza e ad entrare nella refezione; appena seduti fummo presi per le orecchie e buttati fuori". Fu una sconfitta, ma ci ripromettemmo, forse solo io, che avremmo lottato per conquistarci un posto o forse per riscattare tanti episodi simili. Allora se intendiamo la scuola come luogo dell'inclusione in tutti gli istanti della nostra giornata, della nostra vita, allora la risposta è facile, altrimenti il cammino sarà in salita, con continue oscillazione intorno al concetto della selezione.
Rispondi

Da: dt22/06/2012 09:38:54
avete letto?
Rispondi

Da: franz_z22/06/2012 09:53:42
Non comprendo questo stracciarsi levesti e questo clima da caccia alle streghe. Se la scuola è chiamata a "certificare" o comunque "attestare" il raggiungimento di determinati obittivi, per quale ragione dovrebbe promuovere senza averli raggiunti? Preferiamo che si certifichi il falso, così la coscienza e l'art.3 della Costituzione sono salvi?

Per favore, poi, smettiamola con i logori piagnistei "la scuola che boccia boccia se stessa".... ma via, sono luoghi comuni non degni di futuri ispettori. E la scuola che promuove chi non ha imparato cosa fa? Promuove lo studente o si limita a promuovere se stessa?
Rispondi

Da: rosso perceval 22/06/2012 10:14:18
Il problema è proprio questo. Gli allievi che vanno bene a scuola o sono dotati di loro o hanno genitori che li aiutano. I docenti si limitano ad osservare se fanno progressi o meno. Questa è tutta l'attività didattica di cui sono capaci.
Rispondi

Da: finalmente!22/06/2012 10:33:21
Temini per le vacanze:
Per i futuri DT "Il caso Pontremoli. Il candidato dica come va a finire".
Per gli aspiranti giornalisti "Il candidato dica il punto di vista dei genitori, quello degli insegnanti, quello del dirigente scolastico, della direzione regionale, del ministero".
Per tutti "Il caso Pontremoli dieci  anni dopo. Che ne è degli alunni,
prosciolti dell'obbligo scolastico".
Buon lavoro a tutti.
Rispondi

Da: franz_z22/06/2012 10:36:38
Vi state sbagliando ... la scuola "classista" fino (diciamo) agli anni '70-80 ha consentito una mobilità sociale enormemente maggiore di quella ottenuta successivamente, con la scuola "inclusiva".

Il figlio dell'operaio o del contadino che che, ancora negli anni '70-'80 conseguiva un semplice diploma in ragioneria di medio livello conseguito in linea di massima conosceva più che accettabilmente la contabilità, i rudimenti di diritto, il calcolo degli interessi, etc. .... e aveva una dignitosa cultura generale di carattere storico-letterario. Il datore di lavoro sapeva grossomodo cosa aspettarsi e si fidava. I diplomati in ragioneria con buoni voti entravano subito in banca. Gli altri si arrangiavano in un negozio un'azienda un commercialista. Ne ho conosciuti tantiu così, di umile origine, che hanno studiato con fatica e spesso con sacrificio, hanno imparato (un bel po' di cose) e grazie a quelle hanno potuto svolgere un lavoro "migliore" dei genitori.

Un diplomato medio in ragioneria attuale, invece, in molti casi non sa quasi nulla. Ho dovuto prenderne atto l'anno scorso in commissione d'esame. Non sa che cosa sia il parlamento che cosa sia la partita doppia e che cosa abbia scritto Leopardi. Abbiamo "inclusivamente" diplomato un mare di ragazzi che
- non potranno mai e poi mai in concreto fare decentemente l'università;
- non troveranno mai un lavoro decente con le competenze che hanno acquisito, perché di competenze serie non ne hanno acquisite.

In ultima analisi, salvo l'aspetto di socializzazione, questi ragazzi hanno buttato 5 anni e noi come commissione abbiamo dichiarato ragionieri un sacco di ragazzi che non erano neppure lontanamente
in grado di fare i ragionieri.

Cosa faranno dunque? Qualcuno il barista, qualcuno il tassista, qualcuno il negoziante, i più fortunati potranno entrare in comune o al catasto con la spintarella dello zio. Eccola qui la scuola inclusiva.
Rispondi

Da: Bia. 22/06/2012 10:39:01
Nessun piagnisteo e nessuna caccia alle streghe e nessun ispettore peraltro non più previsto dalle vigenti normative e ideologicamente lontano dai nuovi ragionamenti sui modelli sociali in generale Scuola compresa ma soltanto l'applicazione della legge art.3 comma 2 della Costituzione compresa.
Il problema è esattamente questo in generale le scuole fanno carta straccia delle leggi (quando queste sono conosciute) e interpretano il loro ruolo (i docenti)quali certificatori dimenticando o ignorando che a monte e prima di una "certificazione" c'è un mondo intero non frutto di retoriche populiste ma disciplinato da Leggi della Repubblica.
E credo non sia il caso in questa sede ricordarle.
La verità vera è che i docenti conoscono forse le discipline che "insegnano sempre nello stesso modo" da 30/40 anni e sconoscono anche se in buona fede sociologia psicologia filosofia dell'educazione didattica pedagogia diritto etc etc....immaginando di essere con la loro disciplina il centro del mondo.
Non è così!Il ruolo dei Ds e delle Istituzioni in genere dovrebbe essere quello di implementare le conoscenze dei docenti formandoli in continuazione cosa che peraltro avviene in altri contesti europei.
I docenti conservano un'aurea autoreferenziale grigia ormai disconosciuta dalle famiglie dagli alunni dallo Stato...ci credono solo loro.
Se i livelli di dispersione in Italia sono elevatissimi principalmente nei professionali e nei tecnici una ragione ci sarà e le Scuole (ma non solo le Scuole)hanno il dovere di interrogarsi sul perchè e i cittadini (non gli ispettori) hanno il diritto di chiederne conto.Io la penso così.
Rispondi

Da: franz_z22/06/2012 10:42:04
Mamma mia .... un concentrato di livore in salsa berlingueriana.
Rispondi

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