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CONCORSO DS: ORALI IN CAMPANIA
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Da: Fossi romagnolo/a?30/01/2016 13:40:19
"Ho rimasto" e altri romagnolismi

Non ho letto l'articolo citato ma sicuramente lo studente che ha scritto "ho rimasto" doveva essere romagnolo. In Romagna, dove ho vissuto una decina di anni, il verbo "rimanere" è transitivo ("ho rimasto solo 10 euro", "in quel negozio hanno rimasto solo taglie grandi" ecc.). Probabilmente nel contesto locale questo uso non va considerato errore ma semplicemente una varietà regionale perché è una forma condivisa praticamente da tutti i parlanti, che si stupiscono moltissimo se qualcuno fa loro notare che si tratta di un errore (alcuni lo imparano andando all'università, ma non tutti: molti dei miei insegnanti al liceo lo dicevano).
Altri romagnolismi:
il verbo volere viene usato come sinonimo di occorrere e segue la costruzione di servire ("mi vuole un cacciavite"; "gli vuole più tempo");
molto comune la forma riflessiva del verbo andare, specialmente alla prima persona ("sono stanco, mi vado a casa e poi mi vado subito a letto");
"non sapere fare a" equivale a "essere capace di" ("non sa fare a nuotare");
il verbo provare è seguito dalla preposizione di ("ho provato di fare la tua torta ma non mi è venuta bene").
Cercando "si dice in Romagna" si possono trovare altri esempi di peculiarità locali, anche lessicali (ad esempio, la "forma" è il parmigiano).
Rispondi

Da: Anche i tre cani ti danno torto30/01/2016 13:43:44
(ma non mordono)

http://www.treccani.it/lingua_italiana/domande_e_risposte/grammatica/grammatica_169.html

Mentre posso dire "Ho lasciato il pane nella dispensa", si può usare allo stesso modo il verbo "rimanere" o "restare"?

Sembra che, più delle questioni di eufonia e cacofonia, in questo caso contino le questioni basilari della grammatica: in una frase come quella proposta, l'uso di rimanere o di restare, verbi intransitivi, in luogo del verbo transitivo lasciare, è semplicemente scorretto: *ho restato il pane nella dispensa o *ho rimasto il pane nella dispensa sono frasi agrammaticali. L'unico modo per salvare baracca e burattini è di trasformare la frase in modo che pane, da complemento oggetto, diventi soggetto: il pane è restato (o rimasto) nella dispensa.
Rispondi

Da: Anche il sole di dà torto30/01/2016 13:47:33
(la luna non so)

http://www.italianews24.net/quel-dubbio-comune-si-dice-ho-rimasto-a-casa-o-ho-lasciato-a-casa/

QUEL DUBBIO COMUNE: SI DICE "HO RIMASTO A CASA" O "HO LASCIATO A CASA"?
Valentina Monte | 17 dicembre 2015 | Cultura | Nessun commento
valentina1 rubrica|Valentina Monte|
Continua il nostro consueto appuntamento grammaticale soffermandoci, questa volta, su un altro dubbio molto comune tra i ragazzi. Quante volte cadiamo in trappola alla domanda "Si dice ho rimasto o ho lasciato?" . Molti tendono a considerare entrambi i casi come delle alternative ma non è così non solo per via del significato ma per la transività: infatti il verbo rimanere è intransitivo e, di conseguenza, non può reggere il complemento oggetto. Il secondo caso, lasciare, sì. Ricapitolando, un verbo transitivo regge il complemento oggetto e quindi risponde alla domanda "chi/che cosa?"; nel caso specifico, il verbo rimanere, oltre a non essere transitivo fa riferimento a una durata nel tempo, per es. "L'altra sera rimasi ore ed ore a guardare il cielo" . Veniamo dunque alla risposta: si dice "ho lasciato qualcosa a casa" e non "ho rimasto qualcosa a casa" perché, come appena detto, il verbo lasciare regge il complemento oggetto, a differenza del verbo rimanere, intransitivo. A presto con un nuovo argomento.
Rispondi

Da: Lo sanno anche i ragazzi30/01/2016 13:58:18
che frequantano Yohoo/Answers

Quando si utilizza lasciare , rimanere o restare nelle frasi?
es. ho lasciato la porta aperta (è errato?) oppure ho rimasto la penna a casa (è errato?) chi mi spiega di preciso??

RISPOSTE
Migliore risposta:  perché lasciare è un verbo pienamente transitivo (regge il complemento oggetto) mentre rimanere e restare sono intransitivi. Es:-ho lasciato (che cosa?) il libro a casa
-Sono rimasto (non regge la domanda che cosa...) a casa
"lasciare la porta aperta" è giusto cmq, non puoi certo dire "ho rimasto la porta aperta" o "ho restato la porta aperta"

lasciare si riferisce a un oggetto (a meno che non si dica "mi sono LASCIATO con la ragazza"), "non portare con sè, dimenticare"
rimanere indica uno stato di staticità
restare indica anch'esso uno stato di staticità, ma è forse più colloquiale

lasciare è un verbo transitivo, quindi regge il complemento oggetto : ho lasciato (che cosa?)la penna;

rimanere è un verbo intransitivo e mai può reggere il compl. oggetto: ho rimasto (che cosa?) la penna dunque è errato
sono rimasto (dove?) a casa è corretto
Rispondi

Da: Comincia ad imparare se ne hai30/01/2016 14:20:48
voglia.

Acquisisco la premessa ( Mi unisco e do piena solidarietà    30/01/2016 7.09.26

a coloro che sostengono la correttezza della frase. Oltretutto... è meglio lasciare stare.

Primo rilievo e non vado oltre.


"Proprietà semantica[modifica | modifica wikitesto]
Si potrebbe a prima vista ritenere che l'intransitività o la transitività siano proprietà immutabili di ciascun verbo, caratterizzandosi come proprietà semantica. È stata anzi questa la tendenza della grammatica tradizionale, fondata spesso sulla propensione a costruire un armamentario concettuale per la linguistica fondato sul significato[5]. La distinzione tra transitività e intransitività, pur avendo un buon valore descrittivo, è poco scientifica[6]. Di fatto, l'una e l'altra vengono rivelate in base al contesto, in particolare in base alle caratteristiche del predicato verbale[1].


"La distinzione tra transitività e intransitività, pur avendo un buon valore descrittivo, è poco scientifica[" E' POCO SCIENTIFICA !!!!!!!!!!!!!!!!!

Dice bene colui che sostiene che ci sono cinque ragioni che dimostrano la poco scientificità. Una di esse estirpa qualsiasi dubbio.)



PRIMA LEZIONE:

predicato, tipi di
Enciclopedia dell'Italiano (2011)
di Alessandro Panunzi

predicato, tipi di
1. Caratteristiche generali

Il termine predicato (lat. praedicātu(m) «ciò che è affermato [di qualcosa]») compare per la prima volta all'inizio del medioevo nel commento di Boezio al De interpretatione aristotelico. Aristotele aveva già introdotto nelle riflessioni logiche e linguistiche il concetto di predicato, definendolo in relazione alle nozioni di â" soggetto e di frase (â" frasi nucleari).

La definizione di predicato che si ritrova nelle grammatiche descrittive ricalca piuttosto fedelmente quella fornita da Aristotele: il predicato è «ciò che si afferma a proposito del soggetto» (Serianni 1988), e che forma con il soggetto stesso un'entità di «senso compiuto»: la frase. A livello logico-semantico, il predicato designa una proprietà che viene attribuita a un oggetto del mondo, codificato dal soggetto. Tale proprietà può corrispondere al possesso di una qualità (1), all'appartenenza a una classe (2) o all'aver luogo di un'azione (3):

(1) il sole splende

(2) il mio cane è un bassotto

(3) Luca prestò il libro a Giulia

La linguistica moderna definisce il predicato in termini più strettamente sintattici. A partire dall'analisi in «costituenti immediati» di Bloomfield (1933), la frase è concepita come la combinazione di un â" sintagma nominale (il soggetto) e un â" sintagma verbale (il predicato):

(4) [il sole]sintagma nominale = soggetto

[splende]sintagma verbale = predicato

(5) [il mio cane]sintagma nominale = soggetto

[è un bassotto]sintagma verbale = predicato

(6) [Luca]sintagma nominale = soggetto

[prestò il libro a Giulia]sintagma verbale = predicato

Su questa base, la grammatica generativa ha posto al centro della relazione predicativa gli elementi di collegamento tra i due costituenti (Chomsky 1965). In questo senso, il predicato è definito come l'elemento che riceve dal soggetto i tratti dell'â"accordo (persona, numero ed eventualmente genere), che sono espressi dalla componente morfologica del predicato, e in particolare dalla â" flessione verbale (â" coniugazione verbale).

Attraverso l'integrazione dei punti di vista della prospettiva tradizionale e di quella formalistica (cfr. Simone 200819) è possibile definire il predicato come un elemento complesso, al cui interno sono rintracciabili due componenti fondamentali: una testa lessicale, ovvero il suo nucleo semantico, che codifica la proprietà che si afferma, e una testa funzionale, ovvero gli elementi che collegano formalmente il predicato al soggetto cui si riferisce.

La funzione che il predicato svolge nella frase si dice predicazione. Essa consiste fondamentalmente nel 'dire qualcosa' a proposito del tema della frase (â" tematica, struttura), cioè di ciò su cui essa verte. In questo senso, il numero dei predicati di un enunciato può esser adoperato come criterio per contare le frasi che lo compongono.

Inteso come sintagma verbale, un predicato può essere costituito:

(a) da un sintagma verbale di modo finito (bevo volentieri birra);

(b) da un sintagma verbale di modo non finito (sono caduto correndo; e allora tutti a ridere, ecc.);

(c) da un elemento zero (predicati costituiti da sintagmi non verbali nelle frasi nominali; vedi oltre);

(d) da un sintagma verbale bi-predicativo (o bi-clausale, composto cioè da due elementi verbali, o entrambi di modo finito: prendo e me ne vado; o uno di modo finito e uno di modo non finito, come nelle costruzioni causative, nelle strutture perifrastiche e nelle strutture con verbo fraseologico; â" causativa, costruzione; â" perifrastiche, strutture; â" fraseologici, verbi).

In quel che segue tutte queste tipologie sono esaminate in generale. Per dettagli, vedi le voci via via citate.

2. Tipi

Le grammatiche descrittive riconoscono due tipi principali di predicato, che possono essere distinti sulla base del modi in cui sono riempite le rispettive teste lessicali e funzionali: il predicato verbale e il predicato nominale.

Il predicato verbale è costituito da un verbo predicativo autonomo (â" verbi; â" predicativi, verbi) lessicalmente pieno (quindi non un ausiliare o un verbo supporto; â" ausiliari, verbi; â" verbi supporto). Il verbo è la testa lessicale del predicato verbale e manifesta, attraverso i suoi tratti morfologici, l'accordo con il soggetto rispetto alle categorie della persona e del numero:

(7) Maria dorme

(8) i ragazzi mangiano la pizza

Il predicato nominale è costituito da un sintagma verbale con la seguente struttura: una forma del verbo essere (â" copula) + un costituente nominale o aggettivale, tradizionalmente chiamato parte nominale o, se è un nome, nome del predicato; se tale costituente è un aggettivo, è anche detto aggettivo predicativo.

La copula detiene la funzione di collegare la parte nominale con il soggetto: non è un verbo lessicalmente pieno, ma esprime i soli tratti morfologici del predicato nominale, di cui costituisce pertanto la testa funzionale (â" copulativi, verbi). La testa lessicale del predicato è invece espressa dalla parte nominale. Entrambe le componenti del predicato nominale si accordano con il soggetto: la copula nei tratti di â" persona e â" numero, la parte nominale invece nei tratti di numero e â" genere:

(9) Maria è un'insegnante

(10) i ragazzi sono golosi di pizza

Un tipo specifico di predicato si ha nei costrutti con verbi copulativi, che non sono autonomi dal punto di vista lessicale e necessitano di un complemento predicativo del soggetto (â" predicativo, complemento) per formare un predicato:

(11) Maria è diventata un'insegnante

(12) i ragazzi sembrano affamati

L'interpretazione di tali tipi di predicato è stata argomento di dibattito dalla tradizione grammaticale. Per via della presenza di un elemento nominale in funzione di testa lessicale del predicato, alcuni li hanno considerati veri e propri predicati nominali; altri hanno preferito classificare tali costrutti come un livello intermedio tra il predicato nominale e quello verbale («predicato con verbo copulativo», dice Serianni 1988), sulla base del contributo che il verbo copulativo dà alla semantica complessiva di tali predicati (a differenza della copula, considerata semanticamente vuota).

Un'importante caratteristica generale della relazione di predicazione è la possibilità che il predicato abbia una â" negazione. In questo caso, si esclude che la proprietà descritta dal predicato sia da attribuire al soggetto della frase:

(13) Maria non dorme

(14) Maria non è un'insegnante

(15) Maria non è diventata un'insegnante.

3. Casi particolari e modificatori del predicato

Nelle costruzioni impersonali (â" impersonali, verbi) si osserva una particolare struttura di predicato, in cui non è possibile applicare la concezione della relazione predicativa come rapporto tra soggetto e predicato. Un tipico caso di costruzione impersonale si ha con i verbi che indicano fenomeni atmosferici (â" atmosferici, verbi), che danno luogo a una frase composta dal solo predicato senza soggetto:

(16) nevica

(17) domani pioverà

Una simile configurazione sintattica riguarda anche verbi predicativi che vengono talvolta usati nella costruzione impersonale con il pronome atono si:

(18) da qui si vede il mare

(19) si assisterà a un grande spettacolo

Con un terzo gruppo di verbi (accadere, bastare, bisognare, capitare, convenire, occorrere, sembrare, succedere, ecc.) si formano costruzioni impersonali da cui dipendono frasi subordinate. In tali casi, la funzione di soggetto è svolta dalla frase dipendente, che corrisponde a una frase soggettiva (â" soggettive, frasi):

(20) bisogna partire prima delle otto

(21) sembra di sognare

(22) basterebbe che non lo facessi più

(23) spesso accade che ci dimentichiamo delle cose più importanti

Il predicato, sia verbale che nominale, può essere modificato con verbi modali (â" modali, verbi). In tali casi, il verbo modale forma un predicato unico insieme al verbo principale della frase, coniugato all'infinito:

(24) Maria deve dormire

(25) i ragazzi possono mangiare la pizza

(26) Maria vuole essere un'insegnante

(27) gli insegnanti bravi sanno essere intransigenti quando serve

Una situazione analoga si osserva anche nel caso dei verbi fraseologici, che aggiungono al predicato tratti di â" aspetto che possono indicare l'imminenza di un evento (28), il suo inizio (29), il suo svolgimento (30), la sua continuità e reiterazione (31) o la sua conclusione (32):

(28) quella sedia sta per cadere

(29) Carlo ha iniziato a dipingere la staccionata

(30) Maria sta dormendo

(31) gli studenti seguitavano a non fare i compiti a casa

(32) i ragazzi hanno finito di mangiare la pizza

Sebbene i verbi fraseologici siano più spesso usati con i predicati verbali (per via del forte legame che intercorre tra i valori aspettuali e la rappresentazione linguistica dell'azione), il loro impiego è possibile, in alcuni casi, anche con un predicato nominale:

(33) i ragazzi cominciano ad essere affamati

(34) Carlo continuerà ad essere l'amministratore della società

Le modificazioni modali e aspettuali del predicato possono dar luogo a 'catene' in cui sono presenti più predicati in sequenza (in italiano, di solito non più di due). In ogni caso, per ogni predicato è ammessa una sola testa lessicale:

(35) tutte le modifiche al documento devono poter essere monitorate

(36) i miei studenti stanno per cominciare a studiare l'algebra.

4. Struttura del predicato verbale

L'analisi della struttura del predicato verbale costituisce un nodo essenziale nella definizione complessiva della predicazione. D'altra parte, la nozione funzionale di predicato verbale è strettamente collegata a quella categoriale di verbo, al punto che, all'origine delle trattazioni sull'argomento, Aristotele si riferisce a entrambe le nozioni utilizzando lo stesso termine: rh"ma (Graffi 1986).

La struttura del predicato verbale dipende in larga parte dalla struttura della â" reggenza del verbo predicativo che ne costituisce la testa lessicale. A questo proposito, la grammatica tradizionale distingue, sulla base del tratto di transitività, due classi di verbi predicativi che danno luogo a strutture di predicazione diverse: i verbi transitivi ammettono un complemento oggetto (mangiare, dare), mentre i verbi intransitivi ne sono obbligatoriamente privi (partire, andare) (â" transitivi e intransitivi, verbi).

Un contributo innovativo per la definizione della struttura semantica del predicato e della sua reggenza fu portato da Frege (1892) nell'ambito della logica, e in seguito esteso all'analisi linguistica. Frege definisce il predicato come un'espressione linguistica insatura, ovvero una funzione che può essere applicata ad una serie di â" argomenti in grado di saturarla (con metafora chimica) e generare, in questo modo, una proposizione. Il numero degli argomenti dipende dalla semantica del predicato (è il concetto di arietà o adicità del predicato), e si distinguono quindi predicati a uno, due, tre o più 'posti' (detti rispettivamente unari, binari, ternari). Uno degli esiti più importanti per la teoria linguistica del modello logico fregeano si ebbe col concetto di valenza verbale di Tesnière (1959), che propone una classificazione dei lemmi verbali in relazione al numero, al riempimento e alla funzione sintattica dei loro argomenti obbligatori.

Sulla base della struttura valenziale, in italiano è possibile distinguere cinque classi principali di verbi predicativi (a loro volta articolabili in varie sottoclassi; cfr. Salvi 1988; Renzi & Elia 1997): verbi zerovalenti (atmosferici: piovere, grandinare) (37), monovalenti (arrivare, correre, piangere) (38), bivalenti (mangiare, aprire, andare) (39), trivalenti (dare, prestare, restituire) (40) e tetravalenti (spostare, trasportare, trasferire; tale classe non è però accettata in tutte le descrizioni) (41):

(37) piove

(38) il treno è arrivato

(39) Maria mangia una mela

(40) Carlo ha restituito il libro alla biblioteca

(41) i facchini hanno trasportato le cassette dal parcheggio al mercato

Sulla base dell'analisi della struttura valenziale è stato inoltre sviluppato il modello della grammatica dei casi (Fillmore 1968), che mira a specificare le relazioni semantiche che si instaurano tra un predicato e gli argomenti che fanno parte della sua valenza. Tali relazioni semantiche definiscono un insieme di ruoli tematici universali (per es., agente, tema, beneficiario, origine, destinazione, ecc.), che sono assegnati dalle teste lessicali ai loro argomenti. In questa prospettiva, la serie di esempi in (37-41) può essere analizzata come segue:

(42) piove

(43) [il treno]tema partì

(44) [Maria]agente mangia [una mela]tema

(45) [Carlo]agente ha restituito [il libro]tema [al professore]beneficiario

(46) [i facchini]agente hanno trasportato [le cassette]tema [dal parcheggio]origine [al mercato]destinazione

L'analisi della struttura argomentale e tematica ha rappresentato una svolta molto importante nella concezione logica del predicato: la trattazione classica, infatti, tendeva a riconoscere predicati esclusivamente monovalenti. In questa prospettiva, partire, mangiare una mela e restituire il libro al professore sarebbero predicati che si applicano a un unico argomento: il soggetto.

Al contrario, l'analisi proposta nella serie (42-46) rende conto delle differenze nelle strutture semantiche dei vari predicati verbali. In (43), il verbo partire, monovalente, si applica a un solo argomento (il treno) che svolge il ruolo di tema (l'oggetto che viene modificato nel corso dell'evento descritto dal predicato). Diversamente, in (45) il verbo trivalente restituire proietta una struttura semantica complessa, all'interno della quale vengono attribuiti ai suoi tre argomenti i rispettivi ruoli semantici di agente (Carlo), tema (il libro) e beneficiario (il professore).

5. Struttura del predicato nominale

La struttura del predicato nominale può assumere più configurazioni, che corrispondono a diversi valori semantici, secondo il tipo di sintagma non verbale che riempie la posizione di predicato.

5.1 Aggettivi

Un predicato nominale costituito da un aggettivo esprime solitamente una qualità, transitoria o permanente, attribuita al soggetto della frase; in questo caso, l'aggettivo (â" aggettivi) è inserito nel sintagma verbale ed è detto predicativo:

(47) [la bicicletta]sintagma nominale [è nuova]sintagma verbale

(48) [quel giocatore]sintagma nominale [è alto]sintagma verbale

In tale posizione l'aggettivo esprime una relazione propriamente predicativa; al contrario, quando un aggettivo si trova all'interno di un sintagma nominale, questo esprime una relazione di modificazione rispetto alla sua testa nominale e viene detto attributivo (â" attributo):

(49) [la bicicletta nuova]sintagma nominale [si è rotta]sintagma verbale

(50) [il giocatore alto]sintagma nominale [somiglia a mio zio]sintagma verbale

Non tutti gli aggettivi possono svolgere funzione predicativa; in particolare, sono esclusi da tale funzione gli aggettivi di relazione (51) (â" relazione, aggettivi di) e quelli obbligatoriamente prenominali (52), che possono essere usati solo in funzione attributiva in un sintagma nominale:

(51) l'incidente ferroviario â' *l'incidente è ferroviario

(52) le medesime lamentele â' *le lamentele sono medesime.

5.2 Sintagmi

La parte nominale può essere anche riempita da un sintagma preposizionale in funzione di aggettivo predicativo, che indica una qualità o una tipologia riferita al soggetto (â" attributo; â" preposizioni):

(53) le porte della case giapponesi sono di carta

(54) quelle pistole sono ad aria compressa

(55) la tua risposta è senza capo né coda

Anche la quantificazione viene solitamente espressa attraverso un predicato nominale, la cui parte nominale è riempita da un numerale cardinale (â" numerali; â" quantificatori) con valore aggettivale:

(56) i peccati capitali sono sette

(57) le squadre del campionato di serie A sono venti

Il predicato nominale può anche essere formato dall'unione della copula e di un sintagma nominale, tipicamente indefinito. In questo caso, il significato espresso è quello dell'appartenenza del soggetto alla classe designata dal sintagma nominale in posizione predicativa (58-59). In alcuni casi, e in particolare in presenza di un nome di professione, il sintagma nominale indefinito che costituisce la parte nominale del predicato può occorrere senza l'articolo (60):

(58) la terra è un pianeta

(59) quell'avvocato è un farabutto

(60) mio padre è ingegnere

Le frasi in cui il verbo essere è seguito da un sintagma nominale definito presentano una potenziale ambiguità rispetto al tipo di predicato realizzato. Se il sintagma nominale definito dopo la copula designa una proprietà unica che viene attribuita al soggetto, sarà realizzato un predicato nominale. Diversamente, se il sintagma nominale si riferisce a un individuo, esso non identifica una proprietà e non può pertanto avere valore predicativo. In questo caso, il verbo essere pone un'uguaglianza tra due espressioni pienamente referenziali e svolge la funzione di predicato di identità:

(61) Giovanni è il mio migliore amico

(62) quel ragazzo è il portiere della nostra squadra.

5.3 Complementi predicativi

Un particolare rapporto di predicazione nominale si osserva nelle costruzioni con complementi predicativi non argomentali (â" predicativo, complemento), oggetto di interesse per molti studi nell'ambito della sintassi teorica e descrittiva (per es., Jespersen 1924; Halliday 1967; Williams 1980; Chomsky 1981). È possibile che il complemento predicativo si riferisca sia al soggetto (63) che all'oggetto diretto (64) di un verbo predicativo transitivo:

(63) Mario arrivò ubriaco

(64) ho visto Paola molto indaffarata

In entrambi i casi il predicato principale è di tipo verbale (arrivare, vedere), mentre il complemento predicativo corrisponde a un predicato secondario di tipo nominale (essere ubriaco, essere molto indaffarata), che può essere reso esplicito attraverso una parafrasi del tipo:

(65) Mario arrivò ed era ubriaco

(66) ho visto Paola ed era molto indaffarata.

5.4 Enunciati nominali

La predicazione nominale può essere realizzata anche senza copula, dando luogo alla frase nominale (â" nominali, enunciati; Meillet 1906; Benveniste 1950; De Mauro & Thornton 1985). In essa la funzione di predicato è svolta da un sintagma non verbale (nominale, preposizionale o avverbiale) direttamente giustapposto al sintagma nominale in posizione di soggetto:

(67) parenti [serpenti]sintagma nominale

(68) oggi [niente lezione]sintagma nominale

(69) Giovanni [al telefono]?sintagma preposizionale

(70) qui [tutto bene]sintagma avverbiale

La grammatica tradizionale considera casi di questo tipo come strutture ellittiche del verbo, per le quali sarebbe ricostruibile una forma di predicazione standard (per es., «i parenti sono serpenti», «oggi non c'è lezione»). Tuttavia, le frasi nominali sono ampiamente diffuse e manifestano funzioni informative specifiche. Tali fattori conferiscono alla frase nominale uno statuto autonomo nella tipologia delle strutture di predicazione.

Studi

Benveniste, Emile (1950), La phrase nominale, «Bulletin de la Société de linguistique de Paris» 46, pp. 19-36 (rist. in Id., Problèmes de linguistique générale, Paris, Gallimard, 1966, pp. 151-167).

Bloomfield, Leonard (1933), Language, New York, Holt, Rinehart & Winston (trad. it. Il linguaggio, Milano, Il Saggiatore, 1996).

Chomsky, Noam (1965), Aspects of the theory of syntax, Cambridge (Mass.), The MIT Press (trad. it. Aspetti di teoria della sintassi, in Id., Saggi linguistici, vol. 2°, La grammatica generativa trasformazionale, Torino, Boringhieri, 1970, pp. 44 segg.).

Chomsky, Noam (1981), Lectures on government and binding, Dord-recht, Foris.

De Mauro, Tullio & Thornton, Anna M. (1985), La predicazione: teoria e applicazioni all'italiano, in Sintassi e morfologia della lingua italiana d'uso. Atti del XVII congresso internazionale della Società di Linguistica Italiana (Urbino, 11-13 settembre 1983), a cura di A. Franchi De Bellis & L.M. Savoia, Roma, Bulzoni, pp. 407-419.

Fillmore, Charles J. (1968), The case for case, in Universals in linguistic theory, edited by E. Bach & R.T. Harms, New York, Holt, Rinehart & Winston, pp. 1-88.

Frege, Gottlob (1892) Über Begriff und Gegenstand, «Vierteljahrs-schrift für wissenchaftliche Philosophie» 16, pp. 192-205 (trad. it. Concetto e oggetto, in La struttura logica del linguaggio, a cura di A. Bonomi, Milano, Bompiani, 1973, pp. 373-386).

Graffi, Giorgio (1986), Una nota sui concetti di á¿á¿μ± e »όγ¿ς in Aristotele, «Athenaeum» 74, 1-2, pp. 91-101.

Halliday, Michael A.K. (1967), Notes on transitivity and theme in English. Part 2, «Journal of linguistics» 3, pp. 199-244.

Jespersen, Otto (1924), The philosophy of grammar, London, Allen & Unwin.

Meillet, Antoine (1906), La phrase nominale en indo-européen, «Mémoires de la Société de linguistique de Paris» 14, pp. 1-26.

Renzi, Lorenzo & Elia, Annibale (1997), Per un vocabolario delle reggenze, in Lessico e grammatica. Atti del Congresso interannuale della Società di Linguistica Italiana (Madrid, 21-25 febbraio 1995), a cura di T. De Mauro & V. Lo Cascio, Roma, Bulzoni, pp. 113-129.

Salvi, Giampaolo (1988), La frase semplice, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, Id. & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 1° (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale), pp. 29-114.

Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.

Simone, Raffaele (200819), Fondamenti di linguistica, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1990)

Tesnière, Lucien (1959), Eléments de syntaxe structurale, Paris, Klinck-sieck (trad. it. Elementi di sintassi strutturale, Torino, Rosenberg & Sellier, 2001).

Williams, Edwin (1980), Predication, «Linguistic inquiry» 11, pp. 203-238.


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E' CHIARO CHE HO RIMASTO A CASA NULLA HA A CHE VEDERE CON LA FRASE IN OGGETTO (tu non comprendi la distinzione-nella migliore ipotesi-)
per garbatamente: delle frasi che hai scritto una è senza ombra di dubbio ineccepibile.
Rispondi

Da: Garbatamente30/01/2016 14:46:24
io ci rinuncio. Non è possibile interloquire con una persona che si rifiuta di ragionare e che ha solo operato una disperata quanto inutile autodifesa, senza fornire uno straccio di "pezza d'appoggio" a giustificazione di una frase così evidentemente sbagliata da scandalizzare anche un ragazzino.
Se ti piace così, resta pure nella tua isola dorata e mantieni pure la tua convinzione che quella porcata fosse grammaticalmente corretta.
.....tanto in tutta l'Italia lo pensi solo tu, quindi non scomodare fantomatici sostenitori fittizi.

Spero (per te) che non sia mai un insegnante dei miei figli.
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Da: @ Garbatamente,     28/01/2016 15.24.2230/01/2016 15:48:48
Ho letto sul forum una frase che è ineccepibile secondo la nostra lingua e mi ha tanto sorpreso che qualcuno infierisse contro la persona che l'aveva scritta. Mi è parso assurdo. Ho tentato di portare questa persona alla ragionevolezza. Ho Cercato di far comprendere a lei che il suo supposto tecnico è, secondo gli studiosi di linguistica, non scientifico.  Ma nulla. Continua con insinuazioni che potrebbero offendere la sensibilità professionale dell'altro. Non importa, preferisco soprassedere. In me era nata la riflessione che sarebbe stato meglio rinunciare alla discussione. Prendo atto, con molto piacere, che la persona che insisteva nel voler dimostrare una cosa basandosi su un erronea base scientifica è giunta alla mia stessa conclusione. Adesso devo chiedere scusa a quella persona che mi ha fatto comprendere due cose : che 2+2 non fa sette (e' inutile discutere pensando sia possibile confrontarsi quando non esiste la volontà e l'umiltà a farlo).
Mi ha fatto comprendere che avrei fatto meglio a rinunciare, per le stesse ragioni, a discutere.

Grazie.
Per dirlo avrà avuto l sue ragioni e perciò la ringrazio.
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Da: Questa storia ha dell''incredibile!30/01/2016 16:15:14
-"Ho Cercato di far comprendere a lei che il suo supposto tecnico è, secondo gli studiosi di linguistica, non scientifico."
Ma quali "studiosi di linguistica"? Non si sa nemmeno chi sia l'autore di quell'estratto (che, tra l'altro, letto bene, non giustifica affatto l'uso transitivo di verbi intransitivi come "rimanere"). Chiunque operi una veloce ricerca in rete scoprirà che l'intera comunità degli "esperti" non si sognerebbe di giustificare una simile frase.

-"Prendo atto, con molto piacere, che la persona che insisteva nel voler dimostrare una cosa basandosi su un erronea base scientifica è giunta alla mia stessa conclusione."
C'è una differenza tra la mia posizione e la tua. Io rinuncio a discutere per manifesta e lampante incapacità di discutere evidenziata dalla controparte (=tu). Hai scritto fiumi di parole (in maggioranza sciocchezze) e non hai fornito un solo FATTO: non un testo poetico o letterario, non il nome di un sostenitore del "rimanere" transitivo. Tra le cianfrusaglie che hai raccattato nel web hai fornito una frase sibillina generica e senza autore e una lezioncina di grammatica che non entra nel merito.
Come si può andare avanti in un confronto con chi si comporta così?
Prendo atto che discutere con te è altrettanto inutile che lavare la testa al mulo (spreco di tempo, fatica e sapone) e ti lascio nella tua autoreferzialità.
Io rinuncio a discutere perché ho compreso che mai ammetterai di aver sbagliato. Tu rinunci a discutere perché NON HAI ARGOMENTI!

Se tu avessi scritto per sbaglio "ho andato" ti saresti sperticato/a per settimane nel cercare di dimostrare che sia possibile liberarsi dalle catene della grammatica tradizionale e che "esperti" non nominati sostengono che l'uso degli ausiliari non ha i necessari requisiti di scientificità. In realtà ti interessa solo dimostrare agli altri -ma soprattutto a te stesso/a- che non hai sbagliato, che non hai delle lacune linguisitiche, perché ti sei costruito/a un'immagine riflessa perfetta. Tu sei tu: non hai difetti né mancanze.
SCENDI !!!
(e studia con umilità)

Rispondi

Da: Da Cicerone30/01/2016 16:37:11
Ciò che non è onesto, non può giovare allo stato, e non dobbiamo mai preferire l'utilità alla giustizia. Il potere non ha gloria con la malvagità, le ricchezze non hanno potuto essere utile con l'infamia.

Un tempo Lucio Silla ricevette denaro dalle città dell'Asia e da un senato consulto le liberò da tutti i tributi. Dopo pochi anni il Senato, su esortazione di Lucio Filippo, impose nuovamente le tasse alle città e non restituì loro il denaro che avevano dato per la libertà. Ciò è alquanto vergognoso per il nostro potere: dunque vale più la parola dei pirati che del Senato! "Ma così le tasse sono state aumentate"; avrebbe potuto dire qualcuno- "il giudizio del Senato è stato utile". Ma il nostro potere deve porsi nella gloria dei cittadini e nella benevolenza degli alleati, non nell'odio di tutti i popoli e nell'infamia. Si comportò male anche Catone, che difendeva troppo agguerritamente l'erario e le tasse, e negava concessioni agli alleati; si comportò male anche Curione, che riteneva giusta la causa dei transpadani, ma   si opponeva ad essa, perchè la riteneva dannosa per lo stato.
Rispondi

Da: ACCADEMIA DELLA CRUSCA30/01/2016 16:46:57
http://www.accademiadellacrusca.it/

Con riferimento alla discussione in corso in questo forum in merito alla correttezza della frase "non si possono rimanere le scuole scoperte", si precisano alcuni punti fondamentali in modo da sgomberare il campo da eventuali dubbi.
Premesso che la lingua italiana, come tutte le lingue "vive" è uno strumento dinamico ed è, quindi, aperta a innovazioni, occorre dire che molte espressioni considerate errate in passato sono state successivamente accettate come corrette. Come esempio basti pensare al pronome personale indiretto GLI, il cui uso con la terza persona plurale non era ammesso fino a poco più di un decennio fa.
"gli ho detto" era interpretato solo come "ho detto a lui",
mentre "ho detto loro" era la forma corretta per il plurale. Attualmente "gli ho detto" viene considerata un'alternativa corretta e accettabile a "ho detto loro".
Ciò premesso, non è matematicamente escludibile che in un futuro più o meno prossimo qualche altro errore non possa trasformarsi in regola.
Sta di fatto che allo stato attuale la distinzione tra verbi transitivi (che accettano un complemento oggetto) e intransitivi (che non lo accettano) appare estremamente chiara e definita e non lascia gradi spazi ai dubbi.
Mentre i verbi transitivi possono quasi sempre essere usati anche in modo intransitivo ("ho mangiato la pasta" --> "Ho mangiato"), i casi di verbi intransitivi usati a volte in modo transitivo sono estremamente rari e vanno assimilati a figure retoriche.
Restringendo il campo, il verbo rimanere e il verbo restare sono da considerare indubbiamente intransitivi. Esempi:
"La porta rimase/restò chiusa per giorni"
"Gli astanti rimasero/restarono allibiti"
"Egli rimase/restò immobile, quasi pietrificato"
"Pompei rimase/restò sepolta dalle ceneri per secoli"
"Il cane lo aveva atteso ed era rimasto/restato lì fermo per ore"

Lo stesso concetto di staticità è espresso in modo transitivo (cioè riferibile ad un oggetto) dal verbo lasciare.

Va da sé che, allo stato attuale, l'uso transitivo di rimanere/restare è da considerare assolutamente errato.
Non risultano a questa accademia segnalazioni di opere poetiche o in prosa di insigni autori che abbiano adoperato tale forma. Se pure ciò accadesse, tali espressioni potrebbero essere accettate solo in qualità di licenze poetiche e certamente non sarebbero estendibili all'uso comune.

Rispondi

Da: Perdente30/01/2016 17:19:33
Sono mesi che vi leggo senza intervenire. Mi duole costatare che il vecchio e glorioso forum campano, che è stato il terreno dell'aspra e "mitica" lotta tra gli idonei e gli inidonei è ormai ridotto ad un luogo virtuale dove si discute sull'eventuale (ma davvero moooooooooolto eventuale) correttezza dell'espressione "rimanere le scuole" (mamma mia!) o dove si postano messaggi/fotocopia sempre identici a se stessi. I superstiti tra noi bocciati hanno quasi tutti abbandonato questo forum, che si limitano a visitare distrattamente ogni tanto. Molti hanno rinunciato alla lotta, consci della cocente sconfitta subita; altri si dimostrano ancora combattivi e meditano azioni da intraprendere. Su tutto regna sovrana l'attesa orma insopportabile della chiusura delle indagini, che sembra non dover arrivare mai.
Io ho subito, come molti dei colleghi non idonei, una bocciatura che ritengo ingiusta. Dopo oltre 4 anni di studio intenso, ho affrontato il concorso con solide basi e non certo con una preparazione raffazzonata. Ho superato di slancio la preselezione ed ho continuato a studiare ininterrottamente fino alla pubblicazione dei risultati delle prove scritte, convinto di aver superato anche quell'ostacolo. Con mio sommo disappunto ho scoperto che uno solo dei miei elaborati non aveva ottenuto una valutazione di 21/30 o superiore. Per assurdo, si trattava proprio dell'elaborato che ritenevo qualitativamente superiore all'altro. Decine di esperti hanno letto quell'elaborato e lo hanno considerato molto valido, ma i nostri commissari, ai quali è spettata la decisione, non hanno condiviso quel giudizio. In seguito sono arrivato a pensare che forse sia stato meglio così, piuttosto che ritrovarmi platealmente bocciato dopo il colloquio a causa della mancanza di raccomandazioni.
Ho anche saputo dell'ammissione, accanto a tanti meritevoli, di colleghi che non  sono mai stati capaci di scrivere una frase corretta, di persone che hanno copiato integralmente da testi e di "temini" sul bullismo premiati con voti alti. Sono circolate voci di ogni genere, compresa la diffusione anticipata dei quesiti della preselezione e delle tracce degli scritti (forse anche delle domande del colloquio) a pochi eletti. Non credo si possa trattare solo di voci calunniose se ad oggi la magistratura sta ancora indagando senza essere giunta ad archiviare il caso.
I giornali e internet hanno diffuso alcune notizie, ma poi è sceso il silenzio e nel frattempo la macchina concorsuale non si è fermata. Il momento in cui si giunti alla minima distanza dall'annullamento è stato quello successivo alla pubblicazione del parere della II sez. del CdS, che ha definito "illegittima" la commissione campana. Gli eventi successivi sono immersi nel mistero. Incredibilmente la II sezione ha dovuto ingoiare il rospo e allinearsi a quanto stabilito dalla VI sezione.
Ho dovuto accettare la sconfitta, la seconda per me dopo l'esclusione del concorso 2004 per mancanza di titoli sufficienti.
Ho deciso quasi subito di non presentare alcun ricorso ed ho preferito non sprecare tutto il lavoro degli anni precedenti. Mi sono rimesso a studiare e sto ancora studiando in attesa della prossima chance che il destino mi vorrà offrire.
Non posso escludere l'eventualità di una nuova sconfitta, ma resto convinto che prima o poi il merito dovrà essere riconosciuto.
Rispondi

Da: Pensa quello che meglio30/01/2016 17:28:58
ti fa comodo. Ho abbandonato la discussione per carenza di ricettività dell'interlocutore.

Quello che hai postano  c'entra nulla. Se cerchi sostegno scientifico a quello che di scientifico ha poco, fai pure, ma non ti devi permettere, credo io, di offendere la persone che scrivono secondo scienza e non ti devi permettere di offendere coloro che sapendo la validità di quello che leggono si schierano a sostegno di qualcosa che scientificamente è vera ed ineccepibile.

Se poi vuoi trasformare questo forum, al quale mi sono avvicinata per errore, e dal quale sto apprendendo molto (ci sono alcuni post molto interessanti, non i tuoi) stai sbagliando in quando la gente che legge sa distinguere. Ho letto cose estremamente apprezzabili come oggetto di studio che proporrò nel mio prossimo libro ai miei lettori. Da voci di corridoio ho saputo che ci sono altre persone che stanno raccogliendo e commentando alcuni post (ho avuto modo di leggere qualche pagina). Conosco il titolo che la collega vorrà dare al libro. Io mi metterò nell'angolo a leggere e ti prego di non provocarmi. Grazie.
Rispondi

Da: Pensa quello che meglio30/01/2016 17:32:41
SorrY. in quanto e non in quando. Nota che quando sbaglio amo correggermi.
Rispondi

Da: waooooo30/01/2016 17:41:11
che pensare!!!!Con tante situazioni blasfeme che prima o poi scoppieranno ci si dilunga su questioni grammaticali che negli imbrogli  nn hanno senso .... tanto chi ha cultura si vede..e si vede da come lavora, oltre che da come parla e scrive...certo chi nn sa scrivere nn sa scrivere ... e questo poi si vedrà nelle circolari che da dirigente scriverà...tempo al tempo ...tutto viene a galla...preoccupiamoci scientificamente degli imbrogli fatti sui quali tante prove ci sono e della situazione critica che c'è...fino a quando si potrà contenere???
Rispondi

Da: Pensa quello che meglio30/01/2016 17:41:17
Un ultimo appunto, prima di abbandonare definitivamente la discussione devo farlo al post :ACCADEMIA DELLA CRUSCA    30/01/2016 16.46.57

Ti faccio un nome (tra tanti): Alessandro Manzoni.
Rispondi

Da: Brava, scrivi il tuo libro30/01/2016 17:42:40
e cerca di non RIMANERE i tuoi lettori delusi!
Rispondi

Da: Obolobo30/01/2016 17:57:22
@ waooooo

La situazione è "critica"?
Per chi?
Per i neo ds non mi sembra. Essi sanno che nemmeno il peggior ciclone giudiziario potrà mai più scalzarli dalla loro poltrone.
Per coloro che sono ancora in attesa di essere assunti qualche preoccupazione è immaginabile, ma a settembre cii sarà una nuova grossa infornata (in regione e fuori) e non è affatto detto che le indagini terminino prima.
Se si eccettuano singoli casi di coinvolgimento dimostrabile nel malaffare. la stragrande maggioranza di coloro che hanno usufruito di un provvidenziale "aiutino" non subirà gravi conseguenze.
Io, da inidoneo, ho smesso di farmi illusioni. Non ho più alcuna voglia di rimettermi in gioco e non voglio più studiare.  Ammiro, tuttavia, quelli come Perdente, che ancora ci vogliono provare.
Hai ragione quando affermi che chi non sa scriver prima o poi è destinato a rimediare figuracce clamorose (anche come dirigente), ma ritengo vergognoso che qualcuno commetta errori grossolani e poi occupi pagine e pagine non per scusarsi ma per cercare di dimostrare di non aver sbagliato. Gente di tal genere fa poco onore alla categoria dei ds e fa pochissimo onore a quella dei docenti.
Rispondi

Da: Pulcinella Cetrulo30/01/2016 17:59:27
@ novello Manzoni

Hai detto che ci rinunci?
E allora dileguati, ché farai un grande piacere a tutto il forum!







Rispondi

Da: L''indagatore30/01/2016 18:02:25
Quello/a che "rimane le scuole",
I suoi "sostenitori",
La "tonta" (Nuova del forum)
Lo stregone soleggiato

                      = SEMPRE LA STESSA PERSONA



                   
Rispondi

Da: LA LEGGE NATURALE30/01/2016 18:40:32
Dunque, che un uomo sottragga qualcosa ad un altro e aumenti il proprio vantaggio con lo svantaggio di un altro è contro natura più della morte, della povertà, del dolore e di tutti gli altri mali che possono accadere al corpo o ai beni esterni: ciò infatti mina alle basi la convivenza umana e la società: [se infatti saremo così disposti da spogliare o violare un altro a causa del suo guadagno, di necessità si disgrega quella che è soprattutto secondo natura, cioè il legame tra gli uomini].  Come se ciascun membro (umano) avesse una tale sensibilità, da pensare di poter star bene, coll'aver tratto a sé la salute del membro più vicino, sarebbe necessariamente indebolito e perirebbe l'intero corpo, così, se ciascuno di noi si appropriasse dei profitti degli altri e sottraesse quanto gli fosse possibile a ciascuno per il proprio guadagno, la società umana e la comunità necessariamente sarebbero sovvertite. Infatti che ciascuno preferisca acquistare per sé ciò che riguarda l'uso della vita anziché per un altro, lo si è ammesso, poiché non si oppone la natura; ma la natura non sopporta che con le spoglie degli altri aumentiamo le nostre sostanze, ricchezze e potenza.

IL DIRITTO POSITIVO

E d'altra parte questo non è stato stabilito solamente dalla natura, cioè dal diritto delle genti, ma anche dalle leggi dei popoli, sulle quali si fonda lo Stato nelle singole città, perché non sia permesso nuocere ad altri per il proprio vantaggio. A questo, infatti, mirano le leggi, questo è il loro scopo, che sia salva ed integra l'unione dei cittadini, e puniscono coloro che la rompono con la morte, l'esilio, la prigione e le multe. E questo principio è molto più un prodotto della stessa razionalità naturale, che è legge divina ed umana; colui che volesse obbedirgli (in verità dovranno obbedire tutti gli uomini che vivono secondo natura) non si renderà mai colpevole di desiderare la proprietà altrui  e di prendere per sé ciò che abbia sottratto ad altri.

LE VIRTU' SOCIALI

Infatti sono molto di più secondo natura l'elevatezza d'animo e la grandezza, ed ugualmente l'affabilità, la giustizia, la generosità, che non il piacere, la vita e le ricchezze: è proprio di un animo grande ed elevato disprezzare questi beni e ritenerli cose di nessun valore a confronto dell'utile comune. [Sottrarre, invece, ad un altro a causa del proprio vantaggio è più contro natura della stessa morte, del dolore e delle altre calamità simili.]
Rispondi

Da: Lo capite o no30/01/2016 18:47:15
che non si possono rimanere le suole aperte ? Basta con le polemiche. Basta.
Rispondi

Da: Lo capite o no30/01/2016 18:48:35
che non si possono rimanere le suole SCOPERTE ? Basta con le polemiche. Basta.
Rispondi

Da: Lo capiamo, lo capiamo30/01/2016 19:14:09
che non si possono RIMANERE questioni sospese sull'ignoranza dei docenti.
Rispondi

Da: Con le suole aperte/scoperte30/01/2016 19:20:16
quandopiove ti bagni i piedi.
Ti conviene RIMANERE le tue scarpe sfondate dal calzolaio e fartele riparare.
Rispondi

Da: Neo ds30/01/2016 19:39:46
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
Rispondi

Da: è mai possibile che30/01/2016 19:42:59
ognuno riesce a postare solo un messaggio, sempre lo stesso?
Rispondi

Da: L''ingordigia30/01/2016 20:40:12

Testo Originale Latino

Amittit merito proprium qui alienum adpetit. Canis, per fluvium carnem cum ferret, natans lympharum in speculo vidit simulacrum suum, aliamque praedam ab altero ferri putans eripere voluit; verum decepta aviditas et quem tenebat ore dimisit cibum, nec quem petebat adeo potuit tangere.

Traduzione Italiana

Perde meritatamente il proprio chi aspira all'altrui (bene). Un cane, mentre portava la carne sul fiume, nuotando vide nello specchio delle acque la sua immagine, e pensando che una diversa preda fosse portata da un altro volle strapparla; ma l'avidità ingannata perse anche il cibo che teneva con la bocca, né poté così toccare quello che bramava.
Rispondi

Da: Saremo riconosciuti in tutt''Italia30/01/2016 21:40:22
e identificati come "quelli che scrivono RIMANERE LE SCUOLE".

Che vergogna!
Non bastava una ingiusta bocciatura!
Rispondi

Da: Perdente30/01/2016 21:46:56
Già siamo tristemente famosi presso i ostri colleghi delle altre regioni. Tutti sanno, più o meno, come sono andate le cose qui e sono molto sospettosi nei confronti dei neo-ds provenienti dalla nostra regione.
Alcuni pensano, e non hanno tutti i torti, che le loro commissioni sono state estremamente severe ammettendo ai colloqui pochi concorrenti (a volte meno dei posti disponibili), mentre in Campania circa metà dei concorrenti hanno superato gli scritti e alla fine gli idonei risultano essere in numero tra volte superiore ai posti disponibili. Conclusione? Si ritrovano dei dirigenti campani a casa loro!
Alcuni dei neo-dirigenti sono riusciti (non senza difficoltà) a conquistare la stima del personale e delle famiglie; altri, incvece, si sono qualificati in modo negativo, anche a causa del loro linguaggio inadeguato.
Questa diatriba su una frase palesemente errata ce le potevamo risparmiare.

Vi saluto e torno a studiare.
Rispondi

Da: x Perdente31/01/2016 00:47:26
concordo in pieno con il tuo post ma credo che chi scrive in questo forum siano i"rimasti" fuori quelli cioè che sperano nell'impossibile  annullamento...non vale la pena parlarci....buono studio.
Rispondi

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