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Da: sara18/12/2008 12:23:48
ma non è dlgs196/2003

Da: giuseppe18/12/2008 12:24:00
ragazzi è 196/03 non 06 state attenti

Da: mario18/12/2008 12:24:08
ECC.MA CORTE D' APPELLO DI CATANZARO
COMPARSADI RISPOSTA
PER: TIZIO, residente in ââ., codice fiscale nâââ., selettivamente domiciliato presso lo studio dellâAvv. â.., sito in ââ, viaâ.., che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al presente atto- APPELLATO
CONTRO: Caio, rappresentato e difeso dallâAvvââ.- APPELLANTE
FATTO
Con atto di citazione notificato il 16.10.2006 il Sig. Tizio conveniva dinanzi al Tribunale diââ il Sig. Caio, perottenerne la condanna al pagamento di Euroâââ., a titolo di risarcimento danni.
Nella contumacia dellâodierno appellante il Tribunale diâ., con la sentenza impugnata nâ. delâ., condannava il Sig. Caio al risarcimento dei danni, liquidato in Euro, oltre al pagamento delle spese di giudizio.
Il Sig. Caio, ritenendo ingiusta la predetta sentenza, con atto notificato in data ...., ha proposto appello chiedendo, la riforma della predetta sentenza.
DIRITTO
Il Sig. Caio fondava il proprio atto di appello sul presupposto che lâatto introduttivo del giudizio di primo grado fosse affetto da nullità. Ed invero, si era verificato che lâufficiale giudiziario, addetto allâufficio notifiche, avesse effettuato la notificazione a mani del Sig. Sempronio, figlio del Sig. Caio, inabilitato sin dal gennaio 2006 e, quindi, anche allâatto della ricezione della notifica. Poiché il Sempronio non aveva comunicato lâavvenuta notifica del predetto atto giudiziario al Sig. Caio, a causa di contrasti familiari, questâultimo lamenta, nel proprio atto di appello, la nullità dellâatto introduttivo del giudizio di primo grado in quanto Sempronio era inabilitato, e la notifica avrebbe dovuto essere effettuata quanto meno al suo curatore e, conseguentemente, di non aver avuto legale conoscenza dellâatto giudiziario notificato a suo carico.
Lâappello proposto dal Sig. Caio è infondato, e se ne chiede lâintegrale rigetto per i motivi che di seguito si espongono.
In proposito la Giurisprudenza è chiara. La norma di riferimento è quella di cui allâart. 139 c.p.c., comma 2, la quale dispone che se il destinatario non viene trovato nella casa di abitazione o dove ha l'ufficio o esercita l'industria o il commercio, l'ufficiale giudiziario consegna copia dell'atto ad una persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda, purchè non minore di 14 anni e non palesemente incapace.
Il limite di validità della predetta notifica è quindi quello della palese incapacità di chi riceve lâatto, legalmente equiparata all'immaturità di un minore di anni 14.
Nel caso di specie, lâatto è stato notificato a mani di Sempronio, colpito da provvedimento di inabilitazione. Orbene l'inabilitazione si applica al maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione (art. 415 c.c., comma 1); o anche a chi, per prodigalità o abuso abituale di bevande alcoliche o stupefacenti, esponga se o la famiglia a gravi pregiudizi economici; o infine, al sordo o al cieco dalla nascita o dalla prima infanzia che non abbia ricevuto un'educazione sufficiente (art. 415 c.c., commi 2 e 3). Nel nostro caso Sempronio, pur essendo ancora minore di età al momento dellâintervenuta inabilità, poteva essere soggetto al provvedimento in questione poiché la previsione applicabile è quella relativa allâart. 416 c.c. il quale dispone che il minore non emancipato che si trovi nellâultimo anno di minore età può essere inabilitato, ma lâinabilitazione avrà efficacia dal giorno del raggiungimento della maggiore età.
In tutti i casi, l'effetto legale dell'inabilitazione è solo l'annullabilità degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione posti in essere dall'inabitato senza l'assistenza del curatore e l'osservanza delle formalità prescritte.
Si tratta, dunque, di una limitazione dei poteri di gran lunga minore di quella derivante da incapacità assoluta; non incidente sul compimento di un mero fatto giuridico, quale la ricezione di un atto giudiziario, priva di alcun profilo volitivo, che resta preclusa, come detto, al solo minore di anni 14 o al soggetto palesemente incapace, quale certo non è un soggetto inabilitato - e tanto meno, in ipotesi, per prodigalità o sordità - che ha bisogno dell'assistenza del curatore unicamente per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione (e nemmeno, necessariamente, per tutti:art. 427 c.c., comma1. Ne consegue dunque che la notifica dell'atto di citazione introduttiva del giudizio di merito è immune dal vizio censurato dallâodierno appellante.
P.T.M.
si chiede che lâecc.ma Corte d' Appello di .... voglia, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, rigettare in toto l' appello proposto dal Sig. Caio.
Con conseguente condanna del Sig. Caio al pagamento delle spese del presente giudizio.
Dichiara di voler ricevere gli avvisi e le comunicazioni a mezzo fax al n. .... (oppure) all'indirizzo di posta elettronica....@....it.
Catanzaro,â.
Avvââââ..
Procura
Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento, l'Avvââââ.., conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, compresa quella di transigere, incassare quietanza ad altre parti terza e conciliare, chiamare in causa terzi, farsi sostituire,eleggere domicilio, nominare e/o revocare procuratori anche fuori distretto, anche con poteri disgiunti. Eleggo domicilio presso il suo studio in Catanzaro, viaââ..
Ai sensi e per gli effetti della legge n. 675/96, presto il mio consenso e autorizzo il trattamento dei miei dati personali per lâespletamento dellâincarico de quo

Firma Tizio


Vera la firma
Avv. ââââ..
manca l'allegazione del fascicolo di primo grado?
aggiungere rifrimenti alla sentenza?
Allora nn è completa da mandare ai ragazzi ??????????????????????????????????

Da: alessandro18/12/2008 12:24:15
avv anto
abbiamo scritto 100000 volte di citare la sentenza in quell'atto!

Da: sara..18/12/2008 12:24:38
sara, cambia nome troppi nomi uguali

Da: Agos18/12/2008 12:25:08
Ragà ma nessuno sa ancora niente riguardo all'Atto Penale?

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Da: car18/12/2008 12:25:09
E' stato chiarito se Tribunale o Corte d'Appello ?

Da: in attesa18/12/2008 12:25:14
civile:
davanti a quale ag ci si costituisce?
quali sono i documenti che si allegano?

Da: sejet18/12/2008 12:25:15
ragazzi... URGE AMMINISTRATIVO!!!!!!!!!!!

Da: peppi18/12/2008 12:25:16
Qualcuno riesce a fare l'atto di appello di penale???????????????????????????????
AIUTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Da: in attesa18/12/2008 12:25:18
civile:
davanti a quale ag ci si costituisce?
quali sono i documenti che si allegano?

Da: x alessandro18/12/2008 12:25:37
non è il dlgs 195/03 ???

Da: Azzeccagarbugli18/12/2008 12:25:41
Per la traccia di penale in Giurisprudenza l'orientamento consolidatosi è che in tema di lesioni personali cagionate durante lo svolgimento di una manifestazione sportiva, non ogni violazione delle regole del gioco, ne´ la commissione di un fatto per semplice ansia di risultato puo` dar luogo ad una responsabilita` penale dellâatleta, bensì` quelle sole scorrettezze che si pongano al di la` del rischio consentito o siano commesse per finalita` personali, giacche´ in questâultima ipotesi il soggetto risponderebbe di lesioni personali dolose o di percosse.

Nella fattispecie che ci occupa sembra che ci troviamo proprio dinanzi ad una situazione penalmente rilevante con conseguente penale responsabilità del prevenuto Sempronio anche perchè il fallo commesso da questi non è avvenuto a gioco in corso ma si è trattato di una vicenda tipicamente di colluttazione fisica e verbale.

In particolare, il limite del c.d. rischio consentito, oltre il quale si riespande la responsabilita` per colpa ovvero a titolo di dolo eventuale dellâagente, e` superato quando il fatto sia di tale durezza da comportare la prevedibilita` di pericolo serio dellâevento lesivo a carico dellâavversario, che in tal caso viene esposto ad un rischio superiore a quello accettabile dal partecipante medio. (Fattispecie nella quale il giudice ha ritenuto sussistere la scriminante non codificata dellâattivita` sportiva nei confronti della condotta di un giocatore di calcio che durante una partita aveva cagionato delle lesioni personali ad un giocatore della squadra avversaria) sia di tale durezza da comportare la prevedibilita` di pericolo serio dellâevento lesivo a carico dellâavversario, che in tal caso viene esposto ad un rischio superiore a quello accettabile dal partecipante medio. In proposito, deve premettersi che esiste, in dottrina e in giurisprudenza, un orientamento volto a qualificare lâattivita` sportiva come causa atipica di giustificazione dei fatti lesivi cagionati nello svolgimento di tale attivita` .
Inizialmente, tali fatti venivano considerati scriminanti in base allâesimente del consenso dellâavente diritto (art. 50 c.p.); lâobiezione principale mossa a tale opinione fa leva sulla considerazione che lâart. 5 c.c. stabilisce il divieto di atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dellâintegrita` fisica, cosicche´ la scriminante non puo` operare in relazione alle condotte produttive di lesioni permanenti. In seguito, si e` fatto riferimento alla scriminante dellâesercizio di un diritto (art. 51 c.p.), in quanto lo sport e` considerato dal nostro ordinamento attivita` socialmente utile e riceve in varia misura tutela e riconoscimento dalla legislazione statale (cfr.l. 16 febbraio 1942 n. 426, istitutiva del C.O.N.I.) e costituzionale (cfr. artt. 2, 9, 32 e 33, Cost.). E tuttavia,si e` fatto notare che tale qualificazione non consentirebbe di ricomprendere nellâa`mbito della causa di
giustificazione le pratiche sportive non organizzate ufficialmente (donde la rilevanza penale delle lesioni cagionate in occasione di attivita` sportive amatoriali, nonostante il fatto assuma il medesimo disvalore).
La giurisprudenza piu` recente della suprema Corte ha, cosi`, abbracciato la tesi della scriminante non codificata dellâattivita` sportiva, la cui configurabilita` si fonda su unâestensione analogica in bonam partem delle scriminanti tipizzate, estensione ormai pacificamente ammessa in dottrina ed in giurisprudenza
(v. Sez. V, 2 dicembre 1999, Rolla e Sez. IV, 12 novembre 1999, Bernava): tale causa di giustificazione trova la sua ragion dâessere nel fatto che la competizione sportiva e` non solo ammessa ed
incoraggiata dalla legge e dallo Stato per gli effetti positivi che svolge sulle condizioni fisiche della popolazione, ma e` anzi ritenuta dalla coscienza sociale come unâattivita` assai positiva per lâarmonico
sviluppo dellâintera comunita` (Sez. V, 2 dicembre 1999, Rolla, cit.). Questâultima soluzione appare preferibile rispetto alle altre due in quanto, oltre ad essere maggiormente rispondente alla peculiarita` del fenomeno sportivo, risulta applicabile, altresi`, alle attivita` sportive amatoriali ed anche oltre i limiti di cui allâart. 5 c.c.: invero, il soddisfacimento dellâinteresse generale della collettivita` a praticare lo sport puo` consentire al singolo lâassunzione del rischio di lesione di un interesse individuale relativo alla propria integrita` fisica.
Il problema e` quello di stabilire i confini di tale scriminante, nellâottica di un necessario bilanciamento dei vari interessi in gioco, non potendo certo ritenersi giustificata qualsiasi lesione comunque cagionata nel corso di una manifestazione sportiva.Sulla base della elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in materia,  i limiti di operativita` dellâesimente in questione siano costituiti dalla finalita` di gioco e dal c.d. rischio consentito.
Quanto al primo, esulano dallâambito di operativita` dellâesimente quelle condotte lesive volontariamente poste in essere per finalita` private non connesse allâattuazione del gioco: per restare al calcio,
si possono fare gli esempi del c.d. fallo di reazione ovvero del fallo commesso a scopo intimidatorio o per risentimento personale (si pensi alla testata o al pugno sferrato allâavversario). In tali ipotesi, lo
svolgimento della gara non e` che lâoccasione per ledere, cosicche´ saranno certamente configurabili i reati di percosse o di lesioni personali volontarie, i quali, viceversa, dovranno escludersi quando lâazione scorretta e violativa del regolamento di gara consista in un intervento volto a conseguire un vantaggio nel gioco, e cioe` nel diritto controllo e tiro del pallone, nel tentativo di impossessarsene e di contenderlo allâavversario o durante la corsa per introdursi nellâazione in attesa di ricevere il pallone in possesso di altri giocatori (cfr. Sez. V, 6 marzo 1992, Nasuti).
In questo senso, anche il c.d. fallo a gioco fermo, se nella maggior parte dei casi puo` dar luogo al reato di lesioni volontarie o di percosse come fallo di reazione o per risentimento, puo` risultare scriminato se posto in essere nel tentativo di avvantaggiarsi in vista della ripresa del gioco (come capita di frequente, ad es., per le â cinture â e gli spintonamenti precedenti alla battuta dei calci dâangolo).
Assai piu` delicata e` la questione concernente il secondo dei limiti della scriminante de qua, rappresentato dal rischio consentito: invero, malgrado lâintervento scorretto avvenga nel perseguimento
di una finalita` di gioco nel senso anzidetto, purtuttavia tale intervento, per rimanere al di qua del confine tra illecito sportivo ed illecito penale, non deve travalicare il rischio consentito da colui che partecipa ad una determinata pratica sportiva. In proposito, lâatleta ï¿" ad es. il giocatore di calcio ï¿" e` conscio della possibilita` , o addirittura della probabilita` , di essere irregolarmente atterrato con uno sgambetto o con una spinta non regolamentare, e, partecipando al gioco, tacitamente consente al rischio di subire, in
conseguenza di cio` , delle lesioni (in questo senso, v. Sez. V, 30 aprile 1992, Lolli; Trib. Aosta, 21 maggio 1997, Perucca).
Una contraria corrente giurisprudenziale, invece, senza fare riferimento al criterio del superamento del rischio consentito, afferma che la violazione delle regole della gara, anche se finalizzata
allâattuazione del gioco, da` sempre luogo quanto meno ad una responsabilita` per colpa: in altre parole, le regole avrebbero la funzione di individuare il margine di violenza tollerato dallâordinamento in relazione a ciascuna disciplina sportiva. In questo senso si sono pronunciati Trib. Firenze, 30 marzo
1982, Martina (fattispecie relativa al noto incidente occorso ad Antognoni), Trib. Venezia, 27 settembre
1999, Favotto e Sez. V, 2 dicembre 1999, Rolla, cit., che ha affermato che se il fatto si verifica nel corso di unâazione di gioco al fine di impossessarsi della palla o di impedire che lâavversario ne assuma il controllo, ed il mancato rispetto delle regole del gioco e` dovuto allâansia di risultato, certamente il fatto avra` natura colposa. In dottrina, poi, si e` affermato che â se si giustificano le lesioni sportive in forza di una scriminante atipica, fondata sulla rilevanza che assume lo sport nellâordinamento giuridico, e`
giocoforza sostenere che la rilevanza sociale delle pratiche sportive venga meno quando le regole entro cui queste devono essere esercitate non siano rispettate dagli atleti â.Sostenere che la violazione delle regole del gioco dia luogo, quanto meno, ad una responsabilita` per colpa, significa, in
relazione alle pratiche sportive c.d. a violenza eventuale (in cui, cioe` il contatto fisico e` proibito o ammesso in termini molto ristretti, come nel calcio o nel basket), rendere praticamente inapplicabile la scriminante dellâattivita` sportiva: invero, poicheï¿´ in tali attivita` la violenza non e` prevista come strumento
normale di gioco (nel calcio, ad es., e` ammesso unicamente lâintervento â spalla contro spalla â ï¿" art. 12
comma 4 n. 2 del regolamento di gara), la produzione di conseguenze lesive in queste discipline non puo`
essere ipotizzata, salvi gli scontri fortuiti, se non in seguito ad una violazione delle regole del gioco, a differenza di discipline quali il rugby od il pugilato in cui lâepisodio lesivo puo` ben realizzarsi anche in assenza di una violazione del regolamento sportivo. Pertanto, le lesioni cagionate in una partita di calcio configurerebbero quasi sempre il reato di lesioni colpose in quanto originate, nella maggior parte dei casi, da una violazione delle regole del gioco: una tale conclusione risulterebbe oltremodo penalizzante per un sereno e non condizionato svolgimento dellâattivita` sportiva e, soprattutto, si porrebbe in contrasto con lâessenza stessa del fenomeno sportivo e con lo spirito del legislatore che ha inteso ï¿" come detto ï¿" favorire e tutelare in larga misura la sua diffusione e la sua pratica nel nostro paese.
Neï¿´ possono essere condivise le argomentazioni che considerano penalmente rilevanti le violazioni commesse per ansia di risultato: questâultima, invero, costituisce lâin se dellâagonismo, il quale a sua volta rappresenta lâanima dellâattivita` sportiva e, dunque, proprio cio` che deve considerarsi scriminato ï¿" nei limiti che si diranno ï¿" in forza dellâesimente de qua. Parimenti, non puo` sostenersi ï¿" come affermato dalla sopracitata dottrina ï¿" che in tanto le pratiche sportive possono ricevere tutela giuridica e riconoscimento sociale in quanto le relative regole vengano rispettate dai partecipanti: invero, il riconoscimento del valore dello sport effettuato dallo Stato attraverso la legislazione ordinaria e costituzionale devâessere inteso come riferimento al fenomeno globalmente considerato nella sua usuale ed effettiva esplicazione; in altre parole, poicheï¿´ la violazione delle regole della gara nellâambito delle
varie discipline sportive e` cosa assolutamente ricorrente e connaturata al loro svolgimento in conseguenza
dellâimpegno agonistico dei partecipanti, il riconoscimento statale dello sport e` comprensivo anche della possibilita` di detta violazione con il conseguente venir meno ï¿" nei limiti appresso indicati ï¿" dellâantigiuridicita` degli episodi lesivi connessi allâesercizio dellâattivita` sportiva.
Deve, dunque, ritenersi che non ogni violazione delle regole del gioco ï¿" neï¿´ la commissione di un fallo per semplice ansia di risultato ï¿" possa dare luogo ad una responsabilita` penale dellâatleta, bens￱` quelle sole scorrettezze che si pongano al di la` del limite del rischio consentito. Tale limite ï¿" oltre il quale si riespande la responsabilita` per colpa ovvero a titolo di dolo eventuale dellâagente ï¿" e` superato quando il fallo (ovviamente commesso per finalita` di gioco, altrimenti il soggetto risponderebbe di lesioni personale dolose o di percosse) ï¿« sia di tale durezza da comportare la prevedibilita` di pericolo
serio dellâevento lesivo a carico dellâavversario, che in tal caso viene esposto ad un rischio superiore a quello accettabile dal partecipante medio. Infatti, il consenso al rischio del fallo non comprende anche
lâipotesi in cui sia posta coscientemente a repentaglio lâincolumita` del compartecipante alla gara, il quale legittimamente puo` aspettarsi dallâavversario, proprio in base alla leges artis, un comportamento agonistico ed anche rude, ma che non travalichi dal dovere di lealta` sportiva fino a trasmodare nel
disprezzo per lâaltrui integrita` fisica ï¿» (Sez. V, 30 aprile 1992, Lolli, cit.).

Tutto ciò premesso codesto difensore, così come emerge dalle risultanze del primo grado, ritiene che non sussiste la scriminante non codificata dell'attività sportiva.

Da: gio18/12/2008 12:26:14
2006 non 2008

Da: alessandro18/12/2008 12:26:15
si 196/03 scusate l'errore

Da: frenky18/12/2008 12:27:47
x azzeccagarbugli

PENALE
quindi quali sono i motivi dell'appello?
Puoi scrivere qualcosa anche su questo?

Da: sabrinella X ALESSANDRO18/12/2008 12:28:43
che ne pensi?
CORTE DâAPPELLO DI âââ.âââ.

ATTO D'APPELLO

PER

I Sig.ri Tizio, nato aââ., ilââ.., C.F. ââ.., residente inââ.., viaâââ., Caio, nato aââ., ilââ.., C.F. ââ.., residente inââ.., viaâââ., entrambi elettivamente domiciliati inâââ, viaââââ.., presso lo studio dellâAvvâââ., che li rappresenta e difende in virtù di procura alle liti in calce al presente atto

APPELLANTI

CONTRO

Il Sig. Sempronio, nato a ââ.., il ââ., C.F. ââ., residente inââ., viaâââ.., domiciliato inââ., viaâ.., presso lo studio dellâAvv. ââââ

APPELLATO

avverso la sentenza n. ....., emessa dal Tribunale di ....., in data ....., pubblicata il ....., notificata in dataââ.

* * *

PREMESSO CHE

*

con atto di citazione, notificato in data ....., Sempronio conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di ........, i Sig.ri Tizio e Caio per ottenere la declaratoria di inefficacia dellâatto di vendita, da Tizio a Caio, stipulato in data âââ.., a rogito Notar âââ., avente ad oggetto lâalienazione del diritto di proprietà sulla quota ideale del â.. % dellâimmobile commerciale sito in ââââ, via âââ.., contraddistinto al NCU del Comune di ââââ., al foglio âââ., particella âââ, sub âââ, da lui condotto in locazione in virtù di contratto stipulato in data âââââ.;
*

assumeva, a sostegno della propria richiesta la violazione del diritto di prelazione per omessa notifica della denunciatio che Tizio avrebbe dovuto effettuare ai sensi e per gli effetti di cui allâart. 38 Legge 27 luglio 1978, n. 392;
*

si costituivano in giudizio, con comparsa depositata in data â.., i sig.ri Tizio e Caio, i quali contestavano la domanda di parte attrice per inapplicabilità della normativa concernente il diritto di prelazione alle ipotesi di vendita di una quota del diritto di proprietà sullâimmobile;
*

Allâesito del giudizio, il Tribunale adito, con la sentenza definitiva n. â.., pubblicata in data ââ., condividendo la tesi difensiva di Sempronio, accoglieva la domanda sulla base delle seguenti motivazioni: 1) la finalità della disciplina contenuta negli artt. 38 e 39 L.n. 392/1978 è quella di unire la titolarità dellâimpresa a quella della proprietà dellâimmobile nel quale lâattività viene esercitata; 2) tale finalità sussiste anche quando lâimmobile sia di proprietà di più locatori, i quali dispongano ognuno di una quota ideale, ipotesi, questa, non espressamente esclusa dalla legge sullâequo canone; 3) lâacquisto della qualità di comproprietario, infatti, consolida la posizione del conduttore rappresentando un primo passo rispetto allâacquisizione della proprietà dellâintero locale; 4) negare il diritto di prelazione in relazione alla singola quota potrebbe favorire manovre elusive da parte del locatore, il quale, in frode alla legge, potrebbe predisporre appositamente successive vendite parziali; 5) il diritto di prelazione del conduttore sussiste in relazione ad ogni singola vendita ed in relazione ad ogni quota e si estende, potenzialmente, allâintero immobile; 6) è, quindi, obbligo del comproprietario effettuare la denunciatio necessaria a permettere al locatario lâesercizio di quel diritto; 7) ove tale obbligo non venga adempiuto, il conduttore potrà usufruire del succedaneo diritto di riscatto; 8) ogni intento di vendita costituisce vicenda autonoma; 9) ne consegue che se un comproprietario ha alienato a terzi la propria quota in assenza di denunciatio e il conduttore sia decaduto dal termine per domandare il riscatto dellâimmobile, ciò non impedisce lâesercitabilità della prelazione o del riscatto rispetto alle altre quote.

*

la sentenza è ingiusta per i seguenti motivi:

1.

Inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 38 e 39 Legge 27 Luglio 1978, n. 392 allâipotesi di vendita di quota del diritto di proprietà sullâimmobile locato

L'impugnata sentenza è inficiata da unâerrata applicazione delle norme sopra richiamate. Il giudice del primo grado, infatti, ha erroneamente ritenuto ammissibile il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto del conduttore anche con riferimento all'alienazione della sola quota dell'immobile locato destinato all'esercizio di attività commerciale.

Le motivazioni addotte a sostegno della decisione appaiono errate per le considerazioni appresso svolte:

In relazione alla salvaguardia della ratio della normativa

Lâistituto della prelazione del conduttore di immobile commerciale è diretto ad impedire che si verifichino mutamenti nella figura del locatore a danno della conservazione delle aziende e dell'attività d'impresa svolta nell'immobile locato.

Le esigenze sociali, che gli art. 38 e 39 della legge sull'equo canone mirano a garantire, non risultano, però, pregiudicate dal trasferimento a terzi di una parte soltanto dell'immobile locato.

Al contrario, la vera ratio dellâistituto della prelazione va rapportata allâespressa intenzione del legislatore di evitare il formarsi di una comunione tra locatore e conduttore, intenzione che è alla base delle altre disposizioni dettate per l'esercizio della prelazione nel caso di pluralità di conduttori (cfr. art. 38, 5°, 6° e 7° comma della legge n. 392 del 1978).

Dallâesame comparato dei commi che compongono lâart. 38 si deduce chiaramente che il riconoscimento del diritto di prelazione per l'acquisto della sola quota non realizzerebbe affatto una tutela per il conduttore, il quale troverebbe sempre un impedimento alla libera sua utilizzazione del bene nel fatto che parte di esso continua ad essere di proprietà di un terzo, avente interessi opposti ai suoi.

Dâaltro canto, esso si risolverebbe in un ingiusto vincolo alla libertà di disposizione del titolare del diritto di proprietà sulla quota.

Poiché al riguardo la legge nulla dispone, nel caso in cui venga ceduta ad un terzo, che non sia il conduttore del bene, la sola quota indivisa della proprietà dell'immobile locato, non sussiste alcuna ragione per applicare l'istituto della prelazione, dato che la ratio della disciplina, che è quella di concentrare la proprietà del bene medesimo nella persona che in esso eserciti la sua attività produttiva nel contatto con il pubblico degli utenti o dei consumatori, cozza contro l'inutilità di tale acquisto ai fini del raggiungimento di detto scopo.

A condividere la motivazione adottata dal giudice di primo grado, invece, si avrebbe lâassurdo effetto di cagionare un ingiustificato e notevole pregiudizio in capo ad un soggetto (proprietario della quota) a fronte del quale non si realizzerebbe comunque lâinteresse protetto dalla norma (coincidenza tra titolarità dell'impresa e titolarità dellâimmobile).

In relazione alla presunta applicabilità del diritto di prelazione in virtù del silenzio serbato dal Legislatore sullâipotesi per cui è processo

Lâargomento espresso dal giudice di prime cure, secondo il quale lâipotesi di vendita di quota può essere assoggettata al regime del diritto di prelazione perché ciò non risulta espressamente escluso ed è anzi da ritenere consentito in virtù della possibilità di unâinterpretazione estensiva dellâart. 38, non può assolutamente essere condiviso.

In materia di prelazioni, e, in particolare per quelle assistite dal carattere di realità assicurato dal diritto di riscatto, il relativo diritto si sovrappone all'autonomia contrattuale e la limitazione del potere dispositivo del proprietario trova giustificazione nella funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.).

Il sacrificio imposto in funzione di un interesse âsuperindividualeâ conferisce alla norma che lo prevede l'inevitabile carattere della eccezionalità, con la conseguenza della inapplicabilità della disciplina oltre i casi tipici regolati, tra i quali non è stata inserita l'ipotesi specifica della alienazione della quota.

La norma contenuta nellâart. 38 della legge n. 392 del 1978 è, per le considerazioni che precedono, sicuramente una disposizione eccezionale in quanto limita il diritto dominicale del proprietario-locatore. In virtù di tale eccezionalità, non è suscettibile di interpretazione estensiva.

La possibilità di unâinterpretazione estensiva è, altresì, esclusa dalla stessa lettera della norma, nella quale vi è un riferimento al trasferimento a titolo oneroso di un "immobile locato" e non anche ad una sua "quota indivisaâ.

In relazione alla potenziale acquisizione dellâintero immobile da parte del conduttore

La più recente giurisprudenza di legittimità ha correttamente osservato come in caso di vendita a terzi della quota di proprietà sullâimmobile locato, non spetti al conduttore il diritto di prelazione per difetto dell'imprescindibile presupposto dell'identità dell'immobile locato con quello venduto.

Il giudice di primo grado ha, invece, ritenuto applicabile lâistituto della prelazione allâipotesi di vendita di quota anche sul presupposto che questa vendita costituirebbe il âprimo gradinoâ di unâacquisizione totale della proprietà sul bene.

Tale ragionamento non appare condivisibile.

La graduale realizzazione dellâacquisto della proprietà completa dellâimmobile da parte del conduttore in momenti successivi, mediante acquisizione progressiva della proprietà di tutte le altre quote, è soltanto ipotetica ed eventuale.

Essa presupporrebbe non solo che alla vendita della prima quota seguano poi effettivamente le vendite delle altre quote, evento questo che ben potrebbe non verificarsi, ma richiederebbe, altresì, che, ove alle alienazioni successive i comproprietari-locatori realmente intendano procedere, anche per queste il conduttore si avvalga del diritto di preferenza che gli spetta, circostanza questa che la legge non prevede né richiede al conduttore, il quale è autorizzato a rinunciare ad esercitare la prelazione per le alienazioni successive delle altre quote (Cass.sent.n. 18648/2003).

Occorrebbe, infine, un ulteriore presupposto e, cioè, che a tutte le vendite successive il proprietario-locatore si determini nella perdurante vigenza della locazione in corso, giacché per le alienazioni compiute dopo la cessazione della locazione, al soggetto già conduttore il diritto di prelazione più non spetta.

In relazione alla presunta possibilità di manovre elusive

Il giudice di primo grado ha, infine, ritenuto doveroso il riconoscimento del diritto di prelazione che ci occupa, in virtù della necessità di evitare che il proprietario ponga in essere vendite frazionate allo scopo esclusivo di eludere la normativa.

Il pericolo che il locatore, attraverso la successiva alienazione di più quote del medesimo immobile, realizzi l'elusione del diritto di prelazione del conduttore non costituisce, però, argomento decisivo per ammettere la prelazione della quota.

A fronte di tale eventualità, infatti, il conduttore non rimarrebbe affatto sprovvisto di tutela, godendo già di due efficaci strumenti di protezione e ristoro:

1) egli, infatti, potrebbe, comunque, esercitare il diritto di riscatto sul presupposto della simulazione delle alienazioni delle quote, dissimulanti in realtà unâalienazione dell'immobile nella sua interezza;

2) nonché, chiedere ed ottenere il risarcimento dei danni.

*

per i suddetti motivi, lâistante intende ottenere la riforma della impugnata sentenza.

Tutto ciò premesso, i Sig.ri Tizio e Caio, come in epigrafe rappresentati e difesi

CITANO

il Sig. Sempronio a comparire innanzi alla Corte d'Appello di ....., nota sede, per l'udienza del ....., ore di rito, con l'invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima della suddetta udienza ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166 c.p.c., con l'avvertimento espresso che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. e che, in difetto di costituzione, si procederà in sua contumacia, per sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

âPiaccia allâIll.ma Corte dâAppello adita, respinta e disattesa ogni avversa deduzione ed eccezione, in riforma della sentenza impugnata, in accoglimento dei dedotti motivi, dichiarare inapplicabili gli artt. 38 e 39 L.n. 39271978 allâipotesi di vendita di quota di proprietà dellâimmobile locato e, per lâeffetto, dichiarare assolutamente valido ed efficace, anche nei confronti dellâappellato, il contratto di compravendita immobiliare stipulato in data â... Con vittoria di spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizioâ.

* Ai sensi e per gli effetti di cui al DPR n.115/2002 e successive modificazioni ed integrazioni, si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euroââ..(oppure, è indeterminato o indeterminabile)*

Allega: Copia autentica della sentenza impugnata.

* Ai sensi e per gli effetti di cui allâart. 170, comma 4, c.p.c., il sottoscritto difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni previste nella predetta norma al seguente numero di telefax: âââââ. (oppure: al seguente indirizzo e-mail: ââââââ.)*

..... lì .....

(Avv. .....)

PROCURA ALLE LITI

Conferiamo mandato allâAvvââ.., affinché ci rappresenti e difenda nel presente giudizio, in ogni sua fase e grado, attribuendogli a tal fine ogni più ampia facoltà di legge, compresa quella di transigere, rinunciare agli atti e accettare la rinuncia agli atti. Eleggiamo domicilio presso il suo studio, in âââ, via ââââ.

(Caio)

(Tizio)

Sono firme autentiche

(Avv. ââ.)

Da: dada18/12/2008 12:28:43
Ragazzi,voi ke potete,ritoccate l'atto se incompleto!!!

Da: Avv. Anto18/12/2008 12:29:09
Per Alessandro.
Mi chiedevo perchè tu non l'avevi inserita nel corpo dell'appello, visto che lo hai postato già svolto.

Da: andrea 7818/12/2008 12:29:13
Qualcuno può darmi il testo della Sentenza di Cassazione civile, sez. I, 25 settembre 2008, n. 24082?

Da: alessandro18/12/2008 12:30:00
sabrinella non c'entra nulla, hai copiato una cosa x un'altra!

Da: chiara18/12/2008 12:30:01
vorrei solo capire se qualcuno sta elaborando o crede di elaborare qualcosa su amministrativo...altrimenti mi metto l'anima in pace.,..

Da: sara..18/12/2008 12:30:10
ragazzi: chi sa complentare l'atto, può farlo x cortesia???

Da: Per Azzeccagarbugli18/12/2008 12:30:16
Puoi scrivere l'atto completo così possiamo inviarlo senza fare troppa confusione? Grazie spero che ci accontenterai

Da: Da una semplice spettatrice18/12/2008 12:30:30
x Azzeccagarbugli
perdonami, non conoscendo la materia potresti aiutarmi riassumendo estremamente il tutto? Quale suggerimento dovrei inviare con sms a chi sta svolgendo la traccia penale?
Grazie ancora e perdona l'ignoranza!!!!

Da: Taty18/12/2008 12:30:39
x azzeccagarbugli, quello che hai scritto di penale cos'è?

Da: jamiro18/12/2008 12:30:56
Scusa ma l'atto che hai postato non si riferisce alla traccia di civile di oggi??????
RISPONDIMI TI PREGO

Da: alessandro18/12/2008 12:31:01
avv anto
perchè l'atto non è solo farina mia!

Da: barese doc18/12/2008 12:31:20
X ALE:E' esatto l'atto di civile di almost?Se ci sono Quali sono i ritocchi da fare?GRAZI sant'ALE

Da: solo18/12/2008 12:31:59
L'intestazione per penale è alla ecc.ma corte d'appello ?

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