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Sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale - illegittimità incarichi dirigenziali
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Da: Ciao25/12/2015 16:12:15
Poveraccio...non avevi di meglio per passare il natale

Da: bla bla bla25/12/2015 19:37:39
x capra capree
eheheheheheheheheheh sei simpatico. Un aperitivo insieme. A me piace lo spritz l'aperitivo dei perfetti coglioni eheheheheheh

Da: il miserrimo25/12/2015 22:15:05
Sono stufo dall'agglutinato e incoerente groviglio di imparaticci apodittici ed autoreferenziali defecati nelle loro auguste fauci da xxxx e ricacati dal loro augusto ano nelle fauci dei propri schiavi(questi sono gli sc..).
per fortuna solo un anno e poi verranno gettati nell'organico. Forse anche meno di un anno.
per il simpatico idiota che copia e incolla la sua demenza: i malati vanno compatiti per pura carità cristiana ma i coglioni come te vanno ignorati.
continua pure a copiare e incollare, COGLIONE! Verrai sistematicamente ignorato ma sei COGLIONE e quindi non comprendi. Auguri per la tua vita da sterco.

Da: la notte dell.26/12/2015 10:02:44

Da: la notte dell''illegalità26/12/2015 10:10:53
Questi beceri individui che tentano di affossare il forum vogliono trascinarci nuovamente nella notte dell'illegalità e della sopraffazione dopo questo breve sprazzo di luce.
Non ce la faranno!
Non mi stupirei, a questo punto, conoscendoli sempre meglio, che cerchino di sparare nelle gambe di Barra dopo aver tentato di bruciargli la macchina.
Purtroppo con questi soggetti abbiamo anche fare. I padri fondatori dell'Italia si staranno agitando nelle loro tombe. Come è stato possibile arrivare a questi livelli di aberrazione?

Da: Raccomandati di MERDA26/12/2015 10:30:04
Speriamo che venga presto un TUMORE a tutti questi BASTARDI illegali illegittimi indecenti

E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android.
Scaricala subito GRATIS!

Da: se fai così....26/12/2015 15:18:50
.... ti prende a te

Da: xxxnumeri a cacchio26/12/2015 17:24:27
intanto buon natale, visto che belle giornate? consoliamoci cosi...senti, visto che è natale mi sento più bbbuono e quindi ti spiego: volevo solo fare notare che quando c'è stato un minimo di prova gli ex hanno toppato ma per fortuna babbo natale ha portato tante belle pot per loro

Da: ORPO SEMPLICE 26/12/2015 17:29:01
E x quelli che proprio ...., c'è sempre la Befana. Immaginatevi la motivazione delle POT che non gliela hanno fatta come POS... E tanto carbone

Da: ORPO SEMPLICE 26/12/2015 17:29:44
Scusate, Cantone

Da: X x su26/12/2015 18:17:14
Brutto bastardo la vuoi finire di provocare?

Da: Bastardo26/12/2015 18:50:59
Il bastardo è la versione umana della legge di Murphy: un individuo che, se ha la possibilità anche minima di nuocere al prossimo, lo farà. I motivi apparenti possono essere infiniti - vendetta, noia, cattive influenze - ma la ragione ultima è sempre, semplicemente, che è un bastardo. Chiedersi perché un bastardo si comporta come tale è come chiedersi perché un uccello vola, un pesce nuota o una donna sclera: è tutto nell'ordine naturale delle cose.

Da: xxxx numeri a cacchio26/12/2015 19:41:06
belle giornate? mah!
si sparano cretinate a peso? o sulla pianta?

Vedo che tutti dite che gli "ex appestati (incaricati)" sono tutti lì che hanno fallito la POS e hanno preso la POT!
Ma fare i nomi no?
Io non conosco nessuno che ha mancato le POS e al quale hanno dato le POT. Siate precisi altrimenti passate per calunniatori.

Da: coglione!26/12/2015 20:48:36
Coglione è un'accezione popolare di una parte anatomica del corpo umano: il testicolo.

Il termine è anche utilizzato in senso dispregiativo ed è entrato da tempo nel linguaggio corrente con il significato di persona poco avveduta che non prevede le conseguenze dei propri atti per insufficiente intelligenza; e tuttavia mantiene caratteristiche di innegabile volgarità. Viene frequentemente adoperato per individuare e prendere a male parole qualcuno facendo riferimento a un attributo sessuale al fine di evidenziare la sprovvedutezza, dabbenaggine o stupidità della persona destinataria dell'ingiuria: vedi anche minchione (ad esempio, ne I Malavoglia di Giovanni Verga, padron 'Ntoni viene giudicato "minchione" dalla comunità perché incapace di perseguire i propri interessi).

Al plurale, sempre con tinte di volgarità ma questa volta in senso tutt'altro che dispregiativo, viene usato in varie espressioni colorite, quali "avere i coglioni" (o anche "avere le palle" o gli "attributi") per indicare una persona particolarmente capace e degna di ammirazione (uomo o anche donna, per un'impropria ma suggestiva forma di estensione).

DAI! SIAMO A NATALE SIAMO TUTTI BUONI...

Da: coglione!26/12/2015 20:49:40
TI HO BAGNATO IL NASO. EH!

Da: Attualità26/12/2015 20:57:41
gli intello' de' sinistra oggi tacciono sulle paraculate di renzi e dei suoi amici : Politica
www.dagospia.com

1 - QUANDO C' ERA LUI... SE L' AVESSE FATTO IL CAV... E ALTRE NOSTALGIE CANAGLIA

Alessandro Giuli per "Il Foglio"

Il vecchio e rozzo adagio "quando c' era lui..." non si porta più da tempo, ma adesso ne è nato uno nuovo, un piccolo e fortunato topos politico caro allo scontento collettivo: "Se l' avesse fatto Berlusconi". E' diventata questa la frase passepartout del momento, il nuovo nero degli atrabiliari inconsolabili che vorrebbero inchiodare Matteo Renzi all' ombra lunga del Caimano. E che sopra tutto cercano di destare dal torpore e dalla rassegnazione gli emeriti cultori del girotondismo, i feticisti della Costituzione più -bella -del -mondo, il (fu) variopinto popolo viola e arancio che infiniti addusse lutti ai berlusconiani.

Ma non si tratta soltanto della sinistra minoritaria dei sedicenti ottimati dell' accademia, dei mozzorecchi e dei paleosindacalisti. Uno dei primi cultori della materia è infatti Enrico Letta. Fu lui, alla fine dell' aprile scorso, quando il premier pretese un voto di fiducia sull' Italicum, a uscirsene così sui taccuini del Manifesto: "Se l' avesse fatto Berlusconi, di approvare le regole da solo e di blindarle con il voto di fiducia, saremmo scesi in piazza. E ora che queste forzature avvengono a casa nostra non si può far finta di niente e applicare la doppia morale".

BERLUSCONI RENZI

Il corteggio delle prefiche era stato aperto dalla minoranza del Partito democratico, e s' intuiva che si sarebbe via via ingrossato. L'eccelsa e irriducibile bersaniana Chiara Geloni, per esempio (ma guai a chi me la tocca), un' estate fa ne faceva più o meno una questione di metodo. Titolo: "La cacciata di Mineo: e se l' avesse fatto Berlusconi?". Istruzioni fondamentali:

"1) Chiedersi SEMPRE 'ma se l' avesse fatto Berlusconi'.

2) Chiedersi ALMENO OGNI TANTO 'ma se l' avesse fatto Bersani'".

BERLUSCONI VS RENZI BY GIANNELLI

Da Roberto Saviano al grillino Alessandro Di Battista - "Cosa avrebbero detto gli intellettuali di sinistra contro Berlusconi se lui avesse salvato una banca con un decreto ad hoc nella quale avevano interessi i suoi parenti?" - fino al capoclasse Marco Travaglio - "Minacce, ricatti, compravendite. Ma se lo facesse Berlusconi?" - i seguaci di Letta e Geloni si diffondono così, pressoché unanimi, sullo pseudo -cesarismo renziano.

A metà dicembre, il Giornale di famiglia berlusconiana ha passato in rassegna alcune di queste espettorazioni, ma senza trarne alcuna morale, giusto per allargare la piccola piaga sull' epidermide degli insofferenti. Ma forse una morale esiste e non è neppure quella opposta dai renziani: destra e sinistra sono categorie superate dai fatti, dai bisogni del presente. Se il Jobs Act, la riforma costituzionale, quella della scuola e, fresca fresca ma tutta da divinare ancora, quella della Rai non hanno provocato adunate di popolo; se la gestione più che controversa dei recenti microsalvataggi bancari non ha potuto creare le condizioni, non dico per una sollevazione di massa, ma nemmeno per un apericena d' indignados degno di una troupe in esterna, significa che la questione era mal posta.

Matteo Renzi e berlusconi

Il Cav. - ahilui, ahivoi - quelle riforme semplicemente non ha saputo o voluto farle. Punto. Matteo Renzi, Royal Baby o meno che sia, invece sì: a quanto pare le aspettative (o le abitudini) ingenerate non sono così negative e questo spiegherebbe il silenzio -assenso generale.

A meno di credere - come fanno i nostalgici del caimanesimo - che un ventennio di guerra civile a bassa intensità abbia finito per anestetizzare la sensibilità civica degli italiani. Siccome così non è, allora la domanda si potrebbe riformulare a contrario: che cosa sarebbe successo se Renzi non l' avesse fatto? Una risposta plausibile è che l'avrebbero fatto i tedeschi, e a modo loro. Oppure la Troika. Conveniva?

renzi e berlusconi 2 2

2 - SU RENZI, ZITTI ZITTI

Marco Damilano per "l'Espresso"

"Parlo all' Italia riformista. Perché stiamo perdonando a Matteo Renzi quello che non perdonavamo a Silvio Berlusconi? Che cosa ci sta portando a fermarci?». La voce di Roberto Saviano su repubblica.it risuonava su smartphone e tablet nel pomeriggio di venerdì 11 dicembre a Firenze nella grande ex stazione Leopolda che si preparava ad accogliere il popolo renziano per il raduno annuale.

ALESSANDRO DI BATTISTA

Lo scrittore attaccava «una struttura politica che ha compiuto l' ennesimo atto autoritario», il «conflitto di interessi» del ministro Maria Elena Boschi, figlia dell' ex vice-presidente della Banca Etruria oggetto di un decreto del governo. Un crescendo che, il giorno dopo, arrivava a definire la Leopolda «un' accolita che difende i malversatori». Ma esaurita l' indignazione di giornata del cerchio magico del premier contro le parole dello scrittore, bisogna riprendere il j' accuse di Saviano che va ben al di là della singola questione, chiama in causa il diritto di critica, «che non può essere considerato un impiccio», e il rapporto degli intellettuali con il nuovo principe venuto da Rignano.

Roberto Saviano

Scrittori, registi, sceneggiatori, opinionisti solitamente impegnati. In prima fila nella firma di appelli e manifesti. Pronti a ingaggiare il corpo a corpo delle idee. Sul palco, in piazza, sui giornali. Con parole e opere: romanzi, film, canzoni, articoli. E ora, invece, stretti tra due accuse.

Quella di Renzi e dei suoi laudatori, secondo cui le voci di dissenso sarebbero in blocco «professoroni, gufi, professionisti della rassegnazione». «Un giorno si parlerà finalmente delle responsabilità delle élite culturali nella crisi italiana: professori, editorialisti, opinionisti non sono senza colpe», disse il premier a "Repubblica" dopo pochi mesi di governo, il 4 agosto 2014.

ASOR ROSA 1

«Siamo gli unici che vogliono bene all' Italia, contro il disfattismo e il nichilismo, contro chi sfoga la sua frustrazione nelle polemiche», ha replicato, senza nominarlo, a Saviano dal palco della Leopolda. E c'è, sul versante opposto, la seconda accusa, non meno bruciante, quella avanzata dall' autore di "Gomorra". La timidezza verso il nuovo potere renziano nell' ambiente culturale «riformista». Gli intellettuali di sinistra che furono in prima fila negli anni del berlusconismo. E che ora appaiono svogliati. Ritrosi a schierarsi. Ritirati nei propri quartieri. Taciturni. In silenzio. Forse imbarazzati, di certo confusi. Per loro stessa ammissione.

«Renzi è di sinistra? Diciamo che, come Margherita dice in "Mia madre", anch' io sono confuso in questa fase e preferisco tacere, piuttosto che dire cose generiche o banali… Sono contento se il governo è di centrosinistra, facendo però davvero riforme di centrosinistra. Ma ripeto: in questo periodo sono confuso e preferisco non dire cose a caso». Nanni Moretti ha interrotto di recente con un' intervista a "Oggi" e poi a "Le Monde" la sua distanza dalla politica.

mia madre nanni moretti

Per testimoniare, però, che in questa fase è meglio restare zitti piuttosto che parlare per non dire nulla. Eppure per decenni Moretti ha portato sul grande schermo la crisi del Pci e della sinistra, da "Palombella Rossa" a "Aprile", gli psicodrammi di militanti, dirigenti, semplici elettori, con le lettere mai spedite ai leader di partito. L' interpretazione del ministro socialista Botero in "Il portaborse" di Daniele Luchetti all' inizio degli anni '90 anticipò Tangentopoli.

E poi "Il Caimano" (2006) su Berlusconi e il conformismo di stampa e televisioni. E soprattutto la stagione dei girotondi, tra il 2002 e il 2003, quando il regista accettò di guidare un movimento e finì per assumere la leadership dell' anti-berlusconismo in un momento di debolezza politica dei partiti di centro-sinistra. Ora è un altro momento. Di confusione. E perfino, per i cinquantenni-sessantenni coetanei di Moretti, di un sottile senso di colpa. «A me Renzi sta antipatico, non mi sento contiguo alla Leopolda, ma mi sono supremamente rotto le scatole di quello che ha fatto la mia generazione in politica», ha detto la settimana scorsa Michele Serra in tv a "Otto e mezzo".

LIBERTA E GIUSTIZIA GUSTAVO ZAGREBELSKY jpeg

In continuità con quanto l'ex direttore di "Cuore" aveva scritto su "l' Espresso" (11 maggio 2015): «Non esisterebbe Renzi se non fosse esistita, prima, una lunga stagione di impotenza. Matteo Renzi è il figlio più rappresentativo della crisi della democrazia italiana e più ancora della paralisi della società italiana. Chi lo critica ha quasi sempre ragione, ma alle spalle di quasi ogni critica c' è il sospetto inevitabile della conservazione. E se Renzi è quello che è, la colpa non è tutta sua».

stefano rodota

De te fabula narratur: non è colpa di Matteo, e forse neppure del tutto merito suo, se con facilità impressionante ha conquistato il potere, scalato la sinistra, polverizzato i riferimenti culturali del passato, sgretolato il pantheon dei miti fondativi. Colpa di chi l' ha preceduto, dei dirigenti antichi e inamovibili, dei padri nobili che in ogni cambiamento hanno avvertito, sospettosi, l' ombra della fuoriuscita dal patto costituzionale su cui si è costruita la Repubblica e sono cresciute le culture politiche dei partiti, più forti e resistenti delle ideologie.

Il grande silenzio, come si intitolava il libro-intervista sugli intellettuali di Alberto Asor Rosa con Simonetta Fiori (Laterza, 2010), sembra essere la reazione di una certa generazione e di una certa cultura: quella che ha combattuto da sinistra negli anni Ottanta la modernizzazione di Bettino Craxi, il rampantismo socialista e poi, naturalmente, il berlusconismo trionfante. E che ora, dopo tante battaglie e molte sconfitte, non se la sente più di intrecciare un conflitto anche con il premier rottamatore. Anche perché, come dice Serra, «Renzi non è come Berlusconi».

francesco piccolo

C' è chi questo passaggio l' ha fatto con agilità e senza farsi troppi problemi: ad esempio Francesco Piccolo, sceneggiatore di Moretti, con "Il desiderio di essere come tutti" (Einaudi, 2013), vincitore del premio Strega, uscito nei mesi in cui Renzi dava l' assalto al vertice del Pd e poi a Palazzo Chigi, aveva già ben rappresentato la felicità di un intellettuale di sinistra pronto a tuffarsi nella nuova epoca.

Sul versante opposto, quello della critica, si schierano intellettuali di altre generazioni e di altri filoni culturali, più azionisti che ex Pci. Sono loro i «famigerati professoroni». Giuristi come Stefano Rodotà o come Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale, che denuncia nel suo ultimo libro "Moscacieca" (Laterza, 2015) «l' allergia per il pensiero non allineato» e si spinge a comporre l' elogio del pessimismo contro la «leggera, fatua, insulsa allegrezza che fluttua qua e là senza alcun costante e maturo impegno per un' opera degna della parola politica». Professori come Asor Rosa che attacca «la mutazione genetica» del Pd.

sabino cassese jpeg

E storici come Marco Revelli: erano in tanti il 3 dicembre a discutere nella sede romana della casa editrice Laterza il suo ultimo libro "Dentro e contro", una delle più compiute requisitorie contro il sistema renziano. Seminario ad alta tensione, con uno scontro senza ipocrisie tra l' autore e il giurista Sabino Cassese, ex giudice della Corte costituzionale, difensore delle riforme del governo Renzi. Perché in questi mondi l' atteggiamento da tenere nei confronti del premier spacca, divide. Renzi, nelle pagine di Revelli, è descritto come Callicle, piccolo filosofo ateniese del V secolo a.C., «archetipo di quel disprezzo per la conoscenza e per i sapienti che ritornerà infinite volte nelle zone grigie della storia».

Un modello di potere post-democratico nell' Europa attraversata dai populisti: «L' Italia danza sull' abisso, nelle mani di un funambolo che cammina sulla fune senza rete. E tutti lì sotto, con il naso in aria, a gridare di accelerare».

MARCO REVELLI

Tutti chi? Inutile cercare pensatori vecchio stile tra gli intervenuti all' ultima edizione della Leopolda. Nelle precedenti kermesse aveva colpito e affascinato la platea lo scrittore Alessandro Baricco, con la sua narrazione popolata di spazi bianchi da riempire, pezzi sulla scacchiera da muovere per primi, navi da bruciare alle spalle. Ma questa volta non si è fatto vedere, né lui né altri artigiani dell' immaginario.

E non si trovano citazione di contemporanei nel discorso finale di Renzi, con l' eccezione di Paolo Sorrentino, fresco vincitore degli Efa di Berlino, l' Oscar europeo, il regista prediletto dal premier. Forse perché almeno gli ultimi due titoli, "La Grande Bellezza" e "Youth - La giovinezza", sono involontariamente, inconsciamente renziani. O forse perché, semplicemente, Sorrentino è un outsider che vince, come sempre si rappresenta l' ex ragazzo di Rignano.

Alessandro Baricco

Nell' ultima edizione è stato lanciato il think tank che avrà il compito di formare la classe dirigente di domani. A dirigere "Volta" sarà Giuliano Da Empoli, presidente del Gabinetto Viesseux, già assessore alla Cultura con Renzi sindaco, ritornato nell' orbita di Matteo dopo qualche dissidio. Il suo "La prova del potere" (Mondadori, 2015) è il manifesto dei nati tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta del secolo scorso, «vaso di coccio tra due generazioni di ferro, i nativi dell' ideologia e i nativi della tecnologia», i quarantenni che traggono da questa debolezza la loro forza: i Sorrentino, i Renzi e i Saviano, e già, c' è anche lui, l' irregolare scrittore diventato il nemico del popolo nel raduno dell' ex stazione fiorentina.

La generazione Renzi raccolta da Christian Rocca, direttore di "IL", il mensile del "Sole 24-Ore" in "Non si può tornare indietro" (Marsilio, 2015), in cui si ritrovano toni forse perfino più renziani dell' originale che ha in odio qualsiasi ideologia, compresa eventualmente la sua. C' è anche questo, la difficoltà per gli intellettuali di professione di interloquire con un leader pragmatico, compiutamente post, impossibile da incasellare in una definizione.

GIULIANO DA EMPOLI 2

Che per di più si agita su un terreno di gioco, il confine della politica nazionale, con sempre minore significato. In Francia gli intellettuali litigano e si dividono tra mondialisti e identitari. In Italia il balcone è vuoto, come nell' ultima scena di "Habemus papam". Forse per questo Moretti è confuso. E anche gli altri non stanno tanto bene.

Da: Attualità26/12/2015 20:57:42
gli intello' de' sinistra oggi tacciono sulle paraculate di renzi e dei suoi amici : Politica
www.dagospia.com

1 - QUANDO C' ERA LUI... SE L' AVESSE FATTO IL CAV... E ALTRE NOSTALGIE CANAGLIA

Alessandro Giuli per "Il Foglio"

Il vecchio e rozzo adagio "quando c' era lui..." non si porta più da tempo, ma adesso ne è nato uno nuovo, un piccolo e fortunato topos politico caro allo scontento collettivo: "Se l' avesse fatto Berlusconi". E' diventata questa la frase passepartout del momento, il nuovo nero degli atrabiliari inconsolabili che vorrebbero inchiodare Matteo Renzi all' ombra lunga del Caimano. E che sopra tutto cercano di destare dal torpore e dalla rassegnazione gli emeriti cultori del girotondismo, i feticisti della Costituzione più -bella -del -mondo, il (fu) variopinto popolo viola e arancio che infiniti addusse lutti ai berlusconiani.

Ma non si tratta soltanto della sinistra minoritaria dei sedicenti ottimati dell' accademia, dei mozzorecchi e dei paleosindacalisti. Uno dei primi cultori della materia è infatti Enrico Letta. Fu lui, alla fine dell' aprile scorso, quando il premier pretese un voto di fiducia sull' Italicum, a uscirsene così sui taccuini del Manifesto: "Se l' avesse fatto Berlusconi, di approvare le regole da solo e di blindarle con il voto di fiducia, saremmo scesi in piazza. E ora che queste forzature avvengono a casa nostra non si può far finta di niente e applicare la doppia morale".

BERLUSCONI RENZI

Il corteggio delle prefiche era stato aperto dalla minoranza del Partito democratico, e s' intuiva che si sarebbe via via ingrossato. L'eccelsa e irriducibile bersaniana Chiara Geloni, per esempio (ma guai a chi me la tocca), un' estate fa ne faceva più o meno una questione di metodo. Titolo: "La cacciata di Mineo: e se l' avesse fatto Berlusconi?". Istruzioni fondamentali:

"1) Chiedersi SEMPRE 'ma se l' avesse fatto Berlusconi'.

2) Chiedersi ALMENO OGNI TANTO 'ma se l' avesse fatto Bersani'".

BERLUSCONI VS RENZI BY GIANNELLI

Da Roberto Saviano al grillino Alessandro Di Battista - "Cosa avrebbero detto gli intellettuali di sinistra contro Berlusconi se lui avesse salvato una banca con un decreto ad hoc nella quale avevano interessi i suoi parenti?" - fino al capoclasse Marco Travaglio - "Minacce, ricatti, compravendite. Ma se lo facesse Berlusconi?" - i seguaci di Letta e Geloni si diffondono così, pressoché unanimi, sullo pseudo -cesarismo renziano.

A metà dicembre, il Giornale di famiglia berlusconiana ha passato in rassegna alcune di queste espettorazioni, ma senza trarne alcuna morale, giusto per allargare la piccola piaga sull' epidermide degli insofferenti. Ma forse una morale esiste e non è neppure quella opposta dai renziani: destra e sinistra sono categorie superate dai fatti, dai bisogni del presente. Se il Jobs Act, la riforma costituzionale, quella della scuola e, fresca fresca ma tutta da divinare ancora, quella della Rai non hanno provocato adunate di popolo; se la gestione più che controversa dei recenti microsalvataggi bancari non ha potuto creare le condizioni, non dico per una sollevazione di massa, ma nemmeno per un apericena d' indignados degno di una troupe in esterna, significa che la questione era mal posta.

Matteo Renzi e berlusconi

Il Cav. - ahilui, ahivoi - quelle riforme semplicemente non ha saputo o voluto farle. Punto. Matteo Renzi, Royal Baby o meno che sia, invece sì: a quanto pare le aspettative (o le abitudini) ingenerate non sono così negative e questo spiegherebbe il silenzio -assenso generale.

A meno di credere - come fanno i nostalgici del caimanesimo - che un ventennio di guerra civile a bassa intensità abbia finito per anestetizzare la sensibilità civica degli italiani. Siccome così non è, allora la domanda si potrebbe riformulare a contrario: che cosa sarebbe successo se Renzi non l' avesse fatto? Una risposta plausibile è che l'avrebbero fatto i tedeschi, e a modo loro. Oppure la Troika. Conveniva?

renzi e berlusconi 2 2

2 - SU RENZI, ZITTI ZITTI

Marco Damilano per "l'Espresso"

"Parlo all' Italia riformista. Perché stiamo perdonando a Matteo Renzi quello che non perdonavamo a Silvio Berlusconi? Che cosa ci sta portando a fermarci?». La voce di Roberto Saviano su repubblica.it risuonava su smartphone e tablet nel pomeriggio di venerdì 11 dicembre a Firenze nella grande ex stazione Leopolda che si preparava ad accogliere il popolo renziano per il raduno annuale.

ALESSANDRO DI BATTISTA

Lo scrittore attaccava «una struttura politica che ha compiuto l' ennesimo atto autoritario», il «conflitto di interessi» del ministro Maria Elena Boschi, figlia dell' ex vice-presidente della Banca Etruria oggetto di un decreto del governo. Un crescendo che, il giorno dopo, arrivava a definire la Leopolda «un' accolita che difende i malversatori». Ma esaurita l' indignazione di giornata del cerchio magico del premier contro le parole dello scrittore, bisogna riprendere il j' accuse di Saviano che va ben al di là della singola questione, chiama in causa il diritto di critica, «che non può essere considerato un impiccio», e il rapporto degli intellettuali con il nuovo principe venuto da Rignano.

Roberto Saviano

Scrittori, registi, sceneggiatori, opinionisti solitamente impegnati. In prima fila nella firma di appelli e manifesti. Pronti a ingaggiare il corpo a corpo delle idee. Sul palco, in piazza, sui giornali. Con parole e opere: romanzi, film, canzoni, articoli. E ora, invece, stretti tra due accuse.

Quella di Renzi e dei suoi laudatori, secondo cui le voci di dissenso sarebbero in blocco «professoroni, gufi, professionisti della rassegnazione». «Un giorno si parlerà finalmente delle responsabilità delle élite culturali nella crisi italiana: professori, editorialisti, opinionisti non sono senza colpe», disse il premier a "Repubblica" dopo pochi mesi di governo, il 4 agosto 2014.

ASOR ROSA 1

«Siamo gli unici che vogliono bene all' Italia, contro il disfattismo e il nichilismo, contro chi sfoga la sua frustrazione nelle polemiche», ha replicato, senza nominarlo, a Saviano dal palco della Leopolda. E c'è, sul versante opposto, la seconda accusa, non meno bruciante, quella avanzata dall' autore di "Gomorra". La timidezza verso il nuovo potere renziano nell' ambiente culturale «riformista». Gli intellettuali di sinistra che furono in prima fila negli anni del berlusconismo. E che ora appaiono svogliati. Ritrosi a schierarsi. Ritirati nei propri quartieri. Taciturni. In silenzio. Forse imbarazzati, di certo confusi. Per loro stessa ammissione.

«Renzi è di sinistra? Diciamo che, come Margherita dice in "Mia madre", anch' io sono confuso in questa fase e preferisco tacere, piuttosto che dire cose generiche o banali… Sono contento se il governo è di centrosinistra, facendo però davvero riforme di centrosinistra. Ma ripeto: in questo periodo sono confuso e preferisco non dire cose a caso». Nanni Moretti ha interrotto di recente con un' intervista a "Oggi" e poi a "Le Monde" la sua distanza dalla politica.

mia madre nanni moretti

Per testimoniare, però, che in questa fase è meglio restare zitti piuttosto che parlare per non dire nulla. Eppure per decenni Moretti ha portato sul grande schermo la crisi del Pci e della sinistra, da "Palombella Rossa" a "Aprile", gli psicodrammi di militanti, dirigenti, semplici elettori, con le lettere mai spedite ai leader di partito. L' interpretazione del ministro socialista Botero in "Il portaborse" di Daniele Luchetti all' inizio degli anni '90 anticipò Tangentopoli.

E poi "Il Caimano" (2006) su Berlusconi e il conformismo di stampa e televisioni. E soprattutto la stagione dei girotondi, tra il 2002 e il 2003, quando il regista accettò di guidare un movimento e finì per assumere la leadership dell' anti-berlusconismo in un momento di debolezza politica dei partiti di centro-sinistra. Ora è un altro momento. Di confusione. E perfino, per i cinquantenni-sessantenni coetanei di Moretti, di un sottile senso di colpa. «A me Renzi sta antipatico, non mi sento contiguo alla Leopolda, ma mi sono supremamente rotto le scatole di quello che ha fatto la mia generazione in politica», ha detto la settimana scorsa Michele Serra in tv a "Otto e mezzo".

LIBERTA E GIUSTIZIA GUSTAVO ZAGREBELSKY jpeg

In continuità con quanto l'ex direttore di "Cuore" aveva scritto su "l' Espresso" (11 maggio 2015): «Non esisterebbe Renzi se non fosse esistita, prima, una lunga stagione di impotenza. Matteo Renzi è il figlio più rappresentativo della crisi della democrazia italiana e più ancora della paralisi della società italiana. Chi lo critica ha quasi sempre ragione, ma alle spalle di quasi ogni critica c' è il sospetto inevitabile della conservazione. E se Renzi è quello che è, la colpa non è tutta sua».

stefano rodota

De te fabula narratur: non è colpa di Matteo, e forse neppure del tutto merito suo, se con facilità impressionante ha conquistato il potere, scalato la sinistra, polverizzato i riferimenti culturali del passato, sgretolato il pantheon dei miti fondativi. Colpa di chi l' ha preceduto, dei dirigenti antichi e inamovibili, dei padri nobili che in ogni cambiamento hanno avvertito, sospettosi, l' ombra della fuoriuscita dal patto costituzionale su cui si è costruita la Repubblica e sono cresciute le culture politiche dei partiti, più forti e resistenti delle ideologie.

Il grande silenzio, come si intitolava il libro-intervista sugli intellettuali di Alberto Asor Rosa con Simonetta Fiori (Laterza, 2010), sembra essere la reazione di una certa generazione e di una certa cultura: quella che ha combattuto da sinistra negli anni Ottanta la modernizzazione di Bettino Craxi, il rampantismo socialista e poi, naturalmente, il berlusconismo trionfante. E che ora, dopo tante battaglie e molte sconfitte, non se la sente più di intrecciare un conflitto anche con il premier rottamatore. Anche perché, come dice Serra, «Renzi non è come Berlusconi».

francesco piccolo

C' è chi questo passaggio l' ha fatto con agilità e senza farsi troppi problemi: ad esempio Francesco Piccolo, sceneggiatore di Moretti, con "Il desiderio di essere come tutti" (Einaudi, 2013), vincitore del premio Strega, uscito nei mesi in cui Renzi dava l' assalto al vertice del Pd e poi a Palazzo Chigi, aveva già ben rappresentato la felicità di un intellettuale di sinistra pronto a tuffarsi nella nuova epoca.

Sul versante opposto, quello della critica, si schierano intellettuali di altre generazioni e di altri filoni culturali, più azionisti che ex Pci. Sono loro i «famigerati professoroni». Giuristi come Stefano Rodotà o come Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale, che denuncia nel suo ultimo libro "Moscacieca" (Laterza, 2015) «l' allergia per il pensiero non allineato» e si spinge a comporre l' elogio del pessimismo contro la «leggera, fatua, insulsa allegrezza che fluttua qua e là senza alcun costante e maturo impegno per un' opera degna della parola politica». Professori come Asor Rosa che attacca «la mutazione genetica» del Pd.

sabino cassese jpeg

E storici come Marco Revelli: erano in tanti il 3 dicembre a discutere nella sede romana della casa editrice Laterza il suo ultimo libro "Dentro e contro", una delle più compiute requisitorie contro il sistema renziano. Seminario ad alta tensione, con uno scontro senza ipocrisie tra l' autore e il giurista Sabino Cassese, ex giudice della Corte costituzionale, difensore delle riforme del governo Renzi. Perché in questi mondi l' atteggiamento da tenere nei confronti del premier spacca, divide. Renzi, nelle pagine di Revelli, è descritto come Callicle, piccolo filosofo ateniese del V secolo a.C., «archetipo di quel disprezzo per la conoscenza e per i sapienti che ritornerà infinite volte nelle zone grigie della storia».

Un modello di potere post-democratico nell' Europa attraversata dai populisti: «L' Italia danza sull' abisso, nelle mani di un funambolo che cammina sulla fune senza rete. E tutti lì sotto, con il naso in aria, a gridare di accelerare».

MARCO REVELLI

Tutti chi? Inutile cercare pensatori vecchio stile tra gli intervenuti all' ultima edizione della Leopolda. Nelle precedenti kermesse aveva colpito e affascinato la platea lo scrittore Alessandro Baricco, con la sua narrazione popolata di spazi bianchi da riempire, pezzi sulla scacchiera da muovere per primi, navi da bruciare alle spalle. Ma questa volta non si è fatto vedere, né lui né altri artigiani dell' immaginario.

E non si trovano citazione di contemporanei nel discorso finale di Renzi, con l' eccezione di Paolo Sorrentino, fresco vincitore degli Efa di Berlino, l' Oscar europeo, il regista prediletto dal premier. Forse perché almeno gli ultimi due titoli, "La Grande Bellezza" e "Youth - La giovinezza", sono involontariamente, inconsciamente renziani. O forse perché, semplicemente, Sorrentino è un outsider che vince, come sempre si rappresenta l' ex ragazzo di Rignano.

Alessandro Baricco

Nell' ultima edizione è stato lanciato il think tank che avrà il compito di formare la classe dirigente di domani. A dirigere "Volta" sarà Giuliano Da Empoli, presidente del Gabinetto Viesseux, già assessore alla Cultura con Renzi sindaco, ritornato nell' orbita di Matteo dopo qualche dissidio. Il suo "La prova del potere" (Mondadori, 2015) è il manifesto dei nati tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta del secolo scorso, «vaso di coccio tra due generazioni di ferro, i nativi dell' ideologia e i nativi della tecnologia», i quarantenni che traggono da questa debolezza la loro forza: i Sorrentino, i Renzi e i Saviano, e già, c' è anche lui, l' irregolare scrittore diventato il nemico del popolo nel raduno dell' ex stazione fiorentina.

La generazione Renzi raccolta da Christian Rocca, direttore di "IL", il mensile del "Sole 24-Ore" in "Non si può tornare indietro" (Marsilio, 2015), in cui si ritrovano toni forse perfino più renziani dell' originale che ha in odio qualsiasi ideologia, compresa eventualmente la sua. C' è anche questo, la difficoltà per gli intellettuali di professione di interloquire con un leader pragmatico, compiutamente post, impossibile da incasellare in una definizione.

GIULIANO DA EMPOLI 2

Che per di più si agita su un terreno di gioco, il confine della politica nazionale, con sempre minore significato. In Francia gli intellettuali litigano e si dividono tra mondialisti e identitari. In Italia il balcone è vuoto, come nell' ultima scena di "Habemus papam". Forse per questo Moretti è confuso. E anche gli altri non stanno tanto bene.

Da: apulissimo  26/12/2015 21:20:48
Scusate, ma qualcuno può postare l'integrale lettera del Salfi relativa al Piemonte. Così si riesce a capire qualcosa di più
Grazie alla

Da: ?????????????26/12/2015 22:41:48
Cosa è successo in Piemonte?

Da: 26/12/2015 22:48:04
avranno trombato qualcuno del salfi

Da: ?????????????26/12/2015 22:55:09
anch'io pensavo lo stesso.

Da: Che cavolo26/12/2015 22:55:47
?????

Da: Che cavolo26/12/2015 22:59:26
Troppo tardi .. Per farsi sentire!!

Da: ????????????26/12/2015 23:00:53
Cosa intendi "Che cavolo"?

Da: apulissimo  26/12/2015 23:09:11
Trascrivo quello che ho trovato a pag 507


Da: ORPO SEMPLICE     22/12/2015 13.05.16
Cos'è successo?

Al Direttore dell'Agenzia delle Entrate

Dott.ssa Rossella Orlandi





Oggetto: trasmissione nota Segreteria regionale del Piemonte, afferente criticità inerenti recenti attività selettive in tema di POT, POS, interpelli, procedure di collaborazione volontaria, riorganizzazione uffici, disposizioni direttoriali, ecc. ecc...





In relazione all'oggetto, si trasmette l'acclusa nota, condivisibile, della Segreteria Regionale del Piemonte, già formalizzata al Direttore Regionale del Piemonte affinché la S.V. voglia, con cortese urgenza, valutandone il merito, attivare tutti i necessari interventi affinché le diverse criticità ivi esplicitate siano eliminate.

Premesso quanto sopra, e nelle more di prender contezza del riscontro che vorrà fornire il Direttore Regionale competente alla prefata nota della Segreteria Regionale del Piemonte, la Scrivente, valutato anche che in altre regioni esistono similari eccezioni, critiche e censure di merito alle diverse fattispecie evidenziate per la regione Piemonte, si riserva ogni azione a tutela della categoria rappresentata, nelle diverse sedi istituzionali competenti, anche esterne a codesta Agenzia.



Con i più distinti saluti





IL SEGRETARIO GENERALE

Sebastiano Callipo

Da: 26/12/2015 23:25:50
qualche iscritto non ha ottenuto l'ambita posizione, claro

Da: la notte dellillegalit26/12/2015 23:31:27
Và che forse si sono rotti i precari equilibri..

Da: la notte dellillegalità26/12/2015 23:32:36
E si sbranano tra di loro....

Da: Grisbi26/12/2015 23:38:47
Stanno litigando sulla divisione del bottino. Forse ne vedremo delle belle....

Da: Sonny Black27/12/2015 09:15:33
Passaparola ai colleghi degli uffici di tutta Italia:

Da domattina organizzarsi per accogliere degnamente gli scaricati-reincaricati Pos POT con ATTI VANDALICI A CATENA SULLE LORO AUTOVETTURE

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