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Preparazione al concorso referendario TAR
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Da: Admaiora84 | 27/02/2019 13:54:08 |
Non sono convinto che non conti, Pulcino. Non si tratta semplicemente di un orientamento prevalente, ma di ripetute pronunce delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite hanno una rilevante funzione nomofilattica ed ignorare del tutto una serie di pronunce che riguardano specificamente quella questione, sostenendo un diverso orientamento, a mio avviso, potrebbe incidere in negativo. | |
Da: Franco70 | 1 - 27/02/2019 15:12:43 |
Scusate a me pare che nella traccia si parlasse di risarcimento solo con riguardo alla vecchia pronuncia (quella da ottemperare in pratica). O ricordo male? Mi potete chiarire per favore? Se non erro, il primo giudice aveva già condannato l'amministrazione o a restituire il terreno o a fare il 42 bis, fermo il risarcimento del danno per il periodo di occupazione senza titolo | |
Da: Fontedelpoggio | 1 - 27/02/2019 15:18:53 |
In effetti, in una prova concorsuale i candidati dispongono della traccia, ma non leggono l'atto introduttivo redatto dall'avvocato del ricorrente. E' solo da lì che si può ricostruire il petitum ed è il petitum che determina la giurisdizione ordinaria o amministrativa. | |
Da: Franco70 | 27/02/2019 15:55:01 |
Comunque, la sentenza del CGA che qualcuno ha indicato è molto interessante e sicuramente il caso è stato di spunto per la traccia concorsuale , che però era estremamente semplificata rispetto a questo vero caso (aggiungo "per fortuna", mi è venuto mal di testa a leggerla). Ad ogni modo, personalmente, non ho visto in questa sentenza nulla di così risolutivo rispetto alle questioni di cui stiamo discutendo, salva la riaffermazione del noto principio per cui tutto ciò che economicamente consegue al 42 bis spetta al giudice ordinario.. | |
Da: Admaiora84 | 27/02/2019 16:52:50 |
@Franco70 Io ricordo di preciso che nel secondo ricorso Tizio contestava la somma riconosciuta nei suoi confronti dalla PA nell'ambito del decreto di acquisizione sanante a titolo indennitario e risarcitorio, lasciando intendere così che si riferiva sia al quantum dell'indennizzo che a quello del risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo. | |
Da: ilpulcinopio Reputazione utente: +49 | 27/02/2019 16:55:43 |
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Da: Admaiora84 | 27/02/2019 16:59:38 |
Per quanto attiene alla vecchia pronuncia da ottemperare, le alternative per la PA erano: restituire il terreno, rimettere in pristino e risarcire il danno o, in alternativa, emanare il decreto ex art 42 bis (in quest'ultimo caso era implicito che dovesse essere previsto nell'ambito del decreto anche il risarcimento per l'occupazione senza titolo nella misura prevista dalla legge). Ma tutto ciò non era oggetto di contestazione. La contestazione riguardava il quantum della somma attribuita a Tizio (sia a titolo indennitario che risarcitorio) in sede di decreto ex art. 42 bis. | |
Da: Franco70 | 27/02/2019 17:03:57 |
Si è vero ed io ho declinato la giurisdizione, come penso tutti. Non credo che qualcuno abbia esaminato la domanda sul risarcimento come domanda autonoma e distinta, poi magari mi sbaglio... In ogni caso a me non sarebbe mai venuto anche perché ho annullato il provvedimento ex articolo 42 bis per mancanza del procedimento, notando per altro che proprio questo vizio di contraddittorio ha comportato l'insoddisfazione del ricorrente sul risarcimento liquidato.. (su cui però non avevo la giurisdizione) Non so se mi sono spiegato.. Detto questo, a me della sentenza del CGA ha fatto piacere leggere la parte sulla opposizione di terzo, dove si chiarisce che in alcun caso una sentenza del giudice amministrativo avrebbe potuto ledere il diritto di proprietà | |
Da: Franco70 | 27/02/2019 17:06:58 |
Concordo con la tua ricostruzione, ma per quanto mi ricordo, nel secondo caso non era implicito, veniva comunque specificato che il risarcimento del danno doveva essere liquidato | |
Da: Admaiora84 | 27/02/2019 17:20:34 |
Qualcuno che ha esaminato nel merito la domanda sul risarcimento in modo autonomo sono io, Franco. Perché ho distinto la parte indennitaria, su cui ho declinato la giurisdizione, da quella risarcitoria, su cui invece ho riconosciuto la giurisdizione del GA. Sarebbe stato perfetto secondo la giurisprudenza precedente al 2016, ma non secondo il nuovo orientamento delle Sezioni Unite (che, a mio giudizio, si fa beffe del dato letterale della norma, dicendo che non si tratta di risarcimento, nonostante il legislatore lo qualifichi così). | |
Da: Franco70 | 27/02/2019 17:57:46 |
Ok. Quindi evidentemente hai anche confermato il 42 bis, per questo non riuscivo a seguirvi. Ad ogni modo credo che trattandosi di questione ampiamente dibattuta a livello giurisprudenziale, non sia affatto scontato che una scelta di questo genere debba penalizzare. Inoltre hai ragione, la legge milita decisamente in senso opposto. | |
Da: LuluDeiFiori | 2 - 27/02/2019 18:13:01 |
La "nostra" traccia presentava una differenza, secondo me rilevante, rispetto al fatto della sentenza del "nostro" commissario: ricordo bene che si riferiva che il ricorrente precisava di avere interesse alla restituzione del bene... quindi la controversia non era meramente indennitaria. Consegue che dall'eventuale accoglimento del ricorso discendeva il rigetto dell'eccezione di giurisdizione. Anche le Sezioni Unite precisano che la giurisdizione del GO presuppone un provvedimento legittimo. Non era per nulla semplice... | |
Da: Fontedelpoggio | 1 - 27/02/2019 18:18:27 |
Scusate, ma leggendo la sentenza 102 non ho capito una cosa. Se la Corte d'Appello di Palermo aveva accertato che la Torre saracena apparteneva al sig. Cusumano e se il CGARS è convinto che vi sia un difetto di giurisdizione a favore del GO per la determinazione dell'indennità complessiva, a cosa cavolo è servita la consulenza tecnica affidata ad un notaio di Roma? | |
Da: Franco70 | 1 - 27/02/2019 18:54:18 |
Fonte, ho pensato la stessa cosa e lì mi sono perso!!! 😣😣😣 | |
Da: Perasperaadastra | 28/02/2019 11:54:19 |
Qualche anima pia potrebbe pubblicare il testo della sentenza o almeno un link? Hrazie | |
Da: Admaiora84 | 28/02/2019 15:21:40 |
La trovi sul sito della giustizia amministrativa, mettendo il numero di riferimento nella sezione in cui si può fare la ricerca dei provvedimenti | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 5 - 28/02/2019 15:34:18 |
Questa è la torre di cui si parlava nella funesta sentenza... Torre Alba Lungomare Peppino Impastato, 29, 90049 Terrasini PA Potete cercarla su Google Maps... E questa qua sotto è la sentenza la cui causa sembra essere quella a cui si sono ispirati per la nostra traccia. Io manco l'ho letta, tanto so di non essere passato, caso mai agli orali di essere bocciato, e sono certo che l'argomento non sarà ripresentato... Saluti passanti quando può sempre aiutanti SENTENZA CGA 102 2019 https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/dcsnprr?p_p_id=GaSearch_INSTANCE_2NDgCF3zWBwk&p_p_state=normal&p_p_mode=view&_GaSearch_INSTANCE_2NDgCF3zWBwk_javax.portlet.action=searchProvvedimenti&p_auth=BTnMTI6G&p_p_lifecycle=0 | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 5 3 - 28/02/2019 16:08:54 |
Prima parte: intestazione sentenza: SENTENZA CGA 102 2019 Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. , 11/02/2019, n. 102 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA in sede giurisdizionale ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 474 del 2014, proposto da Gi. Cu., rappresentato e difeso dagli avvocati Felice Ancora e Carlo Scarpa, con domicilio eletto presso lo studio Anna Maria Tonnicchi in Palermo, via Francesco Paolo Di Blasi 16; contro Comune di Terrasini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Immordino, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Libertà 171; nei confronti Procura Regionale Corte dei Conti per la Regione Siciliana, non costituita in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 478 del 2017, proposto da Co., Gi., Se. e Sa. Ma. Fa., rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Marsala Fanara e Oreste Natoli, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Marsala Fanara in Palermo, via Valparadiso 15; contro Comune di Terrasini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato, difeso e domiciliato come sopra; nei confronti Gi. Cu., rappresentato e difeso dall'avvocato Felice Ancora, con domicilio eletto presso lo studio Anna Maria Tonnicchi Bonfilio in Palermo, via Libertà n. 159; per la riforma quanto al ricorso n. 474 del 2014: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilian. 658/2014, resa tra le parti; quanto al ricorso n. 478 del 2017: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilian. 653/2017, resa tra le parti nei giudizi riuniti nn. 2537/2013 e 2218/2017. Visti i due ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Terrasini e di Gi. Cu.; Visto l'appello proposto da quest'ultimo anche, in via incidentale, avverso la suddetta sentenza n. 653/2017; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2019 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Felice Ancora, Giovanni Immordino, e Pietro Maniscalco Basile su delega di Oreste Natoli; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 4 3 - 28/02/2019 16:10:26 |
Seconda parte FATTO e DIRITTO 1 Gli appelli in epigrafe, da questo Consiglio già riuniti per ragioni di connessione con l'ordinanza istruttoria 30 maggio 2018 n. 316, vertono su un complesso contenzioso riguardante un'azione amministrativa sfociata, a suo tempo, nell'acquisizione da parte del Comune di Terrasini al proprio patrimonio indisponibile, con determinazione n. 7/A5 del 24 gennaio 2013 emessa ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, di un compendio immobiliare la cui proprietà parziale è controversa tra le attuali parti in causa. 2a Il sig. Gi. Cu. insorgeva avverso tale atto di acquisizione mediante un ricorso straordinario, di lì a poco ritualmente trasposto dinanzi al T.A.R. per la Sicilia con atto con il quale l'interessato esponeva: - di essere proprietario di un terreno sito nel Comune di Terrasini, contrada (omissis), con ivi insistenti antichi corpi di fabbrica, unitamente al fabbricato denominato "Torre Fa." (altrimenti detto anche "Torre Alba"); - che tale terreno era stato fatto oggetto di occupazione temporanea e d'urgenza dal Comune di Terrasini del 14 maggio 2002, in esecuzione del progetto per la realizzazione di un parco in zona "Torre Alba" 1° lotto; - che la vicenda aveva dato luogo a un articolato contenzioso giudiziario, sia in sede civile che amministrativa, e, in particolare, lo aveva indotto ai suoi ricorsi allo stesso T.A.R. nn. 2280/2003 e 4298/2004; - che entrambi i ricorsi erano stati decisi dal Tribunale con la sentenza n. 1883/2012, rimasta inappellata, che aveva dichiarato improcedibile il primo e accolto il secondo disponendo, quanto a quest'ultimo, che il Comune di Terrasini fosse tenuto, alternativamente: "a) a restituire al ricorrente i terreni occupati, di cui al ricorso, previa riduzione in pristino, corrispondendo, inoltre, al medesimo il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima - decorrente dall'immissione in possesso sino all'effettiva data di restituzione - e consistente negli interessi legali calcolati sul valore, all'epoca dell'immissione in possesso della superficie in questione, oltre rivalutazione e interessi nei sensi di cui in motivazione e tenendo conto, per la determinazione del valore del bene, dei valori di mercato esistenti all'epoca dell'immissione in possesso, accertati mediante criteri trasparenti (es. stime di almeno tre diverse agenzie immobiliari); b) in alternativa all'ipotesi di cui alla precedente lettera a), a procedere all'acquisizione dei suddetti terreni tramite un valido titolo di acquisto, e, in primo luogo, tramite quello disciplinato dall'art. 42 - bis D.P.R. n. 327 del 2001; nell'ipotesi in cui l'Amministrazione ritenga di acquisire il bene ai sensi e per gli effetti di cui al citato art. 42 - bis , dovrà corrispondere al Cu. l'indennizzo di cui al primo comma della disposizione indicata (corrispondente al valore venale della superficie occupata al momento dell'adozione del provvedimento di acquisizione, oltre il 10% di tale valore per il ristoro del danno non patrimoniale), nonché il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima (decorrente dall'immissione in possesso sino all'effettiva data di restituzione), consistente nell'interesse del 5% sul valore venale della superficie occupata al momento dell'adozione del provvedimento di acquisizione (come prescritto dal citato art. 42 - bis , terzo comma), basandosi, per la determinazione del valore del bene, sull'utilizzo dei criteri di cui sub a). Ai sensi dell'art. 34, primo comma, lett. c), cod. proc. amm., è anche opportuno disporre che il Comune si determini in ordine alla restituzione o all'acquisizione dei terreni in questione entro sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente decisione e che l'eventuale provvedimento di acquisizione sia tempestivamente notificato al proprietario e trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell'Amministrazione procedente, nonché comunicato alla Corte dei Conti"; - di avere in seguito proposto ricorso per l'ottemperanza di tale sentenza n. 1883/2012, lamentando la sua mancata esecuzione: ricorso che però il T.A.R. con la propria nuova sentenza n. 650/2013 aveva dichiarato in parte improcedibile per cessata materia del contendere, poiché il procedimento di acquisizione risultava già concluso in data 24 gennaio 2013 con la summenzionata determina di acquisizione n. 7/A5; e in parte residua inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, relativamente alla quantificazione della somma di spettanza del ricorrente a titolo di indennità di acquisizione e risarcimento. | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 4 3 - 28/02/2019 16:12:11 |
Terza parte 2b È sui fatti oggetto di questa narrativa che s'innestava, quindi, il ricorso trasposto al T.A.R. dal sig. Cu. al fine di ottenere l'annullamento della determinazione di acquisizione n. 7/A5 del 24 gennaio 2013 emessa dal Comune di Terrasini, atto con il quale erano stati liquidati a favore del ricorrente complessivi euro 47.317,76, dei quali euro 29.573 per indennizzo del pregiudizio patrimoniale, euro 2.957,30 per indennizzo del pregiudizio non patrimoniale pari al 10% del valore dell'immobile, e, infine, euro 14.786,80 per interessi a titolo risarcitorio per il periodo di occupazione senza titolo dal 10/6/2002 al 24/1/2013. Il nuovo gravame era affidato a quattro motivi di censura, con i quali venivano dedotti la violazione della legge n. 241/1990 e della L.R. n. 10/1991 sotto molteplici profili, l'eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e la violazione dell'art. 97 della Costituzione. Il Comune si costituiva in giudizio in resistenza al nuovo ricorso, eccependone l'inammissibilità e chiedendone comunque il rigetto nel merito. Il ricorrente con la propria memoria difensiva, nel dare atto della conclusione del procedimento di acquisizione e dell'intervenuta sentenza di ottemperanza n. 650/2013, valutava però come ingiusta e illegittima la liquidazione dell'indennità e del risarcimento del danno effettuata con l'impugnata determinazione n. 7/A5. L'interessato argomentava, inoltre, nel senso dell'ammissibilità del proprio ricorso, in quanto diretto - a differenza di quello proposto nel giudizio di ottemperanza già definito - all'autonoma impugnazione dell'atto acquisitivo ritenuto illegittimo, perseguendo la diversa finalità di far dichiarare decaduto il Comune dalla facoltà di scelta del ristoro nummario in funzione dell'acquisizione sanante. 3 Il Tribunale definiva il nuovo giudizio con la sentenza n. 658/2014 in epigrafe, emessa ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm., con la quale il ricorso veniva dichiarato inammissibile. La decisione poggiava sulla motivazione di seguito trascritta. "Il Comune di Terrasini si è costituito in giudizio eccependo l'inammissibilità del ricorso sotto diversi profili. Eccepisce il Comune resistente che il provvedimento impugnato - ossia la determinazione n. 7/A5 del 24/1/2013 emessa dal Capo Area V - Lavori Pubblici e manutenzione del Comune di Terrasini - è stato adottato in esecuzione della sentenza n. 1883/2012, passata in giudicato, e costituisce infatti l'atto amministrativo in virtù del quale il successivo ricorso per l'ottemperanza della citata sentenza è stato dichiarato improcedibile per cessata materia del contendere con sentenza n. 650/2013. Risulta infatti dagli atti del giudizio, e dalla citata sentenza n. 650/2013, che con deliberazione n. 52, del 14 novembre 2012 il Comune di Terrasini ha manifestato la volontà di acquisire al patrimonio immobiliare comunale i terreni oggetto della decisione sopra richiamata (n. 1883/2012), avviando il procedimento ex art. 42 bis, in ottemperanza alla sentenza del Tar n. 1883/2012. Risulta ancora che tale deliberazione è stata inviata al sig. Cu. e ricevuta in data 22 novembre 2012, e che il procedimento di acquisizione risulta concluso in data 24 gennaio 2013 con determinazione n. 7/A5, oggetto oggi del presente ricorso. Il sig. Cu. Gi. non ha impugnato né la sentenza n. 1883/2012 né la sentenza n. 650/2013 relativa al successivo giudizio di ottemperanza, entrambe passate in giudicato, e pertanto il presente ricorso, proposto per l'annullamento della determinazione n. 7/A5, deve essere dichiarato inammissibile, atteso che la presente impugnativa non solo riguarda un atto direttamente esecutivo della sentenza n. 1883/2012 (passata in giudicato), ma risulta sostanzialmente caratterizzata dall'identità del contendere sotteso al precedente ricorso definito con la sentenza n. 650/2013 (passata in giudicato) che su quel provvedimento si fonda. Infatti, anche la domanda da ultimo precisata dal ricorrente, ossia di dichiararsi decaduto il Comune di Terrasini dalla facoltà di scelta del ristoro numerario in funzione dell'acquisizione sanante, risulta assorbita dal giudicato della sentenza n. 650/2013, avendo l'ente locale, con il provvedimento impugnato, dato piena ottemperanza alla sentenza optando irreversibilmente per l'acquisizione legale del terreno a suo tempo illegittimamente occupato. Peraltro, risulta agli atti del giudizio, non soltanto che il ricorrente non ha impugnato le sentenze n. 1883/2012 e n,650/2013 di questo Tar con riferimento all'acquisizione dei terreni, ma che ha invece proposto ricorso (ex art. 702 bis c.p.c. e 3 e 29 D.Lgs. n. 150/2011) dinanzi al Giudice ordinario al fine di ottenere un maggiore indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale sofferto (la causa iscritta al n. R.G. 449/2013 è attualmente pendente dinanzi alla Cortedi Appello di Palermo); con ciò avendo, il ricorrente, manifestato piena acquiescenza verso il provvedimento di acquisizione dei terreni oggi impugnato (e verso le citate sentenze di questo Tar), con conseguente inammissibilità del presente ricorso finalizzato alla retrocessione e restituzione dei beni. In conclusione, il ricorso è inammissibile per i suesposti motivi." 4 La vicenda processuale fin qui esposta s'intersecava con la coeva iniziativa contenziosa assunta dai sigg. Ma. Fa. Co., Gi., Sa. e Se. con riferimento a una proprietà contigua a quella dianzi indicata, ossia rispetto al terreno edificato di cui al foglio di mappa n. (omissis), del Comune di Terrasini, con la medesima Torre saracena ivi asseritamente insistente (iniziativa che avrebbe dato luogo anche alla correlativa opposizione di terzo che sarebbe stata proposta dal sig. Cu.). 4a I sigg. Ma. Fa., infatti, esponendo di essere proprietari di tale fondo (con annessa costruzione e antica torre saracena di avvistamento), a suo tempo occupato anch'esso in via d'urgenza dal Comune e adibito a parco urbano, avevano adìto anche loro vittoriosamente lo stesso T.A.R., ottenendo la sentenza annullatoria n. 485/2013 (rimasta anch'essa inappellata), con la quale il Tribunale aveva accertato l'obbligo comunale di restituire a essi ricorrenti il complesso immobiliare occupato provvedendo al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima, ovvero, in alternativa, l'obbligo di procedere all'acquisizione dei beni tramite un valido titolo di acquisto, eventualmente in applicazione dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, con il connesso indennizzo e il risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima. | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 4 2 - 28/02/2019 16:15:19 |
Quarta parte 4b I sigg. Ma. Fa. avevano di lì a poco quindi agito dinanzi al T.A.R. con ricorso n. 2537/2013 al fine di ottenere l'ottemperanza al giudicato di cui alla sentenza n. 485/2013, e, contestualmente, l'annullamento della determinazione n. 128/A5 del 3 settembre 2013 con la quale il Comune, pur disponendo l'acquisizione dei loro beni ai sensi dell'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, aveva però deliberato la non spettanza di alcuna somma a titolo di indennizzo e risarcimento, affermando che le relative somme coincidevano con quelle da loro già svincolate e incassate in virtù della deliberazione n. 73 del 29/3/2005. Gli interessati opponevano che quest'ultimo provvedimento aveva avuto ad oggetto solo l'indennità provvisoria di esproprio, la quale non comprendeva, quindi, né il valore venale dei beni, né il risarcimento dei danni per il periodo di occupazione illegittima: onde la deliberazione n. 128/A5 del 3 settembre 2013 si sarebbe posta in contrasto con il giudicato. Il Comune si costituiva in giudizio in resistenza al ricorso in ottemperanza dei sigg. Ma. Fa. eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice adito, sul rilievo che la giurisdizione in ordine alla quantificazione dell'indennità ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001 spettava al giudice ordinario, e opponendo, altresì, che i ricorrenti non sarebbero stati proprietari dell'immobile denominato "Torre Alba". 4c Il medesimo T.A.R. veniva però investito anche di una opposizione di terzo da parte del sig. Cu., che con ricorso n. 2218/2016, notificato il 27/9/2016 e ritualmente depositato, impugnava la sentenza n. 485/2013 già resa in senso favorevole ai sigg. Ma. Fa., lamentando di essere stato pretermesso dal relativo giudizio nonostante la propria qualità di reale proprietario del compendio di Torre Alba. L'opponente esponeva, difatti, di aver acquistato da una Congregazione di Suore il Compendio di Torre Alba (costituito da un fondo di 2 ettari con edifici, tra cui la Torre), con atto 31 luglio 1980, rep. n. 20542; e che la signora Bo. e alcuni componenti della famiglia Ma. Fa. con la sentenza della Corte di Cassazione 15/12/1978 n. 5999 avevano vinto un'azione di rivendica avente a oggetto, però, unicamente la proprietà di un appezzamento di terreno esteso 1308 mq sul quale insisteva la sola casa di villeggiatura iscritta al catasto terreni alla partita n. (omissis), con la conseguente condanna al rilascio di tale terreno e alla costituzione di una servitù di accesso a favore della medesima particella n. (omissis). Il Cu. puntualizzava, altresì, quanto segue: - il Comune con la originaria determinazione n. 88/2004 aveva disposto l'ablazione dell'intero compendio costituito dalle partt. n. (omissis); - avverso detta determinazione egli aveva proposto gravame, qualificandosi come proprietario anche di Torre Alba, e detto gravame era stato accolto con la sentenza n. 1883/2012; - il Comune aveva in seguito acquisito al proprio patrimonio, con la determinazione n. 7 A/5 del 24 gennaio 2013, i beni di cui alle particelle n. (omissis): determinazione da lui impugnata con ricorso poi disatteso dal T.A.R. con la sentenza n. 658/2014 (che non metteva peraltro in discussione la sua proprietà di Torre Alba), avverso la quale esso opponente aveva quindi proposto appello; - la prima determinazione comunale di acquisizione n. 88/2004 era stata parimenti impugnata dai sig.ri Ma. Fa., con il ricorso accolto con la sentenza n. 485/2013, sull'erroneo presupposto, però, che essi fossero proprietari anche di Torre Alba. Da tutto ciò l'assunto di fondo dell'opponente che la detta sentenza n. 485/2013 avrebbe leso i suoi diritti di proprietario di Torre Alba. L'opponente impugnava anche, nell'occasione, la determina comunale di acquisizione n. 128 A/5 del 3 settembre 2013, che allegava essere viziata perché egli non era stato parte del relativo procedimento, e poiché comunque dal Comune non era stata valutata l'opzione di restituire il compendio, tenuto conto che i beni non avevano subìto alcuna irreversibile trasformazione. Egli chiedeva al giudice amministrativo, infine, una statuizione sull'esatto oggetto del proprio diritto di proprietà , nel senso che Torre Alba sarebbe appartenuta a lui. I sigg. Ma. Fa. si costituivano in giudizio in resistenza all'opposizione di terzo obiettando che il sig. Cu. non aveva mai acquistato la proprietà di Torre Alba, di talché egli non doveva essere parte del giudizio conclusosi con la sentenza n. 485/2013, e concludevano per il rigetto dell'opposizione. 4d Il T.A.R. per la Sicilia con la seconda delle sentenze in epigrafe, la n. 653/2017, riuniti il ricorso in ottemperanza dei sigg. Ma. Fa. e quello in opposizione di terzo del sig. Cu., così statuiva in proposito: - respingeva l'opposizione di terzo, giudicata infondata "per non avere provato il ricorrente la titolarità della proprietà di Torre Alba"; - dichiarava inammissibile il ricorso dei sigg. Ma. Fa. per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il Tribunale a supporto di questo secondo capo della sentenza svolgeva la seguente motivazione. "Invero, detto ricorso ha ad oggetto il provvedimento (v. deliberazione n. 128/A5 del 3/9/2013) con il quale il Comune, in asserita esecuzione della sentenza n. 485/2013, ha disposto l'acquisizione dei beni di proprietà dei signori Ma. Fa., ai sensi dell'art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001, deliberando la non spettanza di alcuna somma a titolo di indennizzo e risarcimento, assumendo che dette somme siano compensate con quelle svincolate ed incassate in virtù di delibera n. 73 del 29/3/2005. I ricorrenti non chiedono la restituzione dei beni, ma si limitano a contestare il quantum del risarcimento. Orbene, la controversia relativa alla determinazione e corresponsione delle somme spettanti ai sensi dell'art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario e alla competenza, in unico grado della Corte d'appello, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza civile e amministrativa da cui arresti il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi (v. Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2016, n. 3878 - che richiama i principi di cui alla sentenza dell'Ad. Plen. 9 febbraio 2016, n. 2 e Cass. civ., s.u., 25 luglio 2016, n. 15283)." 5 Le menzionate sentenze di primo grado nn. 658/2014 e 653/2017 venivano a loro volta gravate mediante gli appelli dei quali questo Consiglio si trova ora investito. 5a Il sig. Cu. proponeva appello contro la sentenza n. 658/2014, concernente la propria impugnativa avverso la determina comunale di acquisizione n. 7/A5 del 24 gennaio 2013. Egli insisteva nelle proprie domande e deduzioni con una successiva memoria. Il Comune si costituiva in giudizio avverso tale nuovo gravame, deducendone l'inammissibilità e comunque l'infondatezza. Questo Consiglio respingeva la domanda cautelare corredante l'appello con ordinanza n. 333/2014. 5b In parallelo, la sentenza di primo grado n. 653/2017 formava oggetto di appello tanto, in via principale, da parte dei sigg. Ma. Fa., che contestavano la declinatoria di giurisdizione pronunciata dal T.A.R. sul loro ricorso in ottemperanza insistendo sulla propria pretesa indennitaria e risarcitoria, quanto, in via incidentale, da parte del sig. Cu., nella parte reiettiva della sua opposizione di terzo. Il Comune si costituiva anche in tale giudizio di secondo grado, concludendo per la reiezione dei due appelli, principale e incidentale, in quanto infondati e comunque inammissibili. | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 4 3 - 28/02/2019 16:17:15 |
Quinta parte 5c Questo Consiglio con ordinanza istruttoria 30 maggio 2018 n. 316, riuniti gli appelli indicati, disponeva una consulenza tecnica sulla titolarità della proprietà della Torre saracena al tempo dell'acquisizione disposta dal Comune di Terrasini, affidando l'incombente al presidente del Consiglio notarile di Roma, ovvero altro notaio da questi designato. Il c.t.u. incaricato, nella persona del notaio prof. Francesco Gerbo, trasmetteva la propria relazione finale in data 21 novembre 2018. Tutte le parti costituite presentavano, in seguito, delle ulteriori memorie e degli scritti di replica. Alla pubblica udienza del 16 gennaio 2019 gli appelli sono stati nuovamente e definitivamente trattenuti in decisione. 6 I due appelli principali devono essere respinti in quanto infondati, mentre l'appello incidentale del sig. Cu. va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d'interesse. 7 L'esame del Consiglio può muovere dall'appello proposto in via principale da parte dei sigg. Ma. Fa. avverso la sentenza di primo grado n. 653/2017, con la quale il T.A.R. ha declinato la propria giurisdizione sul loro ricorso in ottemperanza. La declinatoria oggetto di contestazione resiste alle critiche dedotte dagli appellanti e merita di trovare conferma. 7a Rileva introduttivamente il Collegio che la proprietà degli appellanti figura investita dalla determina comunale di acquisizione del 3 settembre 2013: il Comune nella stessa determinazione ha espresso l'avviso, tuttavia, che agli interessati non competesse in concreto l'indennizzo previsto dall'art. 42-bis T.U. cit., in quanto essi avevano in precedenza già accettato e ottenuto l'indennità espropriativa provvisoriamente determinata, la quale avrebbe dovuto reputarsi, secondo l'Ente, già satisfattiva delle loro ragioni. Occorre poi rammentare, stavolta sul piano normativo, che l'art. 133, comma 1, lett. g), del c.p.a., nell'includere nell'area della giurisdizione amministrativa esclusiva "le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità ", tiene nel contempo ferma "la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa". 7b Orbene, la controversia in esame verte, nel merito, sul punto se anche agli appellanti competa l'indennizzo previsto dall'art. 42-bis T.U. cit., come si sostiene con il presente appello, o se invece, come assunto dal Comune con il proprio atto di acquisizione, i medesimi debbano ritenersi già tacitati con la corresponsione dell'indennità espropriativa provvisoriamente determinata e da loro accettata. Il Collegio deve allora subito sottolineare che la controversia, pur riguardando formalmente l'ottemperanza del giudicato formatosi sulla sentenza del T.A.R. n. 485/2013, rinviene il suo petitum sostanziale proprio nel conseguimento del complessivo trattamento indennitario previsto dalla norma di legge testé citata. La causa, pur non riguardando solo il mero quantum dell'indennizzo ex art. 42 bis, ma anche il relativo an debeatur, non per questo esula dal genus delle cause concernenti "la determinazione ... delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa", riguardando essa comunque e pur sempre la misura del trattamento indennitario, lato sensu considerato, di competenza delle appellanti. La controversia si conferma dunque appartenente alla giurisdizione del G.O.. 7c La giurisprudenza della Corte regolatrice (Cass. civ., SS.UU., ord. 29 ottobre 2015, n. 22096; sentenza 25 luglio 2016, n. 15283) ha insegnato, difatti, che le controversie concernenti la determinazione dell'indennizzo previsto in caso di adozione dell'atto di acquisizione sanante di cui all'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 sono devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario, e questo essenzialmente in ragione della natura indennitaria, piuttosto che risarcitoria, della relativa obbligazione pubblica. In particolare, la Corte ha precisato, infatti, che " ... la complessiva disciplina di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42-bis consente di prefigurare - in prima approssimazione e senza pretesa di completezza - quantomeno due grandi categorie di controversie, a seconda che il loro oggetto sia costituito dalla denuncia di illegittimità del "provvedimento di acquisizione" (ad esempio, per incompetenza o per vizi di motivazione del provvedimento: commi 4 e 5) e dalla eventuale consequenziale richiesta di risarcimento del danno (artt. 7 e 30 cod. proc. amm.), oppure dalla domanda di "determinazione" (ad esempio, controversia sul quantum) o di "corresponsione" (ad esempio, controversia per omesso o ritardato pagamento) "delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa": in linea di massima ed in stretta applicazione dell'art. 133, comma 1, lett. g), cod. proc. amm. e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53 - è del tutto evidente che la prima categoria di controversie deve ritenersi attribuita alla giurisdizione del Giudice amministrativo, mentre la seconda deve ritenersi attribuita alla giurisdizione del Giudice ordinario ..." (ord. n. 22096/2015 cit.). E non pare dubbio che la causa in trattazione debba essere fatta rientrare in questa seconda categoria, e non nella prima. I precedenti giurisprudenziali richiamati a fondamento dell'appello in trattazione risultano quindi superati, per avere la giurisprudenza successiva ormai definitivamente chiarito, e anche recentemente ribadito (Cass. civ., SS.UU., 2 febbraio 2018, n. 2583; 12 giugno 2018, n. 15343, e 8 novembre 2018, n. 28573), appunto, quanto segue: " ... la controversia relativa alla determinazione e alla corresponsione dell'indennizzo, globalmente inteso, previsto per la c.d. acquisizione sanante di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42-bis, è devoluta, in unico grado, alla Corte di appello, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53, comma 2 e dell'art. 133, lett. ult. parte, c.p.a., secondo la regola generale dell'ordinamento posta in tema di determinazione giudiziale delle indennità dovute nell'ambito di un procedimento espropriativo, a ristoro della privazione o compressione del diritto dominicale dell'espropriato, e ciò in quanto: a) il provvedimento di acquisizione sostituisce il regolare procedimento ablativo prefigurato dal T.U. sulle espropriazioni, in quanto contiene uno actu sia la dichiarazione di pubblica utilità sia il decreto di esproprio, e costituisce "una sorta di procedimento espropriativo semplificato" innestato su un precedente procedimento espropriativo irrimediabilmente viziato o, comunque, fondato su titolo astrattamente annullabile sub judice (vedi in tal senso Corte Cost. n. 71 del 2015 e Su n. 22096 del 2015); b) a fronte dell'esercizio di tale eccezionale potere espropriativo, il privato che ha perduto la proprietà del suo immobile ha diritto ad un "indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale" subito, che, proprio perché dovuto in relazione alla perdita del diritto reale, ha natura indennitaria, e va liquidato in riferimento a tutte le componenti specificamente previste dalla legge in riferimento a tale fattispecie (valore venale, pregiudizio non patrimoniale e interesse del cinque per cento annuo per il periodo di occupazione; cfr. Cass. SU n. 15283 del 2016 cit.)" (così la sentenza della Corte regolatrice n. 28573/2018 cit.; sul relativo principio cfr. anche C.d.S., IV, 29 settembre 2017, n. 4550; C.G.A., 21 marzo 2018, n. 165). | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 4 3 - 28/02/2019 16:21:23 |
Sesta parte 7d Né vale invocare, in contrario, il giudicato annullatorio che i sigg. Ma. Fa. avevano in precedenza ottenuto con la sentenza del T.A.R. n. 485/2013. Tale giudicato lasciava impregiudicata la possibilità di applicare al debito comunale che sarebbe scaturito da un'eventuale acquisizione ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, secondo le regole generali, una compensazione con eventuali controcrediti. E la controversia insorta in proposito non può che sfuggire alla giurisdizione amministrativa di ottemperanza e appartenere all'A.G.O., vertendo pur sempre sull'indennità di spettanza degli interessati ai sensi del citato art. 42-bis. È, del resto, del tutto frequente che a monte di un'acquisizione ex art. ult. cit. esista un giudicato annullatorio di atti ablatori reso dal giudice amministrativo (cfr. il primo periodo del comma 2 dell'articolo). Sicché la tesi degli appellanti sulla vis attractiva del giudizio amministrativo di ottemperanza svuoterebbe il riconoscimento, ormai invalso, che la giurisdizione sull'indennizzo discendente dall'acquisizione appartiene all'ambito della giurisdizione ordinaria (si vedano, proprio nel senso che anche in presenza di simili giudicati la giurisdizione indicata appartenga al G.O., C.d.S., IV, 15 settembre 2016, n. 3878, e 25 gennaio 2018, n. 500). La Corte di Cassazione (SS.UU. civili, 8 novembre 2018 n. 28573) ha poi da ultimo escluso che l'asserita incongrua liquidazione degli indennizzi dovuti in relazione a delibere di acquisizione sanante costituisca di per sé un'elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di un giudice amministrativo che si era limitato a ordinare, in alternativa alla restituzione dei beni occupati ai legittimi proprietari e al risarcimento del danno per l'occupazione illegittima, l'acquisizione di uno o più dei detti beni e il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, senza nulla statuire, al di là del rinvio ai criteri di legge, in ordine al concreto valore venale dei beni e alle modalità della relativa stima. E questa soluzione s'impone anche nell'analoga fattispecie concreta, anche alla luce di quanto verrà evidenziato nel prossimo paragr. 8h per la vicenda, del tutto simile, dell'acquisizione contestata dal sig. Cu.. 8 Passando all'esame dell'appello principale del medesimo sig. Cu. contro la sentenza n. 658/2014 in epigrafe, che ne ha dichiarato inammissibile l'impugnativa avverso la determina di acquisizione n. 7/A5 del 2013 emessa dal Comune, il Collegio ritiene che la sicura infondatezza sostanziale del gravame giustifichi la sua immediata trattazione nel merito, potendosi quindi prescindere dalle più complesse e opinabili problematiche di rito sulle quali il Tribunale ha concentrato la propria attenzione. Tanto premesso, l'esame dell'impugnativa verrà incentrato sui contenuti di censura che sono propri dell'originario ricorso introduttivo del sunnominato, atteso che i numerosi motivi nuovi aggiunti ai primi in occasione dell'atto di appello devono reputarsi inammissibili (come da avviso dato alle parti all'odierna udienza pubblica), sia perché tardivi, sia perché incompatibili con il divieto di nova in appello sancito dall'art. 104 c.p.a.. 8a Il primo mezzo concerne l'asserita mancanza di una comunicazione di avvio del procedimento di acquisizione dell'immobile del ricorrente al patrimonio comunale. In proposito parte ricorrente ha segnatamente dedotto, a tempo debito, i seguenti, specifici profili di censura: - l'interessato ha ricevuto la notifica della gravata determinazione di acquisizione l'11 febbraio 2013, senza che gli fosse preventivamente comunicato l'avvio del relativo procedimento; - la determinazione faceva richiamo a una nota del 22 novembre 2012 con la quale sarebbe stata operata la comunicazione di avvio del procedimento: questa non sarebbe stata, però, mai ricevuta dal destinatario, che ne avrebbe acquisito contezza solo dopo l'11 febbraio 2013: da qui l'assunto di parte della tardività dell'avviso di avvio del procedimento, "in quanto non è stato comunicato preliminarmente all'adozione ...del provvedimento di acquisizione"; - nel testo della suddetta nota di avviso, inoltre, l'oggetto del procedimento avviato sarebbe stato indicato solo parzialmente, omettendosi di specificare che il procedimento avrebbe avuto a oggetto anche la stima dell'immobile acquisendo e le conseguenti liquidazioni indennitarie previste dall'art. 42- bis sopra cit.. La doglianza di carenza di contraddittorio è stata quindi formulata, a suo tempo, con esclusivo riguardo ai particolari profili d'impugnativa appena esposti. 8b Tali rilievi sono però infondati. 8b1 Dalla produzione documentale dell'Amministrazione è emerso, infatti, che la menzionata nota comunale del 22 novembre 2012, spedita lo stesso giorno, è pervenuta alla residenza anagrafica del suo destinatario l'8 gennaio del 2013 (cfr. sul punto anche l'atto di appello alla pag. 29), e pertanto, sebbene in ritardo, comunque ben prima che venisse assunta l'impugnata determina di acquisizione del 24 gennaio 2013. Se l'interessato avesse operato con diligenza, quindi, avrebbe sicuramente potuto far valere le proprie ragioni nel procedimento (anche, se del caso, chiedendo, alla luce del ritardo postale, un nuovo ampio termine per controdedurre); non va dimenticato, del resto, che egli era stato messo sull'avviso della possibilità che il Comune si determinasse all'acquisizione della proprietà in questione sin dalla sentenza del T.A.R. n. 1883 del 19 settembre 2012. Il Comune, infine, aveva trasmesso la propria nota del 22 novembre 2012, con atto del successivo 7 dicembre, anche al legale che all'epoca assisteva il sig. Cu., e avrebbe curato la proposizione del suo ricorso straordinario. 8b2 È poi il caso di aggiungere che la determina di acquisizione del 24 gennaio 2013 recava già menzione, nel proprio preambolo, della precedente delibera di G.M. del 14 novembre 2012, definendola -oltretutto- come l'atto con il quale "la Giunta Comunale ha manifestato la volontà di acquisire al patrimonio indisponibile dell'amministrazione" i fondi interessati. Di conseguenza, l'interessato avrebbe avuto tutto il tempo di far valere già ab origine, in occasione del proprio ricorso straordinario del giugno del 2013, anche il distinto e ulteriore profilo impugnatorio, articolato invece tardivamente solo in appello, per cui alcuna comunicazione di avvio gli era stata fatta entro la data della detta deliberazione giuntale (14 novembre 2012), in tesi da identificare, in pratica, come il reale atto decisionale del Comune nel senso di procedere all'acquisizione in discorso. | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 4 2 - 28/02/2019 16:23:34 |
Settima parte 8b3 Tornando alle limitate censure tempestivamente dedotte dal sig. Cu., a questi non giova nemmeno il rilievo che nella nota di avviso del 22 novembre 2012 il Comune avrebbe omesso di specificare che il procedimento che si andava aprendo avrebbe avuto a oggetto, oltre all'acquisizione, anche la stima dell'immobile acquisendo e le conseguenti liquidazioni indennitarie di cui all'art. 42 bis cit.. La stessa nota, recando in "oggetto" l'indicazione "Comunicazione di avvio del procedimento acquisitivo degli immobili ... ai sensi dell'art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001", richiamava pur sempre univocamente quest'ultimo articolo legislativo, sì da porre l'interessato in agevole condizione di avvedersi, sol che avesse letto l'articolo di legge menzionatovi, dei complessivi contenuti, anche indennitari, che avrebbero connotato l'emanando atto di acquisizione. D'altra parte, l'art. 8 della legge n. 241/1990 prescrive all'Amministrazione di rendere noto -per quanto qui rileva- "l'oggetto del procedimento promosso", e non anche d'indicare anticipatamente tutti i futuri possibili contenuti del provvedimento che all'esito potrebbe scaturirne. 8b4 Il primo motivo dedotto a tempo debito dal sig. Cu. risulta, dunque, infondato. 8c Il suo secondo mezzo verte sulla tempistica dell'azione amministrativa comunale. Il ricorrente rammenta che la sentenza del T.A.R. n. 1883/2012, nel disporre che il Comune avrebbe dovuto restituire al privato il suo complesso immobiliare provvedendo al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima, ovvero, in alternativa, procedere alla sua acquisizione in applicazione dell'art. 42-bis cit., con il connesso indennizzo e il risarcimento per l'occupazione illegittima, aveva anche aggiunto che il Comune avrebbe dovuto determinarsi "in ordine alla restituzione o all'acquisizione dei terreni in questione entro sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore", della sentenza stessa. Ciò premesso, mentre la sentenza era stata notificata all'Ente già il 27 settembre - 1° ottobre 2012, la determina di acquisizione era stata assunta soltanto il 24 gennaio 2013, e pertanto oltre i sessanta giorni assegnati dal Tribunale. Da qui la censura di parte di violazione dell'art. 2, comma 1, della legge n. 241/1990, nonché di eccesso di potere, discendente dalla violazione del termine suddetto, scadenza che secondo parte ricorrente avrebbe avuto carattere decadenziale. | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 4 2 - 28/02/2019 16:26:51 |
Ottava parte 8e Il terzo mezzo, rubricato mediante richiamo all'art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990, fa riferimento alla circostanza che nella determina di acquisizione del 24 gennaio 2013 non fossero stati indicati il termine né l'autorità cui sarebbe stato possibile ricorrere. | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 5 3 - 28/02/2019 16:31:48 |
Nona parte C'È una parola non ammesso a dal filtro antispam, non posso continuare, Sorry | |
Da: tar2016 | 2 - 28/02/2019 20:27:07 |
Passante... basta andare sul sito giustizia amministrativa per scaricare la sentenza... | |
Da: Un passante Reputazione utente: +166 | 1 2 - 28/02/2019 22:19:53 |
Hai ovviamente ragione, io stesso l'ho presa là con una lungace faticosa ricerca di oltre 30 secondi, ma visto che c'è gente che chiede si suppone non lo sappia fare... Sai, sul lavoro e nella vita sento cose circa computer ed informatica che indurrebbero Bill Gates al suicidio, e nemmeno io mi sento tanto bene a volte... Comunque torno a precisare che chi dovesse mai passare alla Torre Alba deve andare a festeggiare... Sembra proprio un posto bellissimo! Dopo gli orali organizzate un tour... Saluti passanti alle feste altrui pensanti essendo dalle proprie assai assai distanti... | |
Da: tar2016 | 01/03/2019 09:25:39 |
Passante sei troppo buono... speriamo nel.tour allora | |
Da: quattrocodici | 01/03/2019 18:13:33 |
Grazie, Un Passante. | |
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