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Concorso Dirigenti scolastici 2011
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Da: MI MANDA RAI TRE15/09/2013 20:32:56
Oggi ho visto in TV che presto inizia la trasmissione Mi manda Rai tre. Sono richieste testimonianze o documenti che mettano in evidenza ingiustizie e soprusi.
Ricordo che, in una trasmissione di qualche anno fa, si fecero vedere i compiti pieni di errori dei dirigenti che avevano superato il concorso del 2004 in Sicilia.
Chi ha del materiale scottante dovrebbe inviarne copia!!!
Rispondi

Da: Sapete che15/09/2013 20:39:12
Ed infatti fanno tutti i ds pur dall'alto della loro incompetenza. Inoltre con la 202 hanno trovato il modo di accontentare chi in prima battuta non aveva bussato alla porta giusta. Vedi quanto siamo riusciti a fare sputtanando tutto su Rai tre? Questa è l'Italia ,svegliatevi!
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Da: MI MANDA RAI TRE15/09/2013 21:40:22
E' che tutti fanno i DS, ma è anche vero che tutti conoscono la loro incompetenza!
Rispondi

Da: tutti a manifestare15/09/2013 23:15:49
quando ci rimettono in soldoni....
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Da: Ragionamento16/09/2013 14:26:47
Se è vero che per accedere al corso concorso ci sarà preselettiva, e se su trentamila candidati con un migliaio di posti, ci fossero più di milleduecento candidati che fanno 100, chi passa? Sarà un concorso per titoli, studiato su misura per tutti i vicari rimasti fuori dal precedente concorso, altro che selezione. Leggete bene il decreto: dice che l'ammissione al corso-concorso "può consistere in una prova preselettiva"... Più chiaro di cosi!!! Questo governo ci prende in giro in maniera molto sottile...
Che ne pensate?
Rispondi

Da: CORRIDA16/09/2013 14:47:15
Pelle di tartaruga ci vuole per resistere ai colpi  di questa misera , sconvolta  e sudicia società. Chi ha la pelle tenera come me si fa molto male e rischia di lasciarcela. A volte mi chiedo se appartengo ad un pianeta diverso .
Ho provato a lottare con  armi civili e corrette ma non è servito.
Ora dico  davvero basta. Che ognuno si consumi nel proprio brodo, tanto essere felici non significa certo vincere un concorso.
Anzi , molti dirigenti che conosco sono soli, logorati e incattiviti dal loro stesso potere. Alcuni pentiti,  per ogni capello che hanno in testa, di aver fatto questa scelta .Non voglio anch'io diventare così.
In bocca al lupo ai pochi amici/ colleghi che andranno avanti in questa corrida. Vi lascio, mi aspetta molto altro!
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Da: x CORRIDA16/09/2013 18:53:38
Se non ho capito male, dovrei combattere la corrida vestito con pelle di tartaruga, dopo aver bevuto un buon brodo, per finire in bocca al lupo?
Rispondi

Da: x auguri raccomandati calabresi16/09/2013 20:35:11
Grazie, sono fiero di non farne parte. Ancora più fiero di
non fare parte dei SOMARI calabresi.
Rispondi

Da: x auguri.......18/09/2013 16:48:28
Il somaro è un animale molto intelligente, dolcissimo, amico dei bambini, di grande volontà e di grande impegno.
Rispondi

Da: so'' mario19/09/2013 11:40:29
Grazie.
Rispondi

Da: nessssssuno19/09/2013 19:58:52
c'è qualcuno?
Rispondi

Da: il forum ricorsi20/09/2013 13:05:10
ha stravinto, cavalli di razza ci sono
Rispondi

Da: x tutti20/09/2013 16:01:55
Alcuni esempi (veri) della scuola italiana del merito, dell'eccellenza
e della qualità:
"Sono Antonio, ho 15 anni, frequento la 1 superiore dell'istituto professionale XX, Catania. Sono stato bocciato una volta, in prima media. Già lavoro, aiuto un meccanico nel mio quartiere. Non mi piace studiare perché già in terza elementare non capivo molto e mi annoiavo. Si è vero, i professori li faccio impazzire, così mi sospendono e me ne sto in officina. Mi sono iscritto al superiore per l'obbligo e per far contenta mia madre, che sapi scrivere solo il suo nome e infatti manco alle elementari mi dava verso per i compiti.  In classe siamo in 38, almeno una 20ina li conosco, son tutti come me. Non ci chiamano per nome, e manco per cognome. Avanti ca finisciunu l'appello è finita la prima ora. E le altre volano: tra grida e urla passa a matinata. Chissa è a scola. Mi faccio solo quest'anno e ciao. Mia madre mi dice "dai, magari ci pigli gusto e ti prendi il diploma" "Mamma, siamo in 38 e in 20 uncicapemu na beata mazza di chiddu chi dicinu, anche se sti mischini si sforzano, seconnu tia ncapu a 38 u spiegano a mmia? Non vedono l'ora che ci leviamo dalle palle. Metà classe bocciata, u primu io, te lo dico adesso a secondo giorno. Attenzione: meritatamente. Te li immagini 38 diavoli comu ammia in una classe? Ne vedranno delle belle ste professoresse. Scordatillu u diploma, po mu pigghiu macari, cu a scola serale, a 30 anni. A noi è meglio perderci che tenerci. Così gli alziamo la media nelle prove Invalsi."

"Sono Chiara, sono commercialista, insegno discipline giuridiche economiche in un istituto professionale, primo incarico in assoluto perché ho vinto il concorsone. Sono contentissima di averlo vinto, un terno al lotto, però sono arrivata prima. C'è che son finita in questa scuola di Catania, professionale, primo anno classe di 38 alunni. Allucinante, saltano sulle sedie, entro in classe e nemmeno se ne accorgono, ma siamo impazziti? Per fortuna ho preso il part time, così almeno non chiudo lo studio. C'è che anche solo un'ora in quella classe mi fa perdere il senno, ma che ragazzi sono? Come si fa ad insegnare così? A tre li ho già mandati dal preside ma quello me li ha rimandati in classe. E son messi là che voglion fumare..E sono al secondo giorno.."

"Sono Fulvio, ho 13 anni, sono un anno avanti e sono in 4 ginnasio, liceo Mamiani di Roma, in classe siamo in 32. Mio padre è medico, mamma avvocato. Da grande voglio fare il magistrato. I compagni son tutti nuovi e mi sembrano fighi. I prof ancora non so. Al primo giorno quella di italiano ci ha lasciato un tema con delle domande di grammatica, storia e geografia. Dopo due giorni ce li ha riportati e il voto più alto era sei, il più basso zero. Mamma è andata a scuola e ha fatto l'inferno . Anche se ho preso sei: è il voto più basso che ho mai avuto.  La prof l'ha tranquillizzata, non ha valore è un  test d'ingresso per capire a che livello siamo e non deve preoccuparsi se siamo in tanti: è "fisiologico", almeno in otto o dieci non passeranno l'anno e così l'anno dopo e quello dopo ancora. Ma lo sa fin da subito? "E' fisiologico". Il giorno dopo e quello dopo ancora ci ha interrogati uno ad uno. La cosa strana è che non guarda negli occhi quando parla, guarda in aria. Per fortuna non son tutti come lei, però è brava e non devo fiatare o lamentarmi perchè son fortunato ad avere una prof così brava. Così ha detto mamma. Anche se non guarda negli occhi."

"Sono Anita, ero architetto una volta, oggi insegno in una scuola media a rischio, da 7 anni ormai., a Palermo. Dura è stata dura, i primi tre anni piangevo tutti i giorni quando tornavo a casa in motorino dallo Zen. Però ho vinto io e ci son rimasta. Secondo giorno di scuola. Quelli di terza son cresciutissimi ed è tutto un baci e abbracci poessorè. Certo Salvo è sempre un rompicoglioni epocale e inizia già a provocare. Ma lo so che è per questa Anna, una bocciata che viene dalla sezione F caruccia, come dargli torto se vuol farsi bello. E in questo ha sempre seguito. Non è che gli altri siano più sereni o interessati alla scuola. Anna non parla ma so che è tosta tosta. E con parecchi problemi a casa. Salvo bello non è e usa le armi che ha: far casino in classe. Lo guardo dritto negli occhi e lui si blocca. "Salvo! Vieni qua dai, invece di creare scompiglio al primo minuto, aiuta la tua prof a spostar sta cattedra dai, ragazzi spostiamo tutti i banchi che facciamo compito di gruppo? Salvo dirigi il traffico amunì, dai. E sorridi ogni tanto Salvo, cuccù ce l'hai?" "Poessorè, domani non vengo a scuola già mi siddiò alla prima ora del primo giorno, lei e questo scompligio che non so che è" "E io ti rompo le gambe" "E se tu mi rompi le gambe io ti mando in galera" "Buono, così vieni a trovare pure a me? E dammi del Lei. Dai, facciamo lezione che quest'anno abbiamo gli esami e l'anno prossimo tutti al superiore vero?" I miei alunni, quelli che faticosamente si guadagnano la promozione, si iscrivono tutti al superiore. Quelli come Salvo e Anna e come circa il 30% di questa classe, alle superiori durano una settimana, poi iniziano a fare assenze, sempre più lunghe, fino a Natale: a gennaio alcuni se li son già persi per strada. Il 30% di questa terza, la mia terza,  ha già scritto in fronte  "potenziale disperso",  sono quelli che le prove Invalsi le scarabocchiano tutte, alle superiori (e il nostro miracolo è farceli andare) andranno in scuole professionali, composte da classi di 30-36-40 alunni, giusto il tempo di mandarsi a quel Paese con simpatia e vicendevolmente. Come può una collega seguirli uno ad uno, in classi di 30/38 ragazzi, tutti difficili? Non ci vorrebbe tanto a recuperarli: attenzione, tempo dedicato e pazienza."
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Da: la scuola si cura20/09/2013 16:09:23
Servirebbero 13 miliardi per mettere in sicurezza gli stabili dove studiano i nostri figli. Mancano i servizi per i disabili e le famiglie sono costrette a metterci risorse proprie: 390 milioni donati nell'ultimo anno
Le scuole italiane cadono letteralmente a pezzi. A confermarlo è l'XI studio di Cittadinanzattiva, presentato ieri a Roma. Il rapporto, stilato da volontari e tecnici dell'associazione, ha esaminato 165 edifici di 18 regioni, concentrandosi sulla loro sicurezza, manutenzione e igiene, oltre che sui problemi legati alla vita degli studenti con disabilità. Inoltre la maggior parte degli edifici si trova in zona sismica (67% del campione), come confermano i dati dello stesso Miur.
Elevato anche il numero di scuole a rischio idrogeologico, vulcanico e industriale (16%). In 5 edifici è stata registrata la presenza di radon e amianto, come conferma la testimonianza di un volontario che ha ispezionato una scuola d'infanzia a Fiumicino: «Vi sono i cassoni dell'acqua in amianto chiusi a chiave in un locale attiguo a una piccola aula frequentata da bimbi dell'asilo». Cittadinanzattiva ha denunciato quanto il monitoraggio di queste sostanze sia poco diffuso.
Non si tratta di edifici storici: secondo il rapporto quasi 25 mila scuole (su 36 mila) sono state costruite dal 1961 a oggi, nonostante questo un edificio su 7 lamenta lesioni strutturali. Manca una palestra nel 30% delle scuole.
Passando allo stato di manutenzione, nel 40% dei casi il giudizio degli stessi responsabili del servizio di manutenzione risulta pessimo o mediocre. Nell' 83% delle scuole sono stati richiesti interventi manutentivi, di cui il 64% eseguiti con ritardo. Si legge nell'indagine: «Non si può più parlare di casualità o di fatalità. Ogni anno troppi i casi di crolli, distacchi di intonaco, caduta di finestre, solai, tetti, controsoffitti, che interessano le scuole del nostro Paese». Una parte del documento si concentra sulle condizioni delle scuole d'infanzia e primaria: in più della metà esistono vetrate non conformi o non retinate, nel 44% sono presenti mobili o termosifoni con spigoli vivi e nel 42% armadi e librerie non ancorati alle pareti.
Procede a rilento anche l'adeguamento degli edifici alle esigenze dei disabili, studenti, insegnanti e personale a vario titolo. Meno della metà degli edifici scolastici ha un marciapiede senza rampetta o bordo smussato, ovvero conforme alle ultime normative. Nel 55% degli edifici l'ascensore non raggiunge tutti i piani della scuola.Nel 44% delle aule non ci sono banchi adatti o adattabili ad una persona in carrozzina e nelle aule del 57% delle scuole non sono istallate attrezzature didattiche o tecnologiche che possano facilitare la partecipazione effettiva alle lezioni per studenti con disabilità. Sul tema il rapporto evidenzia che «la mancanza di servizi igienici per ragazzi con disabilità - che si registra nel 23% degli edifici - anche se spesso dagli stessi genitori viene indicato come un problema secondario, è indizio, forse più degli altri dati, della scarsa attenzione che viene prestata alla persona e ai suoi bisogni e diritti primari».
Reale anche il problema della sicurezza: le porte con apertura antipanico sono assenti nel 71% delle aule. Ancora più grave se vi si aggiunge la mancanza di trasparenza: in media, il 96% delle scuole dichiara di avere, per bocca del suo responsabile del servizio prevenzione e protezione, l'impianto elettrico completato o in avanzato stato di adeguamento, in tutti gli ambienti dell'edificio. Questo dato, però, sembra cozzare con quello dell' assenza di certificazione di prevenzione incendi o visto di conformità dei Vigili del fuoco, che risulta essere presente solo nel 37% dei casi.
Per tutte queste ragioni Cittadinanzattiva chiede che l'Anagrafe edilizia scolastica sia aggiornato e consultabile da tutti i cittadini. Infine se la scuola cade a pezzi i genitori sono sempre più costretti a mettere le mani al portafoglio. In attesa dei 13 miliardi che nel rapporto si stimano necessari per il risanamento di tutti gli edifici, emerge che nell'ultimo anno dalle famiglie sono arrivati circa 390 milioni di euro, sotto forma di contributo volontario o donazione di materiali e beni.

POI QUALCUNO IMPIEGA UN ANNO PER DECIDERE SE LE BUSTE ERANO TROPPO RTRASPARENTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!




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Da: la scuola si cura20/09/2013 16:09:53
Servirebbero 13 miliardi per mettere in sicurezza gli stabili dove studiano i nostri figli. Mancano i servizi per i disabili e le famiglie sono costrette a metterci risorse proprie: 390 milioni donati nell'ultimo anno
Le scuole italiane cadono letteralmente a pezzi. A confermarlo è l'XI studio di Cittadinanzattiva, presentato ieri a Roma. Il rapporto, stilato da volontari e tecnici dell'associazione, ha esaminato 165 edifici di 18 regioni, concentrandosi sulla loro sicurezza, manutenzione e igiene, oltre che sui problemi legati alla vita degli studenti con disabilità. Inoltre la maggior parte degli edifici si trova in zona sismica (67% del campione), come confermano i dati dello stesso Miur.
Elevato anche il numero di scuole a rischio idrogeologico, vulcanico e industriale (16%). In 5 edifici è stata registrata la presenza di radon e amianto, come conferma la testimonianza di un volontario che ha ispezionato una scuola d'infanzia a Fiumicino: «Vi sono i cassoni dell'acqua in amianto chiusi a chiave in un locale attiguo a una piccola aula frequentata da bimbi dell'asilo». Cittadinanzattiva ha denunciato quanto il monitoraggio di queste sostanze sia poco diffuso.
Non si tratta di edifici storici: secondo il rapporto quasi 25 mila scuole (su 36 mila) sono state costruite dal 1961 a oggi, nonostante questo un edificio su 7 lamenta lesioni strutturali. Manca una palestra nel 30% delle scuole.
Passando allo stato di manutenzione, nel 40% dei casi il giudizio degli stessi responsabili del servizio di manutenzione risulta pessimo o mediocre. Nell' 83% delle scuole sono stati richiesti interventi manutentivi, di cui il 64% eseguiti con ritardo. Si legge nell'indagine: «Non si può più parlare di casualità o di fatalità. Ogni anno troppi i casi di crolli, distacchi di intonaco, caduta di finestre, solai, tetti, controsoffitti, che interessano le scuole del nostro Paese». Una parte del documento si concentra sulle condizioni delle scuole d'infanzia e primaria: in più della metà esistono vetrate non conformi o non retinate, nel 44% sono presenti mobili o termosifoni con spigoli vivi e nel 42% armadi e librerie non ancorati alle pareti.
Procede a rilento anche l'adeguamento degli edifici alle esigenze dei disabili, studenti, insegnanti e personale a vario titolo. Meno della metà degli edifici scolastici ha un marciapiede senza rampetta o bordo smussato, ovvero conforme alle ultime normative. Nel 55% degli edifici l'ascensore non raggiunge tutti i piani della scuola.Nel 44% delle aule non ci sono banchi adatti o adattabili ad una persona in carrozzina e nelle aule del 57% delle scuole non sono istallate attrezzature didattiche o tecnologiche che possano facilitare la partecipazione effettiva alle lezioni per studenti con disabilità. Sul tema il rapporto evidenzia che «la mancanza di servizi igienici per ragazzi con disabilità - che si registra nel 23% degli edifici - anche se spesso dagli stessi genitori viene indicato come un problema secondario, è indizio, forse più degli altri dati, della scarsa attenzione che viene prestata alla persona e ai suoi bisogni e diritti primari».
Reale anche il problema della sicurezza: le porte con apertura antipanico sono assenti nel 71% delle aule. Ancora più grave se vi si aggiunge la mancanza di trasparenza: in media, il 96% delle scuole dichiara di avere, per bocca del suo responsabile del servizio prevenzione e protezione, l'impianto elettrico completato o in avanzato stato di adeguamento, in tutti gli ambienti dell'edificio. Questo dato, però, sembra cozzare con quello dell' assenza di certificazione di prevenzione incendi o visto di conformità dei Vigili del fuoco, che risulta essere presente solo nel 37% dei casi.
Per tutte queste ragioni Cittadinanzattiva chiede che l'Anagrafe edilizia scolastica sia aggiornato e consultabile da tutti i cittadini. Infine se la scuola cade a pezzi i genitori sono sempre più costretti a mettere le mani al portafoglio. In attesa dei 13 miliardi che nel rapporto si stimano necessari per il risanamento di tutti gli edifici, emerge che nell'ultimo anno dalle famiglie sono arrivati circa 390 milioni di euro, sotto forma di contributo volontario o donazione di materiali e beni.

POI QUALCUNO IMPIEGA UN ANNO PER DECIDERE SE LE BUSTE ERANO TROPPO RTRASPARENTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!




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Da: PER TUTTI20/09/2013 21:18:17
Sono felice e orgoglioso per poter comunicare di essere uscito dal tunnel del forum.
E' tato un percorso lungo, faticoso e doloroso, con crisi di astinenza, soggiorni in comunità terapeutica e 40 giorni nel deserto senza computer. Ora mi occupo di altro: ho fondato una bocciofila. Addio. 
Rispondi

Da: nordpugliese21/09/2013 20:02:39
ma già si parla di un nuovo concorso?
i vicari, pensate saranno privilegiati?
Rispondi

Da: @nordpugliese21/09/2013 22:07:01
Ma dove hai sentito questa cosa? In Lombardia?
Rispondi

Da: mai dire21/09/2013 23:48:00
DS

trasmissione di successo presto

sulle TV Nazionali
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Da: nordpugliese22/09/2013 11:21:43
non in Lombardia
sui vari forum
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Da: somaroni22/09/2013 14:09:35
Se uno studente a scuola non è bravo, di chi è la colpa? Risposta: dei docenti. Sì, certo. In parte può anche essere vero. Ma dipende anche da chi sono gli studenti. O no? Certo. Anche perché altrimenti non si spiegherebbe la differenza di competenza e di preparazione di studenti diversi che hanno lo stesso docente.
Eppure chi ha scritto e pensato l'ultimo decreto-scuola pare non la pensi così. E si scopre, finalmente, il vero utilizzo dei famigerati test Invalsi: giudicare i docenti. Non era meglio il vecchio ispettore scolastico che entrava nelle classi e osservava i docenti all'opera di fronte alla classe? Ne seguiva l'interazione? La didattica? No. Meglio i test. Anche se non oggettivi. Dovevano essere solo test a campione, sono diventati obbligatori per tutti. Insomma, dove i risultati dei test Invalsi sono scarsi, - e per scarsi si intende inferiori alla media nazionale, - i docenti sono rimandati e devono tornare a studiare.
Ancora una volta, tutto a rovescio rispetto a ciò che accade all'estero: invece di una formazione permanente per tutti i docenti, con un tot di ore obbligatorie di aggiornamento ogni anno - ma anche pagate - in Italia il nostro governo di finti tecnici resta dovrebbe essere prioritario e messo a bilancio. Ma non è così per risparmiare. E trasforma l'aggiornamento in una forma punitiva per pochi. Sempre per risparmiare. Chi sono i docenti peggiori? I penalizzati? I rimandati? Naturalmente quelli che lavorano in particolari contesti come le zone a rischio o a forte concentrazione di immigrati. Possibile che gli estensori di questo ridicolo articolo del decreto non intuiscano che se anche il miglior docente del mondo insegnasse in scuole che si trovano in aree particolarmente degradate della nostra penisola, sarebbe anche lui considerato un docente rimandato? Tra l'altro, le ore di aggiornamento che i docenti rimandati dovranno sostenere, sono un'aggiunta al normale monte ore di lavoro nella gestione delle classe. Non si può fare a meno che prendere atto dell'incompetenza che regna sovrana nel ministero dell'istruzione. Da anni. Pensano da dare un'idea di efficienza con queste trovate pseudomeritocratiche, ma creano solo confusione, suscitano ilarità e tristezza al tempo stesso. Valutate un docente attraverso le risposte chiuse che danno i suoi studenti? Invece di osservarlo lavorare dal vivo? Di giudicare la sua didattica? Ma di cosa state parlando? Di quale scuola? Di quali studenti? Ma da quanti decenni non entrate in un'aula scolastica? Vergogna! Ma tornate a scuola voi, per favore! I veri somari non sono nè i docenti nè gli studenti, siete voi! Non meritate nessun esame di riparazione: siete bocciati. Per inadeguatezza a gestire la scuola pubblica italiana.
  Dal quotidiano "Il Manifesto":
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Da: somaroni bis22/09/2013 14:12:38
Anno scolastico 2013-2014. Ragusa, Italia: 49 alunni iscritti nella prima classe del Liceo Musicale di Modica, tra cui un alunno disabile; ricordiamo che con la presenza di un disabile in classe si dovrebbe arrivare a massimo 20 studenti, ma siamo in Italia, se i genitori dell'alunno/studente disabile non vanno per via legale, va bene così, si chiudono gli occhi e si prosegue al ritmo delle campanelle di inizio e fine lezione. La controriformaccia Gelmini e la sua applicazione, dal 2008, ci hanno abituato al fenomeno delle classi-pollaio. Ogni anno si tenta di battere i record degli studenti in batteria. Tutto per risparmiare. Questa è la parola d'ordine della nuova didattica e politica scolastica italiana.Tutti insieme appassionatamente. Altro che compresenza. Che insegnamento individualizzato e piani specifici di apprendimento. Tutto va bene finchè va bene, cioè finchè non ci sono incidenti, finchè gli studenti non si fanno male. Se no, di chi è la colpa? L'articolo 3 della Costituzione recita :«E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Ma non sembra più di abitare nel Paese in cui c'è questa Costituzione, oggi, in Italia. Specie nella scuola pubblica. Siamo al tutti-contro-tutti. Siamo al si salvi chi può. Non si garantisce più a tutti gli studenti partendo dal Nord al Sud, isole comprese, il diritto di studio. La scuola è sempre più mortificata, sottomessa alle leggi «sacre» del mercato. All'incuria. Avere 49, 38, o 10 alunni per classe, sembra sia la stessa cosa. Mentre invece occorre dire forte e chiaro all'opinione pubblica, a tutti i genitori degli studenti, che quando si parla di qualità della scuola, si parte innanzitutto da un dato: il rapporto tra studenti e valore. Meno scuola, meno istruzione, meno formazione. Stiamo provando a investire sull'ignoranza invece che sull'istruzione. Non c'è cosa peggiore che avremmo potuto fare. I risultati nefasti, molto più nefasti di quelli a cui siamo abituati, non tarderanno ad arrivare. La Scuola non interessa. Non si investe
Rispondi

Da: Artemisia123/09/2013 22:52:01
Salve mi fareste un favore? Sapreste consigliarmi un testo di sintesi in lingua francese di argomenti aree concorso dirigenti?
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Da: docente non deficiente24/09/2013 17:16:55
Da un articolo di Raffaele Iosa (credo ex-Ispettore Tecnico Ministeriale) tratto da ScuolaOggi.
Lo so, è un po' impegnativo da leggere, ma ne vale la pena, eccome se ne vale pena in questa scuola allo sfascio.

" La grande malattia in educazione"
Proseguo il mio lungo lavoro sulla Grande Malattia in educazione facendo qui i conti con gli atti del Miur sui cosiddetti BES, i PDP, i PAI (profumo di patatine). Per me acronimi che profumano di tassonomia scientista, alla faccia della complessità moreniana e della liquidità di Baumann. Della grande malattia ne parlo in rapporto alle implicanze con la deriva iatrogena che de-pedagogizza la pedagogia. Al di là delle buone intenzioni degli autori, il tema delle differenze umane a me pare in questo caso confuso, con il rischio di aumentare (e non invece ridurre) la deriva "isolazionista" sui ragazzi "inadeguati" chiamati al soglio dei BES, a partire dalle modalità operative proposte. Tra l'altro, il documento del dicembre 2012 e le altre due note del 2013 hanno creato un groviglio interpretativo con un caos di input e contro-input alternativi. Penso, ad esempio, all'ordine di fare il PAI entro giugno e poi, la riduzione a generica sperimentazione. Da farsi con la guida delle Direzioni Regionali. Come altre volte, prima si accentra (fino all'ukaze anti autonomia sui centri territoriali, che qui non tratterò per buon gusto), si suonano trombe sul grande evento, poi (ai primi guai) si scarica al bricolage di un sistema regionale depauperato di persone, poteri, risorse, che dovrebbe fare non si sa cosa non si sa come. Su tutto aleggerebbe la pigra resistenza dei docenti. Ma c'è di più. Ho assistito, un po' divertito, a dotte discussioni su cosa sia davvero BES fino a vere battute goliardiche, su cui Franco De Anna ha scritto cose pregevoli in un recente articolo (1). Ha ragione Dario Ianes a ricordarci come la sigla BES è di origine politica (e non scientifica): indica a livello internazionale (con sigla SEN) ciò che (dappertutto con fatica) in occidente si circoscrive come "inadeguato alla normalità e al successo". Da cui S (speciale di che?) e B (bisogni: perché non diritti o opportunità?). Sono parole figlie del conservatorismo compassionevole: "..Sangue dal muro non se ne cava! Poveretti: mica li abbandoniamo, rispondiamo ai loro bisogni con l'amore, ma che non pretendano diritti o peggio divergenze dalla normalità che solo noi decidiamo quale sia") Il dibattito scientifico è sul tema dilaniante, mentre le diverse politiche nazionali infilano i ragazzi nelle caselle BES secondo l'ideologia normalizzante del momento. Il termine BES enfatizza oggi la sanitarizzazione della complessità esistenziale e sta rischiando di iatrogenizzare (quasi) tutti, come ci ricorda ancora con ironia De Anna. Termine quindi da usare con grande cautela, per i rischi di classificazione, separazione, ideologismo. E invece ecco sotto Natale la diffusione di una sigla nota solo a noi specialisti delle sfighe, su cui discutiamo da sempre. Ho letto una magnifica, anche se un po' professorale, lezione contro il BES in una nota dell'USR Emilia Romagna (2), che cita UNESCO e convegni internazionali contrarissimi al "siglismo dei bisogni" in educazione. Dunque dalle mia parti dire BES non andrebbe bene! C'è anche chi raccoglie firme contro il rischio che l'invenzione dei BES riduca le certificazioni H e spalmi i sostegni sugli "inadeguati". Dimenticando che oggi l'isolazione in cui si sta degradando l'integrazione ha nel sostegno totale 1:1 la massima contraddizione negativa. Alcuni amici sostengono che, nonostante tutto, l'operazione BES ha permesso la ripresa di un dibattito oltre il solo handicap, e a parlare anche degli altri "inadeguati" a scuola, e forse in parte è vero. Ma, dopo molti incontri sui BES, scorgo purtroppo la "nausea cognitiva" da parte di molti seri insegnanti che non si capacitano sul fare, e che non meritavano questo caos dopo un decennio nauseante di per sé. E poi, queste discussioni bizantine sulla forma! Chi decide che? Come il PDP? E il PAI? Si arriva, perfino (alla faccia dell'autonomia), a presentare come Miur una "modulistica ideale" per il PAI (ancora profumo di patatine).Ma fino a qui è mero presente politico, degradato in questo decennio dal più vasto caos della crisi. Più interessante è provare a "leggere sotto" i testi, in una piccola ermeneutica dei significati, per comprendere dove sta il pensiero iatrogeno. Tanto tuonò che piovve….la 170 Partiamo dalla Direttiva di dicembre, la madre di tutto. Pare nata da quella "ansia ortopedica e pedagogica" che Giovanni Orsina, in un suo recente saggio sul berlusconismo (3), imputa alla tradizione politica delle elites italiane: l'ansia di "aggiustare il paese" dall'alto con la presunzione di fideizzare un popolo altrimenti maleducato e lavativo, cui seguono sempre fragorosi fallimenti. Anche qui viene lanciato un verbo nuovo, come se nulla o quasi fosse stato prima. Vengo da una provincia piccolina dove quando sono arrivato in esilio nel 2001 c'erano 28 docenti "distaccati" sparsi nelle scuole di base per seguire ragazzini stranieri, ragazzacci disagiati, famiglie sgangherate. C'erano anche 11 psicopedagogisti. C'era anche una buona dote di ore di compresenza in cui insegnanti curricolari (e non di sostegno!) "andavano dietro" (su questa frase ritornerò alla fine ) a chi restava indietro. Non c'erano i voti e non era ancora esplosa la moda Invalsi del "Dio Misura" che ha aumentato gli inadeguati, oggi un problema perché abbassano la media della scuola. Vengo da una provincia dove, nonostante la tempesta neo-darwiniana, si è tenuto duro, consapevoli che davanti c'erano "bambini e bambine interi" non "sintomi", titolari non di "bisogni", ma di semplici "diritti" ad ottenere di più perché avevano, in partenza, di meno. Come non dire che si stava meglio a quei tempi? Tutto questo patrimonio pedagogico empirico oggi sfuma sullo sfondo anche come memoria. Si ri-parte invece da una nuova parte (ortopedia di Orsina): si riconverte linguaggio e azioni sugli "inadeguati" descritti ora in "sintomi" (perenni o transitori), in sigle di elevata simbolicità separante, cui si offre una scheda, un progetto solitario, si concede dispense e compense in una continua contrattazione, dove sfumano la classe, il gruppo, la visione olistica della persona. E' questa la filosofia, con la sgradevole amnesia del già fatto, che costringe oggi la scuola ad una discussione bizantina su chi deve stare dentro o fuori la riga del BES. Senza un soldo in più, un posto in più, una formazione in più. Ma non è ancora questo il nucleo del testo, fin qui siamo alla "retorica ortopedica". Il cuore vero (la sostanza prima) è data dall'enfasi sulla novità della materialissima "concessione" di allargare a questi ragazzi inadeguati….la Legge 170 sui DSA. Cioè di ricondurre anche loro ad una medicalizzazione sul dispensativo-compensativo. Tutto qua? Piove il nulla e tutti si bagnano! Meno male che qualcuno si ricorda come l'individualizzazione didattica sia anche altro, quindi si "concede" che per i diversi casi di BES si adottino diverse azioni individualizzate, anche altre da quelle della 170. Ma da qui comunque, poi obbligatoriamente per tutti fare il PDP e il PAI.! Questo è il centro materiale del tutto: continuare la strada separativa iatrogenetica dei DSA con una "concessione calata dall'alto", che in realtà invade e sottrae alla scuola poteri in materia di individualizzazione e flessibilità didattica che ha già dal 1 settembre 2000 con il Regolamento dell'Autonomia, non a caso mai citato! Bizzarria di un decennio amnesico in fatto di autonomia e incapacità di sviluppare davvero la libertà professionale dei docenti, considerati in questi anni "ignoranti e lavativi". Non discuto qui sulle questioni bizantine se una direttiva Miur possa superare una legge. Parlo piuttosto dell'incompatibilità della Legge 170 e di questa direttiva versus il Regolamento autonomia! Questi oggetti giuridici infatti sono formalmente inutili e invadenti perché l'art. 3 sul POF, i 4 e 5 sulla flessibilità didattica prevedono già da 13 anni come "potere responsabile" della scuola la decisione di flessibilizzare il curricolo, la didattica, le metodologie in modo da adattare l'insegnamento ad ogni singolo alunno. Una lettura svolta con l'ascolto e non con gli occhi, l'uso del computer per scrivere, la calcolatrice, o altre diavolerie che qualcuno considera "concessioni" sono già in natura diritto-dovere dei docenti non perché c'è la legge 170 (che anzi appesantisce la flessibilità) ma perchè dal 1 settembre 2000 la flessibilità didattica è di titolarità dei docenti. Se questo non accade è perché nel decennio alla scuola si è sottratta l'autonomia, ridotta dal modello centralista delle leggi scolastiche di cui la 170 fa parte, e da ministre e ministeriali. Un Miur dignitoso potrebbe al massimo suggerire, dare indirizzi generali, e forse anche (ma quando mai?) controllare! Però con uno spirito che pensi positivo degli insegnanti, ripartendo dal già fatto. Dunque, perché questa "ansia normativa"? Non sarebbe bastato richiamare le scuole alla loro responsabilità autonome per garantire ai ragazzi "inadeguati" (disabili, DSA o disadattati che siano) percorsi individualizzati e diversi con flessibilità e creatività didattica dal basso? E magari aggiungerci qualche soldino? Perché non affidare alle scuole l'organizzazione e perfino le sigle? Ho girato l'Italia a dire "non più a tutti le stesse cose nello stesso momento e nello stesso modo" e adesso si deve fare il PAI? Ma via: già il fatto di dirlo in una circolare lede il diritto-dovere del POF di essere naturalmente inclusivo, e non perché lo chiede Lucrezia Stellacci. Che, infatti, deve precisare e riprecisare che non è un'"aggiunta al POF" ma un bla bla bla di pedagogese…. Ed è invece proprio la Legge 170 quella che si vuole allargare, la madre iatrogena per me da abrogare tout court, anche per come è stata mal gestita. Spiego ora pacatamente il perché. Per "dispensativo - compensativo" nella 170 si intendono adattamenti dell'insegnamento funzionali al successo di apprendimento degli alunni con DSA. La legge pone un limite invalicabile: solo il disabile ha diritto ad obiettivi diversi, al DSA va invece garantita "diversità di metodo" ma non "diversità di obiettivi-contenuti". Non intendo qui analizzare le diverse teorie interpretative (in eterno conflitto) sui DSA, ma sugli atti figli di una certa scelta scientista calata sul pedagogico. In Italia domina una certa psicologia cognitivista hard. Questa offre come modello di intervento un rapporto tra "tecnica" (teknè, senza sfumature) ed educazione coincidendo la prima con la seconda. Secondo questo approccio una certa azione dispensativa e compensativa è "bene" se è tecnica realizzata secondo alcuni canoni lineari seguiti. Non è chiaro se con esiti riabilitativi, adattativi, alternativi ad una qualche "normalità". Domina l'individualismo del sintomo, la sua centralità sul tutto, anzi la drammatizzazione se questo non viene riconosciuto e "curato". Siamo nella piena iatrogenesi della Grande Malattia. Eppure sappiamo che ogni dislessia è diversa dalle altre, e che ogni bambino è anche altro. Ricordiamo ora, per contrappunto, che il Regolamento dell'autonomia prevede naturaliter flessibilità e responsabilità docenti per l'individualizzazione. Dunque, io rovescio radicalmente il ragionamento: gli insegnanti hanno il diritto-dovere di individualizzare la didattica senza alcuna concessione, e possono usare il dispensativo-compensativo a prescindere se un ragazzo ha o meno la certificazione ASL. Potrebbero già ora, se serve, darlo a tutti. E' dunque una falsificazione che qualcuno più in alto degli insegnanti faccia credere che la Legge 170 "conceda" flessibilità didattica a qualcuno. Ma perché si è fatta una Legge sui DSA e poi si sono inventati i BES? Perché serviva una legge ed anzi un ukaze per imporre compensa e dispensa? Perché allargare oggi la stessa filosofia ai BES? Qui c'è il cuore velenoso della teoria iatrogena che pervade i DSA, i BES ma anche altro. Non è difficile, anche se doloroso rispondere: la spinta a produrre ukaze nasce dal fatto che una teoria scientista sull'umano è per sua natura autoritaria, fondandosi su una presunta "oggettività" del suo (scusate il bisticcio) "oggetto". Deve quindi imporsi come vincolante a prescindere dal pedagogico, dalla creatività educativa, da qualsiasi altra teoria diversa dalla sua. Vera dunque per scienza prima che per legge. E' questa la dura strada che si percorre su molte altre vie dell'epoca: da homo faber ad homo infirmus (4) cui il potere medicale crea i confini, le protezioni, le prigioni. Si pensi al caso della sperimentazione "Stamina" e al Parlamento incerto. Si ricordi le persone fuori Montecitorio a declamare diritti per figli morenti, e il potere medico per il sì o il no. Una sfida ogni giorno più dura per la deontologia clinica, e che i furbi e i mercanti delle salute bypassano con facili suggestioni. Nel nostro caso ha favorito questo modello autoritario clinicizzante una doppia ambiguità: - la leggenda metropolitana che gli insegnanti sono ignoranti. Ma nelle elementari da sempre c'è cura per le difficoltà dei bambini proprio in letto-scrittura e calcolo, e fino agli anni 80 una scuola più lenta, analogica, capace di strutturarsi con una buona gestalt sapeva convivere con le difficoltà e quasi sempre superarle senza drammi e certificati. Ma con il mito del precocismo e della quantità (merito, competenze, Invalsi…) degli ultimi anni, e con il degrado della scuola (classi pollaio, poche maestre) le "competenze perfette" sono diventate asfissianti. Nasce da qui la depressione che chiamo DSI (disturbo specifico di insegnamento) che hanno molte brave maestre costrette loro malgrado a fare le sveltine contenutistiche piuttosto che una lenta, profonda, azione didattica. - la leggenda ha favorito l'aggressività di genitori che finalmente hanno un buon motivo per giustificare i figli: colpa della scuola! Sulla mutazione genitoriale che ha rotto l'alleanza tra adulti la letteratura è vasta, qui merita citarla come co-effetto di un'epoca che non dialoga più. Non è dunque un caso che la logica della 170 sia "neocontrattualistica". Si fa la certificazione, il PDP, il dispensativo/compensativo che mai è misurabile se non con la parapedagogia del dottore ed è sempre poco rispetto alle attese dei genitori. Un tormentone contrattualistico che arriva a volte a conflitti legali, ma che quasi sempre si insinua con un respiro reciproco di diffidenza, di disistima tra adulti. La pedagogia ridotta a sindacalista e avvocato. La deontologia professionale ridotta a "prestazione". Questo è forse il danno più grave della 170, ben oltre il desiderio di garantire serenamente diritti a ragazzini che fanno fatica a leggere, scrivere far di conto, mentre la middle classe ansiosa dei figli cerca risarcimento. E' questa piattaforma avvocaticchia che verrebbe "concessa" ai BES, senza una realistica analisi delle contraddizioni della stessa 170. Il che fa dire a molti seri insegnanti e a molti seri medici e psicologi che non se ne può più di una bagarre all'ultima "compensa" senza un senso del limite, una visione più realistica delle persone, la mancanza di una ricerca del dialogo e dell'empatia reciproca. E' così vero che per i BES il Ministero si para il retro corpo con frasi buro-formaliste di questo tipo: "…È necessario che l'attivazione di un percorso individualizzato per un alunno con BES sia deliberata in Consiglio di classe… dando luogo al PDP, firmato dal Dirigente scolastico (o da un docente da questi specificamente delegato), dai docenti e dalla famiglia. Nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili per finalità istituzionali, si avrà cura di includere nel PDP apposita autorizzazione da parte della famiglia. Ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di classe motiverà opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso. (CM 8 marzo 2013) Roba da notai, non da pedagogisti. E dunque un terreno minato si prospetta agli insegnanti circa l'individuazione di un BES: più che di pedagogia si dovrà parlare di diplomazia, di tatto, di furbizia. E' questo l'effetto di un'estremizzazione neo-contrattualistica e di una cultura individualistica che ha perduto il senso delle relazioni adulte, la comunità, la fiducia. Così la questione BES potrebbe materialmente impantanarsi in una confusione che, se avessimo usato gli strumenti miti del Regolamento autonomia e maggior buon senso non avrebbe forse avuto tutto questo trambusto. Ma è proprio qui il problema: aver fatto diventare la questione DSA caso politico come assioma clinico. Esattamente il percorso ideologico che la iatrogenesi della Grande Malattia ha usato per invadere la cultura pedagogica, sociale e antropologica dell'occidente negli ultimi 30 anni. Con una suggestione del miracolo terapeutico e del "non è colpa mia" che deresponsabilizza tutti e affascina famiglie in crisi di senso. E torna anche il mio motto "meglio un po' malato che bocciato". Perché questa è diventata l'applicazione della 170: la legge delle attenuanti. Da parte della famiglia se il bambino fa fatica, e anche da parte dell'insegnante per lo stesso motivo. E' colpa di una rete neuronica o della duplicazione di un tratto di gene del cromosoma 12, o di chissà altro. La persona non c'è mai. Il sintomo diventa tutto. Anche per i BES questo rischio arriva uguale. Divagazioni su BES e dintorni Tra le molte cose da dire ancora sulla questione BES, ne spulcio alcune di significative, per approfondire aspetti anche curiosi. a) La chek list sui primi BES. La direttiva non richiama solo genericamente i BES, per alcune "malattie" il testo è impositivo. Proprio per le malattie che hanno conflitti scientifici e che, non a caso, sembrano scritte nella direttiva dalla mano del clinico. Parlo di borderliner e ADHD. Sui borderliner cognitivi si torna al vecchio Q.I. su cui litigammo un'era fa contro Eysenk e il suo "I.Q. inequality" (5). E' noto che la misura del Q.I. avviene con test simili ai protocolli Invalsi (oh, yes) e sono in continua evoluzione secondo il livello del "mito competitivo" dell'epoca. Nulla di oggettivo, dunque, ma ideologia. Il QI fa da soglia di un "6 ideale" nella mente degli operatori e sui bordi di una condotta cognitiva detta "normale". Oggi questa condotta è sempre più circoscritta a performances lontanissime, per esempio, dalle intelligenze multiple di Gardner, ma più ai rècit culturali che si pretende gli umani esprimano. E oggi questa è omologante più che ai tempi del vecchio Marcuse di "Uomo ad una dimensione". Quindi attenti a questi ragazzi: hanno bisogno di essere "curati con cura" con onestà e reciprocità sui loro potenziali. Altrimenti sono solo ripetizioni. Sull'ADHD, la questione è di ancora più alto valore ideologico (6). L'ADHD è figlia della psichiatria e delle case farmaceutiche americane, e della corsa ad inventare nuove malattie. Nel 1952 il DSM classificava 106 disturbi a carattere psichico-comportamentale, la quarta edizione (1994) ne descrive 297. Per la quinta edizione in arrivo (2013) si stanno spendendo 25 milioni di dollari. Una ragione ce la dà il vicepresidente USA di PhFARMA. Ken Johnson, quando annuncia che sono in preparazione ben 300 farmaci capaci di far fronte al disagio psichico e comportamentale. Johnson si guarda bene dal rilevare come questi disturbi siano correlati all'individualismo e al salutismo. Il disturbo non viene più collegato alle difficoltà della vita e parte dell'esistenza intrapersonale, ma sbrigativamente patologizzato con ricerche biocliniche ad alta genericità. Il farmaco realizza un "io minimo" e una vita in una gabbia di vetro al riparo da qualunque situazione stressante (7). Watter si chiede se nel corso degli anni sono aumentati i disturbi, oppure se più vengono studiati più si diffondono. Watters sostiene che il modo in cui si categorizzano i sintomi e si tenta di curarli più si influenzano le malattie stesse. Dunque l'adesione acritica dell'ADHD nei BES è una colonizzazione diagnostica, meriterebbe una discussione più coraggiosa che infilarli in una nota sui BES con la sicumera di una "certa origine genetica ancora da precisare" e perfino la stima quantitativa epidemiologica. Che tristezza per i bambini difficili nel comportamento, nelle relazioni, nella comunicazione, ridotti a combinazioni proteiche e nucleiche. b. Gli stranieri e Marx. Non capisco cosa abbiano a che vedere gli stranieri con i BES. Se è per la loro incompetenza linguistica sappiamo già come fare. Se si tratta di altro allora va male. Suggerisco a tutti di studiare la ricerca di Matilde Callari Galli ed altri "Giovani in cerca di cittadinanza" (8), svolta a Bologna da poco. Ne sono rimasto toccato e mi sono pulito dai tanti pregiudizi buonisti che avevo. Più che parlare di BES, la ricerca mi spinge a parlare di questo puro proletariato giovanile urbano senza patria perché tutti di seconda generazione (che non è legata alla nascita ma alla scuola) con nessuna nostalgia del ritorno, dei loro padri tristi e poveri, invece i ragazzi loro ibridi e in cerca di una cittadinanza. Ho compreso la differenza tra "appartenenza" e "presenza" e la marginalizzazione-alienazione marxianamente prodotta dai rapporti di classe, cui noi diamo tristi istituti professionali, e migliaia di pregiudizi sia buonisti che razzisti. Cito dalla ricerca tre testimonianze che parlano da sole sul ben altro che si dovrebbe fare. Mi fanno una grande rabbia, e penso che ci vorrebbe un nuovo Don Milani. Un ragazzo marocchino: Sì, io sono straniero, è una cosa effettiva. Se mi danno la cittadinanza è una cosa burocratica, io sono sempre uno straniero, se cammino per strada sono sempre un marocchino, non ti credere…anche se fai vedere il passaporto rosso di cittadino italiano sei sempre marocchino…Agli occhi della legge sei diventato un italiano a tutti gli effetti, ma agli occhi della gente che non lo sa, rimani uno straniero" Una madre senegalese: A volte mi chiedo cosa ho fatto ai miei figli. Li ho portati in Europa per darli una possibilità, una vita differente, e invece stanno qui da marginali. Li ho trascinati tra Senegal Francia e Italia e ogni volta li ho persi un po', quando guardo mio figlio non riesco a capire dove ha imparato quello che fa, a vivere così come un disperato. Non mi assomiglia più, mio figlio. Quando mi dicono quello che ha combinato io penso "ma questo non è mio figlio". Una prof, italiana ".. Molti ragazzi stranieri hanno problemi di scrittura con l'italiano, mentre nella matematica ad esempio i ragazzi indiani mi hanno spiegato dei metodi stranissimi per fare le divisioni. A me non interessa quale metodo usano, l'importante è che mi risolvano il problema". c. i disadattati e le competenze. Ho letto con piacere nell'ultimo articolo di De Anna la critica all'immagine "idealtipica" delle competenze della scuola di base. Lui è stato gentile, io invece rido-piango a vedere dove si è arrivati dopo tante parlare di competenze. E cioè al modello "Enrico Bottini", il bravo fighetto del libro "Cuore". Un idealtipo che non scoreggia, non si incazza mai, tondo senza spigoli, gentile con tutti, senza creatività e divergenza. Un idealtipo inguardabile. Hanno fallito gli autori delle competenze o è proprio indigeribile il tema? Ripenso all'elogio di Franti di Umberto Eco e mi chiedo dove stiamo andando. Dal perbenismo di questa idealtipicità. a cascata rischiamo di circoscrivere i ragazzi disadattati in un BES come categoria di "irregolari", di "innaturali", quella cosa che ha fatto invece dire a De Anna "siamo tutti BES". Al proposito cito, come esempio, dall'inglese Furedi (9) "…Rifllettiamo sulla "novità" introdotta nel progetto della scuola elementare in Inghilterra, di porre attenzione al mondo emotivo del bambino, così da condurlo a "riconoscere, nominare le emozioni ed avere competenze per affrontarle positivamente". Questo programma, a prima vista accattivante, se esaminato con attenzione è inquietante e colpisce per la sua vaghezza. Gli stessi termini "positivo" e "negativo", collocati nell'ambito della psicologia dello sviluppo, risultano difficilmente precisabili e mantengono una strutturale ambiguità: a volte i bambini hanno ottime ragioni per affrontare in modo negativo le emozioni. E non dare un nome alle proprie talvolta può essere estremamente opportuno. Gli insegnanti vengono di fatto invitati a oltrepassare i limiti dell'istruzione per insegnare agli allievi cosa devono sentire: la terapeutica insomma è entrata nelle aule scolastiche. 3. Contro il paradigma terapeutico, oltre i BES La mia critica, come è evidente, va agli aspetti contraddittori di una politica che ha anche buone intenzioni, ma che a mio avviso sta sbagliando, e rischia suo malgrado di iatrogenizzare ancora di più la pedagogia. In buona fede, per carità! Però: se si sbaglia sui "meriti dei migliori" (come la vicenda voti maturità/test università) dispiace, ma se si sbaglia sulle aree deboli della società pretendendo di fare buona inclusione l'errore vale doppio. Ecco perché sono dell'opinione che l'intera materia dei ragazzi "inadeguati" vada ripensata, partendo da quello che già si fa, affidando alle scuole soldi e libertà, senza paternalismi, sigle e teoremi che portano a discussioni bizantine. E considerando soprattutto la resilienza di questi ragazzi, cui non si fa mai affidamento. Smettiamola di metterci davanti a loro, ma andiamoci loro dietro, prendendosi cura con rispetto e attenzione delle loro risorse, che sono tante e che non compaiono nelle liturgie sui BES (10). La scuola italiana non ha più una buona integrazione, è piena di contraddizioni e non riesce a garantire livelli decenti di eguali opportunità, la stratificazione sociale aumenta ed è andata in crisi anche la midlle class. L'educazione per tutti torna ad essere un'emergenza nazionale, non partitica. In questo quadro la discussione sui BES mi pare datata, e marginali le piccole soluzioni proposte per i ragazzi "inadeguati". Sono convinto che la visione deve essere diversa e più articolata. Non servono solo soldi, ma anche valori e idee. Soprattutto pedagogiche. Tra i tanti avversari odierni per una buona scuola vedo la iatrogenesi educativa che sta separando gli umani in sintomi ed utilizza la "cura" non come "aver cura di.." ma come "tecnica terapeutica", isolando la persona nel suo sintomo. Questo avversario lo chiamo qui "paradigma terapeutico" (Khun ci offre quadri interdisciplinari), che va ben oltre la scuola. Il "paradigma terapeutico" cresciuto in occidente dagli anni settanta, tende a ricondurre la maggior parte dei problemi individuali, sociali, culturali ed economici a cause interpretabili in modo clinico. Di conseguenza, la maniera più appropriata per affrontare questi problemi consisterebbe soprattutto in un adeguato trattamento terapeutico, da applicare in tutti gli ambiti e le fasi della vita, fin dall'infanzia. La salute individualistica come "non malattia" è intesa come sinonimo di benessere e felicità. Diventa parola d'ordine di uno strano approccio alla vita, in cui ogni dolore è male, fino a diventare una vera e propria ossessione. Medici e psicologi sono i sacerdoti di questo nuovo culto, chiamato a sostituire i vecchi preti (11). E' in questo paradigma che colloco la pur piccola questione dei BES. Per il paradigma terapeutico l'individuo è troppo debole e fragile per affrontare le difficoltà della vita, da cui ne esce più o meno traumatizzato: da qui la nascita di sindromi varie, e di una miriade di terapie. Il paradigma diventa il ritornello continuo per la trattazione della maggior parte dei problemi, non soltanto in sede clinica, ma anche giuridica e penale. E crea una sorta di inevitabile "attenuante" di ogni condotta. A ben cercare, in un femminicidio uno scaltro avvocato saprebbe trovare il "trauma originario" e una sindrome DSF: disturbo specifico di femmine. Anche in politica succede così: Hillary Clinton ha parlato, riferendosi al caso Lewinsky, di "danni psichici" (BES?) subiti da Bill durante l'infanzia: "Era molto piccolo, aveva appena quattro anni, ed è stato talmente segnato dai maltrattamenti subiti che non riesce neanche a parlarne" (12) Come dire alle attenuanti non c'è mai fine. Come per la nipote di Mubarak. Di fronte al dilagare di questi disturbi, medici e psicologi suggeriscono terapia. E' iatrogenesi. Questa cultura non è causa ma effetto di numerose grandi questioni sociali, economiche e culturali, che hanno prodotto la "crisi" dei sistemi di comunità, la dissoluzione del tessuto sociale, lo smarrimento dei valori, la crisi nella fiducia sul futuro. Da qui individualismo e ricerca terapeutica del benessere a ogni costo. Il paradigma terapeutico infatti pone attenzione esclusiva ai bisogni dell'individuo, il centro di tutto, e disprezza le istituzioni comunitarie, tra cui la scuola, considerate per antonomasia nemiche del benessere individuale. Questa visione "malata" si nota anche dalla facilità con cui vengono diagnosticate nuove forme di malattie. Potremmo dire, citando il vangelo: "Chi è senza disturbi scagli la prima pietra". Tutti infatti, secondo il paradigma terapeutico (tranne medici e i terapisti) sono più o meno malati e bisognosi di cure e supporto. Riprendiamo ancora da Furedi: "Negli ultimi vent'anni sempre più bambini in età scolare vengono classificati come disabili all'apprendimento. Ma patologizzare un basso rendimento scolastico ha spesso l'effetto negativo di indurre i genitori e gli insegnanti ad "abbassare le aspettative, con il risultato di compromettere ulteriormente la motivazione del bambino". Ma i genitori possono ottenere un trattamento speciale per i figli in virtù della loro disabilità. Il comune di New York spende un quinto del budget stanziato per l'istruzione - oltre un miliardo di dollari all'anno - in interventi speciali. In Inghilterra i bambini inclusi nella categoria delle "esigenze speciali" sono aumentati da 153.228 nel 1991 a 232.995 nel 1997»18. Tutto questo influenza il modo di pensare e immaginare il proprio stato di salute. Se questo modello dovesse imporsi, è da attendersi un ulteriore incremento di comportamenti e stili di personalità «malati»: «La malattia, se viene usata come chiave per l'interpretazione dell'esistenza, non solo indica come ci si deve sentire e come si devono vivere i problemi, ma costituisce anche un invito all'infermità [...]. Un'inchiesta commissionata dal governo ha rilevato che fra il 1985 e il 1996 il numero di inglesi che si considerava disabile era cresciuto del 40%. Secondo questa indagine, nel gruppo di età compreso tra i 16 e i 19 anni l'aumento era addirittura sbalorditivo, pari al 155%! Gli autori dell'indagine concludono che la differenza fra i dati del 1985 e quelli del 1996 "è troppo grande per poter essere spiegata da un reale aumento della disabilità", ma non sono in grado di spiegare perché sempre più persone sembrino entusiaste di adottare l'etichetta di disabile [...]. Oggi la cultura, con l'esagerazione del ruolo di vittima, con le sue minori aspettative in materia di competenza e di responsabilità individuale e con la tendenza crescente ad affidarsi ali' intervento terapeutico, porta a "sminuire il sé, con la conseguenza di accentuarne la fragilità e la vulnerabilità" C'è dunque qualcosa di "malato" e perverso nel paradigma terapeutico, la medesima che Ivan Illich ha descritto in Nemesi medica. Naturalmente quando mi ammalo prendo le medicine. Ma non ho dubbi che la iatrogenesi del mondo sta ingessando l'antropologia umana verso idee del sé e della vita disumani, verso un mito plastificato della salute come "eterna non malattia". Convivere con il nostro io intero è invece la vita. Dolore, sofferenza, difficoltà sono vita, quella che va e che non ha bisogno di cure ma di avere qualcuno che si prenda cura, che ci venga dietro. Per questo anche nella pur piccola storia dei BES in Italia, mi auguro venga uno sguardo più alto e dialettico su tematiche di assoluta delicatezza politica, pedagogica, scientifica e filosofica. E che la pedagogia riprenda voce e senso, in una diversa visione antropologica della "normalità", che anzi consideri l'"eterogeneità" degli umani attuali una ricchezza da governare in modo comunitario e non isolazionista, senza separazioni terapeutiche che nascondono discriminazioni. Una pedagogia che riprenda a pensare alla "persona" non con quella retorica astratta che spesso si offre agli insegnanti, ma la dimensione sociale della persona come "soggetto ecologico" (13) incrocio di relazioni significanti. Significanti, non sindromi né meccaniche, ma sempre dinamiche e reciproche. Il futuro della pedagogia sta nel riprendersi il suo umanesimo anche radicale, capace di combattere gli idola tribus di una società che ha perso il senso dell'essere ma ha molte macchine e tecniche dove poi non sa dove andare. (1) Franco De Anna, vedi in www.scuolaoggimagazine.org (2) USR Emilia Romagna, vedi in www.istruzioneer.it (3) Govanni Orsina "Il berlusconismo nella storia d'Italia" Marsilio 2013 (4) Giovanni Cucci, "La cultura terapeutica nelle società occidentali" da La Civiltà Cattolica quaderno 3907 aprile 2013. a don Cucci devo ulteriori e numerosi spunti che senza vergogna ho saccheggiato dal suo straordinario saggio su ciò che io chiamo "paradigma terapeutico". (5) Hans Eysenk "IQ, l'ineguaglianza umana" 1973, diversi editori (6) E. Watter "Pazzi come noi" Bruno Mondadori 2010 (7) E. Watter "Pazzi come noi…." cit. (8) M. Callari Galli et altri "Stranieri in casa" Guaraldi 2009 (9) F. Furedi "Il nuovo conformismo. Troppa psicologia nella vita quotidiana" Feltrinelli 2005. Devo a Furedi gli assi principali della mia ricerca critica, e anche da lui ho pescato a piene mani. (10) Boris Cyrulnik, Elena Malaguti "Costruire la resilienza, La riorganizzazione positiva della vita e la creazione di legami significativi" Erickson 2008 (11) P. Rieff "The triumph of the therapeutic" ISI Books 2006 (12) E.S. Cohen "in Sickness and in Healt?" Wall strette Journal, 4 august 1999 (13) Gregory Bateson "Verso un'ecologia della mente" Adelphi 1977 /**/ -
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Da: Artemisia124/09/2013 19:34:53
Sarò petulante e noiosa ma sapreste consigliarmi un testo di sintesi in lingua francese di argomenti aree concorso dirigenti?
Rispondi

Da: Francois Parfume Deodorant24/09/2013 22:03:52
Ad Artemisia: il testo che cercavi

Tous les hommes et les femmes du chef d'établissement
Rispondi

Da: Artemisia124/09/2013 22:24:15
@Francois non sei spiritoso!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Rispondi

Da: Francois Parfume Deodorant25/09/2013 09:12:19
L'esprit est dans le parfum. Sentir le croire. Si vous voulez quelque chose de traditionnel Chanel n ° 5, mais il est un parfum pour les directeurs, pas d'innovation. Si vous voulez être en phase avec son temps le parfum est apte à être Fetential, le parfum des nouveaux directeurs ou des nouveau proviseurs.
Rispondi

Da: ma pensa te che novità25/09/2013 12:00:30
LO SPREAD IN PAGELLA
Uno dei nodi dell'istruzione è nelle differenze di valutazione, dalla scuola all'università. Secondo uno studio del periodico Tuttoscuola c'è uno "spread" nella valutazione degli studenti: al Sud gli alunni hanno voti più alti alla maturità rispetto ai coetanei del Nord. Eppure al Nord hanno risultati migliori nelle valutazioni oggettive, come i test Invalsi. Segno che i professori sono più "buoni" nel meridione e viceversa più esigenti nel settentrione. E anche limitandosi ai voti degli esami di maturità dello scorso anno, i "100 e lode" sono più della metà nel Mezzogiorno (da "Il Messaggero")
Rispondi

Da: cielo, ho perso la lode25/09/2013 12:34:17
100 di questi giorni
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