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ESAME SCRITTO 2010
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Da: sil15/12/2010 10:19:06
NAPOLI, DENTRO IN ATTESA DI DETTATURA

Da: PEPPEROSSO 15/12/2010 10:19:14
RAGAZZI DEVO ANCORA VERIFICARE SE VA BENE.
PRENDETELA CON LE PINZE.A PIU' TARDI
Intervista diffamatoria e responsabilità del direttore di periodico



Traccia



Caio, segretario nazionale del partito politico Alfa, nel corso di un'intervista rilasciata al giornalista Tizio, si lascia andare a dichiarazioni offensive nei confronti di Mevio, suo ex allealto politico, definendolo addirittura "mafioso".

Denunciato Tizio da Mevio per il reato di diffamazione, il direttore del giornale su cui l'intervista e' stata pubblicata, temendo di poter essere chiamato a risponderne ex art. 57 c.p., si rivolge al suo legale di fiducia, spiegandogli come peraltro prima della pubblicazione avesse rassegnato le dimissioni dalla sua carica. Assunti i panno del difensore, esaminata la struttura del reato di cui all'art. 57 c.p. e verificata l'eventuale operatività di fattori scriminanti, valuti il candidato la posizione del direttore del giornale.



Giurisprudenza



q       Cassazione penale sez. V, sentenza 04 marzo 2005, n. 15001: In tema di omesso controllo (art. 57 c.p.), va mandato assolto con la formula "il fatto non sussiste" il direttore del giornale sul quale sia stato pubblicato un articolo dal contenuto offensivo della reputazione altrui, quando sia stato riconosciuto (o sia riconoscibile) al giornalista il corretto esercizio del diritto di critica (o di cronaca).



q       Cassazione penale, sez. V, sentenza 8 aprile 2003 n. 22869: Il direttore del periodico va assolto dal reato di cui all'art. 57 c.p. perché il fatto non sussiste, quando all'autore dell'articolo con la cui pubblicazione è stato commesso il reato è riconosciuta la scriminante dell'esercizio putativo del diritto di cronaca, poiché il reato commesso dall'autore della pubblicazione deve considerarsi, completo dei suoi elementi materiali e psichici, quale evento del reato omissivo del direttore responsabile; pertanto, se esso fa difetto per qualche elemento oggettivo o anche soltanto soggettivo, viene meno la responsabilità del direttore.



q       Cassazione penale, S. U., sentenza 30 maggio 2001, n 37140: In tema di diffamazione a mezzo stampa, non integra di per sè la scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca la condotta di chi pubblichi il testo di un'intervista riportando, pur "alla lettera", dichiarazioni del soggetto intervistato che abbiano oggettivamente contenuto lesivo dell'altrui reputazione, rimanendo pur sempre a carico del giornalista il dovere di controllare la veridicità delle circostanze e continenza delle espressioni riferite; deve tuttavia ritenersi esclusa l'illiceità penale della condotta del giornalista che, assumendo la posizione imparziale di terzo osservatore, riporti le dichiarazioni offensive pronunciate dall'intervistato nei confronti di altri, qualora il fatto in sè dell'intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia della discussione ed al più generale contesto in cui le a dichiarazioni sono rilasciate, presenti profili di interesse pubblico all'informazione tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo e giustificare l'esercizio del diritto di cronaca, l'individuazione dei cui presupposti costituisce accertamento di fatto che, se correttamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità



q       Cassazione penale, Sez. V, sentenza 29 settembre 2000, n. 11958: In tema di diffamazione a mezzo stampa, il direttore dimissionario del periodico può ritenersi esonerato dalla responsabilità penale derivante dalla pubblicazione di un articolo diffamatorio solo quando alle dimissioni si accompagni l'effettiva cessazione delle funzioni inerenti all'incarico ricoperto.





Svolgimento



L'art. 57 c.p., nella formulazione introdotta dalla legge n. 127/1958, configura un reato autonomo e non riconducibile alle logiche del concorso di persone (la fattispecie delittuosa rimane distinta anche dal reato presupposto commesso a mezzo stampa, come evincibile dalla clausola introduttiva della disposizione), proprio (solamente i soggetti indicati nella norma possono porre in essere l'illecito de quo), punibile per colpa (la legge citata ha introdotto l'inciso a titolo colposo, allontanando la previsione dalle logiche della responsabilità oggettiva) che si perfeziona quante volte il direttore (ma anche il vicedirettore responsabile) ometta di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati.

Della pubblicazione di un articolo diffamatorio, pertanto, risponderanno tanto il direttore responsabile quanto l'autore materiale del pezzo: il primo viene chiamato a rispondere per un fatto proprio di natura omissiva; il secondo, invece, per la specifica ipotesi di reato posta in essere (quella di cui all'art. 595 c.p. nel caso di specie).

Sul piano dei soggetti responsabili, giova premettere, il dato delle dimissioni viene valutato con particolare rigore dalla giurisprudenza. In tale direzione la Suprema Corte ha precisato come le dimissioni del direttore di un periodico, atteso il perdurare dell'esigenza che attraverso le pubblicazioni non siano commessi reati, valgano a garantirgli l'esonero di responsabilità penali per articoli diffamatori, solamente nel momento in cui agli annunciati propositi dimissionari si accompagni l'effettivo abbandono delle funzioni precedentemente esercitate (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 29 settembre 2000, n. 11958).

Ne consegue l'esigenza di verificare nel concreto, se il direttore, indipendentemente dalle dimissioni, abbia continuato o meno a svolgere nel momento in cui l'articolo trovava pubblicazione le proprie mansioni all'interno della struttura giornalistica.

Ammesso che le dimissioni non rilevino nel senso di escludere il direttore da responsabilità di sorta, bisogna proseguire l'esame della fattispecie concreta, volgendo nuovamente lo sguardo alla struttura del reato previsto all'art. 57 c.p.

Tornando al dato materiale della fattispecie, va osservato come in seno alla stessa si inserisce, quale elemento costitutivo del reato (ci si riferisce all'inciso quando un reato e' commesso), un delitto differente (la diffamazione ad esempio) che ne rappresenta in altri termini un imprescindibile presupposto.

Da sempre gli addetti ai lavori si interrogano sul corretto modo di intendere all'interno dell'art. 57 c.p. il cd. delitto presupposto.

Due le nozioni cui si e' fatto riferimento nel corso degli anni.

Da un lato e' possibile concepire il termine reato in senso atecnico, come torto obiettivo, alla stregua di mero fatto materiale corrispondente ad una fattispecie di parte speciale.

Dall'altro, l'espressione, probabilmente in uno spirito di maggior sintonia con la lettera e la ratio della norma, viene intesa in modo tecnico nel senso di illecito perfezionato, con la conseguenza che risulterà  integrato il reato di cui all'art. 57 c.p. solamente in presenza di un delitto presupposto tipico, antigiuridico e colpevole.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza sembra orientata verso la seconda delle nozioni esposte, giungendo coerentemente a ritenere non configurabile il reato di cui all'art. 57 quante volte quello presupposto (la diffamazione quasi sempre) non risultava integrato per la sussistenza di una causa di giustificazione (Cassazione penale  sez. V, sentenza   4 marzo 2005, n. 15001)

o per difetto del requisito psicologico (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 26 febbraio 2003 n. 19827).

In merito alla causa di giustificazione, si e' condivisibilmente aggiunto che anche una scriminante solamente putativa (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 8 aprile 2003 n.  22869), facendo venir meno la punibilità del reato presupposto travolgerebbe conseguentemente anche il reato di cui all'art. 57 c.p. per la cui integrazione e' necessaria la presenza di un delitto in senso tecnico.

Ovviamente nel caso in cui si dovesse verificare la sussistenza dell'elemento materiale del delitto, per la punibilità dello stesso, occorre dar prova che il reato, ovvero l'omesso controllo, sia imputabile a titolo di colpa all'imputato.

Il riferimento alla colpa, peraltro, inserito nella norma solamente in un secondo momento, e' stato oggetto nel tempo di differenti letture.

In una prima fase, la novità normativa introdotta ex lege n. 127/1958 (l'inciso a titolo di colpa) e' stata riduttivamente intesa, identificando sovente la giurisprudenza la prova della colpa del direttore con la prova della omissione, giungendo pertanto a ritenere perfettamente integrato il reato in assenza di un concreto accertamento attestante che l'omissione in questione sia stata realizzata colposamente. Di fatto la norma cosi letta dava luogo ad una nemmeno troppo velata ipotesi di responsabilità oggettiva.

Nel corso degli anni, tuttavia, si e' imposta una differente interpretazione della previsione, che, nel rispetto del dato letterale dell'art. 57 c.p. e, soprattutto, con il principio di personalità della responsabilità penale, ritiene indispensabile procedere all'accertamento in concreto della sussistenza della colpa.

Tanto detto, conviene spostare l'esame sull'art. 595 c.p. e, in particolare, sull'eventualità che lo stesso risulti non integrato a causa dell'intervento di una situazione scriminante.

In tal senso giova premettere come Tizio si sia limitato a pubblicare un'intervista da altri rilasciata sul conto di un soggetto terzo. Il contenuto, quindi, dell'articolo offensivo non appartiene sostanzialmente al giornalista, reo unicamente di aver dato spazio, attraverso il proprio operato, alle affermazioni diffamatorie di Caio.

In giurisprudenza il problema e' stato oggetto di numerose pronunce.

Ebbene, la Corte ha in primo luogo distinto sul piano sostanziale l'ipotesi della pubblicazione di un intervista da quelle in cui rileva in termini più ortodossi l'esercizio del diritto di cronaca. Mentre in quest'ultimo caso e' necessario che ricorrano i noti requisiti della verità (vi deve essere una relazione di corrispondenza tra fatti accaduti e fatti narrati), della pertinenza ( i fatti oggetto di narrazione devono rivestire interesse per l'opinione pubblica) e della continenza espositiva (i fatti vanno esposti in modo corretto, nel rispetto dell'altrui reputazione) , in merito all'intervista ha seguito un percorso ermeneutico piu' articolato.

Secondo quanto ormai ribadito anche dalle Sezioni Unite pochi anni or sono, difatti, in caso di intervista il giornalista e' sempre tenuto a verificare la veridicità e la continenza di quanto riferito.

Tuttavia, laddove egli, in posizione di imparzialità, si limiti a riportare fedelmente le dichiarazioni offensive dell'intervistato nei confronti di altri puo' parimenti ritenersi giustificato a condizione che, la qualità dei soggetti coinvolti, il contenuto delle affermazioni riprodotte conferiscano all'oggetto dell'intervista uno spiccato profilo di interesse pubblico (Cassazione penale, Ss. Uu., sentenza 30 maggio 2001, n 37140).

Applicando al caso in esame gli esposti principi, va innanzitutto verificato in concreto l'effettivo apporto di Tizio nella vicenda. Perche' possa giovarsi della scriminante e' necessario che si sia limitato in termini di assoluta terzietà a riferire quanto precisamente affermato dall'intervistato, senza nulla aggiungere al contenuto delle altrui dichiarazioni diffamatorie.

Ritenuta sussistente tale condizione, va sottolineato come ricorrano oggettivamente gli altri presupposti indicati dalle Sezioni Unite.

Ricorre il dato della notorieta' dei personaggi coinvolti, essendo il diffamato e il diffamante noti leaders nazionali di partiti politici.

Ricorre altresì il dato dell'interesse pubblico alla divulgazione delle affermazioni offensive, riferendosi le stesse a questioni di carattere politico di rilievo nazionale.

Tanto esposto, risultando presenti i parametri indicati dalla Cassazione, puo' ritenersi scriminato il comportamento dell'intervistatore.

Venendo meno, quindi, a causa della scriminante che elide la diffamazione, il delitto presupposto, per quanto sopra detto non potra' che concludersi per l'assoluzione del direttore dimissionario dal reato di cui all'art. 57 c.p. perche' il fatto non sussiste.

Da: raga15/12/2010 10:19:18
lasciamo ale in pace chge è un ancora di salvezza

Da: persona seria15/12/2010 10:19:24
mi fate ridere voi che dite di fare le persone serie agli altri..
perché non date il buon esempio facendo l esame con le sole vostre capacità???
ridicolo...

Da: Vincenzo22 15/12/2010 10:19:26
Ragazzi siete proprio degli imbecilli e mi riferisco a chi pubblica tracce vecchie.. facciamo le persone serie!!

Da: miki 76 15/12/2010 10:19:36
informatissimo infame maledetto
è a murììììììììììììììì

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Da: emilio15/12/2010 10:20:16
RAGAZZI CERCHIAMO DI STARE CALMI...TANTO SE QUALCUNO DIFFONDE TRACCE FALSE CE NE ACCORGIAMO SUBITO...PURTROPPO C'E' GENTE CHE NELLA VITA NON HA NULLA DA FARE E SI DIVERTE COSI, CHE VI DEVO DIRE!!!

Da: il cassazionista15/12/2010 10:20:28
A NAPOLI DETTANO

Da: golfodinapoli15/12/2010 10:20:33
W ALE - ALE SEI TUTTI NOI....

Da: Ivan15/12/2010 10:20:44
vISTO CHE SEI UNA "PERSONA SERIA" vedi di andarti a vedere un video porno e abbandonare questo forum

Da: meri15/12/2010 10:20:45
sei sicuro delle tracce che hai scritto?

Da: ale15/12/2010 10:20:49
napoli dettano
salerno a momenti

Da: arcuri15/12/2010 10:20:56
ho avuto il messag dalla mia amica tra 5 min dettano a salerno.

Da: babil 15/12/2010 10:21:06
sn daccordo con vincenzo..

Da: abruzzese doc15/12/2010 10:21:15
Ragazzi, la traccia è troppo simile a quella del 2008!!!

Da: Xardas15/12/2010 10:21:30
Possibile che vi fate prendere per i fondelli da questi coglioni??? Le tracce postate sono vecchie

Da: Clodoveo15/12/2010 10:21:31
Il diritto di cronaca giornalistica rientra nella più vasta categoria dei c.d. diritti pubblici soggettivi relativi alla libertà di pensiero e di stampa riconosciuti dall'art. 21 della Costituzione.

Nel nostro ordinamento al giornalista è riconosciuto il potere/dovere di portare a conoscenza dell'opinione pubblica fatti, notizie e vicende di interesse per la collettività.

Orbene, anche il diritto di cronaca, come tutti i diritti, conosce dei limiti e solo all'interno di questi puó essere legittimemente esercitato.

Dottrina e giurisprudenza hanno stabilito, in maniera ormai concorde, quali sono i principi che il giornalista deve rispettare perchè vi sia un legittimo esercizio del diritto di cronaca.

In primo luogo, il giornalista dovrà rispettare il principio di verità, ovvero curare e verificare che vi sia una corrispondenza tra i fatti accaduti e quelli narrati.

In secondo luogo, dovrà curare che i fatti narrati abbiano un oggettivo interesse per l'opinione pubblica, rispettando così il principio della pertinenza della notizia.

Infine, non dovrà dimenticare il rispetto del principio della continenza, evitando gratuite aggressioni all'altrui onorabilità.

Pertanto, anche nell'applicazione dell'esimente prevista all'art. 51 c.p., che esclude la punibilità dei fatti configurabili astrattamente come reato ma che siano in concreto compiuti nell'esercizio di un diritto, dovrà procedersi ad una valutazione in tal senso.

Proprio seguendo questo ragionamento in passato, le Sezioni Unite della Suprema Corte - affrontando una questione simile a quella posta nel caso in esame - hanno avuto modo di affermare che la condotta del giornalista che, pubblicando il testo di un'intervista, vi riporti, anche se "alla lettera", dichiarazioni del soggetto intervistato di contenuto oggettivamente lesivo dell'altrui reputazione, non é scriminata dall'esercizio del diritto di cronaca, in quanto al giornalista stesso incombe sempre il dovere di controllare veridicità e continenza delle espressioni riferite (Cass. n. 37140/01).

Nel caso in esame, dunque, per poter stabilire se la condotta posta in essere da Tizio rientri o meno nell'esercizio del diritto di cronaca, occorrerà in primo luogo verificare il rispetto dei principi di verità, pertinenza e continenza.

Procedendo con ordine, per quanto riguarda il profilo di interesse pubblico che deve avere la notizia, sebbene questo potrebbe considerarsi soddisfatto dal primario ruolo svolto da Sempronio all'interno dell'Azienza Sanitaria Locale, alla medesima conclusione non potrà giungersi se si sposta la valutazione nei confronti di Caia, la quale è una privata cittadina.

Conseguentemente, le dichiarazioni rese da Caia non potranno rientrare nell'alvea di protezione riconosciuta al diritto di cronaca in quanto inserite in un contesto di discussioni tra personaggi pubblici su temi di interesse per la collettività (Cass. n. 5637/79).

In ordine al controllo di veridicità delle circostanze riferite, è la stessa traccia ad indicare chiaramente che questo aspetto non sia stato affatto curato dal giornalista.

Benchè, qualora fossero state vere e soprattutto provate le affermazioni di Caia sulle pretese attività illecite di Sempronio, queste sarebbero sicuramente state oggetto di una diversa valutazione, soddisfacendo in tal senso anche il requisito dell'interesse sociale alla conoscenza del fatto.

Infine, per quanto riguarda il rispetto del principio della continenza delle espressioni riportate da Tizio, sebbene questo aspetto rimandi a sottili valutazioni di merito non sempre semplici, nelle quali va tenuta in ben conto la percezione e la sensibilità della persona offesa, appare evidente che nel caso proposto il principio sia stato ampiamente violato.

Si segnala che, in ogni caso, l'accertamento dell'attitudine delle espressioni usate dall'agente a ledere la reputazione della persona offesa rientra nei compiti del giudice di merito e si risolve in un apprezzamento di fatto, sottratto anche al sindacato di legittimità della Cassazione (Cass. 2516/84).

A nulla varrà sostenere che le dichiarazioni provengono da una terza persona, avendo la giurisprudenza - come anticipato nelle premesse - sanzionato comunque il mancato controllo da parte del giornalista della continenza delle espressioni riferite ad altri.

In conclusione, sarà senz'altro configurabile nel caso in esame l'ipotesi di reato prevista e punita all'art. 595, terzo comma, c.p..

Il bene giuridico che la norma in questione tende a tutelare è la reputazione dell'individuo intesa come l'opinione o la stima di cui egli gode in seno alla società.

Elemento oggettivo del reato di diffamazione è la comunicazione a più persone. Nel caso proposto, trattandosi di diffamazione compiuta a mezzo stampa, tale circostanza puó ritenersi in re ipsa, in quanto per la sua stessa natura l'articolo giornalistico, pubblicato in un quotidiano a rilevanza nazionale, si rivolge ad un numero cospiquo ed indeterminato di persone.

Occorrerà invece soffermarsi su un altro aspetto della diffamazione, concernente l'individuazione, ovvero almeno l'individuabilità, della persona offesa, perchè sul punto la traccia risulta alquanto lacunosa.

Non è specificato, in effetti, se Sempronio nell'articolo sia identificato in base al nome ovvero in base alla carica che ricopriva all'epoca dei fatti.

Al riguardo la giurisprudenza sostiene che non sia necessario che il nome sia espressamente indicato nel testo diffamatorio essendo sufficiente una individuabilità dell'offeso anche per esclusione o per via induttiva (Cass. n. 1477/92).

In particolare, rivestendo Sempronio all'epoca la carica di Direttore Generale dell'Azieneda Sanitaria di Genova, qualsiasi riferimento al nome o alla persona che in quel momento assumeva tale ruolo sarebbe stato idoneo a identificarlo quale soggetto passivo del reato.

Per quanto riguarda l'elemento soggettivo o psicologico del reato, si segnala che nei delitti contro l'onore in genere non è necessario che l'intento dell'agente sia caratterizzato da un dolo specifico, nel senso che non occorre sia provato l'animus nocendi dell'agente, essendo sufficiente il dolo generico, il quale puó assumere anche la forma di dolo eventuale.

Come sappiamo, il dolo eventuale sussiste ogniqualvolta l'agente pur ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si sia rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propia azione e, ció nonostatnte, abbia agito in piena consapevolezza accettando il rischio di cagionarle (Cass. 3571/96).

In pratica, nella diffamazione il dolo eventuale si concretizzerà con l'utilizzo di espressioni offensive con la consapevolezza di poter ledere l'altrui reputazione.

Come si vede, si è delineata una situazione in cui difficilmente si potrà escludere una penale responsabilità di Tizio ex art. 595, terzo comma, c.p. per i fatti così come enunciati nella traccia.

Tuttavia, prima di concludere occorrerà affrontare un altro aspetto importante della diffamazione: il reato è perseguibile solo a querela della persona offesa.

Dalla traccia non risulta che sia stata presentata alcuna querela da parte di Sempronio e qualora questi non vi abbia provveduto, trascorsi tre mesi decadrà definitivamente da tale facoltà.

Il termine in questione decorre dal momento in cui la persona offesa ha avuto conoscenza del fatto oggetto del reato, che per i casi di diffamazione a mezzo stampa non coincide necessariamente con il momento in cui il giornale o la rivista sono reperibili presso le edicole.

Com'é logico, l'onere della prova dell'intempestività della querela è a carico di chi allega l'inutile decorso del termine.

Da: avvocatooo15/12/2010 10:21:38
è infantile scrivere tracce degli anni scorsi

Da: viviana15/12/2010 10:21:42
bravo ale

Da: salerno15/12/2010 10:21:42
aleeeeeeee dacci notizie su salerno........

Da: almost15/12/2010 10:22:13
ancora nulla?

Da: aiuto...15/12/2010 10:22:18
per favore...postate solo cose vere!!!!!

Da: babil 15/12/2010 10:22:28
a reggio stanno dettando..

Da: Ocio15/12/2010 10:22:40
Peperosso, pezzo di merd4, hai fattio copia e incolla dal sito della giuffrè

Da: marco15/12/2010 10:23:05
ragà

A  Mevia nel corso del parto avvenuto con taglio cesareo vengono a sua insaputa legate le tube di Falloppio sì da impedirne ulteriori gravidanze. Tale intervento, autorizzato dal marito Tizio anche egli medico e presente al parto, era stato ritenuto indispensabile dal ginecologo in considerazione del fatto che Mevia avrebbe corso seri pericoli di vita in caso di nuove gravidanze e che la medesima non poteva assumere anticoncezionali ormonali. Successivamente Mevia, venuta a conoscenza della menomazione subita, sporge querela nei confronti del coniuge e del medico. Il candidato assunte le vesti dell?avvocato di Tizio, rediga un parere soffermandosi sui reati eventualmente contestabili al suo cliente e su quelli che possono essere gli elementi e le circostanze da assumere a sua difesa.

Da: marco15/12/2010 10:23:32
Tizio, conosciutissimo uomo d?affari, in occasione del diciottesimo compleanno della propria figlia, organizza una festa che si svolge nel parco, recintato da un alto muro, della propria villa. Alla festa intervengono note personalità che, dato il clima conviviale, indulgono in atteggiamenti non consoni al loro status socio-professionale. Successivamente compaiono su alcuni rotocalchi numerose fotografie della festa, che erano state scattate da un operatore indipendente il quale, munito di idonea apparecchiatura, si era appostato su di un albero del giardino confinante con il parco della villa di Tizio. Alcuni dei personaggi ritratti nelle fotografie si rivolgono ad un avvocato chiedendo un parere circa la possibilità di ottenere tutela in sede penale. Il candidato rediga il parere, soffermandosi sulle figure di reato che potrebbero essere contestate all?autore delle riprese fotografiche ed ai direttori delle testate che avevano pubblicato le fotografie stesse

Da: DOLLIDO15/12/2010 10:23:32
a napoli hanno finito la dettatura della prima traccia.
sono stata appena avvertita

Da: FESSO15/12/2010 10:23:36
Il signor Tizio, che attraversa un periodo di difficoltà economica, riesce ad acquistare da uno sconosciuto dieci banconote da 100 euro contraffatte al fine di saldare il pagamento di tre canoni di locazione arretrati. dopo aver preso appuntamento telefonico con il signor Mevio, suo locatore ed artigiano in pensione, si reca presso il domicilio di quest'ultimo per il saldo dei canoni, ma contrariamente a quanto concordato, trova ad attenderlo il signor Caio, figlio di Mevio, cassiere presso una grossa struttura di vendita. Nonostante ciò, Tizio decide comunque di consegnare in pagamento le banconote a Caio. Ricevute le banconote, Caio nota che le stesse sono contraffatte perchè sprovviste di filigrana e, di conseguenza, decide di recarsi immediatamente presso la vicina Stazione dei Carabinieri per denunciare l'accaduto. Da par suo Tizio, pur supponendo di non poter essere punito, in considerazione della grossolana contraffazione delle banconote, immediatamente rilevata da Caio, decide comunque di rivolgersi ad un legale per avere chiarimenti in merito alla questione. Il candidato, premessi brevi cenni sul reato di falso nummario, rediga motivato parere circa le conseguenze applicabili alla condotta di Tizio specificando, tra l'altro, se a Tizio è contestabile anche il reato di ricettazione.

Da: Avv. Palermitano15/12/2010 10:23:56
Ciao ragazzi, scusate la precisazione: ieri ho letto  che secondo qualcuno al sud non ci sono controlli e si posso usare i cellulari. Bene, io l'anno scorso ho fatto l'esame e vi posso assicurare che nn è così a PALERMO.  I cellulari si consegnano all'ingresso e il personale di sorveglianza passa continuamente con quegli apparecchi che rilevano i cellulari..
mi confermano che quest'anno è lo stesso..
Per favore, non fate di tutta l'erba un fascio, in bocca al lupo a tutti!

Da: ale15/12/2010 10:23:58
BASTA SPARARE CAZZATE

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