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14 dicembre 2011 - Parere Penale
1769 messaggi, letto 112468 volte
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Da: NINCO NANCO14/12/2011 15:33:04
Infatti Archimede, che fermò le navi romane con gli specchi, non era di Abbiate Grasso ma di Siracusa. Orazio non era di legnano ma di  Venosa in Lucania. Pitagora non è di segrate ma di Crotone

Da: traccia 2 prima parte14/12/2011 15:33:05
er poter dare una risposta al quesito giuridico proposto in favore del sig. Caio dovrà verificarsi se la condotta del sig. Tizio configuri il reato di appropriazione indebita, e se lo stesso sia perseguibile giudizialmente.
Tizio riceve in conto vendita da Caio della merce da esporre nel proprio negozio, al fine di venderla ad un prezzo preventivamente determinato, nel termine di 4 mesi.
Soltanto dopo diversi mesi Caio viene a sapere che la merce è rimasta invenduta e che Tizio con varie scuse non vuole restituirgliela.
La fattispecie descritta configura il reato di appropriazione indebita disciplinato dall'art. 646 cp, e che si sostanzia nella condotta di chi, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui. È necessario che l'autore del reato abbia, a qualsiasi titolo, almeno il possesso del bene.
Secondo la tesi maggioritaria non è necessario che la situazione di possesso sia qualificabile secondo il corrispondente civilistico. Si afferma che mentre il possesso di nozione civilistica esige il concorso dell'elemento materiale ovvero la disponibilità e potere fisico sulla cosa, e dell'elemento spirituale ovverosia il proposito di comportarsi come titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale, il corrispondente penalistico ex art. 646 cp è comprensivo della detenzione a qualsiasi titolo (come ad esempio in caso di locazione, comodato, deposito, mandato) (Cass., n. 6937/2011).

Da: Marco_7914/12/2011 15:33:16
x veneret

non c'è 476-479 perchè la mail non reca una sottoscrizione certa data solo dal al c.d. firma digitale e pec.

Da: Ggiulia514/12/2011 15:33:35
Anche a me il commissario ha detto che era sbagliata, va cambiata...

Da: veneret14/12/2011 15:34:02
non lo so aiutooo sto cercando ma nn trovo devo aiutare un'amica i commissari parlano di art 479 e 476....che relazione con il 323?

Da: aa14/12/2011 15:34:15
soluzione della prima traccia per favore

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Da: X Giustiziere14/12/2011 15:34:35
Poverino fai tanto il saccente e poi nemmeno gli arcaismi conosci...
Ma perchè non vai a farti un bagno nel pò sperando che le correnti possano affogarti... E' la gente come te che rovina questo paese... Dovrebbero bruciarvi tutti... E adesso smettila che hai rotto le palle... non continuare con ste cazzate che i ragazzi devono lavorare! Non possono mettersi con le tue minkiate... se non hai nulla da fare ascolta un consiglio: impiccati e fai un favore ai tuoi genitori ed all'umanità...
E si chiude qui... Demente!!!

Da: Disgustoso14/12/2011 15:34:46
Potete solo far riferimento al passato....
Purtroppo siete rimasti indietro...

Da: praticante disperato14/12/2011 15:35:09
soluzione traccia n. 1 commento cass. pen. 16 febbraio 2010 n. 19463 in Cass. pen. giugno 2011 pag. 2198 Dr. Mengoni. che anticipa la soluzione delle sezioni unite di ottobre 2011

Da: Disgustoso14/12/2011 15:35:33
Che passino per martiri questi ladri è folle

Da: Disgustoso14/12/2011 15:35:43
Mi dispiace essere cosi disumanamente imbecille e totalmente disadattato, ma capitemi, sono tanto triste e solo e mi sfogo sui forum anonimi perche' faccio schifo a me stesso e mi vergogno di relazionarmi con gl altri... Chiedo scusa a tutti

Da: lillina39 14/12/2011 15:35:52
la soluzione della prima?

Da: corolla 14/12/2011 15:36:02
dove trovo il parere di estrella

Da: 2 traccia14/12/2011 15:36:18
Mi viene chiesto parere circa l'individuazione delle forme di tutela, in sede penale, azionabili dal Sig. Caio nei confronti del Sig. Tizio il quale ultimo, avendo ricevuto della merce in conto vendita dal primo, anche dopo numerose sollecitazioni, dopo diversi mesi dalla scadenza del termine per la vendita o riconsegna, ha omesso la restituzione dei beni pur negozialmente convenuta.
Queste, in particolare, le circostanze dedotte alla mia cognizione:
- in data 20 gennaio 2011, il Sig. Caio, richiedente il parere, ha consegnato (in conto vendita) al Sig. Tizio della merce affinché quest'ultimo la esponesse nel proprio negozio onde procedere alla vendita della stessa a prezzo prestabilito;
- nel medesimo accordo le parti, i Sig.ri Tizio e Caio, hanno preventivamente stabilito che la consegna in conto vendita avesse termine di 4 mesi, decorsi i quali Tizio avrebbe dovuto corrispondere a Caio il prezzo predeterminato della vendita ovvero procedere alla riconsegna della medesima merce;
- allo spirare del termine di quattro mesi il Sig. Tizio ha omesso di fornire alcuna informazione sull'esito della vendita e, in particolare, di informare il Sig. Caio che la merce fosse rimasta invenduta (con conseguente obbligo contrattuale di restituzione);
- nel mese di luglio 2011 a seguito di una discussione per divergenze di opinione in merito ad altri affari, il Sig. Caio ha chiesto notizie circa la avvenuta esecuzione del contratto, ricevendo dal Sig. Tizio risposte evasive;
- al rientro dalle vacanze estive il Sig. Caio, nel compiere un ulteriore tentativo di contattare tizio per la restituzione della merce ovvero del corrispettivo, ha appreso dalla segretaria del Sig. Tizio che la merce fosse rimasta invenduta.
* * *
Il quesito sottoposto impone di affrontare, preliminarmente, l'esame della condotta del Sig. Tizio onde individuarne gli eventuali profili di rilevanza penale, l'eventuale sussistenza di particolari forme di manifestazione del reato con particolare riguardo alla indivudazione delle circostanze; non mancando di analizzare le condizioni di procedibilità che caratterizzano l'eventuale reato ascrivibile al Sig. Tizio.
Giova in primo luogo evidenziare che, dall'esame delle contingenze poste alla mia attenzione, la condotta del Sig. Tizio (omessa restituzione di merce di proprietà del Sig. Caio e dunque non più legittimato ad esercitare un autonomo potere di fatto sulla cosa) integra la fattispecie penale delineata dall'art. 646 cod. pen. (posto sotto il Titolo XIII "dei delitti contro il patrimonio", Capo II "Dei delitti contro il patrimonio mediante frode"), ossia il reato di appropriazione indebita.
In particolare, il delitto di appropriazione indebita si realizza nell'ipotesi in cui taluno, per procurare a sé o ad altri, un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. Il trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore per questa fattispecie incriminatrice è quello della reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a euro  1.032. Per aversi appropriazione indebita, nel significato tipico della fattispecie in esame, è necessario infatti che il soggetto agente si comporti, nei confronti del denaro o della cosa mobile altrui di cui ha il possesso, uti dominus, cioè come se ne fosse il proprietario e, quindi, oltrepassando le facoltà di disposizione del bene consentitegli dal titolo in virtù del quale lo possiede.
La giurisprudenza specifica che qualora il possessore non adempia l'obbligo di restituire la cosa (ritenzione), il reato di appropriazione indebita sussiste se egli oppone alla richiesta un rifiuto immotivato o pretestuoso oppure si comporti in modo da dimostrare la volontà di continuare a tenere la cosa medesima a tempo indefinito.
Il soggetto attivo del delitto può, dunque, essere chiunque, motivo per cui l'appropriazione indebita viene usualmente annoverato nella categoria dei reati c.d. comuni, con la precisazione che l'art. 646 cod. pen. esige in ogni caso che il soggetto attivo abbia «a qualsiasi titolo il possesso» del denaro o della cosa mobile altrui (ciò che vale a distinguere la fattispecie in parola dall'art. 624 cod. pen.).
Soggetto passivo del reato, invece, è il proprietario del bene (o dei beni, nel caso di specie) mobile, nei cui confronti ed in danno del quale sia intervenuta l' interversione del titolo del possesso del denaro o delle cose mobili altrui, ed a cui spetta di presentare la querela di regola richiesta per la perseguibilità del delitto, ad eccezione delle ipotesi previste dai commi 2 e 3.
L'elemento soggettivo del delitto di appropriazione indebita, punibile esclusivamente a titolo di dolo, è costituito dalla rappresentazione e volontà di appropriarsi del bene mobile altrui posseduto.
Ai fini della consumazione del reato deve escludersi che sia necessario che l'agente abbia conseguito un profitto, quest'ultimo rappresentando una nota dell'elemento soggettivo. Quanto al momento consumativo, inoltre, esso si verifica quando si è verificato l'atto appropriativo, anche se il termine fissato per la restituzione non è ancora scaduto o non ricorra un'acquisizione di carattere duratura della signoria sulla cosa.
L'art. 646 cod. pen., inoltre, contempla una circostanza aggravate speciale del medesimo reato che ricorre nel caso in cui se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario (art. 646, comma 2, cod. pen.), prevedendo altresì che si proceda d'ufficio "se ricorre la circostanza indicata nel comma 2 dell'articolo 646 oppure in presenza di taluna delle circostanze indicate nel numero 11 dell'articolo 61" (art. 646, comma 3 cod. pen.), vale a dire quando il fatto è commesso con abuso di autorità o di relazioni domestiche ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione o di ospitalità. La maggiore gravità del fatto e la particolare violazione della fiducia dall'altro giustificano la deroga alla regola della perseguibilità a querela di parte.
Orbene, nella fattispecie sottoposta alla mia attenzione, la condotta posta in essere dal Sig. Tizio si è risolta dapprima nell'omessa restituzione, alla data contrattualmente prevista, della merce (invenduta); successivamente, nell'immotivato rifiuto opposto da Tizio alla restituzione pur richiesta dal Sig. Caio che, come visto, costituisce, nell'analisi della giurisprudenza, condotta integrante, il reato di appropriazione indebita dimostrando la volontà dell'agente Tizio di continuare a tenere la cosa medesima a tempo indefinito.
Con riferimento al secondo dei due aspetti cennati, inerente all'eventuale sussistenza di particolari forme di manifestazione del reato ed alla individuazione delle circostanze, è opportuno segnalare, ai che ci occupano, che il co.1 dell'art. 61 cod pen., al n. 11 prevede, quale circostanza aggravante l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità.
Infine occorre osservare che, quanto alle condizioni di procedibilità dell'azione penale, normalmente compete al Pubblico ministero l'esercizio d'ufficio dell'azione penale (art. 50 cod. proc. pen.) salvo i casi in cui l'esercizio dell'azione penale è subordinata all'esistenza di una delle seguenti condizioni di procedibilità: querela (artt. 336-340 c.p.p.), istanza di procedimento (art. 341 c.p.p.), richiesta di procedimento (art. 342 c.p.p.), autorizzazione a procedere (art. 343-344 c.p.p.). Nel caso che ci occupa, la condizione di procedibilità di cui si impone l'esame è quella della querela. Essa, in termini generali, costituisce la dichiarazione facoltativa con la quale la persona offesa, anche per mezzo di un procuratore speciale, manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. Può essere presentata oralmente o per iscritto al Pubblico ministero, ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad un agente consolare all'estero non oltre il termine di tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato (art. 124 c.p.). Il diritto di querela, in quanto disponibile, può essere oggetto di rinuncia (art. 339 c.p.p.) e remissione (art. 340 c.p.p.). Come ognun sa, peraltro, La mancanza della condizione di procedibilità determina i seguenti effetti: il P.M. non deve esercitare l'azione penale ma chiedere l'archiviazione della notizia di reato; all'esito dell'udienza preliminare il Giudice dell'Udienza Preliminare emette una sentenza di non luogo a procedere; se il P.M. esercita comunque l'azione penale, il giudice in ogni stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con sentenza di non doversi procedere. Diversamente dalla querela, la "denuncia da parte di privati" è uno strumento previsto dalla legge (art. 333 cod. proc. pen., a termini del quale "ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia") per informare l'ufficio legittimato all'esercizio dell'azione penale e descrivere un fatto nel quale sono ravvisabili gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio. La Denuncia e la Querela si differenziano per i seguenti motivi: a) la denuncia, al contrario della querela, può essere presentata anche da una persona diversa dalla persona offesa; b) la denuncia, a differenza della querela, non richiede la manifestazione in forma esplicita o implicita della volontà di ottenere la punizione del colpevole, perché ha una funzione semplicemente informativa di un fatto nel quale sono ravvisabili gli estremi di un reato perseguibile di ufficio; c) la querela è una condizione prevista dalla legge per poter procedere contro solo alcuni reati specifici; d) la querela, infine, può essere proposta solo entro un limitato termine.
Ciò posto, nel caso in esame, stante anche il tempo trascorso dal momento in cui il Sig. Caio ha appreso della notizia di reato ex art. 646 c.p. (conoscenza della notizia che, dalle contingenze dedotte, sembra essere oltre i tre mesi previsti dall'art. 124 c.p.), ci si deve dunque interrogare sulla possibilità di configurare nella condotta del Sig. Tizio la aggravante prevista dal n. 11 dell'art. 61, che consentirebbe l'esercizio d'ufficio dell'azione penale.
In proposito la Suprema Corte di Cassazione (Cass. pen. 17.1.2011 n. 989; nonché Cass. pen., 1.10.2008, n. 38498) ha confermato che ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 co. 1 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" comprende, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un facere, bastando che tra le parti ci sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del fatto, a nulla rilevando la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione e di dipendenza. Per effetto della richiamata decisione, è senz'altro configurabile in capo al Sig. Tizio la fattispecie penale di cui all'art. 646 c.p., con, inoltre, applicazione della circostanza aggravante prevista dall'art. 61, co. 1 n. 11, con ogni effetto sulla procedibilità d'ufficio del reato.
Alla stregua di quanto precede, la azionabilità di rimedi in sede penale nei confronti della condotta assunta dal Sig. Tizio e, in particolare, la punibilità del reato ex art. 646 c.p., presuppone la proposizione di querela (laddove non sia trascorso dalla notizia di reato il termini di tre mesi, che importerebbe in caso contrario decadenza) e, in ogni caso, la denuncia del fatto che costituisce reato, comunque procedibile d'ufficio sussistendo la aggravante prevista dall'art. 61, co. 1 n. 11 c.p.

Da: disperato14/12/2011 15:36:56
quello di circe è corretto

Da: Pippo9876654335414/12/2011 15:37:01
più lungo la prossima volta mi raccomando

Da: fefè14/12/2011 15:38:28
il richiamo all'art 479 è riferito forse al punto della traccia dove dice che il maresciallo indica il numero del procedimento penale di riferimento????

Da: veneret14/12/2011 15:39:20
importante dicono che si config il falso ideologico art 479 aiutooooo

Da: principessa8114/12/2011 15:39:37
POSTO LA SOLUZIONE CONTROLLATE PLEASE                   


ISTITUTO di riferimento: APPROPRIAZIONE INDEBITA 646 CP+CIRCOSTANZA AGGRAVANTE
COMUNE ART. 61 c11
PROBLEMATICHE:  termini per la querela che sono scaduti?  SE si cosa si può
fare?
APPROPRIAZIONE INDEBITA: art. 646 c.p.
Rientra nei reati contro il patrimonio mediante frode.
Soggetto attivo: generico (chiunque)
soggetto passivo: generico (il proprieta rio del denaro o della cosa mobile);
presupposto di reato: possesso a titolo legittimo, sia pure con diversa destinazione o motivazione, del denaro o della cosa mobile di cui ci si appropria;
dolo: specifico (al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto;
oggetto giuridico: tutela del patrimonio, in particolare del diritto di proprietà;
oggetto materiale: denaro o altra cosa mobile;
Infatti l'appropriazione indebita ê il delitto che commette chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro o di altra cosa mobile di cui ha il possesso a qualsiasi titolo.
La condotta tipica del delitto in esame consiste nell' "appropriarsi" cioè comportarsi verso la cosa come se fosse propria; arrogarsi poteri del proprietario. Tale comportamento può essere posto in essere in svariati
modi : mediante la  consumazione della cosa; oppure, nel caso in cui in capo al possessore sussista un obbligo di restituzione, il reato si configura se egli non ottemperi tale obbligo opponendo un rifiuto immotivato o comportandosi in modo concludente, dimostrando la volontà di tenere la cosa. Si
può dire che si verifica appropriazione ogni volta che il possessore compie sulla cosa atti che siano incompatibili con il diritto del proprietario. Per la sussistenza o meno di questo delitto, la prima cosa da accertare è che l'autore del reato abbia a suo tempo acquisito legittimamente il possesso del denaro o della cosa mobile di cui si appropria. (nel caso di specie a seguito di  obbligazione seppure verbale)
Differenze con il furto: Infatti, nella ipotesi in cui taluno si impossessa della cosa mobile altrui "sottraendola a chi la detiene" commette furto e non appropriazione. La differenza fra le due ipotesi delittuose (a prescindere dal fatto che il furto è un reato contro il patrimonio mediante violenza) è data dal "modo" in cui si viene in possesso della cosa mobile altrui: nel furto mediante sottrazione a chi a qualsiasi titolo la detiene, nella appropriazione indebita mediante appropriazione da parte di chi è già in possesso della cosa stessa.( è definito anche furto improprium)
Si può parlare di appropriazione quando si compiono con la cosa altrui, azioni che potrebbero essere compiute solo dal legittimo proprietario (come ad esempio destinare la cosa a scopi diversi da quelli cui il proprietario l'ha destinata, o con la vendita o consumazione della stessa a proprio vantaggio). Si consuma altresì, come ha stabilito la suprema Corte di Cassazione, mediante il rifiuto categorico di restituire la cosa altrui. Per ciò che riguarda la consumazione non dobbiamo certo farci trarre in  inganno dalla formulazione dell'articolo in esame, non essendo necessario che l'agente abbia conseguito un profitto (non è richiesto dolo specifico): tale elemento caratterizza la componente psicologica; è il fine a cui la volontà si deve dirigere. Come il conseguimento del profitto non è necessario per la consumazione del reato, così non  può ritenersi sufficiente il solo mutamento dell'animus del possessore. Questo perché un fatto puramente psichico non può portare  ad avere effetti giuridici se non accompagnato da un comportamento valutabile esteriormente. Per aversi consumazione, quindi, il soggetto deve compiere un atto di disposizione riservato al proprietario. Per la sussistenza del dolo occorre la consapevolezza del possesso della cosa e l'altruità della stessa. 
Arresto: facoltativo nella flagranza;
Fermo: non consentito;
Procedibilità: a querela della persona offesa;
Competenza: tribunale ordinario.
Nel caso di specie il reato di appropriazione indebita è procedibile a querela di parte nei termini stabiliti dall'art . 124 c.p.. Nel caso di specie i termini per proporre querela sono scaduti ma il codice  stabilisce che   l'appropriazione indebita è procedibile d'ufficio se ricorre l'aggravante speciale di aver commesso il fatto su cose possedute a titolo di deposito necessario o di aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione o di ospitalità. Quest'ultima aggravante è comune per i delitti in genere (art. 61 n. 11 c.p.), diventa specifica per l'appropriazione indebita.
Nel caso di specie l'aggravante è stata configurata a tutelare il dovere di lealtà e fedeltà nei rapporti di lavoro , convenienza e famiglia ossia in tutte quelle relazioni  interpersonali, che, generando reciproco affidamento, pongono chi ne abusi in  una posizione di arbitrario vantaggio nella commissione del delitto.
L'espressione "abuso di relazioni  di prestazione d'opera "abbraccia, nel suo  significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un facere , bastando che tra le parti ci sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del fatto, a nulla rilevando la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione e di dipendenza; nel caso di mandato a vendere una cosa mobile, donde nasce un  rapporto do prestazione d'opera tra le parti, ricorre il reato di  appropriazione indebita, con l'aggravante, quando il mandatario abbia  approfittato della particolare fiducia in lui riposta dal mandante per  appropriarsi con maggiore faciltà della cosa a lui affidata. L'espressione abuso di relazioni di prestazioni d'opera abbraccia, oltre ipotesi di un contratto di lavoro, anche tutti i rapporti giuridici che  comportino l'obbligo di facere e che istaurino tra le parti un rapporto di  fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto e che non si risolva in un rapporto meramente occasionale ed estemporaneo, connesso a ragioni di semplice amicizia.
Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" abbraccia, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un "facere" e che instaurino, comunque, tra le partì un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto. Cassazione, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 989
CONCLUSIONI
Nel caso di specie si consiglia essendo nella fattispecie di  delitti perseguibili d'ufficio al fine di attivare un procedimento penale ,  è necessario far giungere a qualsiasi autorità competente, una notizia di reato, attraverso la denuncia, evidenziando che una volta attivata questa procedura la stessa non pùò essere rimessa

Da: Traccia 114/12/2011 15:39:49
SVOLGIMENTO

La fattispecie oggetto di parere, richiama alla nostra attenzione il reato di abuso d'ufficio che incontra puntuale disciplina nell'art. 323 c.p.
La norma punisce con la reclusione da 6 mesi a tre anni, con la possibilità di un aumento di pena nei casi di eccezionale gravità, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle proprie funzioni o del proprio servizio ed utilizzando i poteri all'uopo conferitigli, intenzionalmente commetta ovvero ometta di realizzare azioni al fine di procurare a se o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero per arrecare ad altri un danno ingiusto. Tutto ciò, salvo in casi in cui il fatto non costituisca un più grave reato.
Diremo subito che l'abuso d'ufficio rientra nella categoria dei reati contro la pubblica amministrazione e che si identifica come un "reato proprio" ; per la sua configurabilità, è necessario, infatti, che il soggetto attivo sia un pubblico ufficiale od un incaricato di pubblico servizio.
In altre parole, la condotta sanzionata deve necessariamente identificarsi con l'abuso "funzionale", cioè, come già accennato, con l'esercizio delle potestà e con l'uso di facoltà inerenti ad una funzione pubblica per finalità differenti da quelle per le quali l'esercizio del potere è concesso. Tale abuso, tuttavia, non dovrà limitarsi allo stadio potenziale; non basterà un semplice "abuso della qualità" ma occorrerà, piuttosto, un concreto esercizio delle funzioni o del servizio da parte del soggetto e cioè un abuso "concreto". Il legislatore, nella formulazione dell'art. 323 p.c. , tra l'altro rivisitata con la l. n. 234 del 1997, richiede poi che, per aversi punibilità, l'abuso deve estrinsecarsi nella violazione di norme di legge o di regolamento o dell'obbligo giuridico di astenersi, tipizzando,così, i fatti di abuso, in maniera da garantire la sfera di discrezionalità della Pubblica Amministrazione rispetto ad eventuali ingerenze dei giudici chiamati a pronunciarsi sulla figura.
Nel caso di specie, la condotta del maresciallo Sempronio integra sicuramente il reato di cui all'art. 323 c.p.
Egli, infatti, avvalendosi della propria casella di posta elettronica, sì, non certificata, ma cmq con un dominio riferito al proprio ufficio e accesso riservato a mezzo di una password, invia all'ufficio dell'anagrafe del comune una e-mail, da lui sottoscritta e col pretesto di un'indagine fasulla, chiedendo che gli siano forniti tutti gli elenchi di tutti gli individui di sesso maschile e femminile che si accingono a compiere la maggiore età al fine di trasmetterli a sua moglie Caia, la quale, in quanto titolare di un'autoscuola, potrà cosi agevolmente realizzare mirate proposte pubblicitarie per i corsi di guida. Nel suo agire si configurano tutti gli elementi dell'abuso d'ufficio quali appunto la qualifica di pubblico ufficiale, l'uso del potere per il perseguimento di un fine di natura squisitamente privata laddove invece avrebbe dovuto rispettarsi l'obbligo di astensione ed il potenziale accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore della moglie Caia, nel interesse l'atto è stato posto in essere. Tali deduzioni trovano riscontro, tra l'altro, nella giurisprudenza della Suprema Corte la quale, con la sentenza n.20094 del 2011, si era,pronunciata su di un caso analogo, propendendo per la configurazione del reato di abuso di ufficio in luogo del peculato. La corte ha argomentato la posizione assunta sostenendo che, per aversi il peculato, la condotta posta in essere avrebbe dovuto consistere nell'appropriazione di danaro o altra cosa mobile altrui in possesso o nella disponibilità del responsabile per ragioni del suo ufficio con la conseguenza che la violazione dei doveri di ufficio avrebbe costituito esclusivamente la modalità della condotta. Nel caso concreto, invece, era ravvisabile una diversa situazione, tutta sussumibile nella figura criminosa dell' abuso di ufficio, in quanto si riscontrava un abuso funzionale finalizzato, mediante attività di rilevanza giuridica o comportamenti materiali, a procurare un vantaggio ad un congiunto. Ulteriore conforto è dato dalla sent. N. 43302 del 2009, la quale identifica il vantaggio patrimoniale atto a configurare l'abuso d'ufficio non solo in tutte quelle azioni che si sostanzino nel conseguimento materiale di beni o vantaggi, ma anche quando semplicemente l'abuso realizzi un accrescimento della situazione giuridica soggettiva a favore di colui nel cui interesse l'azione è stata realizzata.
Tenendo tuttavia conto del fatto che l'abuso d'ufficio è una fattispecie criminosa di evento e che nel caso concreto Sempronio sembra non aver portato a termine la sua azione delittuosa, pare giusto sostenere che egli risponderà del reato predetto solo intermini di tentativo, attenuato, tra l'altro, dalla circostanza del suo "pentimento" a mezzo della memoria scritta resa al Pubblico Ministero.

Da: x i leghisti14/12/2011 15:39:49
La nostra storia è iniziata molto prima di voi ed è finita con voi !! voi rubate da 150 anni ..

Da: Disgustoso14/12/2011 15:39:54
Dopodomani finiranno gli esami e tornerò nella mia anonima tristezza quotidiana...sarò solo come il ciglione che sono e non potrò piu chiacchierare con la gente perche' sono un cazzo di idiota solitario e menomato... Che tristezza...mi faccio pena

Da: mar14/12/2011 15:40:12
sono quasi le 16 è non c'è un parere esatto a cui fare riferimento....sopratt della 1 traccia....umm

Da: Jackill14/12/2011 15:41:04
No la prima è Padova 1222...

Da: dotty14/12/2011 15:41:30
perdete troppo tempo su questo forum e, peraltro, lasciate la prova di copiare! io fossi in voi tornerei al banco a lavorare di testa mia! e non date retta ai cmmissari

Da: x i leghisti14/12/2011 15:43:13
l'Università di Napoli è considerata in assoluto la prima università laica in Europa di tipo statale (non fondata, cioè, da corporazioni o associazioni di intellettuali, o di studenti ma in forza di un provvedimento sovrano

Da: aiutooo14/12/2011 15:43:36
i commissari parlano dell'art. 479.. è possibile??

Da: Avv_M@rco 14/12/2011 15:43:47
Quando si consuma il reato???
1) Scadenza dei quattro mesi;
2) Rifiuto della restituzione.

Oppure non analizzare il problema...cmq procedibile d'ufficio

Da: avv14/12/2011 15:44:47
aiuto prima traccia

Da: mirko66614/12/2011 15:44:54
1 traccia

c'entra qualcosa che la mail è stata inviata da c.c.

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