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16 dicembre 2015 - Parere PENALE
699 messaggi, letto 84019 volte

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Da: michael198516/12/2015 10:52:55
Ma come fa ed esserci il tentativo di usura?'?????? si è già consumato con la semplice pattuizione, senza corresponsione degli interessi; la promessa di darli comporta consumazione del reato di usura. Se, poi, vengono corrisposti in più momenti, da un lato si sposta in avanti il dies a quo della prescrizione (art. 644 quater), dalla'altro è possibile che vi sia un concorso da parte di chi non ha aprtecipato alla pattuizione, ma è necessario che vi sia la riscossione effettiva degli interessi, non già del capitale!!!!

SCHEMA:
Tentativo di estorsione, non ottenendo la dazione degli interessi non vi sarà consumazione;
Inconfigurabilità dell'esercizio arbitrario, poichè il mandante è consapevole della illiceità della riscossione, essendo questo il criterio discrimimante tra estorsione ed eserczio arbitrario, ossia l'ingiustizia del profitto e la relativa consapevolezza. da questo punto di vista è fondamentale sottolineare che il mandante è incacaricato di recuperare gli ineterssi, non il capitale, il quale deve essere restituito sempre.
Inconfigurabilità del concorso in usura per le ragioni dette;
consumazione delle lesioni dolosi gravi;
possibilità di ravvisare il tentativo;
Rispondi

Da: pareri penale16/12/2015 10:54:39
l usura e un reato a schema duplice. lo consumi con la promessa non seguita da datio o con la datio.
Rispondi

Da: michael198516/12/2015 10:55:11
Ma come fa ed esserci il tentativo di usura?'?????? si è già consumato con la semplice pattuizione, senza corresponsione degli interessi; la promessa di darli comporta consumazione del reato di usura. Se, poi, vengono corrisposti in più momenti, da un lato si sposta in avanti il dies a quo della prescrizione (art. 644 quater), dalla'altro è possibile che vi sia un concorso da parte di chi non ha aprtecipato alla pattuizione, ma è necessario che vi sia la riscossione effettiva degli interessi, non già del capitale!!!!

SCHEMA:
Tentativo di estorsione, non ottenendo la dazione degli interessi non vi sarà consumazione;
Inconfigurabilità dell'esercizio arbitrario, poichè il mandante è consapevole della illiceità della riscossione, essendo questo il criterio discrimimante tra estorsione ed eserczio arbitrario, ossia l'ingiustizia del profitto e la relativa consapevolezza. da questo punto di vista è fondamentale sottolineare che il mandante è incacaricato di recuperare gli ineterssi, non il capitale, il quale deve essere restituito sempre.
Inconfigurabilità del concorso in usura per le ragioni dette;
consumazione delle lesioni dolosi gravi;
possibilità di ravvisare la continuazione;
non parlate dell'aggravnte del danno patrimoniale, poichè si tratterebbe di esaminare il problema del tentativo di delitto cricostanziato, in cui la circostanza è solo tentata. Secondo le ssuu la figura è ammissibile, ma il parere è già pieno di questioni senza tirare fuori questa problematica
Rispondi

Da: blusere 16/12/2015 10:55:38
violenza privata per la seconda traccia?
Rispondi

Da: gianantonio  16/12/2015 10:55:48
Concordo con micheal
Rispondi

Da: yes16/12/2015 10:56:22
ragazzi date piu informazioni riguardo la PRIMA?
uno schema,magari?
Rispondi

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Da: pinco pallo16/12/2015 10:56:27
attenzione mi permetto di  segnalare che il testo della traccia parla di mancata restituzione integrale del capitale.. occhio
Rispondi

Da: nori 16/12/2015 10:56:29
Sui rapporti tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone: un revirement giurisprudenziale
13 Febbraio 2014

Nota a Cass., Sez. II, ud. 04.12.2013 (dep. 19.12.2013), n. 51433, Pres. Petti, Rel. Rago, ric. Fusco (ove la violenza e/o la minaccia, anche se particolarmente intense o gravi, siano effettuate al solo fine di esercitare un preteso diritto, pur potendo l'agente ricorrere al giudice, non è configurabile l'estorsione bensì l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. 393 c.p.)

[Maria Chiara Ubiali]

1. La sentenza annotata affronta il problema del criterio di distinzione tra i delitti di estorsione (art. 629 c.p.) e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (art. 393 c.p.) che si pone nella prassi dei casi di coartazione del soggetto passivo tesa, almeno apparentemente, a realizzare un preteso diritto dell'agente. La sentenza, che si legge in allegato, si segnala per l'abbandono del tradizionale orientamento giurisprudenziale secondo cui si configura il più grave delitto di estorsione quando la violenza o la minaccia siano talmente gravi da esorbitare dal livello ragionevolmente compatibile con l'esercizio, seppur arbitrario, delle proprie ragioni, presentandosi come del tutto sproporzionate rispetto al fine del conseguimento del preteso diritto[1]. Nella pronuncia in esame la Suprema Corte torna a sposare, infatti, l'orientamento più risalente secondo il quale l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e l'estorsione si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identico, ma per l'elemento intenzionale, non essendo in alcun modo rilevante, al fine della delimitazione dei rispettivi ambiti di applicazione delle incriminazioni in esame, l'intensità e/o la gravità della violenza o della minaccia.

Opportuno, per meglio comprendere il problema in esame, richiamare brevemente le fisionomie delle due fattispecie delittuose. Nell'estorsione il soggetto passivo è costretto, con violenza o minaccia, a fare o ad omettere quanto imposto dall'agente, che persegue un ingiusto profitto. Nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone comune all'estorsione sono le modalità alternative della condotta - violenza o minaccia - ma differenti sono gli ulteriori elementi costitutivi della fattispecie: a) il fine di far valere un preteso diritto; b) la possibilità di ricorrere al giudice; c) l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni a fronte di un terzo che, a torto o a ragione, si opponga alla suddetta pretesa.

2. La fattispecie al vaglio della Corte di cassazione è la seguente: il Tribunale del Riesame di Messina sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di F.I., indagato del reato di estorsione perché, con minaccia consistite nel cospargere di benzina un'autovettura di proprietà di L.E. e nel fargli trovare vicino una bottiglia contenente liquido infiammabile, costringeva quest'ultimo a pagargli delle spettanze lavorative arretrate ed a sottoscrivere un verbale con i sindacati per la concessione della cassa integrazione.

Il Tribunale del Riesame ha adottato la propria decisione sul presupposto che il fatto integri il delitto di estorsione e non quello di "ragion fattasi" in relazione al quale non è notoriamente consentita la custodia cautelare. A tale conclusione i giudici siciliani sono pervenuti utilizzando proprio il criterio sopramenzionato, avendo infatti ravvisato nel caso di specie una condotta caratterizzata da una forza intimidatoria esorbitante rispetto ad ogni ragionevole intento di realizzazione di un preteso diritto.

Contro la decisione del Tribunale del Riesame proponevano ricorso per Cassazione tanto l'indagato quanto il P.M.; quest'ultimo, in particolare, sostenendo che la gravità della condotta posta in essere dall'indagato avrebbe dovuto indurre il Tribunale a confermare la custodia cautelare in carcere. Investita del ricorso, la S.C. si è posta il problema, logicamente preliminare, di verificare se nel caso sottoposto al suo giudizio sia configurabile un'estorsione, ovvero un fatto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, in relazione al quale - ribadiamo - la legge non consente alcuna misura cautelare.

Questa, in particolare, la questione di diritto esaminata dalla S.C.: "se e in che limiti la gravità della minaccia o della violenza, posta in essere da chi faccia valere una legittima pretesa deducibile davanti al giudice, costituisca elemento del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni".



3. È d'immediata evidenza la rilevanza del problema: non è in gioco la mera applicabilità delle misure cautelari, ma anche e soprattutto l'enorme divario delle conseguenze sanzionatorie per i due reati: mentre l'estorsione è punita con la reclusione da cinque a dieci anni (da sei a venti nell'ipotesi aggravata ex art. 629, co. 2 c.p.), oltre alla congiunta pena pecuniaria, l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone - a confronto un reato bagatellare - è punito con la reclusione fino a un anno.

Il problema si pone in quanto, come osserva la Cassazione, "potendo le azioni materiali previste dalle suddette norme coincidere" è necessario "identificare la linea di confine fra i due reati".

4. La Cassazione richiama in proposito l'elaborazione giurisprudenziale in materia, ricordando come per decenni sia la dottrina sia la giurisprudenza, conformemente a un primo orientamento, hanno sempre ritenuto che le due figure di reato si distinguessero non per la materialità del fatto, che può essere identico, ma per l'elemento intenzionale: nell'estorsione l'agente mira a conseguire un profitto ingiusto con la coscienza che quanto pretende non gli è dovuto; nella ragion fattasi invece, l'agente è animato dal fine di esercitare un preteso diritto nella ragionevole convinzione, anche errata, dalla sua sussistenza, pur se contestata o contestabile.

In motivazione si sottolinea, tuttavia, l'emersione di un secondo e più recente orientamento: "nell'ultimo decennio, pur non smentendosi la suddetta affermazione, si è incominciato ad affermare il principio secondo il quale nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni la minaccia e la violenza non sono fini a se stesse, ma sono strettamente connesse alla condotta dell'agente, diretta a far valere il preteso diritto, rispetto al cui conseguimento si pongono come elementi accidentali, per cui non possono mai consistere in manifestazioni sproporzionate e gratuite di violenza"[2]. In seno a tale orientamento, si è successivamente precisato che "quando la minaccia si estrinseca in forme di tale forza intimidatoria e di tale sistematica pervicacia che vanno al di là di ogni ragionevole intento di far valere un diritto, allora la coartazione dell'altrui volontà è finalizzata a conseguire un profitto che assume ex se i caratteri dell'ingiustizia. In determinate circostanze e situazioni, pertanto, anche la minaccia dell'esercizio di un diritto, in sé non ingiusta, può diventare tale, se le modalità denotano soltanto una prava volontà ricattatoria, che fanno sfociare l'azione in mera condotta estorsiva"[3]. Secondo questo indirizzo, dunque, la minaccia e la violenza, nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sono finalizzate a far valere il preteso diritto e di conseguenza non possono mai consistere in manifestazioni sproporzionate o gratuite di violenza per le quali si ricadrebbe in una condotta estorsiva[4].

Questo secondo orientamento giurisprudenziale non ha mancato tuttavia di essere sottoposto a critiche. In dottrina si è infatti sottolineato come una presa di posizione di questo tipo, che introduce un criterio di differenziazione basato sull'intensità della violenza, si pone innanzitutto in contrasto con il principio di legalità perché si fa infatti leva su un elemento - l'intensità della violenza o della minaccia - estraneo alla previsione legale[5]. Nello stesso senso si è sottolineato anche che oltre a non essere fondato su alcun dato testuale, l'orientamento giurisprudenziale in parola finisce d'altra parte per rimettere alla discrezionale valutazione dell'organo giudicante la valutazione sui confini tra le due fattispecie, gravida di conseguenze dal punto di vista sanzionatorio[6].

5. In questo contesto giurisprudenziale si inserisce la sentenza in commento, che si discosta dal più recente orientamento affermatosi in giurisprudenza, ritornando al primo e più risalente indirizzo e recependo così le critiche formulate in dottrina[7]. Nella sentenza annotata si legge infatti che "l'intensità e/o la gravità della violenza o della minaccia non è un elemento del fatto idoneo ad influire sulla qualificazione giuridica del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, il quale si distingue dal reato di estorsione per l'elemento intenzionale". Si ribadisce infatti che "nell'estorsione, l'agente mira a conseguire un profitto ingiusto con la coscienza che quanto pretende non gli è dovuto; nell'esercizio arbitrario, invece, l'agente è animato dal fine di esercitare un suo preteso diritto nella ragionevole opinione, anche errata, della sua sussistenza, pur se contestata o contestabile". Pertanto, "ove la violenza e/o la minaccia, anche se particolarmente intense o gravi, siano effettuate al solo fine di esercitare un preteso diritto, pur potendo l'agente ricorrere al giudice, non è mai configurabile il diverso delitto di estorsione che ha presupposti giuridici completamente diversi".

A questa conclusione la Cassazione giunge attraverso un'articolata motivazione, che fa leva su tre diversi argomenti.

a) Una prima argomentazione chiama in causa la ratio della disposizione. A detta dei giudici di legittimità la ratio della norma risiede nel divieto di farsi giustizia da sé: il legislatore ha inteso sanzionare il farsi giustizia da sé con violenza o minaccia e non tanto la modalità con la quale l'agente persegue il suo scopo; si spiega così il motivo per cui la pena prevista per il reato in esame è relativamente modesta rispetto a quella stabilita per il reato di estorsione. La Cassazione afferma infatti che "per il legislatore, invero, ciò che rileva è il diverso disvalore che sta alla base del comportamento dell'agente, perché una cosa è che la violenza o minaccia - qualunque sia la forma e la intensità - venga esercitata per un preteso diritto, altra e ben diversa cosa è che quella stessa violenza o minaccia sia esercitata per procurarsi un ingiusto profitto". A questa stregua dunque non vi è ragione per pensare che l'esiguità della pena prevista per il reato di ragion fattasi si giustifichi per la minor intensità della violenza o della minaccia.

b) In secondo luogo la Cassazione fa riferimento ad un persuasivo argomento di carattere testuale: richiama infatti il terzo comma dell'art. 393 c.p., che prevede una circostanza aggravante se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi. Corretta ci sembra a questo proposito l'affermazione della S.C., secondo cui "nonostante sia del tutto evidente che la minaccia o la violenza commessa con armi costituisca, sicuramente, una delle più gravi ed invasive forme di coartazione della volontà altrui, il legislatore ha previsto, in continuità con la tradizione storica, solo un aggravamento di pena e non il diverso reato di estorsione"[8].

c) Da ultimo, la S.C. fa leva su un argomento di carattere sistematico. L'art. 581 co. 2 c.p. stabilisce che la norma incriminatrice delle percosse non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato. Orbene, secondo la sentenza annotata "la semplice percossa non è punibile restando assorbita nella violenza e quando la violenza trasmoda in altri reati (lesioni, omicidio, sequestro di persona ecc..) l'agente risponderà, in concorso con il reato di cui all'art. 393 c.p., degli altri ed eventuali reati commessi contro la persona della parte offesa". E "poiché negli artt. 392-393 c.p. i sostantivi "violenza e minaccia" sono adoperati sic et simpliciter senza alcuna altra aggettivazione, non è consentito all'interprete, in ossequio al principio cardine di legalità, procedere ad un'interpretazione in malam partem della suddetta normativa e cioè ritenere che ogniqualvolta l'agente abbia posto in essere minacce o violenze particolarmente gravi, il suddetto comportamento trasmodi nel reato di estorsione".

D'altra parte - ci sia consentita l'osservazione - non è presente nell'art. 393 c.p. una formula analoga a quella presente nell'art. 581, co. 2 c.p. che manifesti la volontà del legislatore - in presenza di una violenza o di una minaccia che sia elemento costitutivo di altri reati - di far rimanere assorbito il reato di ragion fattasi.

Infatti quando il legislatore ha voluto dare rilevanza al grado di violenza, lo ha specificatamente indicato, per esempio nel reato di violenza privata (art. 610 c.p.) dove la pena è aumentata, se ricorrono le condizioni di cui all'art. 339 c.p., o nel reato di minaccia (art. 612, comma 2 c.p.) dove, analogamente, se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell'art. 339 c.p., si inasprisce la cornice edittale.

6. Conclusivamente, secondo la S.C., l'intensità della violenza non è decisiva, ma può tutt'al più rappresentare un utile "indizio"[9] dal quale inferire che l'agente, con il proprio comportamento minatorio o violento, intende perseguire un fine ulteriore e diverso rispetto al semplice conseguimento della pretesa legittima[10].

Come acutamente fatto notare in dottrina[11], mentre nell'orientamento giurisprudenziale abbandonato dalla sentenza annotata la gravità della violenza o della minaccia rilevava alla stregua di una "massima d'esperienza qualificatoria" secondo la quale "chi esercita arbitrariamente il proprio diritto non può che farlo con modalità soft, tanto che si deve qualificare automaticamente come estorsione la condotta di chi persegue un proprio diritto con manifestazioni sproporzionate e gratuite di violenza", l'attuale filone interpretativo, riaperto dalla sentenza annotata, valorizza il dato fattuale della modalità della condotta posta in essere dall'agente esclusivamente in chiave probatoria, quale elemento utile al fine dell'accertamento del dolo.

Secondo la sentenza annotata dunque il criterio discretivo tra le due figure di reato è rappresentato dall'elemento intenzionale, da ricostruire, alla luce delle circostanze del caso concreto, valorizzando le modalità con le quali la minaccia o violenza è stata posta in essere. Se risulta che la finalità perseguita dall'agente è quella di esercitare un preteso diritto (e questo sia giustiziabile dinnanzi all'autorità giudiziaria) - anche indipendentemente dall'intensità della violenza o della minaccia posta in essere - sarà sempre configurabile il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e non quello, più grave, di estorsione.
Rispondi

Da: MisterXXX 16/12/2015 10:57:00
quali sono i riferimenti normativi e le sentenze per la seconda?
Rispondi

Da: il mio nome e '' mai più16/12/2015 10:57:03
Sì , lo dico anch'io la prima è apparentemente facile.... ma in realtà tra una descrizione di tutti i reati ed istituti in ballo (lesioni colposo,  omicidio colposo,  responsabilità medica e tutte le teorie sul nesso di causalità ) ..... non bastano 2 fogli protocollo per scrivere tutto con logica ed ordine

la seconda mi sembra, invece, più abbordabile.  Dico una cavolata se ci leggo anche il sequestro di persona e la teoria della assorbimento e il reato complesso?
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 10:57:38
Ricapotolando quindi ( confermate per favore).

SCHEMA 1:
Siamo difensori di Tizio e la traccia stessa dice che la morte è conseguente all errata trasfusione. Ora questa errata trasfusione sembra, da Cass. 33329/2015 anche 133819/1976, interrompere il nesso di causalità perciò credo che sia opportuno
Analizzare il nesso causale 41 cp
Analizzare la condotta di mevio secondo me inquadrabile nelle lesioni colpose
Analizzare la condotta di sempr che per una grave negligenza porta alla morte Caio
Riconoscere la assenza di responsabilità di tizio nel cagiona,entro della morte di caio ma solo delle lesioni colpose 590 cp


SCHEMA2
Tentativo di estorsione, non ottenendo la dazione degli interessi non vi sarà consumazione;
Inconfigurabilità dell'esercizio arbitrario, poichè il mandante è consapevole della illiceità della riscossione, essendo questo il criterio discrimimante tra estorsione ed eserczio arbitrario, ossia l'ingiustizia del profitto e la relativa consapevolezza. da questo punto di vista è fondamentale sottolineare che il mandante è incacaricato di recuperare gli ineterssi, non il capitale, il quale deve essere restituito sempre.
Inconfigurabilità del concorso in usura per le ragioni dette;
consumazione delle lesioni dolosi gravi;
possibilità di ravvisare la continuazione;
non parlate dell'aggravnte del danno patrimoniale, poichè si tratterebbe di esaminare il problema del tentativo di delitto cricostanziato, in cui la circostanza è solo tentata. Secondo le ssuu la figura è ammissibile, ma il parere è già pieno di questioni senza tirare fuori questa problematica



Rispondi

Da: avvocaticchio16/12/2015 10:59:51
concordo totalmente. L'esercizio arbitrario non è assolutamente ipotizzabile neanche in astratto data la natura antigiuridica della obligazione.
Rispondi

Da: RossyRò16/12/2015 11:01:16
Ciao, in ritardo, ma ci sono anche io.....oggi ho difficoltà....qualcuno mi può dire lo schema del primo parere?
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 11:01:58
Qualcuno conferma o smentisce i 2 schemi che ho proposto?
Così almeno lavoriamo tutti sulla stessa linea :)
Rispondi

Da: zetanita16/12/2015 11:03:41
scusate ma che significa riscostruire la posizione dei soggetti coinvolti???
Rispondi

Da: leone1000 16/12/2015 11:03:48
Ragazzi cerchiamo di stilare un parere sulle tracc .... dai
Rispondi

Da: pareri penale16/12/2015 11:03:50
sequestro di persona non ex 630 ma ex 605
Rispondi

Da: Ghj16/12/2015 11:04:10
Per ingegnere
Lo schema della prim traccia è stato proposto da me. Credo sia corretto, ma naturalmente sarebbe utile se anche qualcun altro si esprimesse su di esso
Rispondi

Da: gianantonio 16/12/2015 11:04:39
per il secondo: la cassazione è da tempo che dice che "Ne consgue che sarà configurabile il concorso nel reato di usura anche a carico di chi si adoperi solo per la riscossione del credito usurario successivamente alla sua pattuizione illecita"
Perchè escludiamo il concorso in usura? secondo me c'è pure quello e la cassazione sembra consolidata

 
Rispondi

Da: MisterXXX 16/12/2015 11:05:08
Ragazzi qual'è la sentenza risolutiva della seconda traccia?
Rispondi

Da: AVV16/12/2015 11:05:16
amici colleghi, scusa ma lo schema della seconda traccia fa acqua da tutte le parti! quale tentativo di estorsione?? sia il mandante che gli esecutori erano consapevoli di chiedere soldi per capitale e interessi a titolo di usura!
Rispondi

Da: TRACCIA 216/12/2015 11:05:31
RAGAZZI ATTENZIONE PERCHè I 2 SCAGNOZZI DEVONO RECUPERARE TUTTO IL CREDITO DICE LA TRACCIA...
Rispondi

Da: avvocaticchio16/12/2015 11:05:36
Chi tratterà il tentativo di usura si prepari a tornare l'anno prossimo.
Rispondi

Da: PAPARAZZATA16/12/2015 11:05:47
Scusate qialcuno sa se ad Ancona hanno già dettato? Fatemi sapere
Rispondi

Da: pareri penale16/12/2015 11:06:35
ipotizzalo.
lo escludi perche c e violenza che non e elemento costitutivo dell usura ma lo e dell estorsione che rispetto all usura e dunque speciale.
Rispondi

Da: gnemo16/12/2015 11:06:53
a meno che non ci sia una sentenza diversa da quella del 2005, il concorso non c'è in alcun modo possibile.il momento consumativo del reato si ferma alla pattuizione.
Rispondi

Da: PENELOPA 16/12/2015 11:07:22
OK
Rispondi

Da: michael198516/12/2015 11:07:27
Tentativo di usura assolutamente no! si sta ragioanando sulla posizione di chi non ha partecipato alla pattuzione usuraria, non di chi ha stipulato il mutuo. Per quest'ultimo, che la traccia non richiede di analizzare, la consumazione del delitto di usura è innegabile poichè si tratta di reato a schema duplice, ma per il terzo estraneo il tentativo non può professarsi prorpio perchè si è già consumato con la promnessa. Se, poi, ottiene la dazione DEGLI INTERESSI, in base alla figura del reato a consumazione prolungata, risponderà del delitto di usura in concorso; se usa violenza e minaccia, anche di estorsione, ma la dazione non viene efefttuata, quindi solo tentativo di estorsione.
Hai ragione sul sequestro di persona, mi era sfuggito...

Il reato continuato ci sta, secondo me. Le azioni sono distinte: prima la richiesta di pagamento, poi l'utilizzo della violenza e della iìminaccia
Rispondi

Da: gianantonio 16/12/2015 11:07:45
ERRATA CORRIGE PER LA SECONDA Cassazione Penale, Sez. II, 21 marzo 2014 (ud. 7 marzo 2014), n. 13244
Presidente Petti, Relatore Gallo, P.G. Galasso. NON c è concorso in usura, ripeto non c'è (fonte giurisprudenzapenale.com) perchè non hanno ottenuto il pagamento
Rispondi

Da: MisterXXX 16/12/2015 11:07:57
Ragazzi qual'è la sentenza risolutiva della seconda traccia?
Rispondi

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