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ESAME SCRITTO 2010
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Da: guccia15/12/2010 10:58:33
   STALKING (art. 612 bis c.p.) - MOLESTIE (art. 660 c.p.)  

SUCCESSIONE DI LEGGI

.

SI APPLICA LA LEGGE PIU' SFAVOREVOLE SE PARTE DELL'AZIONE CRIMINOSA CHE DETERMINA LA CONSUMAZIONE DEL REATO E' STATA POSTA IN ESSERE DOPO L'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE STESSA


STALKING

Reato abituale - Condotte poste in essere in parte prima dell'entrata in vigore  della legge di previsione del nuovo reato e parte commesse dopo - Applicabilità della legge vigente nel tempo in cui il reato si è consumato anche se più sfavorevole al reo.


[Tribunale Penale di Nola coll. C) Pres. Dr. Aschettino, Giudici dr.ssa Capasso est., dr.ssa Palmieri sentenza N. …./10 del 28.01.2010]

( massima a cura dell' Avv. Angelo Pignatelli )



.


.


TRIBUNALE PENALE DI NOLA




OMISSIS…




Con riguardo alla condotta rubricata al capo G, essa è stata prevista come fattispecie incriminatrice grazie alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p. In ordine a tale ipotesi di reato, va brevemente premesso che, come emerge anche dalla lettura dei relativi lavori parlamentari, il fenomeno dello stalking -termine derivato dall'esperienza giuridica dei Paesi Anglosassoni ed unanimemente recepito dalla nostra dottrina negli ultimi anni -è individuato nel comportamento assillante e invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato (minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche).  La previsione incriminatrice di cui all'art. 612 bis c.p. sanziona quindi, i comportamenti persecutori, diretti o indiretti. ripetuti nel tempo, che incutono uno stato di soggezione nella vittima provocandole un disagio fisico o psichico e un ragionevole senso di timore, oltre che un mutamento delle abitudini di vita. Prima della introduzione di tale nuova ipotesi di reato, il fenomeno dello stalking poteva essere sanzionato solo se integrante il reato contravvenzionale di molestie (art. 660 c.p.), di per sè non idoneo a colpire efficacemente l'agente e, soprattutto, a prevenire la possibile escalation dei suoi atti persecutori, laddove nel caso di commissione di condotte più gravi -come la violenza privata o i reati contro la vita o l'incolumità individuale- la risposta sanzionatoria si poteva avere solo quando la persecuzione dell'agente era è già sfociata in condotte lèsive della vita o della incolumità personale della vittima e, quindi, allorquando tali beni erano stati già danneggiati, a volte in maniera definitiva. AI fine, quindi, di colmare il vuoto di tutela della vittima di comportamenti ripetuti ed insistenti tali da non integrare ancora i più gravi reati contro la vita o l'incolumità personale, ma comunque idonei a fondare un giustificato timore per tali beni giuridici, è stata prevista la nuova fattispecie di reato di cui all'art. 612 bis c.p. Perché sussista la fattispecie delittuosa è quindi necessario, in primo luogo, che la condotta minacciosa e/o violenta sia reiterata nel tempo e sia posta in essere con coscienza e volontà; ancora, perché possa ritenersi integrato il reato in esame, occorre che i suddetti comportamenti abbiano l'effetto di provocare nella persona offesa uno stato di disagio emotivo e psicologico, il timore per la propria incolumità e per quella delle persone care, ovvero che sia tale da indurre la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. Nel caso in esame, dalla istruttoria dibattimentale risulta senz'altro provata la sussistenza di tutti i su elencati elementi costitutivi del reato di stalking con riguardo alle condotte poste in essere dall'imputato in epoca successiva alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, in quanto già di per sé integranti un sistema di atti persecutori. Siccome però le molestie, le violenze e le minacce dell'imputato nei confronti della persona offesa sono iniziate in epoca anteriore all' entrata in vigore della nuova previsione incriminatrice, si pone con riguardo a tali condotte una questione di successione di legge nel tempo. Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, espresso con riferimento ad un altro reato abituale quello di cui all'art. 9 co II L. 1423/1956, la applicazione della legge penale sopravvenuta più sfavorevole è consentita allorquando almeno parte della condotta sia stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della suddetta legge penale, in quanto il tempus commissi delictì da considerare ai fini della applicazione dell'art. 2 c.p., è quello in cui il reato si è consumato (vd. Cass. pen. 20334 del 11/5/2006). Nel caso in esame, le condotte persecutorie sono cominciate senz'altro in epoca antecedente alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 anche se, come più volte evidenziato, dopo l'episodio di violenza avvenuto il 15 febbraio 2009 si è verificato un crescendo di tali atti persecutori, per cui è senz'altro possibile affermare che prima della entrata in vigore della nuova norma incriminatrice non si era verificata la consumazione, ovvero il perfezionamento del reato di stalking. Rispetto alla entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, quindi le 'condotte indicate ai capi B e C si pongono come parti dell'elemento oggettivo del delitto' di cui all'art. 612 bis c.p., assorbiti nello stesso, laddove la consumazione si è avuta, per quanto sopra argomentato, in data poco antecedente all'ultimo arresto di Tizio, ovvero il  …. 2009.


OMISSIS….


.


.

Da: Max15/12/2010 10:59:15
attenzione l'art. 612 bis è entrato in vigore nell'aprile 2009 e la querela è del marzo 2009. Le fattispecie violate sono quelle ex art. 660 cp e 612 cp 1° comma

Da: Antoniospaghetto15/12/2010 10:59:33
CAIO BRUTTO, ALCOLISTA E VIOLENTO!!!!!!!!!
E L'AVVOCATO LO DIFENDE PURE!!!!
CHE MESTIERE MISERABILE!!!!

Da: ale15/12/2010 11:00:24
11945/2010

Da: alfredo15/12/2010 11:01:39
vale ale siamo nelle tue mani

Da: pichilla15/12/2010 11:03:27
questo è il commento di altalex


Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all'art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Cosi hanno affermato i giudici della Suprema Corte con la sentenza 21 gennaio 2010, n. 6417 (depositata il 17 febbraio 2010), con una delle prime pronunce di legittimità riguardanti il delitto di atti persecutori (c.d. "stalking"), ex art. 612-bis c.p.

Nel caso di specie il GIP rigettava l'istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari presentata dall'indagato.

A seguito di appello ex art. 310 c.p.p., il tribunale del riesame confermava il provvedimento di rigetto emesso dal GIP, evidenziando come l'indagato si fosse reso autore non solo di vari reati (minacce, violenza privata e danneggiamento) commessi in epoca compresa fra il 2 gennaio ed il 21 febbraio 2009, ma anche di ulteriori condotte poste in essere nei giorni 25 e 26 febbraio 2009.

In proposito è utile ricordare come la fattispecie di cui all'art. 612-bis c.p. sia entrata in vigore proprio il 25 febbraio 2009, essendo stata introdotta nel nostro ordinamento con il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio ed entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione. Con la legge n. 38 del 23 aprile 2009, il Parlamento ha poi convertito con modificazioni il d.l. 11/2009. Si osserva, infatti, come uno dei profili problematici, soprattutto nella prima fase di applicazione della norma, riguardi l'irretroattività della nuova fattispecie. Si pensi, come nel caso in esame, all'ipotesi in cui le condotte persecutorie commesse in epoca successiva all'entrata in vigore del decreto legge si vadano ad aggiungere ad altre realizzate precedentemente.

Un altro degli aspetti che caratterizza l'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 612-bis c.p. consiste nella reiterazione delle condotte persecutorie. Le minacce e/o le molestie devono essere reiterate, seriali, devono cioè succedersi nel tempo. La reiterazione è, infatti, elemento costitutivo della fattispecie[1], con la conseguenza che i singoli atti, se posti in essere in un unica occasione, non integrano il delitto di atti persecutori bensì altre fattispecie già conosciute dall'ordinamento (es.: minaccia, molestie, violenza privata), eventualmente unite dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.). La struttura del reato di atti persecutori è quindi disegnata sul modello del reato necessariamente abituale, caratterizzato dalla sussistenza di una serie di fatti commissivi. Il reato si perfeziona allorché si realizzi un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità e può formare oggetto anche di continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., come nell'ipotesi in cui la reiterazione sia interrotta da un notevole intervallo di tempo tra una serie di episodi e l'altra[2]. Pertanto, se nel periodo considerato si verifica una parentesi di normalità nella condotta del soggetto attivo, un intervallo di tempo fra una serie e l'altra di episodi lesivi del bene giuridico tutelato dalla norma, non viene meno l'esistenza del reato, ma ciò può dar luogo alla continuazione.

In relazione al reato necessariamente abituale la mancata indicazione del numero di episodi necessario per integrare la serie minima può comportare qualche tensione con il principio di determinatezza.

Ciò premesso, si osserva come, nel caso di specie, il difensore dell'indagato abbia proposto ricorso per cassazione basando i motivi proprio sulle due questioni poco sopra richiamate: assumeva, infatti, che gli episodi precedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice non potevano essere presi in alcuna considerazione, con la conseguenza che le due sole condotte del 25 e 26 febbraio 2009 non erano suscettibili di integrare il delitto di atti persecutori, data la natura abituale dello stesso. Sotto diverso profilo, quello dell'adeguatezza della misura, il difensore evidenziava altresì che le esigenze cautelari avrebbero potuto essere soddisfatte con la più lieve misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, introdotta dall'art. 282-ter c.p.p..

La Suprema Corte, osservando come il termine "reiterare" denoti la "ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza", rigettava il ricorso presentato dal difensore dell'indagato ed enunciava il principio di diritto in base al quale anche due sole condotte di minaccia o di molestia sono idonee a costituire la reiterazione cui l'art. 612-bis c.p. subordina la configurazione della materialità del fatto.

In sede di commento a prima lettura del reato di nuovo conio, all'indomani della sua entrata in vigore ed in attesa delle prime pronunce di legittimità, si era sostenuto[3] che il numero minimo di condotte richieste per l'integrazione della materialità del fatto avrebbe dovuto essere individuato, nell'ambito della discrezionalità del giudice, anche sulla base della capacità della condotta persecutoria di ingenerare gli eventi previsti dalla norma. Peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità, in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, di cui all'art. 572 c.p., aveva talvolta portato l'interprete ad interrogarsi sul concetto stesso di reato necessariamente abituale[4]. La Suprema Corte, inoltre, per tracciare la linea di confine fra la configurazione di ripetuti atti lesivi all'interno di un contesto familiare ed il delitto abituale di maltrattamenti in famiglia, anche recentemente[5] aveva posto l'accento sull'elemento psicologico, giungendo ad escludere la sussistenza del requisito della abitualità sulla base del rilievo secondo cui i singoli atti lesivi avevano rappresentato forme espressive di reazioni determinate da tensioni contingenti, anche se non infrequenti, nel contesto familiare in questione. Tali atti, infatti, non erano risultati tra loro connessi e cementati dalla volontà unitaria e persistente dell'agente di sottoporre i soggetti passivi ad ingiuste sofferenze morali o fisiche, sì da rendere abitualmente doloroso il rapporto relazionale.

Nella pronuncia oggetto del presente commento, invece, i giudici di legittimità hanno basato la loro decisione esclusivamente sul significato letterale del termine "reiterare", evidenziando come lo stesso denoti "la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza", con la conseguenza che anche due sole condotte sono da ritenere sufficienti a concretare il requisito della reiterazione richiesto dalla norma.

Anche la censura mossa dal difensore in punto di adeguatezza della misura cautelare è stata ritenuta infondata dalla Corte, che ha sottolineato come l'impugnata motivazione del tribunale del riesame, quale giudice dell'appello cautelare, fosse ineccepibile e diffusa, posto che nella stessa risultano evidenziati i numerosi e gravi precedenti penali dell'indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e la tendenza all'uso della violenza.

Sebbene evocata nei motivi di ricorso, con la sentenza n. 6417/2010 la Suprema Corte non ha tuttavia affrontato l'altra delicata questione, quella riguardante il divieto di retroattività della norma incriminatrice.

Trattandosi di reato abituale, infatti, viene da chiedersi se le condotte antecedenti l'entrata in vigore del d.l. 11/2009 possano essere prese in considerazione ed utilizzate per ritenere sussistente il reato all'atto della realizzazione dell'ultima condotta.

In dottrina, l'orientamento prevalente[6] ritiene che nel caso di successione di norma creatrice di una nuova tipologia di illecito abituale potranno essere ricondotte entro la nuova disciplina solo le fattispecie concrete realizzate sotto la sua vigenza, se complete sotto il profilo costitutivo, senza possibilità di cumulo con le condotte anteriori, salvo incorrere, diversamente, nell'applicazione retroattiva della norma creatrice del reato abituale. Ma tale orientamento sembra riferirsi al c.d. reato abituale proprio, laddove la norma di nuova creazione considera reato la reiterazione di condotte che, se isolatamente valutate, possono anche non avere rilevanza penale[7]. Nel caso del delitto di atti persecutori, invece, l'art. 612-bis c.p. considera reato condotte che generalmente costituirebbero, anche se isolatamente valutate, illecito penale (minaccia, molestia, ingiuria, violenza privata, ecc.).

Sul punto, con riguardo a reati abituali, non si registrano specifiche posizioni della giurisprudenza di legittimità e, pertanto, la pronuncia in esame avrebbe potuto costituire una buona occasione. Si può tuttavia osservare che, con riferimento a reati a consumazione prolungata (come, ad esempio, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640-bis c.p.), la Suprema Corte ha valorizzato condotte antecedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice[8]. Ancora, occupandosi del reato previsto dall'art. 9, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, consistente nella condotta di colui che venga sorpreso in compagnia di pregiudicati, la Corte di Cassazione[9], sulla premessa che il reato in questione si consuma nel momento in cui cessa la condotta abituale di frequentazione, ha stabilito che la modifica apportata all'art. 9 dalla l. 31 luglio 2005, n. 155 (che ha trasformato la contravvenzione in delitto) è applicabile anche se solo una parte della condotta è stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della legge più sfavorevole, in quanto l'art. 2 c. 4 c.p. fa riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato e cioè a quello in cui si è consumato[10].

Qualche pronuncia di merito, emessa in sede cautelare (tribunale Pistoia, n. 2651/09 RG GIP, inedita; tribunale Pistoia, n. 607/08 RG DIB, inedita), si è orientata nel qualificare sotto l'art. 612-bis c.p. anche condotte "persecutorie" realizzate sia prima che dopo l'entrata in vigore della stessa, non ravvisando contrasti con il divieto di irretroattività della nuova fattispecie, sostanzialmente sulla base dell'assunto secondo cui essa, in quanto reato abituale, è da ritenersi applicabile anche se solo una parte della condotta sia stata posta in essere dopo l'entrata in vigore della norma meno favorevole.

(Altalex, 4 maggio 2010. Nota di Placido Panarello)

_________________

[1] Cfr. Caringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Roma, 2010, 1027 ss..

[2] In questo senso Cass. pen, sez. VI, 27 aprile 1995, n. 4636, RV 201148.

[3] Panarello, Modifiche al codice penale, in Tovani-Trinci (a cura di), Lo stalking. Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e le altre modifiche introdotte dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, Roma, 2009, 50 ss..

[4] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 dicembre 2006, n. 40789, inedita, che ha utilizzato il dolo come linea di discrimine fra plurimi reati di percosse ed il delitto di maltrattamenti in famiglia, tipico reato necessariamente abituale. Nel caso di specie le condotte violente ed offensive del marito nei confronti della moglie non sono state ricondotte ad un carattere di abitualità né collegate a un dolo unitario di vessazione. Più precisamente, si è ritenuto che siffatte condotte fossero espressione di una reattività estemporanea che affondava le sue radici nel clima di dissidio tra i coniugi, derivante sia dalla diversa religione praticata dalla moglie sia, soprattutto, dalla relazione adulterina intrattenuta dal marito, che tuttavia la congiunta era disposta a subire, non sollecitando la separazione. Nel caso di specie, dunque, non è stata ravvisata la sussistenza del reato abituale.

[5] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 6490, in Strumentario Avvocati - Rivista Diritto e Procedura Penale, 5/2009, p. 63 con nota di Gullì.

[6] Mantovani, Diritto penale - parte generale, Padova, 2007, pp. 119 ss..

[7] È noto, infatti, che ove i singoli atti del reato abituale, di per sé, non costituiscano reato, si avrà il reato abituale proprio; ove, invece, i singoli atti, di per sé, costituirebbero autonome figure di reato, si ha il reato abituale improprio.

[8] Cfr. Cass. pen., sez. II, 6 luglio 2007, n. 26256, RV 237299, la quale, avendo individuato il momento consumativo del delitto di cui all'art. 640-bis c.p. con quello della cessazione dei pagamenti, che segna anche la fine dell'aggravamento del danno, in ragione della natura di reato a consumazione prolungata, ha escluso l'illegittimità del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca che era stato disposto nonostante che il contratto di mutuo allo scopo fosse precedente all'entrata in vigore della l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha inserito nel codice penale l'art. 640-quater.

[9] Cass. pen., sez. I, 14 giugno 2006, n. 20334, Rv. 234284.

[10] Per un approfondimento, si consenta di rinviare a Panarello, Modifiche al codice penale, cit., pp. 47 ss..

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Da: toroseduto15/12/2010 11:03:42
PRIMA TRACCIA STALKING:

CASS.PEN., SEZ V, SENTENZA 17.02.2010 N°6417
SEGUITA DA: CASS, PEN, SEZ V, SENTENZA 23.03.2010 N°11945

FORZA RAGAZZI!!!!!!!!!!

Da: Enza15/12/2010 11:04:49
ma non è entrato in vigore il 25 febbraio 2009???Secondo me bisogna guardare soprattutto al reato continuato e abituale.

Da: pakozzo 15/12/2010 11:05:24
ragazzi scusate ma se la legge è del 2009, il fatto invece avviene nel 2008 non vorrei che fosse un trabocchetto!voi che dite?

Da: CIao15/12/2010 11:05:38
Per la prima traccia citerei questa:

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

Sentenza 21 gennaio - 17 febbraio 2010, n. 6417

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RENATO LUIGI CALABRESE - Presidente

Dott. ANDREA COLONNESE - Consigliere

Dott. GIULIANA FERRUA - Consigliere

Dott. ALFONSO AMATO - Rel. Consigliere

Dott. PAOLO OLDI - Consigliere

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

1) O. P.

avverso l'ordinanza n. 741/2009 TRIB. LIBERTA' di BOLOGNA, del 23/04/2009

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATO;

sentite le conclusioni del PG Dott. C. Di Casola: rigetto;

Motivi della decisione

Il gip del tribunale di Ravenna rigettava l'istanza di revoca o di sostituzione della misura della custodia domiciliare, avanzata da O. P., indagato per il delitto di cui all'art. 612 bis c.p.

Il tribunale di Bologna ex art. 310 c.p.p. confermava, osservando che l' O.P. si era reso autore di minacce, violenza privata e danneggiamento nel periodo dal 2 gennaio '09 al 21 febbraio '09 e che ulteriori condotte aveva posto in essere nei giorni 25 e 26 febbraio '09.

- Ricorre il difensore, assumendo che gli episodi precedenti l'entrata in vigore della norma incriminatrice in questione non possono essere oggetto di considerazione alcuna; che due sole condotte, quali quelle contestate nella specie, non sono suscettibili di integrare l'illecito gravato, qualificato da condotta plurima.

- In punto di adeguatezza si evidenzia che le esigenze cautelari potrebbero essere soddisfatte con la misura cautelare introdotta dall'art. 282 ter c.p.p. (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla p.o.).

- Le censure sono prive di fondamento.

Le condotte di minaccia o molestia devono essere "reiterate", sì da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima ovvero un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone vicine o, infine, costringere la p.l. a modificare le sue abitudini di vita.

Il termine "reiterare" denota la ripetizione di una condotta una seconda volta ovvero più volte con insistenza.

Se ne deve evincere, dunque, che anche due condotte sono sufficienti a concretare quella reiterazione cui la norma subordina la configurazione della materialità del fatto.

Del resto, l'assunto difensivo è smentito dal provvedimento impugnato, atteso che l'indagato, nel corso del 25 e del 26 febbraio '09, "è giunto tre volte dinanzi al bar gestito dal C., senza altro vero scopo, se non quello di indirizzare verso di lui sguardi eloquenti, gesti minacciosi e di tenere atteggiamenti di sfida".

- Ineccepibile e diffusa appare la motivazione in punto di adeguatezza della misura cautelare adottata, posto che il tribunale evidenzia i numerosi e gravi precedenti penali dell'indagato, che ne rivelano la capacità a delinquere e la proclività all'uso della violenza.

- Il ricorso va rigettato, con la condanna del ricorrente alle spese del procedimento.

P.T.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma il 21.1.2010.

Il Presidente

Il cons. est.

Depositata in cancelleria

Roma, lì 17 febbraio 2010.

Da: avellino15/12/2010 11:07:02
le tracce di ale sono corrette ho avuto conferma da napoli. buon lavoro a tutti.

Da: Il Vendicatore!15/12/2010 11:07:09
Uccidetevi tutti! Barare così fa proprio schifo!

Da: luisa15/12/2010 11:07:23
qualcuno pubblica le sentenza,io sto guardando la dottrina.Grazie!!

Da: Max15/12/2010 11:07:25
ripeto prestate attenzione alla data del commesso reato!! NON SI APPLICA IL 612 BIS MA IL 612 1° COMMA E 660.

Da: GATTO15/12/2010 11:08:10
Forza Dida!!!!Tanta fortuna solo x te!!!!!!

Da: sil15/12/2010 11:08:42
MI HA DATE INFO PRECISE SULLA PRIMA TRACCIA PER FAVORE

Da: Emanu 15/12/2010 11:10:16
qualcuno sa se a Catanzaro sono entrati?

Da: av15/12/2010 11:12:20
a catanzaro terminano alle 18 perchè sono entrati alle 10

Da: AlessiaAlessia15/12/2010 11:12:55
Emanu ma dai i numeri???
Sono le 11:30!!!

Raga la prima ha problematiche di date...
Valutate bene

Da: opelegis15/12/2010 11:14:00
Ultime sentenze in materia di stalking: Cassazione sez.V, 5 luglio 2010 (2 marzo 2010) n. 25527, Cassazione sez. VI, 30 agosto 2010 (16 luglio 2010) n. 32404, Cassazione sez.V, 21 settembre 2010 (22 giugno 2010) n. 34015.

Da: rascis15/12/2010 11:14:57
SINCERAMENTE LA PRIMA è UN PO INCASINATA A MIO GIUDIZIO RIGUARDO L'IRRETROATTIVITA' DEL REATO

Da: ale15/12/2010 11:15:52
consiglio di lavorare sulla seconda

Da: AlessiaAlessia15/12/2010 11:16:44
Condivido Ale

Da: *8515/12/2010 11:17:12
quali riferimenti per la 2?

Da: info15/12/2010 11:17:18
niente sulla seconda traccia???soluzine??

Da: xxx15/12/2010 11:17:19
612bis
La sezione III del Capo III del titolo XII disciplina i delitti contro la libertà morale; sotto questa oggettività giuridica il codice raggruppa quei reati che tutelano un particolare aspetto della libertà individuale , rappresentatodalla cd. Libertà psichica, che si identifica nella libertà della propria sfera psichica da qualsiasi interferenza esterna.
Il sistema penale di tutela si articola nei reati di : violenza privata art. 610 cp, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato art. 611 c.p., minaccia 612 cp,  e stato di incapacità procurato mediante violenza art.613.
Nel linguaggio penalistico, con il termine di libertà morale  si indica la libertà di un soggetto di autodeterminarsi secondo il proprio convincimento, senza subire forme illegittime di costrizione o limitazione;
Ciò trova conferma nella nostra Carta fondamentale, precisamente all'art. 13 cost che sotto la libertà personale tutelerebbe in maniera diretta ed autonoma non solo la libertà fisica della persona ma anche quella morale (" è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone cmq sottoposte a restrizioni di libertà"),   in quanto presupposto di tutte le altre libertà esterne, di movimento, di religione, economiche, ecc. 
Indubbiamente non può trascurarsi, stante l'attualità della questione, che il recentissimo decreto 23 .02.2009 n.11 cd. Decreto antistupri convertito con modifiche, con la legge 23.04.2009 n.38, ha inserito nella sez III, l'art 612bis cd. Stalking, ossia  Atti persecutori :> 

Da: ATTENZIONE15/12/2010 11:17:40
HO APPENA RESO EDOTTA LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DELLA MIA CITTA' DI QUANTO STA ACCADENDO IN QUESTO FORUM,  IL PROCURATORE CAPO SI è COLLEGATO AL SITO E MI HA ASSICURATO CHE PRENDERA' IMMEDIATAMENTE I PROVVEDIMENTI DEL CASO.  NON è UNO SCHERZO.

Da: barbyby15/12/2010 11:19:39
ok. hai fatto il tuo dovere da bravo cittadiuno. cmq ti conosglio di abbandonare il sito o la procura della tua città potrebbe pensare che leggi anche tu qllo che scriviamo.ciao.

Da: valery8015/12/2010 11:20:26
qualcuno ha qualcosa sulla seconda traccia? mi sembra quella più abbordabile...

Da: FESSO15/12/2010 11:20:52
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE



Sentenza 27 settembre - 18 novembre 2010, n. 23259

Svolgimento del processo

1. Il omissis alle ore omissis sulla strada provinciale omissis, avveniva un incidente stradale in seguito ad un salto di corsia da parte del conducente A. M. che si scontrava frontalmente con la auto condotta da K. G., che riportava lesioni gravi.

La G. conveniva, con citazione del 24 novembre 1995, dinanzi al Tribunale di Grosseto, il M. e la assicuratrice Geas - ora Commercial Union Italia spa - e ne chiedeva la condanna al risarcimento dei danni.

Il Tribunale, nel contraddittorio tra le parti, con sentenza del 4 marzo 2002 riteneva prevalente la colpa del M., nella misura del 90%, e minore la colpa residua della G. e condannava i convenuti in solido al risarcimento dei danni, ma compensava per un decimo le spese di lite.

2. Contro la decisione proponevano appello congiuntamente M. e la assicuratrice e appello incidentale la parte lesa sia per la responsabilità che per la ridotta liquidazione dei danni.

La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 2 dicembre 2004 così decideva:

aumentava il concorso di colpa al 15%, rideterminava la stima dei danni e delle spese del grado ponendole a carico della parte danneggiante e del suo assicuratore - vedi in esteso nel dispositivo.

3. Contro la decisione ha proposto ricorso principale la G., affidato a 9 motivi; resiste la Commercial Union, proponendo controricorso e ricorso incidentale; non resiste il M., cui è stato notificato il ricorso per integrazione del contraddittorio.

Motivi della decisione

4. Il ricorso principale merita accoglimento dal quarto al nono motivo, rigettandosi i primi tre, mentre deve essere dichiarato assorbito il ricorso incidentale; la cassazione è con rinvio.

Per chiarezza espositiva ci sarà dapprima la sintesi descrittiva dei motivi del ricorso principale e di quello incidentale, quindi si esporranno le ragioni in diritto relative al rigetto, allo accoglimento ed allo assorbimento.

5. Sintesi dei motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale.

5.a. Motivi del ricorso principale.

I primi tre motivi del ricorso principale vertono sul punto decisivo del riparto delle colpe e relative responsabilità civili. Nel primo motivo si delinea un error in iudicando in relazione alla corretta applicazione del secondo comma dell'art. 2054 c.c., nel secondo motivo si argomenta la violazione del primo comma della norma citata, e nel terzo si deduce il vizio della motivazione sulla maggiorazione del concorso di colpa della parte lesa.

I restanti motivi attengono alla determinazione del danno.

Nel quarto motivo si deduce ultrapetizione in relazione alla non dovuta detrazione dello acconto di euro 113.000,00 che si assumeva pagato con quietanza, che si assume mai sottoscritta per accettazione, e quindi mai seguita dal pagamento. Circostanza ora ammessa nel ricorso incidentale dell'assicuratore.

Nel quinto motivo si deduce che tale deduzione di pagamento non è stata dedotta nel corso del giudizio. Nel sesto motivo si sostiene che la quietanza conteneva una semplice proposta di pagamento. Nel settimo motivo si deduce l'error in iudicando in punto di valutazione delle somme determinande, tenendo conto di un acconto inesistente. Nell'ottavo motivo si deduce il vizio della motivazione sul punto decisivo. Come si nota dal quarto all'ottavo motivo la censure sono tutte unitariamente collegate.

Nel nono motivo si deduce il vizio della motivazione in ordine alla esclusione dalla liquidazione della cosiddetta perdita della capacità lavorativa, considerando la elevata invalidità pari al 55%.

5.2. Motivi del controricorso incidentale.

Nel primo motivo, che deduce un error in iudicando in relazione alla valutazione delle prove, si ammette che la quietanza non venne pagata e dunque l'errato calcolo del giudice di merito, ma si aggiunge che invece l'assicuratore avrebbe versato maggiori acconti per 579.115,40 e che pertanto nulla deve alla parte assicurata, dovendosi confermare il concorso di colpa e la esatta liquidazione dei danni. Nel secondo motivo si deduce il vizio della motivazione per il mancato esame del detto pagamento.

6. Ragioni del rigetto dei primi tre motivi del ricorso principale.

I tre riassunti motivi non meritano accoglimento in quanto attengono alla ricostruzione del fatto storico come fatto illecito della circolazione, considerano circostanziatamene le condotte antagoniste, ed esprimono un iter logico esente da errori in diritto, rispetto alla norma sostanziale invocata e congruamente motivando sul punto. Si tratta di un prudente apprezzamento delle prove, in ordine ad una fattispecie ricostruita nella dinamica incidentale, non sindacabile il questa sede.

7. Ragioni dell'accoglimento dei restanti motivi.

L'accoglimento dei motivi da quattro a nove deriva da un fatto ora non controverso, per la ammissione della stessa assicurazione, la quale ammette che la quietanza per euro 113.000,00, non risultando accettata, non era mai stata pagata. Aggiunge invece, per la prima volta in questa sede, che vi sarebbero stati ulteriori maggiori pagamenti, ma tale linea difensiva, tardiva, non vale a paralizzare le censure che attengono ad un error in iudicando ed ad una ultrapetizione correttamente indicati.

L'accoglimento del nono motivo è sotto il profilo della insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di appello, la quale a ff. VI della parte motiva, esclude la liquidazione della perdita della capacità lavorativa generica della parte lesa diplomanda infermiera, sul rilievo che al tempo della decisione non era chiaro se la studentessa avesse proseguito gli studi e se avesse perduto la capacità lavorativa specifica. Dove la motivazione della Corte fiorentina, confonde tra capacità lavorativa generica, gravemente compromessa, e risarcibile come componente del danno biologico, e la perdita dalla capacità lavorativa specifica in relazione alle chances patrimoniali, riferibili alla impossibilità di poter svolgere un lavoro che richiede il pieno possesso delle energie fisiche in relazione alle prestazioni ausiliarie proprie di una infermiera.

Vedi sul punto le Sezioni Unite, sentenza dell'11 novembre 2008 n. 26973, allorché recepiscono la definizione complessa del danno biologico, che include anche la posta del danno per la perdita della capacità generica, come da consolidata giurisprudenza delle sezioni semplici.

La censura, correttamente interpretata in relazione alla motivazione confusa e contraddittoria, evidenzia la necessità di un riesame di tali poste risarcitorie, patrimoniali e non patrimoniali, ove componenti del danno biologico, che dovrà essere comunque personalizzato ed adeguato al principio del risarcimento integrale.

8. Ragioni dell'assorbimento del ricorso incidentale.

L'assorbimento deriva da ragioni di opportunità, posto che essendo l'accoglimento con rinvio, le parti, nel rispetto delle regole di tempestività circa la produzione delle prove e dei principi di buona fede, potranno meglio discutere in ordine alla quantificazione dei danni e sugli acconti eventualmente versati.

La Cassazione, in relazione ai motivi accolti, è con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla liquidazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, accoglie dal quarto al nono motivo il ricorso principale, rigetta i primi tre di detto ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.

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