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16 dicembre 2015 - Parere PENALE
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Da: gilda15 | 16/12/2015 11:46:55 |
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14/04/2015) 24-07-2015, n. 32615 Fatto - Diritto P.Q.M. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ESPOSITO Antonio - Presidente - Dott. CAMMINO Matilde - Consigliere - Dott. TADDEI M.B. - rel. Consigliere - Dott. MANNA Antonio - Consigliere - Dott. RAGO Geppino - Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: M.P. N. IL (OMISSIS); G.M. N. IL (OMISSIS); N.A. N. IL (OMISSIS); N.P. N. IL (OMISSIS); Z.S.D. N. IL (OMISSIS); avverso la sentenza n. 21089/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 04/03/2014; visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/04/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BALDI Fulvio che ha concluso per annullamento con rinvio per G. e Z.; inammissibilità per gli altri; udito, per la parte civile, l'avv. Pugliese Pierluigi che insiste per il rigetto; udito il difensore avv. Gallo Antonio in sost. avv. Sguera Vincenzo che si riporta ai motivi per (Ndr: testo originale non comprensibile). Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con la sentenza in data 4.3.2014, la Corte di appello di Napoli, riformava, solo in punto di pena, la sentenza del Tribunale di Benevento, in data 17.01.2013 escludendo per M.P., G.M., N.P., Z.S.D. l'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 contestata al capo C) e confermando nel resto, anche le statuizioni civili, in ordine ai reati di seguito indicati: M.P., G.M., Z.S.D., P.A., N.D., N.P., N.A. (CLASSE (OMISSIS)). A) del delitto p. e p. dall'art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8, per aver partecipato, unitamente ad altri soggetti non compiutamente identificati, ciascuno nella consapevolezza della rilevanza del proprio apporto causale e contribuendo a vario titolo, alla realizzazione degli scopi del sodalizio criminoso, ad un'associazione di tipo mafioso promossa, diretta ed organizzata dal defunto N.C. sino alla data del suo omicidio avvenuto in (OMISSIS) e successivamente dalla di lui moglie M.P. e dal figlio N.P. e da G. M., avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, in particolare, dando vita ad un'organizzazione criminale dedita alla commissione di più delitti di usura e di estorsione concedendo alle vittime prestiti in denaro con applicazione di un tasso di interesse superiore a quello fissato dalla legge, calcolato sul capitale iniziale e, in caso di ritardo nella restituzione, sul residuo del debito costituito da capitale e interesse dovuto alla scadenza non onorata, nonchè esercitando pressioni e minacce dirette a costringere le persone offese alla corresponsione, alle relative scadenze, dei ratei di interesse e alla restituzione del capitale, in ciò coadiuvati con ruoli ben determinati da: N.A., classe (OMISSIS), quale intermediario nella riscossione delle somme; Z.S.D., quale persona dedita ai contatti con le vittime ed alla riscossione delle somme; P.A., quale persona dedita ai contatti con le vittime (in particolare con C.M.) ed intermediario nella riscossione delle somme; N.D., quale persona dedita ai contatti tra i membri dell'associazione; In Benevento e zone limitrofe con condotta perdurante, e per N. P., dal (OMISSIS), data del compimento della maggiore età . M.P., G.M., N.P., Z. D.S., P.A. E N.D.. B) del reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv c.p., art. 644 c.p. , comma 1 e comma 4, nn. 3 e 4, come modificato dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 1, comma 1 e dalla L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo anche in tempi diversi, ed approfittando dello stato di bisogno economico di C.M., imprenditore (gestore di due locali "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)"), si facevano dare in corrispettivo di prestiti in denaro somme a titolo di interessi usurai; in particolare, avendo il C. ottenuto in prestito dal defunto N.C., prima la somma di Euro 10,000, e successivamente la somma di Euro 15.000, si facevano corrispondere interessi dell'importo di Euro 1.100 mensili; con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di C. M.; in Benevento dal mese aprile 2009, con condotta perdurante fino all'attualità , e per N.P., dal (OMISSIS), data del compimento della maggiore età . M.P., G.M., N.P., Z.S. D., P.A.. C) del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv e 629 c.p., L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè in concorso tra loro, con la violenza consistita nel percuoterlo, e con le minacce consistite nel paventargli nuove percosse e mali futuri, costringevano C.M. alla restituzione delle somme di denaro a lui prestate, ed al pagamento degli interessi usurai praticati; con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo malioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di C.M. in Benevento fino all'ottobre 2009, e per N.P., dal (OMISSIS), data del compimento della maggiore età . G.M., Z.D.S.. D) del reato di cui agli artt. 81 cpv e 582 c.p., L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè in concorso tra loro, ed in concorso con N. P., minore all'epoca dei fatti, con più azioni delittuose di un medesimo disegno criminoso, percuotevano C.M., procurandogli lesioni personali guaribili in giorni 15, come da certificazione medica agli atti; con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivavano condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di C.M.. In Benevento e San Giorgio del Sannio, il 01.06.2009 ed il 01.07.2009. M.P., G.M., M.V., N. D., N.A. (CLASSE (OMISSIS)), N.A. (CLASSE (OMISSIS)), N.D.. E) del reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv c.p. e art. 644 c.p. , comma 1 e comma 4, nn. 3 e 4, come modificato dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 1, comma 1, L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo anche in tempi diversi ed approfittando dello stato di bisogno economico di D.D.A., imprenditore (amministratore, unico della società "Fintex confezioni srl", e soggetto protestato) si facevano dare, in corrispettivo di prestiti in denaro di importi diversi, ingenti somme a titolo di interessi usurai; in particolare, avendo il D.D. ottenuto, dal defunto N.C.: - un primo prestito dell'importo di Euro 7000,00 tramite l'intermediazione di N.A. (classe (OMISSIS)) nipote del medesimo N.C., a fronte del quale pagava la somma di Euro 700,00 ogni dieci giorni, a titolo di interessi; - un secondo prestito dell'importo di Euro 5000,00, a fronte del quale pagava la somma di Euro 700,00 ogni dieci giorni, a titolo di interessi; - un terzo prestito dell'importo di Euro 20.000,00, ottenuto dal defunto N.C. e dalla di lui moglie M.P., a fronte del quale pagava la somma di Euro 2000,00 mensili, a titolo di interessi; - un quarto prestito, dell'importo di Euro 30.000,00, a fronte del quale pagava la somma di Euro 10.800,00 a titolo di interessi; - un quinto prestito dell'importo di Euro 15.000,00 a fronte del quale pagava la somma di Euro 6000,00 a titolo di interessi, si adoperavano per ottenere il pagamento degli interessi e la restituzione del capitale; con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di D.D.A.. In Benevento, fino al settembre 2009; per il solo M.V., fino all'anno 2008. M.P., G.M., M.V., N. A. (CLASSE (OMISSIS)), N.A. (CLASSE (OMISSIS)), N. D.. F) del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv e 629 c.p., L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè in concorso tra loro, con la minaccia consistita nel paventargli mali futuri (in particolare, M.V. diceva al D.D.: "don A. solo per via dei capelli bianchi che avete oggi ve ne andate con le vostre gambe"; ed ancora M. P. gli diceva: "don A. non scherziamo, altrimenti...."), costringevano D.D.A. al pagamento di somme di denaro a titolo estorsivo di cui al capo e); con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di D.D. A., in Benevento, fino al settembre 2009, per il solo M. V., fino all'anno 2008. M.P., G.M.. G) del reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv c.p. e art. 644 c.p. , comma 1 e comma 4, nn. 3 e 4, come modificato dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 1, comma 1, L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo anche in tempi diversi ed approfittando dello stato di bisogno economico di Mo.An., imprenditore (responsabile della impresa "Mottola Costruzioni" soggetto protestato), si facevano eseguire, in corrispettivo di prestiti in denaro di importi diversi, prestazioni d'opera, consistenti in lavori edili, a titolo di interessi usurai; in particolare, avendo il Mo. ottenuto, dal defunto N. C., un prestito dell'importo di Euro 16.000,00, si adoperavano per ottenere la restituzione del capitale, e, a titolo di interessi, l'esecuzione di lavori edili e la fornitura di materiale edile; con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di Mo.An.. In Benevento dal mese di aprile 2009 a tutt'oggi con condotta perdurante. M.P. E G.M.. H) del reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv c.p. e art. 644 c.p. , comma 1 e comma 4, nn. 3 e 4, come modificato dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 1, comma 1, L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, agendo anche in tempi diversi ed approfittando dello stato di bisogno economico di B.G., imprenditore (titolare della "Sartoria Ducale sas" e della ditta "Malecagna" e soggetto protestato); si facevano dare, in corrispettivo di prestiti in denaro di importi diversi, ingenti somme e prestazioni d'opera, consistenti nella realizzazione e montaggio di tendaggi, a titolo di interessi usurai; in particolare, avendo il B. ottenuto, dal defunto N.C., un prestito dell'importo di Euro 5000,00, si adoperavano per ottenere la restituzione del capitale, a fronte del quale, a titolo di interessi usurai, ritenevano un assegno dell'importo di Euro 7000,00, che il B. aveva consegnato a titolo di garanzia, nonchè ottenevano la realizzazione ed il montaggio di tendaggi presso l'abitazione della M., per il prezzo di Euro 9.700, 00; con (l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di B.G.; in Benevento dal mese aprile 2009 a tutt'oggi con condotta perdurante. M.P. E G.M.. I) del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv e 629 c.p., perchè in concorso tra loro, mediante violenza e minaccia costringevano B.G. al pagamento di somme di denaro e prestazioni d'opera, consistenti nella realizzazione e montaggio di tendaggi a corredo dell'abitazione della famiglia Nizza sita in (OMISSIS); con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti di B. G.; in Benevento dal mese aprile 2009 a tutt'oggi con condotta perdurante. M.P., G.M., Z.S.D., N.A. (CLASSE (OMISSIS)), N.A. (CLASSE (OMISSIS)). L) del reato di cui agli artt. 110, 81 e 132 c.p. , in relazione al D.L. n. J85/93, art. 106, comma 1 T.U. legge bancaria perchè, in concorso tra loro, e con N.P., minore, esercitavano nei confronti del pubblico attività di concessione di finanziamenti senza essere iscritti nell'apposito elenco tenuto dal Ministero del Tesoro tramite l'Ufficio Italiano Cambi, erogando prestiti a L. L., Bo.Cl. (soggetto protestato). D.N. A., La.Fr. (soggetto protestato). Ma. M. (soggetto protestato) e di altre persone non ancora identificate; con l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per aver commesso i fatti al fine di agevolare l'associazione criminale facente capo alla famiglia "Nizza", avvalendosi del metodo mafioso dal quale derivano le condizioni di assoggettamento ed omertà nei confronti dei predetti imprenditori e commercianti, in Benevento dal mese aprile 2009 a tutt'oggi con condotta perdurante. Con recidiva reiterata e infraquinquennale per M.P., N.A. (del (OMISSIS)). Con recidiva reiterata, specifica per M.V. Con recidiva per N.A. (del (OMISSIS)), N.D. Con recidiva reiterata per P.A.. 1.1 In particolare la Corte territoriale dava atto che il materiale probatorio, costituito dalle conversazioni telefoniche ed ambientali, dalle dichiarazioni rese dagli ufficiali di polizia giudiziaria - T. e D.V., dalle vittime degli episodi di usura, estorsioni e lesioni personali - C.M., D.D. A., Mo.An. e B.G. - e dalla documentazione bancaria acquisita a seguito di perquisizioni, confermava il quadro accusatorio stigmatizzato nei capi di accusa ed aveva consentito di accertare che M.P., dopo la morte del marito N.C., era subentrata nell'attività di usura già condotta da quest'ultimo con modalità tipicamente camorristiche, ed essendo a conoscenza, nel dettaglio, per avervi partecipato, delle vittime e delle condizioni dei singoli prestiti, si era attivata per il recupero dei prestiti usurari, coadiuvata dal genero G.M., dal figlio di N.P. e da Z. S.D., questi ultimi esecutori materiali delle direttive impartite dalla M.. La Corte confermava pertanto le valutazioni di colpevolezza del Tribunale, che aveva escluso il carattere mafioso dell'associazione ed eliminato l'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7 per diversi reati, dando atto che in appello tali valutazioni si erano arricchite delle implicite ammissioni dei fatti di gran parte degli imputati sicchè alcuni ( Z.S.D., M.V., G.M., M.P., N.P.) avevano anche rinunziato ai motivi di merito del gravame riservando i motivi solo alla commisurazione della pena, che venivano per lo più accolti. 1.2 Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso: a) l'avvocato Francesco Del Grosso per Z.S.D., deduce: 1) la violazione e falsa applicazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. e) in relazione all'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 contestata al capo d) della rubrica perchè il giudice d'appello, pur avendo in parte motiva, escluso tale aggravante per tutti i reati ascritti a Z., avrebbe, poi, omesso in dispositivo di richiamare l'imputazione sub d); 2) la violazione e falsa applicazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. b) in relazione all'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 ascritto al capo d) della rubrica, avendola, la Corte territoriale, esclusa con ampia motivazione; 3) violazione e falsa applicazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. b) ed e) in relazione all'art. 62 bis cod. pen. e all'art. 62 c.p. , n. 6. Lamenta il ricorrente la carenza di specifica motivazione circa l'esclusione delle attenuanti generiche. b) l'avvocato Vittorio Fucci per N.A., deduce: 1. La nullità " della sentenza per violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) in relazione all'art. 601 cod. proc. pen. ed all'art. 178 cod. proc. pen.. Lamenta il ricorrente che la prima udienza, fissata per il 7 febbraio 2014, veniva rinviata al successivo 4 marzo, per consentire una regolare notifica all'imputato ma a quella data nessuna notifica veniva effettuata al N. e ciononostante l'udienza veniva tenuta ed anzi, senza alcun preavviso, anticipata. 2. la nullità per violazione dell'art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. b) ed e) in relazione all'art. 192 c.p.p. e art. 629 c.p.. Il giudice d'appello non ha esaminato le prospettazioni difensive in ordine al possibile proscioglimento di N.A. dall'ipotesi di estorsione. N.A. ricorre anche personalmente deducendo: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 606, lett. c) in relazione all'art. 546 c.p.p. , lett. e) in combinato disposto con l'art. 125 c.p.p. , comma 3: il ricorrente lamenta la carenza di motivazione in ordine alle prospettazioni difensive, che non sono state esaminate. 2) violazione e falsa applicazione dell'art. 606, lett. b) in relazione all'art. 644 cod. pen.. La Corte non ha motivato in ordine allo specifico ruolo rivestito dall'imputato nell'ambito della associazione e le evidenze probatorie costituite da poche conversazioni telefoniche non costituiscono piena prova della responsabilità dell'imputato. 3) violazione e falsa applicazione dell'art. 606, lett. e) in relazione all'art. 62 bis cod. pen.. Il ricorrente lamenta la carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. c) L'avvocato Francesco Del Grosso Ricorso per N.P., deduce: 1) La violazione e falsa applicazione dell'art. 606, lett. c) in relazione all'art. 546 c.p.p. , lett. e) in combinato disposto con l'art. 125 c.p.p. , comma 3. Lamenta il ricorrente che la Corte non ha precisato gli elementi costitutivi dell'associazione. 2) la violazione e falsa applicazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. e) in relazione all'art. 62 bis cod. pen.. Il ricorrente lamenta la carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. d) L'avvocato Vincenzo Sguera per G.M., deduce: 1. La violazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. b) ed e) in relazione all'art. 546 c.p.p. per contrasto tra motivazione e dispositivo; l'erronea applicazione della L. n. 203 del 1991, art. 7 in relazione al reato di cui al capo d); motivazione illogica e contraddittoria. Lamenta il ricorrente che la Corte d'appello, nella parte dispositiva, e a differenza di quanto indicato in parte motiva, ha escluso l'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 solo per l'imputazione sub c) così escludendo quella sub d), formulando così concetti ingiustificatamente contraddittori. 2. violazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. e) in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche; violazione degli artt. 62- bis, 132 e 133 c.p. per vizio di motivazione carente, contraddittoria e manifestamente illogica. 3) violazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. e) in relazione all'aumento disposto a titolo di continuazione ex art. 81 cpv. c.p.; difetto assoluto di motivazione nonchè violazione di legge, ai sensi dell'art. 606 c.p.p. , lett. b), in relazione all'art. 125 c.p. , comma 3 e artt. 132 e 133 c.p.. 4) Violazione dell'art. 606 c.p.p. , lett. b) in relazione alla determinazione della pena pecuniaria assunta a pena-base per il capo e) ed irrogata a titolo di continuazione per il capo f); Erronea applicazione degli artt. 2 e 629 cod. pen. per illegalità della pena pecuniaria che all'epoca dei fatti, nel minimo era fissata in Euro 516. e) L'avvocato Ettore Marcarelli per M.P., deduce: 1) la violazione ed erronea applicazione art. 606, lett. b) ed e) in relazione alla determinazione della pena 2) violazione dell'art. 606, lett. e) per mancanza della motivazione in relazione all'art. 62 bis cod. pen.. Il difensore di G.M. ha depositato il 18.3.c.a. motivi aggiunti con i quali chiede il recupero della facoltà di accedere al rito patteggiato per G., in virtù dell'applicazione del principio sancito dalla sentenza n. 184 del 2014 della Corte Costituzionale, avendo il P.M., all'udienza del 08.02.2012 contestato aggravanti già risultanti agli atti, al momento dell'esercizio dell'azione penale. CONSIDERATO IN DIRITTO 2. I ricorsi sono tutti basati su motivi o manifestamente infondati o generici e devono essere dichiarati inammissibili. 2.1 Preliminarmente va ricordato che in appello Z.S. D., G.M., M.P. e N.P. avevano rinunciato ai motivi di merito insistendo solo in quelli attinenti alla pena. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte "il potere dispositivo, esercitato con la rinuncia, da un lato, limita la cognizione del giudice d'appello, dall'altro ha effetto preclusivo sull'intero svolgimento processuale" (n. 39439 del 2007, Rv. 237735): di conseguenza, a seguito dell'abrogazione del cd. patteggiamento in appello ( art. 599 c.p.p. , commi 4 e 5), la rinunzia parziale ai motivi di appello deve ritenersi incondizionata e determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, con la conseguenza che la Corte d'Appello non ha l'onere di motivare in ordine ad essi (n. 46053 del 2012, Rv 255069). 2.2 Tale principio assume valore anche con riferimento alle questioni, in ipotesi, rilevabili d'ufficio attinenti ai motivi rinunciati: è stato già affermato che il ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice di appello che, rilevata la rinuncia dell'imputato ai motivi di appello dichiari l'inammissibilità sopravvenuta dei motivi oggetto di rinuncia, omettendone l'esame ai fini dell'applicazione dell'art. 129 cod. proc. pen. , è inammissibile considerato che la rinuncia ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità . Pertanto, poichè ex art. 597 c.p.p. , comma 1, l'effetto devolutivo dell'impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, una volta che essi costituiscano oggetto di rinuncia, non può il giudice di appello prenderli in considerazione, nè può farlo il giudice di legittimità sulla base di un'ipotetica implicita revoca di tale rinuncia, stante l'irrevocabilità di tutti i negozi processuali, ancorchè unilaterali (n. 2791 del 2014 Rv. 262682). 2.3 Il ricorso proposto nell'interesse di N.P. è, pertanto, manifestamente infondato per quanto attiene il primo motivo con il quale il ricorrente ripropone le medesime censure avanzate con l'appello circa la sussistenza dell'associazione per delinquere, che il ricorrente aveva già rinunciato a far valere, all'udienza del 4.3.2013, insistendo per l'accoglimento dei soli motivi relativi alla pena. 2.4 Anche il secondo motivo, relativo alla carenza di motivazione in ordine al riconoscimento delle generiche e dell'attenuante del risarcimento del danno è inammissibile. La Corte ha adeguatamente motivato il mancato riconoscimento delle generiche in ragione della gravità della condotta e del negativo giudizio sulla personalità , dedotto dalle precedenti condotte. La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell'art. 62-bis c.p. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talchè la stessa motivazione, purchè congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (Cass. sez. 6 24 settembre 2008 n. 42688, Caridi; sez. 6 4 dicembre 2003 n. 7707, Anaclerio). Pertanto il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull'apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri (Cass. sez. 6 28 maggio 1999 n. 8668, Milenkovic) e nel motivarne il diniego non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione. 2.5 Va comunque rilevato che il motivo è generico non essendo state indicate le ragioni per le quali N.P. meritasse il beneficio richiesto e in senso analogo deve ritenersi per l'attenuante del risarcimento del danno che non compare in alcuna parte della sentenza impugnata e che viene citato, in modo del tutto assertivo, solo nel ricorso. 2.6 Manifestamente infondato è il motivo, comune ai ricorsi Zi. e G., che lamenta la contraddittorietà della pronuncia relativa all'esclusione dell'aggravante della L. n. 203 del 1991, art. 7. Dalla lettura della motivazione e della parte dispositiva non è dato rilevare alcuna contraddizione: la Corte territoriale ha, infatti, inteso escludere (ed ha di fatto escluso) l'aggravante dalle residue imputazioni che non erano già state depurate dal primo giudice. Nessun contraddizione può poi desumersi dalla misura della pena inflitta per la continuazione che risulta congruamente motivata e determinata nell'ammontare. 2.7 Entrambi i ricorsi lamentano, poi, la mancata concessione delle attenuanti generiche ed il mancato riconoscimento dell'attenuate di cui all'art. 62 c.p. , n. 6. I motivi sono inammissibili per le ragioni già indicate sub 2.5 e 2.6. Anche il terzo motivo del ricorso G. è inammissibile. Anche a voler prescindere dai profili di assoluta genericità del motivo, rileva che secondo il consolidato principio giurisprudenziale di questa Corte l'irrogazione di una pena o di un aumento di pena per la continuazione, in misura intermedia tra minimo e massimo implica per ciò stesso un corretto uso del potere discrezionale del giudice e, escludendo ogni abuso, non abbisogna di specifica motivazione. Nel caso in esame, inoltre la Corte, nel determinare l'aumento per la continuazione si è mantenuta assai prossima ai minimi edittali. 2.8 E' infine manifestamente infondato il quinto motivo del ricorso G.. Non vi è alcun concreto elemento di prova che induca fondatamente a ritenere che la Corte abbia voluto infliggere nel minimo la pena pecuniaria. A nulla rileva, pertanto che, nelle more del giudizio, una novella legislativa abbia innalzato il minimo della pena pecuniaria perchè, non avendo la Corte fatto riferimento al minimo della pena pecuniaria e non essendoci vizi manifesti della motivazione, una corretta interpretazione del dictum della Corte di merito induce a ritenere ch'essa abbia voluto infliggere proprio la misura di pena pecuniaria dichiarata in dispositivo. 2.9 Anche il ricorso di M.P. è inammissibile. Con il primo motivo relativo alla commisurazione della pena il ricorrente si limita a dolersi dell'eccessiva commisurazione della pena, nonostante il ridimensionamento, determinato dall'esclusione di un aggravante speciale. Con il secondo motivo lamenta la mancata concessione delle generiche. Le censure sono formulate in modo stereotipato, senza riferimenti alla fattispecie concreta ed alla motivazione della Corte di merito, senza alcun collegamento con i passaggi della motivazione della sentenza impugnata, condivisibili e privi di vizi conclamati, risolvendosi in una serie di doglianze prive di contenuto specifico che non consentono il controllo di legittimità . Inammissibili sono infine i due ricorsi di N.A., classe (OMISSIS). 2.10 Manifestamente infondata è l'eccezione di mancata notifica, al N., della citazione per l'udienza del 4.3.14. E', infatti, agli atti la notifica della citazione per l'udienza predetta, al domicilio dichiarato da N.A., a mani di persona convivente. Con il secondo motivo il ricorrente cerca di accreditare una diversa valutazione delle dichiarazioni della persona offesa D.D., tesa a ridimensionare la portata della partecipazione ai fatti dell'imputato. Il motivo di ricorso è inammissibile perchè fondato su una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione la cui valutazione è compito esclusivo del giudice di merito ed è inammissibile in questa sede, essendo stato comunque l'obbligo di motivazione esaustivamente soddisfatto nella sentenza impugnata con valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall'istruttoria dibattimentale e con indicazione, pienamente coerente, sotto il profilo logico-giuridico, degli argomenti a sostegno dell'affermazione di responsabilità . Alle stesse censure di genericità soggiace il ricorso personalmente presentato dal N.. Il ricorrente, infatti, si limita a prospettare una diversa ricostruzione dei fatti, basata su una interpretazione più favorevole all'imputato del materiale probatorio costituito da conversazioni intercettate. Nè maggiore specificità ha il terzo motivo di ricorso che genericamente lamenta il mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti. 2.11 Per finire e solo per completezza va detto che manifestamente infondata è anche la richiesta di annullamento della sentenza, avanzata da G.M. con i motivi aggiunti, richiamando il principio fatto proprio dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 184/2014. Emerge, infatti, dalla lettura del verbale di udienza dell'08.02.2012 che il P.M. ha inteso solo puntualizzare, con l'indicazione degli articoli di legge, la sussistenza delle aggravanti dell'art. 629 cod. pen. , già contestate nella dizione del fatto, con il richiamo all'associazione a delinquere ed al concorso di persone nel reato e che pertanto non vi è stata alcuna contestazione suppletiva "tardiva" di aggravanti. 2.12. Alla luce dei rilievi svolti tutti i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili: ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al versamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00). M.P. e G.M. vanno anche condannati alla rifusione delle spese alla costituita parte civile B.G., che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende. Condanna M.P. e G.M. alla rifusione in favore della parte civile B.G. delle spese dalla stessa sostenute in questo grado di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 3000,00 oltre IVA, CPA e spese generali. Così deciso in Roma, il 14 aprile 2015. Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2015 | |
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Da: Me | 16/12/2015 11:47:04 |
Ragazzi, per la seconda traccia non trovo la sentenza Cass. pen., Sez. II, 24 luglio 2015, n. 32615 Potete darmela per favore? Grazie | |
Rispondi |
Da: pareri penale | 16/12/2015 11:47:05 |
entativo di usura non c e perche ce violenza e quindi estorsione. ditelo in breve. piu spazio alla differenza tra esercizio arbitrario ed estorsione. poi 582 e se volete concorso formale o continuazione con l estorsione. 605 e non 630 perche nel 630 l estorsione e solo oggetto del dolo specifico e non deve realizzarsi ne in forma consumata ne in forma tentata. | |
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Da: Lupocalabro1985 | 16/12/2015 11:47:10 |
aggiungo una cosa a quanto scritto prima e correggo anita 123: attenzione che la minaccia del 612 c.p. non concorre con la tentata estorsione, ma ne resta assorbita perchè è una fattispecie residuale che entra in gioco solo se non è già di per sè un elemento costitutivo di un altro reato..quindi visto ke è elemento costitutivo del 629 non concorre, ma viene assorbita..poi la ricostruzione messa nell'ultimo post è quella corretta, bisogna solo sviluppare il parere senza troppo rimandi giurisprudenziali..si ragiona con il codice | |
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Da: juliet82 | 16/12/2015 11:48:06 |
secondo me non c'è concorso formale ma reato continuato tra estorsione e sequestro. che ne dite? | |
Rispondi |
Da: sersic | 16/12/2015 11:48:35 |
32615 2015 e 13244 2014 | |
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Da: Help per la seconda | 16/12/2015 11:49:40 |
Ragazzi aiutatemi Mi servirebbe uno schema complete per le seconda traccia Sono nella merda più totale | |
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Da: anita123 | 16/12/2015 11:50:16 |
Lupocalabro1985 ... Hai ragione! | |
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Da: nori | 16/12/2015 11:50:53 |
http://www.penalecontemporaneo.it/area/3-/21-/-/920-sui_controversi_rapporti_fra_sequestro_di_persona_a_scopo_di_estorsione__sequestro_di_persona__estorsione_ed_esercizio_arbitrario_delle_proprie_ragioni/ | |
Rispondi |
Da: jemil | 16/12/2015 11:51:30 |
per favore mi aiutate con la prima…..mi dite i riferimenti???? | |
Rispondi |
Da: pareri penale | 16/12/2015 11:52:12 |
potrebbero andar bene entrambi. continuazione si va piu sul sicuro. meno pippe meglio e. | |
Rispondi |
Da: leone1000 | 16/12/2015 11:52:53 |
ragazzi STIAMO INVIANDO MILLE SENTENZE MA CI SONO COLLEGHI CHE STANNO FACENDO ESAME QUINDI CERCHIAMO DI SCRIVERE UN PARERE OK COLLABORIAMO FORZA | |
Rispondi |
Da: ninaf89 | 16/12/2015 11:53:09 |
grazie | |
Rispondi |
Da: IngenereAiutoAvvocato | 16/12/2015 11:54:28 |
RAGAZZI UN PARERE DI TRACCIA 2 GIA' E' DISPONIBILE? (usura) | |
Rispondi |
Da: peppariello | 16/12/2015 11:55:16 |
cerchiamo di sviluppare i pareri, le sentenze sono quelle | |
Rispondi |
Da: felix300 | 16/12/2015 11:56:26 |
Articoli di riferimento per la traccia 1 art. 40 cp Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.. Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. art. 41 cp Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra la azione od omissione e l'evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui. Cassazione penale Sez. IV Sent. 28-07-2015, n. 33329 L'approccio fondato sulla comparazione dei rischi consente di escludere l'imputazione al primo agente quando le lesioni originarie non avevano creato un pericolo per la vita, ma l'errore del medico attiva un decorso mortale che si innesta sulle lesioni di base e le conduce a processi nuovi e letali: viene creato un pericolo inesistente che si realizza nell'evento. Discorso analogo può esser fatto quando la condotta colposa del medico interviene dopo che il pericolo originario era stato debellato da precedenti cure: anche qui viene prodotto un rischio mortale nuovo. La teoria del rischio spiega bene l'esclusione dell'imputazione del fatto nel caso dell'emotrasfusione sbagliata: vi è una tragica incommensurabilità tra la situazione non grave di pericolo determinata dall'incidente, che aveva comportato la rottura del femore, e l'esito mortale determinato dal macroscopico errore nell'individuazione del gruppo sanguigno. | |
Rispondi |
Da: AVV | 16/12/2015 11:56:40 |
Colleghi per favore non postiamo notizie o articoli buoni solo a creare confusione. chi sta facendo l'esame ha bisogno o di un parere svolto oppure di uno schema preciso di istituti da affrontare! solo così possiamo aiutarli... | |
Rispondi |
Da: Me | 16/12/2015 11:56:40 |
RIFERIMENTI NORMATIVI SECONDA TRACCIA art. 644 cp Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità , interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000 (2). Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario. Art. 629 cp Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo precedente. 582. Lesione personale. Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa Cassazione Penale, Sez. II, 21 marzo 2014 (ud. 7 marzo 2014), n. 13244 Il reato di usura è annoverabile tra i cd. delitti a "condotta frazionata" o a "consumazione prolungata" e, dunque, può concorrere nel reato solo colui il quale, ricevuto l'incarico di recuperare il credito usurario, sia riuscito a ottenerne il pagamento. | |
Rispondi |
Da: ilbardo | 16/12/2015 11:57:25 |
GILDA15 Quale traccia è quella che hai postato? | |
Rispondi |
Da: ninaf89 | 16/12/2015 11:57:25 |
un parere sulla seconda traccia ... pleaseeeeeeeee!!! | |
Rispondi |
Da: peppariello | 16/12/2015 11:57:27 |
Quali sono gli istituti delle tracce? | |
Rispondi |
Da: PAPARAZZATA | 16/12/2015 11:57:28 |
Scusate sapere a che ora devono consegnare ad Ancona? | |
Rispondi |
Da: leone1000 | 16/12/2015 11:57:38 |
Forza ragazzi penalisti scriviamo un parere aiutiamo i nostri colleghi forza forza | |
Rispondi |
Da: Altus | 16/12/2015 11:57:52 |
(da dejure) Cassazione penale, sez. V, 24/06/2014, n. 42849 Risponde del delitto di concorso in usura - reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata -, il soggetto che, in un momento successivo alla formazione del patto usurario, ricevuto l'incarico di recuperare il credito, riesce ad ottenerne il pagamento, laddove invece, se il recupero non avviene, l'incaricato risponde del reato di favoreggiamento personale o, nell'ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione, atteso che in tali casi il momento consumativo dell'usura rimane quello originario della pattuizione. | |
Rispondi |
Da: ilbardo | 16/12/2015 11:59:20 |
La soluzione della prima traccia qualcuno ha già postato il tutto ??????? | |
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Da: pareri penale | 16/12/2015 12:00:37 |
il tentativo di usura non c e perche ce violenza e quindi estorsione. ditelo in breve. piu spazio alla differenza tra esercizio arbitrario ed estorsione. poi 582 e se volete continuazione con l estorsione. 605 e non 630 perche nel 630 l estorsione e solo oggetto del dolo specifico e non deve realizzarsi ne in forma consumata ne in forma tentata. | |
Rispondi |
Da: biziosan | 16/12/2015 12:01:02 |
Ragazzi provo a tracciare schema schema 1 Tizio responsabile lesioni sempronio compie attività interruttiva nesso causale condotta tizio e dunque lesioni colpose mevio responsabilità evento morte. Tizio se analizziamo art. 40 e 41 compie una condotta non collegabile causalmente alla morte di Caio. Giusto? Completate con sentenze? | |
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Da: helpMeeeeeeee | 16/12/2015 12:01:46 |
Saputo niente sull'ora di consegna a Napoli? | |
Rispondi |
Da: TRACCIA 2 | 16/12/2015 12:02:08 |
ragazzi ma sul sito gurdanella.it che ha postato il parere svolto non cita per niente il sequestro di persona....nè 605 nè 630....perchè??? | |
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Da: helpMeeeeeeee | 16/12/2015 12:02:09 |
Saputo niente sull'ora di consegna a Napoli? | |
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