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Quanti di voi sono avvocati ma hanno lasciato per un concorso pubblico?
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Da: eccellenza avvocatizia22/03/2016 16:34:09

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Parcelle legali: istruzioni per l'uso
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22 mar 2016
Speciale tariffe
Parcelle legali: istruzioni per l'uso
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Per la prima volta in Italia, i costi della consulenza sono messi a nudo. Ipo, M&a e finanziamenti le aree più remunerative. Lavoro e contrattualistica le meno retribuite. A staccare le parcelle più alte sono le aziende del Luxury and fashion. TopLegal presenta il primo position paper sul fee benchmarking

TopLegal ha realizzato il primo position paper sul benchmarking della spesa legale. Uno strumento pilota, da oggi disponibile online, che rappresenta un'opportunità importante per ridurre le asimmetrie informative sul costo delle consulenze. In Italia, infatti, non ci sono parametri oggettivi a cui fare riferimento per la determinazione di quanto sia giusto pagare i servizi legali. Questa lacuna rende ogni valutazione compiuta dalle direzioni affari legali soggettiva, minando l'efficienza del mercato.

Il position paper è la risultante di un'indagine compiuta da TopLegal presso 62 direttori o responsabili affari legali, appartenenti ad aziende operanti in settori eterogenei ed equamente rappresentanti le differenti tipologie d'impresa (20 aziende italiane, 22 aziende italiane con sedi all'estero e 20 branch italiane di aziende internazionali).

Per arrivare a individuare un campione rappresentativo del mercato, l'indagine è stata realizzata attraverso un campionamento a due stadi: in un primo momento è stata fatta una suddivisione per industry di appartenenza e successivamente si è estratto da ogni singola porzione un numero definito di soggetti appartenenti alle differenti tipologie d'impresa. Si è così arrivati a determinare un campione eterogeneo.

Dentro la ricerca
Analizzando i risultati dell'indagine, emerge che la maggioranza del campione (55,7%) negli ultimi tre anni ha avuto a disposizione una capacità di spesa media da dedicare all'outsourcing legale superiore a 1 milione di euro in ambito civile e minore di 250.000 euro (68,9%) in ambito penale. Ed è proprio in quest'ultimo ambito che la tariffa oraria rimane largamente diffusa: il 53,8% del campione dichiara di utilizzarla. Negli altri ambiti consulenziali, invece, domina il forfait.

Dovendo scegliere a quale tipologia di studio affidarsi, gli studi più utilizzati in maniera trasversale sono gli studi italiani top-tier, che si tratti di full-service o boutique. La scelta ricade sugli studi internazionali inglesi  per l'area dei finanziamenti (29%); mentre sono favoriti gli studi monopractice per questioni lavoristiche o fiscali.

Analizzando le risposte in base ai settori di appartenenza le aziende del settore Luxury and fashion risultano avere la capacità di spesa maggiore (valore medio = 393,8 euro) registrando il valore massimo per le operazioni Ipo e i finanziamenti, mentre il valore minimo si attesta nella governance.

Seguono, in ordine alla tariffa oraria applicata, le seguenti industry: Servizi (valore medio = 371,0 euro), Real estate (valore medio = 370,0 euro), Energy (valore medio = 350,5 euro), Food & Bevarage (valore medio = 342,2 euro), Finanza, banche e assicurazioni (valore medio = 311,7 euro) e Farmaceutico e medicale (valore medio = 308,0 euro).

L'industry Tmt risulta invece essere il settore al quale vengono applicate le tariffe orarie più basse (valore medio = 282,9) registrando il suo valore massimo per le operazioni di M&a e Ipo (seguendo il trend) e il valore minimo per la consulenza lavoro, pagata in media 175 euro l'ora.

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Da: 23/03/2016 20:35:58
              
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Da: nuova legge24/03/2016 06:05:42

AVVOCATI: Anai: sì a proposta su compensi equi (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Anai: sì a proposta su compensi equi

L'Associazione nazionale avvocati italiani accoglie con grande favore la proposta di legge della parlamentare Camilla Sgambato che prevede la nullità dei patti che fissano compensi ridotti e non equi.
Secondo il presidente dell'Anai, Maurizio de Tilla, nella nozione di "lavoro" deve includersi, accanto al lavoro subordinato, anche il lavoro autonomo. Va dunque nella giusta direzione la proposta di modificare l'articolo 2233 del Codice civile, che prevede clausola di nullità per i patti stipulati in violazione del secondo comma del medesimo articolo, che rendano evidente uno squilibrio di diritti e obblighi.
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Da: crisi giovani avvocati25/03/2016 07:36:31


Dopo il grido d'allarme lanciato dal presidente degli avvocati bergamaschi e dell'Unione Lombarda Ordini Forensi Ermanno Baldassarre, sulle difficoltà che vive la categoria con la crisi economica, abbiamo incontrato Daniela Marchiori, portavoce della sezione giovani dell'Associazione Provinciale Forense di Bergamo.
Quanti sono i giovani avvocati a Bergamo? E qual è la percentuale rispetto al totale degli iscritti all'Ordine?
"A Bergamo gli iscritti all'albo sono 2.348 di cui 1.863 avvocati e 485 praticanti; di questi 1.863, 546 hanno meno di 40 anni (30% dei nostri iscritti); i restanti 1300 circa hanno più di 40 anni. Se si considera l'età di 45 anni, la situazione cambia e si arriva quasi alla metà degli iscritti".
Quali sono i problemi che incontrano oggi i giovani avvocati?
"Il percorso professionale di un giovane che si affaccia alla professione forense è diventato particolarmente difficile per svariati motivi. Il primo è di sicuro la crisi che ha colpito tutte le attività economiche; tuttavia, credo che rispetto alle altre professioni, l'avvocatura stia scontando il prezzo di un lungo periodo in cui il numero degli avvocati è cresciuto in maniera esponenziale. Basti pensare che nel 1974 gli avvocati erano 261 mentre oggi siamo in più di 2000. Chi paga le conseguenze di tale crescita siamo ovviamente noi giovani. Il problema più sentito è sicuramente quello economico che riguarda non solo il giovane avvocato, ma anche e soprattutto il praticante, che, nella maggior parte dei casi, viene remunerato gran poco o per nulla".
Perché?
"La nostra è una professione che prevede un lungo periodo di tirocinio, equiparabile tranquillamente a qualunque altro stage, tuttavia non retribuito. È l'unica professione in cui viene chiesto al giovane neo laureato di lavorare anche 10/12 ore al giorno, il più delle volte ricoprendo in buona parte mansioni di segreteria, senza essere ricompensato/retribuito. Il praticante giunge quasi sempre al compromesso: "visto che tu mi insegni il lavoro, io non ti chiedo di essere retribuito", anche se i costi che deve affrontare non sono pochi".
Facciamo degli esempi? Quali sono i costi?
"Penso ai codici per l'esame di stato, la scuola per l'abilitazione alla professione, l'iscrizione all'albo, l'iscrizione ad una associazione. Solo per citarne alcuni".
Quali sono le difficoltà in cui si imbatte un giovane avvocato?
"Il primo ostacolo è trovare clienti, poiché il bacino è sempre lo stesso. È come se il numero di commensali triplicasse e la torta fosse sempre la stessa. Altra problematica che è una logica conseguenza della questione economica, è la difficoltà di mettersi in proprio. Una volta che si è conseguita l'abilitazione all'esercizio della professione, ci si trova di fronte all'inevitabile scelta di rimanere nello studio in cui si è iniziata la pratica, se si ha il privilegio di essere tenuti. Molti sono infatti i casi in cui un neo avvocato viene lasciato a casa dall'oggi al domani perché ha conseguito il titolo ed è quindi giunto il momento di essere pagato".
Scusi i termini, ma questa è un'ingiustizia. Non crede, proprio per una professione come la vostra?
"Sì, concordo pienamente. Credo che uno studio dovrebbe considerare un collaboratore come un valore aggiunto e non come un potenziale concorrente o una risorsa inutile".
È sempre stato così? O qualcosa è cambiato rispetto ad alcuni anni fa, per esempio prima della crisi economica?
"Sicuramente il numero di avvocati ha determinato una maggiore concorrenza, che ritengo sia un grosso stimolo per accrescere le proprie competenze e la propria professionalità. Tuttavia, il maggior numero ha determinato anche una certa diffidenza che la popolazione ha verso i giovani avvocati; le persone preferiscono infatti rivolgersi all'avvocato con 20 anni di lavoro alle spalle, anziché ad uno con 3 o 4 anni di anzianità. Credo che anzianità non sia sempre sinonimo di esperienza ed ancora meno sia sinonimo di aggiornamento".
Da giovani avvocati, come avete affrontato la crisi economica?
"Noi giovani avvocati possiamo vedere nella crisi anche aspetti positivi, nel senso che siamo nati professionalmente in un periodo in cui c'era già, siamo quindi abituati a conviverci e siamo stati educati e cresciuti nell'ottica di ottimizzare le risorse a nostra disposizione, nell'ottica di non sperperare quanto riusciamo a guadagnare con gran fatica ed impegno e di fare di buono ciò che di poco abbiamo. Questo è di sicuro uno dei nostri pregi poiché siamo in grado di adattarci ad ogni situazione e, non essendo mai vissuti nell'oro e nel periodo delle cosiddette "vacche grasse" non ne sentiamo nemmeno la mancanza".
Come pensate di porre rimedio a questa situazione a livello collegiale?
"Attivarsi concretamente e con convinzione per risolvere questi problemi potrebbe essere un buon punto di partenza, così come sta facendo l'Associazione Provinciale Forense, della quale faccio parte in qualità di portavoce della sezione giovani. La nostra Associazione, per esempio, sta elaborando delle linee guida per garantire la formazione del praticante, linee che assicurino la crescita di un professionista preparato per il futuro".
Ci sono altre misure che potrebbero essere prese per aiutare il vostro settore professionale?
"Ridurre il numero di avvocati è sicuramente una delle soluzioni, alla quale ci si potrebbe arrivare inserendo ad esempio il numero chiuso alla facoltà di giurisprudenza, limitando il numero di praticanti che un dominus si può permettere, formare in maniera concreta un praticante".
Consiglierebbe ad un giovane di intraprendere questa professione o vista la crisi lo indirizzerebbe verso altri settori?
"Premetto che c'è una grossa differenza nel dire "faccio l'avvocato" e "sono un avvocato". La nostra non è solo una professione, ma è un vero e proprio stile di vita, una vocazione in quanto ci troviamo a dover tutelare i diritti ed a risolvere i problemi delle persone, problemi che possono cambiare la loro vita. Ciò comporta ovviamente delle grosse responsabilità e se un giovane intraprende questo percorso solo per far soldi, non è il mestiere giusto per lui. Bisogna infatti rendersi conto che viviamo in un momento diverso rispetto al passato. Quindi, consiglio la professione solo a coloro che hanno la tenacia, la convinzione, la volontà di fare enormi sacrifici ed il desiderio di affrontare quotidianamente i problemi di tutti".
Rispondi

Da: schiavetto di studio26/03/2016 18:37:57
http://www.bergamonews.it/2016/03/17/praticante-avvocato-schiavo-maltrattato-intervenga-lordine/218601/




L'inchiesta di Bergamonews sulla crisi degli avvocati, che ha fatto emergere in particolare le difficoltà dei più giovani che si avvicinano a questa professione, si arricchisce di un nuovo grido d'allarme, di più, di una vera e propria denuncia di sfruttamento di un praticante a Bergamo. Ecco la lettera inviata al presidente dell'Ordine.

Ill.mo Sig. Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo,

da un anno sono iscritto nel Registro Speciale dei Praticanti di Bergamo.
Già in passato si è preso carico dei problemi di noi praticanti avvocati, ma mi creda, ad oggi, la situazione è veramente drammatica. Siamo solo degli SCHIAVI, MALTRATTATI E NON RISPETTATI. Le descrivo brevemente e schematicamente la mia situazione:

1) Lavoro circa 10 ore al giorno.

2) Non percepisco nulla; nemmeno un rimborso spese per il trasporto.

3) Devo costantemente lottare per ottenere il rimborso delle spese sostenute per lo studio.

4) Sono costretto, dopo un anno di pratica, a dedicare la maggior parte del mio tempo nei vari Tribunali, per far fotocopie, depositi e chiedere sostituzioni d'udienza ad altri avvocati.

5) Passo ore in posta.

6) Atti da scrivere: quasi nulla se non piccole lettere o nomine.

7) Devo pregare per avere un posto "comodo" dove sedermi.

8) Devo portare penne e computer da casa.

9) Non mi viene insegnato nulla: tutto ciò che imparo avviene in piena autonomia.

Signor Presidente, mi perdoni, ma l'Ordine come può permettere una cosa simile; come può Lei rappresentare questo scempio? Ho fatto io la scelta sbagliata?

COSA FA L'ORDINE PER NOI PRATICANTI, oltre che a percepire la quota di iscrizione?  Perchè non fate nulla? Come giustifica una simile assenza e indifferenza?

SONO INDIGNATO. FORSE è ORA DI CAMBIARE QUALCOSA, LEI PUò FARLO.

Rendo pubblico questa orrenda realtà, affinché tutti possano venirne a conoscenza.

Un praticante
(Non posso far altro che mantenere l'anonimato)
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Da: fallimento nazionale27/03/2016 08:43:39
Università scuola L'analisi La Ue: «Fuga di cervelli può compromettere la crescita dell'Italia» Rapporto della Commissione: «Competitivita messa a rischio dall'emorragia di capitale. Flusso in uscita non bilanciato dall'arrivo di stranieri. Il ministro: «Attivati mille nuovi posti». Ma gli universitari: «Valgono solo l'1,8% dell'organico»
Fuga di cervelli o mobilità senza confini, quell'emorragia di capitale umano che negli ultimi dieci anni ha spopolato i laboratori italiani ora richiama anche l'attenzione dell'Unione Europea: la perdita di capitale umano «può danneggiare l'Italia, comprometterne, a lungo termine, prospettive di crescita economica e finanze pubbliche». La competitività è a rischio, sostiene il rapporto della Commissione Ue sugli squilibri macroeconomici, nel capitolo dedicato al mercato del lavoro. Flussi in entrata Lo studio denuncia - o, meglio, certifica - che il numero di giovani altamente qualificati che emigrano all'estero «è cresciuto rapidamente a partire dal 2010 e non è stato compensato da flussi di italiani, con pari qualifiche, che hanno fatto rientro in patria». E tantomeno - sottolinea il Rapporto Ue - si può parlare di uno «scambio» di cervelli: «molti lavoratori italiani altamente qualificati italiani lasciano il Paese, ma solo pochi cittadini di altri Paesi, dello stesso livello, scelgono l'Italia come destinazione». Emigrano perché in Italia le condizioni di lavoro sono meno favorevoli, i guadagni più bassi, le possibilità di carriera ridotte, la soddisfazione scarsa. Per non parlare di quei dottori senza borsa, che paradossalmente devono «pagare per lavorare». All'estero, i nostri dottori di ricerca producono tanto e bene, incrementando produttività e Pil di Paesi che di ricercatori ne formano meno o non li preparano a sufficienza. Fuga Arriva a corollario dello scontro di questi giorni tra il ministro Giannini e la ricercatrice Roberta D'Alessandro, il rapporto della Ue. Sottolinea le migliori opportunità e condizioni di lavoro all'estero, dove i giovani italiani «sono più spesso assunti on contratti a tempo indeterminato e ritengono che la loro qualifica ufficiale sia più idonea per il lavoro che svolgono». Di conseguenza questo fenomeno non rientra nella definizione di «circolazione di cervelli», cioè quando persone si recano temporaneamente all'estero per studiare o lavorare, ma poi tornano nel Paese d'origine. Quanto ai danni sociali, il rapporto osserva che la «fuga dei cervelli» comporta un duplice costo finanziario: in primo luogo la spesa pubblica sostenuta per l'istruzione di studenti che poi lasciano definitivamente il Paese, e, in secondo luogo, in termini di futura perdita di gettito da imposte contributi sociali che i migranti altamente qualificati avrebbero pagato lavorando in Italia. Sono le stesse conclusioni contenute nella lettera-appello pubblicata su «Nature» dal fisico Giorgio Parisi per denunciare gli scarsi investimenti dell'Italia nel settore della ricerca e diventata poi una petizione lanciata da 69 scienziati, tra cui lo stesso Parisi, che in pochi giorni su Change.org ha raccolto già 50mila firme]
   
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Da: 0000027/03/2016 22:20:28
Purtroppo non provo stupore per la notizia.  Si tratta di una ennesima prova che i governi non riescono ad influire granché sul lavoro. Non sono gli incentivi ad assumere che spingono le aziende ad assumere. Sono le condizioni del mercato e dei consumi che comportano assunzioni e licenziamenti.
pare che i nostri economisti non lo sappiano
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Da: emergenza03/04/2016 09:09:55
Ecco il punto. Ecco l'emergenza: la fuga di cervelli all'estero.

Come un'emorragia, il nostro Paese pian piano si svuota di risorse pregiate ed il relativo patrimonio culturale viene inesorabilmente depauperato. Troppo spesso, i professionisti italiani sono costretti ad emigrare verso paesi dove, molto frequentemente, riscuotono successo e notorietà. Un successo italiano, ma una vergogna per il Paese.

Tempo fa la Commissione europea ha diffuso i dati relativi alle migrazioni dei professionisti: una volta ottenuta una determinata qualifica, in uno specifico Stato membro, ecco che si spostano in un altro per esercitarla. Dal 2009 a oggi sono sestuplicate le richieste dei documenti necessari per esercitare all'estero e si prevede un ulteriore incremento. Sembra che la meta tradizionale sia la Gran Bretagna che, da oltre dieci anni, si conferma al primo posto tra le preferenze dei neodottori in medicina, e, a seguire, la Svizzera, che, dal 2004 al 2012, ha visto addirittura quadruplicare il numero dei medici immigrati. Deve far riflettere un dato assai significativo e per alcuni versi terrificante; nell'ultimo decennio, in Europa, su 100 dottori in medicina che lasciano il proprio paese d'origine, ben 52 sono nostri connazionali; e soffermarsi un attimo sul fatto che il secondo paese in graduatoria, per numero di medici "transfughi", è la Germania, che, in termini percentuali, si ferma solo al 19%.



Dopo i laureati nelle scienze mediche, sono storicamente gli insegnanti della scuola secondaria a lasciare l'Italia per approdare all'estero, in Germania (44%) e, in secondo luogo, nuovamente in Gran Bretagna (28%). A partire dal 2012, tra gli emigrati italiani con una qualifica, gli insegnanti sono stati superati dagli infermieri. Un flusso in uscita che è cominciato a crescere nel 2007 con destinazione principale la Svizzera. Mentre si evidenzia un leggero calo dei medici verso la Gran Bretagna a fronte di un incremento del numero di veterinari che si dirigono oltre Manica per trovare un'occupazione che, da noi, latita. Ci sono anche altri tipi di professionisti che scelgono di conseguire un diploma, o una qualifica, nel territorio italiano per poi emigrare. Ad esempio, gli istruttori sportivi, che prediligono la Francia, oppure gli ingegneri industriali, che si dirigono, con un trend crescente, verso la Spagna.

L'Italia è anche una meta tradizionale di approdo per un numero sempre maggiore di professionisti, con una qualche qualifica, dalla Romania (39%). La maggioranza di questi sono infermieri, ma sta aumentando anche l'ingresso di professionisti rumeni con un diploma del settore del benessere e dell'estetica.

In conclusione risulta evidente che nel nostro Paese il piatto della bilancia, tra emigrazione ed immigrazione di cervelli, continua a pendere pericolosamente verso la prima. Al contrario, gli Stati a saldo positivo sono Germania, Gran Bretagna, Belgio, Repubblica Ceca, Finlandia e Svezia, paesi che, a differenza dell'Italia, continuano incessantemente ad investire in innovazione e ricerca, per garantire ai propri cittadini progresso e benessere, ma anche, semplicemente, per tutelare il loro più importante capitale, quello umano.



"Ariel, ascolta: Il mondo degli umani è un pasticcio, la vita sotto il mare è meglio di ogni cosa abbiano lassù".

A proposito di mare, tanta acqua è passata sotto i ponti da quel lontano 1989. Mio figlio, oggi, è un uomo, si è laureato in Filosofia Politica presso l'Università "La Sapienza" di Roma e da anni ormai vive e lavora in Spagna, dove ha ricevuto un importante incarico di ricerca presso la "Univer*******d Pompeu Fibra" di Barcellona, nonché, un altro, di docenza presso la "Fundacio Universirtaria del Bages" di Manresa.

Come genitore non posso non esserne immensamente felice ed orgoglioso. Per proprio conto, mio figlio ha saputo ritagliarsi quegli spazi che il nostro Paese gli ha purtroppo negato. Forse un pochino di merito va anche a me e alla strada, lunga e tortuosa, che abbiamo percorso insieme.

Ma, inutile nasconderlo, questa mia felicità serba in seno un retrogusto decisamente amaro; mio figlio mi manca tantissimo. Alla sua assenza nella consuetudine delle piccole cose quotidiane non mi abituerò davvero mai.

Un successo italiano e, nel contempo, una vergogna per il nostro Paese.



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Da: ................05/04/2016 16:32:05
la laurea puoi pure rubacchiarla ma dopo nessuno ti regalerà niente e sei scarso fai la fame.. e la tua bella laurea diventa buona come carta igienica...
solo i più bravi possono fare gli avvocati, gli altri si avventurano verso la miseria...
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Da: però05/04/2016 20:23:25
Se il mercato è iperinflazionato e  non sei figlio di avvocato, non avrai mai l'occasione per dimostrare il tuo tanto paventato talento professionale.
Rispondi

Da: ormai 05/04/2016 22:39:21
Io. Avvocato di soli 27 anni..lasciai tutto..concorso da vigile urbano prima..vinto..poi dopo due anni vincitore concorsofunzionario ae
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Da: però e ormai06/04/2016 07:29:14
smettila di passare ore e ore al forum millantando trascorsi professionali falsi.
Sei/Siete diventati penoso
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Da: 456la 06/04/2016 07:40:22
anche i figli di avvocati piangono.
Rispondi

Da: penosetto06/04/2016 07:45:35
Parliamo di cose serie:




LAVOROEPROFESSI
Avvocati, un esame che non funziona
BROGLI, COPIATURE, VARIABILITÀ DEGLI STANDARD RICHIESTI DA CHI CORREGGE I COMPITI RENDONO L'ACCESSO ALLA PROFESSIONE PIÙ UNA "LOTTERIA" CHE UN VALIDO TEST. TUTTE LE PROPOSTE IN CAMPO PER UNA POSSIBILE RIFORMA


Roma C 'era una volta Catanzaro, il distretto di Corte d'appello dove la percentuale dei promossi all'esame di Stato per diventare avvocato arrivava fino al 95 per cento. La pietra dello scandalo. Dal 1996 la prova si tiene nella sede in cui si è iscritti al registro dei praticanti. La correzione dei compiti però avviene a sorte, in base a un sistema incrociato tra le città col maggior numero di candidati, per cui a Milano tocca Napoli, a Napoli si valuta Roma, Roma corregge Milano e così via. Ma trucchi, copiature e furberie di vario genere continuano indisturbati. L'esame dura sei ore. In tempo quasi reale, dopo la dettatura della traccia, sui network specialistici ci sono già i compiti sviluppati. Smartphone e cellulari trasmettono, copiare in aula è spesso un gioco. Il caso più clamoroso è scoppiato a Napoli durante l'ultima sessione a dicembre 2015: su tremila concorrenti, un numero da caos, il 20 per cento degli elaborati risultava copiato. L'allarme poi, secondo i dirigenti dell'Ordine nazionale, si è rivelato infondato. Ma in varie sedi si sono visti anche commissari dettare i compiti ai ragazzi. E un'inchiesta del Corriere.it ha documentato in un video girato a Roma come fosse facile infilarsi nel concorso, prendere posto, farsi passare il compito dal vicino di sedia. Senza contare che "il Sud nelle correzioni è flessibile e generoso, il Nord più rigido" rileva Maurizio De Tilla, avvocato, 22 anni all'Ordine
nazionale e per dieci presidente della Cassa nazionale. Tant'è. A conquistare il tesserino di avvocato ci provano in migliaia, 20 mila all'ultimo concorso, perché la laurea in Giurisprudenza non basta da sola per esercitare la professione. Ma appena il 40 per cento supera la 'lotteria'. E la metà dei partecipanti nonpunta alla professione di avvocato ma a quella di magistrato o di notaio, perciò la pratica in uno studio legale è spesso un atto solo formale.«L'accesso agli albi va permesso soltanto a chi fa la professione a tempo pieno», sostiene Remo Danovi, presidente delConsiglio forense diMilano, «promuovere mediamente 1500-2000 persone ogni anno crea un numero esagerato di professionisti. Di questo comecategoria dobbiamoessere preoccupati. Tra gennaio e febbraio ho iscritto agli albi altri 450 nuovi avvocati a fronte di 18 mila in totale. Ed è lo stesso trend in tutta Italia, come un fiume con tanti affluenti». La riforma del ministro della Giustizia in base alla legge 247 del 2012, che disciplina l'ordinamento della professione forense, sarà attuata entro l'estate. Sono firmati e in dirittura di arrivo per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il regolamento sul tirocinio, articolo 41, il 44 che dà il via libera al praticantato presso gli uffici giudiziari, e gli articoli 46, 47, 48 e 49 che disciplinano modalità e procedure per l'esame di Stato, e lo rendono più rigoroso a partire dal divieto per gli esaminandi di consultare in aula i codici commentati. Ma entrerà in vigore soltanto dal 2017, in virtù del decreto cosiddetto milleproroghe del 2014. Si prevedono tempi più lunghi per l'articolo 43 sui corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato, con le norme sulla frequenza obbligatoria e con profitto dei corsi tenuti da ordini e associazioni forensi, perché occorre il parere degli consigli forensi regionali, alcuni dei quali hanno già formulato un giudizio negativo sullo schema presentato dal ministero. «Da via Arenula ci è arrivata una bozza per le scuole che non ci convince », dice il presidente dell'Ordine di Palermo, Francesco Greco che intanto ha organizzato un corso con l'università. «Il paradosso - osserva Greco - è che gli esami non hanno corrispondenza col tirocinio. Il nostro Consiglio prevede un tutor che segue il praticante e fa verifiche periodiche. Al termine c'è un colloquio e in alcuni casi siamo stati costretti a non rilasciare il certificato di compiuta pratica». Sulla bozza esprime forti perplessità anche l'Ordine di Firenze che ha 4300 avvocati iscritti a fronte di 400 mila abitanti: «Si tratta - ragiona il presidente Sergio Paparo - di 160 ore di formazione costruite in funzione dell'esame, mentre si dovrebbe insegnare ai laureati ciò che non hanno studiato all'università. Qualche esempio: il processo civile telematico, la negoziazione assistita e le soluzioni alternative delle controversie». Per bypassare queste forche caudine sempre più spesso si espatria. "In base alle norme europee - ricorda De Tilla - , si può andare in Spagna, con otto esami integrativi ci si iscrive all'albo degli avvocati spagnoli e al rientro in Italia basta un semplice colloquio presso il consiglio dell'Ordine per diventare avvocato. Ora si può fare anche in Romania". Dal ministro della Giustizia viene la spinta al numero programmato. «È un'ipotesi condivisibile», osserva Andrea Mascherin, presidente del Consiglio nazionale forense, con 250 mila avvocati iscritti, secondo cui «l'esame richiede una completa rivisitazione. Schermiamo le aule per mettere fuori gioco le tecnologie e chiediamo molta professionalità ai commissari. Attraverso le scuole forensi l'esame deve diventare un punto di arrivo, guardando alla professione di avvocato come a una scelta consapevole e non a un parcheggio in attesa di una carriera diversa». Mascherin sottolinea l'importanza di «un tirocinio meritocratico e formativo che consentirebbe immediati sbocchi sul mercato. Per contrastare la grande crisi delle professioni - avverte - bisogna approfondire le conoscenze in settori specifici come le difese di fronte alle corti europee di giustizia per i diritti umani, il mondo dell'informatica e delle consulenze in materia di antiriciclaggio, la privacy, l'anticorruzione, la contrattualistica internazionale ». Sergio Bolognesi è dal 2012 il direttore della scuola forense Vittorio Emanuele Orlando di Roma che ha 250 giovani iscritti con frequenza gratuita. «In cinque anni - dice - ho rilasciato 800 attestati. Preparo i giovani alla professione prima ancora che all'esame di abilitazione. Insegniamo a redigere un parere, a predisporre un atto, a confrontarsi con la deontologia: il saper fare e il saper essere».
Rispondi

Da: .......................................08/04/2016 13:13:35
inutile rubacchiare laurea e titolo..se sei scarso fai la fame....
Rispondi

Da: ..................08/04/2016 14:25:51
caritas...
Rispondi

Da: cronaca vera10/04/2016 12:25:31
http://www.ilpiacenza.it/cronaca/un-avvocato-alla-mensa-della-caritas.htm
„
Un avvocato alla mensa della Caritas»

La ripresa economica e la mensa della Caritas, un racconto breve di Livio Podrecca
"

«Un avvocato alla mensa della Caritas»
„

«Per via della ripresa, e della crisi, da cui il nostro Capo del Governo dice che siamo oramai fuori, in un servizio dedicato alla povertà, a Striscia la Notizia hanno fatto vedere un avvocato, vittima di una separazione, in coda ad una mensa dei poveri.

La cosa mi ha colpito. Non capisco nulla di flussi finanziari, di pilné di congiuntura economica. Penso però che la nostra società ha perso i riferimenti valoriali essenziali, e non fa più figli, dimostrando così, a parte un cinico egoismo, di non avere, di fatto, nessuna fiducia nel futuro. E, anzi, di averne terrore. Quasi un neo-catarismo, qualcuno ha detto. Non capisco come possa una società che invecchia e muore ricominciare a crescere. Forse sarebbe più realistico dire che per certi aspetti possiamo avere ripreso, momentaneamente, un po' di ossigeno, ma che per crescere davvero occorrerebbe recuperare la spinta ed il patrimonio ideale, di valori e di fiducia, che ha consentito di realizzare il nostro sistema di welfare. A partire dalla famiglia e dalla apertura alla vita, in un radicamento profondo nel cristianesimo. Ma i segnali in questo ambito, anche a livello politico, sono tutt'altro che tranquillizzanti. Nel dilagare di una cultura laicista, non solo la famiglia non è promossa né favorita, ma è anzi per molti aspetti contrastata ed apertamente penalizzata.

Forse sbaglio. Ma penso che, a questa stregua, alla lunga per l'occidente le cose non potranno che peggiorare,con buona pace dei proclami. Il fatto dell'avvocato alla mensa dei poveri mi ha fatto però mettere insieme un po' di cose sparse nella mente e nei ricordi di esperienze vissute. Ne è scaturito questo breve racconto, di fantasia, che trae lo spunto da fatti realmente accaduti e, forse, in qualche modo collegati con quello che ho detto sopra. Lo propongo senza nessuna pretesa né finalità. Sarei lieto, ammesso che qualcuno lo legga, che ne scaturisse un dubbio. Magari un pensiero. Meglio ancora una riflessione.

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Nestore si avvicinò al vetro dello sportello ed esibì il tesserino. L'addetta lo scrutò da dietro le lenti spesse degli occhiali con la montatura rotonda di metallo chiaro, marca Occhidoro di Rosignate, e staccò di netto il talloncino con il numero di ingresso. Nestore di accomodò il bavero del paletò rialzandolo quanto possibile verso le mandibole contratte. Aveva un portamento eretto e distinto, in netto contrasto con la marmaglia che lo aveva preceduto. Prese un vassoio caldo e qua e là bagnato di fresco dalle gocce residue del lavaggio in lavastoviglie. Vi accomodò la tovaglietta di carta. Lo depose sulla mensola del bancone delle vivande e fece scorrere. Tortiglioni al pomodoro, parmigiano? Sì grazie. Vitello tonnato, una porzione di verdura fresca. Pane, posate, bicchiere, tovagliolo di carta. Al tavolo, al centro della sala alla luce fredda del neon, di fronte a lui un giovane nero della Nuova Guinea, e un vecchio barbone dalla pelle scura e raggrinzita come il cuoio. Entrambi emanavano un odore forte e penetrante, di sudore sottopelle il primo, acutissimo di urina il secondo. Ognuno consumava il pasto in silenzio e con gli occhi bassi, tra risucchi di brodo ed i gorgogli e gli scrocchi in sordina della masticazione.

Nestore ripensava alla sua giornata in tribunale, alle prossime scadenze di fine anno alle quali, ormai era certo, non poteva fare fronte. Probabilmente lo Stato e la Cassa di Previdenza di sarebbero attivati per il recupero coattivo dei rispettivi crediti. Imposte e contributi previdenziali. Nestore confidava nel lasso di tempo necessario perché le procedure di recupero fossero avviate e portate a compimento. Ne sarebbe conseguito, infine, anche un procedimento disciplinare dell'Ordine Avvocati di Maltagliata, al quale era iscritto dal 1997. Il secondo, che si sarebbe affiancato a quello in corso per violazione delle norme del codice deontologico che impongono all'avvocato, quale era Nestore Piedigrotta, un tenore di vita dignitoso. Nestore, invece, non pagava da semestri l'affitto dello studio, non riusciva a corrispondere alla moglie separata che una parte dell'assegno di mantenimento dei quattro figli avuti in dodici anni di matrimonio, le entrate erano sacrificate per oltre la metà nel pagamento dei mutui contratti, su richiesta della moglie, in costanza di convivenza, per necessità famigliari: la ristrutturazione dell'appartamento che Samantha, la moglie, aveva preteso pur essendo i Piedigrotta in affitto in un quadrilocale del quartiere Balduino; il rinnovo dell'arredo della cucina; il computer per il figlio Denis; la crociera alla Maldive sempre voluta da Samantha nel 2003. Infine, Nestore, che si era trasferito in un monolocale per cui pagava 400 euro di affitto al mese, di cui 150 in nero, per sopravvivere aveva dovuto chiedere di essere ammesso alla mensa della Caritas di Maltagliata, borgo settentrionale ed operoso dell'industrializzato nord Italia. Un tenore di vita inaccettabile per un avvocato. Di qui il procedimento disciplinare.

Nestore e Samantha si erano sposati in chiesa nel 1993. Avevano fatto insieme catechismo e frequentato i gruppi giovanili in parrocchia. Quindi avevano deciso di sposarsi. I genitori di Samantha erano separati. La madre, accanita lettrice di fotoromanzi, aveva problemi di alcol. Il padre l'aveva lasciata per una giovane magrebina. Samantha aveva un fratello che a diciassette anni era emigrato in Germania. Lo vedeva e lo sentiva saltuariamente, quando rientrava in Italia per visitare la madre nelle feste comandate. Del padre non si avevano più notizie da tempo. Ad un certo punto Samantha fu aggredita da un certo tedio della vita e dalla smania di svaghi e divertimenti, ai quali si dedicava diversi giorni alla settimana, moltiplicando le amicizie maschili. Da tempo tradiva il marito, e la circostanza era nota non solo nella cerchia famigliare e degli amici. Alla fine era uscita allo scoperto ed aveva chiesto la separazione. Durante la causa, Samantha aveva addotto la propria disaffezione verso il marito, dal quale, oltre che se ne andasse di casa, pretendeva per i quattro figli un assegno mensile di novecento euro. Non so quale quadro dell'ultimo Modello Unico di Nestore riportava un reddito lordo di novantamila euro. Dedotte le spese, la previdenza, le imposte, il reddito netto medio mensile era di poco meno di tremila euro, dei quali 1800 assorbiti dai pagamenti periodici dei mutui contratti. Quattrocento euro se ne andavano per l'affitto. Nestore riusciva a dare alla moglie 350 euro per i figli. Il resto serviva per la macchina, necessaria per gli spostamenti di lavoro, e le spese per la sopravvivenza di base. Per mangiare aveva dovuto chiedere di essere ammesso alla mensa dei poveri. Il lavoro assorbiva oltre il novanta per cento delle energie e del tempo di Nestore, che ormai da tempo sopravviveva grazie all'aiuto saltuario della anziana madre e di qualche pietoso amico. Nella causa di separazione, il giudice si era dimostrato verso di lui incomprensibilmente ed apertamente ostile, ed aveva più volte redarguito Nestore che una volta messi al mondo i figli devono essere mantenuti, e che c'è un minimo al disotto del quale l'assegno di mantenimento non può andare. Che uno, poi, concretamente non ce la faccia non conta nulla. Per il diritto non rileva. Doveva pensarci prima. Il giudice aveva anche fatto pressioni affinché il marito desse il proprio consenso alla separazione. Un atto di civiltà, diceva, l'unico modo con il quale affrontare, oggi, correttamente la separazione. Insomma Nestore, che si era sposato perché ci aveva creduto, che era rimasto fedele alla moglie, che aveva cercato di accontentare anche nelle pretese più assurde, che aveva generato quattro figli, si era trovato buttato fuori di casa e costretto a trovare una nuova sistemazione, obbligato a pagare i vecchi debiti ed a corrispondere alla moglie un assegno per il mantenimento dei figli, mentre le spese si erano moltiplicate. Oltre ai vecchi debiti, che lui doveva continuare a pagare, ed il mantenimento dei figli, c'erano le spese della casa, la luce, il gas, i rifiuti urbani. Inutilmente il suo avvocato (un vecchio amico che aveva accettato di assisterlo gratuitamente) aveva cercato di spiegare che ci sono delle economie famigliari di scala, per cui i costi dei figli successivi al primo vanno proporzionalmente diminuendo, che i costi fissi sono proporzionalmente inferiori quando i beneficiari sono plurimi e, inversamente, superiori per chi vive solo, che, quando le cose vanno finanziariamente male, una famiglia va avanti con l'aiuto degli amici, con la carità, la solidarietà del parroco, e via dicendo, e che era disumano gravare il padre di un obbligo che si sapeva a priori che non avrebbe potuto assolvere, esponendolo ad azioni esecutive e denuncie penali. Il giudice visibilmente compreso dell'altezza e della nobiltà della sua missione (la tutela dell'interesse dei bambini) era stato inflessibile e Nestore, che aveva fatto del suo meglio per mandare avanti la famiglia, che era stato fedele alla moglie, che era stato da questa tradito ed ora buttato fuori di casa, in giudizio si trovava a dover subire anche le pesanti reprimende ed i rimproveri del giudice, come un imputato e quasi che la colpa di tutto fosse la sua che, invece, la subiva.

Nestore ripensava a tutto questo sbucciando un mandarino senza noccioli recuperato dagli addetti della Caritas dai bancali dei prodotti in scadenza dell'Esselunga. Guardava Ibrahim, il nero della Nuova Guinea sbarcato in Sicilia da un barcone di clandestini, e pensava che forse la sua situazione non era la peggiore di tutte quelle possibili. Non aveva più lacrime per piangere né la forza per indignarsi. Si trascinava, rassegnato, nella vita. Da lui tutti pretendevano o si aspettavano qualcosa: lo Stato, la Cassa Forense, la moglie, il giudice, i creditori, i figli. Gli pareva che a nessuno interessasse di lui, ma solo, alla fine, di quello che lui produceva. Dei suoi soldi. Lui poteva anche andare al diavolo. O, che è poi lo stesso, all'inferno.

Uscì nell'aria umida della sera. Sbadigli di luce dai lampioni della pubblica illuminazione e dalle vetrine dei bar e dei negozi chiusi si liquefacevano, sfumandosi nella nebbia fitta. Il freddo penetrava nelle ossa. Nestore pensò al vecchio rugoso. Per la notte avrebbe preparato un letto di cartoni vicino alla Stazione Centrale. Vi si sarebbe disteso, coperto da un panno sudicio e puzzolente. Probabilmente facendosela addosso si sarebbe inzuppato della propria urina, fino al momento in cui avrebbe dischiuso le palpebre rigide al gelo del mattino, e i funzionari e gli impiegati dell'Agenzia delle Entrate e del Catasto, i funzionari di cancelleria ed i giudici avrebbero scostato con un gesto lento della mano le calde coltri dei comodi letti, sollevato le tapparelle o aperto le imposte mentre le caldaie degli impianti autonomi avrebbero portato i locali alla confortevole temperatura preimpostata sul termostato e l'odore del caffè si sarebbe sparso nell'aria. Mentre il vecchio mendicava un cornetto caldo al bar dell'angolo, per questi la luce del mattino avrebbe dato la stura ad un nuovo giorno sindacalizzato, pieno di diritti e di pretese, all'insegna dell'amor proprio e protestando il proprio impegno non sufficientemente riconosciuto. Un giorno pieno di sussiegose certezze, maledettamente grigio e borghese.

Dentro di sé Nestore si sentiva ormai un clochard. Era solo questione di tempo. Aspettava solo che anche il suo stile pubblico di vita si adeguasse completamente al nuovo status. Scostò con il piede calzato nella scarpa ancora lucida un cartone sparso sul selciato luccicante. Quindi si avviò a passo spedito verso casa, scomparendo lentamente nella nebbia».
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Da: ............10/04/2016 12:43:18
purtroppo i temi son difficili.. questa professione è inflazionata...
ci sono più avvocati che mosche...
Rispondi

Da: ............10/04/2016 12:43:38
purtroppo i tempi son difficili.. questa professione è inflazionata...
ci sono più avvocati che mosche...
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Da: ma certo11/04/2016 10:58:14
Un lavoratore dipendente ha un livello di. Garanzie e di diritti che l'avvocato se li sogna
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Da: ............11/04/2016 12:43:35
se sei scarso ok ma se sei bravo guadagni 1000 volte più dell'impiegatuccio dell'ufficio timbri.
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Da: Roberto12511/04/2016 13:18:30
A me fanno ridere quelli che fanno vedere di essere dei grandi avvocati, condividono link su temi giuridici sempre per far vedere, ma alla fine dentro sono super sofferenti e non hanno neanche la forza economica di iscriversi all'albo. Però nonostante tutto sono troppo orgogliosi per cambiare strada e continuano con la loro falsa vita di grandi avvocati al di sopra di tutto.........ahahahahahaha.......MI FANNO TROPPO RIDERE!!
Rispondi

Da: ...........11/04/2016 23:48:05
e ridi pure ma io guadagno cifre che tu ti sogni....
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Da: Roberto12512/04/2016 18:51:34
ahahahahahahaha.................la verità BRUCIA  :-)

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Da: puntini puntini13/04/2016 16:12:16
Chi guadagna cifre astronomiche non perde tempo a scivere in questi forum.
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Da: ...............13/04/2016 16:17:36
e perchè no? ho chi lavora per me...
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Da: puntini puntini14/04/2016 07:32:58
E quindi invece dei forum di aspiranti travet, dovresti frequentare gli studi dei commercialisti e consulenti finanziari per come investere meglio il tuo denaro guadagnato con il sudore altrui.
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Da: ...........................14/04/2016 08:33:44
Sempre a rispondere a 'sto cazzeggiatore state.
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Da: il notaio14/04/2016 10:44:23
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Da: .................14/04/2016 12:03:14
io coordino il lavoro altrui..
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