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Esame avvocato Spagna
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Da: chiarimento21/11/2012 19:11:16
@ common

scusami common ma dagli ultimi tuoi interventi sembra che l'abogado - o comunque l'avvocato straniero - non abbia lo ius postulandi...ma io so che non è così e che invece noi ce l'abbiamo!
ti prego, lo so che in questo forum è difficile parlare di cose serie ed utili (i troll sono troppi!) ma cerchiamo di fare chiarezza almeno su questo punto!

Da: common law 21/11/2012 19:36:10

@ chiarimento

si è parlato a lungo di questo argomento... e così si finisce per dare le cose per scontate.

L'avv. straniero possiede ius postulandi (non è un praticante) che si "attiva" depositando la dichiarazione d'intesa all'Ag procedente.
La dichiarazione d'intesa è conditio sine qua non per esercitare il diritto di rappresentanza in giudizio.
La dichiarazione non deve avere forme sacramentali nè è richiesto che, per essa, si imponga all'avv. straniero una attività troppo onerosa (così Corte di giustizia).
Depositata la dichiarazione d'intesa che NON equivale al mandato congiunto, l'avv. straniero ha pieno potere di rappresentanza in proprio: egli non deve essere onerato di far firmare atti o quant'altro.. nè è necessaria e neppure utile la presenza del locale in giudizio.
I locale, con la dichiarazione d'intesa assicura i rapporti con l'ag (ossia che tu vada in udienza), la conoscenza della deontologia locale in relazione ai rapporti con la magistratura e la padronanza dell'idioma parlato nel Paese dove lo straniero si è stabilito o comunque esercita in via temporanea.

Da: chiarimento21/11/2012 19:46:13
@ common

mmm ok, però non mi è chiaro che vuol dire che il diritto c'è ma non è attivo e si attiva solo depositando l'intesa!!
se uno ha un diritto, ne ha anche da subito il pieno esercizio, a meno che questo esercizio sia subordinato ad un atto amministrativo di nulla osta o autorizzazione, cosa che qui non avviene perché l'intesa è un accordo tra privati.
puoi farmi più chiarezza? (ho scoperto il forum da poco e trovo difficilissimo selezionare gli interventi utili da quelli dei troll, ma tu mi sembri una delle poche  che da risposte serie e centrate)

Da: infrapapaya21/11/2012 19:48:08
Diosantissimo common, ma come fai a non sapere che si scrive "condicio" e non "conditio"??? ma sei veramenre ignorante in tutto!

Da: augusto g.21/11/2012 20:19:54
@infrapapaya
Ti do un indizio...tre bocciature all'orale...
@chiarimento
Dalle puttanate da te postate in soli due interventi è possibile affermare senza timor d'esser smentiti come tu sia il perfetto prototipo dell'infrabogado...
Secondo me hai lo ius primae noctis...

Da: common law 21/11/2012 20:43:38

"Causalità, conditio sine qua non, cause sopravvenute, criteri
Cassazione penale , sez. IV, sentenza 04.02.2010 n° 4912
Vale nel nostro ordinamento il principio della equivalenza delle cause o della conditio sine qua non, e cioè il principio per cui qualunque comportamento che ha influito sul verificarsi dell'evento (qualunque fattore che ha concorso al suo verificarsi) ne costituisce causa, indipendentemente dal concorso di altre circostanze, anche consistenti nel comportamento colposo di altri (art. 41, c. 3), che possano avere avuto incidenza causale dell'evento. Il principio è temperato dalla previsione del secondo comma dell'art. 41 c.p., a norma del quale "le cause sopravvenute escludono il nesso di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento".

fonte: http://www.altalex.com/index.php?idnot=49490

felicissima di essere ignorante come gli estensori di questa massima all'ufficio massimario...

eh sì... agli orali (il primo) mi han contestato che citavo troppa casistica e giurisprudenza di riferimento...che citassi pure i termini inmodo che non piaceva loro? ;)) nelle altre due sessioni non ho mai saputo che pensasse di me la parete con cui dialogavo...la commissione era in altre faccende affaccendata...

@ chiarimento

l'intesa è un accordo tra privati. Verissimo.
Ma è una accordo tra privati che conferisce l'esercizio dello ius postulandi.
E' un obbligo dettato dalla legge ai fini che la Corte di giustizia ha chiaramente sottolineato.
in estrema sintesi, l'avvv. straniero ha pieno ius postulandi laddove agisca (ai SOLI fini che ho scritto più sopra) con un locale.
La ratio della norma è evidente: supponiamo che uno straniero non possieda una perfetta padronanza dei termini tecnici o comunque dell'idioma parlato nel paese ospitante...avrà bisogno di un supporto... supponiamo che non sia ferratissimo nelle regole deontologiche dello stato ospitante...anche qui, la norma si giustifica e soccorre.
Pertanto è data libera scelta circa il privato che agisca d'intesa... non vi è regola circa questo accordo interno... l'essenziale è che questo accordo sia dichiarato all'AG.
A quel punto e solo a quel punto lo straniero esercita il diritto di rappresentanza a pieno titolo ed a tutto campo.

un suggerimento: non far caso ai vari avventori perditempo del forum.... purtroppo molti sono afflitti dalla propria mediocrità e non riescono a farsi una vita propria...ingerendo nelle cose (nella specie: i famigerati abogados) altrui. Un modo come un altro per acquisire autostima.

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Da: Tango221/11/2012 21:10:35
@ x Common L.
stimata approfitto per salutarti con vera stima, francamente scrivo e ti leggo poco anche perche' se sgarri nell'esprimerti subito di bacchettano...ecche' diamine..
i tuoi interventi pero' sono sempre ricchi di contenuto e li leggo molto volentieri.
ora, hai ragione tu...io essendo stato sia ieri che oggi fuori regione non e' assolutamente mio lo scritto di cui sopra e sono molto contento che tu abbia capito che non e' il mio modo di scrivere.
con immutata stima.
TANGO2 VERO.

Da: lillovero disgustato21/11/2012 21:39:15
non preoccupatevi.
i messaggi dell'aggggente bestia sono riconoscibilissimi nonostante le svariate firme usate.

anche i polli stanno cominciando a riconoscerlo e molti rifuggono le agggginzie proprio grazie ai suoi interventi.

tipo quello in cui mi inondava di parolaccIe

ahahahahah

Da: unione europea u e21/11/2012 22:00:36
quando ho voglia di farmi quattro grasse risate questo forum non mi delude mai...hahahahahahauante. braccia sottratte impunemente all'agricoltura,....anzi pensandoci meglio l'agricoltura forse è più nobile di quello che si pensi...comunque oggi mi è capitato un episodio davvero comico a proposito di voi "spagnoleggianti abogati".
Mi reco presso la cancelleria penale della corte d'appello e trovo un ragazzone in compagnia dell'anziana madre che discuteva con l'addetta ai fascicoli.. nell'attesa non ho potuto fare a meno di ascoltare divertito la conversazione.
Insomma, costui, -querelante nel processo- formulava con accesa prosopopea domande balzane circa il predetto processo convinto di stare sfoggiando padronanza giudiziaria davanti alla povera impiegata, nonche alla di lui madre che, orgogliosa, manifestava tutto il suo compiacimento. Indovinate cosa è venuto fuori ad un certo punto della conversazione?? ebbene si, era un abogado o aspirante tale che dir si voglia.. la povera impiegata lo assecondava come si fa con una persona non proprio sana di mente e a tratti sembrava chedere il mio aiuto che non ho mancato di prestare quando oramai la situazione stava divenendo insostenibile...hahahahaah

Da: lii03 21/11/2012 22:07:10
@ avvelenata : gurda se ti può essere utile questa sentenza, a mio avviso unica ( in quanto da poco novellato l'art. 182 cpc) ma significativa.

"Secondo un altro orientamento dottrinario, invece, il nuovo testo dell'art. 182 c.p.c. consentirebbe anche la sanatoria della procura anche nell'ipotesi in cui quest'ultima manchi del tutto: in pratica, la nuova formulazione della norma consentirebbe, secondo tale dottrina, anche il rilascio della procura nel termine concesso dal Giudice."

"Come segnalavo sopra, appare interessante un'ordinanza resa dal Tribunale di Gela sul punto, nell'ambito di un procedimento trattato il 14 aprile 2010: il Giudice Istruttore, Dott.ssa Buonocore, consapevole della divisione dottrinaria e della complessità della questione, ha manifestato di aderire all'ultimo indirizzo dottrinario sopra segnalato, che consente, come detto, la sanatoria anche con il rilascio di una procura che, in ipotesi, nemmeno esisterebbe, concedendo, indi, il termine per il deposito di rituale procura alla parte convenuta irritualmente costituitasi in giudizio."

Da: lii03 21/11/2012 22:12:21
Riflessioni sulla riformulazione dell'art.182 c.p.c.
Articolo 16.06.2010 (Giuseppe Cammalleri)

tratto da Altalex,  15 novembre 2010. Articolo di Giuseppe Cammalleri

questo potrebbe aiutare avvelenata, se non altro per condividere la sua opinione (purtroppo alquanto isolata in materia).

Da: x common law21/11/2012 22:20:20
ciao siccome sei l'unica su questo forum che è preparata e seria
vorrei chiederti se è stata eliminata l'incompatibilità tra l'esercizio della professione forense e il rapporto di lavoro dipendente privato?

grazie sin da ora per una risposta

Da: lii03 21/11/2012 22:41:38
@ x common law, la domanda è alquanto imprecisa, vuoi sapere se attualmente vi sono incompatibilità, se le incompatibilità sono future, nel senso della prossima riforma forense. Attualmente non vi sono (ai sensi del dpr 137) incompatibilità, se la riforma sarà approvata ci saranno 2/3 anni per far valere  la incompatibilità. Comunque se verrà un governo liberalizzatore, saranno abolite tutte le incompatibilità, se salgono al governo corporativi, sia di cdx che di csx saranno rinforzate le incompatibilità. Se la UE legifererà in materia(si presume che) saranno abolite le incompatibilità, Come vedi c'è un ampio ventaglio di ipotesi, poi se vuoi sentir common, aspetta!

Da: lillovero22/11/2012 01:22:11
l'avvocatura italiana.

trasmissione televisiva. tema: l'evasione fiscale.

intervistatore: "signor avvocato scelto perchè ciavrebbe agganci con gli autori della trasmissione e cià abbisogno di farsi pubblicità per essere conosciuto nel suo ordine, è vero che voi avvocati evadete?"

risposta: "guardi, innanzituttamente io non poteessi evadere perchè stociobbi spicializzato in diritto civilo e che infattamente riguarda quelle cose, come si chiamano, le società, anzi io stociobbi esperto di alta finanza, per esempiamente nell'ultima riunione di condominio... ma stò divagando, votatemi amici colleghi alle prossime elezzioni. comunque, dicevo, io non lo facesserebbi mai ma stànno alcuni colleghi che lo devono fare per campare. saprebbi, solo a roma ingi stanno 40milioni di avvocati, 78 volte più di tutti gli avvocati del mondo, come mi ha confermato il mio amico presidente dell'oua, e stabbino molti collechi costretti a evadere. non ingi stà più quella avvocatura di una volta come me, gente nobbbbile e fine."

ahahaaha
mancava solo una invettiva contro gli abogados ahahahaha

Da: common law 22/11/2012 07:58:27

Credo tu ti stia sbagliando, lii03 quando affermi che:
"Attualmente non vi sono (ai sensi del dpr 137) incompatibilità"

il dpr 137/2012 afferma che è consentito il lavoro subordinato  sia pubblico che privato per i soli praticanti (art. 6 n. 5)

Il combinato disposto art 4 l.p. e art 16 cod. deont. sono pienamente in vigore e determinano l'incompatibilità con il pubblico impiego, il lavoro subordinato privato etc... salvo alcune eccezioni specifiche.

La riforma forense in approvazione conferma le incompatibilità.

@ x common law

Non so chi tu sia... io non sono l'unica persona seria con una certa preparazione su questo forum e non so dove vuoi arrivare con queste affermazioni.
Qualunque sia lo scopo ti assicuro che sono del tutto fuori luogo.

Da: common law 22/11/2012 08:01:14

* art. 3 l.p.

Da: x common law22/11/2012 09:59:22
ciao common grazie 
stai tranquilla non sono qui arrivare da nessuna parte  si è vero non sei l'unica ma almeno rispondi a tono e a tempo a tutti !!!

grazie per la risposta ma il dubbio mi rimane ci sono alcuni che mi hanno detto che da agosto 2012 le cose erano cambiate!! cioè non ho trovate 2 opinioni uguali sul tema incompatibilità
il mio coa in un convegno sostiene che sono decadute
Con il DPR 137/2012
del 7 agosto 2012, pubblicato in G.U. del 14 agosto (Regolamento di
attuazioine dei pricipi dettati dall'art.3 comma 5 DL. 138/2011 in
materia di professioni regolamentate) è da intendersi abrogata la
legge 339/03 in forza degli artt. 2 e 12 del DPR medesimo, con data
agosto 2012. Cosa significa?
Significa che a partire dal mese di agosto 2012 scorso sono abrogati
i divieti che non consentivano l'iscrizione all'albo degli avvocati dei
dipendenti pubblici part time e dei dipendenti in un rapporto di lavoro
privato subordinato.

Da: metodo boffo22/11/2012 10:39:11
per seguire la diretta del congresso nazionale forense:

http://video.ilsole24ore.com/SoleOnLine5/Video/Norme%20e%20Tributi/Diritto/2012/diretta-XXXI-Congresso-Nazionale-Forense%20/XXXI-congresso-nazionale-forense-22-24-nov.php


già da ieri sera delegati in subbuglio per mozione pro De Tilla (deroga allo statuto oua per renderlo rieleggibile).....

Da: common law 22/11/2012 11:00:03

@ x common law

questo l'art. 5 del dl 138/2011 convertito in legge 148/2011

" 5. Fermo restando l'esame di Stato di cui  all'articolo  33  quinto
comma   della   Costituzione   per   l'accesso    alle    professioni
regolamentate, gli ordinamenti  professionali  devono  garantire  che
l'esercizio dell'attivita' risponda senza eccezioni  ai  principi  di
libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto
il  territorio  nazionale,  alla  differenziazione  e  pluralita'  di
offerta che  garantisca  l'effettiva  possibilita'  di  scelta  degli
utenti nell'ambito della piu'  ampia  informazione  relativamente  ai
servizi  offerti.  Gli  ordinamenti  professionali  dovranno   essere
riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del  presente
decreto per recepire i seguenti principi:
  a) l'accesso alla professione e'  libero  e  il  suo  esercizio  e'
fondato e ordinato sull'autonomia e  sull'indipendenza  di  giudizio,
intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza
di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate
ad esercitare una certa professione  in  tutto  il  territorio  dello
Stato o in  una  certa  area  geografica,  e'  consentita  unicamente
laddove essa risponda a ragioni di interesse  pubblico,  tra  cui  in
particolare quelle connesse alla  tutela  della  salute  umana,e  non
introduca  una  discriminazione  diretta  o  indiretta  basata  sulla
nazionalita'  o,  in  caso  di  esercizio  dell'attivita'  in   forma
societaria, della sede legale della societa' professionale;
  b)  previsione  dell'obbligo  per  il  professionista  di   seguire
percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base  di
appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali,  fermo  restando
quanto previsto dalla normativa  vigente  in  materia  di  educazione
continua in medicina (ECM). La violazione dell'obbligo di  formazione
continua determina un illecito disciplinare e come tale e' sanzionato
sulla base di quanto  stabilito  dall'ordinamento  professionale  che
dovra' integrare tale previsione;
  c) la disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione  deve
conformarsi  a  criteri  che  garantiscano  l'effettivo   svolgimento
dell'attivita' formativa e il suo adeguamento  costante  all'esigenza
di assicurare il miglior esercizio della professione. Al  tirocinante
dovra' essere corrisposto un equo compenso  di  natura  indennitaria,
commisurato al suo concreto apporto. Al fine di accelerare  l'accesso
al mondo del lavoro,  la  durata  del  tirocinio  non  potra'  essere
complessivamente superiore a tre anni  e  potra'  essere  svolto,  in
presenza di una apposita convenzione quadro stipulata fra i  Consigli
Nazionali e il Ministero dell'Istruzione, Universita' e  Ricerca,  in
concomitanza al corso di studio per il conseguimento della laurea  di
primo  livello  o  della  laurea  magistrale  o   specialistica.   Le
disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni
sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente;
  d) il compenso spettante al professionista e' pattuito per iscritto ll'atto del conferimento dell'incarico professionale prendendo  come
riferimento le tariffe professionali. E' ammessa la  pattuizione  dei
compensi anche in deroga alle tariffe. Il professionista  e'  tenuto,
nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al  cliente
il  livello  della  complessita'  dell'incarico,  fornendo  tutte  le
informazioni utili circa  gli  oneri  ipotizzabili  dal  momento  del
conferimento alla  conclusione  dell'incarico.  In  caso  di  mancata
determinazione consensuale del compenso, quando il committente e'  un
ente pubblico, in  caso  di  liquidazione  giudiziale  dei  compensi,
ovvero  nei  casi  in  cui  la  prestazione  professionale  e'   resa
nell'interesse  dei  terzi  si  applicano  le  tariffe  professionali
stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia;
  e) a tutela del cliente, il professionista e'  tenuto  a  stipulare
idonea  assicurazione   per   i   rischi   derivanti   dall'esercizio
dell'attivita' professionale. Il professionista deve rendere noti  al
cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi  della
polizza stipulata per la responsabilita' professionale e il  relativo
massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative  di  cui
al presente comma possono essere  negoziate,  in  convenzione  con  i
propri iscritti, dai Consigli Nazionali e  dagli  enti  previdenziali
dei professionisti;
  f) gli ordinamenti professionali dovranno  prevedere  l'istituzione
di organi a livello territoriale, diversi da quelli  aventi  funzioni
amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione  e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La carica di consigliere dell'Ordine  territoriale  o  di consigliere nazionale e'  incompatibile  con  quella  di  membro  dei
consigli di disciplina  nazionali  e  territoriali.  Le  disposizioni
della presente lettera non si applicano  alle  professioni  sanitarie
per le quali resta confermata la normativa vigente;
  g) la pubblicita' informativa, con ogni mezzo,  avente  ad  oggetto
l'attivita'  professionale,   le   specializzazioni   ed   i   titoli
professionali posseduti, la struttura  dello  studio  ed  i  compensi
delle  prestazioni,  e'  libera.  Le   informazioni   devono   essere
trasparenti, veritiere,  corrette  e  non  devono  essere  equivoche,
ingannevoli, denigratorie."

il successivo DPR 137/2012 consente ESPRESSAMENTE ai soli praticanti il contemporaneo lavoro subordinato.

Non è stato abrogata l'incompatibilità (anzi riaffermata nella riforma) perchè viola il principio di indipendenza dell'avvocato che è un principio primo a tutela del cittadino.

Vieni a milano e dichiara che lavori quale dipendente... e ti vedi cancellare all'istante...

Da: lillovero disgustato22/11/2012 11:24:29
de tilla è il più grande avvocato di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
figuratevi se si ferma di fronte ad uno statuto. non teme la costituzione, le direttive e i regolamenti comunitari e pensate abbia paura di uno statuto? egli stàrà sempre in tredici, in saecula saeculorum, a deliziarci con la sua assoluta e sofisticata padronanza della lingua italiana e del diritto nonchè con le elegantissime gags meglio di pierino e martufello per attizzare la pancia (e il sottopancia) dell'abbocatura più nobbbbile che infattamente fà fare bella figura agli abbbocati tutti!
evviva de tilla! sempre evviva!

Da: disgustato da lillovero22/11/2012 11:58:32
ufffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff monotonooooooooooooooooooooooooooooo

Da: ipse dixit....22/11/2012 12:06:13
x u e : vienilo a fornire quando incontri me il tuo aiuto, così prendi 4 calci in culo , 2 moccatò di resto e "un togliti dai coglioni 'mpicciò che si sostuisce alla pubblica autorità e dà il proprio supporto senza un regolare mandato e senza alcuna autorità e/o facoltà". Cambia nick, usa quello con cui ti sei smerdato parlando di ius postulandi (quello rappresenta il tuo vero sapere giuridico), dato che di diritto comunitario non capisci un'emerita mazza, sennò sapresti cos'è una direttiva e andresti a lavorare invece di pensare agli abogados ... "Stavo in cancelleria in CdA" e che cazzo stavi a fare??? a pulire i cessi?? E la madre del fantomatico protagonista dei tuoi deliri che cazzo ci stava a fare???Ma sì adesso dopo l'amico immaginario c'è l'abogado (nemico-cattivo) immaginario. Sveglia coglione: se appartieni ad una certa categoria ok, se sei giovane AVV. (ma nn ci credo perchè i giovani Avv. non sono così coglioni, ma siamo tutti solidali fra colleghi), dimostri di essere ancora più coglione di quello che sei. Leggi l'intervento di lillo, che io nn sempre condivido, invece di pensare ai cazzi degli altri e venire qui provocare e lavora un po' col cervello se ce l'hai: ce la stanno mettendo in CULO!

Da: avvelenata22/11/2012 12:11:50
x lii03
grazie infinite x le tue risposte serie, educate e soprattutto espresse con logica, nonchè x la tua disponibilià

x common law
idem per te e aggiungo grazie per la serietà

x entrambi
dopo un lungo studio ed un'attenta analisi di tutto il materiale trovato in merito al mio grave errore, ho deciso che non farò il reclamo anche e soprattutto x non rischiare la condanna alle spese, pur essendo fermamente convinta che il giudice non abbia capito un bel niente ma soprattutto non abbia avuto il coraggio di darmi ragione.
in  ogni caso tra 60 gg c'è il merito, x cui a quel punto mi costituirò con tutti i "crismi" e farò valere finalmente i miei diritti non solo da AVVOCATO quale sono ma soprattutto da CITTADINO ONESTO.
grazie a tutti per l'attenzione manifestata

Da: Salvibus22/11/2012 13:08:49
@ Common
Grazie per la risposta infatti conviene sempre non rischiare anche peccando di eccessivo zelo
ti chiedo un altro tuo parere. In alcuni procedimenti ancora in corso sono stato nominato quale praticante abilitato conviene anche in questi rinovare le nomine senza apettare le prossime udienze che si terranno fra 2 tre mesi ti premetto che ho ancora l'abilitazione una doppia iscrizione in due ordini diversi

Da: common law 22/11/2012 13:30:58

Salvibus, se è ancora in essere l'iscrizione al registro praticanti abilitati ti conviene finire come hai cominciato le cause, ossia da dottore.
Comunque non ha molto senso mantenerle in essere entrambe...fossi in te mi cancellerei al più presto dal registro.

Da: Salvibus22/11/2012 14:17:57
@ Common, precisa e puntuale grazie ancora

Da: brevi cenni su lillovero:22/11/2012 14:57:20
staziona su questo forum dai tempi dei tempi;
aizza folle e manda messaggi forvianti;
si dimena come un leone ferito quando uno dice che non vuole più postare qui perchè sta solo facendo elevare il valore della pubblicità di cui sopra a destra. Infatti, se notate da allora ha inziato a parlare addirittura di attaccare gli infraditos.
A questo punto l'elemento di certo non è un agente, ma sicuramente è uno che ci tiene con i suoi costanti interventi copia e incolla a tenere vivo e florido questo forum, perchè?
La risposta ci magnaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!

Da: ipse dixit....22/11/2012 15:25:40
ovviamente lillovero ha un suo interesse sennò non starebbe qui ore ed ore. Ma a te che te frega??? Ti ruba la clientela che ci perdi tempo a scrivere pure la biografia ragionata??? Si lasci spazio a chi ha dei quesiti seri...

Da: x common law22/11/2012 15:32:18
grazie della risposta credo tu abbia ragione cmq era stata fatta una prima interpretazione estensiva delle parole che affermano senza limiti all'esercizio o ostacoli

Da: xxx common law22/11/2012 15:39:14

Il D.L. 138/2011 e il DPR di liberalizzazione delle professioni determinano, dal 13/8/2012, la abrogazione dei limiti al libero accesso alla professione forense, di quei limiti, va precisato, che risultano sproporzionati rispetto al fine della promozione della autonomia e dell'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, dell'avvocato. Tra tali limiti abrogati rientrano sia quello della sussistenza, in capo all'interessato, di un rapporto di lavoro subordinato privato sia quello della sussistenza, in capo al medesimo interessato, di un rapporto di lavoro pubblico a part time ridotto (tra il 30% e il 50% dell'orario ordinario). Le disposizioni al riguardo abrogate si individuano nell'art. 3 della legge professionale forense del 1933 e nella l. 339/03. Di seguito spiego il perchè.

Si legge all'art. 3, comma 5, del d.l. 138/2011: "Fermo restando l'esame di Stato di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate ... gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, ... Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi:
a)  l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista...
Si legge all'art. 3, comma 5 bis, del d.l. 138/2011: "Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i princìpi di cui al comma 5, lettere da a) a g), sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012.
Si legge all'art. 3, comma 5 ter, del d.l. 138/2011: "Il Governo, entro il 31 dicembre 2012, provvede a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto del comma 5-bis in un testo unico da emanare ai sensi dell' articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400."
Ebbene, lo schema di DPR sulla regolamentazione delle professioni, approvato dal Governo il 15/6/2012, tra l'altro, all'articolo 2 (Accesso ed esercizio dell'attività professionale) recita:
"1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato e fermo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni regolamentate è libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali, quando esistenti, che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale.
2. L'esercizio della professione è libero e fondato sull'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico...
3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. Sono fatti salvi gli obblighi e i limiti di prestazione professionale in una determinata area geografica, parimenti fondati su ragioni di interesse pubblico, stabiliti per l'esercizio dell'attività notarile. Sono altresì fatte salve le limitazioni derivanti dall'attività assunta alle dipendenze di enti o di altri professionisti, funzionali alle finalità degli enti e al rapporto contrattuale con i professionisti."

All'articolo 6, "Tirocinio per l'accesso", il comma 5 prevede: "Lo svolgimento del tirocinio è incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico. Il tirocinio può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato privato, purché con modalità e orari idonei a consentirne l'effettivo svolgimento".

All'articolo 8, "Incompatibilità", recita "1. L'esercizio dell'attività professionale è incompatibile esclusivamente con le attività che ne pregiudicano l'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico.
2. Restano ferme le incompatibilità previste dalla disciplina del lavoro pubblico dipendente e quelle inerenti alla professione di notaio".

All'art. 13, "Disposizione temporale", recita:
"1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano dal giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso.
2. Sono abrogate tutte le disposizioni regolamentari e legislative incompatibili con le previsioni di cui al presente decreto, fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, e successive modificazioni".

Le riportate disposizioni dello schema di DPR approvato dal governo il 15 giugno 2012 eliminano molte delle incompatibilità previste nell'art. 3 della legge professionale forense del 1933 e s.m.i. (tra le quali la l. 339/03). Certo l'indicazione dei principi fonte d'abrogazione fornita dal legislatore può (in quanto volutamente generica) lasciar spazio a interpretazioni "conservatrici" che tendano a ridimensionare la necessaria apertura radicale alla concorrenza nei servizi professionali legali. Ad esempio ci si potrebbe domandare:

- dopo il 12 agosto 2012 continueranno a poter esercitare la professione di avvocato i ministri, i sottosegretari, i vice ministri e i commissari di governo, con l'evanescente e comunque insufficiente limite delle materie "connesse al proprio ufficio" (limite previsto dalla legge 215/04, c.d. legge sul "conflitto di interessi" e in ordine alla illusorietà del quale limite basta domandarsi se i ministri in questione siano tenuti ad optare tra la continuazione dela attività d'avvocato e la partecipazione alle decisioni collegiali del Consiglio dei ministri)?

- sarà consentito essere iscritto all'albo forense ed essere nel contempo avvocato dipendente privato di un collega o di una società professionale o di altro datore di lavoro privato che non svolga la professione forense?

- e soprattutto, saranno invece ancora impediti ad esercitare la professione forense i dipendenti pubblici in part time ridotto (magari dipendenti di quegli stessi ministri, sottosegretari, viceministri e commissari governativi che, come detto, ex l. 215/04 sono tuttora bellamente ammessi a svolgere la professione di avvocato in materie "non connesse" all'alta carica rivestita)?


Le disposizioni dello schema di DPR sopra riportate dovrebbero essere attuative dell'art. 3, comma 5, del d.l. 138/11 ma, così come sono scritte, qualche dubbio lo possono ingenerare. Ma si tratta di dubbi superabili in via interpretativa. DI TALI DISPOSIZIONI, INFATTI, PARE POSSIBILE UNA INTERPRETAZIONE COSTITUZIONALMENTE ORIENTATA, che cioè sia tesa alla massima apertura alla concorrenza e alla riduzione delle incompatibilità (le quali devono essere limitate, escludendosi quelle che non derivino da esigenze imperative di interesse pubblico e quelle che non rispettano il principio di proporzione). SI EVIDENZIA AL RIGUARDO QUANTO RICONOSCIUTO NELLA RELAZIONE ILLUSTRATIVA SULLO SCHEMA DI D.P.R. APPROVATO DL GOVERNO IL 15/6/2012: "La lettura della normativa in questione, in chiave di garanzia della libera concorrenza e del mercato aperto, è favorita dalla pacifica qualificazione delle attività delle libere professioni quali servizi (articolo 57, par. 2, lett. d), TFUE), la cui prestazione non può essere soggetta a restrizione alcuna (articolo 56 TFUE)". Occorre conseguentemente riconoscere che la legge 339/03 (nonostante il positivo vaglio da parte di Corte cost. 166/2012 sotto il particolare aspetto del trattamento dei diritti quesiti dei "vecchi" avvocati part time) va incontro ad abrogazione, alla data del 13 agosto 2012, per contrasto col principio di cui all'art. 3, comma 5, lett. a del d.l. 138/11.

Ai tentativi di interpretazione corporativa e anticoncorrenziale del DPR di "liberalizzazione delle professioni" ci si deve opporre evidenziando che il d.l. 138/2011:

a) impone che anche l'ordinamento della professione forense deve garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza;

b) esclude che possano ritenersi ancora vigenti dopo il 12 agosto 2012 quelle disposizioni normative che contrastino col principio di libero accesso alla professione o ne ostacolino l'esercizio senza essere necessitate da esigenze imperative di interesse generale e, comunque, risultino sproporzionate rispetto al fine di regolare la professione forense per realizzare autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista avvocato. Al riguardo si ricorda che la Corte di giustizia, nella sentenza del 30/11/1995 nella causa C-55/94, Reinhard Gebhard contro Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Milano, afferma al punto 37: "Dalla giurisprudenza della Corte risulta tuttavia che i provvedimenti nazionali che possono ostacolare o scoraggiare l'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato devono soddisfare quattro condizioni: essi devono applicarsi in modo non discrimintorio, essere giustificati da motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il perseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v. Sentenza 31 marzo 1993, causa C- 19-92, Kraus, racc. Pag. I-1663, punto 32)."

c) produrà effetto immediatamente abrogativo (avrà mera funzione compilativa la raccolta in un testo unico delle disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto del comma 5-bis) di tutte le norme degli ordinamenti professionali che siano contrastanti con i principi generali di cui all'art. 3, comma 5, del medesimo d.l. 138/2011 nel caso in cui il DPR governativo di "liberalizzazione" delle professioni non intervenga entro il 12 agosto 2012. Scrive al riguardo il Presidente emerito della Corte costituzionale, Alberto Capotosti, in un parere pro veritate resoal Consiglio Nazionale Forense il 1075/2012: "... l'art. 33, comma 1, lett. a) del d.l. n. 201 del 6 dicembre 2011, ... ha ... finito con lo stabilire, anche per la riforma degli ordinamenti professionali, un meccanismo di abrogazione espressa per così dire "meccanico" o "automatico", e cioè del tutto indipendente dall'introduzione di una contestuale disciplina normativa effettivamente sostitutiva di quella abrogata. L'effetto è stato raggiunto aggiungendosi al testo del predetto comma 5 bis dell'art. 3, d.l. n. 138 del 2011, una ulteriore puntualizzazione, tale da stabilire l'abrogazione delle discipline sugli ordinamenti professionali non soltanto a far data dall'entrata in vigore dei regolamenti governativi di riforma, ma anche "in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012" (coincidente con la decorrenza di 12 mesi dall'entrata in vigore del d.l. n. 138 del 2011)."

d) comporterà ugualmente effetto immediatamente abrogativo di tutte le norme degli ordinamenti professionali che siano contrastanti con i principi generali di cui all'art. 3, comma 5, del medesimo d.l. 138/2011 nel caso in cui esso DPR intervenga entro il 12 agosto 2012 ma risulti in contrasto con i principi generali della cui attuazione deve esser strumento. La previsione dell'abrogazione "in ogni caso" alla data del 13/8/2012 serve, appunto, ad evitare rischi di "annacquamento", nel testo dell'emanando DPR, della portata concretamente abrogatrice che il d.l. 138/2011 ha voluto derivante dal contrasto (eventualmente da ritenersi dai giudici) coi principi di cui ai punti da a) a g) del comma 5 del suo art. 3. Che, nel caso caso di mancata puntuale attuazione dei dettami del d.l. 138/11, risulti inefficace e non meramente illegittimo il DPR governativo eventualmente approvato entro il 12/8/2012, pare essere possibile anche al Presidente emerito della Corte costituzionale, Piero Alberto Capotosti, il quale ha scritto in un parere pro veritate rilasciato al Consiglio Nazionale Forense il 10/5/2012 (in tema di applicabilità al CNF dell'art. 3, comma 5, lett. F del d.l. 138/11) che nel caso in cui il superamento dei limiti posti al DPR "sia imputabile al solo regolamento autorizzato -per aver questo travalicato l'ambito di competenza attribuitogli o per aver contraddetto le norme generali poste dalla legge- il vizio, riguardando appunto il solo atto regolamentare, deve farsi valere nelle forme conseguenti dell'annullamento o della disapplicazione da parte del giudice comune (ordinanza n. 401 del 2006)".

Lo schema di DPR approvato dal governo il 15/6/2012 è correttamente attuativo del d.l. 138/2011 ove:

A) all'art. 2 prevede che sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale. Fondamentale è il fatto che, nell'art. 2, dopo aver limitato il divieto di iscrizione agli albi alla sola previsione espressa inerente al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale, si affermi che "l'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico" del professionista attenga alla fase dell'esercizio della professione. In sostanza lo shema di DPR ha voluto chiarire che solo conseguenze disciplinari (che magari potranno giungere anche alla declaratoria di incompatibilità in concreto e alla conseguente cancellazione dall'albo) potranno derivare dall'esercizio della professione con modalità che in concreto contrastino con detta "autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico"; mentre non si potrà tradurre in divieto di iscrizione, "a monte", negli albi professionali nessun fatto o status personale o rapporto giuridico che non rientri nella tassativa elencazione di cui al comma 1 dell'art. 2 (anche se si tratti di fatto o status personale o rapporto giuridico che sia astrattamente idoneo a mettere in pericolo  l'autonomia e l'indipendenza di cui all'art. 8).

B) al medesimo art. 2 (evidentemente riconoscendo la compatibilità, per quanto attiene alla salvaguardia dell'interesse attinente al miglior esercizio della professione forense) prevede che sono fatte salve le limitazioni spaziali ("spaziali" sono definite tali limitazioni dalla Relazione illustrativa al DPR approvato dal governo il 15/6/2012) all'esercizio dell'attività d'avvocato derivanti dall'attività assunta alle dipendenze di enti (evidentemente sia pubblici che privati) o di altri professionisti, funzionali alle finalità degli enti (pubblici o privati) e al rapporto contrattuale con i professionisti.

C) all'art. 6, comma 5, limita alla fase del tirocinio (ed in funzione dell'effettività del tirocinio stesso, come chiarisce la relazione allo schema di DPR) l'incompatibilità tra professione e qualunque rapporto di impiego pubblico.  E' certamente ragionevole -al fine di garantire l'effettività della pratica professionale e, dunque, una formazione pratica che certamente si riverbera sul livello dei servizi che in seguito il professionista sarà in grado di fornire al suo cliente- prevedere solo per la fase della pratica e non per quella successiva al superamento dell'esame di Stato, l'incompatibilità con qualunque rapporto di pubblico impiego. Si rammenti, al riguardo, quanto scriveva la Corte costituzionale nella sentenza 163/2002, riconoscendo che per la nostra Costituzione il superamento dell'esame di Stato riveste particolare rilevanza: "il conseguimento della abilitazione professionale, collegato all'iscrizione nell'albo professionale, attribuisce la qualificazione piena e permanente per l'atività di avocato".  Con ciò la Corte costituzionale intedeva ribadire che nei confronti di chi ha superato l'esame di Stato non  è consentito, neppure al legislatore, cambiare capricciosamente le carte in tavola e mutare in fatica sprecata la fatica di una vita di studi e di ricerca del lavoro. Infatti, proprio riguardo alle libere professioni protette (se non si vuol fare della loro "protezione" un privilegio immotivato), non si possono ammettere incompatibilità irrispettose di uno status professionale acquisito definitivamente col superamento dell'esame di Stato e da ricollegare, in primo luogo, al diritto al lavoro e alla libera esplicazione della personalità in una Repubblica democratica fondata, appunto, sul lavoro.  Si deve riconoscere che, per la nostra Costituzione, la non irragionevole limitazione della possibilità di lavorare e la funzionalità al rimuovere col lavoro gli ostacoli alla disuguaglianza sono i primi parametri della legittimità costituzionale. Cos'è il diritto costituzionale al lavoro se non, in primo luogo, divieto costituzionale a frapporre ostacoli legislativi (non necessari o, altrimenti detto, "non fondati su motivi imperativi di interesse generale") allo svolgimento  di una attività lavorativa? Resta emblematica, sotto questo aspetto, la sentenza della Corte costituzionale n. 73 del 1992 che, con specifico riguardo al regime della previdenza forense, non ha esitato -proprio parametrndo la ratio decidendi sull'art. 4 Cost.- a dichiarare la illegittimità costituzionale della prevista incompatibilità della corresponsione della pensione di anzianità con l'iscrizione ad albi diversi dagli albi forensi, nonchè con lo svolgimento di qualsivoglia attività di lavoro subordinato.

D) all'art. 8 precisa che l'esercizio dell'attività professionale è incompatibile esclusivamente con le attività che ne pregiudicano (e non che ne mettono astrattamente in pericolo) l'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico.

E) al medesimo art. 8 -precisando che restano ferme le incompatibilità previste dalla disciplina del lavoro pubblico dipendente e quelle inerenti alla professione di notaio- evidentemente ricomprende quale possibile oggetto d'abrogazione le incompatibilità inerenti la professione di avvocato.

Occorre chiedersi se la l. 339/03 disciplini il lavoro pubblico, prevedendo incompatibilità che perciò siano estranee alla portata abrogatrice del principio generale di cui alla lettera a) del comma 5 dell'art. 3 del d.l. 138/2011. La risposta deve essere negativa perchè:

1) già il titolo della legge 339/03 "Norme in materia di incompatibilità dell'esercizio della professione di avvocato" chiarisce che il fine di essa legge è la garanzia del corretto esercizio della professione forense, mentre ad altre norme è lasciata la tutela del corretto svolgimento del rapporto di lavoro pubblico;

2) il riferimento, nell'art. 8 dello schema di DPR, alla "disciplina del lavoro pubblico" deve intendersi fatto alle regole sul rapporto full time inserite nel testo unico del pubblico impiego (d.lgs. 165/01) e in particolare all'art. 53. A prova di ciò si deve ricostruire lo sviluppo storico dell'istituto del part time: tale sviluppo storico evidenzia, infatti, l'affermarsi nel tempo della consapevolezza della diversità "ontologica" tra rapporto di lavoro full time e part time nella pubblica amministrazione. Usiamo le parole di Corte cost. 189/01, che al punto 5 del considerato in diritto scrive: "... giova rammentare che, con la legge 29 dicembre 1988, n. 554, è stato introdotto, nel settore dell'impiego pubblico, l'istituto del rapporto di lavoro a tempo parziale. Detta legge, nel delinearne in via generale i tratti, ha rimesso l'ulteriore disciplina ad un provvedimento di normazione secondaria (art. 7). A seguito di ciò è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117, il quale ha consentito al pubblico dipendente (art. 6, comma 2) lo svolgimento di altre attività lavorative, previa autorizzazione dell'amministrazione o ente di appartenenza ed a condizione che le attività stesse, oltre a non arrecare pregiudizio alle esigenze di servizio, non siano incompatibili con le attività di istituto.
Successivamente il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nell'avviare il processo di privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, prefigurato dalla legge delega 21 ottobre 1992, n. 421, ha permesso alle amministrazioni pubbliche di avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego contemplate dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, includendo fra di esse il regime lavorativo del tempo parziale e facendo rinvio, per le relative regole, al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 117 del 1989, secondo quanto previsto, almeno in un primo momento, dall'art. 36 (poi modificato dall'art. 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80).
In tale contesto, sono stati riconfermati, quanto alle incompatibilità che, rispetto all'eventuale svolgimento di altra attività lavorativa, gravano sul dipendente pubblico in regime di lavoro a tempo parziale, i criteri di cui al già menzionato art. 6, comma 2, dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 117 del 1989, attraverso il richiamo ad esso fatto dall'art. 58, comma 1, del decreto legislativo n. 29 del 1993. ... Per un più compiuto quadro della disciplina vigente in materia, va rammentato, altresì, che, in ottemperanza a tali previsioni, sono state emanate, oltre ad istruzioni generali da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri (in particolare, la circolare 18 luglio 1997), specifiche e stringenti previsioni ad opera delle singole amministrazioni, tra cui il Ministero della giustizia (d.m. 6 luglio 1998), il Ministero delle finanze per i dipendenti dell'amministrazione dei monopoli di Stato (d.m. 20 settembre 2000) e per i propri dipendenti (d.m. 15 gennaio 1999), il Ministero per i beni culturali e ambientali (d.m. 5 giugno 1998 e circolare del 4 febbraio 1999), il Ministero dei trasporti e della navigazione (d.m. 14 maggio 1998)."

3) se si volesse altrimenti ritenere, andrebbe comunque riconosciuta valenza decisiva alla circostanza che la legge 339/03, disponendo la non applicazione, con riguardo agli avvocati, dei soli commi 56, 56 bis e 57 dell'art. 1 della l. 662/96: 1) ha sempre lasciato operativa, e tale resterà anche a seguito della abrogazione della l. 339/03, la garanzia di vaglio preventivo delle incompatibilità, da parte delle singole amministrazioni, con normativa generale e astratta e in particolare con decreto che valga a scongiurare a monte il rischio di conflitto di interessi dei propri dipendenti (art. 1, comma 58-bis della l. 662/96 per cui "Ferma restando la valutazione in concreto dei singoli casi di conflitto di interesse, le amministrazioni provvedono, con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, ad indicare le attività che in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno..."); 2) ha sempre consentito e consentirà, ove abrogata, di ritenere operativa nei confronti degli avvocati-part-time la norma del comma 58 dell'art. 1 della l. 662/96 che permette la valutazione in concreto dei singoli casi di conflitto di interesse; 3) ha sempre consentito e consentirà, ove abrogata, di riconoscere (come pure ha riconosciuto Corte cost. 189/2001 al punto 6 del "considerato in diritto") che "non va ignorato il rilievo che, ai fini qui considerati, riveste anche il divieto posto dal comma 2-ter dell'art. 18 della legge n. 109 del 1994 (inserito dall'art. 9, comma 30, della legge n. 415 del 1998), il quale esclude che i pubblici dipendenti possano espletare, nell'ambito territoriale del proprio ufficio, incarichi professionali per conto delle amministrazioni di appartenenza. Con ciò ponendosi un divieto ancora più restrittivo di quello discendente dal comma 56-bis interpretato, infatti, nel senso che quest'ultimo riguardi esclusivamente gli incarichi professionali che non trovino assegnazione in base a procedure concorsuali di scelta adottate dall'amministrazione (così la già citata circolare 18 luglio 1997 della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica)."

Inoltre, devono esser guida all'interprete, per giungere a qualificare la l. 339/03 come regolazione dell'incompatibilità nella professione forense (sottoponibile, perciò, al vaglio della congruità col principio generale di cui alla lettera a) del comma 5 dell'art. 3 del d.l. 138/11) i seguenti argomenti:

1) La sentenza della Corte di giustizia nella causa Akzo Nobel Chemicals Ltd contro Commissione (sentenza del 14 settembre 2010, nella causa C-550/07), la quale ha chiarito che l'indipendenza dell'avvocato richiesta dal diritto dell'Unione europea non è una indipendenza assoluta che escluda la compatibilità con il lavoro dipendente.

2) La sentenza della Corte cost. n. 189/01 (che ha riconosciuto sufficienti gli accorgimenti posti dai commi 56 e seguenti della l. 662/96 a prevenzione dei conflitti di interessi in concreto ipotizzabili per il dipendente pubblico in part time ridotto che intendesse svolgere anche la professione di avvocato).

3) La recentissima sentenza della Corte costituzionale 166/2012, depositata il 27/6/2012 che riconosce il risparmio che per le pubbliche amministrazioni può derivare dalla abrogazione della incompatibilità tra impiego pubblico a part time ridotto e l'esercizio della professione forense (scrive, infatti, la Corte cost. nella sentenza 166/2012, al punto 5.3.1. delle considerazioni in diritto: "Questa Corte aveva ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 56 e 56-bis, della legge n. 662 del 1996, ossia della normativa favorevole al "cumulo" dell'impiego pubblico ad orario ridotto con l'esercizio della professione legale, in relazione, tra gli altri parametri, all'art. 3 Cost., e proprio sotto il profilo della "assoluta mancanza di ragionevolezza e logicità" delle denunciate disposizioni, in quanto, secondo la ricostruzione della disciplina allora offerta dalla Corte, le esigenze di contenimento della spesa pubblica (cui non era insensibile la normativa in esame) non andavano a detrimento del diritto di difesa, né dei princìpi d'imparzialità e buon andamento dell'amministrazione (sentenza n. 189 del 2001). Successivamente, però, questa Corte, investita delle questioni di legittimità della nuova normativa (sostanzialmente ripristinatoria del divieto di esercizio della professione forense a carico dei dipendenti pubblici, ancorché part-time), ha ritenuto non (manifestamente) irragionevole quest'ultima opzione legislativa").

4) La segnalazione Antitrust S1378 del 5/1/2012 che insiste per la compatibilità tra impiego pubblico a part time ridotto e l'esercizio della professione forense.
L'Antitrust diretta da Pitruzzella, con segnalazione S1378 del 5 gennaio 2012 insiste nel suggerimento dato già a Governo e Parlamento, nel dicembre del 2001, dall'Antitrust diretta da Tesauro: l'incompatibilità tra impiego pubblico in part time ridotto e l'esercizio della professione di avvocato -reintrodotta nel, dopo anni di regime di compatibilità- ha effetti distorsivi della concorrenza. La segnalazione del 2001 (n. AS223) restò inascoltata e si giunse all'approvazione della l. 339/03. Scrisse l'Antitrust nella segnalazione AS223 del 06/12/2001 al Presidente del Senato, al Presidente della Camera e al Presidente del Consiglio dei Ministri (pubblicata nel bollettino n. 48/2001), in tema di ISCRIZIONE ALL'ALBO DEGLI AVVOCATI DEI DIPENDENTI STATALI CON CONTRATTO PART-TIME: "oggetto:  Progetti di legge recanti norme in materia di incompatibilità della professione di avvocato (A. S. n.762 del 30 ottobre 2001 ( A. C.543 - 1648), A. S. n. 393 del 5 luglio 2001, A.S. n. 423 del 9 luglio 2001 / XIV legislatura). Nell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n.287, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato intende formulare le seguenti osservazioni in ordine agli effetti distorsivi della concorrenza che derivano dai disegni di legge, attualmente all'esame della Camera dei Deputati e del Senato, volti a dettare norme in materia di incompatibilità della professione di avvocato [A. S. n.762 del 30 ottobre 2001 ( A. C.543 - 1648), A. S. n. 393 del 5 luglio 2001, A.S. n. 423 del 9 luglio 2001.]. I disegni di legge in esame prevedono l'inapplicabilità delle norme di cui all'articolo 1, commi 56, 56 bis e 57, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (recante Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), all'iscrizione agli albi degli avvocati, per la quale rimarrebbero ferme le incompatibilità stabilite all'articolo 3 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.36, e successive modificazioni (legge professionale). Le norme di cui ai commi 56, 56 bis e 57, dell'articolo 1, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (recante Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) prevedono che per i dipendenti pubblici, con rapporto di lavoro con regime orario ridotto al 50 per cento, non valgono le disposizioni che vietano ai dipendenti pubblici l'iscrizione ad albi professionali e l'esercizio di attività professionali. L'attuale previsione normativa, dunque, ha fatto venir meno per i dipendenti pubblici part time il divieto di accesso a tutte le professioni intellettuali. I disegni di legge in esame reintroducono l'incompatibilità tra esercizio della professione di avvocato e prestazione a tempo parziale di attività di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, determinando, pertanto, una chiusura all'accesso al mercato dei servizi professionali unicamente con riguardo ai servizi riservati agli avvocati. Con la previsione di tale forma di incompatibilità, al fine di assicurare l'effettività del diritto costituzionale di difesa, si intenderebbe garantire l'autonomia e l'indipendenza dell'avvocatura, prevenire conflitti di interessi, preservare la qualità della prestazione professionale, correggere anomalie nel funzionamento del mercato dei servizi professionali riservati agli avvocati. Sulla questione è intervenuta la Corte Costituzionale che, nella sentenza n.189/2001, ha dichiarato non fondate tutte le questioni di illegittimità delle norme della legge n.672/1996 in argomento, sollevate dal Consiglio Nazionale Forense con riferimento agli artt.3, 4, 24, 97 e 98 della Costituzione. Valutate le misure predisposte dal legislatore della legge n.672/1996, nonché le norme deontologiche che presidiano il corretto esercizio della professione forense, proprio ad evitare possibili situazioni di conflitto di interessi che possano pregiudicare in concreto l'effettività del diritto di difesa, la Corte ha affermato che detto diritto risulta garantito anche quando l'avvocato sia legato da un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione in regime di part- time. L'Autorità ritiene opportuno evidenziare alcuni limiti dei disegni di legge in esame sotto il profilo della tutela della concorrenza. L'Autorità intende innanzi tutto rilevare l'effetto discriminatorio e di disallineamento che discende dai disegni di legge in esame, a causa del loro carattere settoriale. Essi, infatti, sono volti a modificare una norma di portata generale, che consente ai dipendenti pubblici part time l'esercizio di tutte le professioni intellettuali, introducendo un divieto specifico per la sola professione di avvocato. L'Autorità ritiene che un intervento settoriale, come quello in esame, volto a reintrodurre, per i dipendenti pubblici a tempo ridotto, la chiusura all'accesso ai soli servizi professionali riservati agli avvocati, rappresenti una misura non giustificata per garantire l'effettività del diritto di difesa, esigenza di superiore interesse generale alla quale unicamente va ricondotta la specificità della professione forense. L'Autorità deve infatti rilevare che l'assetto regolamentare del mercato nazionale dei servizi professionali riservati agli avvocati, attualmente in vigore, appare idoneo a garantire l'interesse generale al corretto esercizio della professione da parte dell'avvocato che sia anche dipendente part-time di una pubblica amministrazione, come del resto messo in luce anche dalla Corte Costituzionale. In particolare, il quadro normativo individua misure specificamente volte a prevenire l'insorgere di situazioni di conflitto di interessi, disponendo limitazioni, a carattere territoriale e/o contenutistico per l'esercizio della professione. Il comma 56 bis [Comma aggiunto dall'art. 6 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, conv. in l. 28 maggio 1997, n. 140.] dell'articolo 1 della l.n.662/1996, infatti, vieta ai dipendenti pubblici a tempo ridotto, iscritti agli albi professionali ed esercenti attività professionale, di assumere il patrocinio in controversie nelle quali sia parte una pubblica amministrazione e di accettare incarichi professionali dalle amministrazioni pubbliche [Si rammenti, inoltre, il divieto posto dal comma 2 ter dell'art. 18 della legge n.109 del 1994, inserito dall'art. 9, comma 30, della legge n.415/1998, il quale esclude che i pubblici dipendenti possano espletare, nell'ambito territoriale del proprio ufficio, incarichi professionali per conto delle amministrazioni di appartenenza.]. Inoltre, il legislatore ha imposto alle pubbliche amministrazioni di individuare le attività che i propri dipendenti non possono svolgere a causa delle possibili interferenze che si verrebbero a creare con le funzioni cui essi sono istituzionalmente preposti [Cfr. le istruzioni generali impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed in particolare la circolare del 18 luglio 1997, nonché le specifiche e puntuali previsioni ad opera delle singole amministrazioni, tra le quali giova ricordare il Ministero della giustizia con D.M. 6 luglio 1998, il Ministero delle Finanze, con D.M. 20 settembre 2000 per i dipendenti dell'Amministrazione dei Monopoli di Stato e con D.M. 15 gennaio 1999 per i propri dipendenti, il Ministero per i beni culturali ed ambientali con D.M. 5 giugno 1998 e circolare del 4 febbraio 1999, il Ministero dei trasporti e della navigazione con D.M. 14 maggio 1998.]. Anche il codice deontologico forense detta tutta una serie di norme che contribuiscono a ridurre i rischi di possibili conflitti, come ricordato dalla Corte Costituzionale. In tale contesto, dunque, la misura dell'esclusione dei dipendenti pubblici a tempo ridotto dall'accesso al mercato dei servizi professionali svolti dagli avvocati appare introdurre un limite alla libertà di iniziativa economica dell'avvocato, che non può ritenersi giustificato e proporzionato rispetto all'esigenza di evitare l'insorgere di situazioni di conflitto di interessi, che potrebbero pregiudicare l'effettività del diritto di difesa. La misura che si vorrebbe introdurre appare priva di proporzionalità anche rispetto agli obiettivi di tutela della qualità della prestazione professionale. Al riguardo, va ricordato che anche i dipendenti pubblici a tempo ridotto, per iscriversi all'albo e quindi accedere alla professione riservata, devono aver superato l'esame di abilitazione all'esercizio della professione. Tale regime di accesso alle attività professionali ha proprio lo scopo di garantire al cliente che le prestazioni intellettuali vengano offerte solo da chi possiede determinati requisiti. Al riguardo, l'Autorità ritiene opportuno evidenziare [Come affermato anche dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza.] che le disposizioni della legge n. 662/1996, delle quali si vuole ora escludere la portata applicativa con riguardo alla sola professione forense, "sono intese a favorire l'accesso di tutti i soggetti in possesso dei prescritti requisiti alla libera professione e cioé ad un ambito del mercato del lavoro che é naturalmente concorrenziale". L'Autorità, pertanto, auspica che gli interventi normativi destinati a disciplinare la materia dell'accesso alle professioni trovino una equilibrata trattazione, nel rispetto delle regole della libera concorrenza, nel più generale contesto dell'attesa riforma delle attività professionali. L'Autorità confida che nel corso della discussione in sede parlamentare le osservazioni qui rappresentate possano essere tenute in adeguata considerazione, nella prospettiva di poter varare un intervento che valorizzi appieno il principio della concorrenza nella disciplina della professione forense.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Tesauro".

5) Il fatto che in Italia la professione di avvocato può essere esercitata addirittura da un ministro della Repubblica, un viceministro, un sottosegretario di Stato, un commissario di governo (la l. 215/04 assurdamente non prevede incompatibilità per costoro in costanza di mandato ma ritiene che sia sufficiente prevedere per essi il divieto di esercitare la professione "in materie connesse" alla funzione svolta) mentre è prevista l'incompatibilità con la professione forense per il semplice impiegato pubblico a part time ridotto (anche al 30%) che da quel ministro, sottosegretario, viceministro o commissario del governo dipenda. Sarebbe scandaloso non riconoscere abrogata (per contrasto con l'art. 3, comma 5, lett. a del d.l. 138/2011) la legge 339/03 che penalizza l'impiegato e non tocca i privilegi del potente ministro!

6) Il fatto indiscutibile che la legge 339/03 sottrae (spingendoli a dare le dimissioni) alla pubblica amministrazione quei dipendenti che, essendo abilitati all'esercizio della professione forense, vogliono poter fare l'avvocato e che, se potessero farlo, potrebbero arricchire le amministrazioni con professionalità vera e quotidianamente aggiornata dalla pratica delle aule di giustizia. Sembra evidente che il rimuovere la discriminazione del semplice impiegato rispetto al suo ministro (scandalosamente ammesso, come sopra chiarito, a fare l'avvocato in costanza del suo alto mandato) sarebbe il modo migliore di valorizzare le professionalità interne alle amministrazioni pubbliche e toglier di mezzo la scusa per affidamenti a professionisti esterni di una marea di consulenze e incarichi professionali (e senza rischi di concreti conflitti di interessi, come ha spiegato la Corte costituzionale nella sentenza 189/2001). Va sottolineato che il presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, Luciano Pagliaro, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2012, ha descritto come un male endemico la pratica delle "consulenze facili" chieste dalle pubbliche amministrazioni ed ha segnalato che è in continuo aumento il numero delle citazioni in giudizio di funzionari e dirigenti di enti pubblici per l'esternalizzazione ingiustificata di numerosi incarichi.

7)  Il valore giuridico della Carta delle libertà fondamentali dell'Unione europea, la quale al paragrafo 1 dell'art. 15, intitolato "Libertà professionale e diritto di lavorare", solennemente afferma che "Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata". La Carta delle libertà fondamentali dell'Unione europea conferma, in tal modo, che accedere a una professione e svolgerla in sana concorrenza è un diritto primario di libertà, non comprimibile da interessi corporativi in quanto espressione di quel diritto al lavoro che la nostra Costituzione pone a fondamento dell'Italia, quale Repubblica democratica.

8) Il fatto che sarebbe evidentemente anacronistica e discriminatoria l'esclusione aprioristica dei pubblici dipendenti in part time ridotto dalla posibilità di svolgere anche la professione forense. A parte il fatto che ormai la gran parte dei dipendenti pubblici (addirittura a tempo pieno, come i professori e docenti universitari e addirittura i maestri elementari -secondo quanto hanno chiarito, con sentenza 22623/2010, le SS. UU. civili della Cassazione-) sono ammessi all'esercizio della professione di avvocato, va detto che la tendenziale omologazione di disciplina tra pubblico e privato spinge a omologare pure la disciplina delle incompatibilità nel senso della adozione della necessità di una valutazione concreta, caso per caso, della compatibilità, come espressamnte scelto per il settore privato.

9) L'argomento "riduzione della spesa pubblica".  Si dovranno tagliare il 20% dei dirigenti pubblici e il 10% degi altri dipendenti pubblici: circa 24 mila dipendenti, secondo le prime stime. Così ha deciso il Governo, il 6 luglio 2012, con la famigerata "spending review" (d.l. 95/2012). E' evidente che invece che cacciare la gente sarebbe preferibile incentivare, anche attraverso la abrogazione della l. 339/03, la trasformazione di contratti full time in contratti part time: si tratta, peraltro, di una "incentivazione del part time" chiesta all'Italia da direttiva comunitaria 97/81/CE, del Consiglio del 15 dicembre 1997 (inspiegabilmente rimasta inattuata per anni ). Mi sembra opportuno, per un definitivo "sdoganamento" del part time come forma sommamente desiderabile di flessibilità condivisa nell'impiego pubblico, ricordare quanto scrisse Corte cost. 189/2001 ai punti 8 e 9 del considerato in diritto: "8. - Il rimettente denuncia, poi, l'ingiustificata discriminazione di cui soffrirebbe, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, il libero professionista che, non essendo anche dipendente pubblico, non potrebbe usufruire, al contrario di quest'ultimo, "di un bagaglio di nozioni tecniche, scientifiche, o anche di carattere solo organizzativo" acquisite proprio grazie al suo inserimento all'interno dell'amministrazione. Ma tale censura, lungi dall'evidenziare una disparità fra professionisti riferibile al contenuto precettivo delle norme denunciate, vale in realtà a porre in rilievo soltanto l'utilità che il pubblico dipendente può, in ipotesi, trarre, nell'esercizio della professione, dalle conoscenze e dalle esperienze maturate nella pregressa attività. Si tratta, dunque, di situazioni di mero fatto che non assumono rilievo nel giudizio di costituzionalità (tra le altre, sentenze n. 175 del 1997 e n. 417 del 1996).  9. - Le considerazioni, innanzi svolte, sulla ratio della denunciata normativa e sulle cautele delle quali il legislatore ha circondato l'esercizio dell'attività professionale da parte del pubblico dipendente, consentono di ritenere parimenti infondata la censura, prospettata sempre in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della "assoluta mancanza di ragionevolezza e logicità" delle denunciate disposizioni che, in vista unicamente di esigenze di contenimento della spesa pubblica, porrebbero "seriamente in pericolo valori costituzionali ben più rilevanti", quali il diritto di difesa ed i principia di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione. A fronte della riproposizione, sotto lo specifico aspetto qui considerato, di doglianze sostanzialmente corrispondenti, sia pure nella diversità dei parametri evocati, a quelle sopra scrutinate, è sufficiente osservare, richiamando quanto già detto, che le esigenze di contenimento della spesa pubblica, pur presenti nel quadro riformatore di cui si è fatto cenno, non vanno a detrimento degli altri principia ed interessi di rilievo costituzionale evocati dal rimettente, avendo, infatti, il legislatore apprestato gli strumenti atti ad evitarne il nocumento. Neppure sotto questo profilo è possibile, perciò, ravvisare, nella disciplina in esame, elementi atti a suffragare la pretesa lesione dell'art. 3 della Costituzione.".

Ai sensi della direttiva 97/81 (intesa ad attuare l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6 giugno 1997 tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale, vale a dire tra l'Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), il Centro europeo dell'impresa pubblica (CEEP) e la Confederazione europea dei sindacati (CES), riportato in allegato alla detta direttiva), recepita dal d.lgs. 61/00, tutti i paesi dell'Unione sono impegnati a promuovere il part time e a eliminare ogni discriminazione rispetto al lavoro a tempo pieno.
Ricordo che, vista la direttiva 97/81/CE, del Consiglio del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES e vista la legge 5 febbraio 1999, n. 25, ed in particolare l'articolo 2 e l'allegato A, fu emanato il D.Lgs. 25-2-2000 n. 61 "Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES".
Esso, all'art. 10, intitolato "Disciplina del part-time nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", stabilisce: "1. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le disposizioni del presente decreto si applicano, ove non diversamente disposto, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con esclusione di quelle contenute negli articoli 2, comma 1, 5, commi 2 e 4, e 8, e comunque fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali in materia ed, in particolare, dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dall'articolo 22 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dall'articolo 20 della legge 23 dicembre 1999, n. 488".
SE QUESTO E' IL DETTATO DEL DIRITTO DELL'UNIONE, VA EVIDENZIATO ANCHE CHE LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA NELLE CAUSE RIUNITE C-395/08 e C-396/08 (che ha stabilito che le norme italiane sul c.d. part time verticale ciclico sono discriminatrici nel non prevedere il computo dei periodi non lavorati ai fini dell'anzianità assicurativa INPS) DEVE DUNQUE INTENDERSI COME MONITO AL LEGISLATORE ITALIANO AD AGIRE PER LA SALVAGUARDIA E LA PROMOZIONE DEL PART TIME ANCHE NEI RAPPORTI DI LAVORO CON LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI.
CERTAMEN5TE SI POTREBBE, INFATTI, ARGOMENTARE INNANZI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA CHE LA LEGGE 339/03 DISINCENTIVA LA ADOZIONE DI RAPPORTI DI LAVORO A PART TIME NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E PERCIO' E' VIZIATA DA "ILLEGITTIMITA' COMUNITARIA" (osta a una tale legge il diritto dell'Unione Europea -nella specie la direttiva 97/81/CE, del Consiglio del 15 dicembre 1997- che doveva essere adegatamente attuata dall'Italia e non disattesa dalla l. 339/03).
PERALTRO, ANCHE CASS. 3871/2011 (DEPOSITATA IL 17/2/2010) HA RICONOSCIUTO IL RUOLO DEGLI ACCORDI QUADRO FRA UNICE, CEEP, CES, OVE SIANO RECEPITI DA DIRETTIVE CHE VI DANNO ATTUAZIONE E DA DECRETI LEGISLATIVI CHE A QUESTE DIRETTIVE A LORO VOLTA DANNO ATTUAZIONE.

10) A partire dall'entrata in vigore del D.L. 112/2008 il part time, da diritto pieno che era, è diventato una chimera per molti impiegati pubblici (soprattutto donne). Per un verso la riconquistata discrezionalità delle amministrazioni pubbliche nel concedere le trasformazioni da tempo pieno a tempo parziale ha significato, in concreto, azzeramento, o quasi, delle trasformazioni dei full time in part time. Per altro verso, addirittura, l'art. 16 del c.d. "collegato lavoro" del 2010 è stato inteso (male) come un permesso dato alla pubblica amministrazione di ritrasformare in contratti a tempo pieno tanti contratti a part time rilasciati prima dell'entrata in vigore del detto d.l. 112/08 (25/6/2008), con palese violazione di diritti quesiti.
C'è da rimanere sbalorditi per la schizofrenia del legislatore che mentre non riconosce al dipendente pubblico il diritto ad andare in part time, poi impone alle amministrazioni dello Stato di apportare tagli all'organico dei dipendenti. Se c'è la volontà di ridurre il numero dei dipendenti pubblici (l'importo dell'uscita per i loro stipendi) NON SI PUO' TRALASCIARE DI ESALTARE LE POSSIBILITA' DI UN INCONTRO LIBERO DI VOLONTA' TRA IL SINGOLO IMPIEGATO PUBBLICO E L'AMMINISTRAZIONE. NON SI PUO' NON INCENTIVARE IL PART TIME DEI DIPENDENTI PUBBLICI. Il comma 11 dell'art. 2 "Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni" del d.l. 95/2012 prevede un ruolo troppo marginale della trasformazione dei contratti full time in contratti part time. Solo dopo l'adozione di quattro misure di diversa natura potrà ricorrersi al part time coattivo nei confronti del lavoratore (anche se concordato coi sindacati). Quel che invece si doveva fare è incentivare la scelta per il part time volontario, rimuovendo ogni rersidua incompatibilità per l'impiegato pubblico che volesse far risparmiare lo la P.A. mettendosi in part time. Così, invece, si legge nel comma 11 dell'art. 2 del d.l. 95/2012: "Per le unita' di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito delle riduzioni previste dal comma 1, le amministrazioni, fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, compresi i trattenimenti in servizio, avviano le procedure di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottando, ai fini di quanto previsto dal comma 5 dello stesso articolo 33, le seguenti procedure e misure in ordine di priorita': ... e) definizione, previo esame con le organizzazioni sindacali che deve comunque concludersi entro trenta giorni, di criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale del personale non dirigenziale di cui alla lettera c) che, in relazione alla maggiore anzianita' contribuiva, e' dichiarato in eccedenza, al netto degli interventi di cui alle lettere precedenti. I contratti a tempo parziale sono definiti in proporzione alle eccedenze, con graduale riassorbimento all'atto delle cessazioni a qualunque titolo ed in ogni caso portando a compensazione i contratti di tempo parziale del restante personale."

E' il momento di reagire anche per azzerare il doppio lavoro in nero dei dipendenti pubblici senza autorizzazione, fenomeno che (come si legge in un articolo  apparso su ilsole24ore del 29/10/2011 dal titolo "Doppio lavoro da 8 milioni") ha assunto dimensioni intollerbili, tanto da produrre un "recupero" da parte dell'Ispettorato della Funzione Pubblica e della Guardia di Finanza di più di 8 milioni di euro, nel solo 2010, nei confronti di impiegati disonesti (e multe per i loro committenti per 23,9 milioni di euro).  Quale è questo strumento? E' il part time nell'impiego pubblico.

In definitiva, a mio avviso, il governo farebbe bene a procedere ad una chiarificazione in senso pro-concorrenziale dello schema di DPR di "liberalizzazione" delle professioni approvato il 15/6/2012. Ciò, in particolare, riguardo alla possibilità di svolgere la professione forense da parte di dipendenti pubblici in part time ridotto e da parte di dipendenti di datori di lavoro privati.  Ciò consentirebbe di escludere ogni dubbio riguardo alla rimozione di vincoli sproporzionati, o comunque non giustificati da esigenze imperative di interesse pubblico, all'accesso alla professione. Comunque, con riguardo alla professione di avvocato, si deve riconoscere che la legge 339/03 non può sopravvivere come eccezione alla generalizzata esplicazione del principio di concorrenza nei servizi professionali e va riconosciuta abrogata dal 13 agosto 2012 per contrasto col principio generale di cui all'art. 3, comma 5, lettera a, del d.l. 138/2011.

E' evidente che i principi fonte d'abrogazione (di cui alle lettere da a) a g) del comma 5 dell'art. 3 del d.l. 138/11) non possono esser esplicitati -nel loro contenuto di parametro d'abrogazione- dalle norme di legge ordinaria che disciplinano le professioni. Tali norme di legge ordinaria, ad altrimenti ritenere, sarebbero parametro della abrogazione di se stesse. Pertanto, ad es., non si può sostenere che la l. 339/03 indichi il contenuto del principio di libero accesso alla professione d'avvocato con le necessarie garanzie di autonomia e indipendenza. Iinfatti, anche la l. 339/03 è oggetto di vaglio al fine di valutare se debba ritenersi abrogata o meno; essa l. 339/03 non può essere, evidentemente, il metro del vaglio.
I principi enumerati dalle citate lettere da a) a g) PERO'  RISULTANO ESPLICITATI da norme costituzionali,  da sentenze della Corte costituzionale, da sentenze della Corte di giustizia e dell Corte europea dei diritti dell'uomo. In particolare, il principio di cui alla lettera a) risulta esplicitato nel suo contenuto, per quanto riguarda la professione di avvocato, dalla sentenza della Corte cost. n. 189/01, dalla sentenza della corte di Strasburgo sul "caso Bigaeva", dalla sentenza della Corte di Lussemburgo nella causa Akzo Nobel Chemicals Ltd contro Commissione (sentenza del 14 settembre 2010, nella causa C-550/07).
Perciò dal 13/8/2012 un giudice potrà dichiarare abrogata la l. 339/03 (se non sarà stata dichiarata abrogata, ancor prima, da regolamento governativo). 

LEGGI DI SEGUITO LA BOZZA DI D.P.R. APPROVATA DAL GOVERNO IL 15 GIUGNO 2012 COL TITOLO "Riforma degli ordinamenti professionali in attuazione dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148" ...

Schema di Decreto del Presidente della Repubblica recante "Riforma degli ordinamenti professionali in attuazione dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148"
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;
Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l'articolo dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri del …;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del …;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, resi rispettivamente in data ... ;
Vista la definitiva deliberazione del Consiglio dei Ministri del ... ;
Sulla proposta del Ministro della giustizia;
Emana il seguente regolamento:

CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1
(Definizione e ambito di applicazione)
1. Ai fini del presente decreto:
a) per «professione regolamentata» si intende l'attività, o l'insieme delle attività, riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in ordini o collegi o in ogni caso in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, quando la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità, e, in ogni caso, l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale;
b) per «professionista» si intende l'esercente la professione regolamentata di cui alla lettera a).
2. Il presente decreto si applica alle professioni regolamentate e ai relativi professionisti.

Art. 2
(Accesso ed esercizio dell'attività professionale)
1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato e fermo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni regolamentate è libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali, quando esistenti, che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale.
2. L'esercizio della professione è libero e fondato sull'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico. La formazione di albi speciali, legittimanti a specifici esercizi dell'attività professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, è ammessa solo su previsione espressa di legge.
3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. Sono fatti salvi gli obblighi e i limiti di prestazione professionale in una determinata area geografica, parimenti fondati su ragioni di interesse pubblico, stabiliti per l'esercizio dell'attività notarile. Sono altresì fatte salve le limitazioni derivanti dall'attività assunta alle dipendenze di enti o di altri professionisti, funzionali alle finalità degli enti e al rapporto contrattuale con i professionisti.
4. Sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie anche indirette, all'accesso e all'esercizio della professione, fondate sulla nazionalità del professionista o sulla sede legale dell'associazione professionale o della società tra professionisti.

Articolo 3
(Albo unico nazionale)
1. Gli albi territoriali relativi alle singole professioni regolamentate, tenuti dai rispettivi consigli dell'ordine o del collegio territoriale, sono pubblici e recano l'anagrafe di tutti iscritti, con l'annotazione dei provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti.
2. L'insieme degli albi territoriali di ogni professione costituisce l'albo unico nazionale degli iscritti, tenuto dal consiglio nazionale competente. I consigli territoriali forniscono senza indugio per via telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell'aggiornamento dell'albo unico nazionale.

Art. 4
(Libera concorrenza e pubblicità informativa)
1. E' ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni.
2. Le informazioni pubblicitarie di cui al comma 1 devono essere funzionali all'oggetto, veritiere e corrette, non devono violare l'obbligo del segreto professionale e non devono essere equivoche, ingannevoli o denigratorie.
3. La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare.

Art. 5
(Obbligo di assicurazione)

1. Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali degli ordini o collegi o da associazioni professionali o da casse o enti di previdenza, idonea assicurazione per i danni derivanti dall'esercizio dell'attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.
2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 costituisce illecito disciplinare.

Art. 6
(Tirocinio per l'accesso)
1. Il tirocinio professionale, obbligatorio e della durata di diciotto mesi, consiste nell'addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante, finalizzato a conseguire le capacità necessarie per l'esercizio e la gestione organizzativa della professione.
2. Presso il consiglio dell'ordine o del collegio territoriale è tenuto il registro dei praticanti, l'iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti è necessario aver conseguito la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l'accesso alla professione regolamentata, ferme restando le altre disposizioni previste dall'ordinamento universitario.
3. Il professionista affidatario deve avere almeno cinque anni di anzianità, è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo funzionale alla sua finalità e non può assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva la motivata autorizzazione rilasciata dal competente consiglio territoriale previa valutazione dell'attività professionale del richiedente e dell'organizzazione del suo studio.
4. Il tirocinio può essere svolto, in misura non superiore a sei mesi, presso enti o professionisti di altri Paesi con titolo equivalente e abilitati all'esercizio della professione. Il tirocinio può essere altresì svolto per i primi sei mesi, in presenza di specifica convenzione quadro tra il consiglio nazionale, il ministro dell'istruzione, università e ricerca, e il ministro vigilante, in concomitanza con l'ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea necessaria. I consigli territoriali e le università pubbliche e private possono stipulare convenzioni, conformi a quella di cui al periodo precedente, per regolare i reciproci rapporti.
5. Lo svolgimento del tirocinio è incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico. Il tirocinio può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato privato, purché con modalità e orari idonei a consentirne l'effettivo svolgimento. Sul rispetto di tale disposizione vigila il locale consiglio dell'ordine o collegio.
6. Il tirocinio professionale non determina l'instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale, fermo quanto disposto dall'art. 9, comma 4, ultimo periodo, del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27.
7. L'interruzione del tirocinio per oltre sei mesi, senza giustificato motivo, comporta l'inefficacia, ai fini dell'accesso, di quello previamente svolto.
8. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche dei professionisti e sono soggetti al medesimo potere disciplinare.
9. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a sei mesi, di specifici corsi di formazione professionale organizzati da ordini o collegi o associazioni di iscritti agli albi, nonché dagli altri soggetti autorizzati dai ministri vigilanti.
10. Il ministro vigilante, sentito il consiglio nazionale dell'ordine o collegio, disciplina con regolamento, da emanarsi entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:
a) le modalità e le condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 9, in modo da garantire la libertà e il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale;
b) i contenuti formativi essenziali dei corsi di formazione;
c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a duecento ore;
d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, affidate a una commissione composta da professionisti e docenti universitari, in pari numero, e presieduta da un docente universitario, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Ai componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza.
11. Il ministro vigilante, previa verifica, su indicazione del consiglio nazionale dell'ordine o collegio, dell'idoneità dei corsi organizzati a norma del comma 9 sul territorio nazionale, dichiara la data a decorrere dalla quale la disposizione di cui al medesimo comma è applicabile al tirocinio.
12. Il consiglio dell'ordine o collegio presso il quale è compiuto il tirocinio rilascia il relativo certificato. Il certificato perde efficacia decorsi cinque anni senza che segua il superamento dell'esame di Stato quando previsto.
13. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai tirocini iniziati dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 7
(Formazione continua)
1. Al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell'utente e della collettività, e per conseguire l'obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale. La violazione dell'obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare.
2. Il ministro vigilante, sentito il consiglio nazionale dell'ordine o collegio, disciplina con regolamento, da emanarsi entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:
a) le modalità e le condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento a cura degli ordini o collegi territoriali, delle associazioni professionali e di soggetti autorizzati dal ministro vigilante;
b) i requisiti minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei corsi di aggiornamento;
c) il valore del credito formativo professionale quale unità di misura della formazione continua.
3. Con apposite convenzioni stipulate tra i consigli nazionali e le università possono essere stabilite regole comuni di riconoscimento reciproco dei crediti formativi professionali e universitari. Con appositi regolamenti comuni, da approvarsi previo parere favorevole dei ministri vigilanti, i consigli nazionali possono individuare crediti formativi professionali interdisciplinari e stabilire il loro valore.
4. L'attività di formazione è svolta dagli ordini e collegi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti.
5. Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale.
6. Resta ferma la normativa vigente sull'educazione continua in medicina (ECM).

Art. 8
(Incompatibilità)
1. L'esercizio dell'attività professionale è incompatibile esclusivamente con le attività che ne pregiudicano l'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico.
2. Restano ferme le incompatibilità previste dalla disciplina del lavoro pubblico dipendente e quelle inerenti alla professione di notaio.

Art. 9
(Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie)
1. Presso i consigli dell'ordine o collegio territoriale delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie, sono istituiti consigli di disciplina territoriali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all'albo.
2. I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti da 3 consiglieri e 2 consiglieri supplenti. Nel caso di cui al comma 3, secondo periodo, i consigli di disciplina territoriali sono composti da 9 consiglieri e 3 supplenti ovvero, quando i componenti del consiglio dell'ordine o collegio competente sono in numero inferiore a 12, sono composti da 6 consiglieri e 3 supplenti. I collegi sono composti da 3 consiglieri e sono presieduti dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all'albo.
3. I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti dai componenti del consiglio dell'ordine o collegio territoriale viciniore diversi dal presidente, designati dal presidente stesso secondo l'anzianità di iscrizione all'ordine o collegio. Per i consigli dell'ordine o collegio situati nei comuni sedi di corti di appello, sono competenti i consigli dell'ordine o collegio che hanno sede nei comuni individuati secondo le corrispondenti competenze di cui all'articolo 11 del codice di procedura penale. Fuori dei casi di cui al periodo precedente, il consiglio dell'ordine o collegio viciniore di cui al primo periodo è individuato, tenuto anche conto della distribuzione territoriale degli iscritti all'albo, con regolamento deliberato dal consiglio nazionale dell'ordine o collegio, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto. La nomina di cui al primo periodo avviene entro 30 giorni da quella a consigliere del relativo ordine o collegio territoriale. La carica di consigliere dell'ordine o collegio territoriale e la carica di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina territoriale sono in ogni caso incompatibili. Gli ordinamenti professionali possono prevedere ulteriori incompatibilità dirette ad assicurare la terzietà del consiglio di disciplina.
4. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina territoriale sono svolte dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all'albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità di iscrizione all'albo.
5. Il presidente del consiglio dell'ordine o collegio di cui al comma 3, primo periodo, provvede alla immediata sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione.
6. I consigli di disciplina territoriale restano in carica per il medesimo periodo dei consigli dell'ordine o collegio territoriale.
7. Presso i consigli nazionali dell'ordine o collegio che decidono in via amministrativa sulle questioni disciplinari, sono istituiti consigli di disciplina nazionali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari precedentemente assegnate alla competenza dei medesimi consigli nazionali.
8. I consigli di disciplina nazionali di cui al comma 7 sono composti da 9 consiglieri e 3 consiglieri supplenti, e i collegi sono composti da 3 consiglieri presieduti dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all'albo. La carica di consigliere nazionale dell'ordine o collegio e di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina nazionale sono in ogni caso incompatibili. Gli ordinamenti professionali possono prevedere ulteriori incompatibilità dirette ad assicurare la terzietà del consiglio di disciplina.
9. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina nazionale sono svolte dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all'albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità di iscrizione all'albo.
10. Sono nominati componenti dei consigli nazionali di disciplina di cui al comma 7, titolari e di seguito supplenti, i primi non eletti alla carica di consigliere nazionale dell'ordine o collegio che abbiano riportato il maggior numero di preferenze e, in caso di parità di voti, da quelli con maggiore anzianità di iscrizione all'albo. In caso di voti di lista non nominativi, sono nominati i primi non eletti all'interno della lista che ha riportato il maggior numero di voti. Resta salva la facoltà dei componenti eletti al consiglio nazionale dell'ordine o collegio di optare, entro 30 giorni dalla elezione, per la nomina a consigliere del consiglio nazionale di disciplina. Nel caso di cui al periodo precedente, per la nomina dei consiglieri del consiglio nazionale dell'ordine o collegio si applicano le vigenti disposizioni elettorali. La proclamazione della nomina dei componenti dei consigli nazionali di disciplina avviene da parte del ministro vigilante all'esito della comunicazione senza indugio della necessaria documentazione da parte dei rispettivi consigli nazionali che risolvono ogni contrasto anche sugli esiti delle elezioni ai fini delle nomine dei componenti dei consigli di disciplina. Si applicano le disposizioni vigenti in materia di controversie elettorali.
11. Alla sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione, provvede il ministro vigilante, su proposta formulata senza indugio dal consiglio nazionale dell'ordine o collegio.
12. Per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti i consigli nazionali dell'ordine o collegio emanano regolamenti attuativi, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente regolamento, previo parere favorevole del ministro vigilante.
13. I consigli di disciplina nazionali restano in carica per il medesimo periodo dei consigli nazionali dell'ordine o collegio.
14. Fino all'insediamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali di cui ai commi precedenti, le funzioni disciplinari restano regolate dalle disposizioni vigenti.
15. Restano ferme le altre disposizioni in materia di procedimento disciplinare delle professioni regolamentate, e i riferimenti ai consigli dell'ordine o collegio si intendono riferiti, in quanto applicabili, ai consigli di disciplina.
16. Il ministro vigilante può procedere al commissariamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali per gravi e ripetuti atti di violazione della legge, ovvero in ogni caso in cui non sono in grado di funzionare regolarmente. Il commissario nominato provvede, su disposizioni del ministro vigilante, a quanto necessario ad assicurare lo svolgimento delle funzioni dell'organo fino al successivo mandato, con facoltà di nomina di componenti, tra gli iscritti all'albo, che lo coadiuvano nell'esercizio delle funzioni predette.
17. Alle professioni sanitarie continua ad applicarsi la disciplina vigente.
18. Restano altresì ferme le disposizioni vigenti in materia disciplinare concernenti la professione di notaio.

CAPO II
DISPOSIZIONI CONCERNENTI GLI AVVOCATI

Art. 10
(Domicilio professionale)
1. L'avvocato deve avere un domicilio professionale nell'ambito del circondario di competenza territoriale dell'ordine presso cui è iscritto, salva la facoltà di avere ulteriori sedi di attività in altri luoghi del territorio nazionale.

Art. 11
(Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l'accesso)
1. Fermo in particolare quanto disposto dall'articolo 6, commi 3 e 4, il tirocinio può essere svolto presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di ente privato autorizzato dal ministro della giustizia o presso un ufficio giudiziario, per non più di dodici mesi.
2. Il tirocinio deve in ogni caso essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto all'ordine o presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di un ente privato autorizzato dal ministro della giustizia.
3. Fermo quanto previsto dal comma 2, il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno. In tal caso non si applica l'articolo 6 comma 9.
4. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo ove intende proseguire il tirocinio. Il consiglio dell'ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto.
5. L'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari è disciplinata da specifico decreto, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dal ministro della giustizia, sentiti il consiglio superiore della magistratura e il consiglio nazionale forense. I praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi si applica l'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell'ufficio giudiziario redige una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al consiglio dell'ordine competente. Ai soggetti previsti dal presente comma non compete alcuna forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego. Fino all'emanazione del decreto di cui al primo periodo, continua ad applicarsi, al riguardo, la disciplina del praticantato vigente al momento di entrata in vigore del presente decreto.
6. Il praticante avvocato è ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. Quando il tirocinio è stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell'ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio.

CAPO III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI I NOTAI

Art. 12
(Accesso alla professione notarile)
1. Possono ottenere la nomina a notaio tutti i cittadini italiani e i cittadini dell'Unione Europea che siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, compreso il superamento del concorso notarile, fermo il diritto dei cittadini dell'Unione Europea che, in difetto del possesso dei requisiti di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, abbiano superato il concorso notarile al quale abbiano avuto accesso a seguito di riconoscimento del titolo professionale di notaio conseguito in altro Stato membro dell'Unione Europea.
2. Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alla professione di notaio per il periodo di un anno. In tal caso non si applica l'articolo 6 comma 9.

CAPO IV
DISCIPLINA TRANSITORIA, ABROGAZIONI ED ENTRATA IN VIGORE

Art. 13
(Disposizione temporale)
1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano dal giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso.
2. Sono abrogate tutte le disposizioni regolamentari e legislative incompatibili con le previsioni di cui al presente decreto, fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, e successive modificazioni.

Art. 14
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Il Presidente della Repubblica
Visto, il Guardasigilli












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