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Concorso DIRIGENTI SCOLASTICI 2017
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Da: Prrrrrrrrrrrrr ! | 04/04/2016 16:15:26 |
Se un ricorso pendente dovesse vincere , e il ricorso stesso chiedesse l'annullamento del concorso , ci sarebbero (in teoria) dei guai per i vincitori . Quindi , sanando i pendenti , si evitano i guai per i già vincitori ; mi sembra di aver capito così quello che ha detto "Non c''è violazione cost art. 97 C" . | |
Da: Un''interessante sentenza della Corte Costituzional | 05/04/2016 15:30:23 |
al link: http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2015&numero=37 Sentenza 37/2015 Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE Presidente CRISCUOLO - Redattore ZANON Udienza Pubblica del 24/02/2015 Decisione del 25/02/2015 Deposito del 17/03/2015 Pubblicazione in G. U. 25/03/2015 n. 12 Norme impugnate: Art. 8, c. 24°, del decreto legge 02/03/2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, c. 1°, della legge 26/04/2012, n. 44. Massime: 38273 38274 38275 Atti decisi: ord. 9/2014 SENTENZA N. 37 ANNO 2015 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44, promosso dal Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, nei procedimenti riuniti vertenti tra l'Agenzia delle entrate e Dirpubblica âˆ' Federazione del Pubblico Impiego (già Dirpubblica âˆ' Federazione dei funzionari, delle elevate professionalità , dei professionisti e dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni e delle Agenzie) ed altri, con ordinanza del 26 novembre 2013, iscritta al n. 9 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visti l'atto di costituzione di Dirpubblica, nonchè gli atti di intervento del Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) e del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2015 il Giudice relatore Nicolò Zanon; uditi gli avvocati Gino Giuliano per il Codacons, Carmine Medici per Dirpubblica e l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.âˆ' Con ordinanza del 26 novembre 2013 (r.o. n. 9 del 2014), il Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44. La disposizione impugnata, fatti salvi i limiti previsti dalla legislazione vigente per le assunzioni nel pubblico impiego, autorizza l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio ad espletare procedure concorsuali, da completare entro il 31 dicembre 2013, per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, secondo le modalità di cui all'art. 1, comma 530, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato âˆ' legge finanziaria 2007), e all'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248. Tale autorizzazione è posta in relazione «all'esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle proprie strutture, volta a garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all'evasione», disposte da altri commi dello stesso art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, come convertito. La disposizione prevede, inoltre, che «[n]elle more dell'espletamento di dette procedure l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio, salvi gli incarichi già affidati, potranno attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso». Dopo aver stabilito che gli incarichi in questione sono attribuiti «con apposita procedura selettiva applicando l'articolo 19, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», e che «[a]i funzionari cui è conferito l'incarico compete lo stesso trattamento economico dei dirigenti», la norma precisa che «[a] seguito dell'assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali di cui al presente comma, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio non potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». I periodi finali indicano le modalità attraverso le quali si provvede agli oneri finanziari derivanti dall'attuazione delle misure ricordate. 2.âˆ' La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nel corso di un giudizio riunito avente ad oggetto tre ricorsi in appello, proposti dall'Agenzia delle entrate, per la riforma di altrettante sentenze del Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Era stata tra l'altro affermata, mediante uno dei provvedimenti impugnati, l'illegittimità della delibera n. 55 del 22 dicembre 2009, assunta dal Comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate, di proroga al 31 dicembre 2010 dei termini contenuti nell'art. 24 del regolamento di amministrazione della stessa Agenzia. Quest'ultima disposizione prevede, per inderogabili esigenze di funzionamento dell'Agenzia, ed entro un termine più volte prorogato, che le eventuali vacanze sopravvenute nelle posizioni dirigenziali possano essere provvisoriamente coperte, previo interpello e salva l'urgenza, con contratti individuali di lavoro a termine stipulati con funzionari interni, ai quali va attribuito lo stesso trattamento economico dei dirigenti. Il TAR del Lazio, in sintesi, aveva ritenuto che la norma regolamentare attuasse un conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti privi della relativa qualifica, in palese violazione degli artt. 19 e 52, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Di qui l'annullamento della delibera impugnata. Nelle more del procedimento d'appello, è entrato in vigore l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, cioè la norma censurata nel presente giudizio, che opera una sorta di trasposizione in legge di quanto previsto nel ricordato art. 24 del regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate. Il Consiglio di Stato, respinte questioni pregiudiziali di diritto e preliminari di merito, con separata ordinanza del 26 novembre 2013, ha quindi rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale del citato art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 Cost. 3.âˆ' Il giudice rimettente, in punto di rilevanza, osserva che la disposizione censurata, ponendosi «quale factum principis sopravvenuto», determinerebbe la declaratoria di improcedibilità dei ricorsi in appello per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione. Consentendo che, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, le Agenzie delle dogane, delle entrate e del territorio, fatti salvi gli incarichi già affidati, possano attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari privi della corrispondente qualifica, con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso, essa determinerebbe infatti la "salvezza" del provvedimento impugnato nel giudizio a quo, cioè la delibera del Comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate con la quale è stato modificato l'art. 24 del regolamento di amministrazione. 4.âˆ' Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente, in primo luogo, ritiene che la norma censurata contrasti con gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto, consentendo l'attribuzione di incarichi a funzionari privi della relativa qualifica, aggirerebbe la regola costituzionale di accesso ai pubblici uffici mediante concorso. Si assume in sintesi, anche mediante richiami alla giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 205 del 2004), che nel concorso pubblico va riconosciuta «la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione». La forma concorsuale esige - secondo il rimettente - che non siano introdotte arbitrarie ed irragionevoli restrizioni nell'ambito dei soggetti legittimati alla partecipazione, ed in particolare che, pur non essendo preclusa la previsione per legge di condizioni di accesso intese a favorire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate all'interno di un'amministrazione, non sia dato luogo, salvo circostanze eccezionali, a riserva integrale dei posti disponibili in favore del personale interno, né a scivolamenti automatici verso posizioni superiori, senza concorso o comunque senza adeguate verifiche attitudinali. Inoltre, il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporterebbe l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate e sarebbe esso stesso soggetto, pertanto, quale forma di reclutamento, alla regola del pubblico concorso (è citata la sentenza di questa Corte n. 194 del 2002). A fronte di questi principi, la norma impugnata consentirebbe invece a funzionari privi della relativa qualifica, di essere destinatari, senza aver superato un pubblico concorso, di incarichi dirigenziali, quindi di accedere allo svolgimento di mansioni proprie di un'area e di una qualifica afferente ad un ruolo diverso nell'ambito dell'amministrazione. In secondo luogo, il giudice rimettente assume che l'elusione della regola del pubblico concorso determinerebbe un vulnus al principio del buon andamento della pubblica amministrazione, con conseguente lesione, sotto questo profilo, degli artt. 3 e 97 Cost.: infatti, rappresentando il concorso la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, esso costituisce un meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione e, dunque, attuativo del principio del buon andamento. In terzo luogo, è prospettata una violazione degli artt. 3 e 97, primo comma, Cost., in relazione ai principi di legalità , imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, poiché, permettendo l'attribuzione di incarichi a funzionari privi della relativa qualifica, la norma censurata consentirebbe la preposizione ad organi amministrativi di soggetti privi dei requisiti necessari, determinando una diminuzione delle garanzie dei cittadini che confidano in una amministrazione competente, imparziale ed efficiente. Infine, secondo il giudice a quo, la disposizione censurata si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., in quanto consentirebbe l'accesso all'ufficio di dirigente in violazione delle condizioni di uguaglianza tra i cittadini che aspirano ad accedere ai pubblici uffici e in violazione dei requisiti stabiliti dalla legge per il conferimento degli incarichi dirigenziali, posto che l'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 prevederebbe un ben diverso procedimento per il conferimento degli incarichi dirigenziali. 5.âˆ' Con atto depositato in data 4 marzo 2014 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Secondo l'Avvocatura generale, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, non legittima le censure prospettate dal rimettente, in quanto norma a carattere assolutamente temporaneo ed eccezionale, introdotta al solo fine di garantire, nelle more dell'espletamento del concorso, il buon andamento degli uffici dell'Agenzia delle entrate. In particolare, la disposizione non consentirebbe uno scivolamento automatico nella qualifica dirigenziale dei funzionari dell'Agenzia inquadrati nella terza area funzionale, ma si limiterebbe ad attribuire a costoro mansioni dirigenziali, per il solo tempo necessario allo svolgimento del concorso. Si ricorda dalla stessa Avvocatura generale come questa Corte, con la sentenza n. 212 del 2012, abbia dichiarato l'infondatezza di una questione di legittimità costituzionale relativa ad una disposizione di legge (regionale) di contenuto asseritamente analogo a quella ora impugnata. Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, l'eccezionalità e la temporaneità della previsione contenuta nella disposizione censurata sarebbero dimostrate anche dal fatto che l'Agenzia delle entrate ha dato effettivamente avvio a procedure concorsuali per il reclutamento di personale dirigente, attualmente in corso. Quanto alla dedotta diminuzione delle garanzie per i cittadini, in ragione della presunta elusione della regola del concorso, l'Avvocatura generale osserva che la disposizione censurata è semmai volta ad evitare conseguenze pregiudizievoli nei riguardi delle finanze pubbliche e della collettività , che si verificherebbero qualora gli uffici delle Agenzie rimanessero privi di un responsabile. Infine si rileva come, nelle more del presente giudizio, l'art. 8, comma 24, primo periodo, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, sia stato modificato dall'art. 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15, che proroga al 31 dicembre 2014 il termine «per il completamento delle procedure concorsuali» e stabilisce che nelle more possono essere prorogati solo gli incarichi già attribuiti ai sensi del secondo periodo del medesimo comma 24 dell'art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, come convertito. Secondo l'Avvocatura generale, la disposizione da ultimo richiamata non farebbe altro che confermare la volontà di garantire, da un lato, l'efficiente organizzazione degli uffici dell'Agenzia, e, dall'altro, la copertura delle vacanze organiche nel rispetto del principio generale del pubblico concorso. 6.âˆ' Nel giudizio innanzi alla Corte, con atto depositato il 4 marzo 2014, si è costituita Dirpubblica âˆ' Federazione del Pubblico Impiego, parte nel procedimento a quo, chiedendo, in primo luogo, l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 Cost. A tal fine, richiamati adesivamente gli argomenti del rimettente, la parte ricorda come la giurisprudenza consideri illegittimo, distinguendolo dalla reggenza, lo svolgimento di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario, al fine di porre in evidenza che la norma censurata avrebbe fatto "salva", perpetuandola, una prassi contra legem, impedendo la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti attraverso procedure concorsuali. In secondo luogo, Dirpubblica chiede che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale in via consequenziale dell'art. 1, comma 14, del d.l. n. 150 del 2013, come convertito, entrato in vigore nelle more del presente giudizio di costituzionalità , in relazione agli artt. 3, 51 e 97 Cost. Assume, in proposito, che tale disposizione incorrerebbe nelle medesime censure già evidenziate con riguardo all'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, in quanto proroga di un anno il termine per il completamento di procedure concorsuali - per altro, a far data dall'entrata in vigore del richiamato d.l. n. 150 del 2013, non ancora avviate - e, nel frattempo, consente di prorogare o modificare gli incarichi dirigenziali già attribuiti ai sensi dell'art. 8, comma 24, secondo periodo, del d.l. n. 16 del 2012. In terzo luogo, eccepisce l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 14, del d.l. n. 150 del 2013, come convertito, anche per violazione degli artt. 3, 24, 97, 101, 111, 113 e 117 Cost., nonché dell'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU), ritenendo che la disposizione sarebbe stata adottata al fine di risolvere ex auctoritate legis una controversia pendente dinnanzi al giudice amministrativo, con ciò pregiudicando il principio di parità delle armi e il diritto di difesa e incidendo sull'esercizio della funzione giurisdizionale. Infine, chiede che la Corte costituzionale sollevi di fronte a se stessa questione di legittimità costituzionale della legge n. 15 del 2014, nella parte in cui ha modificato l'art. 1, comma 14, del d.l. n. 150 del 2013, in riferimento agli artt. 64, primo comma, e 81, terzo comma, Cost., allegando che nel procedimento di conversione sarebbero stati violati gli artt. 40, comma 2, e 102-bis, comma 1, del Regolamento del Senato della Repubblica. 7.âˆ' Con atto depositato in data 3 marzo 2014, è intervenuto in giudizio il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), chiedendo, in adesione alle argomentazioni del rimettente Consiglio di Stato, l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale. In ordine all'ammissibilità del proprio intervento, osserva che l'Associazione, per espressa previsione statutaria, «[t]utela il diritto alla trasparenza, alla corretta gestione e al buon andamento delle pubbliche amministrazioni». Rileva, inoltre, di aver spiegato intervento ad opponendum nel giudizio a quo, notificato in data 18 febbraio 2014 e depositato in data 20 febbraio 2014. 8.âˆ' Nell'imminenza dell'udienza pubblica, in data 3 febbraio 2015, ha depositato ulteriore memoria l'Avvocatura generale dello Stato. Oltre a ribadire le argomentazioni già illustrate, eccepisce l'inammissibilità delle censure sollevate da Dirpubblica sull'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, in relazione a tutti i parametri non evocati nell'ordinanza di rimessione. 9.âˆ' Dirpubblica, in data 3 febbraio 2015, ha depositato a sua volta una memoria in cui, dopo aver illustrato le vicende successive alla proposizione della questione di costituzionalità , ribadisce la richiesta di accoglimento della questione sollevata e di estensione della dichiarazione d'incostituzionalità , ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), all'art. 1, comma 14, del d.l. n. 150 del 2013, come convertito, sia in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 Cost., già evocati nella memoria depositata in data 4 marzo 2014, sia in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 101, 111, 113 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione alla norma interposta di cui all'art. 6, paragrafo 1, della CEDU. Chiede, inoltre, che la dichiarazione di illegittimità costituzionale consequenziale sia estesa, per gli stessi motivi, all'art. 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative). 10.âˆ' In data 2 febbraio 2015, ha depositato memoria il Codacons, insistendo sia per la propria legittimazione ad intervenire in giudizio, sia per l'accoglimento della questione. Considerato in diritto 1.âˆ' Il Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44. La disposizione censurata, in relazione alla «esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità » delle strutture delle Agenzie delle dogane, delle entrate e del territorio, e per «garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all'evasione» contenute in altri commi dello stesso art. 8 del d.l. n.16 del 2012, come convertito, autorizza le Agenzie ricordate ad espletare procedure concorsuali, da completarsi entro il 31 dicembre 2013, per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, attraverso il richiamo alla disciplina contenuta nell'art. 1, comma 530, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato âˆ' legge finanziaria 2007), e nell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248. In questo contesto, la disposizione censurata aggiunge una specifica previsione, che costituisce l'effettivo oggetto delle censure del giudice a quo, e che opera in due distinte direzioni: fa salvi, per il passato, gli incarichi dirigenziali già affidati dalle Agenzie in parola a propri funzionari, e consente, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali prima richiamate, di attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari, mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso. Questi incarichi sono attribuiti, afferma la disposizione censurata, con «apposita procedura selettiva», applicandosi l'art. 19, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Dopo aver precisato che ai funzionari cui è conferito l'incarico compete lo stesso trattamento economico dei dirigenti, la disposizione in questione conclude che le Agenzie ricordate non potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali, secondo le modalità appena descritte e fatto salvo quanto previsto dall'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, dal momento della «assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali di cui al presente comma». 1.1.âˆ' Il giudice a quo è investito, tra l'altro, dell'impugnazione di una sentenza di annullamento della delibera del Comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate (n. 55 del 22 dicembre 2009), con la quale è stato modificato l'art. 24 del regolamento di amministrazione della stessa Agenzia. Tale ultima norma, regolando la «copertura provvisoria di posizioni dirigenziali», consente la stipulazione di contratti a termine con i funzionari interni, fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza e comunque non oltre una scadenza che - al momento dell'impugnativa - era fissata al 31 dicembre 2010. Il giudice rimettente pone in evidenza come la norma censurata - entrata in vigore nelle more del giudizio principale - operi una trasposizione in legge di quanto stabilito nella disposizione regolamentare cui si riferisce l'impugnativa, e condizioni dunque l'esito del giudizio a quo, ponendosi «quale factum principis sopravvenuto», che determinerebbe una declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione. 1.2.âˆ' Ad avviso del giudice a quo, consentendo l'attribuzione di incarichi a funzionari privi della relativa qualifica, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, aggirerebbe la regola costituzionale di accesso ai pubblici uffici mediante concorso, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Viene, a tal proposito, richiamata la giurisprudenza costituzionale che riconosce nel concorso pubblico la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, quale procedura strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione, ciò che, riguardo all'assegnazione di funzioni direttive, priverebbe di legittimazione arbitrarie preclusioni di accesso, riserve integrali di posti o forme di attribuzione automatica in favore del personale interno. La norma censurata, sempre secondo il giudice a quo, consentirebbe invece a funzionari, privi della relativa qualifica, di accedere, senza aver superato un pubblico concorso, ad un «ruolo» diverso nell'ambito della propria amministrazione. L'elusione della regola del pubblico concorso determinerebbe anche un vulnus al principio del buon andamento, con conseguente ulteriore lesione, sotto questo diverso profilo, degli artt. 3 e 97 Cost. Ancora, la disposizione censurata violerebbe gli artt. 3 e 97, primo comma, Cost., in relazione ai principi di legalità , imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, poiché, permettendo l'attribuzione di incarichi a funzionari privi della relativa qualifica, consentirebbe la preposizione ad uffici amministrativi di soggetti privi dei requisiti necessari, determinando una diminuzione delle garanzie dei cittadini che confidano in una amministrazione competente, imparziale ed efficiente. Il rimettente prospetta, infine, una violazione degli artt. 3 e 51 Cost., poiché l'accesso a funzioni dirigenziali sarebbe consentito, in deroga al principio di uguaglianza, pur nell'assenza dei requisiti stabiliti dalla legge (e, in particolare, dall'art. 19 del citato d.lgs. n. 165 del 2011). 2.âˆ' In via preliminare, va ribadito quanto stabilito nell'ordinanza della quale è stata data lettura in udienza, allegata alla presente sentenza, in ordine all'inammissibilità dell'intervento del Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) nel presente giudizio di legittimità costituzionale. 3.âˆ' La questione va esaminata entro i limiti del thema decidendum individuato dall'ordinanza di rimessione, dato che non possono essere prese in considerazione le censure svolte dalla parte del giudizio principale, con riferimento a parametri costituzionali ed a profili non evocati dal giudice a quo (ex plurimis, sentenze n. 211 e n. 198 del 2014, n. 275 del 2013, n. 310, n. 227 e n. 50 del 2010). 4.âˆ' La questione è fondata. 4.1.âˆ' Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell'ambito di un'amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio. Anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta «l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso» (sentenza n. 194 del 2002; ex plurimis, inoltre, sentenze n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009). In apparenza, la disposizione impugnata non si pone in contrasto diretto con tali principi. Essa non conferisce in via definitiva incarichi dirigenziali a soggetti privi della relativa qualifica, bensì consente, in via asseritamente temporanea, l'assunzione di tali incarichi da parte di funzionari, in attesa del completamento delle procedure concorsuali. Tuttavia, l'aggiramento della regola del concorso pubblico per l'accesso alle posizioni dirigenziali in parola si rivela, sia alla luce delle circostanze di fatto, precedenti e successive alla proposizione della questione di costituzionalità , nelle quali la disposizione impugnata si inserisce, sia all'esito di un più attento esame della fattispecie delineata dall'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012. 4.2.âˆ' Per colmare le carenze nell'organico dei propri dirigenti, l'Agenzia delle entrate ha, negli anni, fatto ampio ricorso ad un istituto previsto dall'art. 24 del proprio regolamento di amministrazione. Tale disposizione consente, «[p]er inderogabili esigenze di funzionamento dell'Agenzia», la copertura provvisoria delle eventuali vacanze verificatesi nelle posizioni dirigenziali, previo interpello e previa specifica valutazione dell'idoneità degli aspiranti, mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, «fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza» e, comunque, fino ad un termine finale predeterminato. Questo termine finale è stato di volta in volta prorogato, a partire dal 2006, con apposite delibere del Comitato di gestione dell'Agenzia. Al momento della proposizione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, esso risultava fissato al 31 dicembre 2010. Successivamente alla proposizione della questione, il termine è stato prorogato altre due volte, da ultimo (con delibera n. 51 del 29 dicembre 2011) «al 31 maggio 2012». Le reiterate delibere di proroga del termine finale hanno di fatto consentito, negli anni, di utilizzare uno strumento pensato per situazioni peculiari quale metodo ordinario per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti. Secondo la giurisprudenza, nell'ambito dell'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l'illegittimità di questa modalità di copertura delle posizioni dirigenziali deriva dalla sua non riconducibilità , né al modello dell'affidamento di mansioni superiori a impiegati appartenenti ad un livello inferiore, né all'istituto della cosiddetta reggenza. Il primo modello, disciplinato dall'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, prevede l'affidamento al lavoratore di mansioni superiori, nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi prorogabili fino a dodici, qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti, ma è applicabile solo nell'ambito del sistema di classificazione del personale dei livelli, non già delle qualifiche, e in particolare non è applicabile (ed è illegittimo se applicato) laddove sia necessario il passaggio dalla qualifica di funzionario a quella di dirigente (sentenza di questa Corte n. 17 del 2014; nella giurisprudenza di legittimità , ex plurimis, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 12 aprile 2006, n. 8529, e 26 marzo 2010, n. 7342). Invero, l'assegnazione di posizioni dirigenziali a un funzionario può avvenire solo ricorrendo al secondo modello, cioè all'istituto della reggenza, regolato in generale dall'art. 20 del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dai Ministeri). La reggenza si differenzia dal primo modello perché serve a colmare vacanze nell'ufficio determinate da cause imprevedibili, e viceversa si avvicina ad esso perché è possibile farvi ricorso a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante, e nei limiti di tempo previsti per tale copertura. Straordinarietà e temporaneità sono perciò caratteristiche essenziali dell'istituto (ex plurimis, Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenze 22 febbraio 2010, n. 4063, 16 febbraio 2011, n. 3814, 14 maggio 2014, n. 10413). Ebbene, le reiterate proroghe del termine previsto dal regolamento di organizzazione dell'Agenzia delle entrate per l'espletamento del concorso per dirigenti e, conseguentemente, per l'attribuzione di funzioni dirigenziali mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, hanno indotto la giurisprudenza amministrativa (TAR Lazio, Roma, seconda sezione, sentenze 30 settembre 2011, n. 7636, e 1° agosto 2011, n. 6884) a ritenere carenti, nella fattispecie prevista dall'art. 24 del regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate, i due presupposti ricordati della straordinarietà e della temporaneità , a non configurarla come un'ipotesi di reggenza e quindi a considerarla in contrasto con la disciplina generale di cui agli artt. 19 e 52 del d.lgs. n. 165 del 2001. In questo quadro normativo e giurisprudenziale, e nella relativa vicenda processuale, interviene il legislatore, attraverso la disposizione sospettata di illegittimità costituzionale. La norma impugnata esordisce autorizzando le Agenzie delle entrate, del territorio e delle dogane ad espletare procedure concorsuali, da completarsi entro il 31 dicembre 2013, per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, attraverso il richiamo alla disciplina contenuta nell'art. 1, comma 530, della l. n. 296 del 2006 e nell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.l. n. 203 del 2005, come convertito. L'autorizzazione in parola è rafforzata attraverso un riferimento alla «esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità » delle strutture delle Agenzie e alla necessità di garantire «una efficace attuazione delle misure di contrasto all'evasione» contenute in altri commi dello stesso art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, come convertito. In realtà , del tutto indipendentemente dalla norma impugnata, l'indizione di concorsi per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti è resa possibile da norme già vigenti, che lo stesso art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, si limita a richiamare senza aggiungervi nulla (si veda l'art. 2, comma 2, del d.l. n. 203 del 2005, come convertito). Inoltre, considerando le regole organizzative interne dell'Agenzia delle entrate e la possibilità di ricorrere all'istituto della delega, anche a funzionari, per l'adozione di atti a competenza dirigenziale âˆ' come affermato dalla giurisprudenza tributaria di legittimità sulla provenienza dell'atto dall'ufficio e sulla sua idoneità ad esprimerne all'esterno la volontà (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione tributaria civile, sentenze 9 gennaio 2014, n. 220; 10 luglio 2013, n. 17044; 10 agosto 2010, n. 18515; sezione sesta civile âˆ' T, 11 ottobre 25012, n. 17400) - la funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata. Sicché l'obbiettivo reale della disposizione in esame è rivelato dal secondo periodo della norma in questione, ove, da un lato, si fanno salvi i contratti stipulati in passato tra le Agenzie e i propri funzionari, dall'altro si consente ulteriormente che, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, da completare entro il 31 dicembre 2013, le Agenzie attribuiscano incarichi dirigenziali a propri funzionari, mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso. Dopo la proposizione della questione di legittimità costituzionale, il termine originariamente fissato per il «completamento» delle procedure concorsuali viene prorogato due volte. Dapprima, l'art. 1, comma 14, primo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15, lo ha spostato al 31 dicembre 2014, purché le procedure fossero indette entro il 30 giugno 2014, con la precisazione che, nelle more, era possibile prorogare o modificare solo gli incarichi dirigenziali già attribuiti, non invece conferirne di nuovi. Successivamente, l'art. 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), lo ha ulteriormente prorogato al 30 giugno 2015. Benché il legislatore abbia esplicitamente precisato, in questi interventi di proroga, che non è consentito conferire nuovi incarichi a funzionari interni, è indubbio che gli interventi descritti abbiano aggravato gli aspetti lesivi della disposizione impugnata. In tal modo, infatti, il legislatore apparentemente ha riaffermato, da un lato, la temporaneità della disciplina, fissando nuovi termini per il completamento delle procedure concorsuali, ma, dall'altro, allontanando sempre di nuovo nel tempo la scadenza di questi, ha operato in stridente contraddizione con l'affermata temporaneità . 4.3.âˆ' La norma impugnata ha cura di esibire, quale caratteristica essenziale, la propria temporaneità : il ricorso alla descritta modalità di copertura delle posizioni dirigenziali vacanti sarebbe provvisorio, strettamente collegato all'indizione di regolari procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza, da completarsi entro un termine ben identificato, che la disposizione impugnata, in origine, fissava al 31 dicembre 2013. Tuttavia, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, inserisce in tale costruzione un elemento d'incertezza, nella parte in cui stabilisce che, fatto salvo quanto disposto dall'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, le Agenzie interessate non potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali a propri funzionari «[a] seguito dell'assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali di cui al presente comma». Questo significa che al termine, certo nell'an e nel quando, del completamento delle procedure concorsuali - nelle cui more è possibile attribuire incarichi dirigenziali con le modalità descritte - si affianca un diverso termine, certo nella sola attribuzione del diritto all'assunzione, ma incerto nel quando, perché tra il completamento delle procedure concorsuali (coincidente con l'approvazione delle graduatorie) e l'assunzione dei vincitori, può trascorrere, per i più diversi motivi, anche un notevole lasso di tempo. È quindi lo stesso tenore testuale della disposizione impugnata a non escludere che, pur essendo concluse le operazioni concorsuali, le Agenzie interessate possano prorogare, per periodi ulteriori, gli incarichi dirigenziali già conferiti a propri funzionari, in caso di ritardata assunzione di uno o più vincitori. In questo senso, in contraddizione con l'affermata temporaneità , il termine finale fissato dalla disposizione impugnata finisce per non essere «certo, preciso e sicuro» (sentenza n. 102 del 2013). Per questo, non è conferente il richiamo, effettuato dall'Avvocatura generale dello Stato, alla fattispecie normativa scrutinata con la sentenza di questa Corte n. 212 del 2012. In tale sentenza, l'infondatezza della questione derivava dalla circostanza per cui la norma di legge (regionale) impugnata consentiva, in assenza di personale con qualifica dirigenziale, che talune delle suddette funzioni potessero essere attribuite a funzionari della categoria più elevata non dirigenziale, fino all'espletamento dei relativi concorsi e, comunque, per non più di due anni. Come si vede, in quel caso il termine finale della copertura delle vacanze attraverso il conferimento d'incarichi non era ancorato ad un evento incerto nel quando come l'assunzione dei vincitori, ma era fissato perentoriamente. Anche considerando il tenore letterale della norma impugnata, quindi, il carattere di temporaneità della soluzione da essa prevista, sul quale insiste l'Avvocatura generale dello Stato, tende a scolorire fin quasi ad annullarsi. 4.4.âˆ' Si aggiunga, per quanto necessario, che la regola del concorso non è certo soddisfatta dal rinvio che la stessa norma impugnata opera all'art. 19, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui stabilisce che gli incarichi dirigenziali ai funzionari «sono attribuiti con apposita procedura selettiva». In realtà , la norma di rinvio si limita a prevedere che l'amministrazione renda conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti che si rendono disponibili nella dotazione organica e i criteri di scelta, stabilendo, altresì, che siano acquisite e valutate le disponibilità dei funzionari interni interessati. I contratti non sono dunque assegnati attraverso il ricorso ad una procedura aperta e pubblica, conformemente a quanto richiesto dagli artt. 3, 51 e 97 Cost. (sentenze n. 217 del 2012, n. 150 e n. 149 del 2010, n. 293 del 2009, n. 453 del 1990). 4.5.âˆ' In definitiva, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, ha contribuito all'indefinito protrarsi nel tempo di un'assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica. Per questo, ne va dichiarata l'illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost. Posto che le ricordate proroghe di termini fanno corpo con la norma impugnata, producendo unitamente ad essa effetti lesivi, ed anzi aggravandoli, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa all'art. 1, comma 14, del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150, come convertito, e all'art. 1, comma 8, del d.l. 31 dicembre 2014, n. 192. E proprio perché tali disposizioni hanno carattere consequenziale e concorrono a integrare la disciplina impugnata, non vi sono ostacoli ad estendere ad esse la dichiarazione d'illegittimità costituzionale, pur trattandosi di disposizioni normative sopravvenute al giudizio a quo. Infatti, «l'apprezzamento di questa Corte, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non presuppone la rilevanza delle norme ai fini della decisione propria del processo principale, ma cade invece sul rapporto con cui esse si concatenano nell'ordinamento, con riguardo agli effetti prodotti dalle sentenze dichiarative di illegittimità costituzionali» (sentenza n. 214 del 2010). Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44; 2) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15; 3) dichiara, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2015. F.to: Alessandro CRISCUOLO, Presidente Nicolò ZANON, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI | |
Da: Avevo deciso di non parlare di diritto | 05/04/2016 17:10:52 |
Faccio un'eccezione. La sentenza che gentilmente ci è stata offerta sopra è logica, coerente e significativa. La legge 107 potrebbe avere altre e più importanti violazioni di precetti costituzionali di quelle evidenziate nella sentenza di cui sopra. Potrebbe anche non averne perchè nel nostro caso non c'è stata promozione perchè si siano volte funzioni superiori. C'è un concorso pubblico, regolarmente bandito. Ci sono concorrenti che conservano il diritto di essere concorrenti. Una cosa è la legge, altra cosa è l'interpretazione di essa. Se la legge consente ad alcuni (ex idonei o bocciati ad altri concorsi) di partecipare ad una semplificazione della procedura concorsuale, che comunque è un concorso, e non consente ad altri concorrenti uguale possibilità essa è anticostituzionale. Finora chi ha detto che i concorrenti bocciati 2011 siano esclusi dal disposto della legge 107 ? L'amministrazione ha interpretatalo la legge e non ha consentito ai bocciati pendenti del concorso 2011 di partecipare al pari dei non più idonei (2011), perciò mai idonei, alla semplificazione della procedura concorsuale. Ha interpretato la legge e ha consentito ai bocciati 2004 e 2006 di partecipare alla semplificazione della procedura concorsuale ed ha negato la stessa possibilità ai bocciati 2011. Questa però è l'interpretazione dell'amministrazione e non è la legge. Se il giudice amministrativo dovesse riconoscere giusta l'interpretazione che della legge ha fatto l'amministrazione non potrà che rimettere alla C.C. la valutazione della Costituzionalità della legge con tutte le conseguenze che deriverebbero. Ci sono altri rilievi di possibili violazioni di norme costituzionali che preferisco non evidenziare. | |
Da: x avevo deciso di non parlare di diritto | 05/04/2016 18:33:22 |
L'aspetto che mi lascia perplesso e, in verità , non mi convince è il fatto che tu ritieni la partecipazione al corso intensivo e alla prova scritta "una semplificazione della procedura concorsuale". Ebbene così non è, e anche su questo dovranno pronunciarsi i giudici, in quanto una procedura concorsuale, per definizione, consiste sempre in una "selezione tra più concorrenti a un posto di lavoro o a un premio, sulla base di una o più prove". Orbene è notorio che in questo caso la selezione non c'è stata perché in alcune regioni, come la Campania e L'Abruzzo, tutti coloro che hanno partecipato alla "procedura semplificata" l'hanno superata, anche perché mancava un dato essenziale per una procedura concorsuale, come rilevato anche in una recente sentenza del TAR, vale a dire il numero di posti messi a concorso che di certo non può essere "a fisarmonica" e per di più pari al numero di concorrenti, e quindi determinato a posteriori. In questo caso, dunque, a rigore di logica, si deve correttamente parlare di procedura in sanatoria e non di procedura concorsuale. Concordo invece pienamente sul fatto che la legge non poteva effettuare distinzioni tra i contenziosi pendenti di due procedure concorsuali, solo sulla base della presunta "stagionalità ", in quanto il diritto obiettivo non può fondarsi su diversità determinate dal numero di anni trascorsi dal momento nel quale si è palesato. La legge è o dovrebbe essere uguale per tutti. Motivazioni che, insieme ad altre sulle quali non mi dilungo, m'inducono nel convincimento dell'incostituzionalità delle norme incluse nei commi da 87 e ss dell'art. 1 della L. 107/2015, che ci auguriamo vengano dunque abrogate, nel pieno rispetto della carta costituzionale, con le conseguenze del caso. | |
Da: Avevo deciso di non parlare di diritto | 05/04/2016 18:51:37 |
Faccio un'eccezione. Non credo sia come tu ritieni. E' un concorso e il fatto che non ci siano stati bocciati significa che tutti i concorrenti ammessi alla prova (ci può essere anche un concorso per titoli) abbiano dimostrato di possedere quanto sia stato loro richiesto. C'è un problema rispetto all'interpretazione della legge 107 relativamente ai pendenti 2004 e 2006 e tu, volendo o non volendo, lo hai accennato o sfiorato. Siccome non gradisco parlare di diritto, altrimenti dovrei parlare, per esempio, dell'art. 39 C. e di altre circostanze che hanno caratterizzato l'intera vicenda giuridica campana, voglio evitare di puntualizzare. | |
Da: Il concorso campano in estrema sintesi | 05/04/2016 18:52:00 |
-Anticipazione dei quesiti della preseselettiva (da notizie di cronaca) -Tempi biblici per la correzione degli scritti -Abnorme numero di ammessi a sostenere il colloquio -Numero elevato di concorrenti bocciati al colloquio -Ricorsi più volte respinti dal TAR e dall VI Sez. del CdS -Illegittimità della commissione ravvisata dalla II Sez. del CdS -Dietro-front della II Sez del CdS -Interregionalità -Sanatorie varie -Italia invasa da neo-ds campani | |
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Da: clete | 05/04/2016 19:02:34 |
Italia invasa da neo-ds campani (in un universo postapocalittico o in una distopia horror) Ammazza ! Neanche fosse la trama di "The walking dead". scusate (ogni tanto mi scappano...) | |
Da: @Il concorso campano | 05/04/2016 19:04:57 |
La cosa più interessante è che data l'abnormità dei ds campani sfornati dal concorso 2011 e dalle sanatorie varie, molti di loro non ritorneranno più in Campania... | |
Da: @Clete | 05/04/2016 19:14:48 |
Non è certo colpa dei campani il fatto di essere stati più scaltri degli altri. Chi ha imposto ai vari usr e commissioni delle altre regioni di promuovere col contagocce? In Sicilia hanno avuto la buona idea di far passare solo 170 ds contro i 237 posti disponibili. Col senno di poi penso che quei posti non li abbiano assegnati proprio perchè servivano per la sanatoria del dm 499/15, ciò significa che già da molto tempo la cosa era in cantiere. La 107 è servita da cavallo di troia per il dm499/15. Ora corso intensivo anche per quelli del 2011! Spero che il tar prenda quest'onesta e legale decisione. | |
Da: Meglio i concorrenti degli ultimi due concorsi | 05/04/2016 19:19:29 |
che non ritornino e che lascino passare alcuni anni, "in esilio", nella speranza che, negli ambienti scolastici, e non solo in quelli, ci si dimentiche di come, con leggi, leggine e commi ma anche con altro..., sono arrivati sull'agognata scranna. Si può senza tema affermare che si sia trattato, per la Campania, dei concorsi per dirigenti scolastici più "chiacchierati" della storia concorsuale nazionale. Le ricadute le vedremo a breve se è come come è vero che "piscis primum a capite foetet". E non aggiungo altro, per carità di patria. | |
Da: @Meglio | 05/04/2016 19:43:49 |
Su cazzi di vois... | |
Da: Soli titoli | 05/04/2016 19:57:43 |
È anche possibile che prendano servizio in esilio, superino anno di prova e poi.......tornino a casa. Le vie del Signore sono infinite e alcune di queste sono già state prese in considerazione. Che schifo! | |
Da: @ Il concorso campano in estrema sintesi | 05/04/2016 20:05:38 |
Hai dimenticato alcune cose importanti: -Sequestro di atti da parte del P.M, confermato dal GIP -Graduatoria elaborata sulla base di fotocopie e non degli atti essendo gli stessi nella piena disponibilità della Procura. | |
Da: Non c''è violazione art. 3 e art. 97 C | 05/04/2016 20:07:40 |
relativamente alla possibilità di "sanare" situazioni pendenti. Perchè scrivete queste sciocchezze ? Ai sensi e per gli effetti del nostro diritto chi ha una pendenza conserva il diritto. Nel caso di species continua ad essere concorrente del concorso assieme a coloro che sono vincitori (pure loro sono concorrenti e vengono assunti perchè l'atto amministrativo ha la veste giuridica dell'esecutività ). La disparità di trattamento e violazione dell'art. 3 e 97 si verificherebbe solo nel caso alcune pendenze dovessero sanarsi ed altre no. Quando si sanano le pendenze sostanzialmente vene sanata le posizione dei vincitori di concorso, i quali, potrebbero non essere tali se dovesse risolversi la pendenza in modo negativo per l'amministrazione. La 107 mira a consolidare i risultati del concorso (sanare i vincitori) attraverso un nuovo esame da farsi ai ricorrenti. | |
Da: di questo passo | 05/04/2016 21:56:43 |
ah davvero? sono stati sanati i vincitori dei concorsi del 2004-2006? | |
Da: Se... | 05/04/2016 21:59:40 |
... sanano pure noi! | |
Da: Un''interessante lettera che affronta la questione | 06/04/2016 11:33:12 |
Concorso dirigenti 2011: saranno risolte le disparità di trattamento? http://www.tecnicadellascuola.it/archivio/item/19592-concorso-dirigenti-scolastici-2011-saranno-risolte-le-disparita-di-trattamento.html | |
Da: pendenti | 06/04/2016 13:17:49 |
Si vede che c'è chi pende di più e chi pende di meno | |
Da: @pendenti | 06/04/2016 13:46:00 |
Dipende dalle dimensioni, ma soprattutto dal tempo che trascorre... | |
Da: Il silenzio... | 06/04/2016 20:50:37 |
...dell'attesa. | |
Da: Previsioni per domani | 06/04/2016 20:59:42 |
Vista l'aria che tira a livello politico non c'è dubbio che il tar del Lazio allargherà alle pendenze del 2011 il corso intensivo già DM 499/15. Non ci rimane che aspettare la sentenza che dovrebbe essere resa pubblica venerdi 8/4. | |
Da: pippopappa | 07/04/2016 08:54:10 |
siamo rovinati | |
Da: Tu | 07/04/2016 10:00:36 |
Perché ? | |
Da: Soli titoli | 07/04/2016 10:07:14 |
Orizzonti della scuola ......proclama bando a giugno! | |
Da: @soli titoli | 07/04/2016 10:15:32 |
Ora si, infatti abbinata all'articolo c'è la pubblicità di un corso di formazione, l'ennesima | |
Da: @ pippopappa | 07/04/2016 11:21:18 |
??? | |
Da: Ad adiuvandum | 07/04/2016 11:47:30 |
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2010&numero=225 Sentenza 225/2010 Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE Presidente AMIRANTE - Redattore MAZZELLA Udienza Pubblica del 25/05/2010 Decisione del 21/06/2010 Deposito del 24/06/2010 Pubblicazione in G. U. 30/06/2010 n. 26 Norme impugnate: Art. 1, c. 52°, della legge della Regione Lazio 11/08/2009, n. 22. Massime: 34770 34771 Atti decisi: ric. 101/2009 SENTENZA N. 225 ANNO 2010 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 52, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2009, n. 22 (Assestamento al bilancio annuale e pluriennale 2009-2011 della Regione Lazio), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19 ottobre 2009, depositato in cancelleria il 27 ottobre 2009 ed iscritto al n. 101 del registro ricorsi 2009. Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; udito nell'udienza pubblica del 25 maggio 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella; uditi l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Claudio Chiola per la Regione Lazio. Ritenuto in fatto 1. âˆ' Con ricorso depositato in cancelleria il 27 ottobre 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, con riferimento agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 52, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2009, n. 22 (Assestamento al bilancio annuale e pluriennale 2009-2011 della Regione Lazio). Riferisce il Presidente del Consiglio che la disposizione censurata stabilisce che «i soggetti che previa una selezione di evidenza pubblica hanno ricoperto, per almeno cinque anni consecutivi, incarichi dirigenziali nelle strutture della Regione e attualmente prestano servizio presso le stesse sono, a domanda, immessi nel ruolo della dirigenza della Regione». Ritiene il ricorrente che il riportato comma 52 sia illegittimo. Esso, infatti, offrirebbe la possibilità a tutti i dipendenti regionali che abbiano superato una selezione di evidenza pubblica e abbiano avuto un incarico dirigenziale per cinque anni consecutivi, di diventare dirigenti grazie ad una semplice domanda. Tale norma regionale, invero, si porrebbe in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 Cost., determinando una grave lesione ai principi costituzionali di parità tra i cittadini (art. 3), di uguaglianza nell'accesso agli uffici pubblici (art. 51) e di accesso mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge, agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 97). In particolare, con riferimento all'art. 97 Cost., il ricorrente fa presente che la regola del pubblico concorso, come ribadito anche dal Consiglio di Stato, è posta a tutela non solo dell'interesse pubblico alla scelta dei migliori âˆ' mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti âˆ' ma anche del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione. La regola costituzionale del pubblico concorso verrebbe poi concretamente salvaguardata con una serie di disposizioni legislative che espressamente comminano la nullità dell'assunzione effettuata senza osservanza delle prescritte procedure selettive e la responsabilità personale degli amministratori che vi hanno provveduto con riguardo sia alle amministrazioni statali sia alle altre amministrazioni pubbliche, compresi gli enti locali. Ricorda il Presidente del Consiglio che, come questa Corte ha riconosciuto, l'accesso al concorso può essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell'ambito dell'amministrazione, ma ciò «fino al limite oltre il quale possa dirsi che l'assunzione nell'amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere "pubblico" del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell'interesse pubblico, dall'art. 97, terzo comma, della Costituzione». 2. âˆ' Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, in persona del vice-presidente Esterino Montino, giuste determinazioni del Segretario generale del Consiglio regionale n. 698 del 10 novembre 2009 e del Dipartimento Economico e Occupazionale C3307 del 24 novembre 2009, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque infondate. 3. âˆ' Successivamente, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa, nella quale ha eccepito la nullità della costituzione in giudizio della Regione. In base all'art. 41, comma 4, legge statutaria 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), il Presidente promuove l'impugnazione delle leggi dello Stato innanzi alla Corte costituzionale. Secondo il ricorrente, tale previsione, saldandosi con le prerogative attribuite al Presidente della Giunta regionale dal comma 1 della medesima disposizione, in forza del quale egli dirige la politica dell'esecutivo, comporterebbe la nullità dell'atto di costituzione della Regione Lazio nel presente giudizio di costituzionalità per carenza di potere dei due organi che hanno adottato la relativa determinazione. Priva di fondamento risulterebbe la motivazione posta a fondamento della determinazione del Direttore del Dipartimento economico e occupazionale, che lega la pretesa attribuzione di disporre in materia di liti attive e passive all'attuale contenuto dell'articolo 48 dello Statuto regionale, con riferimento alla resistenza in giudizio in caso di impugnazione di una legge della Regione Lazio per vizi di costituzionalità . Parimenti priva di fondamento, per la resistenza nel ricorso in esame, sarebbe la determinazione del Segretario generale, la quale richiama gli articoli 21 e 24 della legge statutaria n. 1 del 2004 inconferenti nella fattispecie, perché il primo (art. 21) riguarda le funzioni del Presidente del Consiglio regionale, tra le quali non è assolutamente prevista quella di impugnare le leggi dello Stato o di altra Regione o di resistere in giudizio, e perché il secondo (art. 24) disciplina l'autonomia del Consiglio regionale. In ogni caso il Presidente del Consiglio insiste nelle proprie conclusioni, chiedendo l'accoglimento del ricorso. 4. âˆ' Con propria memoria, successivamente, la Regione Lazio svolgeva ulteriori deduzioni sul merito del ricorso. 5. âˆ' In apertura dell'udienza pubblica, veniva dichiarata con ordinanza l'inammissibilità della costituzione in giudizio della Regione Lazio, per la mancanza di delibera di autorizzazione del Presidente della giunta regionale, essendo state ritenute insufficienti a tal fine tanto la determinazione del Presidente del Consiglio regionale, quanto la determinazione del Direttore del Dipartimento economico e occupazionale. Considerato in diritto 1. âˆ' Con ricorso depositato il 27 ottobre 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell'art. 1, comma 52, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2009, n. 22 (Assestamento al bilancio annuale e pluriennale 2009-2001 della Regione Lazio). Tale norma regionale, secondo il ricorrente, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, determinando una grave lesione dei principi costituzionali di parità tra cittadini (art. 3, Cost.) e di uguaglianza nell'accesso agli uffici pubblici (art. 51, Cost.), nonché di quello del pubblico concorso quale modalità prescritta, salvo i casi stabiliti dalla legge, per accedere agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 97, Cost.). 2. âˆ' Preliminarmente, deve essere dichiarata la inammissibilità della costituzione in giudizio della Regione Lazio, come da ordinanza allegata, letta in udienza. 3. âˆ' Nel merito, la questione è fondata. Come questa Corte ha più volte affermato, il principio del pubblico concorso per l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, quando l'intento è di valorizzare esperienze professionali maturate all'interno dell'amministrazione, può andare incontro a deroghe ed eccezioni, attraverso la previsione di trasformazione delle posizioni di lavoro a tempo determinato, già ricoperte da personale precario dipendente. Ma, affinché «sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall'art. 97 Cost.», è necessario che «l'area delle eccezioni» alla regola sancita dal suo primo comma sia «delimitata in modo rigoroso» (sentenze n. 363 del 2006, n. 215 del 2009 e n. 9 del 2010). In particolare, è indispensabile che le eccezioni al principio del pubblico concorso siano numericamente contenute in percentuali limitate, rispetto alla globalità delle assunzioni poste in essere dall'amministrazione; che l'assunzione corrisponda a una specifica necessità funzionale dell'amministrazione stessa; e, soprattutto, che siano previsti adeguati accorgimenti per assicurare comunque che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell'incarico (sentenza n. 215 del 2009). Tale principio non è destinato a subire limitazioni neppure nel caso in cui il personale da stabilizzare abbia fatto ingresso, in forma precaria, nell'amministrazione con procedure di evidenza pubblica, e neppure laddove la selezione a suo tempo svolta sia avvenuta con pubblico concorso, dato che la necessità del concorso per le assunzioni a tempo indeterminato discende non solo dal rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost., ma anche dalla necessità di consentire a tutti i cittadini l'accesso alle funzioni pubbliche, in base all'art. 51 Cost. Invero, «la natura comparativa e aperta della procedura è […] elemento essenziale del concorso pubblico», sicché deve escludersi la legittimità costituzionale di «procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall'esterno», violando il carattere pubblico del concorso (in tal senso, sentenze n. 293 del 2009 e n. 100 del 2010). D'altra parte, come pure è stato esplicitamente affermato nelle citate decisioni di questa Corte, «il previo superamento di una qualsiasi "selezione pubblica", presso qualsiasi "ente pubblico", è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso», perché esso «non garantisce che la previa selezione avesse natura concorsuale e fosse riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere». La norma regionale attualmente censurata attribuisce ai soggetti che, in seguito ad una precedente selezione di evidenza pubblica, abbiano ricoperto, per almeno cinque anni consecutivi, incarichi dirigenziali nelle strutture della Regione e attualmente prestino servizio presso le stesse, il diritto di essere immessi, su semplice domanda, nel ruolo della dirigenza della Regione. La lesione del principio del pubblico concorso, nel caso in esame, è accentuata dal carattere assolutamente potestativo del diritto alla stabilizzazione contemplato nella norma impugnata, la quale autorizza il personale dirigente assunto in via precaria ad essere stabilizzato su semplice domanda e, dunque, senza alcuna giustificazione della necessità funzionale dell'amministrazione e senza alcuna valutazione della professionalità e dell'attività svolta da questi dirigenti. Deve, dunque, essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 52, della legge della Regione Lazio n. 22 del 2009 per violazione degli artt. 51 e 97 Cost. Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la inammissibilità della costituzione in giudizio della Regione Lazio; dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 52, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2009, n. 22 (Assestamento al bilancio annuale e pluriennale 2009-2011 della Regione Lazio). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2010. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Luigi MAZZELLA, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2010. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA | |
Da: ma come! | 07/04/2016 13:58:59 |
Novita'? | |
Da: @ma come? | 07/04/2016 14:27:36 |
Quali novità aspetti? | |
Da: Nessuno risponde | 07/04/2016 14:52:35 |
Ci sono notizie circa la discussione, oggi, di svariati ricorsi al tar lazio, terza sezione bis, per l'annullamento del dm 499 2015 nella parte in cui non riconosce il diritto ai ricorrenti del concorso a ds 2011 con ricorsi pendenti di accedere al corso intensivo? | |
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