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Da: I Traccia17/12/2008 10:10:04
http://www.giuffre.it/servlet/page?_pageid...p_data=20081018

nel linkn sopra si parla di diffamazione a mezzo stampa.....date unìocchiata

Da: alessandro17/12/2008 10:10:07
(Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 2 aprile 2004, n.15595: Diffamazione a mezzo stampa e diritto di cronaca giornalistica).

Da: consiglio17/12/2008 10:11:24
leggete pure Cassazione n. 10735/08

Da: superTIROCINIO17/12/2008 10:11:26
Da giorni nel liceo della città Alfa è in corso un'occupazione studentesca, accompagnata da forti polemiche. Un gruppo di genitori si riunisce e chiede lo sgombero coattivo del liceo.
Il telegiornale della più importante emittente televisiva cittadina trasmette un servizio sull'evento .Mentre l'autore del servizio riferisce gli accadimenti, scorrono vecchie immagini di repertorio in cui, tra l'altro, si vede il preside parlare al micorofono di un giornalista. L'autore del servizio, nel frattempo, riferisce che il preside ha dichiarato che non richiederà alla polizia lo sgombero coattivo del liceo. In verità il preside non ha mai rilasciato una dichiarazione del genere. Arrabbiato per l'attribuzione di tale dichiarazione, presenta querela per diffamazione nei confronti dell'autore del servizio e del direttore del telegiornale. Quest'ultimo- asserisce il preside nella querela- aveva l'obbligo di impedire l'evento diffamatorio e, comunque, è responsabile a norma dell'art. 57 c.p.
Il direttore del telegiornale e l'autore del servizio giornalistico si recano insieme dall'Avvocato penalista e chiedono di conoscere quale è la situazione in cui versano.
Il candidato- assunte le vesti del legale- rediga motivato parere, illustrando gli istituti e le problematiche sottesi alla fattispecie in esame


Da: Ricky17/12/2008 10:12:07
Copio ma non ci capisco nulla spero sia utile

Sentenza:
CAUSE DI NON PUNIBILITA' - STAMPA
Cass. pen. Sez. V, (ud. 07-02-2008) 10-03-2008, n. 10735

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
R.G. è stato condannato con sentenza 21.6.2005 del Tribunale di Roma per diffamazione aggravata dall'uso del mezzo della stampa per avere - nella sua veste di direttore responsabile del quotidiano "(OMISSIS)" - consentito la pubblicazione di articolo redazionale in cui si affermava - contrariamente al vero - che il Preside del liceo "(OMISSIS)" di (OMISSIS) aveva assicurato "ai ragazzi che non chiederà lo sgombero delle forse dell'ordine". La Corte d'Appello della Capitale confermava il 5.2.2007 la condanna.

Ricorre la difesa del R. dolendosi sia del mancato riconoscimento del diritto di cronaca, sia dell'assenza di nota diffamatoria nell'affermazione di stampa obiettivamente non offensiva la reputazione del preposto all'istituto scolastico, poichè l'assicurazione di evitare lo sgombero coattivo da parte delle forse dell'ordine non si qualifica come illecito penale e, segnatamente, come violazione dell'art. 331 c.p. e potendosi qualificare anche come una mossa di buon senso protesa alla pacificazione degli animi.

Motivi della decisione
Non ricorre l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca, la quale pretende - secondo costantissimo orientamento di questa Corte - l'inderogabile necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva, limite violato poichè la notizia riportata dal pezzo redazionale è risultata infedele (nè, al riguardo, il ricorrente esprime diversa opinione). Peraltro, l'inattendibilità dell'informazione non costituisce in sè offesa all'altrui reputazione, occorrendo che essa necessariamente si connoti di un portato lesivo delle qualità morali, intellettuali o professionali di una persona, valutato non già secondo la considerazione della stessa, ma in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Orbene, l'accusa rivolta al responsabile di un istituto scolastico di volersi attivare per impedire un possibile sgombero coattivo dell'occupazione studentesca in atto da parte della forza pubblica non è in alcun modo lesiva della sua dignità professionale. Essa attiene ad una sfera di autonomia decisionale connessa alla sua funzione amministrativa, assunta nell'interesse pubblico, volta a sopire pericolose provocazioni ed ad allontanare il rischio di maggiori guai per le persone e per le cose, nella prospettiva di liberare il più presto l'edificio dallo stato di paralisi e riprendere il corso scolastico.

Nè, d'altra parte, al Preside è attribuita un'attività di illecita inerzia (quale una omissione penalmente rilevante) nè una illecita solidarietà con i giovani studenti, non si apprezza offesa di rilievo penale: l'assenza dell'elemento oggettivo del reato determina l'inesistenza dell'illecito contestato al ricorrente: pertanto la sentenza viene annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.

P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2008.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2008

Da: alessandro17/12/2008 10:12:37
Il reato di diffamazione a mezzo stampa e la reputazione
Avv. Stefano Cultrera  
La diffamazione, così come lâingiuria, consiste in una manifestazione del pensiero, che rileva, ai fini della consumazione del reato, nella misura in cui lâespressione offensiva venga a conoscenza di unâaltra persona o comunque sia da altri percepita.
Lâoffesa è rivolta nei confronti della reputazione della persona - che al momento possiamo intendere come la âpersonalità socialeâ, il valore sociale di un determinato individuo - che può essere lesa o messa in pericolo da chiunque attribuisca al soggetto interessato qualità o fatti in qualche modo disonoranti.
1. Il reato di diffamazione.

La diffamazione, così come lâingiuria, consiste in una manifestazione del pensiero [1], che rileva, ai fini della consumazione del reato, nella misura in cui lâespressione offensiva venga a conoscenza di unâaltra persona o comunque sia da altri percepita.

Lâoffesa è rivolta nei confronti della reputazione della persona - che al momento possiamo intendere come la âpersonalità socialeâ, il valore sociale di un determinato individuo - che può essere lesa o messa in pericolo da chiunque attribuisca al soggetto interessato qualità o fatti in qualche modo disonoranti. Tale offesa implica in concreto, ma non necessariamente, che la persona si senta colpita nel proprio onore e che ne risenta la sua reputazione in termini di perdita di stima. Ma, dal momento che si verte nel campo dei beni morali, non è facilmente accertabile se questi vengano lesi effettivamente ovvero solo potenzialmente.

A questo punto occorre domandarsi se si tratti di reato di lesione o di pericolo e valutare, dunque, se la ratio della norma incriminatrice si identifica con la lesione ovvero con il pericolo di lesione del bene-reputazione. Ciò rileva al fine di determinare il grado di tutela del bene giuridico in questione (rendendo incerto il momento consumativo del reato).

Si premette che il reato si consuma nel momento in cui lâespressione offensiva è comunicata ad altre persone e si verifica la diffusione della propalazione offensiva. Dal testo della norma sembra desumersi che, in caso di comunicazione fatta separatamente a più persone, la consumazione segue la seconda comunicazione e tutte le altre rilevano ai fini della gravità del reato per il maggior danno che ne deriva.

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato sul punto che âla diffamazione è un reato formale ed istantaneo che si consuma con la comunicazione con più persone lesiva dellâaltrui reputazione onde diviene irrilevante, ai fini del perfezionamento della fattispecie, una maggiore espansione quando si sia realizzata la propalazione minima, sempre che si rimanga nello stesso contesto di azioneâ [2].

Secondo parte della dottrina siamo in presenza di un reato di pericolo e non è necessario, per la configurabilità del reato, che âil biasimo abbia trovato credito presso coloro che lo hanno appreso e, quindi, non si esige che la reputazione sia distrutta o diminuitaâ [3]. Secondo altra parte della dottrina si tratta, invece, di un reato di danno e lâoffesa presa in considerazione dalla norma è lâeffettiva lesione del bene-reputazione [4].

La lettera della norma sembra deporre nel primo senso, dal momento che manca in questa un richiamo espresso allâeffettiva perdita di stima. In ogni caso le difficoltà di inquadramento nellâuna o nellâaltra categoria di reati dipendono anche dalla natura del bene tutelato, che non consente una sua precisa e concreta identificazione.

Riguardo alla configurabilità del tentativo, questo potrebbe anche configurarsi in astratto, ma la possibilità che si realizzi in concreto è limitata anche dal fatto che, essendo un reato perseguibile a querela di parte, si presuppone, perché si configuri, che il soggetto passivo sia venuto a conoscenza dellâoffesa rivoltagli.

2. Il bene giuridico tutelato.

Si ha diffamazione tutte le volte in cui taluno, âcomunicando con più persone, offende lâaltrui reputazioneâ e non ricorra in concreto una fattispecie di ingiuria.

Tale ultima precisazione, contenuta nella clausola âfuori dei casi indicati nellâarticolo precedenteâ, sta a significare che un primo requisito negativo del reato in questione è lâassenza dellâoffeso, il quale si trova nellâimpossibilità di giustificarsi ed eventualmente rispondere allâoffesa.

È proprio da ciò che discende, peraltro, la maggiore gravità della diffamazione rispetto allâingiuria âper la maggiore quantità ed estensione del danno e per la viltà e la particolare pericolosità del colpevoleâ [5].

A tale requisito negativo se ne aggiunge un altro, che incide sulla struttura del reato e sulle modalità di aggressione del bene tutelato dalla norma, dato dalla divulgazione dellâoffesa. Lâazione incriminata si verifica, dunque, rendendo edotte altre persone della notizia diffamante nei confronti di qualcuno, che è assente, il quale ne riceve nocumento per la sua reputazione.

Lâoffesa alla reputazione costituisce il nucleo della norma incriminatrice, che punisce chi cerca di scalfire e, in effetti, scalfisce la stima di cui taluno gode tra i consociati, ciò che costituisce il valore sociale della persona. La ratio della norma è evidente nelle ulteriori previsioni che aggravano la fattispecie di reato in argomento, previsioni che sanzionano con maggiore rigore la diffamazione che avviene mediante la stampa o che consiste nellâattribuzione di un fatto determinato. È agevole notare che in presenza di tali circostanze aumenta lâidoneità offensiva della condotta posta in essere dallâagente e la reputazione dellâoffeso risente di un danno più grave.

La norma de qua è collocata nel capo II, âDei delitti contro lâonoreâ, del titolo XII, âDei delitti contro la personaâ, del libro II del codice penale. Tale titolo prevede e punisce i delitti che offendono direttamente beni essenziali dellâindividuo e tra questi è ricompreso, per lâappunto, lâonore. Giova rammentare che i delitti contro lâonore, contenuti del capo in esame, sono due: oltre alla diffamazione è sanzionata anche lâingiuria. Nel codice è, comunque, possibile rinvenire altre offese allâonore sanzionate penalmente, ma si tratta di fattispecie incriminatrici che prendono in considerazione la lesione di interessi di maggior rilievo sociale.

Basti pensare allâabrogazione della norma che prevedeva e puniva il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale (art. 341 CP), che è stata considerata dalla giurisprudenza norma assorbente rispetto a quella che prevede il reato di ingiuria. Norma questâultima che contiene solo una parte delle fattispecie che dapprima potevano essere ricondotte nellâambito di applicazione della prima norma, che âtutelava alternativamente il prestigio o lâonore del pubblico ufficialeâ e non âlâonore e il decoro della persona offesaâ [6].

Autorevole dottrina intende per onore âil complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona, lâinsieme delle doti morali, intellettuali, fisiche e delle altre qualità che concorrono a determinare il pregio dellâindividuo nellâambiente in cui viveâ [7]. Vengono, dunque, in rilievo sia lâaspetto soggettivo (le qualità delle persona) che quello oggettivo (il valore sociale) dellâonore.

La dottrina germanica, invero, sottolineando il profilo soggettivo del bene-onore, sosteneva che questâultimo, in quanto racchiude il valore intrinseco dellâuomo, non può in alcun modo essere leso da un altro uomo [8].

Il nostro ordinamento considera lâonore sotto due aspetti lâuno di natura soggettiva, lâaltro di natura oggettiva, che vanno oltre il valore più intimo dellâuomo. Il primo consiste in ciò che la dottrina ha definito come il âsentimento del proprio valore socialeâ ed è rimesso allâapprezzamento dellâindividuo stesso, mentre il secondo - ed è quello che più ci interessa - è rappresentato dal giudizio degli altri sulle sue doti, dalla reputazione e dalla considerazione di cui gode nella comunità. Ciò vale anche quando la lettera dellâart. 594 CP sembra riferirsi allâonore come allâinsieme delle qualità morali, indicando le altre qualità col termine decoro.

La lettera del codice penale è chiara nel ricomprendere nellâambito del reato di ingiuria la lesione dellâonore e in quello del reato di diffamazione lâoffesa della reputazione. Come precisato entrambi i termini afferiscono al concetto principe di onore.

Del resto, mediante le dichiarazioni ingiuriose o diffamatorie non si fa altro che attribuire a un soggetto qualità o fatti disonoranti, in grado di ledere tanto il sentimento del proprio valore sociale, quanto la reputazione dellâindividuo. Malgrado, soprattutto in passato, si sia tentato da parte di alcuni autori [9] di relegare lâoffesa alla reputazione nellâambito della diffamazione e quella al sentimento dellâonore nellâambito dellâingiuria, non si può negare che in concreto il fatto criminoso possa avere ripercussioni su entrambi gli aspetti.

Dâaltronde, la giurisprudenza in tema di diffamazione non parla soltanto di opinione o stima di cui gode lâindividuo, ma anche di âsenso della dignità personale in conformità allâopinione del gruppo socialeâ [10] o ancora di âdecoro professionaleâ [11]. Vieppiù, sembra riconoscersi lâesistenza di un minimum di personalità sociale, che rende doveroso un corrispondente rispetto minimo nei confronti di tutte le persone. Al di là di tale soglia viene, poi, riconosciuta unâulteriore tutela della reputazione, che è collegata alla posizione sociale che riveste il soggetto interessato. Rilevano, quindi, anche le qualità della persona offesa.

Indubbiamente, si tratta di una considerazione âastrattaâ delle particolari doti sociali della persona che procede per categorie: si parla in proposito di relatività della reputazione e nelle ipotesi concrete lâoffesa va commisurata al rispetto medio dovuto alle diverse categorie degli avvocati, dei magistrati, degli sposi et coetera.

Il minimum di valore sociale tutelato è da rapportare al contesto sociale in cui è inserito e, su tali basi, la giurisprudenza ha affermato che non integra il reato di diffamazione la mera âinfrazione alla suscettibilità e alla gelosa riservatezzaâ del soggetto passivo, avuto riguardo non solo alla totalità della popolazione, ma anche ai più limitati contesti di categorie professionali e di specialisti di un determinato settore [12]. Di tal guisa, il sentimento del proprio valore sociale, sul piano squisitamente oggettivo e quindi della reputazione, è âlimitatoâ dallâapprezzamento che la comune opinione fa o può socialmente fare su quella data persona. È ciò che rileva in tema di diffamazione.

Sintetizzando, la relatività del concetto di reputazione si ricollega, anzitutto, al momento storico di riferimento (basti pensare allâepiteto âfascistaâ utilizzato oggi in raffronto al ventennio fascista), in secondo luogo al contesto sociale e, infine, al più limitato eventuale ambito di categoria cui appartiene lâoffeso. Inevitabilmente, si tratta di un concetto elastico âi cui parametri sono destinati a non rimanere fissi nel tempo bensì a seguire â il mutamento della cultura e dei costumi socialiâ [13].

Nondimeno, per verificare tale concetto è necessario âtenere presenti tutti gli indici che siano suscettibili di assumere rilievo al fine di individuare consistenza ed estensione della reputazione di un determinato soggettoâ [14]. Pertanto, dal momento che la reputazione racchiude in sé le peculiarità personali, familiari e lavorative di un dato individuo, non si può non tenere in considerazione anche queste per valutare lâidoneità offensiva della comunicazione che si reputa diffamante. Non si tratta di spostare sul piano soggettivo il concetto di reputazione, che per forza di cose è intrinsecamente oggettivo, ma di rapportarlo alla posizione sociale o professionale dellâoffeso, la cui reputazione proprio in ragione di tale considerazione potrebbe anche non ritenersi lesa o messa in pericolo.

Si pensi, ad esempio, a Sempronio che dichiara a più persone lâignoranza di Tizio in una data disciplina, che nulla ha a che vedere con questi per professione, ambiente sociale in cui opera, etc.. In tale ipotesi lo stato o il grado sociale di Tizio potrebbe far considerare le dichiarazioni di Sempronio offensive della reputazione di Tizio? potrebbe costui, che non ha mai studiato diritto penale, offendersi perché qualcuno ha detto ad altri che non conosce quella particolare categoria di reati che la dottrina germanica denomina âAusserungsdeliktsâ?

Quanto affermato sopra risulta di notevole rilevanza, perché la verifica della natura diffamatoria delle âcomunicazioniâ dellâagente è essenziale per lâaccertamento del reato. Infatti, sembra banale dirlo, perché possa configurarsi la diffamazione, deve sussistere lâoffesa alla reputazione. Se già, in virtù dellâaccertamento di fatto operato dal giudice, non si riscontrerà lâidoneità offensiva della condotta, perché ad esempio lâambiente in cui è stata posta in essere o il suo particolare contesto consentono di esprimersi in termini quasi offensivi, lâindagine sullâelemento oggettivo del reato porterà alla conclusione che il fatto non costituisce reato.

Si pensi alla lotta politica e alle espressioni pungenti e suggestive, sovente, utilizzate dai politici per apostrofare colleghi e personaggi pubblici, al fine di comunicare più efficacemente con i cittadini e carpirne il consenso [15]. Peraltro, anche coloro che ascoltano, da spettatori, tali dibattiti tra politici non colgono il significato offensivo ex se dellâespressione eventualmente utilizzata, se non come strettamente collegato al problema di interesse pubblico, più rilevante, su cui si controverte [16].

Se nel caso appena citato la tutela della reputazione viene contenuta dal particolare contesto in cui si realizza la comunicazione offensiva, la relatività del concetto di reputazione non può però comportare una modifica in peius della tutela apprestata dallâordinamento quando una data persona sia per qualsivoglia motivo disistimata o disonorata. Il che vuol dire che quel minimum di valore sociale, di cui parlavamo prima, va riconosciuto a tutte le persone, che, in quanto tali, hanno una dignità personale e un diritto allâintegrità morale che è indipendente dalla buona o cattiva fama posseduta.

Il rispetto sociale è dovuto a chiunque e il nostro ordinamento non può tollerare aggressioni alla reputazione di soggetti, che, pur essendo già compromessi per altri motivi, non possono avere lesa la propria dignità personale o professionale impunemente. Ciò, del resto, contrasterebbe con i principi della nostra Carta costituzionale e, in particolare, con lâart. 3, che - come detto - assicura pari dignità sociale a tutti i cittadini.

La giurisprudenza in tali ipotesi ha ritenuto, più volte, di tutelare lâonorabilità di tutte le persone, anche in presenza di eventi disonorevoli, âessendo la reputazione tutelata tanto come stima che una persona si è conquistata presso gli altri per i suoi meriti, quanto come rispetto sociale minimo cui ogni persona ha diritto, in quanto tale, indipendentemente dalla buona o cattiva fama che abbiaâ [17].

È vero, dunque, che taluno possa godere di una maggior tutela della propria reputazione per la posizione sociale o professionale che riveste in seno alla comunità, ma non è altrettanto vero che altri possano risentire delle loro malefatte con gratuite e ulteriori aggressioni diffamatorie a discapito della loro dignità personale. La Corte di Cassazione ha mantenuto tale orientamento anche trattando del diritto di cronaca giudiziaria.

È il caso solo di accennare allâorientamento di una parte della dottrina, secondo cui, invero, in tali ipotesi non si potrebbe garantire la tutela dellâonore a chi ha una reputazione negativa, realizzandosi vieppiù unâipotesi di reato impossibile ai sensi dellâart. 49 CP [18].

Occorre, infine, operare la distinzione tra la lesione del bene giuridico della reputazione e quella del bene dellâidentità personale, al fine di delimitare lâambito delle condotte offensive che possono configurare una responsabilità penale per diffamazione.

In genere, quando viene diffusa una determinata notizia o una raffigurazione che incide in qualche misura sul giudizio che altri possano avere sulla persona, oggetto della notizia e della raffigurazione, e sul suo valore sociale, può configurarsi una fattispecie di diffamazione ex art. 595 CP. Perché ciò accada è, però, necessario che si realizzi unâoffesa alla reputazione e non basta che âvi sia distorsione della effettiva identità personale o alterazione, travisamento, offuscamento, contestazione del patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionaleâ [19]. In questi ultimi casi potrebbe, al più, configurarsi un illecito civile per lesione del diritto allâidentità personale.

Così, ad esempio, mentre non costituisce reato il fatto che il giornalista esprima in certi termini la scelta politica di un dato soggetto, potrebbe ravvisarsi una sua responsabilità penale nel momento in cui attribuisce alla stessa persona unâopinione che costituisce âun abuso della libertà di manifestazione per il suo contrasto con valori fondamentali comunemente sentitiâ [20]. In alcuni casi, poi, potrebbero sussistere entrambe le lesioni, come nel caso in cui le propalazioni offensive concernano i compiti istituzionali di un magistrato, offeso in ugual misura nella sua reputazione e nella sua dignità ed identità personale [21].

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Da: laura17/12/2008 10:13:06
Grazie mille minuscolina!!!!

Da: dada17/12/2008 10:13:16
Ale,come ti pare la prima traccia?

Da: kapkirk17/12/2008 10:13:44
la seconda riguarda due poliziotti che ammanettano una persona, questa si divincola, prende l'arma del poliziotto e lo ferisce. L'altro spara all'arrestato ma il proiettile esce e ferisce o uccide un inserviente di passaggio....di cosa risponde?

Da: Furi17/12/2008 10:14:45
da dove arrivano?

Da: ?????17/12/2008 10:15:56
RAGAZZI QUESTA è LA PRIMA  TRACCIA? è SICURO OPPURE è UNA SUPPOSIZIONE?

Da: ilaria17/12/2008 10:16:17
Sapete chi corregge Bologna?

Da: Paola17/12/2008 10:16:42
Ragazzi ma le tracce precise qualcuno le ha?

Da: dada17/12/2008 10:17:45
La seconda traccia?Per intero!!!Non c'è?

Da: copernico17/12/2008 10:17:52
le tracce arrivano da babbo natale....

Da: dada17/12/2008 10:18:18
La prima è già stata pubblicata!

Da: alessandro17/12/2008 10:18:22
la traccia è quella, almeno così sembra leggendo in giro

Da: minuscolina17/12/2008 10:19:17
la prima traccia è quella state tranquilli!!!

Da: sara17/12/2008 10:19:28
serve il parere della 1 traccia

Da: copernico17/12/2008 10:20:54
mi avete fatto uscire le tracce....al fegato

Da: AIUTO17/12/2008 10:21:37
SCUSA ALE,MA A ME LA SENT N.15595,NON è DI QUELLA DATA.è GIUSTA CMQ??

Da: laura17/12/2008 10:21:52
grazie anche a kapkirk naturalmente!!!

Da: PATANA17/12/2008 10:22:24
SI è UN Pò GENERICI. PIù PRECISO UCCIDE  EFERISCE, ATTENZIONE è IMPORTANTE SI PARLA DI OMICIDIO O LESIONI ED ABERATIO

Da: dada17/12/2008 10:22:50
La seconda?

Da: griso17/12/2008 10:23:12
sapete se a catanzaro hanno già dettato?

Da: AIUTO17/12/2008 10:23:31
INGIURIA E DIFFAMAZIONE

INGIURIA E DIFFAMAZIONE
Cass. pen. Sez. V, 12/03/2004, n. 15595.... è QUESTA ALE?

Da: arturooo17/12/2008 10:24:23
sara il parere è arrivato alle 10.12 ricky o alessandro vedi sopra ciao

Da: emma17/12/2008 10:24:24
ancora catanzaro è in attesa

Da: alessandro17/12/2008 10:24:42
si dovrebbe esser quella, ma è vecchia

Da: conci17/12/2008 10:25:13
sapete se a napoli hanno dettato???

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