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Preparazione al concorso referendario TAR
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Da: eh28/02/2010 09:40:04
se ti leggi gli atti del convegno di cui al link riportato vedrai che è opinione dominante che l'eventuale integrazione del contraddittorio non contrasta con la perentorietà dei termini

Da: puma28/02/2010 10:16:17
ho riletto quel commento e dice esattamente il contrario.

Abbrevio la citazione:

"Eâ chiaro lâintento acceleratorio del processo con termini diversi e tutti più brevi del processo ordinario (per altro in appello i termini sono ridotti alla metà).

Tutti questi adempimenti, inoltre, sono previsti come âperentori e devono essere osservati sotto pena di decadenzaâ.

Concludere, quindi, che individuato un controinteressato (posto che non sussiste unâautorità emanante cui necessariamente indirizzare la notifica come nel processo ordinario), ove questo sia stato regolarmente notiziato ai sensi della procedura appena descritta, sia possibile una indiscriminata facoltà di integrazione del contraddittorio, non sembra coerente con lâintento acceleratorio, oltre che con la norma espressa dallâart. 21 l.TAR che si intende richiamare.

Sicché, anche nel processo elettorale vi sono delle parti necessarie, la cui mancata tempestiva introduzione nel giudizio mediante la procedura sopra indicata e nei tempi ristretti dalla stessa regolata determina lâinammissibilità del ricorso.

Dette parti devono essere individuate secondo il principio del petitum


POCO OLTRE SI PRECISA:

E sono proprio questi candidati eletti, in quanto espressamente individuati dalla legge, le parti necessarie del processo, quelli, cioè, che, in via immediata, dallâaccoglimento del ricorso possono ricevere il pregiudizio della perdita dellââUfficioâ ricoperto.

Da: eh28/02/2010 10:55:48
.........Sicché, ormai, si può dire che la Giurisprudenza è ferma nel ritenere possibile lâintegrazione del contraddittorio anche nel processo elettorale, > (cfr. Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 15 febbraio 1999, n. 54)...........

Da: eh28/02/2010 10:58:12
............Detta conclusione, in ultimo, non può essere smentita dalla sussistenza dei termini perentori di cui allâart. 83/11 sopra richiamato, posto che âla perentorietà del termine, entro il quale il ricorso deve essere notificato, non è una caratteristica peculiare del ricorso in materia elettorale, ma è comune ad ogni ipotesi di ricorso amministrativo ai sensi dellâart. 21 della legge n. 1034/1971. Sotto tale profilo quindi la particolare disciplina contenuta nellâart. 83/11 della legge n. 1147/66, richiamato dallâart. 19 ultimo comma della legge n. 1034/1971, nulla aggiungeâ (cfr. Cons. Stato n. 141/79, cit.).................

Da: eh28/02/2010 11:03:39
...........A questo punto occorre stabilire cosa si debba intendere per âparte necessariaâ nel processo elettorale.
In tal senso, lâAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha già da tempo sostenuto che > (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 03 maggio 1983, n. 136)..............

Da: eh28/02/2010 11:07:31
A questo punto occorre stabilire cosa si debba intendere per âparte necessariaâ nel processo elettorale.

In tal senso, lâAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha già da tempo sostenuto che > (cfr. Consiglio Stato a. plen., 23 febbraio 1979, n. 7).

Sulla scorta dellâautorevole decisione, la Giurisprudenza ha reiteratamente confermato che > (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 03 maggio 1983, n. 136).

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Da: eh28/02/2010 11:10:26
> (cfr. Consiglio Stato a. plen., 23 febbraio 1979, n. 7).

Sulla scorta dellâautorevole decisione, la Giurisprudenza ha reiteratamente confermato che > (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 03 maggio 1983, n. 136).

Da: eh28/02/2010 11:11:10
A questo punto occorre stabilire cosa si debba intendere per âparte necessariaâ nel processo elettorale.

In tal senso, lâAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha già da tempo sostenuto che > (cfr. Consiglio Stato a. plen., 23 febbraio 1979, n. 7).

Sulla scorta dellâautorevole decisione, la Giurisprudenza ha reiteratamente confermato che > (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 03 maggio 1983, n. 136).

Da: eh28/02/2010 11:46:07
Conclusivamente a leggere il commento di Savasta (in Link) la giurispr. prevalente (tra cui persino Ad. Plen.) consente l'integr. del contraddittorio; l'opinione contraria è del solo Savasta (1 dottrina) medesimo (che riporta una sola sent TAR Catania ma per una notifica a residenza errata!!!).

Da: puma28/02/2010 19:38:54
in verità - a leggere bene - Savasta dice un'altra cosa, come un'altra cosa dice la giurisprudenza che cita. E cioè che devi distinguere il tipo di procedimento e distinguere in conseguenza la natura del tipo di controinteressato nei cui confronti dovresti integrare il contraddittorio.

In buona sostanza, se è in discussione la posizione solo dell'ultimo degli eletti si ammette l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'amministrazione e/o dell'ufficio elettorale centrale. (ora per altro dicono che non devi neanche più chiamarli in giudizio). Ed il discorso è anche condivisibile perchè si configura il medesimo rapporto del procedimento ordinario (soluzione che Savasta comunque critica).

Se invece si tratta di un controinteressato sostanziale, come nel nostro caso in cui vai ad incidere sul diritto di tutti gli eletti l'integrazione non è più possibile. E' come se tu fai una causa rivendicando la proprietà, sbagli la controparte, mica di consentono l'integrazione del contradditorio. Se sei in termini devi fare un'altra causa altrimenti hai finito e paghi pure i danni al cliente.

Ad ogni buon conto, integrazione o non integrazione del contraddittorio il discorso è un'altro: chi non ha rilevato il difetto di notifica ai controinteressati è fuori. Con 15 posti quelli non aspettano altro.

Da: eh28/02/2010 20:07:47
Guarda che io su ho riportato copia/incolla la giurisprudenza e Savasta e non credo si LEGGA ciò che tu invece continui a DEDURRE

Da: puma28/02/2010 20:12:58
va bo, contento tu, contenti tutti. io l'ho detto, secondo me andava rilevata la non integrità del contraddittorio, poi rimane aperta la scelta se integrare o no. Secondo me non è intergrabile e per altro ho trovato un'ulteriore sentenza del TAR Catania 2009 che ha dichiarato inammissibile un ricorso elettorale per omessa notifica ai candidati eletti.

Ti dò quindi appuntamento al prossimo concorso.

Chiuso questo discorso, prova di ammininstrativo come l'avete impostata?

Da: eh28/02/2010 21:19:51
...........infatti Savasta è magistrato TAR Catania......
Ciao, ciao

Da: puma28/02/2010 21:27:11
sarà, secondo me ha ragione, comunque; e poi vedo che le sentenze richiamate non sono propriamente recenti. invito anche gli altri forumisti a esprimersi. l'amministrativo?

Da: eh28/02/2010 21:44:30
la Relazione è del 31 ottobre 2009

Da: eh28/02/2010 21:48:50


Pancrazio M. Savasta

(Cons. Tar Sicilia, Sez. di Catania)



Il Contenzioso elettorale



(Relazione al Convegno Nazionale di Studi âLa codificazione del processo amministrativo: riflessioni e proposteâ â" Siracusa 30 e 31 ottobre 2009).



SOMMARIO: 1. Introduzione â" 2. Le parti del processo amministrativo â" 3. Lâammissione delle liste - 3.1. La questione dellâammissibilità del ricorso cautelare avverso lâammissione delle liste elettorali  - 3.2. Lâammissione delle liste elettorali al Parlamento - 3.3. La sentenza della Corte Costituzionale 19 ottobre 2009 n. 259 â" 4. Conclusioni.



1. Introduzione.

Il contenzioso elettorale consiste nel complesso delle contestazioni rivolte, in sede processuale, alla regolarità e legittimità del procedimento collegato allâelezione degli organi elettivi presenti nello Stato, quali, principalmente, il Parlamento e gli Enti locali.

Per quello che più interessa ai fini di questa breve relazione, la legge istitutiva dei TT.AA.RR., (1034/1971), allâart. 6, affida al Giudice amministrativo la  competenza âa decidere sui ricorsi concernenti controversie in materia di operazioni per le elezioni dei consigli comunali, provinciali e regionaliâ.

Eâ evidente, quindi, che, come meglio sarà precisato, allo stato rimane fuori dalla giurisdizione dei Tribunali amministrativi il contenzioso afferente i due rami del Parlamento.

Lâart. 19 della medesima L. 1034/1971 stabilisce due principi processuali, uno di ordine generale, secondo il quale  nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, fino a quando non verrà emanata apposita legge sulla procedura, si osservano le norme di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, in quanto non contrastanti con la medesima legge; lâaltro, di ordine speciale, secondo il quale  per i giudizi in materia di operazioni elettorali rimangono ferme le norme procedurali contenute nella legge 23 dicembre 1966, n. 1147.

Da una prima sommaria lettura, quindi, sembrerebbe che il rito processuale elettorale presso il giudice amministrativo sia quello contenuto in detta ultima legge, che, come è noto, prima della istituzione dei Tribunali amministrativi ( e prima di essi dei Tribunale amministrativo per il contenzioso elettorale istituiti proprio dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1147 ) aveva affidato in primo grado alla Giunte provinciali amministrative la competenza sui ricorsi elettorali.

Quindi, la disciplina, ancora oggi, è contenuta nellâart. 83/11 del T.U. n. 570/60, così come modificato dallâart. 2 della più volte citata L. 1147/1966.

Detta disposizione normativa, invero, ha posto nel tempo tutta una serie di problematiche che andrebbero risolte proprio con una più puntuale disciplina, che, però, lasci immutato il chiaro principio acceleratore che ispira il processo elettorale.

Ed invero, in questo senso depongono tutta una serie di accorgimenti procedurali presenti nella norma. Ed in particolare:

1)         lâinversione dellâonere di deposito del ricorso rispetto a quello di notificazione. Il ricorso, infatti,  deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione degli eletti, dopo di che il presidente del Tribunale, con decreto in calce al ricorso medesimo, fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza e provvede alla nomina del relatore. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della udienza, deve essere notificato giudiziariamente a cura di chi lo ha proposto, alla parte che può avervi interesse, entro dieci giorni dalla data del provvedimento presidenziale.

Eâ evidente che il previo deposito, da effettuare entro trenta giorni dalla proclamazione degli eletti (con termine dimidiato rispetto alla normale notifica del ricorso amministrativo ordinario, termine che, si osservi, non è stato dimezzato neanche nelle materie di cui allâart. 23 bis della l. 1034/1971), serve a consentire al Presidente di fissare lâudienza con urgenza, indicando anche il relatore, mentre la notifica, strutturata in maniera diversa da ogni alto tipo conosciuto nel processo elettorale, posto che la stessa deve contenere anche il decreto di fissazione presidenziale, e quindi lâindicazione del giorno in cui si tiene lâUdienza Pubblica di discussione, va effettuata nel breve termine degli ulteriori dieci giorni dalla comunicazione a cura delle Segreteria dellâavvenuta emanazione del decreto stesso[1]. Dopo di che, entro gli ulteriori dieci giorni, è necessario il secondo definitivo deposito del ricorso così notificato.

2)         La parte controinteressata deve depositare nella segreteria le proprie controdeduzioni entro quindici giorni dalla ricevuta notifica.

3)         Tutti i termini di cui sopra sono perentori e devono essere osservati sotto pena di decadenza.

4)         All'udienza stabilita, il Tribunale deve pronunciare la decisione, la cui parte dispositiva è dal presidente letta immediatamente all'udienza pubblica.

5)         La decisione è depositata in segreteria entro dieci giorni dalla pronuncia.

Come è evidente, la diposizione, così come formulata, si applica anche alla fase antecedente alla proclamazione degli eletti, vale a dire alla fase preelettorale, dove viene in rilievo specialmente la complessa questione dellâammissione delle liste.

Si vedrà, però, che siffatta norma, proprio per una questione di garanzia dellâespressione democratica del voto, non si presta affatto a regolare detta fase, che, al contrario, richiede termini ancora più brevi, al fine di consentire che il legittimo esercizio della sovranità popolare non venga vanificato dalla ripetizione delle tornate elettorali causate dallâannullamento dellâintera procedura per effetto di una erronea ammissione o esclusione di una lista dalla competizione elettorale.

A tal proposito, di seguito a tutta una serie di decisioni anche delle giurisdizioni superiori relative allâultima competizione elettorale nazionale, con legge 18.6.2009, n. 69, è stata emanata una legge delega per il riassetto della disciplina del processo amministrativo.

Segnatamente, lâart. 44 ha stabilito che:

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1, oltre che ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in quanto applicabili, si attengono ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

omissis

c) procedere alla revisione e razionalizzazione dei riti speciali, e delle materie cui essi si applicano, fatti salvi quelli previsti dalle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige;
d) razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi e introducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni.



2.                  Le parti del processo amministrativo.

Volendo affrontare le problematiche che lâart. 83/11 presenta, anche alla luce della indicazione fornita dalla predetta disposizione contenuta nella legge delega, occorre, per prima cosa, trattare delle parti necessarie e dei controinteressati.

La norma esordisce stabilendo che

"contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, può proporre impugnativa davanti alla sezione per il contenzioso elettorale, con ricorso che deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione degli eletti.

Il ricorso va notificato âalla parte che può avervi interesseâ.

La parte controinteressata ha la possibilità di depositare nella segreteria le proprie controdeduzioni entro quindici giorni dalla ricevuta notifica.

A parte la ben nota circostanza, secondo la quale nel ricorso elettorale è possibile una vera e propria âazione popolareâ, in quanto proponibile da ciascun elettore, ma anche da chi comunque vi abbia diretto interesse,  la peculiarità dello stesso può rinvenirsi nel fatto che il necessario destinatario della notifica (e, quindi, la parte necessaria del processo), non è, come stabilito dallâart. 21 della l. 1034/1971 per il processo amministrativo ordinario,  lâAutorità emanante, bensì la parte che può avervi interesse.

Connessa alla questione della individuazione della notifica del ricorso è quella della possibilità di integrare il contraddittorio.

Occorre rammentare che tutti i termini nel processo elettorale sono perentori.

Ora, se è vero che nellâordinario processo amministrativo la deroga allâeffetto preclusivo che deriva dal decorso del termine è espressamente prevista nellâart. 21 (l. TAR), il quale esplicitamente contempla la possibilità di integrare il contraddittorio quando il ricorso sia stato notificato allâautorità che ha emesso lâatto e ad almeno uno dei controinteressati, è anche vero che lâart. 83/11 della legge elettorale non contiene esplicitamente alcuna disposizione derogativa a tale principio, che appare invece implicitamente richiamato nellâultimo comma del citato articolo. Tale disposizione infatti richiama, per tutto quanto ivi non previsto sulla disciplina del procedimento, la norma contenuta nel titolo II del R.D. 26 giugno 1924, n. 1058, il quale, a sua volta, allâart. 7, prevede espressamente la possibilità di integrazione del contraddittorio (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 09 marzo 1979, n. 141).

La precisazione è rilevante, posto che una formale applicazione dellâart. 19 della l. 1034/1971, secondo il quale âper i giudizi in materia di operazioni elettorali, previsti dallâart.

6, rimangono ferme le norme procedurali contenute nella legge 23 dicembre 1966, n. 1147â, non consentirebbe, stante lâinsussistenza di alcuna riserva (invece presente nellâanaloga norma di cui allâart. 82 che regola il processo elettorale presso il Giudice ordinario), lâapplicazione dellâistituto al processo elettorale.

Eâ da precisare, però, che il rinvio, così come strutturato, consentirebbe, stante il tenore dellâart. 7 sopra richiamato, più che lâintegrazione del contraddittorio, la valorizzazione dellâerrore scusabile della notifica, sicché la soluzione formalmente più corretta sarebbe quella di ritenere che, scaduti i termini perentori di notifica e deposito, nessuna ulteriore evocazione in giudizio sia più possibile.

Eâ da dire, però, che lâintegrazione é consentita nel processo di appello, per effetto dellâespresso rinvio operato dallâart. 83/12 del T.U. âal procedimento dinanzi al Consiglio di Statoâ delle regole del processo amministrativo ai casi non incompatibili, sicché, almeno in tal senso,  appare possibile accedere a detto istituto, richiamando questa diversa disposizione.

Del resto, sarebbe illogico ritenere che lâintegrazione, consentita in appello, fosse interdetta in primo grado.

Sicché, ormai, si può dire che la Giurisprudenza è ferma nel ritenere possibile lâintegrazione del contraddittorio anche nel processo elettorale, > (cfr. Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 15 febbraio 1999, n. 54).

Detta conclusione, in ultimo, non può essere smentita dalla sussistenza dei termini perentori di cui allâart. 83/11 sopra richiamato, posto che âla perentorietà del termine, entro il quale il ricorso deve essere notificato, non è una caratteristica peculiare del ricorso in materia elettorale, ma è comune ad ogni ipotesi di ricorso amministrativo ai sensi dellâart. 21 della legge n. 1034/1971. Sotto tale profilo quindi la particolare disciplina contenuta nellâart. 83/11 della legge n. 1147/66, richiamato dallâart. 19 ultimo comma della legge n. 1034/1971, nulla aggiungeâ (cfr. Cons. Stato n. 141/79, cit.).

A questo punto occorre stabilire cosa si debba intendere per âparte necessariaâ nel processo elettorale.

In tal senso, lâAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha già da tempo sostenuto che > (cfr. Consiglio Stato a. plen., 23 febbraio 1979, n. 7).

Sulla scorta dellâautorevole decisione, la Giurisprudenza ha reiteratamente confermato che > (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 03 maggio 1983, n. 136).

Contraddittoriamente, però, la stessa Giurisprudenza, più volte, ha ritenuto che la mancata notifica allâAmministrazione intimata possa essere sanata (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 25 ottobre 1989, n. 673; Consiglio Stato, sez. V, 07 marzo 1986, n. 158).

Invero, ai sensi dellâart. 21, lâunica integrazione possibile è quella relativa al controinteressato, non già alla parte essenziale del processo, ivi individuata nellâOrgano che ha emanato lâatto.

Il T.A.R. Catania, con sentenza della Prima Sezione del 19.2.2009, n. 382, ha ritenuto che siffatto tradizionale modo di interpretare la norma in esame debba essere precisato.

Il processo elettorale, come premesso, si differenzia, in ordine ai notificatari dell'impugnazione, dal procedimento ordinario.

Mentre, in quest'ultimo è richiesta la notifica «tanto all'organo che ha emesso l'atto impugnato quanto ai controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce» (art. 21 L. n. 1034/1971), il ricorso elettorale deve essere notificato «alla parte che può avervi interesse» (così testualmente l'art. 83/11 del D.P.R. n. 570/1960, come aggiunto dall'art. 2 della legge n. 1147/1966, le cui norme procedurali, come chiarito, sono espressamente richiamate dall'art. 19, ultimo comma, della legge n. 1034/1971).

È stato ritenuto, pertanto, per l'ammissibilità del ricorso, che il contraddittorio debba essere validamente costituito nei confronti di almeno uno dei controinteressati (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 03 febbraio 1999 , n. 116; V Sezione, 31.12.1993, n. 1048; 18 gennaio 1996, n. 72).

Ed in tal senso è stato sostenuto (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 08 gennaio 2001, n. 39) che >.

Conclude la richiamata decisione del Giudice di seconde cure n. 39/2001, che, >.

Appare del tutto evidente che necessita una diversa complessiva chiave di lettura, perché quelle rappresentate sembrano parzialmente contraddittorie.

Occorre rammentare, invero, che il processo elettorale, rispetto a quello ordinario, è caratterizzato dallâinversione e dallâaggravamento dellâonere processuale di introduzione del ricorso nel giudizio.

Sicché, ai sensi del più volte richiamato art. 83/11 del T.U., il ricorso va dapprima depositato e, poi, notificato con in calce il Decreto di fissazione dellâUdienza e di individuazione del relatore, ed infine nuovamente depositato.

Eâ chiaro lâintento acceleratorio del processo con termini diversi e tutti più brevi del processo ordinario (per altro in appello i termini sono ridotti alla metà).

Tutti questi adempimenti, inoltre, sono previsti come âperentori e devono essere osservati sotto pena di decadenzaâ.

Concludere, quindi, che individuato un controinteressato (posto che non sussiste unâautorità emanante cui necessariamente indirizzare la notifica come nel processo ordinario), ove questo sia stato regolarmente notiziato ai sensi della procedura appena descritta, sia possibile una indiscriminata facoltà di integrazione del contraddittorio, non sembra coerente con lâintento acceleratorio, oltre che con la norma espressa dallâart. 21 l.TAR che si intende richiamare.

Sicché, anche nel processo elettorale vi sono delle parti necessarie, la cui mancata tempestiva introduzione nel giudizio mediante la procedura sopra indicata e nei tempi ristretti dalla stessa regolata determina lâinammissibilità del ricorso.

Dette parti devono essere individuate secondo il principio del petitum.

La norma, infatti, non riferendosi âallâorgano che ha emesso lâattoâ, ha operato, come chiarito, una valutazione circa gli interessi sostanziali che possono essere âimmediatamenteâ compromessi dallâaccoglimento del ricorso.

Ed è per questo che parte sostanziale non è lâUfficio Elettorale.

Ed invero, detto Ufficio, per restare in tema di Comuni e Province, è un Organo âibridoâ, dove il Presidente viene nominato dal Presidente della Corte dâappello, mentre gli altri membri dal Comune o dalla Provincia.

Eâ un organo dotato di assoluta autonomia e non inserito nellâorganizzazione di alcuna amministrazione, ma destinato a svolgere una funzione assolutamente imparziale (a dispetto della nomina parzialmente proveniente dallo stesso Ente destinatario dellâattività) e di alto spessore costituzionale, quale lo svolgimento della procedura elettorale.

Inoltre, il previsto intervento correttivo giudiziale, diversamente che nella maggioranza degli altri casi contemplati dal processo ordinario (volendo includere anche le decisioni autoesecutive, meramente annullatorie), non determina un coinvolgimento dellâautorità amministrativa emanante nella rettifica della procedura e del provvedimento finale, ma, ai sensi dellâart. 4 della l. 23.12.1966, n. 1147, e quale espressione di una competenza di merito del G.A., comporta che i Tribunali, âquando accolgono i ricorsi, correggono il risultato delle elezioni e sostituiscono ai candidati illegalmente proclamati, coloro che hanno diritto di esserloâ.

E sono proprio questi candidati eletti, in quanto espressamente individuati dalla legge, le parti necessarie del processo, quelli, cioè, che, in via immediata, dallâaccoglimento del ricorso possono ricevere il pregiudizio della perdita dellââUfficioâ ricoperto.

Sicché, se il ricorrente non provvede a tempestivamente e nei termini di cui allâart. 83/11 del T.U. a notificare il ricorso al controinteressato (recte: alla parte che evidentemente âpuò avervi interesseâ), destinato, in caso di ritenuta fondatezza del ricorso, a cedere il posto in consiglio al ricorrente, il gravame  è inammissibile per decorrenza del termine, ritenuto, come chiarito, dalla norma in esame come perentorio.

Posizione di controinteresse, e come tale integrabile, rivestono invece i consiglieri eletti quando, sempre in riferimento al petitum del ricorso, vengano modificate le maggioranze precostituite dallâesito elettorale.

Rimangono detti consiglieri parti sostanziali, qualora il ricorso sia rivolto a demolire lâintera proclamazione degli eletti e, quindi, lâintera perdita dello âius in officioâ.

Invero, rispetto ad essi, potrebbe sorgere un problema diverso, quale quello della rinnovazione della notifica.

In altri termini, è indubbio che nei termini decadenziali il ricorso vada notificato a tutti i consiglieri eletti, salva la possibilità, ex art. 36 R.D. 26/06/1924 n. 1054  e art. 7 R.D. 1058/1924, di consentire la rinnovazione della notificazione, nei casi di errore che dal Tribunale sia ritenuto scusabile.

Viene in rilievo lâipotesi, ad esempio, in cui la notifica (da effettuare verso molti soggetti nei tempi rapidissimi del processo elettorale) sia stata effettuata presso la residenza dichiarata in occasione della candidatura, risultata, poi diversa.

Differente è il caso in cui, come premesso, il ricorso debba essere notificato ad un numero limitato di soggetti, posto che, in questo caso, stante lâesiguità dellâaccertamento, lâindividuazione della corretta residenza avrebbe potuto e dovuto essere accertata prima della notifica stessa (cfr. T.A.R. Catania, I, 382/09, cit.).

Conclusivamente, alla luce della normativa vigente, la delineata interpretazione riesce a coniugare lâesigenza di celerità, cui è improntato il processo elettorale, con la concreta possibilità di ottemperare al tempestivo onere di notifica (da effettuarsi in soli dieci giorni dalla comunicazione del Decreto Presidenziale di fissazione dellâudienza susseguente al deposito del ricorso), nel caso in cui il numero delle parti interessate sia effettivamente elevato.

Resta da verificare il ruolo dellâAmministrazione per il cui rinnovo degli organi elettivi si é attivata la consultazione elettorale.

Ritengo, diversamente da quanto sostenuto dalla Giurisprudenza dominante, che, per dare coerenza al concetto di integrazione del contraddittorio in riferimento allâart. 21 della L. TAR, questo debba essere riferita esclusivamente al controinteressato.

Viene qui in rilievo un interesse âsostanziale indirettoâ, che non riguarda, per quanto chiarito, la legittimità del provvedimento impugnato (fosse altro perché in questo caso lâAmministrazione non è Organo emanante), ma lâinteresse al funzionamento dellâOrgano.

Quindi, mentre i diretti interessati hanno, appunto, un interesse diretto al mantenimento dellâufficio (sul quale, come si è chiarito, è stato costruito il processo elettorale e, soprattutto, la decisione finale volta alla correzione del risultato elettorale ed alla sostituzione dei candidati eletti illegittimamente con quelli che hanno diritto allâufficio), lâAmministrazione ha un interesse mediato, ma altrettanto rilevante, che, in quanto più sfumato, la pone in posizione di controinteresse (recte: interesse contrario al ricorrente al mantenimento della proclamazione degli eletti quale presupposto del funzionamento dellâOrgano).

In altri termini, lâAmministrazione locale non ha un âinteresse tutelatoâ ad essere governata da una coalizione piuttosto che unâaltra o, ancor più, da un candidato piuttosto che un altro (ed in tal caso avrebbe dovuto assumere la veste di parte essenziale del processo volto alla eventuale sostituzione soggettiva), ma un âinteresse alla funzione ed allâespletamento dei compiti pubbliciâ, affidati dalla legge, sicché ciò che qualifica il suo intervento nel processo elettorale è lâinteresse al corretto âpotenzialeâ funzionamento dellâorgano elettivo e, conseguentemente, al mantenimento della proclamazione degli eletti quale interesse contrario a quello dei ricorrenti.

La ricostruzione appena prospettata sembra confermata dallâanalogo processo previsto dagli artt. 2 e 5 della l. 1147/1966 relativi alle deliberazioni comunali concernenti, rispettivamente, lâeleggibilità e la decadenza o incapacità del consigliere eletto.

In ambedue i casi, il provvedimento è emanato dal Consiglio comunale (e non da un organo straordinario) ed è comunque consentita lâazione popolare.

Gli interessi incisi sono, però, diversi.

In tema di eleggibilità viene in rilievo il c.d. elettorato passivo, quale diritto del cittadino di ricoprire cariche elettive; nel caso di decadenza, il cittadino ha già conseguito il risultato elettorale utile, sicché il Consiglio comunale, già formato, è chiamato a valutare in concreto la sua permanenza in officio.

Ora, nel primo caso, il ricorso, anchâesso proponibile come azione popolare e certamente riferito ad una fase della formazione del Consiglio comunale, così come nel caso di competenza del G.A. di corretta proclamazione dellâeletto (soltanto riferita ad una fase immediatamente precedente alla valutazione dellâeleggibilità), va notificato espressamente âagli eletti di cui viene contestata lâelezioneâ; nel secondo caso, in cui il consigliere si è incardinato nel consesso collegiale del Comune, la notifica va effettuata âal consigliere ovvero ai consiglieri interessati, nonché al Sindaco quale presidente del Consiglio comunaleâ.

Sicché, in ambedue i casi in cui il petitum è circoscritto a delle ipotesi specifiche di perdita della carica a consigliere conseguita, è la stessa norma (il che rende coerente quanto sopra ritenuto) che individua i soggetti cui necessariamente notificare il ricorso, individuandoli proprio in coloro che ricevono un pregiudizio diretto.

La corrispondente norma che qui assume rilievo, e relativa al corretto svolgimento del procedimento elettorale, deve usare un termine più generico (âparte che può avervi interesseâ), perché è più ampia la casistica che può occasionare il ricorso, ma certamente non può non riferirsi a coloro che, come nei casi appena prospettati, e coerentemente contemplati, ex art. 4 della l 1147/1966, in sede di correzione della decisione giudiziale, ricevono il diretto pregiudizio.

Nella procedura di cui allâart. 5, però, viene contemplato espressamente, quale parte necessaria, il âsindaco quale presidente del consiglio comunaleâ.

Detta previsione conferma quanto sopra prospettato, circa la diversa posizione.

Il Consiglio comunale non deve necessariamente essere evocato in giudizio in quanto autorità emanante (poiché, in tal caso, anche nellâipotesi di eleggibilità avrebbe dovuto essere interpellato giudizialmente), ma diventa parte quando la sua composizione già costituita (e non in via di formazione, come dei casi di cui agli artt. 1 e 2 della l. 1147/1966) viene concretamente intaccata, discutendosi della decadenza di suoi componenti

Solo in questâultimo caso di lesione diretta, il Legislatore ha ritenuto di rendere il Comune parte necessaria e, quindi, di rendere obbligatoria lâimmediata notifica del ricorso.

In tutti gli altri casi in cui, invece, il Legislatore, non prevedendo espressamente un onere di notifica, ha conclamato che lâAmministrazione subisce un effetto riflesso e, pertanto, può assumere la posizione di mera controinteressata.

Va, in ultimo, accennata la questione relativa alla notifica nei confronti dellâautorità emanante (lâufficio elettorale deputato allâemanazione dellâatto impugnato).

La giurisprudenza si è unanimemente attestata sulla necessità di estromissione dal giudizio di detti Organi, ove fossero stati ivi evocati, in quanto provvisori.

Sul punto, credo che sia da nutrire qualche perplessità, posto che, ormai, cominciano a delinearsi anche domande di risarcimento del danno per lâattività di detti organi.

Ritengo, altresì, che sia una forzatura considerare invece ânormaleâ la soccombenza dellâEnte locale (che nulla ha fatto nella produzione dellâattività amministrativa impugnata e ritenuta illegittima).

In questo senso è stato ritenuto che l'ente locale,  oltre ad essere parte necessaria nel giudizio amministrativo proposto per l'annullamento dell'atto di proclamazione degli eletti e per la correzione del risultato elettorale, nel caso di accoglimento del ricorso, assuma anche il ruolo di parte soccombente; pertanto, a carico del predetto ente locale si devono porre le spese di giudizio (art. 26, L. 6 dicembre 1971, n.1034 che rinvia espressamente alle norme del CPC).

Ciò non toglie che, in altra sede, l'ente locale, ove sussistano i presupposti per un'azione di risarcimento del danno, possa far valere il pregiudizio subito a causa del comportamento tenuto da altri soggetti intervenuti nel procedimento elettorale (Consiglio di Stato, Sez. V, 25 febbraio 2003, n. 1076).

In buona sostanza, si ammette una sorta di responsabilità oggettiva  a carico dellâente locale (che non ha nemmeno partecipato tramite un suo Organo alla formazione dellâatto ritenuto illegittimo) con diritto di rivalsa su coloro che concretamente hanno emanato lâatto impugnato, senza fornire la possibilità a questi ultimi, seguendo la detta impostazione, di difendersi in seno al giudizio di legittimità relativo allâattività svolta.

La soluzione più semplice, invero, avuto anche riguardo alla natura di detti Organi, non incardinati nellâente locale,  è quella di prevedere, così come succede per il processo amministrativo ordinario, la necessità di evocazione in giudizio, ove, per altro, si tenga conto della possibilità degli stessi di fornire preziose e tempestive argomentazioni e documentazioni a supporto dellâattività svolta, altrimenti rinviate al mero processo risarcitorio, con grave vulnus del diritto di difesa.

In ultimo, a completamento della questione dei tempi previsti per azionare i rimedi forniti alle parti del processo elettorale, ritengo sia non derivabile già dallâattuale normativa, e comunque da chiarire, la questione dei termini per la notifica ed il deposito del ricorso incidentale elettorale.

Come è noto, la Giurisprudenza quasi unanime ritiene che detto gravame vada notificato e depositato entro i quindici giorni previsti dallâart. 83/11 per esperire difese da parte dei controinteressati.

Già con sentenza della Seconda Sezione n. 902 del 7.5.1999 (ribadita di recente dalle decisioni della Prima Sezione nn. 2274/08 e 3/09), il T.A.R. Catania  ha  ritenuto che dallâambito applicativo dellâart. 83/11 è esclusa  la proposizione del ricorso incidentale (cfr.: C.S., V, n. 81/1980) ricavabile, piuttosto, dal rinvio operato alle norme ordinarie del processo amministrativoâ, ovvero dagli artt. 22 legge Tar, 37 RD n. 1054/1924, 44, RD 642/1907.

Il presupposto da cui muovere è che il ripetuto comma undicesimo dellâart. 83 D.P.R. n. 570 del 1960 âstabilisce la procedura âordinariaâ del processo elettorale senza nulla stabilire in ordine alla possibilità di introdurre il ricorso incidentale. Ne consegue che nel caso in esame, nel silenzio della legge, non è dato trarre, trattandosi per altro di regole preposte a disciplinare adempimenti procedurali previsti con termini perentori, conseguenze rispetto a diversi istituti processualiâ.

La norma espressamente si riferisce, nello stabilire il termine perentorio di quindici giorni per il deposito, soltanto al deposito di eventuali controdeduzioni. La differenza fondamentale fra le controdeduzioni ed il ricorso incidentale sta in ciò che soltanto questâultimo, e non anche le prime, completa, allargandolo, il thema decidendum del ricorso principale; laddove le controdeduzioni si limitano a rappresentare ragioni di contestazione dei motivi proposti dal ricorrente principale (cfr. ancora la citata sent. n. 902/1999).

Per altro, nonostante sia stato autorevolmente sostenuto il contrario (cfr. C.G.A. sez. giuris. 24.9.1993 n 312), la disciplina vigente non fornisce appigli per equiparare ricorso incidentale e controdeduzioni.

Vero è che secondo il disposto dellâart. 37 del R.D. n. 1054/1924 le parti nel medesimo "termine di 30 giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso, lâautorità e le parti (. . . ) possono presentare memorie", ovvero proporre ricorso incidentale, ma è altrettanto vero che per questâultimo non è previsto, come per le prime, il semplice deposito; al contrario, proprio per la sua diversa natura di atto introduttivo di autonomo seppur connesso gravame, per una sua corretta introduzione occorre una preliminare specifica notificazione ed un successivo deposito, "con la prova delle eseguite notificazioni", entro dieci giorni dallâultima notifica. Se a ciò si aggiunge che i termini per il ricorso incidentale (e solo essi), secondo il comma 5 dellâart. 37 in esame, "debbono osservarsi a pena di decadenza", se si tiene conto altresì del fatto che la normativa introdotta dalla L. 1034/1971, allâart. 22, mentre ha mantenuto per la produzione del ricorso incidentale i medesimi termini decadenziali (di trenta giorni), ha stabilito, con evidente distinzione delle fattispecie in esame, una riduzione a "venti giorni" dei termini non perentori per la presentazione delle memorie presso il giudice di primo grado, deve concludersi, in base ad una interpretazione logico-sistematica, oltre che formale, delle norme esaminate, per una evidente distinzione tra le figure esaminate e, quindi, per lâinapplicabilità, nel silenzio della legge, dei medesimi termini processuali (così Tar Catania, II, n. 902/1999, cit.).

Ciò significa che il procedimento relativo al ricorso incidentale, anche nel processo elettorale, resta sottoposto ai principi propri del processo ordinario. In proposito, deve rammentarsi che l'introduzione di un ricorso, principale o incidentale, richiede due adempimenti necessitati, la carenza dei quali determina l'inammissibilità della domanda. Il primo di essi coincide con la corretta notifica volta a soddisfare l'esigenza di una corretta instaurazione del contraddittorio. Con specifico riferimento al ricorso incidentale, il resistente, invece di resistere semplicemente alla domanda principale volta a censurare un atto amministrativo (ciò che concreterebbe una mera "controdeduzione"), chiede anche che l'atto venga modificato in maniera diversa e per sé più vantaggiosa rispetto a quanto introdotto con ricorso principale. A tale fase, definibile come dichiaratoria, segue il deposito dellâatto introduttivo (o del ricorso incidentale) munito degli estremi dell'avvenuta notifica, ed è in questo momento che si instaura il rapporto giuridico processuale. Tali elementari nozioni servono a ricordare che il deposito del ricorso assolve ad una funzione ben più complessa rispetto alla semplice costituzione della parte mediante "deposito" delle controdeduzioni (Tar Catania, sent. da ultimo cit.). Quindi, in questo quadro normativo, equiparare il ricorso incidentale al controricorso (sotto lâetichetta generica di âcontrodeduzioniâ) sarebbe incoerente anche rispetto ai principi costituzionali di una corretta possibilità di difesa processuale; è fin troppo ovvia la considerazione che la difesa esplicata - mediante deposito di memorie, scritti difensivi ed esibizione di documenti - nei confronti delle censure espresse in ricorso è attività ben diversa dal âcontrattaccareâ contestando sotto altri profili la legittimità dello stesso provvedimento impugnato in via principale, dovendo seguire termini perentori di notifica, prima, e di deposito, dopo, con la prova delle avvenute notifiche; seguendo lâopposta tesi, âin sostanza, si consentirebbe un termine pieno di quindici giorni per una attività di difesa non solo più semplice, ma soprattutto non bisognevole di adempimenti procedurali preventivi ed inderogabili (quali la necessaria preventiva notifica) produttivi, di fatto, di una riduzione del termine effettivo per la preparazione dei motivi (più complessi) di ricorsoâ, così determinandosi âuna contrazione ingiustificata dei termini per la preparazione di una difesa volta (e per questo più complicata) alla individuazione di aspetti di illegittimità dellâatto impugnatoâ. Può quindi concludersi che âuna valutazione coerente con tutti i principi richiamati e con la logica richiede che per la individuazione delle censure venga offerto almeno lo stesso termine sia nel caso di deposito di memorie che di ricorso incidentale facilmente concretizzabile aderendo alla tesi qui proposta, secondo la quale il ricorso incidentale nel processo elettorale resta svincolato dal termine decadenziale previsto dallâart. 83/11 (da circoscrivere al solo deposito del controricorso) per rimanere disciplinato dalla procedura propria, che, è bene sottolinearlo, sottopone lâiter introduttivo a termini perentori (per cui la necessità di un iter processuale "accelerato" rimane integra), da ridurre a metà, e secondo il quale per la notifica del ricorso il ricorrente incidentale può disporre il medesimo termine di quindici giorni e di ulteriori cinque per il deposito dellâatto così notificatoâ.

Il richiamato art. 22 L. 1934/1971 al riguardo, come già accennato, dispone che il ricorso incidentale può essere proposto âsecondo le norme degli articoli 37 del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e 44 del regolamento di procedura avanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 17 agosto 1907, n. 642â.

Lâart. 37 regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 prevede un termine (stabilito a pena di decadenza) di trenta giorni per la notifica ed uno ulteriore di dieci giorni per il successivo deposito.

Nel processo elettorale, tali termini devono essere ridotti alla metà.

Invero, è da condividere la Giurisprudenza che ritiene non sussistere un principio indiscriminato di riduzione a metà dei termini processuali in tema di procedimento elettorale (cfr. Cons. Stato, V, 12.7.1996 n. 873).

Lo stesso, infatti, non è ricavabile, in assenza di una specifica disposizione in merito (necessaria trattandosi di termini processuali insofferenti a criteri analogici), dalla previsione di soli trenta giorni per il ricorso principale di cui allâart. 83/11.

Se così fosse (a parte, è bene ribadire, la mancata esplicita previsione), detta analoga riduzione avrebbe dovuto coinvolgere anche gli altri incombenti procedurali; ed invece, posta la richiamata inversione del procedimento, anziché i necessari quindici giorni (la metà dei trenta previsti per la procedura ordinaria), per il deposito (la notifica, successiva al deposito, in questo caso) viene previsto il diverso termine di dieci giorni seguito da uno ulteriore ed identico per il deposito del ricorso notificato.

Se non si vuole negare lâevidenza, allora, occorre dire che il procedimento elettorale è semplicemente regolato da una disciplina suscettibile di essere integrata limitatamente alle fattispecie dalla stessa non previsto.

Il ricorso incidentale, rientrando in questâultima ipotesi, e potendosi applicare al processo de quo, è sottoposto ai termini per lo stesso previsti (non sottoposti ad alcuna inversione) secondo il rinvio operato dallâart. 22 L. TAR.

Gli stessi, però, devono essere ridotti della metà per effetto dellâart. 19, comma 1, della medesima legge, che rinvia, per quanto non previsto dalla legge 1034/1971 (che fa rinvio allâart. 83/11) alle norme di procedura stabilite innanzi al Consiglio di Stato.

Posto che nella materia specifica, presso il Giudice Amministrativo, gli artt. 83/12 del T.U. e 29 L. 1034/1971 sanciscono che tutti i termini sono ridotti alla metà, resta confermato che il termine decadenziale sarà di quindici giorni per la notifica e di ulteriori cinque per il deposito del ricorso incidentale.

Detti termini, stante lâinversione della procedura del ricorso principale, devono farsi decorrere, secondo la consolidata giurisprudenza, non dal deposito, ma dalla notifica del ricorso principale.

In conclusione, in assenza di specifica norma tesa ad equiparare detti istituti, data l'attività più semplice della costituzione mediante deposito delle controdeduzioni, non è possibile ritenere che il termine perentorio quindicinale previsto per detto adempimento debba essere esteso a tutte le possibili difese del resistente, ivi compreso il ricorso incidentale.

Tenendo presenti le dette indicazioni e considerando anche il dimezzamento dei termini rispetto al processo ordinario, così come richiesto dallâart. 44 della legge delega 69/2009, invero, come chiarito, già sussistenti, la norma in questa prima parte potrebbe così (ri)scriversi:

- Contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, provinciali e regionali, qualsiasi cittadino elettore rispettivamente del Comune, della Provincia o della Regione, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, può proporre impugnativa avanti al  Tribunale Amministrativo Regionale, con ricorso che deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla data di pubblicazione del verbale di proclamazione degli eletti. Il presidente del Tribunale, con decreto in calce al ricorso medesimo, entro dieci giorni dal deposito, fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza, provvede alla nomina del relatore e dispone gli adempimenti istruttori ritenuti utili al fine di definire il giudizio. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della udienza, a pena di inammissibilità, deve essere notificato giudiziariamente entro dieci giorni a cura di chi lo ha proposto allâOrgano emanante il provvedimento impugnato, allâEnte cui la competizione elettorale contestata si riferisce, ai candidati di cui si contesta lâelezione e, comunque, a tutte le parti che possono subire un pregiudizio diretto dallâaccoglimento del ricorso, entro dieci giorni dalla data di comunicazione a cura della Segreteria del provvedimento presidenziale. Il Tribunale, verificato lâassolvimento delle prescritte notifiche, può disporre dâufficio lâintegrazione del contraddittorio nei confronti di ulteriori parti indirettamente incise dallâeventuale annullamento dellâatto impugnato.

Le notifiche alle parti individuali possono essere effettuate presso il domicilio dichiarato dalle stesse al momento della presentazione della lista.

Nei successivi dieci giorni dallâultima notificazione, il ricorrente deve depositare presso la segreteria del Tribunale, anche in formato digitale, la copia del ricorso con allegato il decreto presidenziale di fissazione dellâudienza, con la prova dell'avvenuta notificazione, insieme agli atti ed ai documenti utili per il giudizio, il cui rilascio va immediatamente effettuato dallâOrgano emanante.

Le parti evocate in giudizio possono depositare nella segreteria le proprie controdeduzioni entro quindici giorni dalla ricevuta notifica. Entro il medesimo termine deve essere notificato lâeventuale ricorso incidentale, che va depositato nella Segreteria del Tribunale entro gli ulteriori cinque giorni dallâultima notifica.

Tutti i termini di cui sopra sono perentori e devono essere osservati sotto pena di decadenza.

Il Tribunale Amministrativo, all'udienza stabilita, udita la relazione del relatore, sentite le parti se presenti, nonché i difensori se costituiti, pronuncia la decisione in forma semplificata, la cui parte dispositiva è letta immediatamente all'udienza pubblica dal presidente.

La decisione è depositata in segreteria entro  dieci giorni dalla pronuncia e deve essere immediatamente trasmessa in copia, anche in formato digitale, a cura del segretario del Tribunale, ai rappresentanti legali degli enti locali interessati dal ricorso, perché provvedano, contestualmente al ricevimento, a darne pubblicità nei modi ordinari previsti per gli atti a contenuto normativo di propria competenza, nonché nei siti informatici istituzionali.













3. Lâammissione delle liste.

Come premesso, uno dei problemi più spinosi del processo elettorale riguarda il ricorso avverso lâammissione o lâesclusione delle liste.

Per comprendere  la portata e la complessità del problema, occorre sottolineare come dello stesso, e segnatamente della relativa giurisdizione in ordine alle consultazioni elettorali per il rinnovo del Parlamento, si siano occupati  tutti gli Organi giurisdizionali di vertice.

La questioni principali sono due.

La prima è quella relativa allâammissibilità del gravame immediato, in fase cautelare, prima ancora della proclamazione degli eletti.

La seconda riguarda la giurisdizione in tema di contenzioso sullâammissione sempre delle liste elettorali relative al rinnovo del Parlamento.



3.1. La questione dellâammissibilità del ricorso cautelare avverso lâammissione delle liste elettorali.

Sulla questione della immediata ammissibilità del gravame avverso lâesclusione delle liste elettorali vi sono stati sostanzialmente tre orientamenti.

Il primo, seguito da un cospicuo ma non costante orientamento giurisprudenziale della V Sezione del Consiglio di Stato (21 ottobre 1998, n. 528; 15 marzo 2001, n. 1521; 3 novembre 2001, n. 5695; 18 marzo 2002, n. 1565), nonché dal Tribunale di Catania (cfr. TAR Catania, I, 31 luglio 2002, n. 1386), che ritiene che il carattere immediatamente lesivo che contraddistingue tanto i provvedimenti di esclusione quanto quelli di ammissione di liste o candidature ne imponga l'immediata impugnabilità a pena di decadenza entro il termine di trenta giorni di cui al sopra riportato art. 83/11 T.U. n. 570/1960, decorrente dalla conoscenza della ammissione o esclusione della lista stessa.

Il secondo, intermedio, che prende in esame, differenziandoli, i provvedimenti di esclusione da quelli di ammissione (di liste e/o di candidati).

Ed invero, mentre in caso di esclusione l'impugnazione anticipata rispetto all'espletamento della tornata elettorale costituisce condizione essenziale ed imprescindibile per consentire ai componenti della lista esclusa (o al singolo candidato) di esercitare il proprio diritto di elettorato passivo mediante la partecipazione alla competizione elettorale nella data all'uopo fissata, al contrario, la mancata impugnazione del provvedimento di ammissione potrebbe risultare ininfluente ai fini dell'assetto dei contrapposti interessi in gioco, ove i voti confluiti sulla lista o sui candidati di cui si deduce l'illegittima ammissione risultino, poi, in concreto numericamente irrilevanti ai fini del risultato elettorale finale

Consegue a tale distinzione la possibile configurabilità di due regimi differenziati d'impugnazione - rispettivamente immediato e differito - per i provvedimenti di esclusione e per quelli di ammissione, in ragione del carattere sicuramente lesivo degli uni e solo eventualmente lesivo degli altri (Cons. Stato, V, 18 giugno 2001, n. 3212; 9 giugno 2003, n. 3244).

Il terzo orientamento, secondo il quale è possibile soltanto lâimpugnativa successiva alla proclamazione degli eletti (cfr, ex multis, Cons. Stato, A.P. 10/2005).

Eâ stato giustamente osservato (cfr. C.G.A. per la Sicilia, Ord. 11 aprile 2005, n. 202, con la quale la questione è stata rimessa allâAdunanza Plenaria), che non sembra possa attribuirsi ai provvedimenti di ammissione di liste o candidature un carattere meramente "neutro" rispetto all'interesse sostanziale fatto valere in giudizio, posto che la partecipazione alla competizione elettorale di un maggior numero di liste e/o di candidati riduce necessariamente e proporzionalmente le possibilità di successo per le altre candidature in lizza.

LâA.P. n. 10/2005, inoltre, proprio di seguito alla predetta Ordinanza di rimessione del CGA, confermando la terza tesi presente in Giurisprudenza, secondo la quale lâimpugnativa, anche per detta fase processuale, stante lâinequivocabile dato normativo formale contenuto nellâart. 83/11 del T.U., va proposta avverso la proclamazione degli eletti e, quindi, una volta concluso lâiter elettorale, ha evidenziato tutta una serie di problemi che confortano la detta interpretazione.

Lâimpugnativa già nella fase cautelare, rimanendo tale, non conferirebbe alcuna certezza sul risultato finale, da decidere nel merito e, quindi, comunque sicuramente dopo la celebrazione della competizione elettorale.

Inoltre, si potrebbe assistere a ricorsi âstrumentaliâ, rinunciati, dopo, ad elezioni avvenute.

Il TAR Catania, già con sentenza della Prima Sezione n. 1357 del 10.8.2006, ha condiviso le dette preoccupazioni, ma ha anche chiarito che è seppur vero che la fase antecedente alle elezioni è insufficiente a garantire la tutela rispetto al procedimento in esame, è anche vero che il rischio, che è divenuto troppo volte certezza, allâesito del giudizio, è la necessità di ripetere delle competizioni elettorali (per motivi attinenti  soltanto la corretta ammissione o esclusione di una lista) svoltesi del tutto correttamente ed espressive, quindi, della volontà degli elettori.

Sicché ha ritenuto fondamentale non un rinvio alla Corte Costituzionale per dirimere siffatte questioni, ma un intervento del Legislatore, che, soltanto, può dettare una disciplina che, in tutte le competizioni elettorali, anticipi il giudizio in maniera definitiva sullâammissione delle liste elettorali alla fase preelettorale, rendendo  intangibile, come il concetto di Sovranità popolare, cardine della nostra Costituzione, effettivamente richiede, la proclamazione degli eletti.

La detta decisione del TAR Catania ha rinvenuto un giusto punto di equilibrio nella riforma della disciplina elettorale, con la previsione di una immediata necessità di impugnazione nei casi di provvedimenti riguardanti lâammissione delle liste, accompagnata con lâanticipazione dei termini per la presentazione delle stesse e con la riduzione di quelli processuali, finalizzate alla conclusione nel merito del giudizio.

Ciò ulteriormente significa la necessità di rendere estremamente chiara ed inequivoca la disciplina regolante i casi di legittima esclusione delle liste elettorali, consentendo un processo agile ed immediato, senza particolari esigenze istruttorie e consequenziale dilatazione dei tempi di decisione e di incertezza, la cui presenza, giustamente, parte della giurisprudenza ha ritenuto di voler eliminare con le richiamate interpretazioni.

Invero, il regolare svolgimento delle elezioni e la pedissequa possibilità di impugnativa delle fasi antecedenti e compiute, quali quelle relative allâammissione delle liste elettorali, proprio per la sicura incidenza sul risultato elettorale finale (determinato, si sottolinea, dalla libera scelta dei cittadini elettori), non possono essere lasciate alle scelte, anche âstrategicheâ, dei cittadini, oveppiù, come nel caso di specie, siano essi, per altro, in parte candidati non eletti.

Questi ultimi, più dei semplici cittadini - anchâessi legittimati ad impugnare detti atti in nome del diritto al regolare svolgimento della sovranità popolare â" hanno non solo lâonere, ma lâobbligo di controllare che tutte le fasi della procedura elettorale siano conformi al principio di cui allâart. 97 Cost., in quanto vieppiù riferito allâart. 1 Cost., senza la possibilità di far âuscire dal cilindroâ delle impugnazioni, il difetto delle stesse dopo mesi dalla definitività del provvedimento (in contrasto con i termini decadenziali brevi dellâintera procedura amministrativa e, segnatamente, del procedimento elettorale) e ad elezioni avvenute, sconvolgendo così lâassetto democraticamente stabilito dallâespressione del voto.

Occorre sottolineare come, nel caso di specie, lâintervento del Giudice amministrativo non viene invocato al fine di correggere il risultato elettorale rispetto ad espressioni di voto malamente valutate dagli organi elettorali a ciò preposti, né di evidenziare irregolarità intervenute nelle singole sezioni durante le operazioni di scrutinio, ma si rivolge ad una fase anteriore ed autonoma del procedimento elettorale.

Pertanto, il giudizio, pur essendo volto a sindacare lâillegittima partecipazione o esclusione di liste â" rilevabile, diversamente dai suddetti casi di valutazione sulle operazioni di scrutinio, prima della consultazione elettorale â" può comportare i medesimi effetti di annullamento del risultato democraticamente conseguito.

Il processo elettorale volto alla correzione delle schede, diversamente che nel caso dellâimpugnazione dellâammissione delle liste, ristabilisce lâesatta espressione del voto, a garanzia della democrazia.

Il processo nella fase preelettorale non dovrebbe essere finalizzato, così come adesso avviene, a correggere il risultato elettorale legittimamente maturato, ma a far sì che si vada alle urne con una composizione di liste sorretta.

Sicché è ingiustificata lâequiparazione le due procedure e, quindi, lâattesa della proclamazione degli eletti anche quando in discussione vi sia lâavanzata fase preelettorale.

Ne consegue la necessità di una procedura differenziata per il processo elettorale, come del resto, finalmente recepito dal Legislatore del 2009, che ha previsto il dimezzamento dei termini ordinari per il normale processo elettorale (invero, a ben vedere già sussistenti) e una procedura in Camera di Consiglio, assistita da un processo  superveloce, per la diversa ipotesi di procedimento sullâammissione delle liste.



3.2. Lâammissione delle liste elettorali al Parlamento.

La questione dellâammissione delle liste elettorali al Parlamento richiede unâulteriore considerazione, in ordine alla giurisdizione del Giudice da adire.

Mentre, infatti, non vâè dubbio che la fase contenziosa elettorale relativa agli Enti locali, per quanto sino ad ora detto, è devoluta al Giudice amministrativo, per il Parlamento si sono avuti notevoli contrasti di opinioni.

Volendo riassumere le disposizioni normative applicabili, occorre considerare le seguenti norme:

- lâarticolo 61, primo comma, della Costituzione, che stabilisce che le elezioni delle nuove Camere devono aver luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti;

- lâarticolo 66 della Costituzione, secondo cui ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità;

- lâarticolo 24, primo e secondo comma, della Costituzione, che enuncia che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi; la difesa costituisce un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;

Il TAR Catania, sulla  questione, con più decisioni (dapprima Ordinanze nn. 547 e 548/2006), ha negato la propria giurisdizione.

âLa conclusione non è stata condivisa dal Giudice di seconde cure (cfr. C.G.A. per la Sicilia, Ord. 6.4.2006, n. 218), che ha riformato le decisioni cautelari.

In tal senso, contestualmente alle due ordinanze rese dal TAR siciliano, si sono avute le seguenti pronunce:

1)         Ordinanza T.A.R. Lazio - Roma â" Sez. II bis - n. 1573 del 16.3.2006, con la quale è stato ritenuto che la questione in esame riguarda il âprocedimento elettorale relativo alla formazione di un organo costituzionale, materia che lâordinamento non attribuisce al giudice amministrativo (cfr. art. 66 Cost. e art. 87 D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361)â;

2)         Ordinanza del Consiglio di Stato, n. 1386 del 21.3.2006, che ha confermato in appello la predetta decisione di cui al punto 1), posto che dallâart. 66 Cost. emergerebbe lâesigenza di âsoddisfare lâevidente finalità, sottesa alla normativa di riferimento, di riservare in via esclusiva alla Camera dei Deputati il potere di sindacare la regolarità e la validità degli atti pertinenti alla sequenza procedimentale che, dalla presentazione delle liste, conduce alla proclamazione degli eletti.â

3)         Comunicazione del Presidente della Giunta delle Elezioni alla Camera dei Deputati del 20.3.2006, con la quale si è ritenuto che i ricorsi volti allâammissione delle liste âalla luce degli artt. 23 ed 87 del testo unico n. 361 del 1957 concernono materia che â" come dimostra anche la totale assenza di precedenti â" esula del tutto dalla competenza della Giunta delle elezioni della corrente legislatura, le cui funzioni sono evidentemente finalizzate alla sola verifica dei poteri per le elezioni politiche del 2001â.

4)         Ordinanza della Corte Costituzionale del 23.3.2006, n. 117,[2] con la quale, a fronte della declaratoria da parte della Giunta per le Elezioni della Camera  dei Deputati della insussistenza della propria giurisdizione e della richiesta da parte del ricorrente di ritenere sussistente la giurisdizione del Giudice amministrativo, è stato semplicemente stabilito che non compete al Giudice delle Leggi di risolvere conflitti negativi (o positivi) di giurisdizione (art. 362 cod. proc. civ.)

5)         Ordinanza del Consiglio di Stato n. 1463 del 28.3.2006, sempre sul medesimo ricorso deciso dalle pronunce sub 1) e 2) e sostenuto da ulteriore richiesta di sospensione dipendente dalla presentazione presso le SS.UU. della Cassazione di analogo gravame, che ha confermato le dette precedenti decisioni cautelari, considerando, per altro, che âsecondo il diritto vivente (cfr. SS.UU. n. 5135 del 1997, Corte Cost. ord.za n. 512 del 2000) la concessione di una misura cautelare avverso le decisioni dellâUfficio centrale inciderebbe sullâautodichia costituzionale di cui godono le Camere, esorbitando dal limite esterno delle attribuzioni giurisdizionali del G.A.â.

6)         Ordinanze della Cassazione Civile SS.UU. nn. 8118-8119 del 6.4.2006 rese proprio sul regolamento di giurisdizione, con le quali è stato riaffermato il difetto assoluto di giurisdizione  sia del Giudice Amministrativo che di quello Ordinario[3].

Come si vede, nel breve volgere di alcuni giorni la stessa questione è stata portata, in sostanza, innanzi a tutte le Giurisdizioni possibili, senza che alcuna, tranne il C.G.A. per la Sicilia, abbia ritenuto, in atto, di avere giurisdizione sulla materia (cfr. Ord. n. 218/06, cit.).

Il T.A.R. Catania, con sentenza della Prima Sezione n. 2178/2006, ha riaffermato il difetto di giurisdizione del G.A., declinando i seguenti principi:

a)         la mancanza di una espressa giurisdizione del Tribunale amministrativo sulla materia in esame, presente, invece, in tutte le altre questioni attinenti il procedimento elettorale relativo alle elezioni degli enti locali, non può aprire la âfinestraâ di una sua giurisdizione generale di legittimità.

b)         La necessità di regole inequivoche in punto di giurisdizione, in una zona della legislazione dove non sussiste, diversamente che per le elezioni amministrative e come riaffermato dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 10/2005), una norma che impone lâobbligo di ricorrere comunque solo dopo la proclamazione degli eletti (cfr. art. 83/11 del D.P.R. 16.5.1960. n. 570, così come modificata dallâart. 2 l.n. 23.12.1966, n. 1147), posto che la ridiscussione successiva alla formazione delle Camere dellâammissione di una lista può facilmente condurre (specialmente in caso di avvenuta esclusione ritenuta in seguito illegittima) alla necessità di ripetizione della competizione elettorale nella circoscrizione di interesse e, quindi, al possibile ribaltamento delle elezioni in tutto il territorio nazionale, con gravissimo vulnus al principio di sovranità popolare, fondamento dello stesso Stato Repubblicano e non a caso espresso allâarticolo 1 della Costituzione.

c)         Lâinteresse primario consistente nella salvaguardia della volontà popolare così come cristallizzata al momento delle elezioni (cfr. T.A.R. Catania, I, 17.11.2005, n. 2067), con la conseguente necessità che alle elezioni partecipino schieramenti immodificabili, con garanzia assoluta della corretta esternazione del voto individuale.

d)         Lâerroneità dellâunanime assimilazione nellâalveo delle operazioni elettorali di quelle preliminari di ammissione delle liste e dei simboli con quelle di scrutinio, posto che sul piano degli effetti altro è la valutazione delle schede, dei verbali, delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità, altro è lâammissione delle liste.

Mentre, infatti, la correzione della illegittima assegnazione delle preferenze conduce a riaffermare la correttezza del voto costituzionalmente garantita (e, quindi, il corretto esercizio della sovranità popolare) e la rimozione dal Parlamento di candidati incompatibili o ineleggibili elimina le possibili distorsioni del sistema, la rilevata illegittimità successiva della ammissione della lista conduce soltanto alla riedizione della competizione elettorale, con la possibile influenza su tutto il territorio nazionale, dove, per altro, le operazioni elettorali si sono svolte regolarmente.

e)         Lâammissione di una tutela cautelare presso un giudice, sia esso ordinario o amministrativo (come ritenuto dal C.G.A. con lâordinanza n. 218/2006), non consente la stabilizzazione del risultato, stante lâappellabilità della decisione e la modificabilità, altresì, della stessa nei due successivi gradi di merito.

f) Lâincostituzionalità di una modifica della composizione del Parlamento per effetto dellâintervento giudiziale, con una soluzione che, a tacer dâaltro, non appare prevista nel nostro sistema e che sarebbe comunque lesiva della indipendenza dei poteri dello Stato.

In ogni caso, sia lâintervento giudiziale, sia una verifica parlamentare ex post della stessa Camera, come ventilato dal provvedimento della Giunta delle elezioni del 20.3.2006, non consentono di salvaguardare il corretto dispiegarsi del principio della sovranità popolare.

g)         Il procedimento di esame delle liste elettorali (affidato in primo grado allâUfficio  Centrale Circoscrizionale ed in secondo grado allâUfficio Centrale Nazionale, con procedimento sconosciuto nellâanaloga procedura di controllo relativa agli enti locali), previsto dagli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 361/1957, delinea un sistema compiuto, a carattere e natura paragiurisdizionale, di verifica delle operazioni preparatorie del procedimento elettorale, avente natura tipica e come tale non integralmente inquadrabile in tipologie o categorie predeterminate o generali (amministrative o giurisdizionali).

In altri termini, il sistema di controllo delle operazioni preliminari, in quanto affidato ad Organi altamente specializzati (composti da collegi di magistrati di Corte dâAppello e di Cassazione) ed in quanto scandito in tempi rapidissimi e, nonostante ciò, assistito da un duplice grado di giudizio, è concepito, coerentemente con i principi sopra esposti, in maniera tale da consentire di arrivare al momento delle operazioni di scrutinio con gli schieramenti politici immodificabili.

h)         Conseguentemente, la Giunta delle Elezioni della Camera, anche nella nuova composizione derivante dalle elezioni la cui ammissione delle liste si contesta,  così come risulta dal complesso normativo dellâart. 66 Cost., dellâart. 17 del Regolamento della Camera dei Deputati e dallâart. 87 del d.p.r. n. 361/1957, è chiamata a sindacare soltanto la fase delle operazioni elettorali, ma non quella delle ammissioni delle liste.

Invero, lo stesso art. 66 della Costituzione riserva il controllo parlamentare, per altro verso, ai soli titoli di ammissione dei suoi componenti, così come lâart. 87 del d.p.r. n. 361/1957[4], che riserva a detto Organo la pronuncia definitiva sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all'Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.

Sotto il profilo ermeneutico, gli artt. 22 e 23 del d.p.r. n. 361/1957, che regolano la procedura di ammissione delle liste, sono inseriti nel titolo III relativo al âprocedimento elettorale preparatorioâ, lâart. 87, che affiderebbe alla Camera anche la giurisdizione sulla medesima procedura, è significatamente collocato nel titolo V, concernente âlo scrutinioâ.

Sul piano semantico, inoltre, la norma che viene fuori dal combinato disposto degli artt. 23 e 87 D.P.R. n. 361/1957 stabilisce che la cognizione attribuita alla Camera dei Deputati è limitata soltanto alle âcontestazioni, (al)le proteste ed, in generale, . . . (a) tutti i reclami . . .â senza alcun riferimento anche ai âricorsiâ, espressamente invece indicati dallâart. 23 quali modalità tipiche per eccitare il rimedio, altrettanto tipico, del giudizio sullâammissione delle liste.

Infine, come si evince dallâart. 17 del Regolamento della Camera dei Deputati, la Giunta delle elezioni deve svolgere le sue funzioni non oltre diciotto mesi dalle elezioni, con un termine incomprensibilmente dilatato rispetto alla procedura di controllo delle ammissioni delle liste, che, invece, riduce ad una settimana il controllo complessivo nelle due fasi[5].

i)          Nessun giudizio dâappello viene affidato allâUfficio Centrale Nazionale in ordine alle contestazioni relative alla fase delle operazioni elettorali vere e proprie, mentre è ad esso riservato quello sullâammissione (recte:eliminazione) delle liste ex artt. 22 e 23[6], per il quale, nonostante sia più semplice, sarebbe incomprensibilmente previsto un triplo grado di giudizio (i due Uffici elettorali e la Giunta delle Elezioni), certamente non previsto nellâanaloga fase di controllo per gli Enti locali, per i quali, ai sensi dellâart. 33 del D.P.R. 16.5.1960, n. 570, esiste un solo organo chiamato a sindacare lâammissione delle liste, la commissione elettorale circondariale, che decide âin unico gradoâ, essendo possibile soltanto, entro il ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione, lâaudizione dei delegati delle liste contestate o modificate, lâammissione di nuovi documenti e la deliberazione sulle modificazioni eseguite, nonché la  ricusazione altresì delle liste per le quali non si sia provveduto a ripristinare il rapporto percentuale.

l)          Solo nella fase della concreta individuazione della legittimità dei voti espressi o dei requisiti soggettivi dei âmembri elettiâ al Parlamento appare congrua la riaffermazione della autodichìa dellâOrgano parlamentare.

m) Tutte le volte in cui il Legislatore ha ritenuto di diversamente normare lâimpugnazione della fase preliminare delle elezioni si è espresso in maniera non equivoca, affidando espressamente la giurisdizione della fase processuale al Giudice Amministrativo.

Ed invero ciò è avvenuto per tutte le altre competizioni elettorali, come nel caso della procedura per le elezioni amministrative comunali (cfr. art. 83/11 D.P.R. 16.5.1960, n. 570, come modificato dallâart. 2 della l.n. 23.12.1966, n. 1147), per quelle provinciali (cfr. art. 7 dellâultima fonte normativa citata, che estende la predetta disciplina ai consigli provinciali) e per quelle regionali (cfr. lâart. 19 della l.n. 17.2.1968, n. 108, che, per le regioni, rinvia al medesimo art. 2 l.n. 1147/1966 cit.).

In tutti questi casi, la giurisdizione dei tribunali amministrativi viene conferita âcontro le operazioni per lâelezione dei Consigli comunaliâ, ed in virtù delle predette estensioni, anche per quelle dei consigli provinciali e delle assemblee regionali, âsuccessive allâemanazione del decreto di convocazione dei comiziâ.

Analoga previsione è stabilita per le elezioni al Parlamento europeo, ove detta cognizione, per tutte le operazioni decorrenti dalla indizione dei comizi, viene conferita dallâart. 42 della l.n. 24.1.1979, n. 18 al T.A.R. Lazio.

Risulta chiaro che, essendo quelle appena esaminate norme processuali attributive di giurisdizione al G.A., non è possibile alcuna loro applicazione o estensione analogica rispetto a fattispecie elettorali non previste e, quindi, al procedimento elettorale di rinnovo del Parlamento, cui, invece, è riservato il controllo altrettanto tipico sopra rappresentato.

n)         La particolare procedura seguita per lâammissione delle liste, con appello allâUfficio Centrale Nazionale, e la mancanza di un espresso richiamo alla giurisdizione di un Giudice competente, potrebbero far definire il giudizio finale come compiuto (avvalorato dalla mancanza di una norma espressa che definisca chi sia il Giudice dâappello), avente natura paragiurisdizionale, come per altro previsto in altra ipotesi quale quella tenuta presso lâUfficio Centrale per il referendum costituito ai sensi dellâart. 12 della l.n. 25.5.1970, n. 352.

Anche detto Organo è composto esclusivamente da giudici togati della Cassazione, che esercitano un giudizio su questioni altamente istituzionali (la conformità, ex art. 12 richiamato, della richiesta di referendum alle norme dell'articolo 138 della Costituzione ed alla legge, nonché, ex art. 32 della medesima l.n. 352/1970, alle disposizioni di cui allâart. 75 della Costituzione), secondo un sistema, quindi, che esclude un qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine meramente giuridico[7].

Nel caso in esame, per altro, non vi è unâattività amministrativa in senso stretto, poiché non vengono in rilievo i procedimenti di scrutinio implicanti le âattività materiali di conteggioâ, che, secondo Corte Cost. 30.12.1972. n. 216, la caratterizzano[8].

Conclusivamente, alla luce dei suddetti principi si è cercato di trovare una soluzione, nel sistema, al fine di evitare il vuoto legislativo determinato da tutte le incertezze interpretative in punto di giurisdizione e, soprattutto, la possibilità di una risposta immediata alla problematica dellâammissione delle liste elettorali, segnatamente in un campo altamente delicato, quale quello delle elezioni nazionali, volta ad evitare il pregiudizio per le scelte democraticamente assunte dal popolo, determinate da fatti meramente procedurali antecedenti allâespressione del voto.



3.3.      La sentenza della Corte Costituzionale 19 ottobre 2009 n. 259.

Di seguito alla sentenza n. 2178/2006 del T.A.R. Catania,  con ordinanza depositata il 29 maggio 2008, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 «nella parte in cui non prevedono lâimpugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dallâUfficio elettorale centrale nazionale, aventi, per effetto, lâarresto della procedura, a causa della definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale», per violazione degli artt. 3, 24, primo comma, 51, primo comma, 103, primo comma, 113 e 117 della Costituzione, questâultimo in relazione allâart. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellâuomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

In ordine alla presunta natura «paragiurisdizionale» dellâUfficio elettorale centrale nazionale e dei relativi provvedimenti, il Consiglio di giustizia amministrativa ha contestato lâassimilazione, operata dal TAR Catania, dei provvedimenti del suddetto Ufficio elettorale a quelli di volontaria giurisdizione, rilevando che questâultima presuppone la sussistenza «a livello ordinamentale» della «strutturazione giurisdizionale della funzione assegnata», mentre non è sufficiente che il soggetto o i soggetti chiamati a costituire lâorgano appartengano allâordine giudiziario.

Inoltre, lâUfficio elettorale centrale svolge «funzioni amministrative e gli atti da esso posti in essere non possono qualificarsi altrimenti (neppure sub specie di atti di volontaria giurisdizione).

Il Consiglio di giustizia amministrativa ha riaffermato lâorientamento già espresso con lâordinanza cautelare 6 aprile 2006, n. 218 circa la natura amministrativa del provvedimento di esclusione dal procedimento elettorale nazionale e, quindi, dela giurisdizione, in materia, del giudice amministrativo.

Secondo la Presidenza del Consiglio, invece, non è possibile configurare la giurisdizione del Giudice amministrativo,  posto che «nel procedimento elettorale lâAmministrazione non dispone di alcuna discrezionalità per cui, assumendo la posizione degli interessati (per es. dei candidati o aspiranti tali) consistenza di diritto soggettivo, sarebbe comunque da escludere la giurisdizione del giudice amministrativo invocata dallâordinanza di rinvio». Del resto, non si rinviene nellâordinamento «una clausola attributiva in modo specifico della giurisdizione esclusiva al riguardo».

Muovendo da tale rilievo, la difesa erariale ha contestato la tesi secondo cui il procedimento elettorale andrebbe scisso in due fasi tra loro del tutto autonome (quella di presentazione e ammissione delle liste e quella, successiva allâinsediamento delle sezioni elettorali, riguardante le vere e proprie operazioni di voto): la prima soggetta allâordinario sindacato del giudice amministrativo, la seconda riservata agli organi interni delle Assemblee parlamentari. Al contrario, «le due fasi sarebbero  in rapporto di logica presupposizione, nel senso che la prima condiziona la seconda e, di conseguenza, agli organi interni delle Assemblee Parlamentari non può che competere ex art. 66 Cost. la verifica dellâintero procedimento a partire dalla convocazione dei comizi elettorali; diversamente opinando, il giudice amministrativo inciderebbe con le proprie decisioni sui soggetti partecipanti alla competizione elettorale, e quindi sulla stessa composizione delle Assemblee parlamentari».

In definitiva, la Presidenza del Consiglio  ha ritenuto che lâart. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957 si riferisca «a tutte le possibili questioni insorte durante il procedimento elettorale e non soltanto a quelle relative alla sussistenza in capo agli eletti dei requisiti soggettivi richiesti dalla normativa vigente in materia di eleggibilità e di incompatibilità dei parlamentari.

La Corte Costituzionale, con la decisione in esame, ha semplicemente ribadito che  la natura amministrativa dei controlli effettuati dallâUfficio circoscrizionale e da quello centrale è stata affermata dalla medesima Corte con giurisprudenza univoca, sul rilievo che la collocazione di detti organi presso le Corti dâappello e la Corte di cassazione «non comporta che i collegi medesimi siano inseriti nellâapparato giudiziario, evidente risultando la carenza, sia sotto il profilo funzionale sia sotto quello strutturale, di un nesso organico di compenetrazione istituzionale che consenta di ritenere che essi costituiscano sezioni specializzate degli uffici giudiziari presso cui sono costituiti» (sentenza n. 387 del 1996; conformi, ex plurimis, sentenze n. 29 del 2003, n. 104 del 2006, n. 164 del 2008).

Per altro, la giurisprudenza costante e uniforme della Corte di cassazione ha escluso la giurisdizione del giudice ordinario, come di ogni altro giudice, anche sul procedimento elettorale preparatorio, ritenendo gli uffici elettorali di cui sopra «organi straordinari, temporanei e decentrati, di quelle stesse Camere legislative alla cui formazione concorrono, svolgendo una funzione contingente e strumentale, destinata ad essere controllata o assorbita da quella delle stesse Camere, una volta queste costituite» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 31 luglio 1967, n. 2036; conformi, ex plurimis, sezioni unite civili, sentenze 9 giugno 1997, n. 5135; 22 marzo 1999, n. 172; 6 aprile 2006, n. 8118 e n. 8119; 8 aprile 2008, n. 9151, n. 9152 e n. 9153).

Solo a partire dalla XIII Legislatura,  continua la decisione della Corte, la Camera dei deputati ha negato la propria competenza a conoscere i ricorsi riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, dichiarando gli stessi (tra cui quello del ricorrente nel processo principale, che ha dato origine alla presente questione) inammissibili, sulla base della considerazione che «la verifica dei titoli di ammissione degli eletti esclude per definizione che nella stessa possa ritenersi ricompreso anche il controllo sulle posizioni giuridiche soggettive di coloro i quali (singoli o intere liste) non hanno affatto partecipato alla competizione elettorale» (Giunta delle elezioni della Camera dei deputati, seduta del 13 dicembre 2006).

Dalle premesse, la Corte ha fatto derivare come, in effetti, non vi sia nellâordinamento un vuoto di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nel procedimento elettorale preparatorio delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il giudice competente in materia è stato, infatti, individuato nello stesso organo parlamentare dal giudice supremo del riparto delle giurisdizioni, che, a norma della Costituzione (art. 111, ottavo comma) e delle leggi vigenti, è la Corte di Cassazione.

La circostanza che la Camera dei deputati abbia, a sua volta, negato la propria giurisdizione sulle controversie riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, implica che sulla questione possa sorgere un conflitto di giurisdizione, che non spetta alla Corte risolvere (ordinanza n. 117 del 2006), oppure, qualora ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi, un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.

In definitiva, non si verserebbe in presenza di un vuoto di tutela dipendente da una carenza normativa incolmabile con gli ordinari strumenti ermeneutici e processuali, ma di una controversia interpretativa, da considerare circostanza contingente e accidentale non riferibile alla norma in sé e che, pertanto, non dà luogo ad un problema di costituzionalità (tra le pronunce recenti, ordinanza n. 385 del 2008).

La Corte, per altro, non ha condiviso la prospettazione del CGA, che qualifica interessi legittimi â" la cui tutela spetta, in linea di principio, alla giurisdizione amministrativa â" le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nel procedimento elettorale preparatorio.

Le norme censurate, infatti, lederebbero il diritto di elettorato passivo (art. 51, primo comma, Cost.) e quindi le questioni attinenti le candidature, che vengono ammesse o respinte dagli uffici competenti, nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo, tutelato per di più da una norma costituzionale, come tale rientrante, in linea di principio, nella giurisdizione del giudice ordinario. In tal senso si è orientata la giurisprudenza di legittimità, che ha statuito appartenere alla giurisdizione ordinaria la cognizione delle controversie che, pur sorte nel procedimento elettorale preparatorio, coinvolgono il diritto a prendere parte al procedimento medesimo (ex plurimis, Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 22 gennaio 2002, n. 717).

Da quanto sopra rilevato segue, come logica conseguenza, che la cognizione delle controversie che abbiano ad oggetto il diritto di un candidato a partecipare ad una competizione elettorale potrebbe essere attribuita al giudice amministrativo solo a titolo di giurisdizione esclusiva.

E difatti, conclude la Corte,  lâart. 44 della legge 18 giugno 2009 n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) ha delegato il Governo ad introdurre, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa, «la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni».

Se quindi lâintroduzione di un nuovo caso di giurisdizione esclusiva può essere effettuata solo da una legge â" come prescrive lâart. 103, primo comma, Cost., e nel rispetto dei principi e dei limiti fissati dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte â" risulta inammissibile il petitum posto dal giudice rimettente, che si risolve nella sostanza, per le ragioni illustrate prima, nella richiesta a questa Corte di introdurre essa stessa, con una sentenza additiva, tale nuovo caso, che può invece essere frutto di una scelta legislativa non costituzionalmente obbligata.



4. Conclusioni.

Come si vede, la sentenza, senza per altro riconoscere il valore di organo paragiurisdizionale allâUfficio centrale Nazionale, ha confermato lâavviso del Tribunale di Catania circa la necessità di un intervento legislativo che ponga fine ad una intollerabile altalena di pronunzie contrastanti.

Sulla natura dellâOrgano Nazionale chiamato a dirimere le questioni relative alla ammissione delle liste, fuor da ogni ormai inutile polemica, stante lâintervento legislativo volto a dare compiuta soluzione alla questione in esame, è da dire che nessuna delle sentenze citate dalla Corte quali precedenti si riferisce al problema dellâammissione delle liste ed al compito svolto dallâUfficio Centrale Nazionale.

Allo stesso modo non viene affrontata lâosservazione resa dal TAR Catania, secondo la quale, mentre è pur vero che sino alla fase dellâUfficio centrale istituto presso la Corte dâappello, è possibile parlare di funzione amministrativa ove collegata alla valutazione dei voti e delle schede, mentre lo stesso non può dirsi ove entri in gioco il definitivo giudizio dellâUfficio Elettorale Nazionale, con procedura più aggravata rispetto ad una valutazione più semplice (appunto, lâammissione delle liste).

Posto che la soluzione legislativa va condivisa, appare del tutto corretto quanto dal Legislatore ipotizzato con la suddetta norma e quanto dalla Corte riaffermato circa la condivisibile scelta di determinare, così come per lâammissione delle liste degli enti locali, una giurisdizione (in questo caso esclusiva) a favore del Giudice amministrativo, posto che in detti casi vengono in rilievo diritti soggettivi (elettorali).

Il che conferma anche la diversità delle relative procedure rispetto a quelle, involgenti interessi legittimi, riferite alle mere operazioni di scrutinio.

Inoltre, come chiarito dalla decisione del TAR Catania n. 2178/06, in effetti lâassegnazione al Giudice Amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non costituisce un vulnus per le prerogative parlamentari, posto che il processo è relativo ad una fase temporalmente avanzata rispetto allâelezione stessa e, come tale, riguarda, a ben vedere, dei meri privati cittadini non ancora eletti nel consesso parlamentare e, quindi, neanche latamente âcomponentiâ del Parlamento secondo la dizione dellâart. 66 Cost. ed, in quanto tali, non sottoposti al giudizio della Giunte per le Elezioni al Parlamento.

Non resta, ormai, che ipotizzare una possibile norma che tenga conto della delega contenuta nellâart. 44 della l. 69/2009.

Ciò posto, è da dire che la delega, in effetti, richiede una regolamentazione limitata al competizione elettorale nazionale, ma analoghi spinosi problemi sono riconducibili anche per le elezioni per gli organi territoriali locali.

La limitazione, a mio avviso, non pregiudica un necessario intervento anche per le operazioni elettorali per gli enti locali, posto che, comunque, il processo elettorale è comunque un rito speciale e, come tale, sicuramente ricompreso nel progetto di riforma complessiva e segnatamente al punto c) dellâart. 44 della legge delega.   

Invero, cozza con il principio di democrazia, come già detto, la possibilità che delle libere elezioni, non viziate nellâespressione del voto, possano essere messe nel nulla per effetto di un errore procedurale attinente alla ingiusta ammissione o esclusione di una o più liste.

Eâ chiaro, quindi, che occorre riscrivere il processo elettorale in detta fase, che, pertanto, deve concludersi in tempo utile per consentire la celebrazione delle elezioni, senza la spada di Damocle di un annullamento dellâintera procedura elettorale.

Eâ altrettanto chiaro che occorre un processo superveloce.

Il primo passo, a mio avviso, consiste nella necessità di anticipare il termine per la presentazione delle liste, in modo da consentire uno spatium deliberandi sufficiente a conseguire la predetta finalità.

Sicché le liste andrebbero presentate sessanta giorni prima, in modo da consentire lo svolgimento di un processo rapido nei due gradi di giudizio in 45 giorni, onde rilasciare almeno 15 gg. per la campagna elettorale.

Ciò posto, considerando gli attuali tempi per la presentazione delle liste, avuto riguardo alla struttura normativa già vigente per il processo in materia di elezioni al parlamento europeo, ove, allâart. 43 della L. L 24/01/1979 n. 18, viene prevista la possibilità di appello con dichiarazione da presentare entro cinque giorni dalla lettura del dispositivo elettorale e successivi motivi aggiunti (espressamente codificati) da notificare entro i  successivi venti giorni dalla ricezione dell'avviso di pubblicazione della sentenza che va inviato alle parti anche se non costituite, la norma potrebbe essere, a mio avviso, così formulata.

Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto le operazioni per l'ammissione o esclusione delle liste o dei singoli candidati nelle liste dei rappresentanti al Parlamento.  Qualsiasi cittadino elettore o chiunque altro vi abbia diretto interesse può proporre il medesimo ricorso respinto dal competente Organo amministrativo deputato a decidere della relativa questione, depositandolo presso il Tribunale Amministrativo Regionale entro due giorni dalla decisione definitiva resa in via amministrativa. Il ricorso può essere altresì proposto dal rappresentante di lista o da ciascun candidato in essa contenuta, avverso lâesclusione della lista o dallâinteressato, nel caso di esclusione individuale dalla lista.

Il Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale, entro i successivi due giorni, fissa con decreto la Camera di Consiglio straordinaria per la trattazione del ricorso, con indicazione del relatore e degli eventuali atti che lâAmministrazione emanante deve depositare entro quarantotto ore dalla comunicazione del Decreto di fissazione.

Copia del decreto di fissazione viene immediatamente comunicata a cura della Segreteria del Tribunale, con le forme di cui al comma successivo, allâAutorità emanante ai fini dellâadempimento di cui al comma precedente e depositato in apposito Albo e nel sito internet del Tribunale ed, in mancanza, in quello istituzionale della Giustizia amministrativa. La pubblicazione sostituisce ogni forma di comunicazione da parte della Segreteria.

Il ricorso, con eventuali integrazioni, a pena di inammissibilità, deve essere notificato, esclusivamente secondi i criteri acceleratori previsti dallâart. 1 della l. 07/06/1993 n. 183 o dallâart. 136, terzo comma, c.p.c., nel testo novellato dallâart. 45, comma 18, lett. a), della l. 18 giugno 2009, n. 69,  al rappresentate della lista di cui eventualmente si contesta lâammissione e, comunque, allâOrgano emanante il provvedimento definitivo, entro due giorni dalla pubblicazione del Decreto presidenziale di fissazione della Camera di Consiglio.

A tal fine, tutti i provvedimenti di ammissione o esclusione delle liste elettorali devono contenere lâindicazione del recapito fax e/o dellâindirizzo di posta elettronica certificata o equivalente dellâOrgano emanante e analoga dichiarazione deve essere rilasciata dal rappresentante di lista al momento della presentazione della stessa.

La copia del ricorso, con allegate le notifiche rese secondo la procedura di cui al precedente comma,  va depositato presso la Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale, anche in formato digitale, unitamente allâatto impugnato o, in mancanza, dalla copia dellâistanza di rilascio copia, entro il giorno successivo allâultima notifica.

Entro il termine fissato per la Camera di Consiglio vanno depositate le eventuali controdeduzioni delle parti controinteressate.

Tutti i termini sono perentori e vanno osservati a pena di decadenza.

Il Tribunale Amministrativo, alla Camera di consiglio stabilita, da tenersi entro due  giorni dal deposito del ricorso notificato, udita la relazione del relatore, sentite le parti se presenti, nonché i difensori se costituiti, pronuncia la decisione in forma semplificata.

La decisione è depositata in segreteria entro tre giorni dalla pronuncia e deve essere immediatamente trasmessa in copia, anche per via telematica, a cura del segretario del Tribunale, al Presidente del ramo del Parlamento interessato, perché provveda, contestualmente al ricevimento, a darne pubblicità sia nei modi ordinari previsti per gli atti a contenuto normativo di propria competenza, sia nei siti internet istituzionali.

Con la medesima procedura possono essere presentati, da parte di qualsiasi cittadino residente o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, ricorsi avverso le operazioni per lâammissione delle liste o dei singoli candidati nelle liste dei rappresentanti ai Consigli comunali, provinciali e regionali. In tal caso, la decisione resa dal Tribunale Amministrativo Regionale, con le stesse modalità indicate al comma precedente, deve essere trasmessa ai rappresentanti legali degli enti locali interessati dal ricorso per la cura dei medesimi adempimenti.



Appello.

"Contro le decisioni emesse in primo grado dal Tribunale Amministrativo Regionale in materia di ammissione delle liste o dei singoli candidati nelle liste elettorali è ammesso ricorso al Consiglio di Stato  con le medesime forme previste per il giudizio di primo grado.

Tutti i termini, ad eccezione di quello per il deposito del ricorso notificato, sono ridotti alla metà. Il deposito della motivazione della decisione deve avvenire entro dieci giorni dalla lettura del dispositivo da effettuarsi nella stessa camera di consiglio di trattazione del ricorso.







In alternativa, potrebbe ipotizzarsi, sempre a fini acceleratori e ove non si pervenisse alla modifica (ampliativa) del termine di presentazione delle liste, una diversa disciplina di introduzione del giudizio, così formulata:

Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto le operazioni per l'ammissione o esclusione delle liste o dei singoli candidati nelle liste dei rappresentanti al Parlamento.  Qualsiasi cittadino elettore o chiunque altro vi abbia diretto interesse può impugnare il provvedimento reso dal competente Organo amministrativo deputato a decidere della relativa questione.

Il ricorso può essere altresì proposto dal rappresentante di lista o da ciascun candidato in essa contenuta, avverso lâesclusione della lista, o dallâinteressato, nel caso di esclusione individuale dalla lista.

Il ricorso, unitamente allâatto impugnato ove tempestivamente rilasciato, deve essere notificato, a pena di inammissibilità, con invito a comparire alla data di celebrazione della Camera di Consiglio straordinaria determinata nei modi di cui al successivo comma 7.

La notifica va effettuata esclusivamente secondo i criteri acceleratori previsti dallâart. 1 della l. 07/06/1993 n. 183 o dallâart. 136, terzo comma, c.p.c., nel testo novellato dallâart. 45, comma 18, lett. a), della l. 18 giugno 2009, n. 69,  al rappresentate della lista di cui eventualmente si contesta lâammissione e, comunque, allâOrgano emanante il provvedimento definitivo, entro due giorni dalla sua pubblicazione.

A tal fine, tutti i provvedimenti di ammissione o esclusione delle liste elettorali devono contenere lâindicazione del recapito fax e/o dellâindirizzo di posta elettronica certificata o equivalente dellâOrgano emanante e analoga dichiarazione deve essere rilasciata dal rappresentante di lista al momento della presentazione della stessa.

Il ricorso, munito della dichiarazione di esatta conformità a quello notificato, entro il medesimo termine richiesto per la notifica, deve essere depositato, anche in formato digitale, esclusivamente presso la sede del Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio.

Il Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale, contestualmente alla comunicazione dellâAutorità competente alla convocazione dei comizi della data stabilita per la tornata elettorale, fissa con decreto la Camera di Consiglio straordinaria per la trattazione dei ricorsi elettorali volti alla contestazione delle liste, da tenersi tra il ventiduesimo ed il ventesimo giorno antecedente al detto termine previsto per le operazioni elettorali.

Copia del decreto di fissazione viene pubblicato in apposito Albo e nel sito internet del Tribunale ed, in mancanza, in quello istituzionale della Giustizia amministrativa.

Il Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale, spirato il termine per il deposito dei ricorsi, può con decreto integrare il Collegio giudicante, anche indipendentemente dalla ripartizione delle varie sezioni interne, tenendo conto del numero e della complessità dei ricorsi depositati. Con decreto dispone eventuale integrazione istruttoria. In ogni caso, lâAutorità emanante il provvedimento impugnato, ricevuta la notifica del ricorso, trasmette alla Segreteria del Tribunale, anche via fax o mediante analoghi tempestivi mezzi di trasmissione, immediatamente copia di tutti gli atti relativi al procedimento.

Entro il termine fissato per la Camera di Consiglio vanno depositate le eventuali controdeduzioni delle parti controinteressate.

Tutti i termini sono perentori e vanno osservati a pena di decadenza.

Il Tribunale Amministrativo, alla Camera di consiglio stabilita, esaminata preliminarmente la regolarità delle notifiche, udita la relazione del relatore, sentite le parti se presenti, nonché i difensori se costituiti, pronuncia con sentenza resa in forma semplificata.

La decisione è depositata in segreteria entro tre giorni dalla pronuncia e deve essere immediatamente trasmessa in copia, anche per via telematica, a cura del segretario del Tribunale, al Presidente del ramo del Parlamento interessato, perché provveda, contestualmente al ricevimento, a darne pubblicità sia nei modi ordinari previsti per gli atti a contenuto normativo di propria competenza, sia nei siti internet istituzionali.

Con la medesima procedura possono essere presentati, da parte di qualsiasi cittadino residente o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, ricorsi avverso le operazioni per lâammissione delle liste o dei singoli candidati nelle liste dei rappresentanti ai Consigli comunali, provinciali e regionali. In tal caso, la decisione resa dal Tribunale Amministrativo Regionale, con le stesse modalità indicate al comma precedente, deve essere trasmessa ai rappresentanti legali degli enti locali interessati dal ricorso per la cura dei medesimi adempimenti.











Appello.

"Contro le decisioni emesse in primo grado dal Tribunale Amministrativo Regionale in materia di ammissione delle liste o dei singoli candidati nelle liste elettorali è ammesso ricorso al Consiglio di Stato  con le medesime forme previste per il giudizio di primo grado.

A tal uopo, il Presidente fissa con decreto la Camera di Consiglio straordinaria per la trattazione dellâappello sui ricorsi elettorali volti alla contestazione delle liste, da tenersi il quindicesimo giorno antecedente al termine previsto per le operazioni elettorali. Il deposito della motivazione della decisione deve avvenire entro dieci giorni dalla lettura del dispositivo da effettuarsi nella stessa camera di consiglio di trattazione del ricorso.





Convegno di Siracusa 30 - 31 ottobre 2009



                                                                                  Cons. Pancrazio M. Savasta



--------------------------------------------------------------------------------

[1] La Corte costituzionale con sentenza 7 maggio 1996, n. 144 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 83/11, primo comma, del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, nella parte in cui fa decorrere il termine di dieci giorni per la notificazione del ricorso unitamente al decreto presidenziale di fissazione d'udienza dalla data di tale provvedimento anziché dalla data di comunicazione di esso.



[2] La Corte ha così statuito: âconsiderato che il ricorso in questione â" in gran parte riproduttivo di note depositate in sede di appello proposto dal ricorrente davanti al Consiglio di Stato avverso varie ordinanze emesse dal TAR del Lazio in sede cautelare â" è volto ad affermare la sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo relativamente alla fase prodromica (ed in particolare, alla presentazione delle liste) delle elezioni politiche, ed a negare quella della Camera dei deputati, che esisterebbe solo relativamente alla verifica dei titoli di ammissione dei suoi componenti;

che, pertanto, la «definitiva dichiarazione di volontà», declinatoria della sua giurisdizione, è stata emessa dalla Camera dei Deputati (Giunta per le elezioni) quale organo avente natura giurisdizionale, ed altrettanto deve dirsi, evidentemente, di quella espressa dal Giudice amministrativo;

che a questa Corte non compete risolvere conflitti negativi (o positivi) di giurisdizione (art. 362 cod. proc. civ.) e, pertanto, come richiesto dal ricorrente, «stabilire il potere giurisdizionale del Giudice amministrativo sulla materia»;

che tale rilievo è assorbente di ogni altro, e quindi anche di quello relativo alla carenza di legittimazione attiva a sollevare conflitti di attribuzione ai sensi dellâart. 37 legge n. 87 del 1953 (ordinanza n. 79 del 2006)â.

che tale rilievo è assorbente di ogni altro, e quindi anche di quello relativo alla carenza di legittimazione attiva a sollevare conflitti di attribuzione ai sensi dellâart. 37 legge n. 87 del 1953 (ordinanza n. 79 del 2006)â.



[3]  Hanno osservato le Sezioni Unite che, ai sensi dellâart. 87 del d.p.r. 30.3.1957, n. 361, la Camera pronuncia giudizio definitivo su tutti i reclami presentati allâUfficio Centrale elettorale durante la âsua attività o posteriormenteâ e, quindi, âanche sulle ricusazioni pronunciate ai sensi dellâart. 22 dello stesso Testo unico, in tal modo riservando alla cognizione della Giunta per le elezioni della Camera stessa la convalida di tutte le operazioni elettorali comprese quelle di ammissione delle listeâ.

Ed ancora: âsi deve quindi escludere che le posizioni soggettive fondamentali che hanno rilievo in questa fase preparatoria delle elezioni (così il titolo III del T.U. sulle elezioni) siano prive di tutela nel disegno costituzionale che rimette a ciascuna Camera la convalida delle proprie elezioni e quindi delle operazioni elettorali che le hanno precedute con un giudizio definitivo avverso le ricusazioni delle liste e sugli effetti di questi provvedimenti in ordine alla convalida delle elezioniâ.



[4]  Lâart. 87 del d.p.r. n. 361/1957 stabilisce che âalla Camera dei deputati è riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all'Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.

I voti delle sezioni, le cui operazioni siano annullate, non hanno effetto.

Le proteste ed i reclami non presentati agli Uffici delle sezioni o all'Ufficio centrale devono essere trasmessi alla Segreteria della Camera dei deputati entro il termine di venti giorni dalla proclamazione fatta dall'Ufficio centrale. La Segreteria ne rilascia ricevuta.

Nessuna elezione può essere convalidata prima che siano trascorsi venti giorni dalla proclamazione.



[5]  Ed invero gli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 361/1957  così esattamente si esprimono:

-              art. 22. L'Ufficio centrale circoscrizionale entro il giorno successivo alla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle liste dei candidati:

1) ricusa le liste presentate da persone diverse da quelle designate all'atto del deposito del contrassegno ai sensi dell'art. 17;

2) ricusa le liste contraddistinte con contrassegno non depositato presso il Ministero dell'interno, ai termini degli artt. 14, 15 e 16;

3) verifica se le liste siano state presentate in termine e siano sottoscritte dal numero di elettori prescritto, dichiarandole non valide se non corrispondono a queste condizioni; riduce al limite prescritto le liste contenenti un numero di candidati superiore a quello stabilito al comma 2 dell'art. 18-bis, cancellando gli ultimi nomi e dichiara non valide le liste contenenti un numero di candidati inferiore a quello stabilito al comma 3 dell'articolo 18-bis;

4) cancella dalle liste i nomi dei candidati, per i quali manca la prescritta accettazione;

5) cancella dalle liste i nomi dei candidati che non abbiano compiuto o che non compiano il 25° anno di età al giorno delle elezioni, di quelli per i quali non sia stato presentato il certificato di nascita; o documento equipollente, o il certificato d'iscrizione nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica;

6) cancella i nomi dei candidati compresi in altra lista già presentata nella circoscrizione;

7) omissis.

I delegati di ciascuna lista possono prendere cognizione, entro la stessa giornata, delle contestazioni fatte dall'ufficio centrale circoscrizionale e delle modificazioni da questo apportate alla lista.

L'ufficio centrale circoscrizionale si riunisce nuovamente il giorno successivo alle ore 12 per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate ed ammettere nuovi documenti nonché correzioni formali e deliberare in merito.

-              art. 23. Le decisioni dell'Ufficio centrale circoscrizionale, di cui all'articolo precedente, sono comunicate, nella stessa giornata, ai delegati di lista.

Contro le decisioni di eliminazione di liste o di candidati, i delegati di lista possono, entro 48 ore dalla comunicazione, ricorrere all'Ufficio centrale nazionale.

Il ricorso deve essere depositato entro detto termine, a pena di decadenza, nella Cancelleria dell'Ufficio centrale circoscrizionale.

Il predetto Ufficio, nella stessa giornata, trasmette, a mezzo di corriere speciale, all'Ufficio centrale nazionale, il ricorso con le proprie deduzioni.

Ove il numero dei ricorsi presentati lo renda necessario, il Primo presidente della Corte di Cassazione, a richiesta del Presidente dell'Ufficio centrale nazionale, aggrega all'Ufficio stesso, per le operazioni di cui al presente articolo, altri consiglieri.

L'Ufficio centrale nazionale decide nei due giorni successivi.

Le decisioni dell'Ufficio centrale nazionale sono comunicate nelle 24 ore ai ricorrenti ed agli Uffici centrali circoscrizionali.

I due Organi in esame sono previsti dagli artt. 12 e 13 del medesimo D.P.R. n. 361/1957, che, rispettivamente, stabiliscono che âpresso la Corte di Cassazione è costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, l'Ufficio elettorale centrale nazionale, composto da un Presidente di sezione e quattro consiglieri scelti dal Primo Presidenteâ e che  âpresso la Corte d'appello o il Tribunale nella cui giurisdizione è il Comune capoluogo della circoscrizione è costituito, entro tre giorni dalla pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, l'Ufficio centrale circoscrizionale, composto da tre magistrati, dei quali uno con funzioni di presidente, scelti dal Presidente della Corte d'appello o del Tribunaleâ.



[6]  Analizzando la sequenza  delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 361/1957, invero, è previsto quanto segue:

a)            un primo controllo di dette operazioni da parte del Presidente della sezione elettorale, il quale, ai sensi dellâart. 71, âpronunzia in via provvisoria, facendolo risultare dal verbale, salvo il disposto dell'art. 87 sopra i reclami anche orali, le difficoltà e gli incidenti intorno alle operazioni della sezione, nonché sulla nullità dei voti e  decide, in via provvisoria, sull'assegnazione o meno dei voti contestati per qualsiasi causa e, nel dichiarare il risultato dello scrutinio, dà atto del numero dei voti di lista contestatiâ;

b)            Un riesame, ex art. 76, da parte dellâUfficio Centrale Circoscrizionale, per ogni sezione, delle schede contenenti voti contestati e provvisoriamente non assegnati e, tenendo presenti le annotazioni riportate a verbale e le proteste e reclami presentati in proposito, decide, ai fini della proclamazione, sull'assegnazione o meno dei voti relativi;

c)            l'Ufficio centrale circoscrizionale, ex art. 79, pronuncia provvisoriamente sopra qualunque incidente relativo alle operazioni ad esso affidate, salvo il giudizio definitivo degli organi di verifica dei poteri.

Ad eccezione di quanto previsto dal n. 2) dell'art. 76, circa il riesame dei voti contestati e provvisoriamente non assegnati, è vietato all'Ufficio centrale circoscrizionale di deliberare, o anche di discutere, sulla valutazione dei voti, sui reclami, le proteste e gli incidenti avvenuti nelle sezioni, di variare i risultati dei verbali e di occuparsi di qualsiasi altro oggetto che non sia di sua competenza.

d)            âdi tutte le operazioni dellâUfficio Centrale Circoscrizionaleâ, ai sensi dellâart. 81, si redige processo verbale in duplice copia. âLâorgano di verifica dei poteri accerta anche, agli effetti dellâart. 86, lâordine di precedenza dei candidati non eletti e pronuncia sui relativi reclamiâ.

e)            Su tutte dette questioni decide, quindi, come da riserva sopra indicata, ex art. 87, la Camera dei Deputati.



[7] detta verifica formale (che non si rivolge anche alla ammissibilità ex se del referendum, la cui competenza appartiene, sempre secondo le norme richiamate, alla Corte Costituzionale) conosce un procedimento âcontenziosoâ, posto che detto Organo, dopo aver rilevato eventuali irregolarità, le comunica ai presentatori del referundum, i quali possono presentare deduzioni entro cinque giorni. Dopo di che, lâUfficio, in tempi rapidi (ex art. 12 della l.n. 352/1970, le identiche 48 ore previste dallâart. 23 del d.p.r. n. 361/1957), è chiamato a pronunciarsi con ordinanza definitiva.

Le analogie procedurali e funzionali di detto organo con lâUfficio Centrale Nazionale sono del tutto evidenti. 

Ambedue, invero, sono organi che, data la loro composizione (collegi di magistrati di Cassazione) appaiono rigorosamente neutrali; sono chiamati, inoltre, a svolgere attività particolari di pubblico interesse, in funzione dellâOrdinamento generale dello Stato in vista di interessi relativi al funzionamento dello stesso.

Infine, svolgono una duplice funzione.

a) Una amministrativa, che, per quanto riguarda lâUfficio Centrale per il referendum, é normata dagli artt. 21 â" 23 della l.n. 352/1970 ed é relativa alla proclamazione del risultato referendario ed al riesame delle sole proteste e dei soli reclami afferenti le operazioni di voto provenienti dagli uffici provinciali per il referendum (appare evidente anche lâanaloga distribuzione delle competenze, con la creazione degli uffici provinciali per il referendum, anchâessi chiamati ad una prima scrematura contenziosa della fase di voto e composti da Collegi di magistrati, questa volta di Tribunale e non di Corte dâAppello); mentre, la funzione dellâUfficio Centrale Nazionale, come già evidenziato, ex art. 83 del d.p.r. n. 361/1967, attiene, in questo senso, alla determinazione della cifra elettorale nazionale di ciascuna lista, di ciascuna coalizione di liste collegate ed alla complessa ridistribuzione dei seggi a livello nazionale.

b) Lâaltra âcontenziosaâ. Sotto questâultimo aspetto emerge la già rappresentata competenza dellâUfficio Centrale per il referendum ad adottare le ordinanze decisorie in tema di legittimità delle richieste di referendum e, appunto, quella dellâUfficio Centrale Elettorale nellâambito dellâammissione delle liste.

Ora, anche a non voler accedere alla tesi della funzione paragiurisdizionale ed atipica di questâultimo Organo, sembra che dalla prospettata assimilazione di funzioni e procedure appena delineata emerga la possibilità di considerare lo stesso quale sezione specializzata del G.O., secondo i dettami  dellâart. 102 Cost..

In altri termini, ove si tenga distinta la funzione âamministrativaâ, tipica del controllo delle operazioni di scrutinio e di proclamazione dei risultati, da quella âcontenziosaâ diversamente procedimentalizzata e finalizzata alla ammissione dei quesiti e delle liste, è possibile ipotizzare una altrettanto diversa âvesteâ giuridica del medesimo Organo.

Tanto premesso, come già cennato, i detti organi:

1)            sono composti da collegi formati esclusivamente da magistrati di cassazione, senza che ciò pregiudichi la specialità della sezione per lâassenza di altri giudicanti non togati, posto il chiaro tenore dellâart. 102 Cost. che consente (utilizzando la congiunzione âancheâ) la presenza di questi ultimi, ma non li ritiene necessari;

2)            i due Uffici sono istituiti presso la Corte di  Cassazione;

3)            quali unità organizzative svolgono uno specifico compito di controllo dei procedimenti di ammissione preliminari alla competizione elettorale;

4)            i provvedimenti decisori, quindi, sono emanati da organi rigorosamente neutrali, non esercenti poteri amministrativi quale necessario riflesso della necessità di raggiungere scopi di pubblico interesse, ma in funzione della tutela dellâordinamento generale dello Stato e della realizzazione di esso, con esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia esclusivamente giuridico.

Sembra confermato, pertanto, che in questâarea del procedimento elettorale non si sia in presenza di atti oggettivamente e soggettivamente amministrativi (cfr. Cons. Stato, IV, 2.4.1997, n. 333).

Non ostacola la prospettata configurazione il rilievo che le funzioni spettanti a detti Uffici non possano qualificarsi strettamente come di giurisdizione contenziosa.

Invero, il quadro delle funzioni pubbliche non è ristretto alla diade funzioni di giurisdizione contenziosa â" funzioni amministrative, sicché, esclusa la sussistenza delle prime, la natura delle funzioni esercitate sia qualificabile necessariamente come amministrativa (cfr. Cons. Stato ult. cit.).

Secondo quanto affermato dal Supremo Consesso Amministrativo con la decisione appena citata âcostituisce acquisizione consolidata, invece, lâesistenza nellâordinamento giuridico di funzioni pubbliche âneutraliâ, intermedie tra lâAmministrazione e la giurisdizione, da parte di soggetti in posizione di terzietà ed indipendenza: tale la giurisdizione volontaria.

Come la giurisdizione volontaria realizza un controllo giudiziale di legalità nel diritto privato, così funzioni di controllo esterno esercitate da organi inseriti nellâorganizzazione della giurisdizione possono concorrere nel procedimento legislativoâ ovvero, in quello partecipativo volto alla formazione dellâOrgano principale dellâespressione organizzativa dello Stato, quale è il Parlamento.

In conclusione, non sembra che la funzione di sezione specializzata possa essere negata per i sopra indicati Uffici nella loro funzione contenziosa. Ciò in quanto, per un verso, sono articolazioni della Cassazione (composta da Magistrati ordinari incardinati presso di essa) e, per altro verso, costituiscono una sezione anomala quanto a composizione e competenza rispetto alle sezioni normali dello stesso Organo.

Inoltre, la garanzia dellâimparzialità, corroborata da una precisa procedura, oltre che dalla composizione soggettiva del Giudicante, indipendente da qualunque Amministrazione, conforta la suddetta tesi.

Né appare ostare alla predetta configurazione lâipotizzabile violazione dellâart. 24 della Cost., in tema di diritto di difesa.

Invero, rispetto al particolare procedimento, è possibile che gli interessati presentino ricorsi e memorie a difesa delle proprie posizioni, venendosi così ad instaurare un utile contraddittorio, eventualmente eccitato dalle stesse osservazioni dellâorgano decidente ed alle quali viene fornita la possibilità di adeguata replica (seppur circoscritta nel tempo, stante la premessa della necessità di assoluta celerità dellâintero procedimento).

Infine, la qualificazione dellâOrgano in questione come dotato di soggettività propria e quindi âesternoâ allâamministrazione connota lâattività dallo stesso svolta, escludendo che la decisione dal medesimo adottata possa ricollegarsi alla forma del ricorso amministrativo gerarchico (e, quindi, non giurisdizionale), proprio perché questâultimo richiede un rapporto di gerarchia esterna da individuarsi nellâambito della medesima organizzazione.

Ora, se non si vuole negare la realtà, non può dirsi che, in assenza di unâattività tipicamente amministrativa e di una correlata immedesimazione organica, la Cassazione, nella sua composizione quale Ufficio Centrale Elettorale, sia autorità amministrativa sovraordinata rispetto agli organi chiamati a concretamente realizzare la procedura in esame.

Conclusivamente, sia che si configuri unâattività paragiurisdizionale ed atipica, ma sicuramente compiuta, sia che si qualifichi lâUfficio Centrale Nazionale come Sezione specializzata, si perviene alla medesima conclusione di una compiutezza del sistema che, per un verso, garantisce un giudizio sulla materia in esame,  per un altro lo sottrae sicuramente dalla giurisdizione del Giudice amministrativo.



[8]  Corte Cost. 30.12.1972. n. 216, la quale, intanto, si rivolge alle sole procedure elettorali amministrative e considera fase giurisdizionale quella tipica di decisione dei ricorsi.

Il novero delle attività amministrative consiste, continua la detta decisione del Giudice delle Leggi nella âserie di attività materiali e di conteggio, che, com'è stato anche recentemente ritenuto dalla Corte di cassazione, in relazione agli analoghi uffici istituiti per le elezioni politiche, sono semplici operazioni amministrative, dalle quali esula un momento suscettibile di configurarsi come propriamente decisorioâ.


Da: puma28/02/2010 21:51:08
appunto. dopo 30 anni oggi affermano che nel giudizio elettorale il contraddittorio in riferimento a domande di annullamento non si può integrare il contraddittorio.

Ma scusa toglimi una curiosità: tu veramente credi di poter valutare se annullare o no i voti di una lista i cui candidati non sono stati chiamati in giudizio?

Da: puma28/02/2010 22:02:26
sulla sospensione feriale che hai scritto?

Da: eh28/02/2010 22:12:01
Io non credo alcunchè, ho pochi secondo me, ma leggo la giurisprudenza maggioritaria, di seconde cure e cosolidata riportata da Savasta.
Inoltre la prova è tagliata a tavolino, non ha un ancoraggio reale e solo finalizzata alla verifica delle nostre capacità argomentative, motivazionali, salvo scivoloni che grazie a Dio ed al Cons. di Stato non credo che abbia preso nemmeno tu, almeno in merito al nostro lungo dialogo sulle notifiche, ma la prova aveva molte altre insidie.......

Da: puma28/02/2010 22:20:33
guarda, il mio lavoro che mi porta a constatare che alla faccia di quello che leggi ogni giorno dicono quello che vogliono, fregandosene di plenarie, sezioni unite e qualche volta anche contro la stessa disposizione normativa (emblematica la nostra discussione sulla 20 dall'altra parte). Per cui la giurisprudenza maggioritaria conta solo fino a un certo punto nella vita pratica, figurati in un concorso.

Comunque ti ripeto: non puoi pronunciare sull'annullamento di voti di gente che non è convenuta in giudizio, è un errore ed è grave. ed era un bel trabocchetto di una commissione bastarda. Mi dispiace, ma penso proprio che se uno l'ha fatto può salutare il concorso.  E penso pure che quelli l'hanno fatto apposta e se la ridevano sotto i denti.

Da: eh28/02/2010 22:34:05
E' proprio per la fiducia nelle Ad Plen, nelle S.U. e nelle norme che  dovremmo essere candidati a questo concorso.
Stai sereno, la giurisprudenza maggioritaria varrà pure poco nella vita pratica ma per un concorso in magistratura di 2° grado vale e come.

Da: puma01/03/2010 06:28:12
le ultime parolr famose... lì non ci sono alternative. o il ricorso è inammissibile per difetto di notifica oppure devi integrare il contraddittorio.

ciao ciao

Da: ecce bombo01/03/2010 09:49:06
vedo che i protagonisti sono gli stessi della corte dei conti.........
e vedo che lo spartito è lo stesso, ossia alla prova pratica tutti dicono il contrario di tutto
però ragazzi,le altre prove a TAR erano molto più semplici, voglio dire ti leggi le SSUU dell'ultimo anno e sei a posto........
ma i posti meno, eh,eh, mi sa che la selezione la fanno sul ricorso
qualcuno ha qualche informazione su un possibile futuro bando referendari TAR?

Da: puma01/03/2010 11:22:25
La fai semplice ecce bombo, invece non credo proprio che fossero così semplici rispetto a quelle della corte. A parte che le s.u. sul danno da ritardo sono di qualche anno fa, le prove del tar SEMBRAVANO più facili, ma poi vai bene a vedere non è per niente così, visto il punto in cui le tracce vanno a parare e cioè la riducibilità della penale, la natura tributaria dell'obbligazione tra privati e il problema di giurisdizione che pone il 2 bis secondo comma. Poi se si vuole si fa il tema manualistico, prendi il tuo bel 7, cioè 35-38, e ci vediamo tra due anni al prossimo concorso a fare un altro compitino preciso preciso come dicono le S.U.

Quanto alla prova pratica sul contenuto è possibile dire tutto o il contrario di tutto, e infatti non sarà certo l'annullamento o il non annullamento a riolvere, nè la tardività o tempestività dele impugnazioni. Qui il problema è invece capire se al di là delle questioni poste ce ne fosse una celata dalla commissione e rimessa al rilievo d'ufficio in ordine all'integrità del contraddittorio, visto che l'impugnazione ra notifica solo ad alcune delle parti che vi avevano interesse

Da: pam01/03/2010 11:32:09
...che ne dite della visitina in sede di esame  da parte della procura con tanto di CC ? è stata una visita di piacere secondo voi?

Da: puma01/03/2010 13:10:40
di questo non ne so niente. chiarisci che non è male saperne di più

Da: ecce bombo01/03/2010 13:49:44
per puma
forse hai ragione (anche perchè i posti erano pochini), però a cdc tutti si aspettavano civile e ti piazzano il societario, tutti pronti per la sentenza e ti arriva la delibera tra capo e collo, per non parlare del fanotmatico danno da diniego ecc..........insomma!
secondo te a TAR e CDC tuttii temi valgono uguale perla commissione o qualcuno conta più di altri?
della serie civile per cdc o tributario per tar mi sembrano figli di un dio minore...........o no?

Da: lupo01/03/2010 14:56:49
Tutto dipende anche dalle singole commissioni non si può generalizzare, pensa ad esempio la commmissione cdc Pasqualucci, qualche anno fa, con la prova di civile che fece una vera e propria strage....mentre certamente al tar il tributario vale poco

Da: puma01/03/2010 15:07:04
caro lupo, non sai quanto malaugurtamente possa concordare visto che ancora mi chiedo cosa voglia dire "onere di conoscere e prova dell'ignoranza" cosa che mi costò il posto alla corte.
Comunque se civile conta alla corte non così secondo me tributario al concorso tar, che probabilmente vale un due di picche

Da: pa01/03/2010 15:19:19
c'ero anch'io alle prove, sia cdc che tar, ma della visita della procura non mi sono accorta.
Cosa è successo?
Sull'ammissibilità del ricorso nonostante la mancata notifica a tutti i controinteressati ho le idee molto confuse. Mi sembra di aver letto che controinteressata debba essere considerato lo stesso Comune perchè non è parte in senso formale non avendo formato l'atto impugnato .... boh

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