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MA PERCHE' OGNI ANNO DECINE DI MIGLIAIA DI COGLIONI SI ISCRIVONO IN GIURISPRUDENZA?
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Da: 28/01/2013 17:14:53
veramente è pieno di ingegneri disoccupati

Da: ...28/01/2013 18:19:56
http://temi.repubblica.it/guide-universita-2012/2012/07/09/quali-sono-le-lauree-che-daranno-piu-lavoro/


laureati in Ingegneria avranno un lavoro certo. Molto richiesti saranno anche i profili altamente specializzati, a livello non solo universitario ma anche prettamente tecnico
Meno lavori di routine, più tecnologia. Meno impiegati e più figure trasversali a tutti i settori dell'attività economica con competenze e conoscenze che si mescoleranno a creatività e innovazione. Così si traformerà nei prossimi anni il mercato del lavoro che continuerà a mostrare una più accentuata polarizzazione delle professioni. E a crescere saranno soprattutto le figure di alto profilo e quei lavori elementari legati in particolare ai servizi alle famiglie e alle imprese. Nello scenario futuro del mercato del lavoro descritto dall'Isfol, l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, il numero degli occupati in Italia, fra il 2010 e il 2015, registrerà un incremento del 3,3 per cento con un ampliamento pari a 800mila addetti. Il dinamismo coinvolgerà soprattutto quei profili che hanno un titolo di studio elevato. Saranno infatti le professioni che prevedono un titolo di laurea a essere ricercate con maggiore interesse dalle imprese. A fine 2015 i datori di lavoro avranno assunto il 9,2 per cento in più di laureati rispetto al 2010. Per i diplomati il tasso di crescita sarà quasi la metà (il 5 per cento) mentre per le professioni che prevedono un basso livello di istruzione si registrerà un trend negativo (-1,6 per cento).

Più richiesta delle figure di alto profilo
Entro il 2015 il numero degli occupati con un titolo di laurea, al netto delle entrate e delle uscite dalle imprese, crescerà di 379,6 mila unità e i gruppi professionali che ne beneficeranno di più saranno soprattutto due. Da un lato ci saranno le figure di alto profilo, ovvero tutte le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione. Dall'altro, tutti quei profili più strettamente tecnici. Riguarderà solo in parte le figure con un elevato titolo di studio, l'incremento delle professioni non qualificate (+33,2 per cento). Per i diplomati, d'altro canto, l'occupazione fra il 2010 e il 2015 sarà prevalentemente legata alle professioni non qualificate (+255mila addetti circa).
Non solo ingegneri meccanici, ma anche specialisti del recupero del territorio
Nei prossimi anni i datori di lavoro si troveranno ad assumere sempre più figure ad alta qualificazione, sia per sostituire i professionisti che lasceranno le imprese per raggiunti limiti d'età, sia per quelle posizioni aggiuntive che si andranno creando grazie a investimenti e a sviluppi organizzativi. A beneficiare di più delle dinamiche positive saranno gli ingegneri che fino al 2015 mostreranno una variazione occupazionale pari al 12,5 per cento. Tra loro, quelli più richiesti saranno gli ingegneri meccanici, gli ingegneri metallurgico-minerari, gli elettrotecnici, gli ingegneri elettronici e in telecomunicazioni, gli ingegneri chimici e quelli civili. Nel complesso, tra sostituzioni e assunzioni aggiuntive, il numero totale delle nuove assunzioni sarà pari a 42.872 unità.Crescerà in maniera significativa anche la richiesta di quelle figure appartenenti all'area degli specialisti dell'educazione e della formazione. Tra loro, in dettaglio, ci saranno i consiglieri dell'orientamento, i formatori e gli esperti nella progettazione formativa e curriculare. Evoluzione positiva anche per gli specialisti in Scienze giuridiche, in particolare per esperti legali in imprese ed enti pubblici così come per gli architetti, gli urbanisti e per gli specialisti del recupero e della conservazione del territorio. Tra gli specialisti in Scienze sociali saranno richiesti soprattutto quelli in Scienze economiche e in Scienze sociologiche e antropologiche. In termini di volumi totali cresceranno soprattutto le assunzioni di esperti in Scienze gestionali e commerciali (quasi 80mila). In questo caso, la gran parte delle assunzioni saranno per sostituire le figure in uscita e le professioni coinvolte saranno soprattutto gli specialisti in contabilità e in problemi finanziari.
DAI VALUTATORI DI RISCHI AI RIABILITATORI
Tra le professioni tecniche quelle che cresceranno di più saranno i profili finanziari e assicurativi, la cui richiesta da parte delle imprese aumenterà dell'11,2 per cento. Tra loro ci saranno soprattutto i tecnici della gestione finanziaria, quelli del lavoro bancario, i periti, i valutatori di rischi, i liquidatori tecnici e gli esperti dell'intermediazione titoli. Registreranno un trend positivo anche i tecnici in Scienze della vita, in particolare gli agronomi e i biochimici. Cresceranno dell'8,5 per cento le opportunità occupazionali dei tecnici della sicurezza e della protezione ambientale. Si tratterà, nel loro caso, soprattutto di tecnici del controllo della qualità industriale, addetti al controllo ambientale, figure esperte nello smaltimento dei rifiuti e tecnici della sicurezza degli edifici e della sicurezza sul lavoro. In ripresa, tra i tecnici delle Scienze quantitative, le prospettive degli informatici. Tra i tecnici delle Scienze ingegneristiche, saranno richiesti soprattutto profili con conoscenze legate alle costruzioni civili e i tecnici metallurgico-minerari.

Da: ...28/01/2013 18:26:31
http://www.itespresso.it/i-lavoratori-digitali-introvabili-74488.html

I lavoratori introvabili nel mercato ICT
In Lombardia è difficile trovare 9 progettisti informatici su 10. I dati di Unioncamere e ministero del Lavoro sui lavoratori irreperibili

Il 26 novembre 2012 di Redazione 4
Dall'analisi annuale di Unioncamere e ministero del Lavoro emerge che non ci sono solo camerieri stagionali introvabili, ma mancano anche figure professionali legate al mondo digitale e ICT. In Lombardia è difficile trovare 9 progettisti informatici su 10. I cacciatori teste faticano a reperire lavoratori ICT anche nell'anno nero della disoccupazione giovanile: gli "introvabili" nel 2012 si attestano a 65mila, il 20% in meno rispetto al 2011.

Dai dati Excelsior emerge che trovare i candidati idonei in certe materie - nonostante la crisi e la disoccupazione - sono irreperibili, e si registrano criticità per alcune figure professionali. Passando ai titoli di studio, dalla rivcerca sui lavoratori irreperibili, emerge che dei quasi 59mila laureati che le imprese vorrebbero assumere nel 2012 con un contratto non stagionale, uno su 5 è attualmente introvabile, pari a quasi 12mila unità. Anche fra i diplomati superiori si riscontano difficoltà su alcuni profili: sono 166mila le assunzioni non stagionali previste nel 2012)ì, ma 27mila unità sono introvabili (il 16,2%). Sembra un "paradosso" nell'anno della crisi occupazionale.

Sul Web, continuano a crescere le figure professionali legate al web content editing, al web marketing,  dalla search engine optimization ai social network. Nel primo semestre del 2012 i lavoratori più ricercati dalle aziende sono stati i programmatori in linguaggio PHP, seguiti dagli esperti dell'HTML. Seguono poi, Javascript e MySQL. Molto interessante è notare che fra le competenze IT più richieste compare già la programmazione HTML 5, a dimostrazione che i lavoratori esperti di HTML hanno subito un mercato. Fari accesi sul programmatore per applicazioni smartphone e tablet: l'era Mobile è appena iniziata. Infine molti lavoratori lavorano come freelance o scelgono di riunirsi in piccole agenzie specializzate.

Da: ...28/01/2013 18:29:51
http://www.itespresso.it/lavorare-sul-web-i-piu-richiesti-del-2012-68769.html

Lavorare sul web: i più richiesti del 2012
La classifica dei profili IT più richiesti in rete da inizio 2012. Programmatori PHP e HTML in testa. Senza dimenticare la grande crescita del mercato delle applicazioni mobile

Il 25 luglio 2012 di Redazione 3
Qualunque sarà il futuro dopo gli stravolgimenti economici che stiamo vivendo, sarà un mondo diverso. E questo vale anche per il lavoro. Soprattutto quando si parla di lavoro sul web.

Il web nel 2012 Per ora, la produzione e lo scambio di beni e servizi online continuano ad aumentare. E continuano ad aumentare i lavori e le professioni legate al web. Si tratta di un trend in decisa crescita, direttamente legato allo sviluppo dell'economia digitale. Non siamo più solo di fronte a servizi nati sul web e per il web. Sono sempre di più le storie di successo di business classici che scelgono un profilo digitale e possono così raggiungere un mercato potenzialmente globale. Si va dai produttori di prodotti biologici ai creatori di applicazioni che facilitano il turismo internazionale. In un modo o in un altro, ogni settore del mercato sbarca in rete. Sia che si tratti di e-commerce, di b2b o di servizi culturali.

I mestieri di Internet

E con questa conversione digitale di mercati classici, si sviluppa anche chi questa conversione rende possibile. Cioè chi è capace di parlare una delle tante lingue del web. Ecco perché continuano a crescere le figure professionali legate al web content editing, al web marketing, alla search engine optimization, ai social network.

Ma la parte del leone la fanno quei mestieri digitali che la lingua del web sanno crearla alla fonte: gli specialisti dei linguaggi di programmazione. Secondo gli ultimi dati elaborati sulla richiesta di professionisti online, nel primo semestre del 2012 i più ricercati dalle aziende sono stati i programmatori in linguaggio PHP, seguiti dagli esperti dell'HTML. Seguono poi, in 3' e 4' posizione, Javascript e MySQL. Molto interessante è notare che alla 5' posizione delle competenze IT più richieste compare già la programmazione HTML 5, a dimostrazione che le innovazioni HTML creano subito un mercato.

Ovviamente in classifica non manca il programmatore per applicazioni smartphone. Tutto il settore del mobile sta vivendo una crescita impressionante. La richiesta di sviluppo di applicazioni, per iPhone ma anche Android, arriva da aziende di tutte le dimensioni, dai grandi negozi di e-commerce ai piccoli servizi a domicilio.

In fondo alla top ten troviamo poi, in discesa, la richiesta di professionisti di Joomla, CMS che sembra in qualche modo già superato. Soprattutto da quando piattaforme come WordPress sono diventate ancora più accessibili alla user experience e lasciano una certa libertà ai programmatori che vogliono intervenire sulle strutture.

Freelance in crescita

Se poi si guarda al tipo di professionisti di questa Top Ten, si vedrà una realtà dove autonomia e flessibilità si intersecano. Molti esperti lavorano come freelance o scelgono di riunirsi in piccole agenzie specializzate. Qualunque scenario ci riservi il futuro, per ora il mercato e il lavoro digitale segnano il proprio passo e, partiti dagli Stati Uniti e dal Nord Europa, si fanno strada anche in Italia.

Da: ...28/01/2013 18:39:30
http://www.impresalavoro.eu/lavoro/i-mestieri-che-non-soffrono-la-crisi.html

Un'inchiesta del famoso periodico statunitense "Newsweek" ha messo in luce quali siano i mestieri che più probabilmente nei prossimi dieci anni non correranno il rischio di entrare in crisi o addirittura di venire superati dai tempi.
Dalla nostra società sono ormai scomparsi da tempo i maniscalchi e gli spazzacamini, e certamente altri lavori che oggi vediamo come comuni forse domani non esisteranno più. Secondo Newsweek, però, c'è almeno una dozzina di mestieri che resteranno per molto tempo ancora al riparo da ogni difficoltà.

Al primo posto troviamo geriatri, badanti e infermieri a domicilio: in una società dove l'età media tende a salire senza sosta, non saranno certo i professionisti della tutela agli anziani a soffrire la mancanza di clienti.
Al secondo posto troviamo il comparto della bioingegneria, oggi appena agli inizi e in futuro destinata ad un boom: protesi avanzatissime e organi bionici cesseranno di far parte della fantascienza ed entreranno nella vita comune.
Ma la tecnologia la farà da padrone anche in altri ambiti, come quella delle energie pulite, per la fortuna di venditori e installatori di pannelli solari, senza scordare poi le telecomunicazioni.
Né rischiano la crisi i centralinisti dei call-center o i commessi, già oggi diffusissimi e tuttavia indispensabili per piccole e grandi imprese, o gli operatori del tempo libero: ristoratori, albergatori e gestori di impianti sportivi.

Una fetta sempre più ampia della popolazione mondiale, infatti, potrà infine godersi la vita e accedere alle (prima proibitive) strutture del benessere; e, non a caso, anche i cuochi resteranno a lungo sulla cresta dell'onda, così come estetisti e parrucchieri, inclusi quelli che sono specializzati non in persone bensì in cani.
Infine, è perfino superfluo ricordare che, per ovvi motivi, non avrà mai crisi il settore delle pompe funebri.

Da: Le 3 Superdonne29/01/2013 01:01:27
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Da: xle330/01/2013 06:57:27
Brave il mestiere più antico del mondo non conosce crisi.
E' i secondo mestiere più antico che è arrivato alla ruffianeria, al mercimonio, alla prostituzione intellettuale!!!!!

Da: notizie positive01/02/2013 06:22:56
Eppure c'è un lento risveglio meglio andare sin da ora a lavorare in campagna anzichè dopo aver perso soldi e  5 anni della mia vita nelle inutili università :chi si iscrive in università estere, chi si orienta subito nel mondo del lavoro, anzichè diventare un futuro morto di fame fra 5 anni. Certo i coglionazzi parlano di perdita di diritto allo studio facendo i raffronti con l'Europa, ma non parlano di quanto inutile sia laurea per trovare lavoro in ITalia rispetto al resto d'Europa, di quanti laureati schiavi e morti di fame oltre che incapaci esistono grazie alle nostre università, e di conseguenza  la perdita del diritto costituzionale al lavoro, la più grave in tutta Europa sta producendo il risveglio dal pericolo di fallimento della propria vita dei 19enni, che stanno capendo che non di soli titoli universitari fasulli vive l'uomo. Infatti è positivo che:

w.lettera43.it/cronaca/universita-in-10-anni-58-mila-iscritti-in-meno_4367582079.htm

ISCRITTI, SCOMPARSO UN ATENEO. In dieci anni gli immatricolati sono scesi da 338.482 (2003-2004) a 280.144 (2011-2012), con un calo di 58 mila studenti (-17%). Come se in un decennio, ha quantificato il Cun, fosse scomparso un ateneo come la Statale di Milano.
Il calo delle immatricolazioni ha riguardato tutto il territorio e la gran parte degli atenei. Ai 19enni, il cui numero è rimasto stabile negli ultimi cinque anni, la laurea interessa sempre meno: le iscrizioni sono calate del 4% in tre anni: dal 51% nel 2007-2008 al 47% nel 2010-2011.
BOLOGNA IN CONTROTENDENZA. Una delle poche eccezioni positive è l'ateneo di Bologna. «Le immatricolazioni sono salite dell'1% nell'arco dell'ultimo triennio e del 6% nell'arco degli ultimi cinque anni e sono aumentate, a carico dell'Ateneo, del 10% i fondi destinati al diritto allo studio», ha raccontato soddisfatto il rettore, Ivano Dionigi. A Bologna «il calo del corpo docente è stato contenuto rispetto al dato nazionale ovvero 100 unità in meno in tre anni pari ad una flessione del 3,4% (da 2942 docenti nel 2010 a 2842 nel 2012)», ha proseguito il rettore Dionigi.
NUMERO LAUREATI TERZULTIMI IN UE. Quanto a laureati l'Italia è largamente al di sotto della media Ocse: 34esimo posto su 36 Paesi. Solo il 19% dei 30-34enni ha una laurea, contro una media europea del 30%. Il 33,6 % degli iscritti, infine, è fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.
BORSE STUDIO, COPRONO IL 75%. Il numero dei laureati nel nostro Paese è destinato a calare ancora anche perché, negli ultimi tre anni, il fondo nazionale per finanziare le borse di studio è stato ridotto. Nel 2009 i fondi nazionali coprivano l'84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%.
In nome della razionalizzazione scomparsi 112 corsi


L'Università Bocconi.

In sei anni sono stati eliminati 1.195 corsi di laurea. Nel 2012 sono scomparsi 84 corsi triennali e 28 corsi specialistici/magistrali. Se questa riduzione è stata inizialmente dovuta ad azioni di razionalizzazione, ora dipende invece in larghissima misura alla pesante riduzione del personale docente.
DOTTORATI AL LUMICINO. Rispetto alla media Ue, in Italia abbiamo 6 mila dottorandi in meno che si iscrivono ai corsi di dottorato. L'attuazione della riforma del dottorato di ricerca prevista dalla riforma Gelmini è ancora al palo e il 50% dei laureati segue i corsi di dottorato senza borsa di studio.
EMORRAGIA DI PROFESSORI. In soli sei anni (2006-2012) il numero dei docenti si è ridotto del 22%. Nei prossimi tre anni si prevede un ulteriore calo. Contro una media Ocse di 15,5 studenti per docente, in Italia la media è di 18,7. Pur considerando il calo di immatricolazioni, il rapporto docenti/studenti è destinato a divaricarsi ancora per una continua emorragia di professori che non vengono più assunti. Il calo è anche dovuto alla forte limitazione imposta ai contratti di insegnamento che ciascun ateneo può stipulare.
SPESE SUPERANO I FONDI. Dal 2001 al 2009 il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), calcolato in termini reali aggiustati sull'inflazione, è rimasto quasi stabile, per poi scendere del 5% ogni anno, con un calo complessivo che per il 2013 si annuncia prossimo al 20%. Su queste basi e in assenza di un qualsiasi piano pluriennale di finanziamento moltissime università, a rischio di dissesto - osserva il Cun- non possono programmare né didattica né ricerca.
A RISCHIO ANCHE I LABORATORI. A forte rischio obsolescenza le attrezzature dei laboratori per la decurtazione dei fondi: anche i finanziamenti Prin, cioè i fondi destinati alla ricerca libera di base per le università e il Cnr, subiscono tagli costanti: si è passati da una media di 50 milioni all'anno ai 13 milioni per il 2012. Infatti dai 100 milioni assegnati nel 2008-2009 a progetti biennali si è passati a 170 milioni per il biennio 2010-2011 ma per progetti triennali, per giungere a meno di 40 milioni nel 2012, sempre per progetti triennali.
Eredità di cinque anni di tagli indiscriminati


I dati diffusi dal Cun hanno certificato di fatto la fuga dall'università italiana «Purtroppo non ci sorprendono. Per cambiare, il primo provvedimento del Partito Democratico al governo riguarderà il diritto allo studio», hanno dichiarato Marco Meloni, responsabile università e ricerca del Partito Democratico e candidato alla Camera dei Deputati, e Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum università e ricerca e capolista alla Camera in Toscana per il Pd.
MONTI HA TAGLIATO 300 MLN. Secondo i due esponenti del Pd «c'è una questione sociale gigantesca all'università: eredità di cinque anni di tagli indiscriminati, avviati dal duo Tremonti-Gelmini e proseguiti, nonostante la nostra ferma contrarietà, anche con il governo Monti, che prima ha tentato di innalzare le tasse universitarie e negli ultimi mesi ha ridotto ancora di 300 milioni di euro le risorse».
RADDOPPIATI LAUREATI IN CAMPAGNA. L'esigenza di una adeguata formazione culturale e professionale per affermarsi nel mondo del lavoro riguarda anche l'agricoltura.
Per Coldiretti il calo degli iscritti nelle università italiane è un segnale preoccupante in una situazione in cui «anche nelle campagne italiane sono raddoppiati i laureati alla guida delle aziende agricole negli ultimi dieci anni».

Da: carta..... igienica02/02/2013 15:03:09
Un titolo talmente svalutato da meritare il paragone con la moneta svilita dall'inflazione, con cui non riesci ad acquistare nulla
Il problema del calo di 58 mila iscrizioni in dieci anni nelle università  italiane si può racchiudere  nell'espressione prendersi un  pezzo di carta. La laurea è talmente  svalutata da non meritare neanche  di essere nominata, ricorrendo ad  una metafora negativa che considera  solo il foglio su cui è testimoniato  il compimento di un corso di studi.  Il pezzo di carta richiama anche  il paragone ad una moneta, svilita  dall'inflazione, con cui non riesci  ad acquistare nulla per quanto  grande sia la cifra di cui disponi.

Questa è la triste condizione della  maggior parte dei giovani laureati  italiani: anche se di grande intelligenza  e preparazione restano disoccupati  o difficilmente riescono a  trovare un lavoro adeguato alle loro  legittime aspettative.  I più bravi e fortunati vanno all'estero,  sicché ciò che l'Italia spende  per la loro formazione se lo godono  gratis gli altri. Il primo luogo in cui  per i più meritevoli è quasi impossibile  trovare lavoro è l'università  stessa, oltre che per i pesanti tagli  anche a causa del familismo amorale che domina nella spartizione delle  cattedre. Per anni si sono creati  corsi di laurea inutili con il solo scopo  di creare posti di lavoro per i  docenti. Né c'è stato collegamento  con le esigenze della società: in Sicilia,  dove c'è lavoro per poche centinaia  di giornalisti, le università ne  hanno previsti migliaia.

A causa dello scarso prestigio di  molti atenei, nel mercato del lavoro  certe lauree sono considerate meno  che carta straccia. Tutto ciò accade  per il ruolo marginale che economia  e politica assegnano a cultura e  istruzione. Qui si tagliano i fondi, in  controtendenza rispetto ai paesi industrializzati  dove si ritiene che accrescere  il numero dei laureati favorisca  lo sviluppo.  Davanti ad un quadro così desolante,  in una società in cui il modello  vincente è il riccone che, invece  di sudare sui libri, ha fatto fortuna  con la furbizia, non desta meraviglia  che tanti giovani non credano  più alla laurea come strumento di  lavoro ed emancipazione sociale.

Da: carta..... igienica02/02/2013 15:31:05
La cresciuta difficoltà dei
laureati a inserirsi nel mondo
del lavoro ha certamente
contribuito alla "fuga" degli
studenti dall'università. Ne è
convinto Giovanni Lo Storto,
vice direttore generale della
Luiss, secondo il quale «le
università purtroppo hanno
incrementato a dismisura negli anni passati, e senza alcun
collegamento con il mondo
del lavoro, l'offerta di corsi di
laurea. Negli ultimi tempi si è
proceduto a una loro razionalizzazione, ma resta il fatto
che nel frattempo sono stati
sfornati migliaia di laureati
in scienza della comunicazione mentre resta, ad esempio,
un deficit di odontoiatri. Purtroppo sono tanti i ragazzi
che una volta messa in tasca
la laurea poi non riescono a
trovare lavoro e dal 2008, con
la crisi, è aumentato il numero delle famiglie che hanno
rinunciato a far proseguire gli
studi ai propri figli per carenza di prospettive».

Da: E certo02/02/2013 16:14:16
L'università è totalmente scollegata dalla vita reale

Da: Che senso ha?02/02/2013 16:28:48
Che senso ha studiare 10 anni in più per 1.200 euro????????????????
Meglio prenderne 1.000 a 19 anni!!!!!!!!!!!!!!!

Da: concord03/02/2013 10:38:46
Roma. Lillo ha lasciato gli studi e si è messo a fare il barista in centro a Roma. Giulia ha fatto la stessa scelta, invece di iscriversi all'università è andata a lavorare in un salone di bellezza, come parrucchiera, nella speranza di potersi aprire in futuro una propria attività. E c'è chi come Lavinia, dopo un breve «passaggio» in ateneo ha preferito seguire la «moda» del wedding planner e aprire un'agenzia che potesse sfruttare il patrimonio artistico, ambientale ed enogastronomico della Toscana. Sono tante le storie di chi ha deciso di non andare all'università, ma non sempre si tratta di una scelta vincente, in particolare in questo periodo di crisi. Come è successo a Carlo, 30 anni, un ragazzo con una grande abilità manuale e una forte passione per le moto, che negli ultimi dieci anni è passato da un lavoro all'altro senza però trovare stabilità economica. Dopo il diploma in una scuola professionale in Friuli, Carlo ha cominciato a lavorare come apprendista idraulico. Un lavoro durato solo qualche anno, perché voleva seguire i suoi sogni. All'Università ci ha pensato, facoltà di Ingegneria meccanica, ma poi sono arrivati dei nuovi lavori: meccanico al seguito di un pilota di motocross, tecnico di laboratorio in un istituto scolastico e due trasferte negli Stati Uniti. «Nel 2010 infine ho deciso di buttarmi in una nuova avventura - racconta - vista la mia passione e il riconoscimento professionale ho chiesto un finanziamento e ho aperto una mia officina». Ma il coraggio imprenditoriale non è stato premiato. Dopo due anni, «anche a causa delle tasse troppo alte e dei mancati guadagni», l'impresa è stata chiusa. «E ora si ricomincia daccapo», dice, «ma non mi sono mai pentito di non essere andato all'università. Ho visto colleghi con le mie stesse passioni e con una laurea in tasca non riuscire comunque a far decollare i propri sogni in questo campo». Concorda Lavinia. L'Università, Scienze della Comunicazione, le piaceva, ma di sbocchi ne vedeva pochi. Sostenuta dalla famiglia, allora, si è lanciata in un'avventura imprenditoriale. «Sono appena all'inizio e non so come andrà a finire questa esperienza - confessa - io ce la sto mettendo tutta e spero che prima o poi l'attività decolli».

Da: trucc04/02/2013 07:07:15
http://www.giornalettismo.com/archives/152997/e-il-leghista-divenne-avvocato-col-trucco/

Francesco Speroni: "Principe del foro a Bruxelles, è più facile che in Italia"

Quando si dice la sincerità. Francesco Speroni, leghista ante-litteram e componente del Cerchio Magico, è diventato avvocato alla bella età di 56 anni. Con il metodo Gelmini, tra l'altro, come racconta orgogliosamente a Elisabetta Reguitti sul Fatto.
Perché Bruxelles?
"Perché in Italia è molto più difficile mentre in Belgio l'esame, non dico sia all'acqua di rose, ma insomma è certamente più facile. Non conosco le statistiche, ma qui le bocciature sono molte meno rispetto a quelle dell'esame di abilitazione in Italia".
Esistono due Consigli degli Ordini, uno francese e l'a ltro fiammingo.
Io sono iscritto a quello francese.
A Bruxelles l'av vo c a t o esercita in ogni area legale ma quelli abilitati a difendere avanti la Corte di Cassazione vengono nominati dal Re. Onorevole è arrivato anche al Re?
Assolutamente no e considerato che ho 56 anni penso mi fermerò qua. Faccio consulenze per gli italiani in Belgio. E poi difendo gli amici che prendono contravvenzioni.
Lei che ha raggiunto i 316 chilometri all'ora in Germania.
Appunto. Io non sono mai stato fuorilegge. In Germania si può.
Ma che macchina aveva?
Una Nissan Gtr da 80 mila euro.
È vero che da consigliere regionale lombardo (1987) aveva spostato la sua residenza da Busto Arsizio a Roma-ladrona per avere il rimborso?
Ora le spiego come sono andate le cose. Non l'ho fatto per arricchirmi anche se al tempo si parlava di un milione di lire. L'ho fatto per far cambiare la norma in vigore di cui beneficiava anche il collega Marco Tara d a s h .
Da ex dipendente (steward) Alitalia viaggiava gratis, ma incassava i rimborsi. Lei è un baby pensionato oltre che europarlamentare .
Mai stato steward, ma tecnico di volo. Una figura che non c'è più. Me ne sono andato prima che mi licenziassero. Sono andato in pensione a 50 anni. Percepisco una pensione Inps come molti altri miei colleghi. Sono un privilegiato, ma non mi vergogno. Come europarlamentare guadagno tra i 7 e gli 8 mila euro netti al mese. I soldi dei rimborsi allora li versavo al partito.

Da: prete>avvoc04/02/2013 07:12:27
Anche i preti guadagnano più degli avvocati.
http://www.giornalettismo.com/archives/744611/il-prete-che-prende-25mila-euro-per-dire-messa-alla-regione/

Il prete che prende 25mila euro per dire messa alla Regione
01/02/2013 - Succede nel Lazio. Introdotto da Storace e confermato da Marrazzo

Un prete che prende 25mila euro all'anno per dire messa in Regione Lazio. Cose che capitano a via della Pisana, a quanto pare, denunciate oggi dai sindacati e riportate da Luca Teolato sul Fatto:

Questo forse avrà pensato il neo, si fa per dire, candidato alla guida della Regione Lazio per il centrodestra, Francesco Storace, quando, governatore della stessa nel 2003, ha deciso di assumere un cappellano in Giunta, al modico costo di 12.500 euro annui per celebrare qualche messa. Importo cresciuto con l'amministrazione Marrazzo a circa 25 mila euro e mantenuto dalla Polverini sugli stessi standard. Risultato: in dieci anni sono stati spesi quasi 200 mila euro di soldi pubblici per celebrare messe alla Regione Lazio.
Come si chiama il fortunato?
Il fortunato cappellano regionale è padre Achim Schutz, docente di Antropologia teologica presso la Pontificia Università Lateranense e segretario della pontificia Commissione internazionale d'inchiesta su Medjugorje. "Le casse regionali sono in profondo rosso da anni - denuncia Domenico Farina coordinatore Usb Pubblico Impiego - si tagliano posti letto e servizi vari in nome del risanamento economico ma si stipendia un prete per fargli celebrare poche messe all'anno. Uno schiaffo ai cittadini che continuano a pagare sulla propria pelle i disastri delle amministrazioni succedutesi in questi anni".

Da: da subito04/02/2013 13:14:50
Molte università dovrebbero essere chiuse perchè costano solo rispetto al numero di immatricolati, ma per dare lo stipendio a professori, amici di questi, raccomandati, le tengono aperte e con accesso libero, cosi si illudono le persone. 
Negli anni 90 era diverso in quanto nessuno ti spiegava che sotto c'era la fregatura,  ma oggi lo sanno anche le pietre che la laurea serve a zero...

Da: ...04/02/2013 15:12:24
Esatto!

Da: ahahaha04/02/2013 22:53:00
xche'poi vanno in spagna!

Da: jskd05/02/2013 05:14:50
E fanno la fame in Italia, tanto quanto gli studiosi sedentari!

Da: !!??05/02/2013 07:36:16
La fuga dagli atenei è una leggenda metropolitana. È il ministro Francesco Profumo in persona a smentire, con un'intervista a La Stampa, i dati diffusi la scorsa settimana dal Consiglio universitario nazionale che denunciavano un calo del 17 per cento di immatricolazioni negli ultimi dieci anni. Un dato che, secondo il titolare del Miur, sono falsati dalla «bolla» dei dipendenti della pubblica amministrazione che frequentavano l'università per mezzo di accordi e degli iscritti al vecchio ordinamento che nel 2003 tentarono di iscriversi al nuovo ordinamento per chiudere gli studi con una laurea breve.
In realtà, quindi, per il ministro in calo sono gli studenti anziani. Un chiarimento che fa storcere un po' il naso a un esperto di pubblica amministrazione come Giliberto Capano, docente all'università di Bologna: «Mi stupisco che ci si stupisca di queste notizie e francamente mi sembra eccessivo dire che non è vero. Sono dati "normali" in un periodo di forte crisi». E, quindi, chi ha ragione? «Il Cun, perché gli studenti di cui parla Profumo, quelli già immatricolati con il vecchio ordinamento non dovrebbero essere conteggiati con le nuove iscrizioni».
Numeri alla mano c'è una sola notizia: diminuiscono sempre di più i diplomati che si iscrivono all'università e, spiega Capano a Europa, «ormai siamo intorno al 61 per cento nel 2011-2012 e al 25-26esimo posto delle classifiche Ocse». Un calo che è «un fatto» e che riguarda tutto il territorio nazionale. E ai diciannovenni, il cui numero è rimasto stabile negli ultimi cinque anni, la laurea interessa sempre meno: sono passati dal 51 per cento al 47 per cento «e questo lo dice anche l'Istat». Inoltre, dai dati del Miur si vede chiaramente che la vera "fuga" avviene soprattutto al Sud. «Ad esempio l'ateneo di Bologna quest'anno ha mantenuto, se non aumentato il numero di immatricolati. E questo perché, storicamente, i figli della borghesia medio-alta vengono a studiare al Nord». Quindi, per molte famiglie non abbienti le spese universitarie possono diventare un lusso insostenibile, anche per quelli più meritevoli che potrebbero usufruire di borse di studio: negli ultimi tre anni, infatti, il fondo nazionale è stato ridotto (nel 2009 i finanziamenti coprivano l'84 per cento degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75 per cento. Il 25 per cento dei ragazzi quindi è rimasto fuori).
E tra tagli e tasse degli anni passati alle università ora toccherà fare i conti con un'ulteriore diminuzione di 300 milioni decisa dal governo Monti. E quanto influisce la spendibilità del titolo? Il numero dei laureati italiani è al di sotto della media Ocse: siamo al 34esimo posto su 36 paesi (2012). «Non credo sia vero che i ragazzi pensino che la laurea non serve a niente. È che manca un supporto vero al diritto allo studio. E il Cun ha ragione - conclude Capano - quando dice che l'Italia è l'unico paese che non investe in istruzione».

Da: dottoreinleggedisoccupato06/02/2013 17:37:01
La guerra tra i poveri è bruttissima!
I neo-avvocati vorrebbero stare meglio, mentre i praticanti vorrebbero essere messi in condizione di gareggiare alla pari con l'abilitazione, mentre i concorsi sono finiti!
Siamo senza futuro, se non si fa funzionare l'ufficio di collocamento e  non si introduce il reddito minimo di cittadinanza.

Da: dottoreinleggedisoccupato07/02/2013 08:37:25
Analizzando gli ultimi dati diffusi dal MIUR ci rendiamo conto che ad oggi sono 6 su 10 i diplomati che si iscrivono all'università. La stragrande maggioranza di questi sono i liceali e in generale chi ha avuto un buon rendimento scolastico (MIUR, 2010). I giovani però scelgono spesso percorsi universitari poco coerenti con le proprie preferenze, materie poco gradite che studiano con scarsa regolarità, e questa è una delle ragioni che determina il drop out di 2 studenti su 10 al secondo anno di università e il cambio di corso di studi per una quota di poco inferiore (AlmaDiploma, 2011). Gli studenti che hanno le idee meno chiare sono quelli che si iscrivono a facoltà umanistiche. Gli incerti si sottopongono contemporaneamente a più test di ammissione lasciando intendere una certa disponibilità a intraprendere strade anche molto diverse tra loro. Sono questi gli universitari con le più alte chance di drop out e di ripensamento rispetto il curriculum di studi intrapreso, che spesso si trovano a vagare disorientati da un corso di studi all'altro. Gli studenti che si iscrivono a facoltà quali medicina o ingegneria si configurano invece come quelli con le idee più chiare: giovani che hanno spesso alle spalle famiglie con uno status sociale medio-alto e tale da garantire ai figli il sostegno economico durante lo svolgimento del corso di studi. Molti di questi studenti, primi tra tutti quelli che si iscrivono alla facoltà di giurisprudenza, scelgono però sulla base di categorie di ragionamento lineari e largamente riconducibili al passato, che riproducono schemi per i quali ad un certo tipo di laurea corrisponde la certezza di una professione e di un certo livello di prestigio sociale.

Il sostegno all'orientamento all'università e alla scelta del corso di studi non è fondamentale solo per ridurre le dinamiche di riproduzione sociale, ma anche per creare consapevolezza circa le chance offerte da ogni settore disciplinare in termini di possibilità occupazionali.

LA FOLLA AL TEST DI MEDICINA: LAUREA E LAVORO

Un recente fatto di cronaca è stato da stimolo alla riflessione sul ruolo dell'orientamento e la sua portata in questo momento storico. Ad aprile, il test di ingresso per la facoltà di medicina dell'Università Cattolica ha spinto a Roma circa 8.000 giovani provenienti da tutta Italia. Nonostante la professione medica rappresenti ancora oggi un buon investimento in termini sia economici sia di stabilità lavorativa, non è certo il livello di consapevolezza di questa folta schiera di aspiranti medici circa la complessità del percorso a cui si è candidata e le relative chance professionali. Come evidenzia una recente indagine dell'Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, la carriera medica è infatti sempre più un investimento faticoso e dai risultati incerti, che implica anni di lavoro precario a bassa retribuzione e prospettive di stabilizzazione sempre più lunghe.

Il grafico 1 mostra come la distribuzione delle immatricolazioni universitarie sia solo in parte coerente con le considerazioni a cui conducono le rilevazioni ufficiali. Non tutte le lauree assicurano infatti la possibilità di trovare un'occupazione soddisfacente o coerente con il proprio titolo di studio. Secondo i dati forniti dall'Istat le discipline più premiate nel mercato del lavoro sono quelle tecnico-scientifiche, in particolare ingegneria e statistica, mentre la sfera dei laureati delusi risulta largamente composta dai mancati avvocati (Istat, 2011).

Da: dottoreinleggedisoccupato07/02/2013 08:39:55
Sulla base delle rilevazioni effettuate da AlmaLaurea nell'ambito del XIV rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati, risulta nel corso degli ultimi anni un complessivo e progressivo calo dei tassi di occupazione tra i laureati ad 1 anno dal conseguimento del titolo di studio, sia per quanto riguarda la laurea di primo livello sia per quella specialistica. Analogamente, anche i livelli di retribuzione netta mensile hanno subito un'importante flessione nel corso dell'ultimo decennio. Naturalmente, le chance occupazionali dei laureati aumentano col il trascorrere del tempo a partire dal momento del conseguimento della qualifica, ma con differenze sostanziali a livello disciplinare che riguardano i livelli di guadagno, stabilità, soddisfazione e coerenza tra professione intrapresa e studi condotti.

A 3 anni dalla laurea, senza entrare nello specifico della tipologia contrattuale, il livello maggiore di occupazione si riscontra tra i laureati in medicina, seguiti da quelli in architettura e ingegneria (Grafico 2). Analizzando la situazione relativamente a chi si è laureato tra il 2000 e il 2002, ossia a chi si lascia ormai alle spalle circa 10 anni dalla laurea, le suindicate aree disciplinari si confermano premianti, e sono questa volta affiancate da settori che sembrano rafforzare le possibilità occupazionali con il passare del tempo: psicologia, discipline chimico-farmaceutiche e scientifiche.

Da: dottoreinleggedisoccupato07/02/2013 08:43:05
In questo periodo di crisi economica dagli incerti esiti, ai fini della crescita individuale e sociale è quanto mai responsabilità dello Stato, del mondo accademico e scientifico sottolineare l'importanza dell'investimento negli studi universitari e orientare i neo diplomati ad una scelta consapevole. A tal fine, l'Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRPPS-CNR), con l'obiettivo di valorizzare il talento giovanile e superare specifiche resistenze culturali è da anni impegnato in azioni volte a sostenere l'importanza delle facoltà scientifiche. In particolare attraverso i progetti europei "DIVA" e  "LIGHT: Turn on the light on science", il pubblico femminile, ancora fortemente sotto rappresentato in molte discipline scientifiche a partire da quelle ingegneristiche per effetto degli stereotipi di genere, è stato sensibilizzato circa l'importanza della carriera scientifica, promossa in quanto scelta positiva di vita. Queste esperienze ci hanno portato a intraprendere molteplici azioni allo scopo di fornire agli studenti informazione e consapevolezza. Sono stati adottati strumenti diretti e indiretti, sempre all'insegna dell'interazione e del dialogo, con la convinzione che debbano essere plurimi gli stimoli che concorrono ad assolvere il complesso compito di accompagnare l'eterogeneo universo di studenti verso una scelta universitaria responsabile e oggi quanto mai opportuna.

Da: tobias07/02/2013 13:27:22
bueno, dottore disoccupato hai rotto il cazo, scrivi piu breve o prenditelo ento o .... decidi tu

Da: dottoreinleggedisoccupato08/02/2013 07:13:04
l ministro Profumo prevede criteri restrittivi in base alla collocazione gografica degli studenti
Potente, in queste ore, è la disfida sul decreto per il diritto allo studio. Il ministro Profumo sta per varare uno degli atti last minute del governo tecnico, scatenando le proteste nelle università di tutt'Italia, okkupate  (si può dire ancora così?), ma con i lucchetti stile Moccia. Nell'occhio del ciclone le borse di studio. Gli studenti, tra le altre cose, denunciano: meno fondi, limiti di età troppo bassi, criteri di reddito ingiusti, fuori sede penalizzati. In sintesi: "Se il decreto passa così com'è, nel 2013 ci saranno migliaia di universitari tagliati fuori dai benefici". E tutto ciò a pochi giorni dalla statistica sulla fuga dall'università: 58mila studenti in meno nell'ultimo decennio. Il ministro Profumo, piuttosto infastidito, imposta la sua replica "professorale" sul tema (déjà vu) della "cattiva interpretazione". E sbandiera numeri: +20% di borse (da 115mila a 140mila) e +20% di fondi, per un totale di 440 milioni.

Ma nella filigrana del decreto c'è un aspetto che merita una riflessione a parte: i bandi per assegnare le borse di studio prevedono delle "gabbie salariali" di reddito, su base geografica. Per poter accedere ai contributi, la famiglia dello studente non dovrà superare i 21mila euro (se residente al Nord), 18mila (al Centro) e 15mila (al Sud).

Da: dottoreinleggedisoccupato08/02/2013 07:18:13
Profumo ha ragione!
Questa è la strada maestra da seguire!!
Il costo della vita, soprattutto se riferito agli affitti è molto più elevato a Milano, Bolzano, Trento, Bologna, anzichè ad Agrigento, Oristano o  Cosenza!!!
E poi non dimentichiamoci i finti poveri.
Gioiellieri che dichiarano meno di 10 mila euro!

Da: dottoreinleggedisoccupato08/02/2013 07:38:33
Per il ministero si tratta di "una revisione dei criteri meritocratici con un'articolazione che tiene conto di caratteristiche territoriali importanti". E non è un caso che le "tre Italie" del decreto Profumo, proprio ieri siano state messe nero su bianco dall'Istat, che in Sicilia quantifica una ricchezza pro capite di 12.970 euro, inferiore alla media nazionale (18.000) e al reddito del Nord (20.800).

Da: salernitanodoc08/02/2013 23:05:47
ormai la professione è un ricordo!

Da: xsalernitano09/02/2013 08:31:38
Devi dire grazie per questo alla trasformazione delle università in laurefici, le quali ti danno scarsa formazione culturale e professionale!
Il diritto allo studio è diventato diritto al titolo e alla fame!
Solo che l'italiota baccalaureato vedendo scritto il suo nome sulla pergamena di laurea accanto al titolo dottore, si sentirà Albert Einstein, e del suo fallimento darà la colpa agli altri che sono ottusi e non lo comprendono.
Quanti soldi pubblici sprecati nelle università pubbliche e quanti neo-dottori  e neo-avvocati destinati a campare a 65 anni con l'assegno di pensione sociale al minimo!

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