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Parere penale peculato notaio - confisca per equivalente
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Da: sbrocca | 12/12/2012 14:26:12 |
x penale notaio: Sono un civilista, ma direi opportuno evidenziare il punto con un passaggio che potrebbe suonare come (scrivo a braccio): "La traccia non specifica l'Ã mbito temporale dei fatti: se il fatto fosse stato commesso post entrata in vigore della 190/2012, allora...; se al contrario i fatto fosse stato commesso prima, allora...". | |
Da: Hermann | 12/12/2012 14:27:23 |
io concordo con marilyne1983 sulla soluzione moderata... vedi sopra. | |
Da: Hermann | 12/12/2012 14:33:37 |
Ecco, sbrocca ha detto benissimo.. quindi, ricapitolando lo schema del parere: Schema parere: - notaio pubblico ufficiale - peculato - confisca per equivalente - cenno alla modifica e irretroattività della legge - conclusioni, se il fatto è stato commesso prima della l. 190/2012 il notaio può avanzare istanza di riesame del sequestro; se il fatto è stato commesso dopo, la confisca è legittima | |
Da: ICLOUD | 12/12/2012 14:36:15 |
insomma la legge anticorruzione ha destituito di fondamento l'approdo delle SU. quindi adesso è valida anche la confisca sugli immonbili. giusto? | |
Da: Edo | 12/12/2012 14:46:18 |
Ragazzi/e...secondo me non va considerata la 190/12...anche perché non è riportata neanche nelle integrazioni al codice...in più loro basano il parare sulle sentenze...non sulle leggi..la 190 riguarda le norme anti corruzione...ed è riferita agli enti ..non alle persone fisiche... | |
Da: Avv. DTX | 12/12/2012 14:53:42 |
Concordo con Edo, la 190/12 è irrilevante ai fini della soluzione del parere. | |
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Da: Avvocato 1980 | 12/12/2012 15:17:37 |
PARERE 1 La prima problematica che viene in rilievo nel caso di specie attiene alla possibilità di ritenere integrati gli estremi del delitto di peculato dalla condotta di Tizio, il quale, come si evince dalla traccia, riveste la qualità di pubblico ufficiale. L'art. 314 c.p., come da ultimo novellato dalla L. 6 novembre 2012, n. 190, prevede espressamente che "Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni". Nella giurisprudenza della Suprema Corte si osserva un indirizzo interpretativo pacifico secondo il quale il momento consumativo del delitto di peculato deve individuarsi nel comportamento appropriativo dell'agente avente a oggetto il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia il possesso per ragioni d'ufficio o di servizio. In particolare, peraltro, a detta della Corte, l'interesse all'integrità patrimoniale della Pubblica Amministrazione viene leso dal comportamento incompatibile con il titolo per il quale si possiede il bene pubblico (ex plurimis, Cass. pen., Sez. VI, 3 novembre 2003 - 20 gennaio 2004, n. 1256) indipendentemente, quindi, dalla mancanza di danno patrimoniale conseguente all'appropriazione. In tale ipotesi, difatti, la condotta dell'agente lede l'altro interesse tutelato dalla disposizione, vale a dire il buon andamento, la legalità e l'imparzialità dell'amministrazione (Cass. pen., Sez. VI, 4 ottobre 2004 - 31 gennaio 2005, n. 2963). A ciò si aggiunga che, secondo l'opinione della Suprema Corte "Non v'è dubbio che la condotta appropriativa del notaio vada qualificata come peculato. La qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non solo nell'esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma in tutta la sua complessa attività , disciplinata da norme di diritto pubblico (legge notarile) e diretta alla formazione di atti pubblici! (Cass. Pen. SEZ. V, 11 dicembre 2009, n. 47178) Tornando al caso di specie, la circostanza che il notaio sia responsabile d'imposta ed assuma come tale la veste di coobbligato solidale, che la legge affianca al soggetto passivo d'imposta, al fine di agevolare la riscossione dei tributi, non vale certo ad escludere la qualifica pubblicistica che gli compete. Configurandosi pertanto l'ipotesi di reato prevista dall'art. 314 c.p.c., Tizio potrà essere "punito con la reclusione da quattro a dieci anni" (art. 314 c.p. così come modificato dalla, L. 6 novembre 2012, n. 190.). Nel caso di specie si ritiene peraltro che ricorra altresì la c.d. "continuazione" del reato in esame, in quanto Tizio con più azioni ha commesso una pluralità di violazioni della stessa disposizione di legge, in esecuzione del medesimo disegno criminoso. Premesso quanto sopra, occorre ora chiedersi se effettivamente la misura cautelare della confisca possa o meno avere a oggetto i beni nella disponibilità di Tizio. Nell'ambito delle misure di sicurezza la figura della confisca, la cui disciplina generale è contenuta nell'art. 240 c.p., assume un ruolo peculiare, Attraverso detta misura ablatoria vengono acquisiti dallo Stato beni che per la loro intrinseca natura ovvero per un collegamento funzionale con un illecito penale devono considerarsi criminosi. Per quanto attiene ai presupposti applicativi della confisca occorre precisare che questa, a differenza della altre misure di sicurezza, prescinde dall'accertamento della pericolosità sociale del reo, essendo sufficiente la commissione di un reato o di un quasi reato. In linea generale, essa è di applicazione facoltativa (art. 240, comma 1, c.p.) ovvero obbligatoria (art. 240, comma 2, c.p.) Attraverso la l. 29 settembre 2000, n. 300, che ha inciso sul titolo dedicato ai delitti contro la Pubblica Amministrazione, la confisca obbligatoria è stata estesa, grazie alle previsioni contenute nell'art. 322 ter c.p.. ad alcune fattispecie ivi previste e, inoltre, è stato inserito l'istituto della confisca per equivalente, già contemplato dal nostro ordinamento in materia di usura (l. 7 marzo 1996, n. 108). Il tratto che connota tale figura giuridica consiste nella possibilità , per l'autorità giudiziaria, di procedere, qualora manchino i beni che si identificano con il profitto e il prezzo del reato, all'ablazione di beni diversi per un valore equivalente al prezzo del reato (art. 322 ter, comma 1) ovvero al profitto del medesimo (art. 322 ter, comma 2, c.p.). Nel caso di specie, la questione si colloca, insomma, nel contesto relativo alla definizione dello spettro operativo della confisca per equivalente disciplinata nell'art. 322 ter c.p. L'art. 322 ter, introdotto nel codice penale dalla l. 29 settembre 2000, n. 300, in occasione delle ratifiche da parte del nostro Paese di specifiche convenzioni internazionali volte a contrastare i fenomeni corruttivi, dispone al comma 1, che in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei delitti contro la Pubblica Amministrazione previsti negli articoli da 314 a 322 c.p. è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono "il profitto o il prezzo" salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando questa non sia possibile, la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità , per un valore corrispondente a tale "prezzo" (c.d. confisca per equivalente). Nei termini chiariti dall'autorevole insegnamento delle Sezioni unite della Suprema Corte, la ratio dell'istituto della confisca per equivalente risiede nella scelta di privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale misura che assume a tutti gli effetti i tratti distintivi di una vera e propria sanzione (Cass. pen., S.U., 27 marzo 2008 - 2 luglio 2008, n. 26654). Stando alla formulazione letterale della disposizione (art. 322 ter, comma 1, c.p.), come rilevato dalla costante e più recente giurisprudenza di legittimità , la confisca per equivalente non è applicabile in relazione al profitto del delitto di peculato (art. 314 c.p.), dovendo ritenersi limitata al solo tantundem del prezzo del reato (Cass. pen., Sez. VI, 5 novembre 2008 - 7 aprile 2009, n. 14966; Cass. pen., Sez. VI, 10 marzo 2009, n. 10679). Depongono a favore di questa soluzione argomenti di diversa natura. In prospettiva sistematica, si esclude che il legislatore abbia utilizzato nell'art. 322 ter c.p. il termine prezzo in senso atecnico, così da comprendere qualsiasi utilità connessa al reato, derogando alla disciplina generale stabilità nell'art. 240 c.p., ove le nozioni di prezzo e profitto sono nettamente distinte. Da un punto di vista esegetico, poi, sembra chiara la volontà del legislatore di escludere, salvo le ipotesi del comma 2 dell'art. 322 ter c.p., il profitto del reato dalla confisca per equivalente. In senso contrario si registra un isolato orientamento che aderisce a una interpretazione estensiva secondo la quale, riguardo al delitto di peculato, sono assoggettabili a confisca, ai sensi dell'art. 322 ter c.p., comma 1, beni nella disponibilità dell'imputato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato (Cass. pen., Sez. VI, 29 marzo 2006 - 17 luglio 2006, n. 24633). Di recente, a dirimere l'illustrato contrasto giurisprudenziale sono intervenute le Sezioni unite della Suprema Corte. La Corte ha precisato che, in difetto di una nozione legale di profitto del reato, può accogliersi la ricostruzione semantica di tale concetto offerta dalla dominante giurisprudenza di legittimità secondo la quale esso deve essere identificato con il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato e si contrappone al prodotto e al prezzo del reato. In particolare, il prodotto rappresenta ciò che materialmente deriva dall'illecito, vale a dire le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato, il prezzo, invece, deve individuarsi nel compenso dato o promesso a una determinata persona, a titolo di corrispettivo dell'esecuzione dell'illecito (ex plurimis, Cass. pen., S.U., 3 luglio 1996 - 17 ottobre 1996, n. 9149). Le Sezioni unite, pertanto, alla luce della netta distinzione fra le nozioni di prezzo e profitto del reato, unitamente alla mancanza di una chiara indicazione legislativa che attribuisca a tali termini un significato diverso da quello comunemente assegnato dalla giurisprudenza di legittimità , ritengono che non sussista alcun elemento idoneo a far ritenere che il legislatore, nella formulazione dell'art. 322 ter, comma 1 c.p., abbia usato il termine prezzo in senso atecnico, così da includere qualsiasi utilità connessa al reato sicchè, con riferimento al delitto di peculato può disporsi la confisca per equivalente prevista dall'art. 322 ter, comma 1, ultima parte c.p., soltanto del prezzo e non anche del profitto (Cass. pen., S.U., 25 giugno 2009 - 6 ottobre 2010, n. 38691). Premesso quanto sopra deve tuttavia essere rilevato, la L. 6 novembre 2012, n. 190 ha parzialmente modificato il citato articolo 322-ter, primo comma: dopo le parole: �«a tale prezzo�» sono difatti state aggiunte aggiunte le seguenti: �«o profitto�». A seguito dell'intervento del Legislatore, non v'è pertanto dubbio che, per quanto concerne la misura di sicurezza della confisca per i delitti con¬tenuti nel titolo II del Libro I del codice penale, ai sensi del novellato art. 322-ter c.p., in caso di condanna, è possibile disporre l'ablazione per equivalente non solo del prezzo del reato (cioè del corrispettivo per l'acquisto dell'utilità ) ma anche del suo profitto, estendendo quindi la ritenzione a beni il cui valo¬re corrisponde all'utilità economica immediatamente derivante dall'avvenuto compimento del fatto illecito. A ciò si aggiunga che, come affermato dalla Corte di cassazione in numerose pronunce - la mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente, unitamente all'assenza di un "rapporto di pertinenzialità " (inteso come nesso diretto, attuale e strumentale) tra il reato e detti beni, conferiscono all'indicata confisca una connotazione prevalentemente afflittiva, attribuendole, così, una natura "eminentemente sanzionatoria", che impedisce l'applicabilità a tale misura patrimoniale del principio generale dell'articolo 200 del codice penale, secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, e possono essere, quindi, retroattive (ex multis, Cassazione penale, sentenze 39173, 39172 e 21566 del 2008). A tale conclusione si giunge sulla base della duplice considerazione che il secondo comma dell'articolo 25 della Costituzione vieta l'applicazione retroattiva di una sanzione penale, come deve qualificarsi la confisca per equivalente, e che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto in contrasto con i princÃpi sanciti dall'articolo 7 della Convenzione l'applicazione retroattiva di una confisca di beni riconducibile proprio a un'ipotesi di confisca per equivalente (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 307A/1995, Welch v. Regno unito). Stando così le cose, si ritiene che, nel caso di specie, 1. laddove il reato sia stato commesso prima l'entrata in vigore della L. 6 novembre 2012, n. 190, Tizio potrà ottenere, previa istanza di riesame del sequestro preventivo, la restituzione dei propri beni; 2. laddove il reato sia stato commesso dopo l'entrata in vigore della L. 6 novembre 2012, n. 190, i beni di tizio potranno essere validamente confiscati. | |
Da: help sister | 12/12/2012 15:39:49 |
mi chiedono da dentro qualcosa sulla continuazione del peculato...cos'è? cosa posso rispondere....inoltre ho suggerito la sentenza 47178/2009 ma non la vedo più citata da voi...è sbagliata? | |
Da: Avvocato 1980 | 12/12/2012 15:44:43 |
HEL SISTER - nel parere che ho postato c'è anche un accenno alla continuazione se ti interessa | |
Da: e basta aiutare gli ignoranti | 12/12/2012 15:45:21 |
ragazziiiii sveglia!!! non suggerite nulla a questi qua...........che pena mi fanno! | |
Da: osservazioni | 12/12/2012 15:45:52 |
Ma gli immobili sono il "Profitto" del reato?? chi ve lo dice,scusate??? | |
Da: Hermann | 12/12/2012 15:45:55 |
la sentenza 47178/2009 è importantissima perché configura il reato posto in essere dal notaio in qualità di pubblico ufficiale: il peculato, appunto. A mente della Cassazione penale, sez. V, sentenza n 47178/2009, il notaio che ometta il versamento di somme, affidategli da clienti, destinate al pagamento dell'imposta di registro in relazione ad atti rogati incorre nel delitto di peculato. La condotta appropriativa del notaio deve essere qualificata come peculato. Infatti, la qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non solo nell'esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma in tutta la sua complessa attività , disciplinata da norme di diritto pubblico e diretta alla formazione di atti pubblici. | |
Da: help sister | 12/12/2012 16:30:56 |
grazie ragazzi...siete davvero bravi!!! | |
Da: sbrocca | 12/12/2012 16:58:21 |
Acuta osservazione fatta da dddddddddddd nel thread generalista: «Scusate, ma mi sa tanto che la fretta ci sta facendo andare "fuori tema": allora, la modifica legislativa dell'art.322 ter non c'entra nulla con il caso in esame, dato che gli appartamenti non sono in ogni caso (leggete la traccia) il "profitto" del reato (non si dice da nessuna parte che gli appartamenti siano stati acquistati con i soldi trattenuti. A mio avviso la norma da tenere in considerazione è il terzo comma dell'art.322 ter: "Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato" Quindi è sbagliato parlare di "Profitto", occorre soltanto vedere se vi sia corrispondenza o meno tra il valore degli immobili e quello delle somme indebitamente trattenute» | |
Da: sbrocca | 12/12/2012 17:06:45 |
Sempre dddddddddddd nel thread generalista: «La nuova norma (322 ter come modificata nel 2012) si applica solo per le ipotesi di reato commesso successivamente alla entrata in vigore della modifica (arg. da Corte Costituzionale, 04/06/2010, n. 196 "È incostituzionale, per contrasto con l'art. 117 cost. e l'art. 7 della Cedu, l'art. 186 comma 2 lett. c) c. strad., limitatamente alle parole "ai sensi dell'art. 240, comma 2, del c.p.", perché consente l'applicazione retroattiva, ai sensi dell'art. 200 c.p., della confisca del veicolo, la quale avendo natura essenzialmente sanzionatoria, non può essere qualificata come misura di sicurezza patrimoniale.")» | |
Da: ICLOUD | 12/12/2012 17:07:45 |
per sbrocca! Se il fatto è stato commesso prima della novella, gli immobili non sono confiscabili; se commesso dopo, ahimè, sono confiscabili perchè il nuovo 322 ter parla di prezzo e profitto quindi è superato l'approdo delle SU del 2009 | |
Da: Scusate | 12/12/2012 17:10:42 |
Ma la novella quando è entrata in vigore? Se non erro nel mese di novembre. Bene, vi sembra plausibile che il reato sia stato commesso un mese fa? | |
Da: Avvocato 1980 | 12/12/2012 17:22:41 |
ATTENZIONE: Il primo comma dell'art. 322 ter recita testualmente che il Giudice confisca i beni "di cui il reo ha la disponibilità , PER UN VALORE CORRISPONDENTE A TALE PREZZO O PROFITTO" Nel caso di specie, pur non essendo provato che vi sia un "prezzo" del reato, è indiscutibile che tizio vi abbia tratto "profitto". Pertanto se il reato è stato commesso successivamente all'entrata in vigore della legge 190/2012 (essendo reato continuato, peraltro, a mio parere, anche se le violazioni del disposto normativo sono state compiute un pò prima e un pò dopo l'entrata in vigore della L. 190/2012) gli appartamenti di tizio potranno essere confiscati anche SE NON COSTITUISCONO IL PROFITTO DEL REATO. | |
Da: Scusate | 12/12/2012 22:02:35 |
Altalex, che comunque non è l'oracolo della verità assoluta, non cita assolutamente la problematica della legge 190/2012. Ciò significa che tale questione non era fondamentale per la soluzione del parere. | |
Da: Padovano | 12/12/2012 22:17:07 |
Ma scusate un attimo! Dove ci sta scritto che gli immobili sono il prezzo o il profitto del reato?!?!? Guardate che presupposto necessario per la confisca per equivalente risulta essere la non disponibilità , anche transitoria, nella sfera giuridico patrimoniale del notaio del prezzo o profitto del reato!!! | |
Da: X Padovano | 12/12/2012 22:29:36 |
La tua osservazione è stata oggetto di discussione marginale, in quanto la stragrande maggioranza ha ritenuto che gli immobili fossero stati presuntivamente acquistati dal notaio con il denaro versato dai clienti. Ad ogni modo, non esiste una soluzione oggettiva del parere, ma diverse soluzioni. La differenza, naturalmente, la fa l'argomentazione del singolo candidato. | |
Da: Padovano | 12/12/2012 22:35:32 |
Ma la presunzione non è dimostrata! È finché non viene dimostrato dal Pm io chiedo immediadiatamente il dissequestro! Tanto che vi pare che un notaio non abbia soldi in banca?!?!? | |
Da: birillone | 23/12/2012 13:40:40 |
Ragazzi posso chiedervi un parere???io ho escluso l'applicabilita' della confisca per equivalente per un valore corrispondente al profitto, perché non previsto dalla lettera della legge. Tuttavia ho omesso di richiamare l'orientamento minoritario..perché ritenevo fosse irrilevante considerata la novella del novembre 2012 | |
Da: Briony | 14/01/2013 22:48:14 |
X "Scusate". Altalex non cita la Legge 2012, n. 190 perchè, tra i tanti contributi normativi in materia di confisca per equivalente del profitto del peculato, l'ultima legge entrata in vigore nell'imminenza degli Scritti di Avvocato risulta la "meno rilevante" per la formulazione del Parere; sono di maggior peso le considerazioni svolte da Cass. S.U. 2009, la distinzione tra profitto e prezzo, la qualifica di pubblico ufficiale del notaio cliente, e la natura giuridica "penale" della confisca di valore, che richiama la garanzia di irretroattività delle sanzioni penali secondo i recenti approdi della Corte Europea dei Diritto umani (art. 7 CEDU, art. 1 Prot. addizionale); chiaramente, non nuoce un riferimento meditato alla recentissima riforma dell'art. 322-ter, ma solo per ribadire la necessaria irretroattività della "misura di sicurezza" in esame ai profitti derivanti da reati commessi prima della Legge 2012, n. 190. Credo che nel complesso, la Legge 2012 sia importante ma non decisiva (fosse entrata in vigore a settembre i Commissari sarebbero più esigenti). Avrei una domanda per "avvocati consumati". Si legge in alcune decisioni della Cassazione (v. Cass. 2006 Spera in tema di truffa aggravata) che, data la natura sanzionatoria della confisca per equivalente ex art. 322-ter, tale misura non può disporsi retroattivamente, e quindi colpire i profitti conseguiti/somme indebitamente riscosse prima della legge che ha introdotto la confisca punitiva; pertanto, anche quando la truffa aggravata si manifesta come un reato a consumazione prolungata, non è legittimo aggredire con la confisca di valore (e prima con il sequestro) le somme indebitamente ottenute ed i profitti conseguiti anteriori alla legge medesima (si trattava della Legge 2000, n. 300). Mi sembrano conclusioni condivisibili, ma io mi chiedo: applicando proprio i principi sulla natura sanzionatoria della confisca per equivalente, non si dovrebbe escludere la confisca de qua ai reati (truffa aggravata) senza distinguere tra profitti conseguiti prima e dopo la Legge 2000, n. 300, dal momento che, alla luce dell'art. 7 CEDU, si applicherebbe il divieto di retroattività delle pene ex art. 25, comma 2 Cost. nella sua piena accezione ?? | |
Da: Briony | 14/01/2013 22:56:49 |
Cioè intendevo: non si dovrebbe escludere proprio la confisca di valore per i reati di truffa aggravata anche se a consumazione prolungata (tipo truffa rateizzata) commessi anteriormente alla Legge 2000, n. 300 a prescindere dalla data di acquisizione dei profitti derivanti dal reato ? Non si dovrebbe in sostanza applicare l'art. 25, comma 2 Cost. (divieto di retroattività delle pene), visto alla luce della CEDU? Il Mantovani fa una distinzione tra perfezione e consumazione, mi pare... Forse è una domanda stupida, ma volevo conoscere il parere di un avvocato o magistrato (anche junior). Grazie | |
Da: ma siamo matti | 15/01/2013 09:42:01 |
congratulazioni vivissimi a chi il giorno dell'esame era sul forum a scambiarsi pareri! Vergogna! | |
Da: Briony | 19/01/2013 15:34:59 |
Concordo con MA SIAMO MATTI, sono davvero scandalizzata da quello a cui ho assistito il 12/12/12 (altro che Maya, è questa la fine del mondo...). Gente disperata (ma tecnologicamente attrezzata) che chiede soluzioni ai quesiti mentre sta svolgendo un concorso (neppure degnandosi di celare questo dettaglio), ma soprattutto "avvocati" o presunti tali che diffondono soluzioni elaborate con banche dati, codici commentati, sapienza giuridica. I più canaglie supereranno di slancio l'Esame mentre i piccoli industriosi aspiranti magari non ci riusciranno o cmq con voti meno altisonanti. Almeno spero che questi pirati, una volta diventati avvocati, facciano "tesoro" delle proprie scorrerie giovanili, e si dedichino con onestà e professionalità alla causa perchè sennò aiuto! | |
Da: salom | 21/02/2013 17:16:42 |
Salve, in merito al parere penale n.2, può essere considerato errore dire che il notaio si è appropriato delle somme dovute per i diritti dell'archivio notarile e non, invece, per quelle dell'imposta di registro? Grazie a chi risponderà | |
Da: x salom | 22/02/2013 13:21:38 |
Nella traccia si parlava, effettivamente, di imposta di registro. Comunque, tale svista può essere certamente considerata un errore materiale; infatti, ciò che conta, è il parere nel suo complesso e non un semplice refuso. | |
Da: penalista | 22/02/2013 14:32:28 |
X AVVOCATO 1980... ho rilevato una discrasia nel tuo parere!!! prima ritieni applicabile pena da 4 a 10 anni, tenendo conto della modifica apportata dalla nuova legge, quindi implicitamente presumi i fatti commessi dopo l'entrata in vigore della stessa! Poi però, in tema di confisca per equivalente, la ritieni applicabile a seconda che i fatti siano stati commessi prima o dopo!!! | |
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