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ESAME AVVOCATO - SESSIONE 2011
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Da: Solotu14/12/2011 11:15:46
potete postare la sentenza della seconda traccia...pleaseeeeee

Da: estrella81 x legal7514/12/2011 11:16:28
Ottimo spunto dottrinario! però nn mettete fretta!!!! la soluzione piano piano la plasmiamo...abbiate un'oretta di pazienza! mi metto all'opera.

Da: spagna 14/12/2011 11:16:29
Ale stai facendo la seconda?

Da: avvocatina14/12/2011 11:16:52
per la 2 traccia da banca dati leggi d'italia
APPROPRIAZIONE INDEBITA   -   AZIONE PENALE IN GENERE
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-11-2010) 17-01-2011, n. 989
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con sentenza del 17.12.2009 il Tribunale di Ancona in composizione monocratica dichiarava non doversi procedere per remissione di querela nei confronti di S.J. imputato di appropriazione indebita di oggetti consegnatigli in conto vendita.

Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Ancona contestando che l'impugnata sentenza è incorsa in violazione di legge per aver dichiarato estinto per intervenuta rimessione di querela un reato perseguibile di ufficio. Sostiene il ricorrente che in fatto era contestata l'aggravante art. 61 c.p., n. 11 (abuso di prestazioni d'opera) che, ai sensi dell'art. 646 c.p.p., comma 2, determina la perseguibilità d'ufficio del reato. Il ricorso è fondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 c.p., n. 11, l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" abbraccia, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un "facere" e che instaurino, comunque, tra le parti un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto.

E' evidente come nel caso in esame sia contestato in fatto l'aggravante in argomento, considerato che i beni indicati nel capo di imputazione erano stati dati all'imputato in conto vendita.

Il reato era pertanto perseguibile d'ufficio. Sussiste la violazione di legge denunciata. Deve pertanto essere annullata la sentenza impugnata con rinvio avanti la Corte d'Appello di Ancona per il giudizio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio avanti la Corte d'Appello di Ancona per il giudizio.

Da: legal75xestrella14/12/2011 11:18:55
Non preoccuparti faccio anche io qualcosa. Grazie

Da: coccodrillo14/12/2011 11:19:27
per avv. Lapo non mi riferivo a te ma a chi chiedeva la soluzione già fin da subito...

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Da: weber14/12/2011 11:20:59
ragazzi attendo la risposta riguardo la prima traccia...

Da: Viper99914/12/2011 11:21:19
Raga, a NAPOLI hanno già dettato che voi sappiate???

Da: ghab14/12/2011 11:21:29
prendetevi tutto il tempo necessario x le soluzioni....siamo nelle vostre mani!!!!!

Da: xxxxxxx14/12/2011 11:21:49
per la prima traccia la sentenza di riferimento sembra essere la n. 20094 del 4.5.11

Da: ale-lecce14/12/2011 11:23:25
Corte di Cassazione - Sentenza n. 989/2011
Gennaio 17, 2011 · Categoria Leggi e Sentenze Circolari


Appropriazione indebita - Perseguibile d'ufficio anche a fronte di remissione di querela

Corte di Cassazione Sez. Seconda Pen. - Sent. del 17.01.2011, n. 989

Motivi della decisione

Con sentenza del 17.12.2009 il Tribunale di Ancona in composizione monocratica dichiarava non doversi procedere per remissione di querela nei confronti di S.J. imputato di appropriazione indebita di oggetti consegnatigli in conto vendita.
Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Ancona, contestando che l'impugnata sentenza è incorsa in violazione di legge per aver dichiarato estinto per intervenuta rimessione di querela un reato perseguibile di ufficio. Sostiene il ricorrente che in fatto era contestata l'aggravante 61 n. 11 c.p. (abuso di prestazioni d'opera) che, ai sensi del secondo comma dell'art. 646 c.p.p., determina la perseguibilità d'ufficio del reato.
Il ricorso è fondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" abbraccia, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un "facere" e che instaurino, comunque, tra le partì un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto.
È evidente come nei caso in esame sia contestato in fatto l'aggravante in argomento, considerato che i beni indicati nel capo di imputazione erano stati dati all'imputato in conto vendita.
Il reato era pertanto perseguibile d'ufficio. Sussiste la violazione di legge denunciata. Deve pertanto essere annullata la sentenza impugnata con rinvio avanti la Corte d'Appello di Ancona per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio avanti la Corte d'Appello di Ancona per il giudizio.

Depositata in Cancelleria il 17.01.2011

Da: la seconda14/12/2011 11:24:22
la seconda traccia è molto più semplice!

Da: monco14/12/2011 11:24:54
No ragazzi, è un tranello la seconda

Da: lukyluky14/12/2011 11:25:19
SI ALLE 11.10

Da: monco14/12/2011 11:25:34
oltre alle mani ti deve cadere anche il caxxo

Da: legal7514/12/2011 11:27:42
confermo Napoli ha iniziato

Da: maxtv14/12/2011 11:27:58
ma nessuno pensa di valorizzare l'elemento informatico attraverso il quale è stata effettuata la richiesta indebita dei dati?

Da: Esoticus14/12/2011 11:28:59
vedete un po sulla procedibilità dell'azione

Da: banzano 14/12/2011 11:29:18
non trovo il testo della sentenza 20094 del 2011 voi l'avete trovata?

Da: ......14/12/2011 11:29:25
le soluzioni, grazie.....

Da: procedibilità?14/12/2011 11:30:19
l'aspettto processuale non lo approfondirei, mi sembra extra-traccia! più che altro mi soffermerei sulle considerazioni sostanziali. voi che dite?

Da: giucom14/12/2011 11:31:16
RAGAZZI PER ORA SERVONO LE SENTENZE RISOLUTIVE...
CHI NE CAPISCE SE LE TROVA E LE POSTA FA GIA' UN GRAN LAVORO... IN OGNI CASO MI RIFERISCONO CHE LA PRIMA TRACCIA E' "TENTATO ABUSO DI UFFICIO"....

Da: avvocatina14/12/2011 11:31:47
banzano la sent. 20094/2011

ABUSO DI UFFICIO   -   CASSAZIONE PENALE
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-05-2011) 20-05-2011, n. 20094
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con sentenza in data 12/4/2005 il G.I.P. del Tribunale di Trieste assolveva perchè il fatto non sussiste M.D. dal reato di cui all'art. 323 c.p., comma 56, per avere in assenza di qualsivoglia legittimazione, quale ispettore della Polizia di Stato, abusato del proprio ufficio, utilizzando col pretesto di compiere accertamenti afferenti l'ufficio, il fax in dotazione della Sezione, per richiedere informazioni all'ACI di (OMISSIS) sulla autovetture di lusso, immatricolate in provincia di (OMISSIS) al fine di procurare un ingiusto vantaggio alla moglie, assicuratrice, che solo previo pagamento avrebbe potuto acquisire tali notizie, evento non verificatosi, per l'intervento dei superiori che avevano intercettato il fax.

All'imputato era anche contestato il reato di peculato ex art. 314 c.p., oggetto di separato provvedimento di archiviazione, mentre il proscioglimento seguiva dopo che le parti avevano concordato una pena di giorni venti di reclusione sostituita con la corrispondente sanzione pecuniaria e senza la sospensione condizionale.

In motivazione il giudice di primo grado riteneva che il concorrente delitto di peculato rappresentasse violazione più grave dell'abuso di ufficio che, come tale, fosse in quello assorbito, e che in ogni caso una volta ritenuta la insussistenza del peculato per la irrilevanza del danno patrimoniale alla stregua delle motivazioni contenute nel provvedimento di archiviazione, non poteva per ciò stesso rivivere l'imputazione di abuso di ufficio.

A seguito di gravame del P.M. la Corte di Appello di Trieste condivideva le osservazioni dell'organo requirente in ordine alla diversa oggettività giuridica del bene tutelato dalle due norme incriminatici e alla diversità delle persone offese dai rispettivi reati e con la sentenza indicata in epigrafe, ritenuta sussistente l'ipotesi di reato in contestazione, recuperato l'accordo intervenuto tra le parti in sede di indagini preliminari, in riforma della sentenza impugnata dichiarava l'imputato colpevole del reato ascritto e lo condannava alla pena, come in precedenza patteggiata, dichiarandola interamente condonata.

Contro tale decisione ricorre l'imputato a mezzo del suo difensore e ne denuncia con il primo motivo il vizio di motivazione e la violazione della legge penale in riferimento alla errata valutazione dei rapporti tra le fattispecie di cui agli artt. 314 e 323 c.p., insistendo nella tesi sostenuta dal giudice di primo grado in ordine alla identità oggettiva della condotta posta in essere da M., che nella prospettiva accusatoria aveva dato luogo ad una duplice qualificazione giuridica del fatto e alla sovrapponibilità della condotta di abuso in quella di peculato o quanto meno all'assorbimento del primo reato nel secondo.

Con il secondo motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza del fatto, essendo funzionale ai doveri dell'ufficio il fine prevalente e primario della condotta posta in essere dall'imputato. Lamenta infine con il terzo motivo la contraddittorietà della motivazione, che da un lato aveva ritenuto l'ACI persona offesa del reato di abuso e dall'altro aveva riconosciuto l'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6 del risarcimento del danno cagionato dall'utilizzo del fax mediante il versamento di Euro 50,00 alla Polizia di stato.

Il ricorso è inammissibile. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Ed invero diversa è l'oggettività del bene giuridico tutelato dalle due norme incriminatici. Mentre nel delitto di peculato la condotta consiste nell'appropriazione di danaro o altra cosa mobile altrui, di cui il responsabile abbia il possesso o la disponibilità per ragioni del suo ufficio - onde la violazione dei doveri di ufficio costituisce esclusivamente la modalità della condotta, cioè dell'appropriazione -, nella figura criminosa di abuso di ufficio - di carattere sussidiario - la condotta si identifica con l'abuso funzionale, cioè con l'esercizio delle potestà e con l'uso dei mezzi inerenti ad una funzione pubblica per finalità differenti da quelle per le quali l'esercizio del potere è concesso, e finalizzate, mediante attività di rilevanza giuridica o comportamenti materiali, a procurare un vantaggio patrimoniale per sè o per altri ovvero ad arrecare ad altri un ingiusto danno (Cass. Sez. 6 16/10/95-10/1/96 n. 607 Rv.203404; 4/6/97-8/6/98 n. 6753 Rv.

211011; 14/11/01-17/1/02 n. 1905 Rv. 220431).

Nel caso in esame esente da vizi logici o interne contraddizioni, oltre che in linea con il suindicato principio, si rivela la considerazione del giudice del gravame, secondo la quale l'abuso, contestato all'imputato, è consistito in realtà nell'avere chiesto indebitamente, simulando una inesistente necessità di informazioni afferenti l'ufficio, e per scopi del tutto privati - per favorire la moglie, procacciatrice di affari per conto di un'agenzia di assicurazioni - utilizzando il fax dell'Ufficio, informazioni all'ACI di (OMISSIS) sulle autovetture di grossa cilindrata immatricolate a (OMISSIS); informazioni che i privati avrebbero potuto ottenere solamente a pagamento.

Non riconducibile ai casi di ricorso previsti dall'art. 606 c.p.p., comma 1 è la censura di cui al secondo motivo, laddove introduce come "thema decidendum" una rivisitazione del "meritum causae", preclusa come tale in sede di scrutinio di legittimità.

Manifestamente infondata è la censura di cui al terzo motivo, concernente una pretesa confusione nella individuazione della persona offesa dal reato, giacchè è del tutto evidente nel caso in esame non solo la diversità del bene giuridico, ma anche della persona offesa dal reato, che nel caso in esame è lo Stato, cui l'imputato ha rimborsato il costo dell'utilizzo del fax, mentre l'ACI è solo persona danneggiata dal reato, avendo subito il danno, conseguente al mancato pagamento del compenso, che sarebbe spettato, ove la richiesta fosse pervenuta dal privato.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Riferimenti Normativi    Massime    Intestazione Sentenza    Classificazione    Nuova Ricerca         

Da: ale14/12/2011 11:33:08
ma l'abuso non è solo tentato.... è consumato...

non trovate?

Da: Aemxle14/12/2011 11:33:27
ragazzi siamo sicuri che ci si può avvalere delle sentenze 2011? Leggo che sui codici non si trovano, ci si può rifare ugualmente a sentenze che non sono presenti sui codici?
Non vorrei che gli esaminandi venissero redarguiti se si rifanno a sentenze non ancora presenti sui codici...

Da: commissario PZ14/12/2011 11:34:32
non sono d'accordo su nulla!

Da: xx14/12/2011 11:35:25
a napoli è tutto confermato

Da: Massimo Decimo Meridio14/12/2011 11:35:42
infatti è due ore che chiedo se condividete che l'abuso è consumato..
Inoltre qualcuno mi manda o può postare un commento alla sentenza della prima traccia... grazie

Da: ......14/12/2011 11:36:01
Cioè???

Da: Jackkkk14/12/2011 11:36:11
A che ora hanno dettato a Milano?
Grazie x info!

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