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14 dicembre 2011 - Parere Penale
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Da: commissario zagaria14/12/2011 14:04:09
qui a bari faremo passare solo il 20%.

Da: Disgustoso14/12/2011 14:05:06
Il fatto che la gente venga al sud per fare l'esame dice tutto.
Mai sentito di qualcuno che dal sud si sposta al nord?

Da: per commissario basettoni14/12/2011 14:05:45
è vero ci hanno perquisiti, ci hanno fatto mettere tutti contro il muro, hanno dichiarato "esame sospeso" dicendo che forse domani, al posto di fare la III prova, come nel resto d'Italia, faremo la II!!!
E poi, non è finita, dicevo, ci hanno messi tutti contro il muro e poi si è sentito un urlo "FUOCO" e ci hanno ammazzati tutti, io ho fatto finta di essere morto e solo dopo sono riuscito a scappare e scrivere tutto ciò.
UN CONSIGLIO per il commissario basettoni: se devi sparare CAZZATE fallo almeno con fantasia, come ho fatto io!!!!

Da: luca il pazzesco14/12/2011 14:05:47
Al nord ce l'avete piccolo...e non solo il pene.

Da: nank14/12/2011 14:06:11
il parere di ecco è scomparso
che è successo?

Da: vitix14/12/2011 14:06:50
niente da fare qest'anno penale fa penare

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Da: nu14/12/2011 14:06:50
@per il dottore dove??

Da: zack7014/12/2011 14:07:18
Io l ho fatto coglione.

Da: eccolo14/12/2011 14:07:28
Nel caso prospettatomi e nelle vesti
di avvocato inquadrerei la questione argomentando su una serie di reati
ravvisabili:
A)      per i reati p. e p. dagli artt. 476 e 479 c.p. perché,
nella sua qualità di maresciallo della stazione dei carabinieri del
comune di Delta, avendo accesso, per ragioni d'ufficio, al programma
per l'invio della posta elettronica installato in uno dei p.c. presenti
negli uffici del predetto ente, nell'esercizio delle sue funzioni,
formava e inviava all'ufficio dell'anagrafe del comune una e-mail, da
lui sottoscritta con la quale chiede che gli siano forniti tutti gli
elenchi di tutti gli individui di sesso maschile e femminile nati negli
anni 1993 e 1994, precisando che tale informazioni sono necessarie per
lo svolgimento di un'indagine di polizia giudiziaria, indicando il
numero di procedimento penale di riferimento della locale procura della
repubblica.
B) per il reato p. e p. dagli artt. 56, 323 c.p. perché,
nella sua qualità di Maresciallo con le condotte meglio descritte al
capo A), in violazione di norme di legge (in particolare e tra l'altro
am. 347 e 357 c.p.p., artt. 476, 479 c.p.) poiché l'attività di
acquisizione di notizie non ineriva indagini in corso, non era stata
verbalizzata e comunque non era stata portata a conoscenza dell' A.G.,
compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a procurare un
ingiusto vantaggio patrimoniale a Caia sua moglie titolare di un'
autoscuola.
C). per il reato p. e p. per come prospettato il quesito,
potrebbe ravvisarsi altresì l'ulteriore e più grave reato di peculato
ex art. 314 c.p.
Il sottoscritto nella redazione del proprio parere
detrmina sulla decisione che nella
fattispecie si dovrebbe ravvisare il
solo reato dell'abuso di ufficio ex art. 323 c.p. commesso da pubblico
ufficiale attraverso utilizzo della posta elettronica, anche se durante
il processo e le eventuali indagini potrebbero ravvisarsi i reati
richiamati.
Invero l'articolo in epigrafe precisa "Salvo che il fatto
non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'
incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle
funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di
regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse
proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti,
intenzionalmente procura a sé o ad altri ingiusto vantaggio
patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui
il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità".
Orbene,
la fattispecie di cui al quesito prospettatomi da Sempronio
evidentemente calza l'articolo del codice penale riportato.
A tal
proposito si riporta Cass. pen. Sez. VI, 04/05/2011, n. 20094, la quale
specifica che  "Integra il delitto di tentato abuso d'ufficio, e non
quello di peculato, la condotta di un ispettore della Polizia di Stato
che, utilizzando il "fax" in dotazione dell'ufficio, richieda all'A.C.
I. notizie ed informazioni sulle autovetture di lusso immatricolate in
una data provincia, al fine di procurare un ingiusto vantaggio
patrimoniale al coniuge, procacciatore d'affari presso un'agenzia di
assicurazioni, che avrebbe potuto ottenerle solo previo pagamento.
Ed
invero diversa è l'oggettività del bene giuridico tutelato dalle due
norme incriminatici. Mentre nel delitto di peculato la condotta
consiste nell'appropriazione di danaro o altra cosa mobile altrui, di
cui il responsabile abbia il possesso o la disponibilità per ragioni
del suo ufficio - onde la violazione dei doveri di ufficio costituisce
esclusivamente la modalità della condotta, cioè dell'appropriazione -,
nella figura criminosa di abuso di ufficio - di carattere sussidiario -
la condotta si identifica con l'abuso funzionale, cioè con l'esercizio
delle potestà e con l'uso dei mezzi inerenti ad una funzione pubblica
per finalità differenti da quelle per le quali l'esercizio del potere è
concesso, e finalizzate, mediante attività di rilevanza giuridica o
comportamenti materiali, a procurare un vantaggio patrimoniale per sè o
per altri ovvero ad arrecare ad altri un ingiusto danno (Cass. Sez. 6
16/10/95-10/1/96 n. 607 Rv.203404; 4/6/97-8/6/98 n. 6753 Rv.
211011;
14/11/01-17/1/02 n. 1905 Rv. 220431).
La sentenza recente precisa
altresì che l'evento non si sarebbe verificato per l'intervento dei
superiori che avevano intercettato il "fax".
Nel caso di specie non si
comprende dal quesito, se l'evento si sia poi verificato o meno a
seguito dell'intervento del comandante della stazione, elemento
necessario per inquadrare laquestione nei termini del Tentato Abuso di
Ufficio o nell'abuso di Ufficio.

Da: il Dottore14/12/2011 14:07:34
3 o 4 pagine dientro..

Da: commissario basettoni14/12/2011 14:08:30
cavani consegna l'esame, assist di lavezzi!

Da: Disgustoso14/12/2011 14:08:40
www.liberoquotidiano.it/news/891456/disordinianapoliesamedistatoannullato.htm

Da: già14/12/2011 14:09:15
per chi non vuole aiutare quei poveri ragazzi... andate a mangiare!!

Da: commissario basettoni14/12/2011 14:09:31
ecco cazzata scritta adesso fammi dire la verità come prima! ignorante

Da: La Madonna14/12/2011 14:09:46
PRIMA TRACCIA SVOLTA
Sempronio, maresciallo della stazione dei carabinieri del comune di Delta, avvalendosi della propria casella di posta elettronica non certificata, con dominio riferito al proprio ufficio e accesso riservato, mediante password, invia all'ufficio dell'anagrafe del comune una e-mail, da lui sottoscritta con la quale chiede che gli siano forniti tutti gli elenchi di tutti gli individui di sesso maschile e femminile nati negli anni 1993 e 1994, precisando che tale informazioni sono necessarie per lo svolgimento di un indagine di polizia giudiziaria, indicando il numero di procedimento penale di riferimento della locale procura della repubblica. di tale richiesta viene casualmente a conoscenza il comandante della stazione, il quale intuisce immediatamente, come poi effettivamente si accerterà, che non esiste alcuna indagine che richiede quel genere di accertamento.
Si accerta altresì che Caia, moglie del maresciallo Sempronio è titolare di un'autoscuola, sicché l'acquisizione dei nominativi dei residenti nel comune che da poco compiuto o si accingono a compiere la maggiore età è finalizzata ad indirizzare mirate proposte pubblicitarie per i corsi di guida. Di tanto il maresciallo Sempronio rende un ampia confessione mediante memoria scritta indirizzata al pubblico ministero. In seguito temendo le conseguenze penali del fatto commesso, Sempronio si rivolge ad un avvocato.
Il candidato, assunte le vesti del legale, analizzato il fatto valuti le fattispecie eventualmente configurabili redigendo motivato parere.



La fattispecie oggetto di parere, richiama alla nostra attenzione il reato di abuso d'ufficio che incontra puntuale disciplina nell'art. 323 c.p.
La norma punisce con la reclusione da 6 mesi a tre anni, con la possibilità di un aumento di pena nei casi di eccezionale gravità, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle proprie funzioni o del proprio servizio ed utilizzando i poteri all'uopo conferitigli, intenzionalmente commetta ovvero ometta di realizzare azioni al fine di procurare a se o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero per arrecare ad altri un danno ingiusto. Tutto ciò, salvo in casi in cui il fatto non costituisca un più grave reato.
Diremo subito che l'abuso d'ufficio rientra nella categoria dei reati contro la pubblica amministrazione e che si identifica come un "reato proprio" ; per la sua configurabilità, è necessario, infatti, che il soggetto attivo sia  un pubblico ufficiale od un incaricato di pubblico servizio.
In altre parole, la condotta sanzionata deve necessariamente identificarsi con l'abuso "funzionale", cioè, come già accennato, con l'esercizio delle potestà e con l'uso di facoltà inerenti ad una funzione pubblica per finalità differenti da quelle per le quali l'esercizio del potere è concesso. Tale abuso, tuttavia, non dovrà limitarsi allo stadio potenziale; non basterà un semplice "abuso della qualità" ma occorrerà, piuttosto, un concreto esercizio delle funzioni o del servizio da parte del soggetto e cioè un abuso "concreto". Il legislatore, nella formulazione dell'art. 323 p.c. , tra l'altro rivisitata con la l. n. 234 del 1997, richiede poi che, per aversi punibilità, l'abuso deve estrinsecarsi nella violazione di norme di legge o di regolamento o dell'obbligo giuridico di astenersi, tipizzando,così, i fatti di abuso, in maniera da garantire la sfera di discrezionalità della  Pubblica Amministrazione rispetto ad eventuali ingerenze dei giudici chiamati a pronunciarsi sulla figura.
Nel caso di specie, la condotta del maresciallo Sempronio integra sicuramente il reato di cui all'art. 323 c.p.
Egli, infatti, avvalendosi della propria casella di posta elettronica, sì, non certificata, ma cmq con un dominio riferito al proprio ufficio e accesso riservato a mezzo di una password, invia all'ufficio dell'anagrafe del comune una e-mail,  da lui sottoscritta e col pretesto di un'indagine fasulla,  chiedendo che gli siano forniti tutti gli elenchi di tutti gli individui di sesso maschile e femminile che si accingono a compiere la maggiore età al fine di trasmetterli  a sua moglie Caia, la quale, in quanto titolare di un'autoscuola, potrà cosi agevolmente realizzare mirate proposte pubblicitarie per i corsi di guida. Nel suo agire si configurano tutti gli elementi dell'abuso d'ufficio quali appunto la qualifica di pubblico ufficiale, l'uso del potere per il perseguimento di un fine di natura squisitamente privata laddove invece avrebbe dovuto rispettarsi l'obbligo di astensione ed il potenziale accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore della moglie Caia, nel interesse l'atto è stato posto in essere. Tali deduzioni trovano riscontro, tra l'altro, nella giurisprudenza della Suprema Corte la quale, con la sentenza n.20094 del 2011, si era,pronunciata su di un caso analogo, propendendo per la configurazione del reato di abuso di ufficio in luogo del peculato. La corte ha argomentato la posizione assunta sostenendo che, per aversi il peculato, la condotta posta in essere avrebbe dovuto consistere nell'appropriazione di danaro o altra cosa mobile altrui in possesso o nella disponibilità del  responsabile per ragioni del suo ufficio con la conseguenza che la violazione dei doveri di ufficio avrebbe costituito esclusivamente la modalità della condotta. Nel caso concreto, invece, era ravvisabile  una diversa situazione, tutta sussumibile nella figura criminosa dell' abuso di ufficio, in quanto si riscontrava un abuso funzionale finalizzato, mediante attività di rilevanza giuridica o comportamenti materiali, a procurare un vantaggio ad un congiunto. Ulteriore conforto è dato dalla sent. N. 43302 del 2009, la quale identifica il vantaggio patrimoniale atto a configurare l'abuso d'ufficio non solo in tutte quelle azioni che si sostanzino nel conseguimento materiale di beni o vantaggi, ma anche quando semplicemente l'abuso realizzi un accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore di colui nel cui interesse l'azione è stata realizzata.
Tenendo tuttavia conto del fatto che l'abuso d'ufficio è una fattispecie criminosa di evento e che nel caso concreto Sempronio sembra non aver portato a termine la sua azione delittuosa, pare giusto sostenere che egli risponderà del reato predetto solo intermini di tentativo, attenuato, tra l'altro, dalla circostanza del suo "pentimento"  a mezzo della memoria scritta resa al Pubblico Ministero.


Da: professionista 14/12/2011 14:10:43
RIEPILOGO
Per la PRIMA traccia,
quali sentenze valgono?
quali sono i reati contestati?
abuso di ufficio o tentato abuso? e sul peculato?

Da: Disgustoso14/12/2011 14:10:51
grande commissario!!!!!!!!!!!

poveri ragazzi che fatto l'esame con l'i-phone

Da: yhoox14/12/2011 14:11:48
abuso di ufficio e peculato

Da: Penalista14/12/2011 14:11:53
Cronaca di una farsa annunciata: martedì 13 dicembre va in scena la prima prova dell'esame da avvocato 2011. Il parere civile. Due testi e migliaia di tirocinanti disseminati tra le fiere e le scuole del Belpaese. Un caos. Ciascuna sede inizia a un orario diverso, telefonini (sono proibiti i dispositivi digitali), soprattutto i  Blackberry, che entrano come nulla fosse,  tracce copia incollate in rete mentre i provetti legali devono ancora accomodarsi e bagni usati a mo' di copisterie. Nessuno scoop è una routine che si ripete da anni, ma a leggere minuto per minuto il forum della redazione di mininterno.net  (portale sui concorsi pubblici) viene da chiedersi a cosa serva.

Il primo messaggio è datato 7 e 36 del mattino. Tale "Mik" che chiede: «Si sanno le tracce?». Che fretta, i nostri devono ancora entrare. E infatti gli arrivano risposte interlocutorie, «di già possibile?» replica "anaflagio". Passano pochi minuti e quello che era un appello isolato si trasforma in un coro. Otto e 23, 8 e 27, 8 e 47, poi le 9: «Raga ste tracce...». Monta la tensione. "Pronto soccorso esame": «A Napoli sono in alto mare!!! Sono entrati in pochissimi…». Oppure: «Ho sentito che a Salerno addirittura ci sono i metal detector...». Quindi «legale»: «Ragazzi massima collaborazione come negli anni passati!!!». E poi una voce unica: «A Padova?», «A Napoli?», «A Catanzaro?», «A Milano». Notizie?.

Allarme rosso: «A Salerno stanno sequestrando i cellulari… c'erano dei carabinieri in borghese tra i candidati…». Non è vero. I minuti passano. Ore 9 e 53 "Vale" dà la prima traccia. A spizzichi e bocconi: «L'agenzie immobiliare beta, aveva ricevuto… un mandato per la vendita di un immobile… Media (in realtà è Mevia ndr) concludeva successivamente la vendita del suo bene, a mezzo dell'intervento di un'altra agenzia immobiliare…. Il candidato assunta la veste di difensore dell'agenzia beta…». Ci sono lacune, è evidente, ma il dado è tratto. No, non è così, sarebbe la traccia dell'anno prima. Serve di più. Occhio posta pure un tale, "Polizia postale": «Gli utenti di questo forum che diffonderanno notizie dall'interno delle sedi d'esame saranno rintracciati e immediatamente espulsi dalle rispettive sedi». Gelo in chat. Si studiano strade alternative. «Facciamo un gruppo su Facebook», suggerisce "Stella". «No restiamo qui è uno scherzo». E intanto "Polizia Postale" insiste. Occhio, arrivano conferme. Ore 10 e 59, Capparola: «Raga: "ag immobiliare e condominio». C'è anche la seconda. «Così non significa nulla! Chi sa, postasse le tracce per intero». E certo. Ore 11 e 43, le tracce arrivano per intero, fonte "pinco pallino". La prima, quella sull'agenzia immobiliare viene integrata, la seconda è sul condominio: «Caio, che abita in un condominio, viene richiesto, dalla ditta Gamma che fornisce il combustibile utilizzato nell'impianto di riscaldamento condominiale centralizzato, del pagamento dell'intera fornitura di gasolio. Il candidato, assunta la veste di legale di Caio, rediga parere, illustrando gli istituti sottesi alla fattispecie ecc ecc.».

Arrivano i suggerimenti, la giurisprudenza in materia. Nuovi dettagli sulle tracce. Si discute, ci si confronta. Ore 12 e 21: la prima soluzione è già in rete. Ore 12 e 21: «A Napoli hanno appena iniziato a dettare». Ore 13: è in rete anche il secondo parere, quello sul condominio. Ne arrivano altri e altri ancora. «Raga coordiniamoci. Qual è quello buono». E chi può dirlo. Fermi tutti. Parla "già dato" (uno che l'esame deve averlo superato qualche anno fa): «Capisco la voglia di aiutare colleghi, amici e parenti... capisco che questo esame è assurdo da ogni punto di vista... mi sembra però che voi una cosa non l'abbiate capita: "passare lo scritto è solo questione di culo. Non importa se hai svolto l'esame da Dio, bisogna vedere chi ti corregge, se quel giorno è nervoso o sereno, se ha già corretto altri compiti e quanti ne sono già passati... e basta». Ore 14 e 50, l'amministratore del Forum: «A causa della continua violazione delle regole del forum e delle leggi vigenti in Italia siamo costretti a chiudere la discussione». Ore 14 e 52, la risposta: «Ma taci e smettila di dire idiozie...». Anche per quest'anno la farsa è servita.

Da: paserotto8414/12/2011 14:11:57
peculato non si evidenza a mio parere

Da: SergioDM14/12/2011 14:12:25
RIFLESSIONI SULLA SECONDA TRACCIA:

Si tratta di appropriazione indebita. Dopo aver fatto cenno alla differenza con il furto, che consiste nel fatto che nella appropriazione indebita si ha già il possesso delle cose mobili di cui ci si appropria, la questione principale che va affrontata è quella della querela.
L'appropriazione indebita è un reato a querela di parte, e la querela va proposta entro 3 mesi dalla conoscenza del fatto che costituisce reato.
Ora, nel caso che ci occupa, il problema è quello di stabilire se il termine inizia a decorrere dal momento in cui scade il contratto (20 maggio) o dal momento in cui caio ha conoscenza dalla segretaria che la merce non è stata venduta (al rientro delle vacanze estive).
Nel primo caso sarebbe già fuori termine, nel secondo caso la querela sarebbe tempestiva.
Allo scadere del contratto, nell'ipotesi in cui tizio avesse venduto tutta la merce, avrebbe comunque dovuto corrispondere a caio il prezzo concordato. In questa ipotesi, il mancato pagamento del prezzo da parte di tizio non configurerebbe però (a mio avviso), la fattispecie di appropriazione indebita, poichè non è possibile considerare già appartenente al patrimonio di caio la somma corrispondente, costituendo invece mero illecito civile.
Ma, nel caso di specie, poichè trattasi di contratto estimatorio (art. 1556 e ss), la merce resta di proprietà di caio fino a quando tizio non l'abbia venduta a terzi. Ne consegue che, oltre a configurarsi il reato di appropriazione indebita, caio ha la piena conoscenza che il fatto costituisce reato solo dal momento in cui apprende che la merce non è stata venduta. Ne consegue che è ancora in termini per sporgere querela.

Da: da weber per astrella8114/12/2011 14:12:28
hai svolto la prima traccia due volte, una firmata solo astrella81, e l'altra firmata astrella81 per legal75. quale delle due posso copiare?

Da: mat14/12/2011 14:12:31
ma è vero che a napoli è stata sospesa???

Da: Missy1992 14/12/2011 14:12:49
Ragazzi ma quale parere è più attendibile??? Quello di Anemone o quello di Estrella? Quancuno sa qualcosa sulla 2 traccia? AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!

Da: per commissario basettoni e Disgustoso14/12/2011 14:13:03
Ecco, è tutto chiaro, siete lo stesso coglione!!!!
Postate almeno dei link funzionanti!!!

Da: commissario basettoni14/12/2011 14:13:08
tutti in galera quelli con l'i-phone, purtroppo qua a volte passano anche. di certo però non dove sono io!

Da: Jennyv14/12/2011 14:13:25
La fattispecie su cui Tizio, Caio e Maevio ci incaricano di redigere motivato parere appare a prima vista complessa poiché investe alcuni elementi di diritto di non semplice soluzione, quali quello del concorso in reato proprio, dell'elemento soggettivo nei reati ambientali e della responsabilità oggettiva in materia penale.

Tale complessità è fortunatamente solo apparente ed il parere che andremo a svolgere non potrà che definire, attraverso alcuni passaggi logico-interpretativi, pur se in contrasto con la recente giurisprudenza di legittimità, le posizioni di Tizio e Caio, che risulteranno non imputabili di alcuna condotta lesiva di beni giuridicamente tutelati e di Maevio, che invece potrebbe essere imputato del reato di cui agli artt. 29 e 71 del d.p.r. 380/2001.

Non fornendo la traccia alcuna indicazione esplicita a riguardo, è evidente che il nostro primo compito è quello di qualificare il reato che eventualmente potrà essere imputato, anche se in maniera differente, in capo ai tre assistiti.

In materia di abusi edilizi, il d.p.r. 380/2001, rubricato anche come "testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia", è intervenuto a riordinare una materia, quella delle regolamentazioni in materia edilizia, che, pur se organicamente regolata sin dal 1977 dalla c.d. legge "Bucalossi", negli anni aveva avuto numerosissimi interventi settoriali, da cui risultava un quadro normativo estremamente frammentato.

Tale normativa, quindi, regolamenta in maniera non equivoca sia quanto attiene ai necessari permessi, tecnici, urbanistici e paesaggistici, sia quanto attiene alla responsabilità penale per la loro inosservanza.

Infatti, l'art. 29 di detto decreto individua quali responsabili "ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo" ovvero sulla vigilanza e responsabilità urbanistico-edilizia, il titolare del permesso di costruire, il committente ed il costruttore per quanto attiene alla conformità urbanistica e gli stessi, unitamente al direttore dei lavori, per quanto attiene al permesso e alle modalità di esecuzione del medesimo.

Lo stesso articolo, al suo secondo comma, si premura di indicare con estrema chiarezza sintattica, come il direttore dei lavori possa chiamarsi indenne da ogni responsabilità solo qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa.

Inoltre, lo stesso comma sottolinea come nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire il direttore dei lavori debba rinunziare all'incarico oltre alla comunicazione resa al dirigente.

La norma pare quindi configurare delle fattispecie di reato proprio, ovvero condotte di reato che rilevano per la loro antigiuridicità solo qualora siano poste in essere da persone in possesso di una determinata qualifica soggettiva, sia essa di natura civile, quale quella di essere il committente dei lavori, amministrativa, per quanto concerne il titolare del permesso di costruire, o tecnica, il direttore dei lavori, appunto.

Già a prima vista è quindi fondamentale valutare distintamente le posizioni di Tizio e Caio, semplici operai edili, da quella di Maevio, direttore dei lavori.

I Primi infatti potranno essere eventualmente imputati, ancorché a titolo di colpa, dei medesimi reati contestati a Maevio solo ove fosse ritenuto possibile applicare la fattispecie del concorso colposo in reato proprio.

Ma andiamo con ordine.

Per puro scrupolo difensivo è bene valutare preliminarmente la possibilità che il reato sia eventualmente prescritto, non avendo la traccia fornito alcuna indicazione in merito al tempus commissi delicti. È sufficiente tuttavia indicare come l'interpretazione consolidata della giurisprudenza della suprema corte in materia ritenga che, in materia di abusi edilizi, il reato si perfezioni definitivamente solo con l'ultimazione del fabbricato, e che fino a quel momento quindi il reato vada considerato come permanente (cass. pen. n. 5654/94 e cass. pen. n. 4463/90). Questa valutazione è sufficiente ad escludere l'ipotesi di prescrizione ed ogni altra valutazione in materia è superflua.

            Il punto cardine per la ricostruzione giuridica della fattispecie in questione attiene quindi, come già accennato, all'imputabilità di Tizio e Caio per i reati di cui all'art. 29 del d.p.r. 380/2001.

Infatti la posizione di Maevio è, almeno dal punto di vista della qualifica soggettiva, già ben definita nei fatti, poiché, come abbiamo visto, la norma citata qualifica molto precisamente i soggetti responsabili degli eventuali abusi edilizi riscontrati durante e dopo i lavori di costruzione di fabbricati.

L'indicazione di determinati requisiti soggettivi, che come già detto qualifica la fattispecie come reato proprio, trova la sua ratio, da una parte, nella responsabilità intrinseca del committente, cui spetta l'onere sia di costruire secondo le norme vigenti, anche ad esempio in materia antisismica, sia di vigilare affinché i piani ed i progetti autorizzati siano anche rispettati, e dall'altra, nella responsabilità di tipo maggiormente tecnico in capo al direttore dei lavori che, pur in posizione subordinata rispetto al progettista e al committente, deve eseguire e far eseguire i lavori da lui diretti rispettando i piani autorizzati.

Tale interpretazione è de plano corroborata anche dal successivo comma dell'art. 29 del T.U., il quale indica come questi, in caso accerti delle violazioni, debba addirittura astenersi e denunciare le violazioni stesse agli uffici competenti.

Quindi Maevio, che per sua stessa ammissione non ha provveduto ad accertarsi del rilascio del titolo abilitante e dei permessi paesaggistici, come invece sarebbe suo obbligo dato che è chiamato a vigilare sull'esecuzione dei lavori in conformità agli stessi, ha sicuramente violato tale disposizione.

Non così invece Tizio e Caio, dato che nulla dice la norma in merito agli esecutori materiali dell'opera privi delle qualifiche soggettive di cui sopra.

È tuttavia precognizzabile l'eventualità che il medesimo reato sia loro imputato a titolo di concorso con Maevio.

Infatti la stessa corte di cassazione sul punto indica come, in materia di reati edilizi, gli esecutori materiali dei lavori, ancorché alle dipendenze del costruttore, possono eventualmente concorrere, a titolo di colpa, nella commissione dell'illecito, in caso di mancanza del permesso di costruire (cass. pen. n. 8407/06).

Questa decisione peraltro è assolutamente in linea con la prevalente giurisprudenza di legittimità che in punto di concorso di extranei nel reato proprio ritiene che questi siano punibili, ancorché appunto privi della qualifica soggettiva richiesta dalla norma incriminatrice, qualora con la loro attività abbiano cooperato all'offesa del bene giuridico (ex multis cass. pen 1722/86; 347/83; 932/80).



Tale interpretazione, di cui va debitamente data contezza agli assistiti in quanto con massima probabilità vedrà applicazione giudiziale anche nel loro caso, non è tuttavia scevra da rilievi critici e spunti difensivi in relazione al caso in specie.

È sicuramente possibile sostenere infatti che quella operata dalla corte di cassazione sia un'interpretazione estensiva della norma incriminatrice, la quale, come si è visto, è peraltro molto chiara nell'indicare i soggetti su cui ricade l'abuso, contrariamente alla previgente normativa.

Infatti deve senz'altro escludersi la possibilità che il legislatore, che pure è stato estremamente puntiglioso nell'indicare quale dovesse essere il comportamento diligente da tenere nell'occasione, non abbia valutato la posizione dei manovali che materialmente compissero l'opera in questione.

C'è da dire che neppure è ipotizzabile che l'intervento di manovali nella costruzione fosse ritenuta meramente eventuale dal legislatore, al punto da spingerlo a tralasciare di disciplinare la loro posizione demandandone l'eventuale regolamentazione giudiziaria alle ipotesi residuali di responsabilità, quale quella di concorso colposo in reato proprio sicuramente è.

Pertanto ne discende che il legislatore difficilmente abbia omesso di regolamentare la posizione del manovale. Piuttosto, é da asserire che questi la abbia volutamente giudicata come non lesiva di alcun bene giuridicamente tutelato o, altrimenti, abbia semplicemente rilevato come sia estremamente difficoltoso per un manovale, ancorché esperto, conoscere sia la legislazione vigente, sia accertare in concreto l'esistenza delle dovute autorizzazioni.

Tale profilo è ancor più pregnante se si rileva che, all'atto pratico, spesso l'unica indicazione visibile delle stesse è l'apposizione dei relativi numeri di rilascio sul cartello riepilogativo dei lavori esposto fuori dal cantiere.

Fin qui il rilievo fatto permetterebbe alla difesa di proporre quantomeno una diversa linea interpretativa che, pur discostandosi da quella seguita dalla giurisprudenza prevalente, ha il vantaggio di basarsi su un interpretazione letterale, quindi privilegiata rispetto a quella estensiva proposta dalla cassazione.

Difficilmente invece potrà essere eccepito che l'interpretazione operata dalla suprema corte sia di tipo analogico e quindi vietata dall'ordinamento. Infatti, prescindendo dall'autorevolezza della pronuncia, tale affermazione sarebbe priva di fondamento ipso iure, non venendosi a creare nessuna fattispecie di reato nuova, ma semplicemente si amplia la qualifica del reato.

Altro rilievo critico all'interpretazione della cassazione può essere mosso dal versante giuslavoristico.

Infatti, spesso, i manovali hanno una posizione di lavoratori subordinati rispetto al costruttore/ direttore dei lavori. Pertanto deve necessariamente essere considerato che tale subordinazione, che in campo civile limita la responsabilità dei lavoratori, ha un riflesso altrettanto pregnante sul piano penale. Dibatti la norma, che pure è prodiga nell'indicare al direttore dei lavori come evitare la propria responsabilità, ovvero astenendosi dall'esecuzione dei lavori e contestualmente segnalando le violazioni, nulla dice riguardo ad un eventuale comportamento diligente cui sarebbero tenuti i manovali in una situazione analoga.

Quindi da una parte il lavoratore dipendente è chiamato ad ubbidire diligentemente alle disposizioni del suo sovraordinato gerarchico, salvo che queste contrastino apertamente con l'ordine pubblico, il buon costume o norma imperativa, e dall'altra dovrebbe "genericamente" astenersi, a proprio rischio, dall'eseguire quelle disposizioni che violino una normativa, settoriale, la cui applicazione concreta su piani e progetti non può da lui essere utilmente conosciuta.

Inoltre non è ben chiaro come possa imputarsi loro una condotta colposa, non avendo questi di fatto contravvenuto a nessun obbligo giuridico di diligenza. A parere di chi scrive infatti il generico obbligo di diligenza e correttezza nell'esecuzione dei lavori, ancorché di matrice strettamente civilistica, non può ricomprendere anche l'obbligo di eseguire accertamenti tecnico-amministrativi.

Se così fosse infatti si configurerebbe un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ovvero l'evento sarebbe imputato agli agenti in base al mero nesso causale, poiché a questo punto la loro effettiva volontà di porre in essere una condotta antigiuridica sarebbe valutata in re ipsa, prescindendo cioè dall'esistenza di un obbligo giuridico di accertamento della conformità dell'edificio cui stiano lavorando in capo al semplice manovale. Questo contrasterebbe apertamente con l'art. 42 c.p. che al terzo comma invece prevede come debba essere la legge a determinare i casi in cui l'evento è posto a carico dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione.



Tutte queste osservazioni critiche portano al punto di ritenere che, per quanto la giurisprudenza corrente sia univoca nelle proprie decisioni, la posizione di Tizio e Caio possa essere utilmente scissa da quella di Mevio, sotto un duplice rilievo.

Da una parte, infatti, non applicandosi nel nostro ordinamento il principio anglosassone dello stare decisis, non vi è alcun motivo per cui il giudice non possa liberamente fondare il proprio convincimento anche a discapito di una, pur autorevole, interpretazione giurisprudenziale.

La giurisprudenza in materia, di fatto, interpreta con criteri "risalenti" una fattispecie regolata in maniera precisa solo con un provvedimento recente (anche se corre l'obbligo segnalare come la sentenza della cassazione citata, la n. 8407 del 2006 verta in realtà su una fattispecie cronologicamente successiva all'entrata in vigore del d.p.r. 380/2001). Pertanto non è da escludersi che questa interpretazione possa mutare, anche nel breve periodo, in virtù di una diversa considerazione del dato normativo espresso dal d.p.r. 380/2001.

Dall'altra deve essere comunque dato atto che questa è la migliore difesa possibile per Tizio e Caio, infatti a nulla rileva il fatto che questi siano stati colti nell'atto di eseguire dei semplici lavori di rifinitura dell'edificio abusivo. Tale condotta rientra comunque nell'ipotesi di reato prevista poiché sul punto la giurisprudenza indica chiaramente come è sufficiente che con la loro attività i soggetti abbiano attuato una generica cooperazione nell'offesa del bene giuridico (cass. pen. 1722/86), anche se a titolo colposo.



Sempre in relazione all'elemento soggettivo della fattispecie infine è da evidenziare come, per quanto attiene a Maevio, questi non possa neppure sollevare un ipotesi di condotta colposa, in quanto la traccia, oltre a specificare la sua negligenza nel non aver accertato l'avvenuto rilascio del titolo abilitante e della sussistenza dell'autorizzazione paesaggistica, ci rende noto come lo stesso edificio sia stato eretto entro il limite dei 300 mt dalla battigia, per cui soggetto al divieto assoluto di edificabilità[1] di cui lui, in quanto tecnico qualificato, non poteva non essere a conoscenza. Pertanto Maevio risponderà a titolo di dolo del reato che gli verrà eventualmente imputato.

Lo stesso non si dica per Tizio e Caio, che, ancora una volta nella malaugurata ipotesi in cui si vedessero comunque imputati del reato di concorso in reato proprio, lo saranno a titolo colposo.

Anche qui sarebbe pedissequo soffermarsi sulla configurabilità di un eventuale concorso nel quale gli agenti concorrano a titolo diverso (colposo e doloso), essendo tale ipotesi discussa in dottrina solo a riguardo dei delitti e non anche delle contravvenzioni, per le quali il combinato disposto degli artt. 42 e 113 c.p. non lasciano dubbi interpretativi.



Concludendo, pur con l'avviso che la giurisprudenza è ferma nell'imputare comunque la partecipazione a titolo colposo nel reato di abuso edilizio, anche in capo ai semplici manovali, Tizio e Caio potranno utilmente essere difesi sostenendo la loro non imputabilità per i reati eventualmente ascrittegli. Maevio d'altro canto non solo non potrà opporre alcuna delle eccezioni cui Tizio e Caio potrebbero ricorrere, ma altresì rischia di vedersi imputata anche l'aggravante di cui all'art. 112 n. 3 c.p..

Inoltre, dato che si vuol sostenere la non imputabilità di Tizio e Caio, la loro posizione potrà facilmente venire in contrasto con quella di Maevio, per cui questi, per avere una più efficace difesa, dovrebbe rivolgersi ad altro legale.

Da: sandro 7514/12/2011 14:13:27
scusate ma il parere della traccia due ?

Da: commissario basettoni14/12/2011 14:14:39
basta adesso chiamo la polizia postale!

Da: Penalista14/12/2011 14:14:39
http://www.liberoquotidiano.it/news/891456/Esame-farsa-per-gli-avvocati-Ammessi-cellulari-e-sms.html

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