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Concorso 175 dirigenti agenzia entrate 2010
48491 messaggi, letto 2119759 volte

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Da: X su04/03/2022 09:08:41
Comunque un filo di tacco ed un filo di trucco stanno veramente bene a tutti, proprio a tutti.
Rispondi

Da: inpsiano 1  - 04/03/2022 09:40:30
entro fine 2022 avremo inflazione >20% con stipendi fermi ad inizi anni 2000.

Intanto Mattarella si abbassa lo stipendio a 175k, mentre i magnager si levano il limite dei 240.000 euro annuali.

Direi che è ora di farli dimettere, sono nostri nemici, altro che dirigenti.
Rispondi

Da: X inpsiano 1  - 04/03/2022 10:12:41
Ma non ti avevano assunto in Europa...?
Ancora qui a declamare sciocchezze?
Rispondi

Da: X Mariano04/03/2022 10:13:52
Appare evidente che al capolinea sei tu...
Rispondi

Da: inpsiano 1  - 04/03/2022 10:17:35
in Europa? Ci sto pensando, grazie per lo spunto.

Ad ogni modo a breve i soldi non varranno più nulla... in ufficio imbruttite i vostri dirigenti.
Rispondi

Da: X secondo04/03/2022 10:18:32
Tu devi essere sia troll che diseredato
Rispondi

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Da: X inpsiano 1  - 04/03/2022 10:26:33
Dobbiamo al contrario ringraziare la nostra classe dirigente, a partire dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio.
E poi via via a scendere.
Ha dimostrato e sta dimostrando grande equilibrio e compattezza in un momento storico di eccezionale gravità.
La nostra democrazia, salda, europeista ed atlantista, è preziosa.
Altro che inveire, dobbiamo sostenere chi ci governa.
Sta dimostrando senso della storia, schierandoci, al pari del resto d'Europa, dalla parte giusta del mondo.
Rispondi

Da: inpsiano 1  - 04/03/2022 10:30:50
Si ficcassero il green pass su per il culo, altro che ringraziare.

Vai a cagare.
Rispondi

Da: X sopra 1  - 04/03/2022 11:25:07
Brucia!
Rispondi

Da: X inpsiano 1  - 04/03/2022 11:36:35
Ah, beh, ecco chi mi ricordavi...
Un certo Italiots, se non erro.
Vi accomuna senza dubbio l'innata classe ed il forbito eloquio.
Probabilmente frutto di qualche master ad Oxford...
Rispondi

Da: inpsiano 1  - 04/03/2022 11:39:29
su per il culo senza vasellina!
Rispondi

Da: X inpsiano 1  - 04/03/2022 11:47:41
Ma si, abbiamo capito, sei un onorario dell'Accademia della Crusca...
E poi, ancora con 'sto Green Pass?
Basta, dai, adesso lo tolgono.
Ha svolto il suo mestiere, siamo tutti vaccinati ormai.
E i pochi che non lo sono non possono più nuocere.
A Pasqua tolgono l'obbligo.
Basta con la lagna, su...
Rispondi

Da: inpsiano 1  - 04/03/2022 11:58:16
non dimenticheremo mai l'orrore del greenpass, i dirigenti la pagheranno cara.
Rispondi

Da: The public manager04/03/2022 12:06:48
Avere una classe manageriale in grado di traghettare il Paese fuori dall'attuale tempesta non ha prezzo.
Rispondi

Da: inpsiano 1  - 04/03/2022 12:09:14
twattero abbiamo la classe dirigente più schifo inetta e incopetente d'europa.

State zitti imbelli.
Rispondi

Da: inpsiano 1  1  - 04/03/2022 12:16:20
ma soprattutto fatta di vecchiacci. Spazio ai giovani, gli anziani vadano al parco a cibare i piccioni insieme a Brunetta (se non l'arrestano prima).
Rispondi

Da: X inpsiano 1  - 04/03/2022 12:57:11
Persisti imperterrito nel proferire cialtronerie.
Cosa vuoi che importi l'età anagrafica?
Contano la competenza, la capacità, l'equilibrio, i risultati conseguiti.
Non ti basta un (giovane) barista al ministero degli esteri?
Riesci a renderti conto, almeno un po', delle fesserie che scrivi?
Rispondi

Da: inpsiano 1  1  - 04/03/2022 13:00:42
ma sei deficiente?

I risultati di questi vecchiacci sono sotto gli occhi di tutti!
Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 13:08:56
Sezione: SEZIONE GIURISDIZIONALE TOSCANA
Esito: SENTENZA
Numero: 39
Anno: 2022
Materia: CONTABILITÀ
Data pubblicazione: 03/03/2022
Codice ecli: ECLI:IT:CONT:2022:39SGTOS
REPUBBLICA ITALIANA
Sentenza
n. 39/2022
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA TOSCANA
composta dai magistrati:
ANTONIO GALEOTA - Presidente
ANDREA LUBERTI - Consigliere (relatore)
GIUSEPPE DI PIETRO - Consigliere
ha pronunciato la seguente
*****
SENTENZA
Nel giudizio di responsabilità, iscritto al numero 61685 del registro di segreteria,
promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti di:
Sarina Liga, nata a Sant'Agata di Militello in data 22 aprile 1955, residente in Spotorno
(SV), alla via Serra, 49/e, interno 1. Rappresentata e difesa da,gli avvocati Waldemaro
Flick e Francesco Paolini. Elettivamente domiciliata in forza di procura speciale, presso
lo studio di quest'ultimo sito in Firenze, alla via Francesco Puccinotti, 30;
Claudio Martini, nato a Firenze in data 16 novembre 1952, residente in Pontassieve (FI),
alla via di Tigliano. Rappresentato e difeso dall'avvocata Graziella Ferraroni, con studio in
Firenze, alla via del Poggio Imperiale, 14 (posta elettronica certificata:
graziella.ferraroni@firenze.pecavvocati.it). Ivi elettivamente domiciliato in forza di
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procura speciale;
Matteo Renzi, nato a Firenze in data 11 gennaio 1975, ivi residente alla via Pietro Tacca,
2. Rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Bianchi, con studio in Firenze, alla via
Palestro, 3 (posta elettronica certificata: albertobianchi@pec.ordineavvocatifirenze.it). Ivi
elettivamente domiciliato in forza di procura speciale.
Visto il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (codice di giustizia contabile);
Esaminati gli atti e i documenti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza in data 4 novembre 2021, il relatore, il pubblico ministero, in
persona del Viceprocuratore generale Chiara Imposimato nonché, per i convenuti, gli
avvocati Francesco Paolini e Graziella Ferraroni.
RITENUTO IN FATTO
Con atti di citazione regolarmente depositati e notificati la Procura regionale della Corte
dei conti ha convenuto in giudizio i soggetti indicati in epigrafe al fine di vederli
condannare al pagamento, in favore del Comune di Firenze, della somma complessiva di
euro 697.381, 80, oltre agli accessori di legge, a titolo di risarcimento del danno erariale.
Il petitum erariale è ripartito tra i diversi convenuti nelle misure di seguito specificate, in
relazione alle funzioni pro tempore svolte all'interno dell'ente locale interessato e dal
ruolo assunto dalla vicenda, essenzialmente attinente al conferimento di incarichi
(ritenuti illegittimi) a seguito di designazione operata con ordinanza sindacale, poi
recepita in atti paritetici:
1) Matteo Renzi, in qualità di sindaco del Comune di Firenze, e autore dell'atto, per il dieci
per cento;
2) Claudio Martini, in qualità di direttore dell'Ufficio del sindaco, e proponente l'ordinanza,
per il quarantacinque per cento;
3) Sarina Liga, in qualità di direttrice della Direzione Organizzazione, in quanto titolare di
posizione organizzativa, e sottoscrittrice dei contratti individuali previa propria
apposizione del visto di regolarità amministrativo-contabile, per un ulteriore
quarantacinque per cento.
Come accennato, la complessa vicenda posta a fondamento della richiesta risarcitoria si
riferisce al conferimento di incarichi (equiparabili dal punto di vista retributivo a rapporti
dirigenziali) ritenuti dalla Procura erariale illegittimi, quanto al conferimento, nel
combinato disposto degli elementi soggettivi con quelli oggettivi. In sintesi, infatti, i
contratti stipulati in via consequenziale, secondo quanto ritenuto dalla Procura erariale,
avrebbero portato all'attribuzione, in favore dei destinatari, di emolumenti illegittimi, in
quanto determinati in violazione della normativa primaria e secondaria di settore.
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In base a quanto esposto nell'atto di citazione, le conseguenze patrimoniali di detto
conferimento, e dei successivi provvedimenti attuativi, erano state portate all'attenzione
della Procura erariale grazie a esposto anonimo, successivamente sfociato in un'attività
di indagine anche delegata alla Guardia di finanza.
L'iter procedimentale contestato è stato originato dall'ordinanza del Sindaco del Comune
di Firenze, in data 29 giugno 2009, n. 516, di designazione dei nominativi degli interessati
e di determinazione dell'inquadramento, emanata su proposta ascritta, in base
all'intestazione dell'atto e al protocollo informatico, al convenuto Claudio Martini.
Con l'ordinanza sopra menzionata era stata, in particolare, disposta l'attivazione di taluni
incarichi conferiti ai sensi dell'articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
espressamente qualificati come dirigenziali.
Tali incarichi erano stati attribuiti, tra gli altri, con riguardo alle persone di: Marco
Agnoletti (responsabile dell'Ufficio per la comunicazione esterna); Bruno Cavini
(portavoce del Sindaco); Giovanni Palumbo (nuovo direttore dell'Ufficio del Sindaco, in
sostituzione del precedente, Claudio Martini).
Nell'ordinanza era stato espressamente disposto che il conferimento dovesse avvenire
"mediante l'attivazione di apposito contratto dirigenziale a tempo determinato", in
relazione a tutte e tre le figure.
Oltre che nella normativa primaria, il conferimento era fondato sugli articoli 7, 11-ter, 11-
quinquies e 11-sexies del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, vigente
all'epoca all'interno del comune, di concreta attuazione della disciplina in materia di
incarichi di staff (normativa puntualmente richiamata all'interno dell'ordinanza). Tale
disciplina contiene l'inquadramento retributivo degli incarichi di supporto alla direzione
politica. Va anticipato che il regolamento non disciplina espressamente gli aspetti
retributivi delle figure corrispondenti agli incarichi conferiti (direttore dell'Ufficio del
sindaco, responsabile dell'Ufficio per la comunicazione esterna, portavoce del sindaco).
Tuttavia, l'inquadramento (illegittimamente, secondo la Procura) era stato desunto
dall'articolo 11 (che disciplina l'attribuzione di varie funzioni di staff a dirigenti), nonché
dall'articolo 11-ter, comma 1, che prevede l'attribuzione del trattamento economico
corrispondente alla qualifica dirigenziale al responsabile della segreteria del sindaco.
Tale ultima nomina (come illustrato anche nelle difese) era stata disposta infatti, nella
persona di Luca Lotti, in fase contestuale agli incarichi descritti, anche se nessuna
censura è stata mossa in relazione a detto incarico.
A seguito della riferita designazione, l'assunzione a tempo determinato (per relationem
alla durata del mandato elettorale del sindaco) era avvenuta in forza di successivi
contratti individuali stipulati dalla convenuta Sarina Liga con effetto dai giorni: 1 luglio
2009 (Giovanni Palumbo); 3 luglio 2009 (Marco Agnoletti); 7 luglio 2009 (Bruno Cavini);
nonché di successive determinazioni in data 13 luglio 2009, registrate il giorno
successivo con apposito "visto". Per l'articolazione della retribuzione, comprensiva del
trattamento accessorio, tali provvedimenti avevano rinviato a successivi atti della Giunta
comunale, definendo comunque un inquadramento pari al livello dirigenziale.
Pagina 3 di 41
Con successiva deliberazione in data 14 luglio 2009, in effetti, la Giunta comunale di
Firenze aveva deliberato, infine, di attribuire il trattamento economico accessorio della
contrattazione collettiva nazionale di lavoro per il personale, sempre di livello
dirigenziale, del comparto Regioni-Autonomie locali e dal contratto integrativo vigente
nel Comune di Firenze. Il trattamento accessorio conferito è stato determinato in misura
pari, rispettivamente, a quello vigente per le qualifiche "H" (per Marco Agnoletti e
Giovanni Palumbo) e "G" (per Bruno Cavini).
A seguito dell'esposto e dell'indagine, la Procura erariale ha contestato il danno erariale
prodotto. In particolare, le censure della Procura erariale sono state azionate in relazione
ai soli rapporti contrattuali intercorrenti con Marco Agnoletti e Bruno Cavini, delibando
anche quello con Giovanni Palumbo.
Per essi, la Procura erariale ha contestato il difetto dei presupposti richiesti per il
conferimento di funzioni dirigenziali, e della retribuzione consequenzialmente erogata,
che sarebbe pertanto illegittima.
Il conferimento dell'incarico a Giovanni Palumbo, invece, non è stato ritenuto irregolare
dalla Procura erariale perché conforme alla disciplina di settore. Esso è tuttavia
menzionato in quanto, proprio per le funzioni in concreto attribuite, risulta rilevante ai fini
della narrazione della presente vicenda.
Il costo complessivo dei due rapporti contrattuali contestati dal 2009 al 2013 risulta pari
a euro 345.275,44 (in relazione a Marco Agnoletti) e a euro 352.106,36 (in relazione a
Bruno Cavini), per un totale pari appunto al petitum erariale, di euro 697.381, 80. Quanto
alle contestazioni operate da parte della procura erariale in relazione ai contratti, di fatto
relativi a posizioni dirigenziali, le stesse possono essere come di seguito sintetizzate.
In primis, è stato rilevato il mancato possesso dei titoli di studio prescritti per
l'attivazione dei relativi incarichi, considerando che il primo era titolare del diploma di
scuola media superiore e il secondo aveva addirittura conseguito solo il diploma di
scuola media inferiore (e tale condizione si è protratta per l'intera durata dell'incarico).
Infatti, la Procura ha rilevato che in base alla normativa applicabile all'epoca dei fatti, non
sarebbe stato consentito attribuire qualifiche dirigenziali a soggetti privi del titolo di
studio della laurea.
In particolare, secondo quanto argomentato dalla Procura erariale:
- il citato articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000 prevede la possibilità di
reclutare collaboratori, quali titolari di uffici di supporto agli organi di direzione politica;
- la stessa norma consente quindi di disporre assunzioni con soggetti esterni a tempo
determinato, con attribuzione del trattamento economico e normativo previsto per i
dipendenti degli enti locali:
- tale norma non derogherebbe tuttavia agli articoli 19, comma 6, e 28, che prevedono il
requisito della laurea (almeno triennale) per il conferimento degli incarichi dirigenziali.
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Di conseguenza, in primis, gli interessati avrebbero, secondo una prima impostazione, in
ogni caso percepito una retribuzione non proporzionata al titolo di studio posseduto; in
secundis, anche a voler far assumere rilievo alle deduzioni difensive volte a demolire la
ricostruzione normativa della parte pubblica, è stato in radice contestato che (come
sopra accennato) il regolamento di organizzazione vigente all'interno del Comune di
Firenze consentisse, per gli incarichi in questione, l'equiparazione economica ai dirigenti.
In sintesi, il procedimento di attribuzione seguito, in violazione sia dei principi desumibili
dalla normativa primaria che dal regolamento comunale di settore, avrebbe comportato
l'attribuzione di incarichi dirigenziali in sostanziale violazione dei presupposti e dei
requisiti prescritti.
Tale comportamento antigiuridico, variamente modulato in relazione ai diversi convenuti,
avrebbe prodotto una perdita pecuniaria a danno del Comune di Firenze. Il fatto illecito
produttivo della perdita pecuniaria è, appunto, ascritto ai soggetti coinvolti nell'adozione
dei relativi atti, dal soggetto proponente al sindaco emanante, sino alla dirigente cui è
imputabile l'adozione degli atti di natura contrattuale nonché il relativo visto di regolarità
amministrativa e contabile, secondo la percentuale di responsabilità sopra indicata.
Sotto il profilo soggettivo, la Procura ha affermato la sussistenza del requisito minimale
per l'imputazione della responsabilità erariale.
Nel dettaglio, sarebbe infatti ravvisabile la colpa grave in capo ai convenuti, che
discenderebbe dall'ignoranza inescusabile della normativa vigente, nonché dal mancato
possesso delle qualificazioni culturali che avrebbero consentito il conferimento dei
descritti incarichi dirigenziali.
In particolare, se tale elemento soggettivo è sicuramente predicabile per i dirigenti
coinvolti, non difetterebbe nemmeno quanto alla condotta ascritta al Sindaco e anzi con
riguardo al medesimo è recisamente affermato. Infatti, il medesimo, oltre a una
personale conoscenza degli interessati, avrebbe vantato anche una pregressa
esperienza amministrativa di alto livello, in particolare in quanto ex presidente della
Provincia di Firenze. Risulterebbero, quindi, integrati tutti gli elementi costitutivi della
responsabilità erariale (anche considerando l'indubbio presupposto della sussistenza del
rapporto di servizio dei convenuti, diversamente configurato in relazione alla qualifica
rivestita) con riguardo all'intero esborso sostenuto dall'amministrazione comunale.
L'interruzione della prescrizione è stata effettuata con atti di costituzione in mora dello
stesso comune (per Matteo Renzi con effetto in data 18 luglio 2014; per Claudio Martini,
ai sensi dell'articolo 140 del codice di procedura civile, in data 8 luglio 2014; per Sarina
Liga, in data 21 giugno 2014).
A seguito della notificazione dell'invito a dedurre (per Matteo Renzi in data 1 luglio 2019,
dopo una prima notificazione in data 7 giugno 2019 viziata da un errore di
impaginazione dell'atto; per Claudio Martini, in data 7 giugno 2019; per Sarina Liga, in
data 7 giugno 2019) gli interessati hanno svolto attività pre-processuale, contestando gli
elementi di responsabilità ascritti.
Pagina 5 di 41
In seguito, gli stessi, nei termini previsti per la costituzione, hanno svolto attività
difensiva, tramite il deposito di note di memoria.
Le difese formulate dalle parti convenute possono essere come di seguito descritte ed
esposte.
Il convenuto Matteo Renzi, come sopra rappresentato e difeso, si è costituito con note di
memoria in data 4 febbraio 2021. In particolare, il medesimo ha spiegato le seguenti
difese ed eccezioni, oltre a riproporre deduzioni già avanzate in sede pre-processuale.
i. Assenza di antigiuridicità della condotta. La difesa, ferma restando la ricostruzione
fattuale della vicenda, non posta in discussione, ha contestato in radice l'imputazione
mossa al proprio assistito, che sarebbe fondata esclusivamente sul nomen iuris
(erroneo) attribuito all'attività svolta dai soggetti incaricati. In particolare, la difesa del
Sindaco ha contestato l'equiparazione funzionale tra i ruoli conferiti ai soggetti più volte
enunciati e i dirigenti. Nello specifico, la figura rappresentata dai collaboratori inquadrati
in base all'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000 presenterebbe
caratteristiche di natura fiduciaria, in relazione a cui risulterebbe non conferente la
richiesta del possesso di titoli equiparabili a quelli previsti per le qualifiche dirigenziali. In
sostanza, le figure descritte dall'articolo 90 comprenderebbero collaboratori privi di
rapporti con l'apparato burocratico, svincolati dalla normativa di disciplina di tale materia
e dai relativi requisiti. Quindi, secondo tale prospettazione, l'ordinamento degli enti locali
consentirebbe un'attribuzione di incarichi sostanzialmente svincolata dal possesso di
specifici requisiti di carattere culturale.
Per contro, dovrebbe essere garantito il rispetto del complesso della normativa generale
(rappresentata, ad esempio, da quella in materia di procedimento amministrativo e di
conseguente motivazione, nonché della disciplina finanziaria in materia di vincoli di
spesa).
Con riferimento agli incarichi attribuiti, inoltre, sarebbe applicabile l'ulteriore normativa di
settore, rappresentata dalla legge 7 giugno 2000, n. 150.
Al riguardo, il menzionato difensore ha citato giurisprudenza resa dalla Corte dei conti, in
sede di controllo, che esalterebbe la netta differenziazione intercorrente tra gli uffici di
staff (di carattere fiduciario) e quella investita di attività gestionale, che per contro
sarebbe identificabile nel plesso dirigenziale, rendendo non predicabile l'equiparazione
dei requisiti previsti.
In considerazione della diversità tra le due figure professionali (dirigenti e collaboratori
fiduciari) non sarebbe predicabile l'estensione dei requisiti culturali specificamente
previsti per i primi anche ai titolari di uffici di staff.
Per contro, la normativa descritta rivestirebbe la sola finalità di consentire, per le figure
sopra illustrate, l'instaurazione di un rapporto di lavoro dipendente, al fine di evitare il
ricorso a quello di carattere autonomo. La conferma a tale iter argomentativo, in ogni
caso, verrebbe dal comma 3-bis dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000,
Pagina 6 di 41
introdotto dall'articolo 11 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge
11 agosto 2014, n. 114. Tale novellazione avrebbe infatti, in senso ricognitivo,
specificato che "Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel
caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal
possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale".
La natura ricognitiva (e non innovativa) della norma sarebbe, inoltre, confermata da
taluni passi della relazione illustrativa, dalla "scheda di lettura" della Camera dei deputati
e dalla relazione tecnica.
In ogni caso, secondo quanto sostenuto da tale difesa, nella versione applicabile
all'epoca dei fatti, l'articolo 19, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001 avrebbe
consentito, tra l'altro, l'affidamento di incarichi dirigenziali veri e propri a soggetti in
possesso di "concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni
statali, ivi comprese quelle che conferiscono incarichi, in posizioni funzionali previste per
l'accesso alla dirigenza".
Di conseguenza (Corte dei conti, Sezione III centrale di appello, 7 settembre 2017, n.
430) il requisito della laurea non presenterebbe carattere essenziale, ma solo alternativo
rispetto a quello degli ulteriori requisiti culturali desumibili, tra l'altro, dalle concrete
esperienze pregresse; inoltre (Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, 5 marzo
2015, n. 11 e 19 settembre 2017, n. 209) la laurea non sarebbe necessaria in caso di
previsione derogatoria nella regolamentazione dell'ente. In particolare, la fonte
integrativa del precetto statuale sarebbe rappresentata dal regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi (rappresentata, nel caso di specie, dagli articoli
11- quinquies e 11- sexies dell'atto normativo vigente all'interno del Comune di Firenze)
che, in modo specifico, in detti articoli consentirebbe l'affidamento degli uffici di
progetto, tematici e di staff "a dirigenti". In sintesi, secondo quanto icasticamente
espresso nell'atto difensivo, l'equiparazione ai dirigenti rileverebbe solo ai fini retributivi,
e non anche a quelli funzionali.
Pertanto, mentre sarebbe legittima la corresponsione di remunerazioni sostanzialmente
equiparate a quelle dirigenziali, sarebbero invece inapplicabili i requisiti sostanziali per la
nomina. Infatti, diversi risulterebbero sia le responsabilità che i compiti attribuiti, come
confermato dalla novellazione, come detto operata dall'articolo 11 del decreto-legge n.
90 del 2014. La norma, in considerazione del suo tenore letterale, non avrebbe carattere
innovativo ("resta fermo") e riguarderebbe anche l'inquadramento retributivo,
confermandone la legittimità della prassi di parametrare il trattamento a quello previsto
per i dirigenti degli enti locali.
ii. Assenza di colpa grave. Infatti, in primo luogo, il Sindaco non avrebbe preso parte agli
atti relativi all'inquadramento retributivo dei due collaboratori, che sarebbe invece da
imputare alle determinazioni e agli atti paritetici degli uffici competenti, nonché alla
successiva deliberazione della giunta comunale.
Ne consegue che non sarebbero al medesimo imputabili gli inquadramenti, anche ove
ritenuti illegittimamente effettuati, nella qualifica dirigenziale.
Pagina 7 di 41
Inoltre, anche a voler accedere all'interpretazione maggiormente rigorosa, la
formulazione della norma avrebbe presentato quantomeno un'ambiguità di fondo, tanto
che l'opzione più mite risultava accolta da parte della giurisprudenza contabile. Pertanto,
difetterebbe in capo al convenuto (in quanto titolare solo della conoscenza "laica"
richiesta a un esponente politico) l'elemento soggettivo imposto dal giudizio di
responsabilità. Inoltre, il medesimo si sarebbe limitato a designare gli interessati, senza
stabilirne l'inquadramento contrattuale (peraltro, come più volte ripetuto, rilevante solo a
fini retributivi e non qualificatori).
iii. Erronea quantificazione del danno. In subordine all'assoluzione nel merito, è invocata
una differente e più mite quantificazione del danno, che dovrebbe tenere conto, ai fini di
un'eventuale riduzione, sia del concorso degli altri esponenti della Giunta comunale che
della compensatio lucri cum damno, eventualmente anche ai fini di un esercizio, in via
ulteriormente subordinata, del potere riduttivo per finalità equitative.
La convenuta Sarina Liga, come sopra rappresentata, si è costituita con note di memoria
in data 4 febbraio 2021. Le difese spiegate sono state le seguenti:
i. Assenza di antigiuridicità della condotta. La convenuta ha riproposto le considerazioni,
già illustrate dal convenuto precedente, circa la non sussumibilità degli incarichi di staff
ex articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (pur con retribuzione parametrata a
quella dei dirigenti) tra gli incarichi stricto sensu dirigenziali.
È stata in particolare evidenziata la diversa formulazione dell'articolo 110 della stessa
fonte; la disciplina sarebbe derogatoria anche in relazione agli articoli 19, comma 6, e 28
del decreto legislativo n. 165 del 2001.
In particolare, ai sensi dell'articolo 90, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 267 del
2000, il titolare dell'ufficio di staff, fermo restando il divieto di effettuare attività
gestionale, ben potrebbe essere remunerato, prescindendo dal possesso del titolo di
studio, con il trattamento economico dei dirigenti. Anche in questo caso, è ribadito che la
disposizione in commento (sia pure introdotta con legge successiva alla vicenda)
presenterebbe carattere meramente confermativo, e non innovativo, della pregressa
disciplina. Detta difesa ha citato ulteriore giurisprudenza sul punto, che confermerebbe
tale assunto.
In particolare, l'impostazione difensiva si basa su pronunce (Corte dei conti, Sezione III
centrale di appello, 15 marzo 2017, n. 122 e 12 luglio 2017, n. 352), che confermerebbero
la natura prettamente ricognitiva della norma.
Nel caso di specie, risulterebbe rispettata anche la congruenza tra il trattamento
retributivo erogato e la relativa previsione del regolamento di organizzazione dell'ente
(Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazione 5 marzo
2015, n. 11) in quanto, per figure analoghe, non sarebbe imposto il possesso della laurea
per l'inquadramento nel livello dirigenziale. Risulterebbero rispettate anche le ulteriori
previsioni contenute nel regolamento comunale in concreto applicabili.
Pagina 8 di 41
Infine, sempre in concreto, sarebbe stato presente il possesso dei requisiti culturali
indispensabili. Detti titoli sarebbero stati costituiti dall'iscrizione nell'Albo dei giornalisti
per il rapporto instaurato con entrambi i soggetti e dal rilevante curriculum di Bruno
Cavini, illustrato nella motivazione del provvedimento con una formulazione rafforzata.
In tale sede sarebbe stato infatti precisato che l'esperienza professionale ritenuta
rilevante ai fini della sua nomina doveva essere individuata nelle plurime esperienze
svolte in diversi enti nazionali e internazionali.
ii. Assenza di colpa grave. In questo caso, è stato evidenziato l'affidamento riposto dalla
convenuta nella correttezza degli atti di competenza della Giunta e dell'organo politico.
Infatti, la stessa avrebbe espletato la propria attività in epoca ormai successiva al
perfezionamento della fattispecie, che sarebbe invece imputabile agli organi intervenuti
in epoca antecedente.
Di conseguenza, la convenuta sarebbe stata nell'impossibilità di intervenire sulla
definizione degli incarichi e sul correlativo trattamento economico.
Inoltre, anche per tale convenuta è argomentata l'oggettiva incertezza del quadro
normativo, ivi compreso il regolamento comunale, tale da richiedere interventi
giurisprudenziali di risoluzione dei relativi conflitti.
Inoltre. la convenuta sarebbe cessata dal proprio incarico subito dopo la vicenda
esaminata, con conseguente impossibilità anche di procedere al riesame del proprio
operato.
iii. Erronea quantificazione del danno. Anche in questo caso è stato obiettato che la
Procura non avrebbe tenuto conto dell'utilità comunque ricevuta dall'amministrazione
comunale. In particolare, anche ipotizzando una determinazione non conforme del
trattamento economico, l'assunzione non presenterebbe profili ulteriori di illegittimità e
sarebbe utilmente valutabile.
Nel caso di specie, la difesa propone di parametrare la retribuzione spettante al
responsabile della comunicazione e al portavoce a quanto (articolo 11- ter del
regolamento applicabile all'interno del comune) disposto per il responsabile della
segreteria del Sindaco, remunerabile "con il massimo livello retributivo del contratto
collettivo di lavoro del personale degli enti locali". Nel caso di specie, per tale carica,
sostanzialmente coeva, è stata determinata una retribuzione di euro 18.850,00 annui
lordi, che andrebbero quindi sottratti dal quantum del danno in quanto comunque
erogabili. Anche la parte indennitaria di retribuzione, in quanto fissata in via unilaterale
dalla Giunta, dovrebbe essere comunque detratta dal risarcimento secondo la Procura
posto a carico della (sola) convenuta.
Il convenuto Claudio Martini, infine, si è costituito con note di memoria in data 22
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gennaio 2021. Lo stesso ha riproposto talune deduzioni difensive già svolte a seguito
dell'invito a dedurre, oltre a una complessiva contestazione dell'iter logico svolto dalla
Procura secondo una linea difensiva che può essere sintetizzata nei seguenti punti.
i. Carenza di legittimazione passiva. Il convenuto ha sostenuto la radicale estraneità della
propria condotta alla produzione del danno. La conseguente carenza di legittimazione
passiva è stata argomentata in relazione a una serie di punti in diritto che mirano a
contestare la propria attiva partecipazione alla proposta dell'ordinanza più volte
menzionata.
In particolare, essi sono rappresentati dalla erronea applicazione dell'articolo 20-bis del
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell'amministrazione digitale), dalla
contestazione ai sensi dell'articolo 2712 del codice civile della riproduzione informatica
del file-log relativo all'ordinanza 516 del 2009 e dalla contestazione, ovvero
disconoscimento, della cosiddetta firma "leggera" e della riproduzione informatica di cui
al file-log delle ordinanze sindacali in data 29 giugno 2009, n. 515 e n. 516 del 2009; dalla
carenza, ovvero inadeguatezza, dell'istruttoria svolta e dalla sua manifesta illogicità;
dalla sussistenza di argomenti costitutivi di cui all'articolo 615-ter c.p. a carico di ignoti.
Il convenuto ha, in buona sostanza, argomentato, di essere cessato dal proprio incarico
già a seguito dell'ordinanza 515 del 2009, precedente alla contestata ordinanza
sindacale n. 516 che, invece, aveva disposto l'adozione delle nomine. Invece, altro
soggetto, utilizzando le sue credenziali informatiche, avrebbe fatto risultare proponente
un soggetto estraneo.
Infatti, sarebbe paradossale che, come emergente dal corpo dell'atto, il responsabile
dell'attività di impulso fosse il (cessato) direttore dell'Ufficio del sindaco, in luogo di
quello nominato con la successiva ordinanza n. 516 del 2009. Tra l'altro, la natura di
proponente dell'atto emergerebbe dalla sola sottoscrizione "informatica" dell'atto, che
non costituirebbe una "firma digitale" ma una mera riproduzione informatica, siccome
apponibile tramite username e password, finalizzata alla redazione e successivo
inserimento dell'atto e che sarebbe, in base all'articolo 20 del codice
dell'amministrazione digitale, liberamente valutabile da parte del giudice.
Il soggetto in questione, in ogni caso, non avrebbe avuto contezza all'epoca dei fatti della
circostanza dell'abusiva utilizzazione delle proprie credenziali, se non a seguito della
contestazione dell'illecito erariale, effettuata a seguito dell'invito a dedurre.
Il convenuto ha, in particolare, diffusamente illustrato il motivo per cui la numerazione
dell'atto non potrebbe essere stato il frutto di un errore materiale da parte dei funzionari
addetti al protocollo. Analogamente, il coinvolgimento dello stesso descritto da parte dei
cointimati risulterebbe una mera argomentazione difensiva dettata dalla volontà di
ridurre il quantum del risarcimento.
Al riguardo, il convenuto ha ricostruito in modo minuzioso la cronologia degli incontri
con il Sindaco nel periodo interessato, al fine di evidenziare l'assenza di una concordia di
intenti nel periodo interessato dalla rotazione del personale. Lo stesso, inoltre, ha
ricostruito la prassi amministrativa vigente nel Comune di Firenze, al fine di comprovare
l'infondatezza delle accuse.
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Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 13:10:30
In particolare, al medesimo sarebbe difettato ogni potere e compito di proposta in
relazione all'adozione dei relativi atti; essa sarebbe stata, invece, incardinata in capo a
diverso ufficio comunale.
Il convenuto ha poi diffusamente illustrato una serie di vicende asseritamente illecite,
anche successive al periodo interessato, e riferite ad colorandum, al fine di corroborare la
propria versione dei fatti. In particolare, è stata contestata la ricostruzione dei fatti
operata da parte della Procura erariale relativamente alla partecipazione nella vicenda,
che sarebbe fondata solo sulla sottoscrizione dell'atto ritenuta, come esposto, non
attribuibile.
Nello specifico, risulterebbe in effetti poco verosimile che il Sindaco abbia incaricato di
provvedere all'ordinanza relativa alla nomina del direttore dell'Ufficio del sindaco e del
responsabile dell'Ufficio per la comunicazione esterna, nonché del portavoce del
Sindaco, proprio il direttore dell'Ufficio del sindaco in corso di cessazione (ancorché
dirigente a tempo indeterminato dell'ente locale).
Rilevato che la procura avrebbe omesso di disporre indagini su detta notitia criminis, il
convenuto ha pertanto disconosciuto l'efficacia del relativo documento informatico
chiedendo l'accertamento in via incidentale di tale falsità. In ogni caso, il file-log che
riporta l'indicazione della propria sottoscrizione costituirebbe solo prova liberamente
apprezzabile ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura civile, e non firma
fidefaciente.
ii. Mancanza del danno erariale. Diversamente da quanto esposto dalla Procura erariale
non sussisterebbe nel caso di specie alcun pregiudizio finanziario pubblico.
Infatti, nella ricostruzione accusatoria operata da parte della Procura sarebbero
riscontrabili un travisamento dei fatti storici e una violazione, ovvero falsa applicazione,
dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000, in relazione all'articolo 110,
nonché una carenza di istruttoria. Tale argomentazione ripropone quanto asserito dalle
difese sopra già illustrate circa l'inapplicabilità, in ragione della natura dell'incarico, dei
presupposti di conferimento degli incarichi dirigenziali.
iii. Difetto del nesso causale. Secondo tale impostazione difensiva, mancherebbe un
nesso tra la condotta dell'interessato e il danno (anche laddove esso fosse ritenuto
sussistente), anche in base alla violazione, ovvero falsa applicazione, del principio di
separazione tra dirigenza e organi di governo di cui all'articolo 107 del decreto legislativo
n. 267 del 2000 e del riparto delle attribuzioni per come delineato nell'ordinamento degli
enti locali. Infatti, anche a voler ammettere il più volte confutato intervento del
convenuto nella predisposizione dell'ordinanza sindacale contestata, la responsabilità
andrebbe ascritta a soggetti diversi. Essa, in particolare, dovrebbe essere imputata alla
convenuta Sarina Liga (in quanto autrice degli atti di natura paritetica) e alla Giunta
comunale nel suo complesso, in quanto responsabile della determinazione
dell'inquadramento retributivo (erroneamente adottata successivamente, e non in via
preventiva, rispetto alla stipulazione del contratto). Tra l'altro, nessuna disposizione
prevederebbe l'acquisizione di un parere ovvero di una proposta degli uffici comunali per
le ordinanze sindacali.
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iv. Carenza di legittimazione passiva. Con tale eccezione il convenuto ha riproposto, sotto
altro e diverso versante, un argomento già speso.
Infatti, il convenuto ha obiettato che, anche a voler riconoscere un proprio intervento nel
procedimento, difetterebbe una rilevanza causale dell'atto presupposto (l'ordinanza)
rispetto ai successivi atti di inquadramento dei convenuti. Detta rilevanza dovrebbe,
invece, essere ascritta più propriamente agli atti contrattuali e alla successiva
deliberazione della Giunta comunale. In particolare, quanto al mancato coinvolgimento
di quest'ultima, è stato rilevato che, pur in presenza di una specifica parametrazione
della retribuzione a quella fissata per la dirigenza, la Giunta sarebbe stata libera di
indicare l'indennità onnicomprensiva senza tenere conto della determinazione operate
ex ante. Di conseguenza, nessuna influenza sulla produzione del danno avrebbe
presentato l'inquadramento, operato già nell'ordinanza di designazione, dei soggetti
nominati quali dirigenti, in quanto carente dell'elemento vincolante sul quantum della
retribuzione.
v. Erronea quantificazione del danno. In subordine, il convenuto ha contestato la
quantificazione sia dell'evento lesivo per le finanze pubbliche (che dovrebbe essere
calcolato al netto e non al lordo) che del riparto delle quote di responsabilità.
Ripetendo le argomentazioni formulate in relazione al decisivo rilievo dell'operato della
Giunta comunale nella fissazione dell'indennità onnicomprensiva corrisposta, la difesa in
commento ha sostenuto che essa dovrebbe essere espunta dall'ammontare del danno
ascritto; inoltre, ha reiterato l'argomentazione, già soggiunta da altro convenuto, circa la
necessità di considerare la quota parte della retribuzione che, in ogni caso, poteva
essere legittimamente erogata nei confronti dei collaboratori.
La misura della retribuzione, infatti, sarebbe stata quantificata in base alla già contestata
deliberazione della Giunta comunale. Tale deliberazione, tuttavia, in modo inopinato non
sarebbe stata valutata nell'atto di citazione ai fini della quantificazione del danno, e non
sarebbero stati chiamati a risponderne i componenti della Giunta medesima. Quale
parametro, quello suggerito è stato anche in questo caso l'importo della retribuzione
annua erogata al responsabile della segreteria, nominato contestualmente alla vicenda
in commento, calcolato però in euro 60.049,09 in quanto corrispondente a quanto in
punto di fatto erogato e non in base alla remunerazione astratta.
Inoltre, il convenuto ha contestato la quota di responsabilità ascritta al medesimo, in
quanto ritenuta non proporzionata al ruolo, comunque non di particolare rilievo, assunto
in concreto.
vi. Prescrizione del diritto al risarcimento del danno. Da ultimo, anche se con efficacia
pregiudiziale rispetto alla difesa di merito, il difensore del convenuto Claudio Martini ha
proposto eccezione di prescrizione del risarcimento del danno erariale, per violazione dei
termini previsti dall'articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.
Premesso che, come accennato, l'interruzione della prescrizione è stata disposta con
atti di costituzione in mora da parte dello stesso comune (per Matteo Renzi in data 18
luglio 2014 e per Sarina Liga in data 21 giugno 2014; nonché, per se stesso, ai sensi
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dell'articolo 140 del codice di procedura civile, in data 8 luglio 2014, il convenuto ha
radicalmente contestato l'efficacia interruttiva nei propri confronti dell'atto in questione,
per le ragioni che saranno di presso illustrate.
Nel caso di specie, infatti, la notificazione dell'invito a dedurre (come accennato,
avvenuta ex articolo 140 del codice di procedura civile), non sarebbe stata seguita
dall'effettivo recapito dell'avviso con ricevuta di ritorno inerente al deposito dell'atto
presso il Comune che, peraltro, non sarebbe stato prodotto dalla Procura a conferma del
valore interruttivo dell'atto.
*****
A seguito di rinvio dall'udienza in data 24 febbraio 2021, fondata sull'opposizione
dell'avvocato Alberto Bianchi allo svolgimento da remoto, la discussione è stata fissata
per l'udienza indicata in epigrafe. Con istanza pervenuta in data 8 ottobre 2021 sempre
lo stesso procuratore ha chiesto che la trattazione del giudizio in epigrafe fosse differita
sino al termine dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il difensore istante ha
rappresentato che la trattazione in pubblica udienza in presenza sarebbe stata in
contrasto con le disposizioni che disciplinano lo svolgimento dell'attività giudiziaria in
costanza dell'attuale e descritta emergenza epidemiologica. In base a tale
prospettazione, l'articolo 85, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,
convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27; nonché il decreto del Presidente della Corte
dei conti 1 aprile 2020, n. 138, emanato in attuazione di tale norma, e prorogato con
successivo decreto in data 27 ottobre 2020, n. 287, non consentirebbero la celebrazione
di processi in presenza fisica. In apertura dell'udienza, l'avvocata Laura Pradella ha
presentato ulteriori note di memoria in tal senso, al fine di insistere nella già proposta
richiesta di differimento. Le stesse sono state redatte da parte del titolare, mentre
l'avvocata presente in aula ha precisato di essere delegata al più limitato fine di esporre
oralmente tali note.
Al riguardo, nelle note presentate in forma scritta per conto dell'avvocato Alberto
Bianchi, ed esposte oralmente dalla citata delegata, è stata illustrata una serie di profili
di invalidità della disciplina dello svolgimento del giudizio da cui conseguirebbe, a sua
volta, l'illegittimità della fissazione dell'udienza in presenza fisica delle parti nonostante
l'emergenza pandemica.
In particolare, il decreto di fissazione dell'udienza contrasterebbe con l'assetto
normativo nella parte in cui omette di consultare l'autorità sanitaria regionale e l'Ordine
degli avvocati ai fini della decisione, come invece prescritto dalla normativa di settore.
La memoria ha, infine, insistito affinché l'udienza fosse rinviata alla fine dell'emergenza
corrente, riservandosi comunque ogni iniziativa a tutela del diritto di difesa e del rispetto
del contraddittorio.
Alla richiesta di differimento si è associato l'avvocato Francesco Paolini, mentre si sono
opposti il pubblico ministero e l'avvocato Graziella Ferraroni.
All'esito di una breve camera di consiglio, il collegio, con ordinanza a verbale, ha
disposto la trattazione della causa, dando lettura della decisione che viene
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immediatamente di seguito riportata:
"Il collegio: ritenuto che con istanza pervenuta in data 08/10/2021 l'avv. Alberto Bianchi ha
chiesto che la trattazione del giudizio n. 61685 sia differita fino al termine dell'emergenza
epidemiologica da covid-19; ritenuto che in particolare il difensore istante ha
rappresentato che la trattazione in pubblica udienza "in presenza" contrasterebbe con le
vigenti disposizioni che disciplinano lo svolgimento delle attività giudiziaria in costanza
della descritta emergenza epidemiologica; ritenuto che secondo quanto prospettato
l'art.85, co.2, d. l. 17 marzo 2020 n.18, convertito in legge 24/4/2020 n.27, nonché il
decreto del Presidente della Corte dei conti 1° aprile n.138 emanato in attuazione di tale
norma e prorogato con successivo decreto in data 27 ottobre 2021 n.287 non
consentirebbero lo svolgimento dei processi in forma fisica;
ritenuto che la discussione del giudizio in esame, originariamente fissata per il 24/2/2021
con modalità a distanza, è stata rinviata alla data odierna per la trattazione in presenza
con decreto del presidente della sezione giurisdizionale per la Toscana, in considerazione
dell'impossibilità a presenziare comunicata in data 15/2/2021 sempre dall'avv. Bianchi al
collegamento da remoto; ritenuto che tale opposizione è stata manifestata in base a
quanto previsto dall'art.3, co. 4 del decreto del Presidente della Corte dei conti 1° aprile
2020 n.138 che prevede il rinvio dell'udienza telematica nel caso di indisponibilità di uno
dei difensori al collegamento; considerato che contrariamente a quanto prospettato dalla
parte convenuta, l'art. 85, co.2 rinviando al successivo comma 3 e in particolare alla
lettera e) dispone espressamente che le misure organizzative prese dal Presidente della
Corte dei conti possono prevedere tra l'altro lo svolgimento delle udienze mediante
collegamento da remoto; considerato che il citato decreto del Presidente della Corte dei
conti si limita a disciplinare all'art. 1 le regole tecniche ed operative in materia di
svolgimento delle udienze dinanzi alla Corte dei conti con collegamento da remoto senza
precludere la celebrazione in presenza durante l'emergenza epidemiologica;
considerato altresì che l'art.3, lett. e) citato dalla difesa a sostegno della propria richiesta
dispone espressamente che le udienze collegiali o monocratiche, sia pubbliche che
camerali nonché le camere di consiglio possono svolgersi mediante collegamento da
remoto;
considerato che il decreto presidenziale n.37 del 30/10/2021 ha carattere meramente
ricognitivo in riferimento alla calendarizzazione delle udienze da svolgersi presso la
sezione giurisdizionale per la Toscana dal novembre 2021 al dicembre 2022;
rilevato che l'avv. Francesco Paolini per il convenuto Liga Sarina ha aderito alla istanza di
rinvio dell'avv. Bianchi condividendone i contenuti;
rilevato che l'avv. Graziella Ferraroni si è invece opposta alla istanza di rinvio; rilevato che il
pubblico ministero parimenti si è opposta alla suddetta istanza;
considerato altresì che il decreto di fissazione udienza del giudizio n.61685 è stato
adottato proprio a seguito del differimento dell'udienza da remoto resosi necessario per
l'opposizione dell'avv. Bianchi allo svolgimento dell'udienza del febbraio 2021 in
videoconferenza;
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la Corte dei conti Sezione Giurisdizionale Toscana, pronunciandosi sull'istanza di rinvio in
discussione la rigetta e per l'effetto dispone di procedersi oltre nella discussione della
causa."
È quindi seguita la discussione relativa al merito della controversia.
Il pubblico ministero si è riportato ai propri atti e documenti scritti, in particolare al
contenuto dell'atto di citazione e ai relativi allegati. Il pubblico ministero ha, inoltre,
contestato l'applicabilità al caso di specie della compensatio lucri cum damno,
variamente argomentata dai convenuti, sottolineando che le assunzioni in commento
sono state disposte scientemente e volontariamente in violazione degli obblighi di legge
in materia, con conseguente esclusione di tale possibilità.
Quanto alla riduzione della posta risarcitoria in capo ai convenuti, per effetto
dell'accertamento della responsabilità anche in capo ai componenti della Giunta
comunale, si è rimesso alla valutazione del collegio in merito a tale possibilità. In
relazione alla questione della validità della notificazione dell'atto di costituzione in mora
nei confronti del convenuto Claudio Martini, il pubblico ministero ha precisato che l'atto
deve intendersi perfezionato in data 28 luglio 2014, in base a quanto disposto
dall'articolo 149 del codice di procedura civile, producendo attestazione del ritiro
dell'atto da parte della coniuge.
Infine, l'organo requirente ha dichiarato di non opporsi all'eventuale ricorso, da parte del
collegio, del potere riduttivo.
Il pubblico ministero ha, in conclusione, reiterato le richieste già profuse nell'atto di
citazione.
Rilevata, per il carattere limitato del mandato difensivo in sostituzione, l'astensione dalla
discussione dell'avvocata Laura Pradella, è quindi seguito l'intervento dell'avvocato
Francesco Paolini. Lo stesso, riportandosi alle considerazioni già profuse nei propri
scritti difensivi, ha contestato l'applicabilità al caso di specie dei requisiti soggettivi
necessari per il conferimento di incarichi dirigenziali, tra cui il possesso del titolo di
studio, in quanto, l'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000, al comma 3-bis,
richiamerebbe esclusivamente il trattamento economico previsto per il personale
dirigenziale.
Quanto alla posizione della propria assistita Sarina Liga, ha precisato che la medesima
non sarebbe stata in grado di intervenire sul perfezionamento della fattispecie
contestata.
Infatti, detta convenuta si sarebbe limitata a un'attività meramente esecutiva sugli atti,
in ordine ai quali, considerando l'intervenuta predeterminazione del contenuto ad opera
della Giunta comunale, la stessa avrebbe potuto svolgere un controllo meramente
formale, non idoneo a determinare la produzione del danno. L'avvocato Francesco
Paolini ha, quindi, concluso riportandosi ai propri atti e scritti difensivi e insistendo per il
rigetto.
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L'avvocata Graziella Ferraroni, soffermandosi sulla posizione del proprio assistito (il
convenuto Claudio Martini) ha insistito sulla sua assoluzione per la comprovata
estraneità ai fatti e, comunque, per la mancanza di prova sulla sua colpevolezza. Il
difensore ha, infatti, reiterato l'argomentazione secondo cui dagli atti di causa non
emergerebbe la sottoscrizione della proposta dell'ordinanza contestata, ma solo l'inoltro
dalla sua postazione di lavoro. Peraltro, la partecipazione dell'interessato alla redazione
del documento dovrebbe essere esclusa anche considerando la comprovata
competenza ed esperienza, idonee a far sospettare che il medesimo possa avere
partecipato a una fattispecie di quantomeno dubbia legittimità. Quanto alla prescrizione
del diritto al risarcimento del danno, sempre l'avvocata Graziella Ferraroni ha reiterato le
contestazioni mosse, già nell'atto difensivo depositato, in ordine alla validità della
notificazione dell'atto di costituzione in mora. Infatti, secondo tale prospettazione,
all'epoca dei fatti non sarebbe emersa in capo al convenuto Claudio Martini la
conoscenza legale del documento. Anche l'avvocata Graziella Ferraroni ha, in ogni caso,
reiterato la richiesta di mandare assolto il proprio assistito.
Esaurita la discussione, la causa è stata quindi posta in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
i. L'eccezione pregiudiziale del convenuto Matteo Renzi riferita all'asserita erronea
applicazione della normativa emergenziale.
Preliminarmente, il collegio prende atto della circostanza che il convenuto Matteo Renzi,
per il tramite del proprio difensore, nei termini meglio descritti nella parte narrativa, ha
lamentato la lesione dei propri diritti di difesa, e si è pertanto astenuto dalla discussione.
Tale pregiudizio deriverebbe dalla decisione della Sezione di rigettare la propria richiesta
di procrastinare sine die la trattazione del giudizio, in presunta violazione della normativa
processuale emergenziale. Sul punto, il collegio non può che reiterare la propria
valutazione sulla regolarità della trattazione, in quanto presupposto sostanziale della
validità della decisione, anche ribadendo la conformità della celebrazione del processo
ai principi costituzionali.
In primis, va osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte citata,
nessuna disposizione, ancorché emergenziale, ha mai conferito al convenuto di un
giudizio avanti alla Corte dei conti il diritto di opporsi alla celebrazione ad infinitum del
processo. Invece, la legislazione processuale applicabile in relazione alla peculiare
situazione di fatto vigente al momento della trattazione della causa deve essere
ricostruita come segue.
Come risulta da fatto notorio, ormai in data 31 gennaio 2020, ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 7, comma 1, lettera c), e dell'articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 2
gennaio 2018, n. 1, il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza "in
conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti
virali trasmissibili".
Tale decisione è stata assunta al fine di scongiurare gli effetti pregiudizievoli della
pandemia della patologia da nuovo coronavirus ("COVID-19").
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Alla dichiarazione dello stato di emergenza ha fatto seguito l'adozione di misure
contenitive della diffusione epidemica, sovente particolarmente incisive.
Con lo strumento della decretazione di urgenza il legislatore ha, in particolare, introdotto
nell'ordinamento processuale, nei vari rami del diritto (civile, penale, amministrativo,
tributario e, appunto, contabile) forme processuali innovative, in parziale deroga a quelle
vigenti prima dell'inizio della situazione emergenziale.
La ratio degli interventi è stata quella di limitare, specialmente nella fase maggiormente
virulenta e pericolosa del contagio, la presenza contestuale di più persone in spazi
ristretti, e al contempo di diminuire l'intensità degli spostamenti fisici strumentali a tale
presenza che proprio l'udienza pubblica curiale inevitabilmente comporta.
Al riguardo, deve essere sottolineato (e tali argomentazioni troveranno pesanti corollari
applicativi nella causa in esame) che la pubblicità dell'udienza non costituisce
circostanza accidentale e di mera solennità del giudizio, ma elemento fondamentale e
costitutivo. In particolare, la pubblicità rappresenta elemento intrinseco ai fini della
qualificabilità del giudizio non già come una mera risoluzione di una controversia, ma
come un fair trial attuato nel rispetto dei principi costituzionali e sovranazionali rilevanti
ex articolo 117, comma 1, della Costituzione. Non casualmente, l'ordinamento della
Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, all'articolo 6, paragrafo 1, riconosce
espressamente il diritto di ogni persona, tra l'altro, a che la propria causa sia esaminata
"pubblicamente".
Il diritto alla pubblicità del giudizio è, quindi, espressamente riconosciuto proprio in
considerazione delle importanti conseguenze anche sostanziali.
In particolare, il precetto in questione è stato enucleato dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell'Uomo in senso non solo formale, ma anche di valutazione nel
merito degli effettivi requisiti di pubblicità in considerazione della modalità di
celebrazione dell'udienza (si veda, in particolare, la sentenza 14 novembre 2000, Riepan
c. Austria, secondo cui il processo deve essere tenuto in un luogo facilmente
accessibile, in un'aula capace di contenere un certo numero di spettatori, normalmente
raggiungibile e riconoscibile attraverso adeguata informazione) e rappresenta, al
contempo, un interesse pubblico.
Le particolari problematiche derivanti dall'emergenza pandemica, tuttavia, hanno spinto
il legislatore ad adottare una serie di misure derogatorie, per la ristretta durata della
medesima emergenza, al principio di pubblicità del processo, che avrebbe posto ancora
più gravi problemi di incolumità pubblica. La finalità sopra esposta (quella di limitare la
presenza contestuale di più soggetti) non è stata peraltro raggiunta mediante
l'elaborazione di una forma processuale generale per il periodo dell'emergenza, ma
tramite l'individuazione di strumenti processuali variamente modulati in relazione allo
specifico settore giuridico.
Così, per quanto riguarda appunto i giudizi in tema di contabilità pubblica, il legislatore
ha individuato due distinte modalità di celebrazione del giudizio, alternative rispetto alla
trattazione in pubblica udienza.
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In particolare, la relativa disciplina è stata introdotta dal decreto-legge 17 marzo 2020, n.
18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
Nello specifico, la norma conferente è contenuta all'articolo 85, che ha disciplinato in
modo diverso i processi in materia pensionistica rispetto a quelli in tema di
responsabilità.
Per i primi, l'articolo 85, comma 5, ha previsto direttamente un processo a trattazione
orale "eventuale", nel senso che la medesima deve essere richiesta dalla parte
interessata almeno cinque giorni prima dell'udienza. Per i giudizi in materia di
responsabilità, invece, il legislatore (articolo 85, comma 3) ha rinviato alla possibilità, da
parte del Presidente della Corte dei conti (e, per quanto di rispettiva competenza, delle
singole sezioni giurisdizionali regionali) di definire modalità di celebrazione alternativa
dei giudizi, con lo strumento della videoconferenza. Al contempo la disciplina speciale
(sempre, si ribadisce, per la durata dell'emergenza) ha introdotto una serie di norme che
consentono di superare le difficoltà concettuali derivanti dalla celebrazione dell'udienza
(e della successiva deliberazione in camera di consiglio) con modalità "virtuali".
Il potere attuativo-integrativo in tema di celebrazione dei giudizi è stato
conseguentemente esercitato con gli atti citati nell'ordinanza a verbale.
Dal più volte menzionato decreto del Presidente della Corte dei conti è peraltro ricavabile
un diritto del convenuto ad opponendum solo rispetto alla celebrazione telematica
dell'udienza (nel caso di specie esercitato). Pertanto, nel complesso dei giudizi attribuiti
alla Corte dei conti, vale al contrario la considerazione che la presenza fisica dei giudici,
delle parti e, ove possibile, del pubblico, resta comunque la modalità principe di
svolgimento del giudizio, anche se essa è garantita (con diverse forme) solo nel caso di
interesse manifestato al riguardo dalla parte.
Va quindi precisato, in primis, che la ricostruzione giuridica della normativa processuale
da parte del convenuto Matteo Renzi appare inficiata dal palese travisamento
dell'assetto normativo applicabile alla materia del processo contabile, che continua a
preferire la tradizionale modalità di svolgimento del processo.
In secondo luogo, il collegio ritiene che, per la natura della decisione assunta in ordine
alla celebrazione dell'udienza, nessuna lesione di una posizione soggettiva del
convenuto possa essere ipotizzata. Pertanto, anche ove la decisione fosse ritenuta in
contrasto con l'iter procedimentale previsto dalla legislazione emergenziale (anche se
ciò deve essere, per i motivi citati, escluso) la violazione di detta scansione procedurale,
siccome dettata per finalità di ordine pubblico, non può certo essere invocata al fine di
escludere la regolarità della vocatio in ius per la data odierna, altrimenti conferendosi
all'interessato un inesistente potere di opporsi alla celebrazione del processo sine die.
Infatti, alla data di celebrazione del giudizio, la cessazione dell'emergenza pandemica e
della conseguente disciplina emergenziale in materia processuale è notoriamente un
evento incertus quando, essendo già stata tra l'altro la stessa più volte prorogata.
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Peraltro, è appena il caso di soggiungere che la normativa processuale dettata per
fronteggiare l'emergenza pandemica è stata comunque dettata al fine di tutelare
l'incolumità dei soggetti e delle parti del processo e, più in generale, della salute
pubblica. Di conseguenza, la lamentata erronea applicazione della normativa, primaria e
secondaria, di carattere processuale, in nessun modo potrebbe giungere a inficiare la
validità della decisione assunta.
ii. Il conferimento di incarichi "fiduciari" all'interno della pubblica amministrazione.
Nel merito, prima di vagliare le ipotesi accusatorie, nonché di scrutinare, in ordine logico,
le eccezioni dei convenuti, è necessaria una ricostruzione del dato normativo relativo al
conferimento degli incarichi di supporto alla direzione politica all'interno degli enti locali.
Ancora in via preliminare, deve essere fornita una ricostruzione della cornice logicoontologica
entro cui collocare gli incarichi de quibus.
All'interno di una struttura organizzativa, si pone in genere il problema di inserire,
accanto agli organi di vertice, preposti alla direzione degli uffici adibiti allo svolgimento
di attività amministrative, soggetti, che operino a stretto contatto con i legali
rappresentanti dell'ente al fine di fornire a questi ultimi elementi di ausilio nel coordinare
il management.
Gli uffici di staff differiscono infatti da quelli di line in quanto, anziché inserirsi nella
struttura, si raccordano direttamente con un soggetto apicale (per i soggetti pubblici,
l'organo di indirizzo politico) al fine di fornire al medesimo un ausilio per l'esercizio di
funzioni di propria diretta competenza o interesse.
Il tema in questione si pone, in modo ancora più marcato, per le strutture pubbliche.
Infatti, lo stretto raccordo delle figure apicali menzionate con il vertice politico reca un
intrinseco problema di valorizzazione della fiduciarietà, rispetto alla selezione per
concorso propria delle amministrazioni.
Proprio in considerazione dell'astratta conflittualità tra i due criteri (quello della selezione
aperta e imparziale e quella fondata sul vinculum fiduciae) il legislatore ha al riguardo
dettato una disciplina espressa e specifica.
iii. La disciplina del conferimento degli incarichi ai sensi dell'articolo 90 del decreto
legislativo n. 267 del 2000.
Per quel che riguarda gli enti locali, nel testo vigente all'epoca dei fatti, l'articolo 90 del
decreto legislativo n. 267 del 2000 provvedeva espressamente sul punto.
La norma dispone(va) che "Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può
prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente
della provincia, della giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e
di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente, ovvero, salvo che
per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con
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contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione,
sono collocati in aspettativa senza assegni. 2. Al personale assunto con contratto di
lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di
lavoro del personale degli enti locali. 3. Con provvedimento motivato della giunta, al
personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai contratti
collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il
lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione
individuale".
La disposizione, rimasta sostanzialmente invariata per un decennio, è stata poi integrata
dal disposto dell'articolo 11 del decreto-legge n. 90 del 2014, più volte commentato e
che sarà più avanti scrutinato anche in considerazione delle allegazioni difensive che vi
fanno espresso riferimento.
La norma, a ben vedere, rappresenta il pendant dell'articolo 110 sempre del decreto
legislativo n. 267 del 2000.
Infatti, detta disposizione consente il conferimento esterno di incarichi dirigenziali o
direttivi di alta specializzazione, per l'esercizio di attività di amministrazione attiva, con
competenza proprie di natura gestionale, al fine di integrare l'organico dell'ente (Sezione
regionale di controllo per il Piemonte, 29 agosto 2013, n. 312). L'articolo 90 disciplina,
invece, il conferimento, sempre esterno, di incarichi di supporto agli organi politici per
l'esercizio di funzioni proprie di questi ultimi, senza poteri gestori o di spesa. Si tratta di
incarichi contraddistinti da un intenso carattere fiduciario, il che giustifica che la durata
del rapporto sia, di norma, parametrata a quella del mandato elettivo del vertice politico.
Infatti, l'ammissibilità di forme di incardinamento, all'interno dell'ente, in assenza di una
selezione aperta e comparativa si giustifica, intanto, nei limiti in cui a dette figure non
siano affidate funzioni amministrative in senso stretto ma, come accennato, di raccordo
tra le figure politiche apicali e l'alta dirigenza.
Si veda, sul punto, Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Puglia,
sentenza 12 febbraio 2013, n. 208, secondo cui l'articolo 90 del decreto legislativo n. 267
del 2000 "costituisce un portato del principio di separazione tra politica e
amministrazione, rispondendo alla finalità di assicurare agli Organi titolari della specifica
funzione di "direzione politica" di potersi avvalere di uffici posti alle proprie dirette
dipendenze sotto il profilo funzionale e, per tale via, di poter disporre, al fine di supportare
il concreto "esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo" di loro esclusiva spettanza, di
personale diretto in prima persona, senza il tramite dell'apparato gerarchico
amministrativo, che ad essi direttamente risponda" nell'ambito di un rapporto instaurato
intuitu personae.
Tale connotato, come si avrà modo di illustrare, è stato anzi esaltato dalla disciplina più
recente, peraltro invocata, seppure in modo non del tutto conferente, da parte dei
convenuti.
In linea di principio, la giurisprudenza della Corte dei conti, sin dalle prime contestazioni
mosse in relazione all'applicazione pratica della norma da parte degli enti interessati, ha
messo in evidenza che il conferimento intuitu personae non esonera lo stesso
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Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 13:11:10
conferente, e per il suo tramite l'ente locale interessato, dal rispetto di una serie rigorosa
di presupposti e requisiti. Essi sono stati tratteggiati come di seguito dalla
giurisprudenza apicale della Corte dei conti (ex multis Sezione I centrale Appello, 6
dicembre 2012, n. 785), che ha codificato l'interpretazione consolidata delle sezioni
giurisdizionali e di controllo regionali: "- si tratta di assunzioni a tempo determinato e non
possono essere affidate tramite incarichi di collaborazione coordinata e continuativa
(Corte dei conti Puglia - Sentenza n. 241/2007); - si tratta di posti in dotazione organica
(Corte dei conti Toscana - Sentenza 622/2004) e pertanto per i posti il singolo ente sulla
base della propria autonomia regolamentare dovrà valutare a quale categoria si
riferiscono le necessità del Comune ai fini delle assunzioni ex art. 90 del Tuel; - possono
essere affidate esclusivamente per funzioni di supporto di attività di indirizzo e di controllo
alle dirette dipendenze del Sindaco, al fine di evitare qualunque sovrapposizione con le
funzioni gestionali ed istituzionali, che devono invece dipendere dal vertice della struttura
organizzativa dell'ente (Corte dei conti Lombardia - Deliberazione 43/2007); - agli uffici in
oggetto possono essere affidate la gestione delle risorse umane, strumentali e finanziarie
strettamente strumentali e funzionali all'esercizio dei compiti medesimi (Corte dei conti
Toscana - Deliberazione n. 5P/2008 in parte in contrapposizione con la Corte dei conti
Lombardia poco sopra citata); - tali assunzioni rientrano nel concetto di spesa di
personale (Corte dei conti Lombardia - Deliberazione 43/2007). Inoltre: - il compenso di
base deve essere corrispondente ad un compenso erogato per la categoria di
appartenenza del CCNL Enti Locali sulla base di quanto previsto nella dotazione organica
per quel preciso posto da ricoprire in riferimento alle disposizioni dell'art. 90 del Tuel; -
anziché prevedere diversi compensi accessori sarà possibile individuare un unico
emolumento (indennità di staff) onnicomprensiva di qualsiasi altra retribuzione
accessoria".
La circostanza che non sia prevista una selezione comparativa non comporta, peraltro,
un arbitrio indiscriminato ad personam nel conferimento del relativo incarico. Pertanto,
oltre che vincoli di carattere organizzativo, procedimentale e finanziario, il conferente è
comunque tenuto al rispetto di un minimum vincolante quanto alla scelta del designato
e, soprattutto, alla determinazione della sua retribuzione.
Si tratta di affermazioni consolidate nella giurisprudenza della Corte dei conti, che ha
evidenziato che l'articolo 90 in questione comunque "non permette "di prescindere dalla
valutazione della specificazione della categoria e del profilo professionale che, visti anche
gli insegnamenti della Corte costituzionale, 28 luglio 1999, n. 364, la quale ha rimarcato la
necessaria comparazione nello scrutinio dei soggetti aspiranti ad essere incardinati nella
Pubblica Amministrazione, costituiscono fondamentali elementi di valutazione al fine
dell'inserimento di un soggetto nell'organizzazione della Pubblica Amministrazione. La
presenza dell'elemento fiduciario, che pur deve sussistere nell'ambito di un rapporto di
staff, pertanto, non prescinde da un'oggettiva valutazione del curriculum vitae del soggetto
preso in considerazione, anche al fine di collocare nell'ambito della "macchina
amministrativa" collaboratori in osservanza del fondamentale principio di trasparenza che
deve connotare l'attività dell'Amministrazione" (Sez. Giur. Toscana, sentenza n. 622/2004)
2004)" (Sezione regionale di controllo per la Basilicata, 26 novembre 2018, n. 38). In
particolare, tra l'altro (Sezione regionale di controllo per la Campania, 9 agosto 2018, n.
102), deve essere esperita la previa verifica dell'esistenza di risorse interne, con ricorso
ad estranei solo in caso di esito negativo della ricognizione di funzionari interni, anche al
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fine di rispettare le legittime aspettative delle risorse interne all'ente.
Tali principi risultano consolidati anche nella giurisprudenza elaborata da questa
Sezione, che (come illustrato e come sarà ribadito nel prosieguo) ha più volte
evidenziato l'impossibilità nel vigente assetto ordinamentale di riconoscere un arbitrium
merum al conferente nel conferimento di incarichi ex articolo 90 del decreto legislativo n.
267 del 2000.
Così, oltre alla pronuncia della Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana n. 622
del 2004, menzionata a sua volta dalla pronuncia della Sezione regionale di controllo per
la Basilicata, n. 38 del 2018, va ricordata la più recente sentenza 20 febbraio 2012, n. 85
(sempre della stessa Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana), che ha ribadito
come il carattere fiduciario delle nomine non possa debordare nell'arbitrio ma debba
comunque corrispondere a canoni (sindacabili in sede giudiziaria) di ragionevolezza e
buona amministrazione. Tale valutazione deve operare con particolare riferimento alla
categoria di inquadramento resa possibile dal livello di professionalità.
Pertanto, anche ammettendo l'impossibilità di far fronte al fabbisogno di rapporti
fiduciari con professionalità interne, ipotizzate non idonee per il distacco in uffici apicali,
l'acquisizione dall'esterno di tali professionalità deve ricadere in ogni caso su elementi
oggettivamente in grado di apportare una sorta di valore aggiunto all'ente locale.
iv. Conclusioni: i requisiti per il conferimento di incarichi di collaborazione.
Dall'analisi del dato testuale, per come interpretato dalla giurisprudenza, possono quindi
essere desunti una serie di presupposti per il conferimento degli incarichi de quibus:
a) costituzione del rapporto con contratto di lavoro subordinato, sia pure a tempo
determinato (Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna, 3 dicembre 2014,
n. 165), anche per evitare lo sfruttamento delle energie lavorative da parte del datore
pubblico a danno del collaboratore, soggetto meritevole di tutela pur se incardinato in
assenza di una procedura concorsuale;
b) rispetto dei conferenti vincoli di spesa, non potendo il particolare atteggiarsi del
rapporto consentire la deroga ai tetti fissati in via normativa per la generalità delle spese
per il personale (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 16 ottobre 2007, n. 43)
essi devono mantenersi nei limiti di tale plafond;
c) previsione nel regolamento dell'ente, per espressa indicazione dell'articolo 90 citato
(Sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 43 del 2007, cit.; Sezione
giurisdizionale Regione Siciliana, 8 ottobre 2020, n. 542), di tali incarichi, che devono
essere previsti nel Regolamento degli uffici o dei servizi. Quest'ultima precisazione
impone quindi di collocare gli incarichi di staff pur sempre all'interno della struttura
organizzativa, predeterminata, dell'ente locale.
Di conseguenza, deve essere escluso che tali uffici possano essere creati ad hoc con
ordinanza, e che comunque sia attribuito un trattamento economico diverso da quello
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indicato nel medesimo regolamento.
d) rispetto del procedimento: esso è ricavabile dai principi generali e dalla legislazione
speciale quantomeno con riferimento alla previa verifica dell'insussistenza di risorse
interne, e del conseguente "valore aggiunto" apportato dagli interessati, considerando
che diversamente non sarebbe giustificato l'inserimento di soggetti esterni all'interno
della pubblica amministrazione.
e) rispetto dei requisiti culturali e professionali: essi sono fissati in generale per la
generalità dei dirigenti e, in particolare, per lo specifico incarico.
Quanto a quest'ultimo aspetto (che rappresenta un elemento importante ma non
esclusivo della contestazione mossa dalla Procura erariale) il problema sovente
affrontato dalla giurisprudenza contabile è se, per i collaboratori assunti ai sensi
dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che siano equiparati dal punto di
vista retributivo ai dirigenti, debbano essere rispettati i medesimi requisiti professionali e
culturali previsti per questi ultimi, e in particolare il possesso del titolo di studio della
laurea.
In linea di principio, peraltro, come consolidato nella giurisprudenza consolidata della
Corte dei conti (cfr Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna, n. 165 del
2014, cit.), il vertice politico può "fiduciariamente esercitare la scelta degli organi di staff
con estrema libertà per quanto attiene l'identificazione dei soggetti prescelti, sui quali non
sussiste alcun requisito ostativo quale la carenza di un particolare titolo di studio (…)
Tuttavia, rimane
fermo che il successivo inquadramento in una determinata categoria professionale, debba
essere effettuato sulla scorta dello stesso titolo di studio che il regolamento comunale
richiede per l'accesso alla corrispondente qualifica di inquadramento".
Al riguardo, come accennato, nella presente vicenda la Procura erariale ha sostenuto
l'applicabilità al caso di specie dei conseguenti requisiti - tra cui il possesso del titolo di
studio della laurea - prescritti per il personale dirigenziale.
In linea di principio, il collegio su tale complessa quaestio iuris ritiene di esprimere
quanto di seguito.
L'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel testo vigente
all'epoca dei fatti, disciplina(va) il conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti
esterni all'amministrazione.
Con riferimento ai requisiti soggettivi, la norma disponeva che "Tali incarichi sono
conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano
svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private
con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che
abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e
scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni
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scientifiche
o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi
comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per
l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza
universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato".
Per effetto del comma 6-ter dello stesso articolo (introdotto dall'articolo 40 del decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, non vigente all'epoca dei fatti contestati),
l'applicazione del comma 6 citato è stato esteso anche alle amministrazioni locali.
Inoltre, l'articolo 19, comma 6, anch'esso già citato, è stato parzialmente riformulato nel
senso di rendere il riferimento alle esperienze professionali non già alternativo, ma
cumulativo rispetto ai titoli di studio.
Infatti, in luogo della congiunzione disgiuntiva: "o [da concrete esperienze di lavoro]" è
infatti attualmente presente quella positiva "e [da concrete esperienze di lavoro]".
Come affermato dalla giurisprudenza contabile (Sezione giurisdizionale regionale per il
Veneto, 20 novembre 2019, n. 182) ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo n. 150
del 2009 "la "particolare specializzazione professionale" che è requisito per l'attribuzione
dell'incarico, infatti, deve essere comprovata "dalla formazione universitaria e
postuniversitaria, post universitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze
di lavoro…". Requisito culturale e di esperienza lavorativa dunque, non possono in alcun
modo essere ritenuti, anche solo sulla base della littera legis, alternativi tra loro, ma
debbono, coerentemente con la ratio legis, sussistere congiuntamente".
La norma avrebbe, peraltro, recepito un principio già presente nell'ordinamento (Sezione
del controllo di legittimità su atti del Governo, deliberazione 9 gennaio 2003, n. 3), con la
conseguenza che, almeno sotto il profilo tendenziale, non potrebbe disconoscersi la
necessità, anche per incarichi quali quelli all'oggetto del giudizio, del titolo di studio della
laurea.
In particolare, quindi, è stato affermato da ulteriore giurisprudenza (Sezione
giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna, 19 gennaio 2015, n. 3) che "l'art. 40, lett. f
D.L.vo n. 150/2009, che di fatto ha esteso, introducendo il comma 6 ter all'art. 19 D.L.vo n.
165/2001, agli enti locali la disciplina degli incarichi a contratto contenuta nel comma 6
del medesimo articolo, sia ricognitivo di una giurisprudenza della Corte dei conti che da
sempre richiede la laurea per le posizioni apicali (…) (Corte dei conti, Sez. Toscana,
363/2011)".
v. L'applicazione dei relativi principi nel caso di specie.
Quanto sopra dettagliato consente di affrontare uno dei temi posti dalla Procura nell'atto
di citazione e ribadito, tra l'altro, in sede di discussione.
In entrambe le sedi è stato, in primis, evidenziato, che al conferimento degli incarichi di
diretta collaborazione sarebbe applicabile l'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del
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2000 e i conseguenti requisiti - tra cui il possesso dei titoli di studio - necessari per il
conferimento di incarichi dirigenziali.
Al riguardo, il collegio ritiene di non prendere posizione espressa su tale ultima
questione (salvo ribadire che, senza dubbio, come già evidenziato, nell'ordinamento
precedente al decreto legislativo n. 150 del 2009 già risultava presente un tendenziale
obbligo di possesso del titolo della laurea per il personale chiamato a ricoprire incarichi
dirigenziali).
Infatti, come si avrà modo di rilevare nei punti successivi, la risoluzione di tale questione
non assume valore decisivo ai fini della valutazione della legittimità dell'operato dei
convenuti che, come può essere anticipato, ridonda già nell'antigiuridicità del
conferimento in base a ulteriori, e sinanco maggiormente problematiche, considerazioni.
vi. L'effetto della novella del 2014.
Alla fonte disciplinante il conferimento di incarichi di staff (contenuta, come più volte
esposto, nell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000) ha più di recente
innovato l'articolo 11 del decreto-legge n. 90 del 2014, già accennato in considerazione
di taluna delle difese. La novella, introducendo un comma 3-bis, ha precisato che "Resta
fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto
individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di
studio, è parametrato a quello dirigenziale". La lettera della norma non presenta
particolari problemi esegetici ed è anzi di agevole lettura.
Contrariamente a quanto sostenuto soprattutto dalla linea difensiva del convenuto
Matteo Renzi, infatti, l'effetto della novellazione più volte citata, indipendentemente dalle
intenzioni del decretante, non è stato quello di legittimare ex post il conferimento di
incarichi del tutto svincolati dal possesso di requisiti culturali ovvero professionali. Essa,
al contrario, assume un duplice valore, uno di carattere confermativo e uno di carattere
innovativo, in entrambi i casi ininfluente ai fini dell'eventuale elisione della contestazione
in esame.
Innanzitutto, la disposizione ha oggettivamente precluso il ricorso alle collaborazioni di
cui all'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000 per attività gestionali o sinanco
ordinarie, rafforzando quindi l'originaria impostazione dello stesso atto normativo. La
contraria prassi era stata, in passato, stigmatizzata (in quanto illegittima) da parte della
giurisprudenza contabile, che aveva evidenziato come la facoltà di utilizzare il personale
assunto ai sensi dell'articolo 90 non possa legittimare assegnazioni "strumentalmente
finalizzate all'assunzione temporanea, mediante chiamate dirette di natura fiduciaria, di
(…) soggetti (…) anche presso settori diversi dell'Amministrazione comunale per
l'espletamento di mansioni generiche, rientranti nelle ordinarie competenze gestionali dei
vari settori amministrativi del Comune e, comunque, palesemente esulanti rispetto ai tipici
compiti di supporto e di collaborazione all'esercizio, da parte del sindaco, delle sue
istituzionali funzioni d'indirizzo politico-amministrativo e di controllo" (Sezione
giurisdizionale di Appello per la Regione Siciliana, 9 settembre 2014, n. 377).
In secondo luogo, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa citata, essa
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presenta valore "innovativo", e non già "confermativo", con conseguente applicabilità
solo agli incarichi successivi alla sua introduzione.
Infatti, la novella ha (in astratto) permesso di adibire personale non laureato a mansioni
analoghe, quanto al contenuto e in via correlativa quanto alla retribuzione, al personale
dirigenziale.
In particolare, come sostenuto da parte della giurisprudenza contabile, la disposizione
"indirettamente riconosce la possibilità che il trattamento economico del personale, non
adeguatamente titolato, assunto negli uffici di staff possa comunque essere parametrato
a quello del personale con qualifica dirigenziale. Ma tale evenienza, avendo portata
chiaramente innovativa rispetto ad un assetto che deponeva in senso contrario, può
realizzarsi solo posteriormente all'introduzione della disposizione" (Sezione II centrale
Appello, 8 luglio 2019, n. 244). Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto, in
particolare, dal convenuto Matteo Renzi, il governo decretante non ha affatto confermato
la possibilità del conferimento di incarichi a personale non dotato dei requisiti specifici,
con retribuzioni analoghe a quelle dei dirigenti.
Invece, fatti salvi gli ulteriori elementi sostanziali e procedimentali, il citato atto normativo
ha consentito quanto in passato non era invece permesso. Come accennato, peraltro, la
novella non può quindi applicarsi, non avendo valore retroattivo, ai fatti in contestazione.
Per contro, come sarà di seguito evidenziato, il complesso di nomine in contestazione si
disvela come gravemente illegittimo per una serie di motivi.
vii. I profili di illegittimità degli incarichi contestati.
a) Carenza dei requisiti soggettivi: in base a quanto sopra rappresentato, innanzitutto,
occorre rilevare che dall'ordinamento è ricavabile, come ampiamente argomentato, un
principio quantomeno di tendenziale possesso del requisito del titolo di studio della
laurea, ai fini del conferimento di un incarico la cui remunerazione sia parametrata a
quella dirigenziale.
Si deve ritenere che possano essere fatte salve specifiche situazioni in cui la
comprovata ed eccezionale qualificazione professionale degli interessati, per come
desumibile dal curriculum, sia idoneo a superare tale mancanza, ma anche tale
circostanza deve essere adeguatamente motivata.
In generale, infatti, come osservato anche dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza
9 marzo 2012, n. 53), anche ritenendo che non costituisca requisito condizionante la
nomina in una delle posizioni di staff il possesso della laurea, simili forme di diretta
collaborazione sono il prodotto di scelte operate sulla base di criteri di tipo fiduciario,
che tengono ovviamente conto della peculiarità dell'incarico in conseguenza del
necessario rapporto intercorrente con l'organo politico, ma non possano avvenire
soltanto in considerazione del predetto rapporto definito intuitu personae.
Conseguentemente, non risulta ammissibile che il relativo conferimento avvenga in
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totale assenza di criteri selettivi in grado di valorizzare le indispensabili professionalità e
competenze (così la giurisprudenza contabile, tra cui Sezione II centrale Appello, 244
del 2019, cit. e, negli stessi termini, ancora più di recente, sempre la Sezione II centrale
Appello, 1 marzo 2021, n. 67).
Nel caso di specie, è invece dato rilevare quanto segue.
Come argomentato nell'atto di citazione, per le nomine contestate risultano gravemente
violati i requisiti soggettivi per ritenere legittima l'attribuzione di un trattamento
economico equiparato a quello dirigenziale. Tale affermazione vale sia in sé e per sé (per
la carenza del titolo di studio della laurea, come detto a prescindere dall'affermazione ex
professo di tale obbligo), sia per l'impossibilità di desumere aliunde elementi idonei a far
evidenziare, in capo ai nominati, requisiti idonei a superare la presunzione di inidoneità. E
infatti:
- per l'incarico conferito a Marco Agnoletti risulta irrilevante il possesso del requisito
dell'iscrizione nell'Albo dei giornalisti, in quanto non certo sufficiente di per sé a
giustificare l'incardinamento in posizione apicale;
- per l'incarico conferito a Bruno Cavini l'inidoneità dell'inquadramento appare radicale,
trattandosi di soggetto in possesso del titolo di studio di scuola media inferiore.
Contrariamente a quanto asserito, in particolare, dalla difesa della convenuta Sarina
Liga, non si palesano come conferenti né il possesso del requisito dell'iscrizione
nell'Albo dei giornalisti, né le esperienze esternate nella determinazione dirigenziale. Per
quanto concerne il primo requisito può essere infatti ribadito quanto sopra già affermato
in relazione a Marco Agnoletti.
Le esperienze professionali allegate, invece, a una concreta analisi si rivelano essere in
realtà semplicemente incarichi di carattere essenzialmente politico o partecipativo, non
certo analoghi a quelli svolti da un dirigente. Peraltro, in tale obiezione è ammesso che la
determinazione reca, tra i motivi del conferimento, la pregressa collaborazione con il
sindaco nel precedente incarico di presidente della Provincia. Paradossalmente, tale
difesa riconosce che, anziché nel riconoscimento del "valore aggiunto", più volte
menzionato, il fondamento insito nelle nomine contestate è rinvenibile nella sola
necessità di gratificare soggetti connotati dal possesso di un rapporto fiduciario con il
sindaco.
b) Carenza dei requisiti procedimentali: contrariamente a quanto sostenuto, in
particolare, dal sindaco convenuto, le gravi manchevolezze presenti sotto il versante
dell'individuazione soggettiva dei designati agli incarichi di collaborazione fiduciaria non
esauriscono, tuttavia, le violazioni ai principi di legalità, ragionevolezza e buona
amministrazione.
Infatti, sotto il versante procedimentale nel conferimento degli incarichi ai sensi
dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000, a prescindere dal titolo di studio
richiesto, devono essere rispettati embrionali criteri di selezione.
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Infatti "l'Ente è tenuto in ogni caso a garantire, nella scelta operata, il rispetto dei canoni di
ragionevolezza e di buon andamento dell'azione amministrativa" (…), valutando la
professionalità "in relazione alle specifiche caratteristiche del ruolo, tenendo conto della
complessità delle funzioni da svolgere e delle competenze necessarie per ricoprire
l'incarico, come evincibili dal curriculum professionale, da intendersi non come
imprescindibile requisito giustificativo dell'incarico, ma come una delle modalità ostensive
del possesso delle competenze necessarie a ricoprirlo"; anche la determinazione del
trattamento economico deve "connettersi con tali caratteristiche, venendo determinata in
relazione a diversi fattori, quali la dimensione e la complessità dell'Ente, le competenze
professionali richieste in relazione alle caratteristiche e alla complessità dell'incarico, la
temporaneità dell'incarico medesimo" (Sezione III centrale Appello, 12 luglio 2017, n.
352).
Tali requisiti dovevano rinvenire congrua sintesi nelle motivazioni della designazione
(proveniente dal Sindaco), nella deliberazione della Giunta sull'assunzione del personale
di staff sull'emolumento unico accessorio, nel parere tecnico a supporto e nel contratto
individuale di lavoro subordinato poi formalizzato: elementi che, invece, nel caso di
specie non sono riscontrabili né sotto il versante formale né sotto quello sostanziale.
Per contro, il complesso e farraginoso procedimento seguito per il conferimento degli
incarichi disvela in realtà la volontà di attribuire il citato e cospicuo emolumento in modo
sostanzialmente derogatorio rispetto ai meccanismi normativamente previsti,
evidentemente al fine di valorizzare la pregressa sussistenza di un rapporto fiduciario
con il conferente.
In particolare, preme menzionare l'adozione, quale atto propulsivo del conferimento degli
incarichi contestati, di un'ordinanza sindacale, ordinariamente (articolo 50 del decreto
legislativo n. 267 del 2000) deputata a situazioni di necessità e di urgenza, e comunque
non conferente al caso di specie.
Inoltre, occorre rilevare come gli atti che hanno in concreto determinato l'insorgenza del
rapporto di lavoro siano contraddistinti da una successione a dir poco anomala,
insorgente proprio a partire dall'ordinanza sindacale di designazione.
Analizzando l'iter procedimentale, infatti, è possibile riscontrare che la stipulazione dei
contratti individuali sottoscritti dalla convenuta Sarina Liga (con decorrenza immediata
del rapporto), risulta essere stata effettuata nella data del 3 luglio 2009 per Marco
Agnoletti e nella data del 7 luglio 2009 per Bruno Cavini (in disparte il rapporto
contrattuale, non contestato, con Giovanni Palumbo, ascrivibile al 1 luglio 2009).
Per contro, la fase provvedimentale ha visto l'intervento di successive determinazioni
dirigenziali in data 13-14 luglio 2009 e, per la quantificazione del trattamento economico
complessivo, della deliberazione della Giunta comunale in data 14 luglio 2009). Risulta
quindi violato il principio giuridico e ontologico secondo cui è l'atto paritetico ad
accedere al provvedimento, e non viceversa.
c) Carenza dei requisiti oggettivi: infine, sempre a proposito delle anomalie
procedimentali, nel caso di specie, il conferimento degli incarichi contestati si palesa
come illegittimo per un'ulteriore, e più grave tra tutte quelle descritte, considerazione di
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portata tassonomica.
Infatti, come accennato nel commentare la disposizione di cui al menzionato articolo 90,
è necessario che il conferimento di detti incarichi avvenga nel rigoroso rispetto di quanto
comminato nella disciplina regolamentare interna dell'ente (in tal senso, già in epoca
precedente ai fatti di causa, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 16 ottobre
2007, n. 43; Sezione II centrale Appello, n. 244 del 2019, cit., secondo cui detta
previsione rappresenta "un presupposto necessario per l'attivazione della misura
abilitativa all'estensione di quel trattamento economico anche a soggetti nei cui confronti
sarebbe stato ordinariamente inapplicabile"; Sezione giurisdizionale regionale per la
Toscana, n. 209 del 2017 cit., paradossalmente menzionata negli scritti difensivi).
Persino la relazione di accompagnamento alla novella operata dal decreto-legge n. 90
del 2014 ("Relazione illustrativa al disegno di legge numero 2486 AC") del pari invocata,
negli scritti difensivi, quale norma maggiormente permissiva, ha specificato che il
riferimento all'inquadramento dirigenziale può assumere rilievo "ove consentito nel
regolamento degli uffici e dei servizi".
Per contro, nel Comune di Firenze, come argomentato dalla Procura erariale, non risulta
presente una previsione idonea a giustificare i conferimenti de quibus.
È infatti prodotto agli atti il Regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi vigente
all'interno del Comune di Firenze, che non contiene disposizioni idonee a consentire
l'attribuzione di un incarico remunerato come una funzione dirigenziale agli uffici di staff.
A contrario, occorre invece osservare, ad esempio, gli articoli 11 - ter, comma 1, quinto
alinea, e 11- quater, comma 3, relativi alla remunerazione dei responsabili della
segreteria del sindaco e dell'Ufficio per la sicurezza, che consentono espressamente di
corrispondere la retribuzione pari alla posizione apicale del relativo contratto collettivo.
In conclusione, il collegio concorda con la Procura secondo cui "deve prendersi
atto che il Comune di Firenze non aveva all'epoca dei fatti un regolamento che
consentisse di derogare al requisito della laurea (non per assumere ex art. 90 TUEL, ma)
per erogare il ripetuto trattamento economico dirigenziale per gli incarichi di che trattasi".
In conclusione, l'illegittimità degli incarichi contestati si appalesa in modo
assolutamente meridiano.
Infatti, va considerato che il vertice dell'organo politico del Comune ha violato non solo le
disposizioni settoriali in ordine al conferimento degli incarichi de quibus (che, in vario
modo, le difese degli interessati reputano non applicabili), ma i precetti embrionali e
basilari dell'organizzazione pubblica e persino le norme di autovincolo al trattamento
economico, contenute nel regolamento interno. Tra l'altro, come accennato, nel caso di
specie non è assolutamente dato ravvisare l'apporto di quel "valore aggiunto" (per usare
la terminologia di Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, n. 85 del 2012) che
avrebbe giustificato l'incardinamento nei ruoli fiduciari di risorse esterne all'ente.
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viii. La sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità.
Dopo avere argomentato sulla violazione della normativa conferente, e posta quindi
l'illiceità oggettiva della situazione esposta, il collegio statuirà di seguito in ordine alla
sussistenza, in capo a tutti i convenuti, degli elementi costitutivi della responsabilità
amministrativa, successivamente argomentando in ordine alle singole responsabilità, al
fine di determinarne le relative quote.
Innanzitutto, in modo sintetico, occorre anticipare che nei confronti di tutti i convenuti
secondo il collegio appaiono provati, sulla base dell'atto introduttivo e dei documenti di
causa:
i) i presupposti e gli elementi oggettivi del danno erariale, vale a dire:
- il rapporto di servizio intercorrente con l'amministrazione comunale danneggiata
(fondato sulle rispettive qualifiche, che non richiedono ulteriori approfondimenti, di
Sindaco pro tempore del Comune di Firenze; di direttore dell'Ufficio del sindaco; nonché
di dirigente responsabile, tra l'altro, della stipulazione dei relativi contratti);
- l'antigiuridicità della condotta (ravvisabile nell'oggettivo contrasto degli incarichi
conferiti ai principi generali dell'agere pubblicistico, alla normativa primaria nonché, in
particolare, a quella secondaria e integrativa vigente nel comune interessato);
- il danno erariale, consistente nella perdita di risorse finanziarie pubbliche a seguito
dell'esborso sostenuto dal Comune di Firenze per detti incarichi, siccome illegittimi
soggettivamente e oggettivamente;
- il nesso di derivazione causale tra condotta e danno, in quanto la condotta ascritta ai
convenuti risulta causalmente orientata all'illegittimo esborso finanziario da parte del
comune e alla conseguente perdita pecuniaria;
ii) l'elemento soggettivo, quantomeno sotto il profilo della colpa grave, individuata nella
difformità dalla condotta tenuta rispetto a quella doverosa ed esigibile in base alla
posizione ricoperta e dei conseguenti doveri di ufficio, anche in relazione all'inescusabile
ignoranza della normativa applicabile. Infatti, è stata riscontrata un'operazione di
conferimento di incarichi a soggetti esterni che, innanzitutto, si palesa come illegittima,
in quanto contrastante con i precetti posti dalla disciplina di settore, dettagliatamente
dipanata anche in pronunce giurisdizionali persino precedenti alla condotta. Inoltre, tale
attività è risultata deviare rispetto alle norme interne vigenti, all'epoca dei fatti, all'interno
dello stesso comune e, comunque, ai principi basilari del diritto amministrativo.
Sull'elemento soggettivo è opportuno aggiungere qualche ulteriore considerazione
ancora attingendo ad una consolidata giurisprudenza di questa Corte, laddove rintraccia
la colpa grave nel non intelligere quod omnes intelligunt.
Intendendo per omnes gli homines eiusdem professionis et condicionis, nella presente
vicenda è ravvisabile un'oggettiva e forte deviazione dagli standard di condotta che
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devono essere tenuti da soggetti che rivestano cariche quali quelle ricoperte dai
convenuti, nonché una grave negligenza dei medesimi rispetto al comportamento che
sarebbe stato tenuto ove gli stessi avessero agito secondo i canoni del loro modello di
agente, imputabile ai medesimi. Tale negligenza si estrinseca nel coinvolgimento, a vario
titolo, nella produzione di atti gravemente difformi, sia quanto alla scansione
procedimentale che quanto al loro contenuto, dalle conferenti prescrizioni normative e
anche di ragionevolezza obiettiva. In particolare, il comportamento negligente emerge in
base al raffronto con quello che sarebbe stato tenuto dall'homo eiusdem condicionis et
professionis. I convenuti erano infatti investiti di ruoli, non solo strategici, ma anche
svolti all'interno di un comune di particolare importanza demografica e storica, già
capitale del Regno d'Italia. La devianza del comportamento tenuto rispetto a tali
parametri, e la contestuale produzione del danno in capo all'Erario, rappresentano, in
breve, elementi di percezione estremamente agevole anche nei confronti dell'agente
medio, rispettivamente amministratore politico e funzionario ovvero dirigente.
Le suesposte considerazioni, di ordine generale, coniugate con la più puntuale analisi
delle rispettive condotte gravemente colpose tenute dai convenuti, portano il collegio a
respingere per tutti i convenuti la applicazione del potere riduttivo dell'addebito.
ix. Determinazione e quantificazione del danno. Incidenza della deliberazione della Giunta
comunale del 14 luglio 2009.
Con riferimento al quantum debeatur, giudica il collegio di accogliere la determinazione
della responsabilità richiesta, pur con i limiti di seguito esposti. Il danno deve essere
infatti correttamente individuato nel costo complessivo dei due rapporti contrattuali
contestati, che per l'arco interessato (dal 2009 al 2013) risulta pari a euro 345.275,44 (in
relazione a Marco Agnoletti) e a euro 352.106,36 (in relazione a Bruno Cavini).
Al riguardo, a rigetto delle eccezioni di erronea quantificazione del danno erariale,
occorre ribadire che il risarcimento deve essere parametrato alle somme indebitamente
erogate ai collaboratori avendo riguardo al lordo, e non al netto.
Tale determinazione risulta conforme ai principi di diritto consacrati, tra l'altro, dalla
pronuncia delle Sezioni riunite della Corte dei conti in data 12 ottobre 2020, n. 24.
Secondo tale arresto, per l'ipotesi di danno erariale conseguente alla illecita erogazione
di emolumenti lato sensu intesi la quantificazione deve essere effettuata al lordo delle
ritenute fiscali operate a titolo di acconto sugli importi liquidati a tale titolo.
Il collegio reputa altresì di non poter accogliere le eccezioni, proposte in modo variegato
dai diversi convenuti, tese a ridurre l'ammontare del danno erariale o in considerazione
dell'applicazione della compensatio lucri cum damno (articolo 1, comma 1- bis della
legge 14 gennaio 1994, n. 20) o ritenendo utilmente erogate, e quindi non illegittime, le
retribuzioni parametrate a quelle di nomine contestuali ma lecite. Difetta, in modo
evidente, nel caso di specie, il tertium comparationis, in quanto, come si è evidenziato,
gli incarichi de quibus sono stati conferiti in radicale violazione dei presupposti
sostanziali e dei requisiti procedimentali.
Per contro, come evidenziato dalla giurisprudenza "laddove il danno erariale è
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Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 13:11:24
riconducibile alla violazione di vincoli modali all'effettuazione della spesa, contenuti in
norme imperative poste a tutela della sana gestione delle risorse finanziarie ed a
salvaguardia dei precari equilibri di bilancio degli Enti Pubblici, l'esborso compiuto in
violazione delle stesse è implicitamente non utile e insuscettibile di valutazioni
compensative" (Sezione I centrale Appello, 12 marzo 2018, n. 106).
Va, per contro, rilevato che la Procura erariale non ha evocato in giudizio i componenti
della Giunta e fatto assumere un certo rilievo a tale circostanza.
Ritiene il collegio che, valutando l'oggettiva incidenza causale della deliberazione in data
14 luglio 2009 con cui, a sugello del complesso e non corretto iter procedimentale, è
stato definito il trattamento economico dei designati, non possa che essere riconosciuta
una rilevante efficacia causale alla condotta tenuta dai componenti della Giunta alla
produzione del danno.
Peraltro, il vigente codice di giustizia contabile (articolo 83) preclude, in modo perentorio,
l'evocazione in giudizio iussu iudicis (comma 1) imponendo al giudice, al contempo, per
l'ipotesi di causazione plurisoggettiva del danno, di considerare l'effettivo apporto
causale ai fini "della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori
nei confronti dei quali pronuncia sentenza" (comma 2). Come evidenziato dalla
giurisprudenza la norma impone allora "di quantificare il danno in rapporto alla efficacia
causale delle singole condotte" (Sezione giurisdizionale regionale per il Piemonte, 22
ottobre 2019, n. 308), anche per ragioni di ordine logico. Tale efficacia causale,
quantificabile nel quaranta per cento, sarà valutata in sede di determinazione delle
singole quote.
Può ora accedersi alla disamina delle singole posizioni processuali.
x . La posizione del convenuto Claudio Martini.
a) Le difese spiegate nel merito: in via pregiudiziale occorre scrutinare la posizione del
convenuto Claudio Martini, in quanto il medesimo ha argomentato in modo dettagliato la
propria, radicale estraneità alla controversia in esame, per non avere posto in essere atti
idonei alla produzione del danno, controbattendo alle deduzioni del convenuto Matteo
Renzi e della convenuta Sarina Liga (tese invece a incolparlo della produzione del danno)
con particolare veemenza.
Lo stesso ha argomentato essenzialmente, a propria discolpa, un certo grado di
emarginazione a seguito dell'insediamento del management comunale.
Detto convenuto ha comunque, paradossalmente, fornito elementi idonei a corroborare
la fondatezza in punto di fatto dell'ipotesi accusatoria e, comunque, l'illegittimità
dell'impostazione complessiva dell'operazione di nomina.
Sotto il versante giuridico, per quanto l'eccezione di prescrizione dal medesimo proposta
rivesta, in linea teorica, rilievo pregiudiziale, il collegio ritiene di scrutinare in via
preliminare la difesa che verte sulla radicale assenza di contributo causale. Essa, infatti,
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in concreto, si presenta come pregiudiziale, rendendo irrilevante, in caso di
accoglimento, lo scrutinio sulla prescrizione, ed è stata qualificata, nelle conclusioni
della non sempre agevolmente intellegibile memoria, quale eccezione subordinata,
anche perché meno satisfattiva.
b) La "proposta" nel diritto pubblico: è necessario premettere che, nel diritto civile
(articolo 1326 del codice civile), la proposta dell'offerente rappresenta lo strumento
formale per consentire il perfezionamento della fattispecie contrattuale, tramite la
combinazione di due manifestazioni di volontà tese al medesimo scopo.
Per contro, nel diritto pubblico la proposta è l'atto propedeutico all'adozione di un
provvedimento che non ne preclude l'imputazione al solo soggetto emanante. Di norma,
infatti, le pubbliche autorità agiscono secondo modelli unilaterali che non prevedono il
concorso di volontà formale di più soggetti. Pertanto, l'atto adottato su istanza di un
privato, o su richiesta di altra pubblica amministrazione, resta nell'esclusiva disponibilità
dell'autorità emanante all'esito del prescritto iter procedimentale, in considerazione della
preminenza dell'atto decisorio e provvedimentale.
Peraltro, in molti casi, la normativa primaria, nell'affidare determinati atti di cura
dell'interesse pubblico, prevede espressamente che un certo provvedimento debba
essere adottato su proposta di altro soggetto.
L'effetto di tali disposizioni è quello di scindere l'imputazione dell'atto finale dall'impulso
all'adozione di un determinato contenuto: infatti, il primo resta di competenza
dell'autorità che emette la determinazione ultimativa, mentre il secondo è appunto
determinato dall'autorità proponente.
Si tratta, peraltro, di una sostanziale eccezione al principio logico-giuridico secondo cui
la determinazione del contenuto dell'atto è di competenza, essenzialmente, dell'autorità
emanante.
Tali eccezioni non sono infrequenti e, ad esempio, sono reperibili anche nelle
disposizioni costituzionali. Si pensi all'articolo 89, comma secondo, della Costituzione,
secondo cui gli atti del Capo dello Stato con valore normativo sono controfirmati dal
Presidente del Consiglio ovvero dai ministri proponenti.
In questo, come altri casi, potrebbe nascere il dubbio sulla ragione che giustifica la
scissione in commento nell'assetto normativo.
Essa deve essere individuata nella volontà di garantire il massimo grado possibile di
tutela della legalità, tramite l'attribuzione di un (reciproco) potere di controllo ai soggetti
partecipanti alla fattispecie.
Si tratta di una funzione di verifica meno intensa, ovviamente, quanto al soggetto che
controlla e valida, tramite la sua compulsazione, la sussistenza dei presupposti per
provvedere e influisce sul contenuto dell'atto; più ampia, invece, per il soggetto investito
dell'emanazione formale del provvedimento.
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Quest'ultimo, infatti, è di norma legittimato a un potere di controllo, oltre che sui profili
formali, anche sugli aspetti di legittimità sostanziale di quanto disposto da parte del
soggetto investito del potere di proposta.
Deve essere precisato che, mentre l'attività di impulso resta sempre incardinata in capo
al soggetto proponente, la determinazione del contenuto può essere entro certi limiti
rimessa anche alla valutazione dell'oblato.
In generale, vige comunque un principio di leale collaborazione: considerando che il
diniego del soggetto formalmente emanante presenta carattere ultimativo e non
coercibile, si può ritenere che il proponente debba comunque favorire il consenso (se
non obbligato) esternando una rosa di più soluzioni possibili.
Come accennato, dal momento che la previsione di una funzione di proposta, autonoma
rispetto all'emanazione dell'atto, rappresenta una deroga al principio di determinazione
del contenuto da parte del soggetto preposto all'emanazione di un atto unilaterale, essa
deve essere espressamente prevista. La previsione deve essere contenuta, per quanto
riguarda le fattispecie normate dalla legge, da un atto primario, ovvero, in altri casi, in
atto regolamentare o quantomeno organizzativo.
c) L'applicazione nel caso di specie: nella vicenda descritta, occorre tuttavia rilevare che
la "proposta" del convenuto Claudio Martini si è inserita in un iter procedimentale
(seppure anomalo, come si è avuto modo di vedere) relativo ad atti propri del
sindaco. Sia perché, nel caso di specie, la forma iuris adottata è stata quella
dell'ordinanza, sia perché la designazione per gli incarichi fiduciari, ove correttamente
attuata, resta atto proprio del vertice politico, il quale nel caso di specie l'ha attuata in
ragione della fiducia cum amico con gli interessati.
Tuttavia, tale circostanza non esclude una effettiva influenza causale: infatti, la stessa
attività, pur non potendo essere qualificata come proposta in senso tecnico, può
assumere rilievo ai fini della predisposizione dell'atto e dell'indirizzamento all'organo
politico ai fini della sua approvazione.
In effetti, l'articolo 7 del Regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi
non sembra(va) conferire all'Ufficio del sindaco un autonomo potere di proposta.
Tuttavia, non pare potersi escludere una responsabilità del convenuto in commento, non
tanto, come argomentato dalla Procura, per essersi ingerito di fatto nell'adozione di tale
atto illegittimo, ma in relazione a un contributo causalmente orientato, autonomamente
contestabile e valutabile. Come accennato, anche se tale attività non può dirsi illegittima,
come sostiene la Procura, in quanto non produttiva di effetti giuridici diretti, non se ne
può escludere la rilevanza causale (come noto, imputabile nella fattispecie "a forma
libera"). Nella vicenda all'esame del collegio, infatti, occorre rilevare che il conferimento
degli incarichi contestati, più volte descritti, pare senza dubbio imputabile al
responsabile del vertice politico in quanto soggetto cui, in ultima analisi, il relativo atto
deve essere imputato.
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Non vi è, nemmeno, dubbio alcuno sulla circostanza che, pur in presenza di un atipico (in
quanto non espressamente tipizzato) atto di "impulso", sempre lo stesso sindaco ben
avrebbe potuto, esercitando le proprie prerogative comunque esistenti, addivenire, al fine
di garantire il rispetto dei requisiti giuridici previsti per le nomine de quibus all'interno
dell'ente, al rigetto dei nominativi proposti, con conseguente riavvio dell'iter
procedimentale relativo alla nomina (ma, appunto, previa designazione di ulteriori
soggetti).
Il collegio, tuttavia, ritiene che una sia pur minima efficacia causale e, di conseguenza,
ascrizione di responsabilità, non possa essere negata in capo al convenuto Claudio
Martini, in considerazione dell'individuazione e sollecitazione di una tipologia di atto
(come illustrato) non rispondente, né per il profilo soggettivo né per quello oggettivo, ai
presupposti normativi.
Infatti, detta attività ha spiegato una, sia pur minimale, efficacia causale nel
rafforzamento della determinazione dell'organo di vertice all'incardinamento, risultando
causalmente orientata almeno sotto il versante morale.
d) La concreta ascrizione della proposta al convenuto: è comunque pure vero che tale
affermazione, di carattere astratto, postula che l'atto contestato (la proposta poi recepita
nella deliberazione contestata) sia, in effetti, imputabile all'interessato, circostanza che,
come osservato, il medesimo ha negato recisamente. Al riguardo, nonostante
l'estraneità del convenuto sia diffusamente argomentata, il Collegio ritiene di rigettare le
argomentazioni afferenti alla sua estraneità per le ragioni di seguito esposte.
Secondo quanto obiettato da parte del convenuto, la sottoscrizione informatica apposta
al documento, del pari informatico, contestato, non avrebbe efficacia fidefaciente della
paternità dell'atto.
Essa, invece, si limiterebbe a identificare iuris tantum la postazione informatica, o
personal computer di provenienza degli atti. Tuttavia, come lo stesso convenuto
riconosce, detto segno informatico sarebbe, in base all'articolo 20 del codice
dell'amministrazione digitale nel testo vigente all'epoca dei fatti, liberamente valutabile
da parte del giudice. Nel caso di specie, ritiene per l'appunto lo scrivente giudice che
sussistano, quantomeno, elementi probatori rilevanti. Essi, sia pure indiretti e critici,
inducono a ritenere riconducibile il "segno" apposto all'interessato. Infatti:
- solo a seguito delle contestazioni della Procura erariale il convenuto ha protestato la
propria estraneità nella presente vicenda, mentre non risulta che, in precedenza, il
medesimo abbia adottato iniziative idonee a protestare la propria innocenza, ben
potendo anche in epoca precedente, ad esempio, sporgere denuncia penale in relazione
al reato ipotizzato;
- non è immaginabile che il convenuto Claudio Martini, che da tempo ha ricoperto
incarichi all'interno della struttura comunale, non abbia nel corso degli anni appreso del
proprio coinvolgimento, considerato che: la vicenda si riferiva a nomine apicali,
direttamente riferibili al sindaco; lo stesso ha mosso serie e diffuse critiche all'operato
del nuovo management; è stato ipotizzato il compimento di attività mistificatoria, che
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sarebbe emersa per tabulas e sarebbe risultata agevolmente percepibile in un ambiente
ristretto quale quello della struttura amministrativa;
- appare comunque verosimile che, in virtù del principio della prorogatio, prima
dell'assunzione della carica del nuovo direttore, le medesime funzioni siano state
esercitate dal direttore uscente;
- le due ordinanze sono in pari data, anche se numerate nel modo descritto, con la
conseguenza che non è arduo ipotizzare un'imprecisa (ma in modo ininfluente)
scansione temporale.
Le argomentazioni difensive proposte dal citato convenuto meritano, tuttavia, parziale
accoglimento ai fini della valutazione di una compartecipazione solo minimale nella
vicenda, come sarà di presso dettagliato.
e) L'eccezione di prescrizione: da ultimo, occorre ricordare che (come accennato) con
efficacia sostanzialmente pregiudiziale, ma in via subordinata, la difesa del convenuto
Claudio Martini ha ritualmente proposto eccezione di prescrizione dell'azione erariale. Al
riguardo, come desumibile dalla ricostruzione della vicenda, l'esordio del termine
prescrizionale deve essere individuato nella data del 14 luglio 2009, momento in cui, con
la conclusione dell'iter, sia pure anomalo, del procedimento, è divenuto attuale il danno.
Sul tema, nessuna eccezione è stata proposta dai convenuti Matteo Renzi e Sarina Liga,
mentre, come accennato, una specifica eccezione di prescrizione è stata mossa da
Claudio Martini. Lo stesso ha argomentato che nessun effetto interruttivo della
prescrizione potrebbe essere attribuito alla missiva, protocollo n. 0145151, datata 11
giugno 2014, ai sensi dell'articolo 140 del codice di procedura civile. Infatti, non sarebbe
stato recapitato (né prodotto dalla Procura erariale) l'avviso inerente al deposito dell'atto
presso la casa comunale. Tale argomentazione difensiva non può essere accolta.
Occorre infatti ricordare che l'effetto interruttivo della prescrizione deve essere
riconosciuto al complesso degli atti da cui sia desumibile la manifestazione della
volontà del soggetto interessato di avvalersi degli strumenti di tutela previsti
dall'ordinamento (Corte di cassazione, Sezioni unite, 11 luglio 2019, n. 18672).
Peraltro, ai fini del risarcimento conseguente al danno erariale, la giurisprudenza
contabile (Sezione I centrale Appello, 12 marzo 2018, n. 106) ha già precisato che "gli atti
interruttivi della prescrizione (2943, terzo comma, c.c.) pur essendo ricettizi, non hanno
carattere negoziale e non necessitano di prova della conoscenza effettiva da parte del
debitore".
Comunque, la Procura erariale ha prodotto agli atti il ritiro dell'atto di costituzione in
mora da parte della coniuge in data 28 luglio 2014, con la conseguenza che le riferite
illazioni difensive devono essere rigettate, risultando ritualmente perfezionata la relativa
procedura di notificazione.
In sintesi, per l'operato del convenuto Claudio Martini (esclusa la prescrizione
dell'azione) il collegio non nega conclusivamente un ruolo e un'incidenza, pur se
quantitativamente minimale, nella causazione del danno, derivando la medesima da un
atto giuridicamente atipico, ma comunque causalmente orientato alla produzione dello
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specifico danno. Esso secondo il collegio può essere determinato in misura pari al
cinque per cento del danno, con accoglimento solo parziale della richiesta erariale, e con
significativa, ma non integrale adesione alle ragioni difensive provenienti da tale
convenuto.
xi. La posizione del convenuto Matteo Renzi.
Nei confronti del convenuto Matteo Renzi, sindaco di Firenze all'epoca dei fatti in
contestazione, ferme restando le considerazioni di ordine generale svolte
antecedentemente, in senso affermativo rispetto alla presenza degli elementi costitutivi
della responsabilità erariale, occorre analizzare funditus le argomentazioni difensive
relative alla non configurabilità, nei propri confronti, dell'elemento soggettivo.
Secondo la difesa, la capacità di interpretazione della descritta normativa,
particolarmente complessa, risulterebbe estranea al "bagaglio di un esponente politico".
Sul punto occorre rilevare che, innanzitutto, l'affidamento di incarichi altamente
remunerati in carenza dei principi basilari del procedimento (in un caso addirittura a
soggetto munito del titolo di scuola media inferiore) rappresenta oggettivamente una
violazione di regole generali di condotta. Tale negligenza, in virtù delle specificità del
caso, è predicabile sinanco in relazione alle conoscenze "laiche" dell'amministratore
"medio".
Infatti, il sindaco opera "in un ambito istituzionale di assoluta rilevanza, ricoprendo un
ruolo che richiede[…] la padronanza di quei fondamentali principi dell'agire amministrativo
e della contabilità pubblica, peraltro di semplicissima ed intuitiva evidenza, che
impongono di legare il compenso di soggetti assunti dall'esterno ex art. 90 TUEL a
parametri oggettivi, suscettibili di verifica e riscontro immediati" (Sezione giurisdizionale
regionale per la Toscana, n. 209 del 2017, cit.).
In secondo luogo, ad colorandum, possono essere citati anche elementi "accidentali".
Innanzitutto (come esposto negli scritti di causa) lo stesso aveva ricoperto, in
precedenza, il ruolo di presidente della Provincia di Firenze, con la conseguenza che la
presumibile conoscenza della copiosa giurisprudenza più volte intervenuta sul punto
(prodottasi proprio nel corso del mandato provinciale) rappresenta elemento aggravante
della sua posizione.
In secondo luogo, come illustrato anche negli atti propedeutici al conferimento, il
medesimo convenuto vantava un pregresso rapporto con i destinatari degli incarichi, e
pertanto del difetto dei requisiti soggettivi da parte degli stessi.
In sintesi, per il convenuto Matteo Renzi non vi è dubbio alcuno che lo stesso, siccome
vertice politico dell'ente comunale, abbia assunto un ruolo propulsivo e, comunque,
attivo nell'operazione contestata, gravemente irregolare. La sua condotta è stata
produttiva della perdita finanziaria riscontrata in capo al comune in misura pari
(quantomeno) al dieci per cento del danno riscontrato, accogliendosi in tal senso le
istanze della Procura.
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Le nomine disvelatesi come illegittime sono state essenzialmente basate su un nesso
fiduciario con l'organo politico, e tale dato di fatto non è esente da conseguenze. Infatti,
esso comportava, in capo al medesimo, l'obbligo di rispondere della comprovata
inidoneità astratta dei designati agli incarichi. Lo iato rispetto alla legalità ordinaria è,
inoltre, al medesimo imputabile in modo particolarmente riprovevole, considerando la
sua posizione di vertice all'interno dell'ente interessato.
Nei confronti di detto convenuto, nessuna rilevanza può assumere l'astratta attribuibilità,
in capo alla Giunta comunale, di una parte del danno, espunta dalla posta ristorata,
attesa la misura sostanzialmente minimale (dieci per cento) attribuita al Sindaco
nell'atto di citazione e, comunque, l'oggettiva influenza in quanto intraneus e, anzi,
dominus che il medesimo era in grado di esercitare sull'organo chiamato a determinare
la misura del trattamento ad personas attribuito.
Di conseguenza, anche ove fosse stata evocata in giudizio la Giunta comunale, il
medesimo avrebbe risposto del relativo operato non solo pro quota, ma anche in misura
maggioritaria.
xii. La posizione della convenuta Sarina Liga.
Da ultimo, ma in misura non meno importante, anche la posizione della convenuta
Sarina Liga merita una disamina, peraltro di peculiare profondità.
Infatti, in base all'atto di citazione, alla medesima è stata contestata la pars maior del
contributo causale nella produzione del danno (considerando che, in base a quanto
sopra determinato, la quota del convenuto Claudio Martini è stata ex post ridotta a una
misura minimale).
Al riguardo, nell'atto di citazione è correttamente evidenziato che l'operato di tale
dirigente presenta un'indubbia incidenza causale prioritaria, atteso che la stessa ha
adottato le relative determinazioni di assunzione e stipulato in prima persona i contratti
attuativi dei conferimenti. Tale ricostruzione, come accennato, appare corretta. Infatti,
per quanto in capo alla medesima non sia riscontrabile una posizione apicale, una
valutazione di particolare riprovevolezza è imposta sia sotto il profilo dell'efficienza
causale nella produzione del danno che quanto all'elemento soggettivo.
Infatti, innanzitutto sotto il versante oggettivo, risulta incontestabile che detta dirigente
debba essere apporzionata in misura maggioritaria della responsabilità dell'esborso
finanziario sostenuto in modo ingiustificato dal Comune di Firenze.
Al di là dell'evidenza manchevolezza dei requisiti professionali e culturali posseduti dai
designati, infatti (ascrivibile anche al proponente Claudio Martini e al sindaco Matteo
Renzi); al di là dell'indebita parametrazione del compenso in concreto attribuito
(attribuibile ai componenti della Giunta comunale, non evocati in giudizio, e ancora al
sindaco); emerge nel complesso un'emanazione degli atti di competenza di tale
dirigente (e quindi nel proprio completo dominio) integralmente violativa del corretto iter
procedimentale.
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Come accennato, infatti, la stipulazione dei relativi atti costitutivi del rapporto è stata
viziata da plurimi profili di invalidità, peraltro integralmente riconducibili alla competenza
di detta agente, sicché non è dato dubitare dell'ascrivibilità alla medesima della più piena
responsabilità. Infatti, tali atti: i) non hanno rispettato il corretto inquadramento
retributivo astratto (in quanto, come più volte affermato, lo stesso è stato
illegittimamente parametrato a posizioni dirigenziali); ii) sono stati contratti
precedentemente sia alla determinazione dirigenziale di assunzione che al definitivo
inquadramento retributivo concreto. Infatti, come più volte descritto nella parte narrativa,
mentre gli atti paritetici sono stati sottoscritti in data 3 luglio 2009 con Marco Agnoletti e
in data 7 luglio 2009 con Bruno Cavini, le determinazioni dirigenziali sono state emanate
in data 13 luglio 2009, con apposizione del visto di regolarità amministrativo-contabile in
data 14 luglio 2009, e deliberazione della Giunta in pari data.
Sotto il versante soggettivo, emerge poi una trascuratezza dell'analisi della corretta
sequenza procedimentale, che sarebbe imputabile sinanco al quisque de populo; si
palesa anche un'imperizia altrettanto grave, avendo la stessa convenuta agito in palese
violazione delle cognizioni tecnico-specialistiche appropriate per il ruolo, che
comportava la gestione di rapporti contrattuali con il personale del comune e
l'apposizione di un visto di regolarità. Sia il grado di conoscenze possedute
dall'interessata in ragione della funzione (prettamente amministrativo-contabile) che lo
stesso ruolo cui era finalizzata detta funzione (di controllo dell'apparato amministrativo)
evidenziano la totale, e decisiva, adesione a un'operazione contrattuale, come detto,
gravemente deviante sia dal corretto iter procedurale che dalla legittimità sostanziale.
La deviazione dai canoni di condotta, come sopra descritti, si accompagna inoltre alla
assoluta prevedibilità della produzione del danno, trattandosi di conseguenza insita nella
stipulazione di atti di natura contrattuale, comportanti un esborso finanziario.
La quantificazione del danno in capo alla convenuta, in sintesi, deve essere operata
considerando sia l'oggettiva inadeguatezza del comportamento tenuto rispetto a quello
esigibile, che il grado di riprovevolezza della condotta.
In sintesi, la responsabilità della convenuta Sarina Liga deve essere scrutinata
considerando il forte disvalore del fatto, e l'assolutamente incisivo contributo causale
alla verificazione del danno erariale, che risulta prevalente rispetto a quello degli altri
convenuti nella misura che di seguito si andrà a dettagliare. Tutti i descritti elementi
sono stati adeguatamente quantificati, nell'atto di citazione, nella misura del
quarantacinque per cento, valutando appunto l'apporto decisivo nella produzione
dell'evento.
Pertanto, anche per la convenuta Sarina Liga la richiesta della procura erariale merita
accoglimento integrale, pur con una parziale rettificazione della quantificazione del
danno.
Infatti, in astratto, il quarantacinque per cento del danno fatto valere nell'atto di citazione
e accertato sarebbe pari a euro 313.821,81. Poiché, tuttavia, nell'edictio actionis la voce
di danno complessivamente ascritta alla convenuta Sarina Liga era stato erroneamente
indicato come pari a euro 313.821,18, il collegio ritiene di limitare il danno risarcito a tale,
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ultima determinazione. Una diversa soluzione configurerebbe infatti un'inammissibile
quantificazione ultra petitum da parte del collegio.
In ogni caso, va evidenziato che la differenza tra le due somme resta sostanzialmente
irrilevante sotto il profilo giuridico, non incidendo sulla qualificazione del disvalore della
condotta.
*****
In conclusione, tenuto conto che una quota del quaranta per cento del danno, in base a
quanto premesso, resterà a carico dell'amministrazione comunale, laddove non azionata
in diversa sede, il collegio (con riferimento alle posizioni dei singoli convenuti) in ordine
alla concreta determinazione del danno erariale dispone quanto di seguito.
Riscontrata sulla base di quanto sopra esposto la ricorrenza degli elementi della
responsabilità amministrativa, il collegio ritiene di accogliere la domanda della procura
erariale, integralmente per quanto riguarda i convenuti Matteo Renzi e Sarina Liga, e in
misura parziale per il convenuto Claudio Martini; conseguentemente, ritiene equo
condannare i convenuti al pagamento del risarcimento del danno, nella misura di seguito
dettagliata al netto di eventuali arrotondamenti, in favore dell'Erario, individuando quale
soggetto danneggiato il Comune di Firenze:
1) Matteo Renzi per il dieci per cento del petitum, pari a euro 69. 738,18;
2) Claudio Martini per il cinque per cento del petitum, pari a euro 34.869,09;
3) Sarina Liga per il quarantacinque per cento del petitum, come sopra rimodulato, pari a
euro 313.821, 18.
Il collegio reputa altresì equo che le relative somme siano liquidate in misura già
comprensiva della rivalutazione monetaria.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, definitivamente
pronunciando, in parziale accoglimento delle richieste della Procura erariale:
- condanna i convenuti al pagamento al risarcimento del danno, in favore dell'Erario,
individuando quale soggetto danneggiato il Comune di Firenze, nelle misure parziarie di
seguito descritte:
1) Matteo Renzi per euro 69. 738,18;
2) Claudio Martini per euro 34.869,09;
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3) Sarina Liga per euro 313.821, 18.
Tali importi, già comprensivi di rivalutazione, saranno incrementati degli interessi legali
dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino all'effettivo soddisfacimento del
credito.
- dispone che le spese seguano la soccombenza e siano liquidate in euro 400,00.=
(diconsi Euro Quattrocento/00.=).
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio in data 4 novembre 2021.
L'estensore
Andrea Luberti
Firmato digitalmente
Il Presidente
Antonio Galeota
Firmato digitalmente
Depositata in Segreteria il 03 marzo 2022
Il direttore della Segreteria
dott. Simonetta Agostini
Firmato digitalmente
11
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Rispondi

Da: Vecchio Dirigente04/03/2022 13:12:06
Onore ai 999,163 e 162 che hanno guidato mirabilmente l'agenzia nonostante i vertici.......
Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 13:12:11
Un scandalo del genere e nessuno ne parla.
Rispondi

Da: X Andromeda9904/03/2022 13:20:48
Non ti sembra che il tema del forum sia altro. Prova ad andare al mercato magari trovi qualcuno disposto a scambiare due parole sul contesto che citi e sembra interessarti molto per lo spazio che gli hai dedicato.
Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 13:47:02
Il collegamento c'è con il tema del forum ma forse preferite Pentitevi vostro compare..
Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 13:48:32
Qualcuno non chiedeva degli art. 19 comma 6? questi sono degli esempi.. ma meglio non disturbare la quiete degli dei dell'olimpo.
Rispondi

Da: Andromeda99 04/03/2022 14:01:08
Non vi rendete conto di quanto siete abietti cercando di chiudere la bocca in un forum dove il più lucido ripete lo stesso post in continuazione. Come denuncio da tempo, zittire intimorire discriminare chi esprime liberamente il proprio pensiero senza offendere nessuno è l'anticamera del regime e ora si vedono le atrocità a cui può arrivare questo modello politico di violenza e distruzione dell'essere umano.
Rispondi

Da: Andromeda99  1  - 04/03/2022 14:02:54
Quindi se avete qualcosa da dire fatelo pure ma non pensate mai di poter applicare lo stesso metodo. Adesso andate a fare in culo.
Rispondi

Da: Andromeda99  1  - 04/03/2022 14:29:52
Le fiamme alla centrale nucleare Zaporizhzhia: «Se esplode, sarà 6 volte peggio di Chernobyl».
Qualche zoccola ha da ridire?
Rispondi

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