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14 dicembre 2016: Parere PENALE
520 messaggi, letto 64742 volte

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Da: 1 traccia soluzione14/12/2016 13:47:36
Tizio non è sorretto da dolo (non c'è condotta ingannatrice) che è l'elemento soggettivo che richiede il 479.
Al più è in colpa: colposa omissione di indagine sul contenuto delle norme richiamate. Ma l'elemento soggettivo di cui al 479 è il dolo, sicchè Tizio non è punibile per essere incorso in errore dovuto a colpa. Andrà pertanto assolto perché il fatto non costituisce reato.

Rispondi

Da: paona14/12/2016 13:47:48
x orgoglio.
Scusa forse non mi sono spiegato bene io:
allora è sicuramente art. 353cp e non 353 bis in quanto sebbene la condotta si è realizzata prima della gara, la gara stessa è stata comunque aggiudicata.
Rispondi

Da: prima traccia sentenza risolutrice14/12/2016 13:49:40
La problematica del concorso fra il reato di falsa attestazione del privato di cui all'art. 483 c.p. e il reato di falsità in atto pubblico del pubblico ufficiale per induzione di cui agli artt. 48 e 479 c.p., come anticipato, è già stata affrontata dalle Sezioni Unite del 2007 che, recependo un precedente orientamento già espresso con la sentenza SU 24.2.1995 n. 1827 Proietti, hanno affermato che tutte le volte in cui il pubblico ufficiale emani un provvedimento, dando atto in premessa, anche implicitamente, della esistenza delle condizioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o attestazioni non veri provenienti dal privato, si è in presenza di un falso del pubblico ufficiale del quale risponde, ai sensi dell'art. 48 c.p., colui che ha posto in essere l'atto o l'attestazione non vera sulla base del quale l'atto pubblico è stato formato.
La Corte, pur dando atto di un opposto orientamento (secondo il quale non sussiste il falso per induzione del pubblico ufficiale tutte le volte che questi si limiti a recepire supinamente la falsa dichiarazione del privato costituente il presupposto per l'emanazione dell'atto pubblico, senza effettuare alcun accertamento, occorrendo, ai fini della configurabilità di tale condotta, concorrente con il reato di falso ideologico del privato ex art. 483 c.p., un' ulteriore attività di attestazione di corrispondenza al vero del p.u. ricevente la dichiarazione, che non si limiti a recepirla ma svolga un'indagine della sua veridicità) ritiene, tuttavia, che non possa essere condiviso in quanto l'attività del pubblico ufficiale ricevente non può riduttivamente circoscriversi alla mera ricezione della dichiarazione fatta dal privato.
Come affermato dalle Sezioni Unite con la succitata sentenza, il pubblico ufficiale, allorquando nell'atto da lui formato fa riferimento ad atti o a "dichiarazioni sostitutive" (non veri) provenienti dal privato e riguardanti i presupposti richiesti per la legittima emanazione dello stesso atto pubblico - non si limita ad "attestare l'attestazione del mentitore" nè a "supporre che quella attestazione sia veridica", ma compie, sia pure implicitamente, una sua attestazione (sia pure oggettivamente falsa) circa la sussistenza effettiva di quei presupposti indefettibili: attestazione di rispondenza a verità che si connette alla funzione fidefaciente.

In conclusione, stante il rapporto di causa-effetto tra il fatto attestato dal privato - quale presupposto dell'emanazione dell'atto del pubblico ufficiale -  ed il contenuto dispositivo di quest'ultimo e stante, altresì, la stretta connessione logica tra l'uno e l'altro, la falsità del primo si riverbera sul secondo e diventa essa stessa falsità di questo, sicchè la recepita falsa attestazione del decipiens acquista la ulteriore veste di falsa attestazione del pubblico ufficiale deceptus sui fatti falsamente dichiarati dal primo e dei quali l'atto pubblico è destinato a provare la verità.
Ad avviso del collegio, dunque, deve ritenersi che si sia in presenza di due distinte condotte riconducibili entrambe al decipiens:

una prima condotta consistente nella redazione della falsa attestazione da parte del privato;
una seconda condotta consistente nell'induzione in errore del pubblico ufficiale mediante la produzione della stessa ai fini dell'integrazione di un presupposto dell'atto pubblico emanando,
con conseguente configurabilità del concorso materiale tra i due reati, legati anche da connessione teleologica.
Rispondi

Da: prima traccia sentenza risolutrice14/12/2016 13:53:44
credo sia evidente come la tesi difensiva, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, sia  per la richiesta di assoluzione di Tizio in quanto il fatto non costituisce reato.
Rispondi

Da: mmm14/12/2016 13:54:18
questa sentenza non si trova...o non esiste
Rispondi

Da: continua14/12/2016 13:54:26
vi prego anche una prima parte
parere
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Da: aoxomoxoa 14/12/2016 13:54:35
TRACCIA 1

Col parere proposto, si chiede che il candidato assuma le vesti quale difensore di Tizio rinviato a giudizio per i reati di cui agli artt. 48 e 479 c.p.

Appare doveroso e necessario un excursus sul capo di imputazione che conduce Tizio a processo.

L'art. 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) viene annoverato tra i reati contro la fede pubblica documentale (falsità in atti), quei reati che violano cioè la fiducia e la sicurezza che la legge attribuisce a determinati documenti.

Ai fini della tutela penalistica, documento è ogni scrittura sopra un mezzo idoneo, dovuta ad un autore determinato, atto a suffragare una pretesa giuridica o a provare un fatto giuridicamente rilevante.
Requisiti del documento sono:
a - forma scritta;
b - contenuto di pensiero, quindi dichiarazione di volontà o esposizione di un fatto;
c - riconoscibilità dell'autore o della sua provenienza.

I documenti, a fini della tutela penale, sono distinti in due grandi categorie: atti pubblici e scritture private.

Il concetto di atto pubblico, agli effetti penalistici, come noto, è più ampio rispetto a quello del codice civile (2699 e 2700 cc), dovendo rientrare in esso non solo quei documenti redatti, con le debite formalità, da un Notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede, ma anche i documenti formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato incaricato di pubblico servizio e compilati, con le debite formalità, per uno scopo di diritto pubblico, inerente all'esercizio della propria funzione e del pubblico servizio, al fine di comprovare un fatto giuridico o di attestare fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza ed aventi rilevanza giuridica (Cass. 10414/1990).

In definitiva, il requisito della pubblicità dell'atto si riferisce all'organo che lo ha formato, e non alle sue relazioni con il pubblico.

L'art. 479 c.p. che ci occupa, ha natura di reato proprio, di pericolo, a forma vincolata per tipi ed è istantaneo. Si richiede il dolo generico, ed è configurabile il tentativo.

Come tale, può essere commesso soltanto da colui che rivesta una determinata qualifica o abbia uno status precisato dalla norma, o possieda un requisito necessario per la commissione dell'illecito.
Per la realizzazione del reato in esame è poi sufficiente un dolo generico, che corrisponda cioè alla nozione tipica del dolo e consiste nel realizzare tutti gli elementi del fatto tipico; sua caratteristica è la corrispondenza tra ideazione e realizzazione.

Nel caso in esame, Tizio non ricopre in nessun modo la carica né la funzione di pubblico ufficiale, pertanto il reato per il quale si procede non si configura.

Astrattamente configurabile è l'ipotesi dell'integrazione degli estremi del 483 c.p.

Appare tuttavia del tutto necessaria una serie considerazioni intorno al reato in parola, reato che prevede la responsabilità penale del privato per falso in atto pubblico, anche in forza della eventualità della derubricazione del capo di imputazione in corso di processo.

Il 483 c.p. trattasi di reato comune, di pericolo, a forma libera, istantaneo. Anche in questo caso si richiede un dolo generico.

Ai fini della considerazione intorno ad uno degli elementi oggettivi del reato per il caso che ci occupa, non può tacersi l'analisi dell'art. 76 del DPR 445 /2000 (in materia di autocertificazioni) prevede che "Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell'articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale".

Pertanto, vi sono pochi dubbi sulla circostanza che Tizio abbia reso una dichiarazione presso un pubblico ufficiale.

Tuttavia, altre considerazioni si impongono.

Il falso ideologico consiste nell'attestare il falso sapendo di farlo.
La dichiarazione rilasciata da Tizio è avvenuta per riempimento di un modulo prestampato preparato dalla Camera di Commercio, la cui presupposta genericità e/o lacunosità ci obbliga ad una serie di riflessioni proprio in ordine all'elemento volitivo.

Il richiamo del modulo ad 'articoli di legge speciali, senza riportarne il testo né fornire alcuna spiegazione al riguardo' è il nodo gordiano della questione.

Se il richiamo letterale di 'leggi speciali' nel modulo ha inequivocabilmente previsto il DPR 309/90, o abbia richiesto l'assenza generica di condanne penali pregresse, la mancata comprensione di Tizio non lo terrà indenne da una responsabilità ex art. 483 c.p., poiché la consapevolezza di dichiarare il falso non avrebbe valide scusanti.

Se viceversa, l'enunciazione letterale del modulo non abbia richiesto in modo determinabile il possesso dei requisiti morali e professionali specifici, Tizio andrebbe indenne dalla responsabilità di cui all'art. 483 c.p. in forza del fatto che verrebbe meno la sussistenza de l'essenziale elemento soggettivo del reato, il dolo generico.

Il necessario elemento del dolo generico, implica una consapevolezza da parte dell'agente, che non può validamente essere indagata in questa sede.

Con riferimento al'art. 48 c.p. quale causa di esclusione della punibilità, errore determinato dall'altrui inganno, deve considerarsi tale, qualunque artificio o altro comportamento idoneo a ledere la buona fede altrui.

Orbene, nell'art. 47c.p. è stabilito il principio per cui l'errore sul fatto costituente reato esclude la colpevolezza.

Tale disciplina si applica al soggetto caduto in errore anche quando la falsa rappresentazione venga determinata dall'altrui inganno.

L'agente vittima dell'inganno, in quanto caduto in errore, andrà esente da pena, salvo che - in termini generali - il suo errore non sia incolpevole, cioè inescusabile; in tal caso, infatti, ferma la non configurabilità del dolo, risponderà del reato a titolo di colpa, sempre che il fatto sia punibile a tale titolo.

Nel caso di specie, come ribadito, il 483 c.p. necessita del dolo. Pertanto, quand'anche la condotta di Tizio fosse ritenuta colpevole per colposa omissione di indagine sulle norme richiamate dal modulo, in ogni caso, egli non risponderà di tali reati per connessione col 48 c.p. poiché difetta, ed in quanto difetta, l'elemento volitivo.

A conforto delle tesi suesposte: Cass. 12710/2015 ecc. ecc.

Inoltre, con l'entrata in vigore della Legge 28 aprile 2014, n. 67, sulla non punibilità del reato per "tenuità del fatto", per i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni, e nel caso di specie il 483 prevede una pena con reclusione massima a 2 anni, o puniti con pena pecuniaria sola o congiunta alla pena detentiva il giudice potrà disporre l'archiviazione del procedimento a condizione che, nel caso concreto venga accertata:
- un'offesa di particolare tenuità, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo. Ciò non ricorre nei casi di: motivi abbietti o futili; crudeltà, anche in danno di animali; sevizie; minorata difesa della vittima, anche in base all'età; morte o lesioni gravissime;
- un comportamento non abituale. L'abitualità è esclusa in caso di delinquenza abituale, professionale o per tendenza; reati della stessa indole; reati aventi ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, (applicabile al caso di specie).

In definitiva, Tizio non potrà mai essere processato per il 479 c.p., viceversa, potrebbe esserlo ai sensi del 483 c.p. qualora emergessero elementi che, allo stato attuale non è possibile considerare.
Rispondi

Da: aoxomoxoa 14/12/2016 13:55:21
CONSIDERARE ANCHE QUESTO POST

14/12/2016 13.49.40
Rispondi

Da: noc noc14/12/2016 13:55:38
Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
Art. 13 Accesso agli atti e divieti di divulgazione
1. Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni.
2. Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso è differito:
a) nelle procedure aperte, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
b) nelle procedure ristrette e negoziate, e in ogni ipotesi di gara informale, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno segnalato il loro interesse, e in relazione all'elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l'accesso all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno segnalato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare;
c) in relazione alle offerte, fino all'approvazione dell'aggiudicazione;
c-bis) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell'offerta, fino all'aggiudicazione definitiva.
(lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lettera e), d.lgs. n. 152 del 2008)
3. Gli atti di cui al comma 2, fino ai termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti.
4. L'inosservanza del comma 2 e del comma 3 comporta per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi l'applicazione dell'articolo 326 del codice penale.
Rispondi

Da: noc noc14/12/2016 13:56:34
4. L'inosservanza del comma 2 e del comma 3 comporta per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi l'applicazione dell'articolo 326 del codice penale.
Rispondi

Da: tale85 14/12/2016 13:58:10
soluzione prima traccia?
Rispondi

Da: prima traccia sentenza risolutrice14/12/2016 13:58:27
@aoxomoxoa. Mi allineo a pieno con il tuo svolgimento, se mai vi fosse stato un rinvio a giudizio, la fattispecie configurabile è quella p. e p. dal 483 c.p. e non dal 479 c.p.

un ulteriore consiglio...evitate di ricopiarlo pedissequamente....
Rispondi

Da: Vittoria123414/12/2016 13:58:57
Qualcuno sa dirmi a che ora hanno finito di dettare a Roma?
Rispondi

Da: aoxomoxoa 14/12/2016 14:01:38
Noc io difendo Tizio, che me frega del pubblico ufficiale !
Rispondi

Da: auito da casa14/12/2016 14:01:45
a che ora consegna napoli???
Rispondi

Da: clacopp14/12/2016 14:01:57
per xxx:
attendo la tua soluzione della traccia 1. Sei in gamba!
Rispondi

Da: noc noc14/12/2016 14:02:52
Cass. n. 51691/2014
Integra gli estremi del reato di rivelazione di segreto di ufficio la comunicazione, da parte di un membro della commissione esaminatrice di un pubblico concorso, di elementi diretti a far conoscere anticipatamente, a uno o più concorrenti, con l'esclusione di tutti gli altri, l'oggetto della prova d'esame (nella specie la traccia di un tema) specificamente ritenuto fra i più probabili dalla commissione stessa, trattandosi di notizia "di ufficio" destinata a rimanere segreta.
Rispondi

Da: URGE1 14/12/2016 14:04:11
Un commento solo della 12710 del 2015
Breve
Rispondi

Da: orgoglio napoletano14/12/2016 14:09:50
ragazzi a me piaceva la seconda traccia ma per chi ha fatto un solido tema di civile (che è quello trainante) consiglio di dirigersi verso la prima traccia perchè più lineare.

la seconda è da veri studiosi della materia ed in più, a mio avviso contiene un piccolo trabbocchetto (come se non fosse già complesso) che, come già detto consiste nella già avvenuta realizzazione della fattispecie di cui all'art 353bis rispetto al fatto che poi la gara si è effettivamente svolta
Rispondi

Da: nonsoniente14/12/2016 14:12:50
stai dando delle informazioni errate, in primis Tizio di risponde ai sensi del combinato disposto ex artt. 48 e 479 c.p., seconda cosa è già stato rinviato a giudizio quindi non puoi dire che il giudizio non si farà. terzo guarda che ci sono le Sezioni Unite..dagli un'occhiata
Rispondi

Da: 2Sicilykingdom 14/12/2016 14:12:53
Orari di consegna???
Rispondi

Da: frankrich14/12/2016 14:14:39
Non riesco a trovare la sentenza n. 12710/2015. Su quale sito risulta?
Rispondi

Da: Berne 14/12/2016 14:15:30
La seconda è da veri penalità, tra l'altro a voler fare i sottili si potrebbe discutere dei rapporti fra 326, comma 3 e 353, comma 2 potendo configurarli sia in termini di concorso materiale di reati (eventualmente avvinti dalla continuazione) aggravati ex 61 n 2 sia come espressione di una contenenza eventuale cronologicamente differita che comporterebbe l'irrilevanza penale dell'art. 326 poiché, in applicazione del principio di sussidiarietà, dovrebbe considerarsi antefatto non punibile dell'art. 353 c.p. Ma considerando che la Cassazione ignora la contenenza eventuale, forse, stiamo volando un po' troppo alto
Rispondi

Da: aiutourgente14/12/2016 14:16:12
Qual è lo svolgimento per la prima traccia più affidabile???
Rispondi

Da: analisi semplice14/12/2016 14:17:00
la prima traccia è agevole, andrà per la maggiore. Circostanza, questa, che non è per forza controproducente.

la seconda ha diverse complessità e richiede una certa padronanza giuridica che, viste le condizioni in cui si svolge l'esame, non permette di improvvisarsi. Se vi cimentate in maniera adeguata farete la differenza con la massa, a vostro rischio e pericolo.

Io opterei per andare sul sicuro e non indisporre la commissione in sede di correzione.
Se avete fatto un discreto compito di civile, vi assicurate già due sufficienze in vista di domani.
Se in civile non siete soddisfatti non aggravate la situazione.
Rispondi

Da: clacopp14/12/2016 14:18:31
xxx:
ti aspettiamo
Rispondi

Da: Lasoluzione 14/12/2016 14:19:13
Signori state dicendo una marea di baggianate!!! Nella sentenza integrale Tizio viene assolto per 483 NON PER IL 479 e 48!!! Viene assolto per il 483 per mancanza di dolo!!! MA LA CASS È CHIARA NEL RIBADIRE LA SUA RESPONSABILITÀ PER L'INDUZIONE IN ERRORE DI PU!!! È UN PARERE NON UN ATTO NON BISOGNA PER FORZA CHIEDERE L'ASSOLUZIONE MA PROSPETTATE A TIZIO A COSA VA INCONTRO!!! LA SENT 8996/94 e la 38453/2001 SONO A FAVORE DI TIZIO PERCHÉ SOSTENGONO CHE IL PUBB UFF DEBBA EFFETTUARE DEGLI ACCERTAMENTI SULLE DICHIARAZIONI DEI PRIVATI!
Rispondi

Da: analisi semplice14/12/2016 14:19:30
Detto ciò sono le 14.20, quindi ognuno avrà già preso la sua decisione.

Mi raccomando, per chi accede illegalmente a questo forum di dibattito, non copiate gli eventuali svolgimenti, vengono tutte salvate e confrontate in sede di correzione. Fate le cose con "cervello".
Rispondi

Da: vi prego14/12/2016 14:23:49
potreste inviarmi la I traccia svolta solo da copiare. grazie
Rispondi

Da: Un montolivo14/12/2016 14:25:28
Sul tema riguardante il reato di falso non ci vuole molta giurisprudenza (se nn a contorno) basta che dopo che si è fatta un'analisi del resto si dica che manca l'elemento soggettivo del dolo ribadendo la regola per cui un reato deve essere sempre in qualche modo riconducibile al suo autore v. C.cost. 364 e 1085 del 1988
Rispondi

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