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ESAME AVVOCATO - SESSIONE 2012
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Da: uniti!!!11/12/2012 11:24:46
grazie mainfredi...
perchè sul giuffre non c'è.
PS:a napoli non hanno ancora finito

Da: barbapapà11/12/2012 11:25:39
ma sul prelegato.....

Da: vera8011/12/2012 11:25:41
per Bia
anche io vorrei sapere di Napoli

Da: fra11/12/2012 11:26:27
mi dite gentilmente la sentenza della 2 traccia???? che non si capisce niente

Da: barbapap11/12/2012 11:26:56
la traccia sulle successioni è più ostica, sentenze di riferimento

Da: Sole23 11/12/2012 11:27:42
La prima e' piu' facile, nella seconda ci sono troppi istituti... Validita' testam olografo, prelegato, lesione legittima

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Da: Medùlla11/12/2012 11:27:43
No ragazzi, a Napoli sono ancora in alto mare. Sono in attesa della dettatura delle tracce...

Da: 80 8011/12/2012 11:27:53
X favore qualcuno sa di Napoli?

Da: VaLLio11/12/2012 11:28:37
RAGAZZI ANDIAMO CON ORDINE....
METTIAMO LA SOLUZIONE CON RELATIVA TRACCIA!
FORZA SU LAVORIAMOOOOOO

Da: franci844 11/12/2012 11:28:56
raga siccome sono ignorante in materia ma devo aiutare la mia raga mi scrivete compito finito e pubblicate quello che devo madarle

Da: fra11/12/2012 11:31:31
ragazzi mandate qualcosa sulla 2 traccia

Da: AGO11/12/2012 11:33:02
FRANCI844 SONO NELLA TUA STESSA SITUAZIONE...MI SERVIREBBE TRACCIA E SOLUZIONE SULL'ANATOCISMO (PRIMA TRACCIA)

Da: sss11/12/2012 11:33:10
RAGAZZI ANDIAMO CON ORDINE....
METTIAMO LA SOLUZIONE CON RELATIVA TRACCIA!
FORZA SU LAVORIAMOOOOOO

Da: ohhh11/12/2012 11:33:27
a Napoli dettano tra 10 minuti

Da: polica 11/12/2012 11:33:29
x maifredi
il c.c. DIKE è dfel 2012?

Da: avogado11/12/2012 11:33:35
IN PARTICOLARE... SU PATTUIZIONE INTERESSI PASSIVI

cosa si intende? Cosa vuole sapere la traccia?

Da: barbapapà11/12/2012 11:33:57
buttati sulla prima, la seconda è tosta

Da: Lavell11/12/2012 11:34:47
Qualcuno mi sa dire sulla SECONDA TRACCIA la Sentenza??

Da: 2 TRACCIA11/12/2012 11:36:58

nessuno sta svolgendo LA SECONDA TRACCIA???

Da: kelli11/12/2012 11:37:06
sentenze sulla prima traccia????

Da: maifredi11/12/2012 11:37:21
PER POLICA: certo è il DIKE C.C. 2012

Da: COVAL 11/12/2012 11:37:36
QUALCUNO PUO DIRMI QUALCOSA SULLA SOLUZIONE DELLA 2^ TRACCIA
GRAZIE

Da: Roan2411/12/2012 11:38:39
sapete q.cosa su napoli??

Da: vita83mina11/12/2012 11:39:02
io sto svolgendo la seconda traccia. la sentenza che viene segnalata è tuttavia sul legato in sostituzione di legittima che secondo me è poco attinente.

Da: franci844 11/12/2012 11:39:40
ago dobbiamo aspettare poi ci daranno una mano spero...io anche tre anni fa ero qua

Da: Finto11/12/2012 11:40:44
Ragazzi mica sapete chi corregge Salerno ?

Da: abc11/12/2012 11:41:24
Ragazzi Luxor ha proposto questo svolgimento per la ptima traccia:

Ai fini detta trattazione del tema in esame, va detto, che lo stesso  ha particolarmente arricchito il dibattito dottrinario e giurisprudenziale degli ultimi anni,vuoi per le rilevanti implicazioni di carattere tecnico-giuridico, vuoi per le inevitabili ricadute sul piano economico ed in particolare sui bilanci degli Istituti di Credito.
Come è noto, infatti, con il termine anatocismo si intende la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi (in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi).
Nella prassi bancaria, tali interessi vengono definiti "composti".
Malgrado l'anatocismo sia un istituto conosciuto dagli albori del prestito ad interesse, la normativa italiana non ha raggiunto un sufficiente grado di completezza, tant'è che la disciplina si basa ancora sul codice civile del 1942, ed in particolare sull'art. 1283 c.c.
Secondo questa norma, gli interessi scaduti, in assenza di usi contrari, possono produrre a loro volta interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.
In linea di principio,dunque, il codice civile ha da sempre vietato un regime di capitalizzazione composta degli interessi, ovvero il pagamento degli interessi su interessi di periodi precedenti.
Nonostante la tutela approntata dal citato articolo, però, che come detto, subordinava l'anatocismo alla compresenza di alcuni presupposti ben determinati, per circa mezzo secolo nella prassi bancaria italiana hanno trovato applicazione, pressoché generalizzata, nei contratti di apertura di conto corrente, le clausole di capitalizzazione trimestrale degli impieghi.
Ciò va detto, grazie (anche) all'avallo della giurisprudenza, tanto di legittimità quanto di merito, che ha affermato la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale, escludendo l'esistenza di un contrasto con la previsione di cui all'art. 1283 codice civile, sulla base dell'affermazione dell'esistenza di un uso idoneo a derogare al divieto di anatocismo stabilito da tale norma.
Nel 1999 la Corte di Cassazione, invertendo il proprio orientamento giurisprudenziale, ha iniziato, invece ad affermare la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, sostanzialmente argomentando nel senso della inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare all'art. 1283 c.c..
Per evitare scompensi tra il lavoro dei giudici e la prassi, il legislatore ha ritenuto opportuno, con il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342, modificare l'art. 120 del decreto legislativo 1�º settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia): tale intervento ha introdotto in materia il principio della eguale cadenza di capitalizzazione dei saldi attivi e passivi, nel contempo stabilendo - con norma transitoria - una sanatoria per il pregresso, facendo salve le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina.
La norma transitoria è stata però dichiarata illegittima, per eccesso di delega e conseguente violazione dell'articolo 77 Costituzione, dalla Corte Costituzionale (sentenza 17 ottobre 2000, n. 425,[1]).
Il cosiddetto "decreto salvabanche" fu presentato il 23 luglio 1999, sotto il Governo D'Alema I, convertito in legge n. 342 del 4 agosto 1999[2]. La Consulta, con la citata sentenza, ha abrogato l'art. 25, comma 3, dichiarato incostituzionale per: l'irretroattività della legge, la disparità di trattamento fra soggetti del testo Unico Bancario e creditori sottoposti all'anatocismo, il non rispetto dell'autonomia e indipendenza della magistratura.
Dopo la sentenza della Consulta, del 17 ottobre 2000, un secondo decreto fu approvato il 29 dicembre 2000, n. 394, a firma del Presidente del Consiglio Amato e della Repubblica, Ciampi, e convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24[3]. Il decreto fornisce l'interpretazione autentica della legge antiusura n. 108 del 1996.
Venuta meno la norma transitoria, finalizzata ad assicurare validità ed efficacia alle clausole di capitalizzazione degli interessi inserite nei contratti bancari stipulati anteriormente alla entrata in vigore della nuova disciplina, paritetica, della materia, la Corte di Cassazione ha continuato, con una ulteriore serie di sentenze (tra le altre, si veda la sentenza 13 dicembre 2002, n. 17813), a ribadire il suo approccio più recente, peraltro estendendo i principi enunciati inizialmente con riferimento al conto corrente bancario anche ai contratti di mutuo. Infine, con sentenza n. 21095/2004 (Cass. Civ., SS.UU., 4 novembre 2004, n. 21095), la suprema Corte ha confermato in modo netto il revirement del 1999, così consolidando il nuovo trend giurisprudenziale.
Tutto ciò poi appare lucidamente espresso in una recentissima sentenza del 2010 nella quale le sez. unite sono intervenute nuovamente sull'argomento stabilendo espressamente che: Tutte le volte in cui i versamenti in conto non superino il passivo ed in particolare il limite dell'affidamento concesso al cliente si tratterà di atti ripristinatori della provvista, della quale il correntista può ancora continuare a godere, e non di pagamenti. In questi casi il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute dalla banca indebitamente, a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente, decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi.(In senso conforme Cass. Civ., Sez. I, 9 aprile 1984, n. 2262, App. Lecce, 19 febbraio 2009, Trib. Torino 21 gennaio 2010, Trib. Lecce 15 dicembre 2009, Trib. Mondovì, 17 febbraio 2009, App. Torino, 14 novembre 2007, App. Lecce 22 ottobre 2001; in senso contrario Trib. Mantova 2 febbraio 2009, Trib. Mantova 12 luglio 2008)
La decisione delle Sezioni Unite, dunque, ribadisce l'assenza di qualsivoglia dubbio circa la nullità delle clausole anatocistiche, ex art. 1418, primo comma c.c., per contrarietà all'art. 1283 c.c. e conferma che il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute dalla banca indebitamente, a titolo di interessi su un'apertura di credito in conto corrente, decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi. Per i giudici nel caso di conto assistito da apertura di credito, essendo il conto soltanto passivo ma non scoperto, il debito del correntista non è immediatamente esigibile e le rimesse non hanno, perciò, funzione solutoria.
Si abbandona pertanto - da parte delle Sezioni Unite - definitivamente il punto di vista di una parte della giurisprudenza di merito che aveva ritenuto che nei contratti di durata ogni singola prestazione avesse una sua autonomia, sicché ognuna di esse resterebbe soggetta alle regole comuni e, quindi, anche a quelle sulla decorrenza della prescrizione con la conseguenza che l'azione di ripetizione, per la restituzione delle somme illegittimamente addebitate dalla banca sul conto corrente, decorrerebbe dall'esecuzione di ogni singolo addebitamento e non dalla chiusura del conto].
Ex adverso, osservano le Sezioni Unite, tutte le volte in cui i versamenti in conto non superino il passivo ed in particolare il limite dell'affidamento concesso al cliente si tratterà di atti ripristinatori della provvista, della quale il correntista può ancora continuare a godere, e non di pagamenti.
In questi ultimi casi, un versamento eseguito dal cliente su un conto il cui passivo non abbia superato il limite dell'affidamento concesso dalla banca con l'apertura di credito non ha nè lo scopo nè l'effetto di soddisfare la pretesa della banca di vedersi restituire le somme date a mutuo (credito che, in quel momento, non sarebbe scaduto nè esigibile) ma esclusivamente l'effetto di ripristinare la misura dell'affidamento utilizzabile nuovamente in futuro dal correntista: dunque, non costituisce un pagamento ex art. 2033 c.c.
In questa prospettiva, la circostanza che, in quel momento, il saldo passivo del conto sia influenzato da interessi illegittimamente fin lì computati si traduce in un'indebita limitazione della facoltà di maggior indebitamento, ma non si tratta mai di pagamento anticipato di interessi. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente al'atto della chiusura del conto.
Le Sezioni Unite applicano quindi, ciò che era ormai ius receptum con riferimento ai pagamenti revocabili, ex art. 67, II co., L.F. - RD n. 267/1942; il pagamento, rilevante ai fini di detta norma, va ravvisato in tutti i casi in cui venga superato il limite del fido, ovvero non sussista neppure un rapporto derivante da apertura di credito, o ancora il conto sia diventato scoperto per recesso della banca o, infine, i versamenti concernano un conto corrente per il quale quest'ultima abbia disposto la sospensione, anche solo di fatto, dell'affidamento concesso: in tutti questi casi i versamenti concernenti un conto corrente vengono, a seguito di una delle predette vicende, ad assumere un'evidente funzione solutoria, essendo in tale ipotesi il debito certo ed esigibile.
In altre parole, affinchè il pagamento possa essere considerato, sulla base dell'art. 1191 c.c. , atto materiale per il quale non è necessario l'animus solvendi, deve reputarsi il versamento atto diverso dal pagamento, allorquando risulti la volontà delle parti di rivolgerlo ad uno scopo diverso dal pagamento del debito. E' ovvio che tale volontà possa risultare per facta concludentia dallo stesso comportamento della banca, ossia dalle risultanze del conto corrente.
Proprio per questo i giudici ribadiscono la distinzione tra "conto scoperto" e "conto semplicemente passivo". Per scoperto di conto s'intende sia l'ipotesi dell'assenza di un rapporto avente per effetto quello di costituire, a favore del correntista, un credito disponibile verso la banca (anticipazione bancaria o apertura di credito), sia l'ipotesi del cosiddetto "sconfinamento" dal fido concesso; in entrambi i casi le rimesse che affluiscono sul conto vengono ad avere un carattere solutorio, nel limite in cui eliminano lo scoperto.
Diversamente, nel caso di conto assistito da apertura di credito, essendo il conto soltanto passivo ma non scoperto, il debito del correntista non è immediatamente esigibile e le rimesse non hanno, perciò, funzione solutoria.
In questi casi, come già detto, le rimesse hanno la funzione di ripristino della disponibilità. In buona sostanza la Corte ribadisce e mette un punto fermo sulla diatriba che ha agitato dottrina e giurisprudenza in merito alla concezione stessa del pagamento quale semplice atto materiale, trasformato in atto in cui comunque rileva la causa, costituita dalla volontà delle parti di qualificare tale attività, colorandola ben oltre la semplice neutralità con l'animus solvendi, ovvero con la semplice volontà ripristinatoria.
In conclusione le annotazioni operate dall'azienda  in un conto corrente bancario) non costituiscono la conseguenza di reciproche rimesse e non esprimono l'esistenza di debiti e crediti di ciascun contraente nei confronti dell'altro ma rappresentano semplici variazioni quantitative dell'ordinario rapporto di credito o di debito con la banca.
Il cliente non effettua nessun pagamento indebito ma semplicemente è uno spettatore che "subisce una annotazione".

Da: VaLLio11/12/2012 11:41:51
RAGAZZI MI HANNO DETTO CHE LA SECONDA è PIù DIFFICLE
MADATE LA SOLUZIONE DELLA PRIMA

Da: asterix01 11/12/2012 11:42:55

- Messaggio eliminato -

Da: sos11/12/2012 11:44:27
Per la seconda traccia ho trovaro sul simone c1 due sentenze piuttosto datate vedete se secondo voi vanno bene:
(...) il generico intento preferenziale manifestato dal testatore con la disposizione del prelegato non è sufficiente a sottrarre i beni che ne formano oggetto all'azione di riduzione dei legittimari (Cass. 28-7-67, n. 2006)
(...) Perché la riduzione proporzionale non si applichi ad una data disposizione testamentaria, non basta infatti che con tale disposizione il testatore abbia manifestato la volontà di beneficiare una data persona a preferenza di altre, giacché una simile volontà è, almeno di solito, individuabile, in kisura più o meno notevole, in qualsiasi disposizione testamentaria ed invece occorre che il testatore abbia manifestato la ben diversa volontà di preferire una data dispiszione rispetto alle altre. E nessuna ragione giuridica autorizza a ritenere che, per il solo fatto di aver disposto un prelegato, il testatore abbia anche voluto che questo abbia effetto a preferenza delle latre disposizioni testamentarie, in caso di esercizio dell'azione di riduzione da parte dei legittimari




scusate riferimento della seconda sentenza è Cass. 24-5-62, n. 4917

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