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14 dicembre 2011 - Parere Penale
1769 messaggi, letto 112478 volte
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Da: gallo14/12/2011 15:22:58
quale???

Da: SPAGNOLO14/12/2011 15:23:08
Io ho i soldi e vado in spagna....voi poveri scoppiate in italia...

Da: Neko14/12/2011 15:23:08
No, a Napoli alle 18 e 30 circa si consegna.

Da: giustiziere x just14/12/2011 15:23:25
ok passi tutto, ma dai non si può sentire qualcosa tipo "ti impariamo" l'educazione.
E vogliono fare gli avvocati???

Da: per la 2 traccia presa da pagine precedenti14/12/2011 15:23:46
ISTITUTO di riferimento: APPROPRIAZIONE INDEBITA 646 CP+CIRCOSTANZA AGGRAVANTE COMUNE ART. 61 c11
PROBLEMATICHE:  termini per la querela che sono scaduti?  SE si cosa si può fare?
APPROPRIAZIONE INDEBITA:
OGGETTO DEL REATO
La condotta tipica del delitto in esame consiste nell' "appropriarsi", ma va notato che tale espressione non è completamente corretta: non può essere interpretata nel senso di "fare propria"; come non è corretto considerarla nel senso di "inversione del titolo del possesso" dato che non può giuridicamente avvenire, mediante un comportamento illecito, la trasformazione del possesso in proprietà.
CONDOTTA  TIPICA: APPROPRIAZIONE E DISTRAZIONE
Passaggio obbligato diviene quindi interpretare il verbo appropriarsi quale  comportarsi verso la cosa come se fosse propria; arrogarsi poteri del proprietario. Tale comportamento può essere posto in essere in svariati modidifferenti: mediante la  consumazione della cosa; oppure, nel caso incui in capo al possessore sussista un obbligo di restituzione, il reato si configura se egli non ottemperi tale obbligo opponendo un rifiuto immotivato o comportandosi in modo concludente, dimostrando la volontà di tenere la cosa. Si può dire che si verifica appropriazione ogni volta che il possessore compie sulla cosa atti che siano incompatibili con il diritto del proprietario. Di qui, per concludere, "il termine appropriarsi non significa soltanto annettere al proprio patrimonio il denaro o la cosa mobile altrui bensì anche disporne, arbitrariamente, uti dominus sotto qualsiasi forma, sicchè l'uso arbitrario dell'uno o dell'altra dal quale derivi per il proprietario l'irreversibile perdita dell'uno o dell'altra è equiparato all'appropriazione in senso stesso". Da questa massima possiamo giungere alla constatazione di  un'ulteriore condotta punibile: la distrazione, da intendersi come  "destinazione incompatibile con il titolo e la ragione che ne giustificano il possesso"
             CONSUMAZIONE                                            
Per ciò che riguarda la consumazione non dobbiamo certo farci trarre in inganno dalla formulazione dell'articolo in esame, non essendo necessario che l'agente abbia conseguito un profitto (non è richiesto dolo specifico): tale elemento caratterizza la componente psicologica; è il fine a cui la volontà si deve dirigere. Come il conseguimento del profitto non è necessario per la consumazione del reato, così non  può ritenersi sufficiente il solo mutamento dell'animus del possessore. Questo perché un fatto puramente psichico non può portare  ad avere effetti giuridici se non accompagnato da un comportamento valutabile esteriormente. Per aversi consumazione, quindi, il soggetto deve compiere un atto di disposizione riservato al proprietario. Per la sussistenza del dolo occorre la consapevolezza del possesso della cosa e l'altruità della stessa. 

AL REATO DI APPROPRIAZIONE INDEBITA SI AFFIANCA L'AGGRAVANTE ex art. 61 comma 11 c.pdiabuso di prestazione d'opera 
L'aggravante è stata configurata a tutelare il dovere di lealtà e fedeltà nei rapporti di lavoro , convenienza e famiglia ossia in tutte quelle relazioni interpersonali, che, generando reciproco affidamento, pongono chi ne abusi in una posizione di arbitrario vantaggio nella commissione del delitto.
L'espressione "abuso di relazioni  di prestazione d'opera "abbraccia, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un facere , bastando che tra le parti ci sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del fatto, a nulla rilevando la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione e di dipendenza; nel caso di mandato a vendere una cosa mobile, donde nasce un rapporto do prestazione d'opera tra le parti, ricorre il reato di appropriazione indebita, con l'aggravante, quando il mandatario abbia approfittato della particolare fiducia in lui riposta dal mandante per appropriarsi con maggiore faciltà della cosa a lui affidata Parallelo con l'art. 646 in tema di appropriazione indebita, ai fini della ricorrenza dell' aggravante della prest. D'  opera, è sufficiente l'esistenza di un rapporto che abbia rappresentato almeno l'occasione -se non anche l'occasione giuridica- del possesso da parte dell'imputato e gli abbia consentito di commettere il reato, approfittando della particolare fiducia riposta: occorre che all'origine del possesso della cosa vi sia quindi un rapporto di prestazione d'opera, ovvero un rapporto giuridico apprezzabile, che non si risolva in un semplice rapporto fiduciario, per il reato di appropriazione indebita,
L'espressione abuso di relazioni di prestazioni d'opera abbraccia, oltre ipotesi di un contratto di lavoro, anche tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di facere e che istaurino tra le parti un rapporto di fiducia dal quale possa essere agevolata la commissione del fatto e che non si risolva in un rapporto meramente occasionale ed estemporaneo, connesso a ragioni di semplice amicizia.

In tema di appropriazione indebita, ai fini della ricorrenza della circostanza aggravante dell'abuso di prestazione d'opera e' sufficiente l'esistenza di qualsiasi rapporto, anche di mero fatto, da cui sia derivato, in capo all'agente, il possesso della cosa e che ne abbia consentito una piu' facile appropriazione, in virtu' della particolare fiducia in lui riposta.
Si tratta di una decisione in linea con il costante orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione secondo il quale la relazione di prestazione d'opera, rilevante ai fini dell'aggravante comune prevista dall'articolo 61, numero 11 c.p. (la cui sussistenza, inoltre, rende procedibile di ufficio l'appropriazione indebita, giusta il disposto del comma 3 dell'articolo 646 c.p.), corrisponde ad un concetto più ampio di quello di locazione d'opera a norma della legge civile, e comprende ogni specie di attività, materiale o intellettuale, e qualsiasi rapporto, anche di fatto, dal quale sia comunque derivato per l'agente una "agevolazione" per la commissione del reato.
Ciò vale in particolare allorquando, come nella specie, si contesti la fattispecie dell'appropriazione indebita (articolo 646 c.p.): il rapporto fiduciario tra l'agente e la persona offesa, nel consentire l'acquisizione del possesso della cosa, ne agevola indubbiamente l'appropriazione, favorita dalla condizione di minore attenzione della vittima giustificata proprio dal rapporto di fiducia instauratosi.
Nell'appropriazione indebita, detto altrimenti, l'"agevolazione" alla commissione del reato, che configura l'aggravante, è ravvisabile nell'acquisizione del possesso della cosa, favorita proprio dal rapporto fiduciario instauratori tra l'agente e la persona offesa.
A ben vedere, alla base dell'aggravante de qua stanno, quindi, la violazione del pactum fiduciae e, soprattutto, la strumentalizzazione da parte dell'agente della propria posizione che lo agevola nella realizzazione dell'illecito in un contesto di sostanziale minorata difesa della persona offesa.
In questa prospettiva, la Corte ha così ritenuta la sussistenza della aggravante dell'abuso di prestazione d'opera in relazione ad appropriazione indebita di oggetti e suppellettili costituenti corredo e mobilio di una villa di cui gli imputati avevano la disponibilità in quanto locatagli dalle persone offese.
Del resto, già in precedenza la giurisprudenza ha ritenuto ravvisabile l'aggravante in una vicenda sostanzialmente assimilabile a quella qui sub iudice, caratterizzata dalla appropriazione indebita di somme di danaro realizzata dal conduttore di un immobile locatogli dalla parte offesa (Cassazione, Sezione II, 13 dicembre 2005, Rotolo).
Alla esattezza della decisione, va soggiunto, neppure potrebbe opporsi che l'abuso di prestazione "d'opera" presupporrebbe pur sempre un rapporto giuridico che comporti l' "obbligo di un facere" (cfr. Cassazione, Sezione II, 2 febbraio 2010, Carmeci), giacchè, come bene evidenziato qui dalla Cassazione, nella fattispecie della locazione di un immobile, con la consegna dei mobili e delle suppellettili in esso contenuti, è certamente ravvisabile l'esistenza di un obbligo di facere, sostanziantesi, a ben vedere, nell'obbligo di conservazione e quindi di successiva restituzione alla scadenza del contratto.
Per completezza, va soggiunto che il rapporto di fiducia proprio della prestazione d'opera prescinde dall'esistenza di un vincolo di subordinazione o di dipendenza, tanto è vero che, anche di recente, è stata ravvisata l'appropriazione indebita aggravata ex articolo 61, numero 11, c.p. a carico di un meccanico che si era appropriato indebitamente dell'autovettura che deteneva per averla ricevuta per effettuare delle riparazioni (cfr. Cassazione, Sezione II, 18 ottobre 2011, PG in proc. Calcinaro).
Va ancora soggiunto che per la configurabilità della circostanza aggravante non è neppure di decisivo rilievo l' "attualità" della prestazione d'opera quando anche la pregressa attività, e la fiducia determinata dalla stessa, può rappresentare lo strumento abusivo utilizzato per la commissione del reato (Cassazione, Sezione IV, 23 giugno 2011, Delfino ed altro, che, quindi, nella specie, la Corte ha ritenuto irrilevante l'argomento difensivo, basato sul fatto che l'autore del furto incriminato avesse cessato le proprie funzioni di amministratore della società, interessata alla condotta incriminata, giacchè il giudice di merito aveva motivato in modo convincente sul fatto che proprio il ruolo svolto dall'imputato nella società aveva avuto essenziale rilievo per il buon esito dell'operazione bancaria utilizzata per commettere il reato).

Da: AA14/12/2011 15:23:59
Ma vi rendete conto quanto siete patetici ad insultarvi l' un l' altro. A coloro che insultano le persone del sud dimostrano di essere insicuri e mediocri ma soprattutto che temete la preparazione degli stessi. Andate a studiarvi la storia che forse imparerete qualcosa.

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Da: domi_8014/12/2011 15:24:07
qual'è il link dell'altro forum?
Grazie

Da: veneret14/12/2011 15:24:19
aiutatemi i commissari parlano di art 479 e 476 del cod pen in relazione alla traccia sull'abuso d'ufficio che cavolo c'entra?

Da: ale14/12/2011 15:24:28
par avv.te2006
TESTA DI CAZZO HO SCRITTO VELOCEMENTE MINCHIONE .
COSA CAZZO COMMENTI STRONZO

Da: rocu1977 14/12/2011 15:24:59
aiuto....... secondo parere......... alex

Da: cerifg14/12/2011 15:24:59
caro spagnolo vai pure a spendere soldi ma il cervello non si compra....

Da: giocandina14/12/2011 15:25:51
...

Da: NINCO NANCO14/12/2011 15:26:11
Per la tua ignoranza : il troncamento si effettua con l'apostrofo. La dizione esatta è ''quale è''. Per il fatto di aiutarsi per superare questo esame (la cui modalità di svolgimento è la vera truffa) capisco e condivido la tua posizione, visto che al nord non conoscete il significato di solidarietà ma quello di competitività.
Per chiarire poi la mia posizione , io sono solo ospite del forum e non mi occupo di vicende legali ma di tecnologie talmente evolute che la tua mente non riuscirebbe a comprenderle neanche i 2000 anni. Hai visto cosa fanno i figli del sud oltre agli imbrogli??

Da: Disgustoso14/12/2011 15:27:53
Siete patetici...
E' vero la differenze non è tra nord e sud ma tra gente che si comporta onestamente e ladri!!!

VERRETE BOCCIATI TUTTI

Da: Aaaaaiiiii14/12/2011 15:27:54
conclusioni 2 parere

Da: Irissina14/12/2011 15:27:59
Ninco ci piace

Da: Fiore S. 14/12/2011 15:28:01
dubbi sulla 1° traccia.
E' configurabile il reato d'abuso d'ufficio in mancanza dell'elemento oggettivo, poichè di fatto la moglie del maresciallo non ha  realizzato un vantaggio patrimoniale??
oppure per il configurarsi del reato è sufficiente la sola possibilità di realizzarlo?

Da: avv14/12/2011 15:28:25
cosa tratta il 2 parere?

Da: avv14/12/2011 15:28:26
cosa tratta il 2 parere?

Da: terrona14/12/2011 15:28:36
TU STAI ZITTO... imperativo categorico!!!

Da: INDIGNATOS14/12/2011 15:28:37
grazie... rimango in attesa...

Da: Teresaffff14/12/2011 15:29:00
art 479 e 476 anche qui

Da: pat14/12/2011 15:30:20
rispondo ad ares:

è vero che il 479 cp potrebbe destare sospetti vista la confessione, ma anche nella sentenza 348/2008 si legge (alla fine) che l'imputato aveva ammesso in sede di interrogatorio...eppure ha escluso il 476-479, quindi andrà solo ipotizzata come altra fattispecie, ma in conclusione è abuso d'ufficio, anche perchè più favorevole al cliente

Da: Disgustoso14/12/2011 15:30:25
Chiedo scusa a tutti per la mia immensa inciviltà e per il lapalissiano esempio di arroganza che sto dando a tutti voi di me stesso

Da: Avv78 14/12/2011 15:30:28
Qualche penalista mi rassicura sulla sussistenza dell'elemento soggettivo per l'appropriazione indebita nella seconda traccia.Io sono civilista pura e sul fiandaca - musco mi hanno messo qualche dubbio, anche se secondo me c'è il dolo specifico....

Mentre sul momento della consumazione del reato il buio è assoluto, credo che lascerò aperte più strade anche se propendo per il momento in cui viene chiesta la restituzione

Da: CIRCE14/12/2011 15:30:42
Mi viene chiesto parere circa l'individuazione delle forme di tutela, in sede penale, azionabili dal Sig. Caio nei confronti del Sig. Tizio il quale ultimo, avendo ricevuto della merce in conto vendita dal primo, anche dopo numerose sollecitazioni, dopo diversi mesi dalla scadenza del termine per la vendita o riconsegna, ha omesso la restituzione dei beni pur negozialmente convenuta.
Queste, in particolare, le circostanze dedotte alla mia cognizione:
- in data 20 gennaio 2011, il Sig. Caio, richiedente il parere, ha consegnato (in conto vendita) al Sig. Tizio della merce affinché quest'ultimo la esponesse nel proprio negozio onde procedere alla vendita della stessa a prezzo prestabilito;
- nel medesimo accordo le parti, i Sig.ri Tizio e Caio, hanno preventivamente stabilito che la consegna in conto vendita avesse termine di 4 mesi, decorsi i quali Tizio avrebbe dovuto corrispondere a Caio il prezzo predeterminato della vendita ovvero procedere alla riconsegna della medesima merce;
- allo spirare del termine di quattro mesi il Sig. Tizio ha omesso di fornire alcuna informazione sull'esito della vendita e, in particolare, di informare il Sig. Caio che la merce fosse rimasta invenduta (con conseguente obbligo contrattuale di restituzione);
- nel mese di luglio 2011 a seguito di una discussione per divergenze di opinione in merito ad altri affari, il Sig. Caio ha chiesto notizie circa la avvenuta esecuzione del contratto, ricevendo dal Sig. Tizio risposte evasive;
- al rientro dalle vacanze estive il Sig. Caio, nel compiere un ulteriore tentativo di contattare tizio per la restituzione della merce ovvero del corrispettivo, ha appreso dalla segretaria del Sig. Tizio che la merce fosse rimasta invenduta.
* * *
Il quesito sottoposto impone di affrontare, preliminarmente, l'esame della condotta del Sig. Tizio onde individuarne gli eventuali profili di rilevanza penale, l'eventuale sussistenza di particolari forme di manifestazione del reato con particolare riguardo alla indivudazione delle circostanze; non mancando di analizzare le condizioni di procedibilità che caratterizzano l'eventuale reato ascrivibile al Sig. Tizio.
Giova in primo luogo evidenziare che, dall'esame delle contingenze poste alla mia attenzione, la condotta del Sig. Tizio (omessa restituzione di merce di proprietà del Sig. Caio e dunque non più legittimato ad esercitare un autonomo potere di fatto sulla cosa) integra la fattispecie penale delineata dall'art. 646 cod. pen. (posto sotto il Titolo XIII "dei delitti contro il patrimonio", Capo II "Dei delitti contro il patrimonio mediante frode"), ossia il reato di appropriazione indebita.
In particolare, il delitto di appropriazione indebita si realizza nell'ipotesi in cui taluno, per procurare a sé o ad altri, un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. Il trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore per questa fattispecie incriminatrice è quello della reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a euro  1.032. Per aversi appropriazione indebita, nel significato tipico della fattispecie in esame, è necessario infatti che il soggetto agente si comporti, nei confronti del denaro o della cosa mobile altrui di cui ha il possesso, uti dominus, cioè come se ne fosse il proprietario e, quindi, oltrepassando le facoltà di disposizione del bene consentitegli dal titolo in virtù del quale lo possiede.
La giurisprudenza specifica che qualora il possessore non adempia l'obbligo di restituire la cosa (ritenzione), il reato di appropriazione indebita sussiste se egli oppone alla richiesta un rifiuto immotivato o pretestuoso oppure si comporti in modo da dimostrare la volontà di continuare a tenere la cosa medesima a tempo indefinito.
Il soggetto attivo del delitto può, dunque, essere chiunque, motivo per cui l'appropriazione indebita viene usualmente annoverato nella categoria dei reati c.d. comuni, con la precisazione che l'art. 646 cod. pen. esige in ogni caso che il soggetto attivo abbia «a qualsiasi titolo il possesso» del denaro o della cosa mobile altrui (ciò che vale a distinguere la fattispecie in parola dall'art. 624 cod. pen.).
Soggetto passivo del reato, invece, è il proprietario del bene (o dei beni, nel caso di specie) mobile, nei cui confronti ed in danno del quale sia intervenuta l' interversione del titolo del possesso del denaro o delle cose mobili altrui, ed a cui spetta di presentare la querela di regola richiesta per la perseguibilità del delitto, ad eccezione delle ipotesi previste dai commi 2 e 3.
L'elemento soggettivo del delitto di appropriazione indebita, punibile esclusivamente a titolo di dolo, è costituito dalla rappresentazione e volontà di appropriarsi del bene mobile altrui posseduto.
Ai fini della consumazione del reato deve escludersi che sia necessario che l'agente abbia conseguito un profitto, quest'ultimo rappresentando una nota dell'elemento soggettivo. Quanto al momento consumativo, inoltre, esso si verifica quando si è verificato l'atto appropriativo, anche se il termine fissato per la restituzione non è ancora scaduto o non ricorra un'acquisizione di carattere duratura della signoria sulla cosa.
L'art. 646 cod. pen., inoltre, contempla una circostanza aggravate speciale del medesimo reato che ricorre nel caso in cui se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario (art. 646, comma 2, cod. pen.), prevedendo altresì che si proceda d'ufficio "se ricorre la circostanza indicata nel comma 2 dell'articolo 646 oppure in presenza di taluna delle circostanze indicate nel numero 11 dell'articolo 61" (art. 646, comma 3 cod. pen.), vale a dire quando il fatto è commesso con abuso di autorità o di relazioni domestiche ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione o di ospitalità. La maggiore gravità del fatto e la particolare violazione della fiducia dall'altro giustificano la deroga alla regola della perseguibilità a querela di parte.
Orbene, nella fattispecie sottoposta alla mia attenzione, la condotta posta in essere dal Sig. Tizio si è risolta dapprima nell'omessa restituzione, alla data contrattualmente prevista, della merce (invenduta); successivamente, nell'immotivato rifiuto opposto da Tizio alla restituzione pur richiesta dal Sig. Caio che, come visto, costituisce, nell'analisi della giurisprudenza, condotta integrante, il reato di appropriazione indebita dimostrando la volontà dell'agente Tizio di continuare a tenere la cosa medesima a tempo indefinito.
Con riferimento al secondo dei due aspetti cennati, inerente all'eventuale sussistenza di particolari forme di manifestazione del reato ed alla individuazione delle circostanze, è opportuno segnalare, ai che ci occupano, che il co.1 dell'art. 61 cod pen., al n. 11 prevede, quale circostanza aggravante l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni d'ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità.
Infine occorre osservare che, quanto alle condizioni di procedibilità dell'azione penale, normalmente compete al Pubblico ministero l'esercizio d'ufficio dell'azione penale (art. 50 cod. proc. pen.) salvo i casi in cui l'esercizio dell'azione penale è subordinata all'esistenza di una delle seguenti condizioni di procedibilità: querela (artt. 336-340 c.p.p.), istanza di procedimento (art. 341 c.p.p.), richiesta di procedimento (art. 342 c.p.p.), autorizzazione a procedere (art. 343-344 c.p.p.). Nel caso che ci occupa, la condizione di procedibilità di cui si impone l'esame è quella della querela. Essa, in termini generali, costituisce la dichiarazione facoltativa con la quale la persona offesa, anche per mezzo di un procuratore speciale, manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. Può essere presentata oralmente o per iscritto al Pubblico ministero, ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad un agente consolare all'estero non oltre il termine di tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato (art. 124 c.p.). Il diritto di querela, in quanto disponibile, può essere oggetto di rinuncia (art. 339 c.p.p.) e remissione (art. 340 c.p.p.). Come ognun sa, peraltro, La mancanza della condizione di procedibilità determina i seguenti effetti: il P.M. non deve esercitare l'azione penale ma chiedere l'archiviazione della notizia di reato; all'esito dell'udienza preliminare il Giudice dell'Udienza Preliminare emette una sentenza di non luogo a procedere; se il P.M. esercita comunque l'azione penale, il giudice in ogni stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con sentenza di non doversi procedere. Diversamente dalla querela, la "denuncia da parte di privati" è uno strumento previsto dalla legge (art. 333 cod. proc. pen., a termini del quale "ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia") per informare l'ufficio legittimato all'esercizio dell'azione penale e descrivere un fatto nel quale sono ravvisabili gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio. La Denuncia e la Querela si differenziano per i seguenti motivi: a) la denuncia, al contrario della querela, può essere presentata anche da una persona diversa dalla persona offesa; b) la denuncia, a differenza della querela, non richiede la manifestazione in forma esplicita o implicita della volontà di ottenere la punizione del colpevole, perché ha una funzione semplicemente informativa di un fatto nel quale sono ravvisabili gli estremi di un reato perseguibile di ufficio; c) la querela è una condizione prevista dalla legge per poter procedere contro solo alcuni reati specifici; d) la querela, infine, può essere proposta solo entro un limitato termine.
Ciò posto, nel caso in esame, stante anche il tempo trascorso dal momento in cui il Sig. Caio ha appreso della notizia di reato ex art. 646 c.p. (conoscenza della notizia che, dalle contingenze dedotte, sembra essere oltre i tre mesi previsti dall'art. 124 c.p.), ci si deve dunque interrogare sulla possibilità di configurare nella condotta del Sig. Tizio la aggravante prevista dal n. 11 dell'art. 61, che consentirebbe l'esercizio d'ufficio dell'azione penale.
In proposito la Suprema Corte di Cassazione (Cass. pen. 17.1.2011 n. 989; nonché Cass. pen., 1.10.2008, n. 38498) ha confermato che ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall'art. 61 co. 1 n. 11 c.p., l'espressione "abuso di relazioni di prestazione d'opera" comprende, nel suo significato, oltre all'ipotesi di un contratto di lavoro, tutti i rapporti giuridici che comportino l'obbligo di un facere, bastando che tra le parti ci sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del fatto, a nulla rilevando la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione e di dipendenza. Per effetto della richiamata decisione, è senz'altro configurabile in capo al Sig. Tizio la fattispecie penale di cui all'art. 646 c.p., con, inoltre, applicazione della circostanza aggravante prevista dall'art. 61, co. 1 n. 11, con ogni effetto sulla procedibilità d'ufficio del reato.
Alla stregua di quanto precede, la azionabilità di rimedi in sede penale nei confronti della condotta assunta dal Sig. Tizio e, in particolare, la punibilità del reato ex art. 646 c.p., presuppone la proposizione di querela (laddove non sia trascorso dalla notizia di reato il termini di tre mesi, che importerebbe in caso contrario decadenza) e, in ogni caso, la denuncia del fatto che costituisce reato, comunque procedibile d'ufficio sussistendo la aggravante prevista dall'art. 61, co. 1 n. 11 c.p.

Da: per teresaffffff14/12/2011 15:31:04
si infatti si configura in astratto il falso? quindi si dovrebbe prospettare l'eventualitàà
...cmq l'art 323 prevede " salvo il f non cost più grave reato" e il f è piùà grave dell'abuso di uff...che ne dite ?

Da: Giulia8114/12/2011 15:31:12
A me invece incuriosisce Licantropo.. forse sarò strana io...

Da: Disgustoso14/12/2011 15:31:57
ARROGANTE PERCHE VINCENTE!

Da: Claudia8214/12/2011 15:32:09

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