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Sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale - illegittimità incarichi dirigenziali
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Da: senza giri di parole31/07/2017 08:33:54
Sono persi. Ogni loro mossa verrà neutralizzare da Dirpubblica.  Nessun'altro sindacato.

Da: ORPO__UNICUM31/07/2017 10:28:11
Per mercoledì prossimo 2 agosto è stato fissato un incontro tra l'Aran (l'Agenzia che rappresenta il governo nelle negoziazioni) ed i sindacati per discutere dei rinnovi in tutti i comparti del pubblico impiego (dalla scuola alla sanità). Su pensioni e lavoro, invece, governo e sindacati si rivedranno a partire dal 30 agosto per stringere in vista dell'appuntamento con la legge di Bilancio.

Da: ORPO__UNICUM31/07/2017 10:29:14
PUBBLICO IMPIEGO, ATTESI ALMENO 1,2 MLD PER CONTRATTI: il tavolo per il rinnovo dei contratti della Pa riguarda oltre 3 milioni di dipendenti. L'obiettivo è arrivare a mettere nero su bianco l'aumento salariale di 85 euro, indicato nell'intesa del 30 novembre scorso tra governo e sindacati. L'auspicio espresso dalla ministra Marianna Madia è che si possa chiudere "entro i primi giorni di ottobre". Quanto al capitolo risorse, per i rinnovi della Pa centrale sono stati stanziati 1,2 miliardi di euro con le precedenti manovre, almeno altrettanti dovrebbero arrivare con la prossima legge di Bilancio. In tutto, per centrare l'obiettivo dell'aumento di 85 euro servono 2,5 miliardi solo per gli statali in senso stretto. Considerando anche la Pa locale la cifra complessiva sale a quasi 5 miliardi.

Da: The Public maneger31/07/2017 10:34:28
Livellare i livellati al livello del loro livello Questo è i compito di un management livellato con livelli alti. Il livello dei livellati è un livello basso. Livellare i livelli e quindi livellare il livellamento dei livellati al livello di un buon asset. Livellati autolivellatevi livellando il vostro livello al livello di una complience livellamente livellata.

Da: Rinnovo contratti PA 31/07/2017 10:42:21
È vergognoso! È passato un anno che la Corte Costituzionale ha sancito l'illegittimità della sospensione sine die dei rinnovi  contratti PA  e ripeto - dopo un anno - siamo ancora alle prime riunioni interlocutorie...ma annate a......!!!! E i Sindacati....dormienti!!

Da: anti-antares x rinnovo 31/07/2017 11:06:20
Veramente, se non erro,sono ben due gli anni dalla sentenza della Consulta sull'illegittimita' del blocco dei rinnovi contrattuali.Cio' per far capire,oltremodo, in che Paese siamo...E che tipo di dittatura,implementata da governi illegittimi, stia prendendo sempre piu' piede...In stretta sintonia, d'altronde, con quanto avviene attorno a noi...( ove viene richiamato il rispetto delle norme - a volte palesemente incostituzionali o interpretate in maniera capziosa - solo quando fa comodo a lor signori... sbattendosene, ovviamente, delle norme e sentenze poste a presidio di diritti e tutele dei piu' ).

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Da: oreste lamerduta31/07/2017 11:08:00
ER PECCURINE...

Da: per i servi della gleba 31/07/2017 11:41:31
Confermo che la sentenza è del 2015, ben due anni trascorsi a fare chiacchiere,  l'accordo strappato in clima pre-referendum e adesso sembra che non le risorse per gli 85 euro medi, certo i soldi li devono dare alle banche..
Un'idea.. facciamo ricorso... andiamo dal giudice del lavoro e chiediamo gli 85 euro dal 2015.

Da: Codice di condotta 31/07/2017 12:56:33
Ci vorrebbe un Codice di condotta x chi fa attività di Sindacato. Chi fa Sindacato non può ricevere incarichi ( come ex reggenze o attuali Pot) x evitare conflitti di interesse. Se hai deciso di rappresentare le istanze dei lavoratori, ti devi  occupare solo di quello. Cosi' facendo si ritornerebbe a fare una seria attività di Sindacato nello spirito di quella che dovrebbe essere seriamente la sua mission.

Da: The public manager31/07/2017 14:41:01
I livellati non sarebbero d'accordo...
Per loro  fare gli interessi dell'amministrazione, fare gli interessi dei lavoratori e (soprattutto) farsi i propri interessi è il massimo della felicità.
Ma la quadratura del cerchio ancora non è stata inventata.

Da: Veramente 31/07/2017 15:45:13
I livellati hanno perso fiducia nei Sindacati perché hanno capito che in primis si fanno i propri interessi e non quelli dei lavoratori. Tanto è vero che quando i Sindacati propongono azioni di lotta non se li fila più nessuno. E tutto ciò fa ovviamente  gioco all'Amministrazione che decide liberamente quello che vuole perché sa che non c'e una seria contrapposizione. Vedi stipula nuovi contratti: pochi euro e in tempi biblici.

Da: e'' chiaro 31/07/2017 16:03:11
Che le sentenze della Corte costituzionale sono carta straccia ...non le rispetta nessuno.

Da: anti-antares x e'' chiaro 31/07/2017 16:23:21
Allora non si devono neanche piu' rispettare le norme che fanno comodo ai vertici ae, i ccnl capestro e quant'altro!Se salta l'ordinamento giuridico, salta tutto...ma proprio tutto!Non si puo' non applicare cio' che non piace ed inventarsi ermeneuticamente ( come fanno i vertici ae ) di tutto di piu'!

Da: Zanzibar.31/07/2017 18:04:45
Ormai è eversione.
E se è eversione lo è per tutti...

Da: livellatiiiiiiiii31/07/2017 19:31:43
Ppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppprrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Anti respira a pieni polmoni!!!!!!!!!!!!!!

Da: ... 31/07/2017 21:59:50
Pubblicati sulla intranet vari avvicendamenti di incarichi di vertice a partire dal primo settembre. In particolare, la calabro' andra' come dr in Abruzzo e sara' sostituita da polito a capo del personale.

Da: per i servi della gleba31/07/2017 22:10:50
Dal Sole24Ore del 29 luglio
Punto e a capo...

A decidere le sorti della riforma che ha cancellato Equitalia per creare l'agenzia delle Entrate-Riscossione sarà il Tar Lazio, e dovrà farlo in fretta; sullo snodo fondamentale, che ha fatto transitare nel nuovo soggetto i dipendenti e i dirigenti di Equitalia, pesa però un'incognita costituzionale, legata al fatto che di regola «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso» (articolo 97 della Costituzione).
Si può riassumere così l'attesa ordinanza (la n.3213/2017) con cui il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso presentato da Dirpubblica, uno dei sindacati dei dirigenti del pubblico impiego. Ordinanza attesa ma non decisiva, perché i giudici amministrativi non hanno concesso la sospensiva chiesta nell'appello cautelare: difficile, del resto, "sospendere" un fatto già accaduto, dal momento che il 1° luglio è passato, Equitalia ha abbassato le saracinesche ed è nata l'agenzia delle Entrate-Riscossione.
Bisogna considerare «l'evidente rilievo pubblico della controversia, che investe l'esercizio di una funzione essenziale per lo Stato», come spiega l'ordinanza: fermare con una bordata chi raccoglie le tasse degli italiani non si può, insomma, ma bisogna decidere in fretta sulla legittimità di tutta l'operazione. In ogni caso nessun effetto, per esempio, sulle procedure, tanto per fare un esempio di grande attualòità, di rottamazione dei ruoli per cui si dovrà versare la prima rata entro il 31 luglio.
A farlo, in tempi possibilmente rapidi, dovrà essere una sentenza di merito, che però trova nella nuova ordinanza qualche "suggerimento". Il Consiglio di Stato, in particolare, cita due sentenze con cui la Corte costituzionale ha ribadito il principio del concorso pubblico. La prima è ben nota agli uffici dell'amministrazione finanziaria, perché si tratta della sentenza 37/2015 che ha dichiarato l'illegittimità delle proroghe ripetute in serie per gli incarichi dirigenziali dei funzionari delle Entrate aprendo un contenzioso infinito fra tentativi di sanatoria e nuove bocciature amministrative. La seconda (sentenza 248/2016) è meno celebre, perché ha cancellato una leggina con cui nel 2009 la Calabria ha provato a far entrare nei ranghi regionali i dipendenti di una disciolta «Associazione di divulgazione agricola». A contare, come sempre nella giurisprudenza costituzionale, non è però il caso ma il principio, e in particolare il fatto che secondo la Consulta «la regola costituzionale della necessità del pubblico concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni va rispettata anche da parte di disposizioni che regolano il passaggio da soggetti privati ad enti pubblici».
Qui sta il punto, che oltre al passaggio dei circa 80 dirigenti di Equitalia investe anche il "trasferimento" all'Agenzia dei 7.600 dipendenti della vecchia società di riscossione. La natura privatistica di Equitalia, Spa 51% delle Entrate e al 49% dell'Inps, è indubbia, gli avvocati discutono sull'obbligo di concorso per la nuova destinazione. L'agenzia delle Entrate-Riscossione, infatti, è un ente pubblico economico, e come tale potrebbe uscire dalle maglie dell'obbligo di concorso: ma la questione è quantomeno discussa. Lo stesso Consiglio di Stato, nella sentenza 820/2014, ha stabilito l'obbligo di procedure selettive nelle aziende speciali, che sono appunto enti pubblici economici.
Il dossier torna comunque in mano al Tar, ma un dato è certo. Se il Tar accoglierà il "suggerimento" rilanciando la palla alla Consulta, per la risposta definitiva i tempi non saranno brevi. Nell'attesa, si infiamma la polemica sindacale, con le segreterie nazionali della Fabi (bancari) e delle sigle di settore di Cgil, Cisl e Uil che annunciano l'intenzione di mettere in campo «ogni iniziativa per contrastare la posizione di Dirpubblica».




Da: per i servi della gleba31/07/2017 22:12:01
Altri nomi?

Da: ORPO__UNICUM31/07/2017 22:15:16
Cambi al vertice nell'organigramma dell'Agenzia delle Entrate. Dal prossimo 1° settembre, tra gli altri avvicendamenti, Aldo Polito, attuale direttore dell'Accertamento (di cui, per il momento manterrà l'interim) assumerà la guida della direzione centrale del Personale, subentrando a Margherita Maria Calabrò, che prenderà il timone della direzione regionale Abruzzo.

Lo ha stabilito il Comitato di gestione dell'Agenzia nella riunione di oggi.

Nel dettaglio, il Comitato ha espresso parere favorevole al seguente turnover:
Margherita Maria Calabrò, da direttore centrale personale a direttore regionale Abruzzo
Roberto Egidi, da direttore regionale Abruzzo a direttore regionale Umbria
Federico Monaco, da direttore regionale Umbria a un incarico progettuale di valenza strategica alle dirette dipendenze del direttore dell'Agenzia
Aldo Polito, da direttore centrale Accertamento (ora ad interim) a direttore centrale Personale
Carmelo Rau, da direttore regionale Marche a direttore regionale Sardegna
Rossella Rotondo, da direttore regionale Sardegna a direttore regionale Marche.

Poi, in considerazione dell'imminente scadenza, ha confermato gli incarichi di alcuni dirigenti. Si tratta di Adriana Noto, che resta direttore aggiunto della dc Gestione tributi, Alberta De Sensi, che continua a guidare la direzione regionale del Lazio e, Leonardo Zammarchi, al timone della direzione centrale Audit.

Da: ... 31/07/2017 22:17:38
Avvicendamenti tra gli attuali dr di Umbria, Abruzzo, Sardegna e  marche, ad effetto domino. L'attuale dr Umbria avra'  un Non so quale incarico alle dirette dipendenze del direttore dell'agenzia

Da: per i servi della gleba31/07/2017 22:28:35
Grazie.. questo significa che il vertice del Veneto non cambia..senza parole..
Mi sembra che l'unica cosa degna di nota è il cambio al vertice della DC Personale.
Per il resto niente di rivoluzionario, in fondo anche le grandi opere richiedono i primi passi..

Da: xpz31/07/2017 23:16:59
Presidente: CRISCUOLO - Redattore:  CORAGGIO
Udienza Pubblica del 13/01/2015;    Decisione  del 26/01/2015
Deposito del 30/01/2015;   Pubblicazione in G. U. 04/02/2015  n. 5
Norme impugnate:  Art. 13, c. 3°, della legge della Regione autonoma Sardegna 15/01/2014, n. 4.
Massime:  38220
Atti decisi: ric. 26/2014

SENTENZA N. 7

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, della legge della Regione autonoma Sardegna 15 gennaio 2014, n. 4 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la bonifica e l'esercizio delle attività residuali delle aree minerarie dismesse o in via di dismissione âˆ' ARBAM), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 18-21 marzo 2014, depositato in cancelleria il 25 marzo 2014 ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2014.

Udito nell'udienza pubblica del 13 gennaio 2015 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

udito l'avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.âˆ' Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato in data 18-21 marzo 2014, depositato in cancelleria il successivo 25 marzo ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2014, ha impugnato l'art. 13, comma 3, della legge della Regione autonoma Sardegna 15 gennaio 2014, n. 4 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la bonifica e l'esercizio delle attività residuali delle aree minerarie dismesse o in via di dismissione âˆ' ARBAM), per violazione degli artt. 97, terzo comma, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

1.1.âˆ' Premette il ricorrente che, ai sensi dell'art. 3, primo comma, lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), la Regione autonoma Sardegna gode di competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale», e che tale competenza trova il proprio limite nella Costituzione, nei principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

1.2.âˆ' La norma impugnata, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, disciplinerebbe una procedura di mobilità del personale a tempo indeterminato della Interventi Geo Ambientali spa (IGEA spa), società in house della Regione autonoma Sardegna, verso l'Agenzia regionale per la bonifica e l'esercizio delle attività residuali delle aree minerarie dismesse o in via di dismissione (ARBAM).

Ciò sarebbe in contrasto, da un lato, con il principio costituzionale di accesso al pubblico impiego mediante concorso e, dall'altro, con le disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), costituenti per le Regioni, ai sensi dell'art. 1, comma 3, del decreto legislativo medesimo, principi fondamentali; la norma censurata inciderebbe, in particolare, sull'istituto della mobilità, la cui disciplina è riservata alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.

La disposizione impugnata, infine, sarebbe in contrasto con l'art. 1, comma 563, ultimo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge di stabilità 2014), in forza del quale la mobilità del personale non può comunque avvenire tra le società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni e quest'ultime.

2.âˆ' La Regione autonoma Sardegna non si è costituita in giudizio.

3.âˆ' All'udienza pubblica il ricorrente ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1.âˆ' Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, della legge della Regione autonoma Sardegna 15 gennaio 2014, n. 4 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la bonifica e l'esercizio delle attività residuali delle aree minerarie dismesse o in via di dismissione âˆ' ARBAM), in riferimento agli artt. 97, terzo comma, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

La disposizione impugnata prevede che «In sede di prima applicazione il personale a tempo indeterminato dipendente di IGEA S.p.a. è trasferito all'ARBAM. Ad esso si applica il contratto collettivo del comparto Regione, enti e agenzie; in caso di trattamenti economici superiori è riconosciuto in favore degli interessati un assegno ad personam riassorbibile».

Essa, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, violerebbe il principio dell'accesso al pubblico impiego mediante concorso e si porrebbe in contrasto con la disciplina statale della mobilità, riservata alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.

2.âˆ' La questione è fondata sotto l'assorbente profilo della violazione dell'art. 97, terzo comma, Cost.

La norma censurata dispone il trasferimento del personale a tempo indeterminato della società in house, Interventi Geo Ambientali spa (IGEA spa), contestualmente soppressa (art. 15), alla neocostituita Agenzia regionale per la bonifica e l'esercizio delle attività residuali delle aree minerarie dismesse o in via di dismissione (ARBAM). Agenzia, quest'ultima, da considerarsi amministrazione pubblica in senso proprio, in quanto «struttura tecnico-operativa della Regione autonoma della Sardegna», avente «personalità giuridica di diritto pubblico ed […] autonomia statutaria, organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e gestionale» (art. 1, commi 2 e 3).

3.âˆ' È nota la copiosa giurisprudenza di questa Corte secondo cui il pubblico concorso è forma generale e ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione (si vedano, tra le più recenti, le sentenze n. 134 del 2014; n. 277, n. 137, n. 28 e n. 3 del 2013; n. 212, n. 177 e n. 99 del 2012; n. 293 del 2009), cui si può derogare solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico (sentenze n. 134 del 2014; n. 217 del 2012; n. 310 del 2011; n. 9 del 2010; n. 293 e n. 215 del 2009; n. 81 del 2006).

Il principio della necessità del pubblico concorso è stato di recente ribadito con specifico riferimento a disposizioni legislative che prevedevano il passaggio automatico di personale di società in house, ovvero società o associazioni private, all'amministrazione pubblica (sentenze n. 134 del 2014; n. 227 del 2013; n. 62 del 2012; n. 310 e n. 299 del 2011; n. 267 del 2010).

Questa Corte ha ritenuto, infatti, che «il trasferimento da una società partecipata dalla Regione alla Regione o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'art. 97 Cost. (sentenza n. 62 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 310 e n. 299 del 2011, nonché sentenza n. 267 del 2010)» (sentenza n. 227 del 2013).

D'altro canto, la necessità di risorse umane da parte dell'ARBAM, derivante dall'assunzione di funzioni della soppressa società in house, non costituisce valido motivo per disattendere il principio del concorso pubblico (sentenza n. 227 del 2013), non potendo essa configurare una peculiare e straordinaria esigenza di interesse pubblico.

4.âˆ' La fondatezza della questione di costituzionalità con riferimento all'art. 97, terzo comma, Cost. comporta l'assorbimento dell'ulteriore censura di violazione dell'art. 117 secondo comma, lettera l), Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3, della legge della Regione autonoma Sardegna 15 gennaio 2014, n. 4 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la bonifica e l'esercizio delle attività residuali delle aree minerarie dismesse o in via di dismissione âˆ' ARBAM).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2015.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella Paola MELATT

Da: anti-antares x livellatiii 31/07/2017 23:18:37
Guarda che t'e' scoppiato il retto prima di estrinsecare il meglio di te!Controlla bene, olfattivo untore!

Da: xpz31/07/2017 23:19:08
    SENTENZA N. 134

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 16 e 29, comma 6, lettera g), della legge della Regione Basilicata 16 aprile 2013, n. 7 (Disposizioni nei vari settori di intervento della Regione Basilicata), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19-24 giugno 2013, depositato in cancelleria il 28 giugno 2013 ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2013.

Udito nell'udienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

udito l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 19-24 giugno 2013, depositato in cancelleria il 28 giugno 2013 e iscritto al n. 72 del registro ricorsi dell'anno 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 2, [rectius: dell'art. 16, nella parte in cui sostituisce l'art. 27, comma 2, della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale della Regione Basilicata - Legge finanziaria 2012)] e dell'art. 29, comma 6, lettera g), della legge della Regione Basilicata 16 aprile 2013, n. 7 (Disposizioni nei vari settori di intervento della Regione Basilicata).

1.1.- L'art. 16 della legge della Regione Basilicata n. 7 del 2013 ha sostituito l'art. 27 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2011, che dispone il trasferimento all'Azienda sanitaria di Potenza (ASP) delle attività sanitarie di prevenzione e riabilitazione visiva e clinico-gestionali svolte dalla Sezione italiana dell'agenzia internazionale per la prevenzione della cecità (SIACP) di cui alla legge della Regione Basilicata 16 giugno 2003, n. 22 (Norme in materia di prevenzione della cecità), e prevede, al comma 2, che la stessa ASP subentri anche nei contratti di lavoro di diritto privato del personale della SIACP.

Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, il predetto comma 2, che comporta il trasferimento di personale da una onlus di diritto privato (SIACP) ad un ente pubblico (ASP) contrasta sia con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto consente l'inquadramento in una pubblica amministrazione di personale non selezionato attraverso pubblico concorso, sia con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile. Sotto questo secondo profilo, il ricorrente denuncia l'illegittimità dell'introduzione di una modalità di assunzione del personale in oggetto (stipulazione di un contratto di diritto privato a tempo indeterminato che non comporta inquadramento nei ruoli della ASP) non prevista nel vigente ordinamento statale, con particolare alterazione del quadro di riferimento normativo regolante i rapporti del personale dell'ente pubblico.

1.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, inoltre, l'art. 29, comma 6, lettera g), della legge reg. Basilicata n. 7 del 2013, che include tra le possibili varianti ai piani nelle aree industriali quelle che «prevedano modifiche alle distanze dai confini, purché nel rispetto di quelle dettate dal codice civile». Secondo il ricorrente, la predetta disposizione di legge, non contemplando espressamente, oltre all'obbligo del rispetto del codice civile, anche quello del rispetto delle distanze tra i fabbricati di cui all'art. 9 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), contrasta con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile. La difesa dello Stato richiama, in proposito, la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l'art. 9 del citato decreto ministeriale è autonomamente dotato di «efficacia precettiva e inderogabile» (sentenza n. 6 del 2013), perché riguarda materia inerente all'ordinamento civile, e dunque rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 2, [rectius: dell'art. 16, nella parte in cui sostituisce l'art. 27, comma 2, della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale della Regione Basilicata - Legge finanziaria 2012)] e dell'art. 29, comma 6, lettera g), della legge della Regione Basilicata 16 aprile 2013, n. 7 (Disposizioni nei vari settori di intervento della Regione Basilicata).

1.1.- L'art. 16 della legge reg. Basilicata n. 7 del 2013 sostituisce l'art. 27 della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26, il quale, al comma 1, dispone il trasferimento delle attività sanitarie di prevenzione, riabilitazione visiva e clinico-gestionali della Sezione italiana dell'agenzia internazionale per la prevenzione della cecità (SIACP), all'Azienda sanitaria di Potenza (ASP), in coordinamento, per le stesse attività, con l'Azienda sanitaria di Matera.

Il comma 2 del suddetto articolo prevede, poi, (oltre al trasferimento delle dotazioni strumentali e finanziarie, assegnate dalla Regione al SIACP e non ancora utilizzate, alla ASP) il subentro della stessa ASP «nei contratti di lavoro di diritto privato del personale in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, senza che ciò costituisca l'instaurarsi di un rapporto di pubblico impiego».

Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, quest'ultima disposizione contrasta con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto consente l'inquadramento in una pubblica amministrazione di personale non selezionato attraverso pubblico concorso. Essa, inoltre, vìola l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile, poiché prevede una modalità di assunzione del suddetto personale (un contratto di diritto privato a tempo indeterminato che non comporterebbe inquadramento nei ruoli della ASP) sconosciuta dal vigente ordinamento statale.

1.2.- L'art. 29, comma 6, lettera g), della medesima legge reg. Basilicata n. 7 del 2013 include tra le possibili varianti ai piani nelle aree industriali quelle che prevedano modifiche alle distanze dai confini, purché siano rispettate le distanze «dettate dal codice civile».

Il ricorrente afferma che la predetta disposizione di legge, non contemplando espressamente, oltre all'obbligo di osservanza del codice civile, anche quello del rispetto delle distanze tra i fabbricati di cui all'art. 9 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), contrasta con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile.

2.- La censura formulata con riguardo all'art. 16, comma 2, della legge reg. Basilicata n. 7 del 2013, è chiaramente rivolta contro l'art. 27, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Basilicata n. 26 del 2011, nel testo sostituito dal succitato art. 16, che prevede la successione dell'ASP nel contratto di lavoro privato del personale della SIACP, senza costituzione di alcun rapporto di pubblico impiego.

2.1.- Così intesa, la questione è fondata, poiché la norma impugnata vìola gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Il concorso pubblico costituisce la modalità generale ed ordinaria di accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni. Questa Corte ha già ritenuto illegittimo il mancato ricorso a detta forma di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni in relazione a norme regionali di generale ed automatico reinquadramento del personale di enti di diritto privato nei ruoli di Regioni o enti pubblici regionali, perché un simile trasferimento si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'art. 97 Cost. (sentenze n. 227 del 2013, n. 62 del 2012, n. 310 e n. 299 del 2011, n. 267 del 2010).

Neppure il principio in base al quale il passaggio di attività da uno ad altro soggetto comporta il trasferimento del personale ivi addetto «consente di prescindere dall'esigenza di pari condizioni di accesso di tutti i cittadini e di selezione dei migliori» (sentenza n. 227 del 2013).

La mancata previsione di un concorso pubblico ai fini della successione dell'ASP nei rapporti di lavoro del personale già dipendente dalla SIACP integra la denunciata violazione degli artt. 3 e 97 Cost., senza che possa indurre a diversa conclusione l'espressa esclusione, sancita nella norma censurata, dell'instaurazione di un rapporto di pubblico impiego. Infatti, la prosecuzione del rapporto di lavoro con una pubblica amministrazione non può che risolversi nell'insorgenza di un rapporto di impiego pubblico alle dipendenze di quest'ultima.

Neppure vale osservare che questa Corte ha, in via di principio, riconosciuto che si possa eccezionalmente derogare alla regola del pubblico concorso, quando lo scostarsi dalla stessa si riveli a sua volta maggiormente funzionale al buon andamento dell'amministrazione e ricorrano straordinarie esigenze d'interesse pubblico (da ultimo, sentenza n. 217 del 2012). Infatti non si rinviene alcuna ragione o esigenza che, nella specie, possa giustificare una deroga siffatta.

Va quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Basilicata n. 26 del 2011, nel testo introdotto dall'art. 16 della legge reg. Basilicata n. 7 del 2013.

Resta assorbito l'ulteriore profilo di illegittimità prospettato dall'Avvocatura generale dello Stato.

3.- La questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 6, lettera g), della legge reg. Basilicata n. 7 del 2013 non è fondata, nei sensi di seguito precisati.

La disciplina delle distanze tra i fabbricati va ricondotta alla materia dell'«ordinamento civile», di competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 6 del 2013, n. 114 del 2012, n. 232 del 2005; ordinanza n. 173 del 2011). Deve però essere precisato che «i fabbricati insistono su di un territorio che può avere rispetto ad altri - per ragioni naturali e storiche - specifiche caratteristiche, [sicché] la disciplina che li riguarda - ed in particolare quella dei loro rapporti nel territorio stesso - esorbita dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca anche interessi pubblici» (sentenza n. 232 del 2005), la cui cura è stata affidata alle Regioni, in base alla competenza concorrente in materia di «governo del territorio» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Dunque, se, in linea di principio, la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella competenza legislativa statale esclusiva, alle Regioni è comunque consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nella normativa statale, anche se unicamente a condizione che tale deroga sia giustificata dall'esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio.

Ne consegue che la legislazione regionale che interviene sulle distanze, interferendo con l'ordinamento civile, è legittima solo in quanto persegue chiaramente finalità di carattere urbanistico, demandando l'operatività dei suoi precetti a «strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio» (sentenza n. 232 del 2005). Le norme regionali che, disciplinando le distanze tra edifici, esulino, invece, da tali finalità, risultano invasive della materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Nella delimitazione dei rispettivi ambiti di competenza - statale in materia di «ordinamento civile» e concorrente in materia di «governo del territorio» -, il punto di equilibrio è stato rinvenuto nell'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, che questa Corte ha più volte ritenuto dotato di efficacia precettiva e inderogabile (sentenze n. 114 del 2012 e n. 232 del 2005; ordinanza n. 173 del 2011). Tale disposto ammette distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo «nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche».

In definitiva, le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici sono consentite se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio (sentenza n. 6 del 2013).

Tale principio è stato sostanzialmente recepito dal legislatore statale con l'art. 30, comma 1, 0a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha inserito, dopo l'art. 2 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - Testo A), l'art. 2-bis, a norma del quale «Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali».

La norma regionale impugnata dev'essere, dunque, scrutinata alla luce dei suesposti princìpi. Essa s'inserisce in un elenco di varianti ai piani vigenti alla data di entrata in vigore della legge reg. Basilicata n. 7 del 2013, che, nel quadro di una normativa transitoria applicabile nelle aree industriali lucane, è previsto siano adottate e approvate dal consiglio di amministrazione del Consorzio territorialmente competente, in deroga alla normale procedura regolata dai commi precedenti dello stesso art. 29, «anche su istanza degli operatori economici insediati o che intendano insediarsi nell'area, […] previo espletamento delle procedure di partecipazione per osservazione di cui all'art. 9, comma 2, della legge regionale 11 agosto 1999, n. 23».

Le varianti di cui alla disposizione regionale denunciata attengono, dunque, a strumenti urbanistici mirati (come i piani di area di sviluppo industriale), i quali producono, a norma dell'art. 51, sesto comma, del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno), «gli stessi effetti giuridici del piano territoriale di coordinamento di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150». Tanto determina, per i Comuni ricadenti nell'ambito del piano, l'obbligo di adeguare ad esso i propri strumenti urbanistici [art. 6 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica)].

Conseguentemente, ricorre nella specie quella finalizzazione urbanistica dell'intervento regionale, intesa alla costruzione di un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio, che costituisce l'estrinsecazione della relativa competenza legislativa regionale.

Peraltro, venendo in rilievo una competenza concorrente riguardo ad una materia che, relativamente alla disciplina delle distanze, interferisce con altra di spettanza esclusiva dello Stato, non v'è dubbio che debbano essere comunque osservati i principi della legislazione statale quali «si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato» (sentenza n. 230 del 2005).

Quindi, seppure il regime delle distanze ha la sua prima collocazione nel codice civile, la stessa disciplina ivi contenuta è poi precisata in ulteriori interventi normativi, tra cui rileva, in particolare, il d.m. n. 1444 del 1968, costituente un corpo unico con la regolazione codicistica.

Per tali ragioni d'ordine sistematico, l'esplicito richiamo al codice civile contenuto nell'art. 29, comma 6, lettera g), della legge reg. Basilicata n. 7 del 2013 deve essere inteso come riferito all'intera disciplina civilistica di cui il citato decreto ministeriale è parte integrante e fondamentale.

Così interpretata, la disposizione regionale censurata risulta pienamente rispettosa della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia civilistica dei rapporti interprivati, appunto perché essa impone il rispetto del codice civile e di tutte le disposizioni integrative dettate in tema di distanze nell'ambito dell'ordinamento civile, comprese quelle di cui all'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 2, ultimo periodo, della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale della Regione Basilicata - Legge finanziaria 2012), nel testo sostituito dall'art. 16 della legge della Regione Basilicata 16 aprile 2013, n. 7 (Disposizioni nei vari settori di intervento della Regione Basilicata);

2) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 6, lettera g), della legge della Regione Basilicata n. 7 del 2013, promossa, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2014.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI

Da: xpz31/07/2017 23:22:02
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, commi 2 e 4, della legge della Regione Lombardia 16 luglio 2012, n. 12 (Assestamento al bilancio per l'esercizio finanziario 2012 ed al bilancio pluriennale 2012/2014 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 14-19 settembre 2012, depositato in cancelleria il 18 settembre 2012 ed iscritto al n. 124 del registro ricorsi 2012.

Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 2013 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l'avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Fabio Cintioli per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 19 settembre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, commi 2 e 4, della legge della Regione Lombardia 16 luglio 2012, n. 12 (Assestamento al bilancio per l'esercizio finanziario 2012 ed al bilancio pluriennale 2012/2014 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali).

Riferisce il ricorrente che l'art. 12, comma 2, di detta legge regionale, in materia di bilancio, nel modificare l'assetto organizzativo della compartecipata società di diritto privato "Lombardia informatica s.p.a.", ha disposto l'inquadramento del personale della suddetta società - che, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, operava per la Centrale regionale acquisti alla data del 1° gennaio 2012 - in un ruolo speciale, ad esaurimento, della appena istituita "Agenzia regionale centrale acquisti in favore degli enti delle pubbliche amministrazioni aventi sede nella Regione Lombardia".

Riferisce, ancora, il ricorrente, che il successivo comma 4 dello stesso art. 12 dispone, inoltre, che il personale della società "Cestec s.p.a.", con contratto di lavoro a tempo indeterminato, preposto alle funzioni amministrative di cui all'art. 10, comma 1, della medesima legge, venga inquadrato in un ruolo speciale ad esaurimento presso la "Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Lombardia" (ARPA), ente di diritto pubblico istituito con legge regionale 14 agosto 1999, n. 16.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni di cui ai citati commi 2 e 4 dell'art. 12, nella parte in cui dispongono tout court l'inquadramento nel ruolo di enti pubblici, senza previo superamento di un concorso pubblico, di personale dipendente da società private, confliggono con i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, nonché con il principio del pubblico concorso, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione. Dette disposizioni, invero, si discosterebbero dal suddetto principio, senza fornire alcun elemento esplicativo delle ragioni di interesse pubblico poste a fondamento della deroga disposta.

2. - Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia e, dopo aver eccepito, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso, dato che il ricorrente non avrebbe neppure tentato un'interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate, nel merito ha sostenuto la sua infondatezza.

Invero, secondo la Regione, trattandosi di una misura volta alla razionalizzazione delle società partecipate da enti pubblici, la censurata disposizione introdurrebbe una deroga al principio del pubblico concorso, che sarebbe giustificata dall'interesse pubblico ad assicurare la continuità della attività, precedentemente svolta dalle predette società ed ora devoluta alla Regione, dato che, attraverso la conservazione delle unità di personale in servizio, si perseguirebbe lo scopo di salvaguardare le loro professionalità.

Inoltre, si tratterebbe pur sempre di personale dipendente di società partecipate che, come disposto dall'art. 18 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 del (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, sarebbe stato selezionato nel rispetto delle prescrizioni dettate dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Infine, il personale verrebbe immesso in un ruolo ad esaurimento e non nel ruolo ordinario, non contrastando con il principio del pubblico concorso, vigente solo per la selezione del personale di ruolo.

3. - In data 15 aprile 2013 il Presidente del Consiglio ha depositato una visura camerale relativa alla "Lombardia Informatica s.p.a." ed alla "Cestec s.p.a.".

Considerato in diritto

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 12, commi 2 e 4, della legge della Regione Lombardia 16 luglio 2012, n. 12 (Assestamento al bilancio per l'esercizio finanziario 2012 ed al bilancio pluriennale 2012/2014 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali).

Le disposizioni regionali censurate, finalizzate alla razionalizzazione della spesa pubblica, attraverso la riorganizzazione delle società partecipate dalla Regione dispongono il trasferimento delle funzioni di due società in house della regione Lombardia (la Lombardia Informatica s.p.a. e la Cestec s.p.a.) a strutture organizzative regionali.

In tale prospettiva, per attuare tale trasferimento di funzioni, esse prevedono anche l'inquadramento del personale in servizio a tempo indeterminato delle due società partecipate in altrettanti ruoli speciali ad esaurimento presso due articolazioni della Regione stessa. In particolare, il comma 2 della norma censurata dispone il trasferimento del personale della Lombardia Informatica s.p.a. presso l'Agenzia regionale centrale acquisti e il comma 4 della stessa norma dispone il trasferimento del personale della Cestec s.p.a. presso l'ARPA.

Il Presidente del Consiglio dei ministri si duole della circostanza che, per effetto delle due menzionate disposizioni regionali, si determinerebbe l'assunzione a tempo indeterminato da parte della Regione di tutto il personale precedentemente in servizio presso le società controllate, in mancanza di una procedura selettiva aperta al pubblico e, dunque, in violazione dei canoni di ragionevolezza e del principio del pubblico concorso, di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

La Regione difende la legittimità delle disposizioni censurate, in primo luogo, sottolineando che la deroga al principio del pubblico concorso, che essa introduce, sarebbe giustificata dall'interesse pubblico ad assicurare la continuità della attività, precedentemente svolta dalle predette società ed ora devoluta alla Regione, dato che, attraverso la conservazione delle unità di personale in servizio, si perseguirebbe lo scopo di salvaguardare le loro professionalità.

In secondo luogo, evidenzia la Regione, il personale già in servizio presso le società controllate - e stabilmente inquadrato presso le stesse con contratto di lavoro a tempo indeterminato - era stato selezionato con procedure simili a quelle previste per l'impiego pubblico, e ciò in attuazione del principio dettato dall'art. 18 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), che obbliga le società partecipate ad adottare con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dell'art. 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Infine, la Regione sottolinea come l'inquadramento presso i ruoli ad esaurimento della Regione non equivale a un vero e proprio inquadramento in ruolo, dato il carattere transitorio dei ruoli speciali ad esaurimento, istituiti ad hoc, rispettivamente presso l'Agenzia regionale centrale acquisti e presso l'ARPA.

2. - Preliminarmente, deve essere rilevato che, nelle more del giudizio, la norma regionale, nei due commi censurati, è stata modificata dall'art. 1 della successiva legge della Regione Lombardia 24 dicembre 2012, n. 21 (Interventi normativi per l'attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - Collegato ordinamentale 2013), per effetto della quale è stato abrogato il comma 2 dell'articolo 12, mentre il comma 4 dell'articolo 12 è stato sostituito da una norma che prevede un regime dei contratti di lavoro parzialmente discordante da quello dettato dalla norma originaria, nel quale i dipendenti a tempo indeterminato in servizio presso Lombardia Informatica s.p.a. e presso Cestec s.p.a. sono inquadrati, rispettivamente, nei ruoli dell'Agenzia regionale centrale acquisti e nei ruoli di ARPA Lombardia «a seguito di esito positivo della procedura selettiva che è espletata nei limiti e a valere sulle facoltà assunzionali dell'ente, nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge recante (Interventi normativi per l'attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - Collegato ordinamentale 2013)».

In sintesi, la nuova disciplina, sostituendo al sistema del trasferimento automatico dei lavoratori quello basato sull'espletamento di una prova attitudinale e condizionando il trasferimento alla effettiva disponibilità, da parte della Regione, delle risorse finanziarie per l'aggiunta in pianta organica dei nuovi posti da coprire, ha posto nel nulla, in modo definitivo e retroattivo, il contenuto dispositivo dei due commi originari, per cui non residua alcuna possibilità che gli stessi abbiano avuto medio tempore attuazione.

Per altro verso, deve essere rilevata la sostanziale omogeneità della nuova disciplina rispetto a quella sostituita, dato che anche la nuova disposizione autorizza il trasferimento di personale, in mancanza di concorso aperto al pubblico, esclusivamente sulla base di una prova attitudinale riservata al personale già assunto presso la società in house. Di conseguenza, potendosi considerare la nuova disciplina regionale non satisfattiva rispetto alle doglianze sollevate dal legislatore statale, va disposto, in linea con la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 198 del 2012), il trasferimento della questione sulla nuova norma, quale risultante in seguito all'avvenuta abrogazione del comma 2 ed alla modificazione del comma 4 operata dall'art. 1 della legge della Regione Lombardia n. 21 del 2012.

3. - Nel merito, la questione è fondata.

In base alla giurisprudenza di questa Corte, un interesse pubblico per la deroga al principio del pubblico concorso, al fine di valorizzare pregresse esperienze professionali dei lavoratori assunti, può ricorrere solo in determinate circostanze: è necessario, infatti, che la legge stabilisca preventivamente le condizioni per l'esercizio del potere di assunzione, subordini la costituzione del rapporto a tempo indeterminato all'accertamento di specifiche necessità funzionali dell'amministrazione e preveda procedure di verifica dell'attività svolta; il che presuppone che i soggetti da assumere abbiano maturato tale esperienza all'interno della pubblica amministrazione, e non alle dipendenze di datori di lavoro esterni (sentenza n. 215 del 2009). Inoltre, la deroga al predetto principio deve essere contenuta entro determinati limiti percentuali, per non precludere in modo assoluto la possibilità di accesso della generalità dei cittadini a detti posti pubblici (sentenza n. 108 del 2011).

La legge censurata si pone in contrasto con i predetti principi. Essa individua soltanto in modo generico le ragioni giustificatrici della deroga sul piano della funzionalità e non prevede meccanismi di verifica dell'attività professionale svolta, né limiti percentuali all'assunzione senza concorso.

La Regione resistente, infatti, si limita a precisare che il personale in questione era titolare di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con le società partecipate e a invocare la deroga all'osservanza del principio del pubblico concorso, di cui all'art. 97 Cost.

Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte non lascia adito a dubbi. In relazione ad una norma regionale che disponeva un generale ed automatico transito del personale di una persona giuridica di diritto privato nell'organico di un soggetto pubblico regionale, senza il previo espletamento di alcuna procedura selettiva di tipo concorsuale, si è statuito che il mancato ricorso a tale forma generale e ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione non trova alcuna ragione giustificatrice in ipotesi di tale genere. Il trasferimento da una società partecipata alla Regione o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti che possono beneficiare della norma impugnata, in violazione dell'art. 97 Cost. (sent. n. 62 del 2012).

In altre decisioni questa Corte ha precisato che la modalità privatistica scelta dall'ente pubblico controllante per realizzare le proprie finalità, che connota tutta l'azione contrattuale posta in essere da tali società commerciali, ivi comprese le modalità di reclutamento del personale, rende non assimilabile il rapporto di lavoro con tali società a un rapporto di lavoro pubblico. Il controllo, da parte dell'ente pubblico, della totalità (o di una quota rilevante) delle azioni delle predette società commerciali non è, infatti, sufficiente per giustificare il diverso assunto prospettato dalla Regione. Né ha valore il fatto che, in base a quanto prescritto dall'art. 18 del decreto-legge n. 112, del 2008, il predetto personale è stato, a sua volta, individuato e reclutato sulla base di criteri e modi rispettosi dei principi di pubblicità, di trasparenza, di pari opportunità e di decentramento di cui al comma 3 dell'articolo 35 del d. lgs. n. 165 del 2001. Infatti, anche ammesso che tali criteri siano in concreto rispettati dalla Regione, la normativa richiamata non assicura che la selezione degli stessi sia avvenuta mediante procedure selettive aperte al pubblico, come richiesto dall'art. 97 Cost., e con garanzia di imparzialità di reclutamento.

La natura puramente privata del lavoro alle dipendenze delle società partecipate, del resto, rende inoperante, nella fattispecie del trasferimento di funzioni da una società partecipata ad un ente pubblico, la stessa garanzia del posto di lavoro, che l'art. 2112 cod. civ. riconosce, in ambito privato, ai lavoratori subordinati in caso di trasferimento di azienda. L'art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, che dispone esplicitamente l'applicazione di tale garanzia, nel settore del lavoro pubblico, al passaggio di funzioni e dipendenti da enti pubblici ad altri soggetti (pubblici o privati), non richiama la predetta garanzia per le ipotesi in cui il passaggio di funzioni avvenga - come nel caso previsto dalla legge regionale censurata - da soggetti privati ad enti pubblici: in tali ipotesi, infatti, l'automatico trasferimento dei lavoratori presuppone un passaggio di status - da dipendenti privati a dipendenti pubblici (ancorché in regime di lavoro privatizzato) - che, si ripete, non può avvenire in assenza di una prova concorsuale aperta al pubblico (in tal senso, sent. n. 226 del 2012).

C'è da aggiungere che il vulnus determinato dall'originaria disposizione non è stato in alcun modo attenuato dalle modifiche apportate alla stessa dalla legge reg. Lombardia n. 21 del 2012.

La circostanza che il trasferimento sia stato condizionato al previo superamento di un test attitudinale non rende la disposizione censurata, così modificata, meno lesiva degli invocati principi costituzionali. Non si pone, infatti, in tal modo, alcun rimedio al carattere "chiuso" dell'individuazione degli aspiranti titolari dei nuovi posti di ruolo resi disponibili, dal momento che la partecipazione alle prove selettive è chiaramente riservata ai soli dipendenti delle società partecipate. Questa Corte ha precisato che «anche in regime di impiego pubblico privatizzato […] il collocamento in ruolo costituisce la modalità attraverso la quale si realizza l'inserimento stabile dell'impiegato in un posto della pianta organica di una pubblica amministrazione, cosicché la garanzia del concorso pubblico non può che riguardare anche l'ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato in rapporto di ruolo, allorché - come si è detto - l'accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta avvenuto mediante una procedura concorsuale» (sentenze n. 205 del 2004 e n. 215 del 2009).

D'altra parte, neppure la limitazione del predetto trasferimento nell'ambito delle capacità di assunzione dell'ente è in grado di ovviare al descritto vulnus. Tale limite, infatti, pur meritevolmente finalizzato alla razionalizzazione della spesa pubblica, non spiega alcun effetto rispetto all'inosservanza dei principi costituzionali, invocati nel presente giudizio, di pubblicità del concorso e di tutela della necessaria professionalità dei dipendenti della pubblica amministrazione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4, della legge della Regione Lombardia 16 luglio 2012, n. 12 (Assestamento al bilancio per l'esercizio finanziario 2012 ed al bilancio pluriennale 2012/2014 a legislazione vigente e programmatico - I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali), come sostituito dall'art. 1 della legge della Regione Lombardia 24 dicembre 2012, n. 21 (Interventi normativi per l'attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative - collegato ordina mentale 2013).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2013.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI


Da: Ernesto Maria31/07/2017 23:28:27
Vi ho tolto la Calabró dalla DC Personale, siete contenti?
A Monaco l'ho parcheggiato, siete contenti?
A Polito l'ho messo al Personale, siete contenti?
In DC Accertamento tra poco metterò un mio fido di ex Equitalia.

Da: lambada  -banned!-31/07/2017 23:29:55

- Messaggio eliminato -

Da: Statuto31/07/2017 23:55:19
Resta ferma l'erogazione del contributo previsto dall'art. 9,
comma 5 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159, qualora
ricorrano le circostanze ivi previste.

Da: 0184231/07/2017 23:58:01
La natura di ente pubblico economico nella sentenza del Consiglio di Stato n.1842 del 10/4/2015

Con la sentenza n. 1842 del 10/4/2015, la Sez. III del Consiglio di Stato ha rilevato che la natura di ente pubblico economico va individuata tenendo presente la disciplina legale e statutaria che ne regola l'attività con riferimento agli scopi dell'ente medesimo, non rilevando a tal fine solo l'oggetto dell'attività stessa. E' di natura economica l'ente che produce (per legge e per statuto) beni e servizi con criteri di economicità con equivalenza tra costi e ricavi, in analogia ad un comune imprenditore. Se l'ente può normativamente perseguire finalità con finanziamenti pubblici, diversi dai corrispettivi ottenuti, la gestione non va inquadrata nel settore degli organismi non economici. TESTO DELLA SENTENZA   N. 01842/2015REG.PROV.COLL. N. 08855/2009 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8855 del 2009, proposto da: Azienda Speciale Chieti Solidale, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Vincenzo Larizza e dall'Avv. Germano Nuzzo, del Foro di Chieti, con domicilio eletto presso l'Avv. Dario Buzzelli in Roma, Via Pasubio, n. 15; contro Francesca Alleva, rappresentata e difesa dall'Avv. Angela Marina Nigro e dall'Avv. Nicola Rullo, del Foro […]

Da: 0184201/08/2017 00:02:33
Se tuttavia l'ente può normativamente perseguire molte finalità con finanziamenti dello Stato
e di altri enti pubblici e, cioè, diversi dai corrispettivi ottenuti, indipendentemente dall'utilizzazione
concreta, la gestione, comunque, non è economica, non avendo effetti automatici, come ha precisato
la Corte regolatrice della giurisdizione, la sopravvenienza della l. 142/1990, contenente la riforma
degli enti locali, in assenza di trasformazione o soppressione della struttura associativa preesistente
(Cass., Sez. Un., 20.10.2000, n. 1132).

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