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Esami AVVOCATO - discussione precedente
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Da: Simone07/12/2008 18:24:03
Sos materiale da portare all'esame non consentito!!
ho tantissimo materiale rimpicciolito e non  so come indicizzarlo; ho pensato di predisporre un indice per argomento, ma non so come fare per  la giurisrudenza.............
help me

Da: valeAV07/12/2008 19:13:37
indice:
1 penale:
-pareri
-sentenze
-istituti
Lo stesso fai x civile.  In modo ke ti trovi 2 grupponi di roba e indichi tutto su 1 fogliettino. Lato a e lato B
Dividi la giurisprudenza x mesi se ti è +facile. In ogni caso ogni tasca un numero, ogni numero 1 argomento. Nn so se mi sn spiegata;)

Da: Simone07/12/2008 19:18:00
no....
ma i fiori te li mando lo stesso...dimmi almeno se sei bionda o mora
ragazzi aiutatemi.......

Da: picconatrice...x tutti07/12/2008 19:29:03
cm fate ad inquadrere correttamente la fattispecie concreta nel parere di penale???

Da: valeAV07/12/2008 19:30:39
:(:(

mora.

allora vediamo...hai varie tasche? bene.numerale. Prendi 1 fogliettino e scrivi i numeri delle tasche in modo ke capisci quali sono.( ti spiego come mi ero organizzata io l anno scorso, avevo mini copie di istituti di civile qualke parere di civile e qualc1 di penale+ qualke sentenza dell'ultimo semestre della cassaz penale e civile)

-copie 1= istituti di civile in tasca 1(quella sulal gamba destra del pantalone)
-copie 2= pareri civile in tasca 2 (gamba sinistra pantalone)
-copie 3= patreri penale in tasca 3 (tasca destra del giubbino)
-copie 4=sent cass civ in tasca 4 ( tasca sin giubbino)
-copie 5 = sent cass pen in tasca 5 ( tasca interna del giubb)

Nn avevo tantissime copie cmq ci entravano x bene. Nn so tu cme stai messo, ma qsta era la mia tecnica. Il tutto appuntato cosi come leggi su 1 fogliettino piccolissimo ke avevo inserito nel codice

Da: valeAV07/12/2008 19:39:04
eh come fare:::bè 1 pò di pratica l'hai fatta bene o male riesci a capire di che tipo di reato si tratta quando qualcuno ti narra 1 episodio pratico...riesci a capire se è ricettazione o incauto acquisto, se è furto o rapina.... un pò di intuito, valuta gli elementi della fattispecie astratta e verifica se sn presenti in quella concreta. Poi in sede d'esame anke i commissari ti danno utili dritte

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Da: picconatrice...x tutti07/12/2008 19:42:37
io ho fatto pratica civile...di penale so poco e niente, se non qualche rimnescenza vaghissima sulla struttura del reato, le cause di giustificazione, il reato continuato, blà blà praticamente conosco vaghissimi cenni sulla parte generale...
all'un studiai i delitti contro p.a...e basta! cm farò sigh:(

Da: valeAV07/12/2008 19:45:14
bè l anno scorso io sn riuscita stoorto morto a rediogere io parere di civile pur avendo fatto solo sempre penale. i commissari ti aiutano molto. leggi bene gli istituti di penale snla base di tutto . devi capire la struttura di QUEL reato i suoi elementi ke lo caratterizzano x potervi far rientrare il fatto concreto.

Da: giovanna07/12/2008 19:52:18
Simone, in quale corte d'appello sei per gli esami?

Da: picconatrice x vale07/12/2008 20:23:39
grazie mille:)

Da: x tutti07/12/2008 21:58:15
io non ho studiato per nulla per questo esame, non ho seguito corsi, non ho parenti avvocati da chiamre per farmi dettare il parere.....andrò  a napoli il 16, 17, 18 dic e con i codici vedrò di scrivere in modo chiaro e semplice qualcosa....poi mi affido alla fortuna....non vale la pena esaurirsi x quest buffonata

Da: picconatrice x XTUTTI07/12/2008 22:01:10
io neanche ho seguito corsi, meno che meno studiare...ho fatto qualche parere e sto rileggendo gli atti fatti in studio..infatti mi sento un pò in colpa:(

Da: Simone07/12/2008 23:15:23
mmmh
io adoro le more

Da: Sos07/12/2008 23:33:18
le abbreviazioni come si scrivono?
sezione I civile della cassazione?
sezioni unite = ss uu?
HELP
FATEMI DEGLI ESEMPI PER FAVORE...

Da: sara07/12/2008 23:40:32
buona sera forum
anche io cerco aiuto in ordine all'indicizzazione; ho troppa roba; nell'indice della giuristrudenza cosa metto?
aiutooooo

Da: valeAV08/12/2008 02:48:44
io scrivevo Sez.Civ. e Sez. Pen. ovviamente e S.U.

i corsi servono a poco, serve saper scrivere, saper inquadrare il fatto concreto in quello tipico e motivare la consulenza che andate ad offrire in modo pertinete e personale.

Da: Sos08/12/2008 08:46:31
e quando si tratta di una sentenza della cassazione NON  sezioni unite come scrivete?

Da: sara08/12/2008 09:14:22
che ve ne pare del mio indice della giurisrudenza? è troppo dettagliato forse?
Comunione e condominio-
Amministratore del condominio- Mandato affidato ad una persona giuridica- Ammissibilità- CC ART 1105, 1129 e 1137 Sez.II Civ. sent. 17-24 ott. 2006 n. 22840ââââââââââ.pag 44

Condominio minimo- con due soli partecipanti- spese per la conservazione e riparazione della cosa comune- presupposto dellâurgenza dellâopera- CC ART 1110 E 1134- - Sez. Unite civ.-. sent.12-31 gennaio 2006 n. 2046ââââââââââââââââââââââââââââ..pag 74    ..

Condominio negli edifici- foro competente-  CPC ART 23-  .-  Sez. Unite civ.- sent. 22 giugno- 18 settembre2006n.20076âââââââââââââââââââââââââââ.â

Da: maria antonella08/12/2008 10:09:06
io porterò un solo parere per istituto, tipo sul prleliminare di venditu ho 4 pareri, porto solo uno che mi inquadra l'istituto e per il caso concreto faccio da sola, poi cacchi ho il codice? saprò ragionare?

certo che se capita il parere xhe ho lasciato a casa mi mangio il cervello, ma non posso mica portare tutte le fotocopie che ho!

Da: valeAV08/12/2008 11:08:52
concordo cn maria anton. - sintetizzate portate lo stretto necessario, quello su cui vi sentite meno ferrati. tanta roba non serve fidatevi.

qnd nn sn sez unite si scrive es. Sent. n 3345 del 15/11/08,   Sez.VI Cass.Pen.

Da: valeAV08/12/2008 11:45:38
date un occhiata a qste notizie:

-Al medico non e' possibile riconoscere un diritto generale a curare. E' quanto afferma a chiare note la Corte di Cassazione spiegando che se si prescindesse da questa considerazione "non avrebbe alcun rilievo la volontà dell'ammalato, che si troverebbe in una posizione di soggezione su cui il medico potrebbe ad libitum intervenire, con il solo limite della propria coscienza". Al medico va solo riconosciuta "la facoltà o la potestà di curare, situazioni soggettive, queste, derivanti dall'abilitazione all'esercizio della professione sanitaria, le quali, tuttavia, per potersi estrinsecare abbisognano, di regola, del consenso della persona che al trattamento sanitario deve sottoporsi". Il caso esaminato dalla Corte (sentenza 45126/2008) riguarda un chirurgo condannato per lesioni personali colpose procurate ad un paziente ricoverato per una lombalgia. Il paziente, rileva la Corte aveva dato il 'consenso informato' all'intervento chirugico ma non vi era traccia nel consenso di una accettazione di eventuali rischi operatori. Dopo l'intervento al paziente sono residuati postumi invalidanti e il caso è finito in Tribunale. Condannato per lesioni colpose dalla Corte d'Appello il medico si e' inutilmente rivolto alla Cassazione sostenendo che il paziente, "se debitamente e completamente informato, avrebbe scelto di rivolgersi ad un altro specialista, optando per un diverso metodo operatorio". Piazza Cavour respingendo il ricorso ha ricordato che "il consenso informato ha come contenuto concreto la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale" per questo "la mancanza del consenso del paziente o l'invalidità del consenso determinano l'arbitrarietà del trattamento medico chirurgico e , quindi, la sua rilevanza penale, in quanto compiuto in violazione della sfera personale del soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul proprio corpo". Secondo gli Ermellini è del tutto fuori luogo ipotizzare quale potrebbe essere stato il comportamento del paziente se avesse conosciuto i rischi dell'intervento, "atteso che gli è stata negata la possibilità di optare per una scelta diversa e, in concreto, quella adottata dal medico, in assenza di un consenso informato valido, gli ha procurato i postumi invalidanti".



-La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 44712/2008) ha stabilito che risponde di lesioni volontarie gravissime per dolo saranno il sieropositivo che ha rapporti sessuali con il partner senza avvertirlo della sua condizione. I Giudici del Palazzaccio hanno infatti osservato che âmolto si è discusso in giurisprudenza e in dottrina in ordine alla differenza esistenza tra lâipotesi del dolo eventuale e quella della colpa cosciente, anche con riferimento ad ipotesi come quella in discussione, e si è pervenuti spesso a conclusioni differenti, anche se non del tutto divergenti. Senza alcuna pretesa di completezza, va detto, in estrema sintesi, che il criterio distintivo di gran lunga prevalente si fonda sul cosiddetto criterio della accettazione del rischio; si sarebbe, quindi, in presenza di dolo eventuale quando lâagente, pur non volendo lâevento, accetta il rischio che si verifichi come risultato della sua condotta, comportandosi anche a costo di determinarlo, mentre risponderebbe a titolo di colpa aggravata â" colpa cosciente â" lâagente che, pur rappresentandosi lâevento come possibile risultato della sua condotta, agisca nella ragionevole speranza che esso non si verifichiâ.
Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che è fuori contestazione âche la donna si sia rappresentata la concreta possibilità di trasmettere il virus al sul partner e ciò non solo perché, come ha osservato la Corte territoriale, i mass media, da tempo hanno svolto, e continuano a svolgere, campagne per illustrare i rischi della grave infezione ed i pericoli di alcuni comportamenti sessuali, invitando la popolazione a prevenire il rischio con rapporti sessuali protetti, ma specificamente perché la consapevolezza del rischio derivava dalla concreta e drammatica esperienza di vita della donna, come sopra descrittaâ e che ânon vi è alcun dubbio allora che la donna abbia agito essendo perfettamente consapevole del concreto rischio di infezione al quale esponeva il suo compagno â" evento non solo concretamente possibile, ma altamente probabile con il protrarsi dei rapporti sessuali â" ed accettando il rischio del verificarsi dellâevento, alla fine davvero verificatosiâ.

Da: valeAV08/12/2008 11:55:37
e a proposito delle scriminanti...


Se un immigrato ha un lavoro regolare in Italia e fa entrare clandestinamente un figlio per non abbandonarlo nel paese d'orignie non può essere condannato. Parola di Cassazione. La Corte ha infatti stabilito (sentenza 44048/2008) che un simile comportamento non può essere censurato perché giustificato dal cosiddetto "stato di necessità" ossia da quella scriminante prevista dall'art. 54 del codice penale. Tale norma dispone che ânon è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo...â La Prima sezione penale della Corte ha così respinto il ricorso della Procura di Trieste contro l'assoluzione dal reato di favoreggiamento dell'ingresso clandestino nel nostro territorio accordata ad un immigrato con un lavoro regolare, che aveva fatto entrare clandestinamente la sua figlia di dodici anni rimasta sola in nel suo paese. L'uomo, un macedone di 39 anni aveva era riuscito ad ottenere il ricongiungimento familiare con la moglie e cono un figlio, ma non era riuscito a portare in Italia la sua bambina e, per questo, aveva deciso di farla entrare in Italia clandestinamente costretto dalla necessità di non abbandonarla in Macedonia. Il papà era finito sotto processo per favoreggiamento dell'ingresso clandestino ma il Tribunale di Trieste lo aveva assolto. La procura, non soddisfatta del verdetto aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo che nel caso di specie non vi era uno âstato di necessita'" perché il padre avrebbe potuto abbandonare il lavoro in Italia e cogliere "le opportunità dell'espansione dell'economia macedone" per non abbandonare la figlia. I giudici di Piazza Cavour hanno bocciato la tesi della procura e bacchettato il PM che, scrive la Corte, "affida la sua censura a considerazioni meramente congetturali afferenti improbabili o evanenscenti scelte alternative di [... nome omesso ...] la cui valutazione, a fronte dell'argomentazione dell'impugnata sentenza, non può avere ingresso in questa sede". Il papà dunque non va condannato per aver agito "in stato di necessita'" per evitarne "l'abbandono" della sua bambina.

Da: valeAV08/12/2008 12:30:34
Sentenza Cassazione civile, sez. unite, 8 aprile 2008, n. 9148


Condominio. Nelle obbligazioni assunte nei confronti di terzi ogni proprietario risponde pro quota.


La sentenza in commento rappresenta un punto di svolta in materia di responsabilità dei singoli condomini in riferimento ai debiti contratti dal condominio per il godimento di beni e servizi comuni.
La Cassazione, relativamente ai suddetti rapporti obbligatori, concernenti prestazioni normalmente non divisibili e rispetto alle quali ciascun condomino avrebbe interesse per lâintero, ha sempre mostrato maggior propensione nel ritenere i singoli condomini legati da un vincolo di solidarietà ex art. 1294 c.c. (principio che non sarebbe derogato dallâart. 1123 cod. civ., che si limita a ripartire gli oneri allâinterno del condominio). Pertanto, secondo tale orientamento, ciascuno condomino sarebbe tenuto per lâintero allâadempimento, salvo il diritto di regresso nei confronti degli altri condomini insolventi (cfr. ex multis Cass. civ. n. 14593/2004 e n. 17563/2005).
Secondo altro orientamento, decisamente minoritario, avrebbe invece vigore il principio della parziarietà, ovvero dalla ripartizione tra i condomini delle obbligazioni assunte nellâinteresse del condominio in proporzione alle rispettive quote.
Stante il contrasto giurisprudenziale, le Sezioni unite, investite della questione, hanno deciso di accreditare il secondo, seppur minoritario, dei due orientamenti. In particolare è stata rilevata la carenza nelle obbligazioni assunte nellâinteresse del condominio di uno dei tre requisiti necessari a configurare la solidarietà passiva.
Se infatti si riscontrano certamente la pluralità dei debitori (i condomini) e lâunicità della causa (eadem causa obbligandi), è discutibile, invece, la unicità della prestazione (idem debitum).
La prestazione è certamente unica e indivisibile per il creditore, il quale ha operato in favore di tutti i condomini (ad es. per il rifacimento della facciata dellâedificio o lâimpermeabilizzazione del tetto), mentre che per i condebitori si risolve nel versamento di una somma di denaro, cioè in una prestazione sì comune, ma ânaturalisticamenteâ divisibile.
La S.C. ha osservato altresì come la solidarietà nel condominio non sia contemplata in nessuna disposizione di legge e che lâart. 1123 c.c., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue tra il profilo esterno e quello interno dellâobbligazione (al contrario di quanto sostenuto, con elegante espediente giuridico, dalla giurisprudenza maggioritaria).
Ne deriva pertanto che lâamministratore, per le obbligazioni assunte nellâinteresse del condominio, vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni, del mandato conferitogli ed in ragione delle specifiche quote. Le obbligazioni e le susseguenti responsabilità dei singoli condomini sono dunque governate dal criterio dalla parziarietà e non da quello della solidarietà.
Ai singoli proprietari si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto âinteresse del condominioâ, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dellâedificio, per la prestazione dei servizi nellâinteresse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
Tale principio salvaguarda il singolo condomino da eventuali richieste di rilevanti somme di denaro nei suoi confronti, a seguito della scelta effettuata dal creditore.
La parziarietà del vincolo obbligatorio ha infatti il pregio di anticipare la ripartizione del debito al momento dellâadempimento, senza rimandare al momento della rivalsa. La solidarietà viceversa avvantaggerebbe il creditore che, conoscendo anticipatamente la situazione della parte debitrice, potrebbe cautelarsi in vari modi, primo fra tutti la scelta dei soggetti, in ragione della relativa solvibilità, nei confronti dei quali esigere il pagamento dellâintero.


TESTO INTEGRALE SENTENZA

Svolgimento del processo

Con decreto 24 marzo 1884, il Presidente del Tribunale di Bologna ingiunse al Condominio di via Frassinago 15, Bologna, ed ai condomini (omissis) ed alla società I.B.O. s.r.l. di pagare alla Edilfast s.r.l. L. 66.800.276, quale residuo del corrispettivo per i lavori eseguiti nellâedificio condominiale.
Proposero opposizione con distinti atti di citazione Anna e Adriana Rabbi, le quali dedussero lâinammissibilità della duplice condanna emessa sia a carico del condominio, sia nei loro confronti in via solidale, posto che avevano adempiuto pro quota alle obbligazioni assunte nei confronti della società Edilfast; Alfredo Rabbi asserì di aver acquistato il solo diritto di usufrutto di una unità immobiliare in data 2 giugno 1993, quando i lavori commessi alla società Edilfast erano stati già ultimati: in ogni caso, trattandosi di spese riguardanti opere di manutenzione straordinaria, esse erano a carico del nudo proprietario.
Riuniti i giudizi e chiamati in causa il Condominio, i condomini Innocenzo Quarantotto, Tranquilla Biagini e la società I.b.o. s.r.l., i quali chiesero il rigetto della domanda proposta con il ricorso per ingiunzione, con sentenza 28 aprile 2000 il Tribunale di Bologna revocò il decreto; con sentenza 19 febbraio 2003, la Corte dâAppello di Bologna respinse lâimpugnazione proposta dalla società Edilfast.
Ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi la società Edilfast; hanno resistito con controricorso Anna, Adriana e Alfredo Rabbi. Non ha svolto attività difensiva lâintimato Condominio via Frassinago 15, in persona dellâamministratore in carica.
La Seconda Sezione civile, con ordinanza 7 febbraio 2007, n. 2621, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, avendo ritenuto la sussistenza di un contrasto allâinterno della sezione, posto che per un primo indirizzo (maggioritario) la responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi avrebbe natura solidale, mentre per un secondo orientamento, decisamente minoritario, avrebbe vigore il principio della parziarietà, ovverosia dalla ripartizione tra i condomini delle obbligazioni assunte nellâinteresse del condominio in proporzione alle rispettive quote.
Per la risoluzione del contrasto la causa viene alle Sezioni Unite civili.

Motivi della decisione

La società ricorrente lamenta:
1.1 con il primo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 1115 e 1139 cod. civ., in relazione allâart. 360 n. 3, cod. proc. civ. La giurisprudenza dominante, anche successivamente allâisolata sentenza n. 8530 del 1996, che aveva affermato la parziarietà, ha sempre sostenuto e continua a sostenere la natura solidale delle obbligazioni dei condomini;
1.2 con il secondo motivo, falsa applicazione degli artt. 1004 e 1005 cod. civ., ai senso dellâart. 360 n. 3 cod. proc. civ., posto che la ripartizione delle spese fra nudo proprietario usufruttuario operano nei rapporti interni e non sono opponibili al terzo creditore;
1.3 con il terzo motivo, violazione dellâart. 112 cod. proc. civ., in relazione allâart. 360 n. 3 cod. proc. civ., poiché la sentenza di primo grado aveva posto a fondamento della decisione ragioni diverse da quelle dedotte nellâopposizione al decreto ingiuntivo;
1.4 con il quarto motivo, omessa compensazione delle spese processuali con riferimento ad Alfredo Rabbi;
Con il quinto motivo, violazione dellâart. 91 cod. proc. civ., ai sensi degli artt. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., non sussistendo soccombenza nei confronti del Condominio, che era stato chiamato in giudizio da Alfredo Rabbi;
Con il sesto motivo, violazione dellâart. 63 disp. att., in relazione allâart. 360 n. 3 cod. proc. civ., non aveva tenuto conto dellâorientamento della Suprema Corte, secondo cui lâacquirente di una unità immobiliare doveva essere tenuto alle spese solidalmente al suo dante causa.
2.1 La questione di diritto, che la Suprema Corte deve risolvere per decidere la controversia, riguarda la natura delle obbligazioni dei condomini.
Secondo lâorientamento maggioritario della giurisprudenza, la responsabilità dei singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal âcondominioâ verso i terzi ha natura solidale, avuto riguardo al principio generale stabilito dallâart. 1294 cod. civ. per lâipotesi in cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione: principio non derogato dallâart. 1123 cod. civ., che si limita a ripartire gli oneri allâinterno del condominio (Cass., Sez. II, 5 aprile 1982, n. 2085; Cass., Sez. II, 17 aprile 1993, n. 4558; Cass., Sez. II, 30 luglio 2004, n. 14593; Cass., Sez. II, 31 agosto 2005, n. 17563).
Per lâindirizzo decisamente minoritario, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio dalla parziarietà: in proporzione alle rispettive quote, ai singoli partecipanti si imputano le obbligazioni assunte nellâinteresse del âcondominioâ, relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dellâedificio, per la prestazione dei servizi nellâinteresse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie, secondo cui al pagamento dei debiti ereditali i coeredi concorrono in proporzione alle loro quote e lâobbligazione in solido di uno dei condebitori si ripartisce tra gli eredi in proporzione alle quote ereditarie (Cass., Sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530).

2.2 Per determinare i principi di diritto, che regolano le obbligazioni (contrattuali) unitarie le quali vincolano la pluralità di soggetti passivi - i condomini - occorre muovere dal fondamento della solidarietà.
Lâassunto è che la solidarietà passiva scaturisca dalla contestuale presenza di diversi requisiti, in difetto dei quali - e di una precisa disposizione di legge - il criterio non si applica, non essendo sufficiente la comunanza del debito tra la pluralità dei debitori e lâidentica causa dellâobbligazione; che nessuna specifica disposizione contempli la solidarietà tra i condomini, cui osta la parziarietà intrinseca della prestazione; che la solidarietà non possa ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo, in quanto il condominio non raffigura un âente di gestioneâ, ma una organizzazione pluralistica e lâamministratore rappresenta immediatamente i singoli partecipanti, nei limiti del mandato conferito secondo le quote di ciascuno.
La disposizione dellâart. 1292 cod. civ. - è noto - si limita a descrivere il fenomeno e le sue conseguenze. Invero, sotto la rubrica ânozione della solidarietàâ, definisce lâobbligazione in solido quella in cui âpiù debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazioneâ e aggiunge che ciascuno può essere costretto allâadempimento per la totalità (con liberazione degli altri). Lâart. 1294 cod. civ. stabilisce che âi condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamenteâ. Nessuna delle norme, tuttavia, precisa la ratio della solidarietà, ovverosia ne chiarisce il fondamento (che risulta necessario, quanto meno, per risolvere i casi dubbi).
Stando allâinterpretazione più accreditata, le obbligazioni solidali, indivisibili e parziarie raffigurano le risposte dellâordinamento ai problemi derivanti dalla presenza di più debitori (o creditori), dalla unicità della causa dellâobbligazione (eadem causa obbligandi) e dalla unicità della prestazione (eadem res debita).
Mentre dalla pluralità dei debitori e dalla unicità della causa dellâobbligazione scaturiscono questioni che, nella specie, non rilevano, la categoria dellâidem debitum propone problemi tecnici considerevoli: in particolare, la unicità della prestazione che, per natura, è suscettibile di divisione, e la individuazione del vincolo della solidarietà rispetto alla prestazione la quale, nel suo sostrato di fatto, è naturalisticamente parziaria.
Semplificando categorie complesse ed assai elaborate, lâindivisibilità consiste nel modo di essere della prestazione: nel suo elemento oggettivo, specie laddove la insussistenza naturalistica della indivisibilità non è accompagnata dallâobbligo specifico imposto per legge a ciascun debitore di adempiere per lâintero. Quando la prestazione per natura non è indivisibile, la solidarietà dipende dalle norme e dai principi. La solidarietà raffigura un particolare atteggiamento nei rapporti esterni di una obbligazione intrinsecamente parziaria quando la legge privilegia la comunanza della prestazione. Altrimenti, la struttura parziaria dellâobbligazione ha il sopravvento e insorge una pluralità di obbligazioni tra loro connesse.
È pur vero che la solidarietà raffigura un principio riguardante i condebitori in genere. Ma il principio generale è valido laddove, in concreto, sussistono tutti i presupposti previsti dalla legge per la attuazione congiunta del condebito. Sicuramente, quando la prestazione comune a ciascuno dei debitori è, allo stesso tempo, indivisibile. Se invece lâobbligazione è divisibile, salvo che dalla legge (espressamente) sia considerata solidale, il principio della solidarietà (passiva) va contemperato con quello della divisibilità stabilito dallâart. 1314 cod. civ., secondo cui se più sono i debitori ed è la stessa la causa dellâobbligazione, ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte.
Poiché la solidarietà, spesso, viene ad essere la configurazione ex lege, nei rapporti esterni, di una obbligazione intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione normativa dellâobbligazione come solidale e, contemporaneamente, in presenza di una obbligazione comune, ma naturalisticamente, divisibile viene meno uno dei requisiti della solidarietà e la struttura parziaria dellâobbligazione prevale.
Del resto, la solidarietà viene meno ogni qual volta la fonte dellâobbligazione comune è intimamente collegata con la titolarità delle res.
Le disposizioni di cui agli artt. 752, 754 e 1295 cod. civ. - che prevedono la parziarietà delle obbligazioni dei coeredi e la sostituzione, per effetto dellâapertura della successione, di una obbligazione nata unitaria con una pluralità di obbligazioni parziarie - esprimono il criterio di ordine generale del collegamento tra le obbligazioni e le res.
Per la verità, si tratta di obbligazioni immediatamente connesse con lâattribuzione ereditaria dei beni: di obbligazioni ricondotte alla titolarità dei beni eredi tari in ragione dellâappartenenza della quota. Ciascun erede risponde soltanto della sua quota, in quanto è titolare di una quota di beni eredi tari. Più in generale, laddove si riscontra lo stesso vincolo tra lâobbligazione e la quota e nella struttura dellâobbligazione, originata dalla medesima causa per una pluralità di obbligati, non sussiste il carattere della indivisibilità della prestazione, è ragionevole inferire che rispetto alla solidarietà non contemplata (espressamente) prevalga la struttura parziaria del vincolo.

2.3 Le direttive ermeneutiche esposte valgono per le obbligazioni facenti capo, ai gruppi organizzati, ma non personificati.
Per ciò che concerne la struttura delle obbligazioni assunte nel cosiddetto interesse del âcondominioâ - in realtà, ascritte ai singoli condomini - si riscontrano certamente la pluralità dei debitori (i condomini) e la eadem causa obbligandi, la unicità della causa: il contratto da cui lâobbligazione ha origine. È discutibile, invece, la unicità della prestazione (idem debitum) che certamente è unica ed indivisibile per il creditore, il quale effettua una prestazione nellâinteresse e in favore di tutti condomini (il rifacimento della facciata, lâimpermeabilizzazione del tetto, la fornitura del carburante per il riscaldamento etc.). Lâobbligazione dei condomini (condebitori), invece, consistendo in una somma di danaro, raffigura una prestazione comune, ma naturalisticamente divisibile.
Orbene, nessuna norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarietà si applichi alle obbligazioni dei condomini.
Non certo lâart. 1115 comma 1 cod. civ. Sotto la rubrica âobbligazioni solidali dei partecipantiâ, la norma stabilisce che ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni contratte in solido per la cosa comune e che la somma per estinguerle sia ricavata dal prezzo di vendita della stessa cosa. La disposizione, in quanto si riferisce alle obbligazioni contratte in solido dai comunisti per la cosa comune, ha valore meramente descrittivo, non prescrittivo: non stabilisce che le obbligazioni debbano essere contratte in solido, ma regola le obbligazioni che, concretamente, sono contratte in solido. A parte ciò, la disposizione non riguarda il condominio negli edifici e non si applica al condominio, in quanto regola lâipotesi di vendita della cosa comune. La disposizione, infatti, contempla la cosa comune soggetta a divisione e non le cose, gli impianti ed i servizi comuni del fabbricato, i quali sono contrassegnati dalla normale indivisibilità ai sensi dellâart. 1119 cod. civ. e, comunque, dalla assoluta inespropriabilità.
Dâaltra parte, nelle obbligazioni dei condomini la parziarietà si riconduce allâart. 1123 cod. civ., interpretato valorizzando la relazione tra la titolarità della obbligazione e la quella della cosa. Si tratta di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dellâappartenenza in comune, in ragione della quota, delle cose, degli impianti e dei servizi e, solo in ragione della quota, a norma dellâart. 1123 cit., i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni. Per la verità, la mera valenza interna del criterio di ripartizione raffigura un espediente elegante, ma privo di riscontro nei dati formali.
Se lâargomento che la ripartizione delle spese regolata dallâart. 1123 comma 1 cod. civ. riguardi il mero profilo interno non persuade, non convince neppure lâasserto che il comma 2 dello stesso art. 1223 - concernente la ripartizione delle spese per lâuso delle parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa, in proporzione allâuso che ciascuno può fame - renda impossibile lâattuazione parziaria allâesterno: con la conseguenza che, quanto allâattuazione, tutte le spese disciplinate dallâart. 1223 cit. devono essere regolate allo stesso modo.
Entrambe le ipotesi hanno in comune il collegamento con la res. Il primo comma riguarda le spese per la conservazione delle cose comuni, rispetto alle quali lâinerenza ai beni è immediata; il secondo comma concerne le spese per lâuso, in cui sussiste comunque il collegamento con le cose: lâobbligazione, ancorché influenzata nel quantum dalla misura dellâuso diverso, non prescinde dalla contitolarità delle parti comuni, che ne costituisce il fondamento. In ultima analisi, configurandosi entrambe le obbligazioni come obligationes propter rem, in quanto connesse con la titolarità del diritto reale sulle parti comuni, ed essendo queste obbligazioni comuni naturalisticamente divisibili ex parte debitoris, il vincolo solidale risulta inapplicabile e prevale la struttura intrinsecamente parziaria delle obbligazioni. Dâaltra parte, per la loro ripartizione in pratica si può sempre fare riferimento alle diverse tabelle millesimali relative alla proprietà ed alla misura dellâuso.

2.4 Né la solidarietà può ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo dei condomini.
Dalla giurisprudenza, il condominio si definisce come âente di gestioneâ, per dare conto del fatto che la legittimazione dellâamministratore non priva i singoli partecipanti della loro legittimazione ad agire in giudizio in difesa dei diritti relativi alle parti comuni; di avvalersi autonomamente dei mezzi di impugnazione; di intervenire nei giudizi intrapresi dallâamministratore, ecc..
Ma la figura dellâente, ancorché di mera gestione, suppone che coloro i quali ne hanno la rappresentanza non vengano surrogati dai partecipanti. Dâaltra parte, gli enti di gestione in senso tecnico raffigurano una categoria definita ancorché non unitaria, ai quali dalle leggi sono assegnati compiti e responsabilità differenti e la disciplina eterogenea si adegua alle disparate finalità perseguite (art. 3 legge 22 dicembre 1956, n. 1589). Gli enti di gestione operano in concreto attraverso le società per azioni di diritto comune, delle quali detengono le partecipazioni azionarie e che organizzano nei modi più opportuni: in attuazione delle direttive governative, razionalizzano le attività controllate, coordinano i programmi e assicurano lâassistenza finanziaria mediante i fondi di dotazione. Per la struttura, gli enti di gestione si contrassegnano in ragione della soggettività (personalità giuridica pubblica) e dellâautonomia patrimoniale (la titolarità delle partecipazioni azionarie e del fondo di dotazione).
Orbene, nonostante lâopinabile rassomiglianza della funzione - il fatto che lâamministratore e lâassemblea gestiscano le parti comuni per conto dei condomini, ai quali le parti comuni appartengono - le ragguardevoli diversità della struttura dimostrano la inconsistenza del ripetuto e acritico riferimento dellâente di gestione al condominio negli edifici.
Il condominio, infatti, non è titolare di un patrimonio autonomo, né di diritti e di obbligazioni: la titolarità dei diritti sulle cose, gli impianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condomini; agli stessi condomini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa responsabilità; le obbligazioni contratte nel cosiddetto interesse del condominio non si contraggono in favore di un ente, ma nellâinteresse dei singoli partecipanti.
Secondo la giurisprudenza consolidata, poi, lâamministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra lâamministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato.
Orbene, la rappresentanza, non soltanto processuale, dellâamministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni - ai compiti ed ai poteri - stabilite dallâart. 1130 cod. civ..
In giudizio lâamministratore rappresenta i singoli condomini, i quali sono parti in causa nei limiti della loro quota (art. 1118 e 1123 cod. civ.). Lâamministratore agisce in giudizio per la tutela dei diritti di ciascuno dei condomini, nei limiti della loro quota, e solo in questa misura ognuno dei condomini rappresentati deve rispondere delle conseguenze negative. Del resto, lâamministratore non ha certo il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella comunione, in virtù della legge, degli atti dâacquisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina dellâamministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli conferisca la rappresentanza in giudizio. Basti pensare che, nel caso in cui lâamministratore agisca o sia convenuto in giudizio per la tutela di un diritto, il quale fa capo solo a determinati condomini, soltanto i condomini interessati partecipano al giudizio ed essi soltanto rispondono delle conseguenze della lite.
Pertanto, lâamministratore - in quanto non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti dei suoi poteri, che non contemplano la modifica dei criteri di imputazione e di ripartizione delle spese stabiliti dallâart. 1123 c.c. - non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti della rispettiva quota.

2.5 Riepilogando, ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dellâobbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di questâultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della obbligazione prevale; considerato che lâobbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e che lâart. 1123 cit., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che - in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità - lâamministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà. Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto âinteresse del condominioâ, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dellâedificio, per la prestazione dei servizi nellâinteresse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditali in proporzione alle loro quote e lâobbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione alle quote ereditarie.

2.6 Il contratto, stipulato dallâamministratore rappresentante, in nome e nellâinteresse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dellâamministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere allâesecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno.
Per concludere, la soluzione, prescelta secondo i rigorosi principi di diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con pluralità di soggetti passivi, appare adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli edifici.
Per la verità, la solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con lâamministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà, che non costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dellâadempimento.
Respinto il motivo principale, non merita accoglimento nessuno degli altri motivi di ricorso.
Non il secondo ed il sesto. Stando alle disposizioni sul condominio (art. 67 disp. att., del resto in conformità con quanto stabilito per le spese gravanti sullâusufrutto dagli artt. 1004 e 1005 cod. civ.), fanno carico allâusufruttuario le spese attinenti allâordinaria amministrazione ed al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni, mentre le innovazioni, le ricostruzioni e le spese di manutenzione straordinaria competono al proprietario: ma le spese fanno capo allâusufruttuario limitatamente al tempo in cui egli è titolare del diritto reale su cosa altrui. Correttamente, perciò, la Corte dâAppello non ha considerato responsabile Alfredo Rabbi, in quanto lâusufrutto da lui era stato acquistato in epoca successiva alla data, in cui lâesecuzione dei lavori era stata commissionata ed eseguita.
Non il terzo motivo, posto che il giudice del merito ha preso in esame la questione di diritto inerente alla la controversia e ritenuta indispensabile per la decisione.
Non il quarto ed il quinto motivo, in quanto la decisione sulle spese processuali è rimessa al giudice del merito, con il solo limite di non condannare la parte interamente vittoriosa.
Avuto riguardo alla difficoltà della materia ed al contrasto esistente in giurisprudenza, si ravvisano i giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Da: alessia08/12/2008 13:14:19
x me  sarà la 1 volta a napoli.....francamente non ho studiato molto....causa concorsi pub sia prima che dopo gli scritti di avvocato....ho fatto qualche parere della simone...ma ho visto che questi pareri non sono altro che l'elaborazione di quanto scritto nei relativi codici annotati...

Da: In vino veritas08/12/2008 14:18:44
e infatti sostanzialmente i tratta di inquadrare l'istituto e poi affrontare il profilo che interessa sulla base della giurisprudenza. è tutto nel codice. non c'è da scrivere trattati. io non porterò nulla, a parte la testa...
chi sarà a roma?

Da: lupus in fabulas08/12/2008 14:32:21
serve la testa? io credevo servisse solo c_ _ o.

Da: In vino veritas08/12/2008 16:25:25
caro lupus.. so io.. non è che si può consegnare in bianco ed affidarsi alla Cieca! c'è poi anche chi ha la testa (rectius faccia) come il c... e allora è tutto più semplice

Da: valeAV08/12/2008 16:34:28
nn drammatizzate ragazzi, ce la  farete. Serve tutto, come in ogni campo e attività della vita: testa, intelligenza, studio preparazione...saper scrivere e saper capire che fattispecie hai avanti ( in qsto ti aiutano gli anni di pratica!! ;))...serve Fortuna...anche e cmq.

Da: ubi maior minor cessat08/12/2008 16:59:43
io mi porto qualche fotocopia sperando di poter andare al cesso a scopiazzare (il proverbio non è attinente ma mi sono concessa una licenza poetica mi piace l'accostamento cessat/cesso)

scusate la mia cretinaggine torno alla condizione risolutiva qpposta al preliminare.

lupus antonella

Da: napoletano08/12/2008 17:13:49
Ragazzi, vero...un po' di ottimismo. Vedrete che in sede di esame si riuscirà ad inquadrare il problema e la relativa soluzione, se proprio si è in difficoltà la collaborazione con il tuo vicino di banco e con altri esaminandi sarà di aiuto!! Importante è restare calmi, non farsi condizionare dalla bolgia che, almeno a Napoli, di sicuro troveremo e poi scrivere bene....non essere troppo prolissi, così come fornire una giustificazione della soluzione scelta convincente.
Ciao Napoletana, a me tutto bene, grazie. Te? Ormai siamo prossimi a tornare in quella bolgia, anche se per te sarà tutto più tranquillo. A proposito: a quando gli orali?
Speriamo bene!!!

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