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16 dicembre 2015 - Parere PENALE
699 messaggi, letto 84077 volte

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Da: jam16/12/2015 12:38:02
un parere svolto sulla 2 traccia:  usura

penalisti?????
dove siete......
Rispondi

Da: traccia 116/12/2015 12:38:28
sent. 33329/2015 traccia 1 qualcuno la posti per favore
Rispondi

Da: leone1000 16/12/2015 12:39:03
Ancora si perde tempo a inviare sentenze ma ci sono penalisti in questa chat? scusate ma potete almeno rispondere a me sembra che in questa chat scrivono sempre le stesse persone maaaaaaa siamo nella merda totale
Rispondi

Da: Tor 16/12/2015 12:39:05
Mia dove sei???
C'è bisogno d'aiuto, se scritti a quest'ora i pareri possono essere rielaborati con calma dai nootri avvocati!
MIA RISPONDIIII
Rispondi

Da: Lupocalabro1985 16/12/2015 12:41:53
con questi schemi dati da noi penalisti che siamo attivi sul forum da stamattina penso ci sia un po' tutto quello che serve per la stesura di un buon parere..scrivere un parere per intero è assurdo, perchè ogni persona deve elabolarlo con le proprie parole e con il proprio metodo..copiare i pareri dal forum non porta a nulla, anzi nella maggior parte dei casi verranno annullati dalle commissioni..bisogna seguire un filo giuridico e quello è stato ben precisato da alcuni di noi che abbiamo fatto uno schema della traccia..buon lavoro a tutti e scrivete il parere con la vostra testa!
Rispondi

Da: turistapercaso 16/12/2015 12:41:57
Seconda traccia

NOTA A CASS. PEN., SEZ. IV, SENTENZA 28 LUGLIO 2015, N. 33329 

Con la sentenza n. 33329 del 2015, Rel. Blaiotta, la quarta sezione della Cassazione penale
ritorna su alcune delle categorie più controverse in ambito di colpa medica, soffermandosi, in
specie, sulla problematica della causalità della colpa e sulla responsabilità in attività di équipe.
Veniamo ai fatti.
Una ragazza di sedici anni, ricoverata per un ascesso peritonsillare con edema, muore in
sala operatoria per asfissia indotta farmacologicamente da un errore dell'anestesista, che avendo
somministrato curaro, ha determinato la paralisi dei muscoli respiratori con conseguente totale
occlusione delle vie respiratorie. "(�) Sopraggiunse anossia con desaturazione".
La vicenda, quindi, parte da un grave errore del medico-anestesista.
Innanzitutto, i giudici di legittimità affrontano la questione del nesso causale, in specie, la
problematica della possibile rilevanza del concorso di cause sopravvenute (ex art. 41 co. 2 c.p.)
nell'ambito dell'attività medica, giungendo ad escludere il nesso eziologico tra il decesso della
paziente e l'attività diagnostico-terapeutica prestata da quattro medici prima dell'intervento
chirurgico.
Per il vero, il ragionamento seguito dal Supremo Collegio sulla problematica
dell'interruzione del nesso causale, rappresenta, per certi aspetti, una novità rispetto alle soluzioni
cui, sino ad oggi, è approdata la giurisprudenza.
L'intento, più che apprezzabile, considerati i non pochi malintesi che ancora aleggiano sulla
materia, è quello di un opportuno chiarimento concettuale.
Secondo la Cassazione "tale cruciale questione richiede di porre alcune enunciazioni di principio,
aderenti a quelle recentemente proposte dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un., 24 aprile 2014,
Espenhahn, Rv. 261103) [il richiamo è alla recente pronuncia delle SS.UU. della Cassazione Penale,
relativa al noto caso Thyssen Krupp, ndr.].
Inizia, quindi, la ricostruzione teorica della c.d. interruzione del nesso di causa, prendendo
le mosse dalla considerazione che colui che riveste una posizione di garanzia è "il gestore di un
rischio.
Per completezza, prima di proseguire, i giudici del Supremo Collegio ritengono necessario
fare una puntualizzazione: "tutto il sistema è conformato per governare l'immane rischio, gli indicibili
pericoli, connessi al fatto che l'uomo si fa ingranaggio fragile di un apparato gravido di pericoli. (�)
Soprattutto nei contesti lavorativi più complessi, si è frequentemente in presenza di differenziate
figure di soggetti investiti di ruoli gestionali autonomi a diversi livelli degli apparati; ed anche
con riguardo alle diverse manifestazioni del rischio".
È questa la strada da seguire - secondo la motivazione - per giungere ad una separazione
delle differenti sfere di responsabilità.
Ciò detto, è possibile allora affermare che, solo l'inserimento di un elemento del tutto
eccentrico nel decorso causale è idoneo ad interrompere il nesso di condizionamento (si pensi al
caso di scuola del paziente che viene ricoverato in ospedale per una banale frattura, l'ospedale va a fuoco e il paziente muore). Al contrario, in tutti i casi in cui non si rinviene tale eccentricità, il nesso
eziologico si deve considerare non interrotto (così per riprendere il caso di scuola, il paziente viene
ricoverato in ospedale per una banale frattura, dove decede a seguito di un errore dei sanitari,
condotta non del tutto imprevedibile).
Queste constatazioni introducono quella che, in realtà, appare essere la questione nodale
dell'intera problematica in commento, dalla quale si ingenerano gli equivoci che tuttora pervadono
parte della giurisprudenza.
La pronuncia, anzitutto, sottolinea come l'indirizzo prevalente della Suprema Corte è
sempre stato nel senso di escludere che, nel caso di lesioni personali seguite dal decesso della
vittima dell'azione delittuosa, l'eventuale negligenza o imperizia dei medici possa far venir meno il
nesso di causalità.
In altri termini, la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma e
indipendente rispetto al comportamento del soggetto agente, che provocando le lesioni ha
determinato l'intervento dei sanitari.
Quindi, i giudici di piazza Cavour richiamano la giurisprudenza poco propensa ad
ammettere un'interruzione del nesso causale.
Secondo la sentenza in esame, però, una simile soluzione pecca di eccessivo rigorismo e
viola la regola di imputazione soggettiva dell'evento.
Senza contare che, almeno in un'occasione, la Suprema Corte ha escluso il rapporto
eziologico, a proposito di un caso che presentava significative affinità con quello in esame, perché
caratterizzato dalla presenza di un errore macroscopico di un medico che nel praticare
l'emotrasfusione aveva errato nella individuazione del gruppo sanguigno: in tale fattispecie, la
rilevante condotta erronea del professionista, pur inserendosi nella serie causale dipendente dalla
condotta dell'automobilista che aveva provocato l'incidente, agì per esclusiva forza propria ed
interruppe il nesso di causa.
Alla luce di queste premesse, pertanto, la Corte si auspica che il criterio distintivo tra le
condotte interruttive e quelle non interruttive, si incentri, piuttosto, sul criterio della comparazione
dei rischi: si può ragionevolmente escludere una qualsiasi imputazione al primo soggetto-agente,
tutte le volte che le lesioni originarie non hanno determinato un pericolo per la vita, ma l'errore del
medico ha innescato un decorso mortale che innestandosi sulle lesioni di base le conduce a
processi nuovi e letali.
La Corte sostiene che una simile conclusione è applicabile anche al caso di specie, nel quale,
invero, è possibile affermare - in maniera condivisibile - che in effetti si è verificata l'interruzione
del nesso di causa: "si assuma pure che i terapeuti di cui si discute abbiano errato omettendo gli
approfondimenti strumentali volti all'esatta individuazione dell'entità della patologia. Il fatto è che tali errori
avrebbero potuto semmai assumere rilevanza se avessero giocato nel corso dell'esecuzione dell'atto
chirurgico. Invece, come correttamente ritenuto dal primo giudice, tale intervento operatorio non ebbe corso.
La morte fu determinata dal già evocato gravissimo errore dell'anestesista: si è qui in presenza di un
rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile".
In buona sostanza, quale rischio terapeutico si trovavano a gestire i primi sanitari? Si
trattava dello stesso rischio insorto nella seconda parte del decorso della paziente (curarizzazione e
tentativo di tracheotomia)? Dalla risposta negativa (il secondo rischio viene definito
incommensurabile rispetto al primo) deriva l'assoluzione dei primi sanitari.
L'intero svolgimento della vicenda, dunque, nei suoi profili causali e concausali, sino
all'esito finale penalmente rilevante, appare effettivamente espressione coerente ed immediata del
"rischio" attivato dalla condotta negligente dell'anestesista, la quale si prospetta anche quale
condizione diretta ed imprescindibile di quegli esiti: ciò rende tutto sommato accettabile la scelta
della Corte propensa ad attribuire a tale contributo una rilevanza strutturalmente monosoggettiva.
L'altro profilo degno di nota della sentenza che si commenta, come evidenziato anche dai
più diffusi mezzi di comunicazione, riguarda il corretto inquadramento delle singole
responsabilità nel contesto di un'attività caratterizzata dalla compartecipazione integrata di una
pluralità di contributi specialistici, dislocati in diversi stadi e diversi tempi.
In particolare, i giudici di legittimità, si soffermano sulla condotta tenuta dal primario in
sala operatoria, improntata, secondo la Corte, ad un atteggiamento acquiescente, abdicando così a
quel dovere di controllo che gli deriva dal ruolo di guida e capo del lavoro di gruppo tra i diversi
specialisti, evincibile dalla particolare natura "cooperativa" del trattamento sanitario in oggetto.
Difatti, secondo la Corte, siccome il capo équipe aveva "ben chiaro [che] i tentativi di anestesia
con curaro avrebbero prodotto l'ingravescenza dell'edema e il grave pericolo di blocco respiratorio poi
puntualmente concretizzatosi", si sarebbe dovuto astenere, rifiutandosi di eseguire l'intervento
chirurgico in quelle condizioni particolarmente rischiose.
Prima di passare all'analisi specifica della responsabilità del capo équipe nel caso di specie,
appare opportuna una qualche notazione di carattere generale sull'attività medico-chirurgica in
équipe.
Sino ad oggi, un corretto inquadramento, da parte di dottrina e giurisprudenza, delle
singole responsabilità nel contesto di una procedura tecnica svolta in équipe, è stato affrontato
attraverso la teorica del "principio di affidamento": gli obblighi dei singoli partecipanti all'intervento
si modellano sulle loro specifiche competenze, operando, al di là di questi limiti, appunto, il cd.
"principio di affidamento" nei confronti del corretto operato degli altri specialisti.
Una simile concettualizzazione muove, essenzialmente, dall'inesigibilità di una sorta di
"supervisione" dell'operato di professionisti appartenenti a differenti branche di specialità della
scienza medica.
D'altro canto (e condivisibilmente, aggiungiamo), non si potrebbe neppure pensare che il
singolo professionista possa essere in possesso di un bagaglio di competenze adeguato ad un
sistema, come quello attuale, nel quale, grazie alla continua evoluzione dell'arte medica, le
discipline sono diventate sempre più specialistiche e settoriali: anzi, ai fini del risultato migliore
della prestazione sanitaria, la suddivisione dei compiti in ragione delle proprie conoscenze
specialistiche, consente un'attività più efficiente e funzionale all'esito positivo, rispetto ad una
procedura in cui ogni singolo operatore interviene nelle scelte operate da altri professionisti.
Va detto, tuttavia, che l'estensione dell'operatività pratica di tale regola è stata
progressivamente erosa attraverso l'individuazione di una serie di limiti.
Un primo limite, sistematicamente ribadito dalla giurisprudenza del Supremo Collegio, si
può individuare ogniqualvolta un professionista, che partecipa all'attività di équipe, non si è "(â��)
fatto carico dei rischi connessi agli errori riconoscibili commessi nelle fasi antecedenti o contestuali al suo
specifico intervento" (Cass. Pen., sez. IV, sent. 11 ottobre 2007, n. 41367) .
Altra eccezione all'operatività del principio di affidamento, viene unanimemente ravvisata
proprio nella ipotesi in cui sul soggetto della cui responsabilità si discute, gravi una posizione di
garanzia che gli imponga di impedire gli errori degli altri o di porvi rimedio: a questa fattispecie si
può ricondurre l'ipotesi del medico posto a capo dell'équipe.
Ebbene, secondo la regula iuris enunciata dalla Corte a tal riguardo, sul capo équipe grava un
obbligo giuridico di controllo e supervisione, "costante e diligente" dell'altrui operato, nell'ottica di
una "istituzionale cooperazione" di più professionisti, portatori di competenze diverse e
specialistiche, che deve essere "sottratta all'anarchismo" (il virgolettato fa riferimento ad alcuni
passaggi della pronuncia in commento).
Seguendo questa linea argomentativa, il principio di affidamento, secondo la Corte, non
opererebbe, in linea di massima, nei confronti, appunto, di una simile figura apicale.
Prescindendo dalle specificità del caso concreto, deve fin da subito sottolinearsi come la
pretesa valenza generale di tale ricostruzione suscita, nel suo rigore, più di qualche perplessità, con
riferimento, anzitutto, a quello che è il reale svolgimento dei rapporti tra medici nell'ambito del
quadro organizzativo delle strutture sanitarie.
In altri termini, il dovere di controllo che incombe sul capo équipe, "(â��) non può essere
semplicisticamente interpretato come obbligo di sorveglianza continua e costante sull'operato altrui durante
l'intero iter operatorio, ma deve, invece essere individuato in modo da non vanificare il principio della
Rispondi

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Da: avvocaticchio16/12/2015 12:41:58
Un suggerimento il parere è su mevio e sempronio che non risponderanno di usura quindi soffermatevi sui reati ascrivibili ai due e non sul reato ascrivibile a Tizio che tratterete marginalmente.
Rispondi

Da: anita123 16/12/2015 12:43:08
Lupocalabro1985 Grazie...!!!
Rispondi

Da: Perett16/12/2015 12:46:53
Qualcuno sa a che ora abbiano dettato a Roma? Grazie
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 12:47:37
Regà un parere per favore... Oggi è proprio dura... ieri ce ne erano a bizzeffe, io lo prendo, lo leggo e lo cambio al 90% di tutto, non è annullabile e credo che sia interesse di tutti cambiare quanto scritto.
Per favore condividete!!
Rispondi

Da: leone1000 16/12/2015 12:48:22
Scusami Lupocalabro1985 ma sei ubriaco che cavolo dici cerchiamo di stilare un parere.......... poi sono i colleghi a decidere se copiare o meno quindi ................. stiliamo un parere ok
Rispondi

Da: silvia laur 16/12/2015 12:48:36
É una vergogna vi mando i carabinieri
Rispondi

Da: AVV16/12/2015 12:49:43
Lupocalabro potresti postare i singoli articoli da affrontare??
elencando anche i vari istituti giuridici???
Rispondi

Da: x avv16/12/2015 12:51:16
RIFERIMENTI    NORMATIVI    PRIMA    TRACCIA
art.    40    cp
Nessuno    può    essere    punito    per    un    fatto    preveduto    dalla    legge    come    reato,    se   
l'evento        dannoso        o    pericoloso,    da    cui    dipende    la    esistenza    del reato,    non    è   
conseguenza    della    sua azione od omissione..
Non    impedire    un    evento,    che    si    ha    l'obbligo    giuridico    di    impedire,    equivale    a   
cagionarlo.
art.    41    cp
Il concorso    di    cause preesistenti    o    simultanee    o    sopravvenute,    anche    se   
indipendenti    dall'azione    od    omissione    del    colpevole,    non    esclude    il rapporto    di   
causalità fra    la azione od omissione e    l'evento.
Le    cause    sopravvenute    escludono    il    rapporto    di    causalità    quando    sono    state    da   
sole    sufficienti    a    determinare    l'evento.    In    tal    caso,    se    l'azione    od    omissione   
precedentemente    commessa    costituisce    per    sé    un reato,    si    applica    la pena per   
questo    stabilita.
Le    disposizioni    precedenti    si    applicano    anche    quando    la    causa    preesistente    o   
simultanea    o    sopravvenuta    consiste    nel    fatto    illecito    altrui.
Cassazione    penale     Sez.    IV    Sent.    28-07-2015,    n.    33329
L'approccio     fondato     sulla     comparazione     dei     rischi     consente     di     escludere   
l'imputazione    al     primo    agente     quando    le    lesioni     originarie     non    avevano     creato   
un    pericolo    per    la    vita,    ma    l'errore    del    medico    attiva    un    decorso    mortale    che    si   
innesta    sulle    lesioni    di    base    e    le    conduce    a    processi    nuovi    e    letali:    viene    creato    un   
pericolo    inesistente    che    si    realizza    nell'evento.    Discorso    analogo    può    esser    fatto   
quando    la    condotta    colposa    del    medico    interviene    dopo    che    il    pericolo    originario   
era     stato     debellato     da     precedenti     cure:     anche     qui     viene     prodotto     un     rischio   
mortale     nuovo. La     teoria     del     rischio     spiega     bene     l'esclusione     dell'imputazione   
del     fatto     nel     caso     dell'emotrasfusione     sbagliata:     vi     è     una     tragica   
incommensurabilità     tra     la     situazione     non     grave     di     pericolo     determinata   
dall'incidente,     che     aveva     comportato     la     rottura     del     femore,     e     l'esito     mortale   
determinato    dal    macroscopico    errore    nell'individuazione    del    gruppo    sanguigno.
Rispondi

Da: x avv16/12/2015 12:51:59
RIFERIMENTI    NORMATIVI    SECONDA TRACCIA
art.    644    cp
Chiunque,    fuori    dei    casi    previsti    dall'articolo    643,    si    fa    dare    o    promettere,    sotto   
qualsiasi    forma,    per    sé    o    per    altri,    in    corrispettivo    di    una    prestazione    di    denaro    o   
di    altra    utilità,    interessi    o    altri    vantaggi    usurari,    è    punito    con    la    reclusione    da    due   
a    dieci    anni    e    con    la    multa    da    euro    5.000    a    euro    30.000    (2).
Alla    stessa    pena    soggiace    chi,    fuori    del    caso    di    concorso    nel    delitto    previsto    dal   
primo    comma,    procura    a    taluno    una    somma    di    denaro    od    altra    utilità    facendo   
dare    o    promettere,    a    sé    o    ad    altri,    per    la    mediazione,    un    compenso    usurario.
Art.    629    cp
Chiunque,    mediante    violenza    o    minaccia,    costringendo    taluno    a    fare    o    ad   
omettere    qualche    cosa,    procura    a    sé    o    ad    altri    un    ingiusto    profitto    con    altrui   
danno,    è    punito    con    la    reclusione    da    cinque    a    dieci    anni    e    con    la    multa    da    euro   
1.000    a    euro    4.000.
La    pena    è    della    reclusione    da    sei    a    venti    anni    e    della    multa    da    euro    5.000    a    euro   
15.000,    se    concorre    taluna    delle    circostanze    indicate    nell'ultimo    capoverso   
dell'articolo    precedente.
582.    Lesione    personale.
Chiunque    cagiona    ad    alcuno    una    lesione    personale     dalla    quale    deriva    una   
malattia    nel    corpo    o    nella    mente,    è    punito    con    la    reclusione    da    tre    mesi    a    tre   
anni.
Se    la    malattia    ha    una    durata    non    superiore    ai    venti    giorni    e    non    concorre    alcuna   
delle    circostanze    aggravanti    previste    negli    articoli    583    e    585,    ad    eccezione    di   
quelle    indicate    nel    numero    1    e    nell'ultima    parte    dell'articolo    577,    il    delitto    è   
punibile    a    querela    della    persona    offesa
Cassazione    Penale,    Sez.    II,    21    marzo    2014    (ud.    7    marzo    2014),    n.    13244
Il    reato    di    usura    è    annoverabile    tra    i    cd.    delitti    a    "condotta    frazionata"    o    a   
"consumazione    prolungata"    e,    dunque,    può    concorrere    nel    reato    solo    colui    il   
quale,    ricevuto    l'incarico    di    recuperare    il    credito    usurario,    sia    riuscito    a   
ottenerne    il    pagamento.
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 12:52:45
Un parerino seconda traccia per favore
Così ho il tempo di cambiarlo....
Rispondi

Da: prima traccia16/12/2015 12:52:47
prima traccia art.590 c.p. perchè c'è eccesso di velocità!!!!
Rispondi

Da: ilbardo16/12/2015 12:54:08
QUALCUNO MI METTE LO SVOLGIMENTO DELLA PRIMA TRACCIA PER FAVORE?????!!!!!!!!!!
Rispondi

Da: PENELOPA 16/12/2015 12:54:10
UN PARERE X FAVORE, COSI' POSSIAMO CAMBIARLO
Rispondi

Da: Dio vi benedica16/12/2015 12:56:48
forza aiutiamo questi ragazzi
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 12:58:00
Siiiii aiutateci :)
Rispondi

Da: parere 216/12/2015 12:58:22
escluso il concorso in usura come sviluppare la parte sugli altri reati configurabili????
Rispondi

Da: Lupocalabro1985 16/12/2015 12:59:24
art. 644 accennato solo perchè Tzio non lo difendiamo, poi per Mevio e Sempronio concorso ex artt. 110, 629, 605, 582, c. 1 e 81 c. 2 c.p...no 393, si esclude ovviamente e no 612 perchè assorbito nel 629
Rispondi

Da: LaMynus 16/12/2015 13:00:48
Che tracce toste!!! Quella su nesso e concorso di cause è stupenda
Rispondi

Da: alveolodeep16/12/2015 13:00:53
servono solo i pareri!!!!!!!
abbiamo capito i riferimenti....

PUBBLICATE I PARERI PER FAVORE...STA DIVENTANDO TARDI!!!!


DAIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!

OGNUNO LO CAMBIERà A MODO SUO...MA SERVE CONDIVIDERE LE SOLUZIONI ALLE DUE TRACCE ORA...DAI RAGAZZIIIi!!!!
Rispondi

Da: fida8816/12/2015 13:01:21
messina consegna ore 18,00
Rispondi

Da: avvocaticchio16/12/2015 13:02:30
Per la prima traccia ritengo che l'ipotesi di 590 difetti della condizione di procedibilità ossia della querela non sussistendo alcun nesso teleologico con l'imprevedibile evento morte perchè privo di qualsiasi nesso causale con le modeste lesioni
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 13:02:57
SOLUZIONE TRACCIA 2 DA CONDIVIDERE CERCASI!!!!!
PER FAVORE RAGAZZI, ANCHE SOLO UNA BOZZA, TANTO LA CAMBIEREMO!!
DOMANI RICAMBIAMO
(IO IERI HO POSTATO IL MIO PARERE AD ESEMPIO)
Rispondi

Da: NUMERO DUE16/12/2015 13:03:02
RAGAZZI LE SOLUZIONI SONO NECESSARIE! A QUEST'ORA I RIFERIMENTI NORMATIVI SONO PIU' CHE CONSOLIDATI! SVOLGIMENTO COMPLETO! IL TEMPO STRINGEEEEE
Rispondi

Da: PENELOPA 16/12/2015 13:03:07
SIIIIIIIIIIIIIIIIIIII FORZA I PARERI PER FAVORE,E'  GIA' TARDIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Rispondi

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