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16 dicembre 2015 - Parere PENALE
699 messaggi, letto 84019 volte

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Da: aiutinodacasa16/12/2015 10:27:35
SONO D'ACCORDO CON DAN. TIZIO LESIONI COLPOSE, SEMPRONIO LESIONI COLPOSE, MEVIO OMICIDIO COLPOSO!
Rispondi

Da: michael198516/12/2015 10:28:28
Sulla seconda non vi è solo il rapporto tra esercizio arbitrario ed estorsione, ma anche il concorso con il reato di usura. SEcondo la giurisprudenza, il delitto di usura può consumarsi mediante lo schema del reato a consumazione prolungata ove la dazione degli ineterssi, come sempre avvine, è ripartita in ratei e in plurime dazioni, quindi. Il soggetto che si inserisce nel recupero dele denaro, pur non partecipando alla pattuizione originaria, risponde di usura in concorso; se, poi, come nel caso in esame, utilizza violenza e minaccia per ottenere la dazione, risponderà anche di estorsione.
Tuttavia, il soggetto incaricato della riscossione mi pare che non abbia ottenuto la dazione degli interessi da parte della po e, quindi, non potrà rispondere di usura in concorso. Non avendo ottenuto la dazione degli interessi usurari, non risponderà di estorsione consumata, ma di tentativo di estorsione in concorso con il delitto di lesioni gravi.
Non può ipotizzarsi l'esercizio arbitrario poichè i mandanti sono ben consci della natura usuraria della pattuzione e della riscossione conseguente. Infine, sotto quasto punto di vista, bene sottolineare che i mandati devono riscuotere gli ineteressi, e non il capitale. Da un punto di vista civilistico, il mutuo usurario comporta la restituzione del capitale, quindi il profitto non potrebbe considerarsi ingiusto.
Prima conclsuione a braccio: tentativo di estorsione e lesioni
Rispondi

Da: 12316/12/2015 10:28:30
Ragazzi, qualche dritta sulla seconda traccia?

Quelle di Norui sono giuste.. Il sito C****S LE HA CONFERMATE ENTRAMBE
Rispondi

Da: Forzaragazzi  -banned!-16/12/2015 10:28:31

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: aiutiamoliiii 16/12/2015 10:28:42
grazieee nori! sempre impeccabile! e grazie anche a tutti gli...oggi pare si sia arrivati subito al sodo senza polemiche fortunatamente!!
consiglio la seconda...la prima,non sembra,ma secondo me può trarre molto in inganno...
Rispondi

Da: occhio...16/12/2015 10:28:47
ghj, si sembra molto pertinente la sentenza del 2015.
Non ho detto che il nesso non è interrotto, ho detto che c'è contrasto e non è così semplice e pacifico.
Vi consiglio di fare la seconda, e con ciò torno al mio lavoro
Rispondi

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Da: Celeste16 16/12/2015 10:28:50
QUESTA E'LA SECONDA?
Rispondi

Da: A5LOVER16/12/2015 10:29:32
I traccia: Cass Pen, Sez IV, (ud 24.3.15) dep 22.5.15 n. 21534
II traccia: Cass Pen, Sez. II, (ud 14.4.15) dep 24.7.15 n. 32615

indicate dal mio prof di proc. pen
Rispondi

Da: leone1000 16/12/2015 10:30:36
Ragazzi la prima traccia non è semplice quindi stiamo attenti a quello che facciamo troppo controversa è la vicenda .... sto leggendo la seconda mi sembra che sia molto più semplice  e meno articolata della prima ..
Rispondi

Da: Lupocalabro1985 16/12/2015 10:33:12
Guardate la cass. 51433/2013 sul rapporto tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone ed estorsione. Fate assolutamente il secondo, il primo è una grande trappola. I riferimenti normativi sono: usura (art. 644), estorsione (art. 629), esercizio arbitrario (art. 393), norme sul concorso di persona (artt. 110 ss.) e lesioni personali (artt. 582-583). In bocca al lupo!
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 10:35:07
ARERE PENALE - TRACCIA N. 1
TIZIO, ALLA GUIDA DELLA SUA AUTOVETTURA A BORDO DELLA QUALE SI TROVA ANCHE CAIO, A CAUSA DELLA ECCESSIVA VELOCITÀ, PERDE IL CONTROLLO DEL VEICOLO CHE FINISCE CONTRO UN ALBERO. A SEGUITO DELL'URTO, CAIO RIPORTA LA FRATTURA SCOMPOSTA DEL BACINO E DEL FEMORE E VIENE RICOVERATO IN OSPEDALE, DOVE VIENE SOTTOPOSTO AD INTERVENTO CHIRURGICO. DOPO L'INTERVENTO ESEGUITO DAL CHIRURGO SEMPRONIO, A CAUSA DELL'APPLICAZIONE AL FEMORE FRATTURATO DI VITI ECCESSIVAMENTE LUNGHE, SI DETERMINAVANO EMORRAGIE, INFEZIONE E CANCRENA CHE RENDEVANO NECESSARIE 3 EMATOTRASFUSIONI. NELL'ESECUZIONE DI TALI TRASFUSIONI, IL MEDICO MEVIO ERRAVA NELLA INDIVIDUAZIONE DEL GRUPPO SANGUIGNO E IN CONSEGUENZA CAIO DECEDEVA. TIZIO SI RECA DA UN AVVOCATO PER CONOSCERE LE CONSEGUENZE PENALI DELLA SUA CONDOTTA. IL CANDIDATO, ASSUNTE LE VESTI DEL LEGALE DI TIZIO, REDIGA MOTIVATO PARERE NEL QUALE, PREMESSA UNA RICOSTRUZIONE DELLA POSIZIONE DI TUTTI I SOGGETTI COINVOLTI, ILLUSTRI GLI ISTITUTI E LE PROBLEMATICHE SOTTESE ALLA FATTISPECIE IN ESAME.

Riferimenti giurisprudenziali: Cass. pen., Sent., (ud. 5 maggio 2015), 28­ luglio ­2015, n. 33329; Cass. pen., Sez. IV, Sent., (ud. 24 marzo ­2015) 22 maggio ­2015, n. 21534
Rispondi

Da: Forzaragazzi  -banned!-16/12/2015 10:35:53

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: bhuuummmmmmmmmmmm16/12/2015 10:38:20
potreste incollare la sentenza sulla traccia n. 2 usura...gli stremi non sono  36215
Rispondi

Da: Celeste16 16/12/2015 10:40:21
Grazie ingegniereaiutoavvocato, a Nori e a tutti!in bocca a lupo ..
Rispondi

Da: pareri penale16/12/2015 10:41:34
nella prima ci sono certsmente le lesioni da un lato.

dall altro astrattamente
_  il tentativo di concorso in usura.
_ il tentativo di concorso in esercizio arbitrario.
_ il tentativo di estorsione.
da escludere l esercizio arbitrario restano in piedi usura o estorsione.

Rispondi

Da: pareri penale16/12/2015 10:42:03
seconda scusate
Rispondi

Da: althaea16/12/2015 10:42:15
c'e anche l'usura
Rispondi

Da: Celeste16 16/12/2015 10:43:08
Ragazzi mi confermate la seconda?
traccia 2
TIZIO, APPROFITTANDO DELLE DIFFICOLTà ECONOMICHE IN CUI VERSA CAIO, PRESTA A QUESTI UNA SOMMA DI DENARO PAR AD EURO 20.000 FACENDOSI PROMETTERE IN CORRISPETTIVO INTERESSI USURARI. SUCCESSIVAMENTE, A SEGUITO DELLA MANCATA RESTITUZIONE INTEGRALE DA PARTE DI CAIO DELLA SOMMA PRESTATA E DEGLI INTERESSI PATTUITI, TIZIO INCARICA DELLA RISCOSSIONE DEL CREDITO I SUOI AMICI MEVIO E SEMPRONIO. QUESTI ULTIMI, BEN CONSAPEVOLI DELLA NATURA USURARIA DEL CREDITO, CONTATTANO RIPETUTAMENTE AL TELEFONO CAIO E GLI CHIEDONO IL PAGAMENTO DEL CREDITO, MINACCIANDO DI UCCIDERLO. POICHè CAIO RISPONDE DI NON POTER PAGARE PER MANCANZA DI DENARO, MEVIO E SEMPRONIO SI PORTANO PRESSO L'ABITAZIONE DI QUESTI E DOPO AVER NUOVAMENTE RICHIESTO IL PAGAMENTO SENZA PERò OTTENERLO, LO COSTRINGONO A SALIRE SU DI UN'AUTOVETTURA A BORDO DELLA QUALE LO CONDUCONO IN APERTA CAMPAGNA. DOPO AVERLO FATTO SCENDERE DALL'AUTO LO COLPISCONO ENTRAMBI RIPETUTAMENTE CON CO CALCI E PUGNI, I DUE QUINDI SI ALLONTANANO MINACCIANDO CAIO CHE SE NON PAGHERà ENTRO UNA SETTIMANA TORNERANNO DA LUI. CAIO VIENE TRASPOSTATO DA UN AUTOMOBILISTA DI PASSAGGIO IN OSPEDALE OVE GLI VENGONO DIAGNOSTICATE LESIONI CONSISTITE NELLA FRATTURA DI UN BRACCIO E DEL SETTO NASALE CON PROGNOSI DI GUARIGIONE DI GIORNI 40. CAIO DECIDE DI RIVOLGERSI ALLA POLIZIA A CUI RIFERISCE NEL DETTAGLIO SIA LA CONDOTTA POSTA IN ESSERE DA MEVIO E SEMPRONIO IN SUO DANNO, SIA IL PRESTITO USURARIO EFFETTUATO DA CAIO.ATTRAVERSO L'INDIVIDUAZIONE FOTOGRAFICA OPERATA DA CAIO, LA POLIZIA IDENTIFICA MEVIO E SEMPRONIO. IL CANDIDATO, ASSUNTE LE VESTI DELL'AVVOCATO DI MEVIO E SEMPRONIO, INDIVIDUI LE FATTISPECIE DI REATO CHE SI CONFIGURANO A CARICO DEI SUOI ASSISTITI E GLI ISTITUTI GIURIDICI CHE TROVANO APPLICAZIONE NEL CASO IN ESAME.
Rispondi

Da: jam16/12/2015 10:43:53
NOTA A CASS. PEN., SEZ. IV, SENTENZA 28 LUGLIO 2015, N. 33329

Con la sentenza n. 33329 del 2015, Rel. Blaiotta, la quarta sezione della Cassazione penale
ritorna su alcune delle categorie più controverse in ambito di colpa medica, soffermandosi, in
specie, sulla problematica della causalità della colpa e sulla responsabilità in attività di équipe.
Veniamo ai fatti.
Una ragazza di sedici anni, ricoverata per un ascesso peritonsillare con edema, muore in
sala operatoria per asfissia indotta farmacologicamente da un errore dell'anestesista, che avendo
somministrato curaro, ha determinato la paralisi dei muscoli respiratori con conseguente totale
occlusione delle vie respiratorie. "(…) Sopraggiunse anossia con desaturazione".
La vicenda, quindi, parte da un grave errore del medico-anestesista.
Innanzitutto, i giudici di legittimità affrontano la questione del nesso causale, in specie, la
problematica della possibile rilevanza del concorso di cause sopravvenute (ex art. 41 co. 2 c.p.)
nell'ambito dell'attività medica, giungendo ad escludere il nesso eziologico tra il decesso della
paziente e l'attività diagnostico-terapeutica prestata da quattro medici prima dell'intervento
chirurgico.
Per il vero, il ragionamento seguito dal Supremo Collegio sulla problematica
dell'interruzione del nesso causale, rappresenta, per certi aspetti, una novità rispetto alle soluzioni
cui, sino ad oggi, è approdata la giurisprudenza.
L'intento, più che apprezzabile, considerati i non pochi malintesi che ancora aleggiano sulla
materia, è quello di un opportuno chiarimento concettuale.
Secondo la Cassazione "tale cruciale questione richiede di porre alcune enunciazioni di principio,
aderenti a quelle recentemente proposte dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un., 24 aprile 2014,
Espenhahn, Rv. 261103) [il richiamo è alla recente pronuncia delle SS.UU. della Cassazione Penale,
relativa al noto caso Thyssen Krupp, ndr.].
Inizia, quindi, la ricostruzione teorica della c.d. interruzione del nesso di causa, prendendo
le mosse dalla considerazione che colui che riveste una posizione di garanzia è "il gestore di un
rischio.
Per completezza, prima di proseguire, i giudici del Supremo Collegio ritengono necessario
fare una puntualizzazione: "tutto il sistema è conformato per governare l'immane rischio, gli indicibili
pericoli, connessi al fatto che l'uomo si fa ingranaggio fragile di un apparato gravido di pericoli. (…)
Soprattutto nei contesti lavorativi più complessi, si è frequentemente in presenza di differenziate
figure di soggetti investiti di ruoli gestionali autonomi a diversi livelli degli apparati; ed anche
con riguardo alle diverse manifestazioni del rischio".
È questa la strada da seguire - secondo la motivazione - per giungere ad una separazione
delle differenti sfere di responsabilità.
Ciò detto, è possibile allora affermare che, solo l'inserimento di un elemento del tutto
eccentrico nel decorso causale è idoneo ad interrompere il nesso di condizionamento (si pensi al
caso di scuola del paziente che viene ricoverato in ospedale per una banale frattura, l'ospedale va a fuoco e il paziente muore). Al contrario, in tutti i casi in cui non si rinviene tale eccentricità, il nesso
eziologico si deve considerare non interrotto (così per riprendere il caso di scuola, il paziente viene
ricoverato in ospedale per una banale frattura, dove decede a seguito di un errore dei sanitari,
condotta non del tutto imprevedibile).
Queste constatazioni introducono quella che, in realtà, appare essere la questione nodale
dell'intera problematica in commento, dalla quale si ingenerano gli equivoci che tuttora pervadono
parte della giurisprudenza.
La pronuncia, anzitutto, sottolinea come l'indirizzo prevalente della Suprema Corte è
sempre stato nel senso di escludere che, nel caso di lesioni personali seguite dal decesso della
vittima dell'azione delittuosa, l'eventuale negligenza o imperizia dei medici possa far venir meno il
nesso di causalità.
In altri termini, la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma e
indipendente rispetto al comportamento del soggetto agente, che provocando le lesioni ha
determinato l'intervento dei sanitari.
Quindi, i giudici di piazza Cavour richiamano la giurisprudenza poco propensa ad
ammettere un'interruzione del nesso causale.
Secondo la sentenza in esame, però, una simile soluzione pecca di eccessivo rigorismo e
viola la regola di imputazione soggettiva dell'evento.
Senza contare che, almeno in un'occasione, la Suprema Corte ha escluso il rapporto
eziologico, a proposito di un caso che presentava significative affinità con quello in esame, perché
caratterizzato dalla presenza di un errore macroscopico di un medico che nel praticare
l'emotrasfusione aveva errato nella individuazione del gruppo sanguigno: in tale fattispecie, la
rilevante condotta erronea del professionista, pur inserendosi nella serie causale dipendente dalla
condotta dell'automobilista che aveva provocato l'incidente, agì per esclusiva forza propria ed
interruppe il nesso di causa.
Alla luce di queste premesse, pertanto, la Corte si auspica che il criterio distintivo tra le
condotte interruttive e quelle non interruttive, si incentri, piuttosto, sul criterio della comparazione
dei rischi: si può ragionevolmente escludere una qualsiasi imputazione al primo soggetto-agente,
tutte le volte che le lesioni originarie non hanno determinato un pericolo per la vita, ma l'errore del
medico ha innescato un decorso mortale che innestandosi sulle lesioni di base le conduce a
processi nuovi e letali.
La Corte sostiene che una simile conclusione è applicabile anche al caso di specie, nel quale,
invero, è possibile affermare - in maniera condivisibile - che in effetti si è verificata l'interruzione
del nesso di causa: "si assuma pure che i terapeuti di cui si discute abbiano errato omettendo gli
approfondimenti strumentali volti all'esatta individuazione dell'entità della patologia. Il fatto è che tali errori
avrebbero potuto semmai assumere rilevanza se avessero giocato nel corso dell'esecuzione dell'atto
chirurgico. Invece, come correttamente ritenuto dal primo giudice, tale intervento operatorio non ebbe corso.
La morte fu determinata dal già evocato gravissimo errore dell'anestesista: si è qui in presenza di un
rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile".
In buona sostanza, quale rischio terapeutico si trovavano a gestire i primi sanitari? Si
trattava dello stesso rischio insorto nella seconda parte del decorso della paziente (curarizzazione e
tentativo di tracheotomia)? Dalla risposta negativa (il secondo rischio viene definito
incommensurabile rispetto al primo) deriva l'assoluzione dei primi sanitari.
L'intero svolgimento della vicenda, dunque, nei suoi profili causali e concausali, sino
all'esito finale penalmente rilevante, appare effettivamente espressione coerente ed immediata del
"rischio" attivato dalla condotta negligente dell'anestesista, la quale si prospetta anche quale
condizione diretta ed imprescindibile di quegli esiti: ciò rende tutto sommato accettabile la scelta
della Corte propensa ad attribuire a tale contributo una rilevanza strutturalmente monosoggettiva.
L'altro profilo degno di nota della sentenza che si commenta, come evidenziato anche dai
più diffusi mezzi di comunicazione, riguarda il corretto inquadramento delle singole
responsabilità nel contesto di un'attività caratterizzata dalla compartecipazione integrata di una
pluralità di contributi specialistici, dislocati in diversi stadi e diversi tempi.
In particolare, i giudici di legittimità, si soffermano sulla condotta tenuta dal primario in
sala operatoria, improntata, secondo la Corte, ad un atteggiamento acquiescente, abdicando così a
quel dovere di controllo che gli deriva dal ruolo di guida e capo del lavoro di gruppo tra i diversi
specialisti, evincibile dalla particolare natura "cooperativa" del trattamento sanitario in oggetto.
Difatti, secondo la Corte, siccome il capo équipe aveva "ben chiaro [che] i tentativi di anestesia
con curaro avrebbero prodotto l'ingravescenza dell'edema e il grave pericolo di blocco respiratorio poi
puntualmente concretizzatosi", si sarebbe dovuto astenere, rifiutandosi di eseguire l'intervento
chirurgico in quelle condizioni particolarmente rischiose.
Prima di passare all'analisi specifica della responsabilità del capo équipe nel caso di specie,
appare opportuna una qualche notazione di carattere generale sull'attività medico-chirurgica in
équipe.
Sino ad oggi, un corretto inquadramento, da parte di dottrina e giurisprudenza, delle
singole responsabilità nel contesto di una procedura tecnica svolta in équipe, è stato affrontato
attraverso la teorica del "principio di affidamento": gli obblighi dei singoli partecipanti all'intervento
si modellano sulle loro specifiche competenze, operando, al di là di questi limiti, appunto, il cd.
"principio di affidamento" nei confronti del corretto operato degli altri specialisti.
Una simile concettualizzazione muove, essenzialmente, dall'inesigibilità di una sorta di
"supervisione" dell'operato di professionisti appartenenti a differenti branche di specialità della
scienza medica.
D'altro canto (e condivisibilmente, aggiungiamo), non si potrebbe neppure pensare che il
singolo professionista possa essere in possesso di un bagaglio di competenze adeguato ad un
sistema, come quello attuale, nel quale, grazie alla continua evoluzione dell'arte medica, le
discipline sono diventate sempre più specialistiche e settoriali: anzi, ai fini del risultato migliore
della prestazione sanitaria, la suddivisione dei compiti in ragione delle proprie conoscenze
specialistiche, consente un'attività più efficiente e funzionale all'esito positivo, rispetto ad una
procedura in cui ogni singolo operatore interviene nelle scelte operate da altri professionisti.
Va detto, tuttavia, che l'estensione dell'operatività pratica di tale regola è stata
progressivamente erosa attraverso l'individuazione di una serie di limiti.
Un primo limite, sistematicamente ribadito dalla giurisprudenza del Supremo Collegio, si
può individuare ogniqualvolta un professionista, che partecipa all'attività di équipe, non si è "(…)
fatto carico dei rischi connessi agli errori riconoscibili commessi nelle fasi antecedenti o contestuali al suo
specifico intervento" (Cass. Pen., sez. IV, sent. 11 ottobre 2007, n. 41367) .
Altra eccezione all'operatività del principio di affidamento, viene unanimemente ravvisata
proprio nella ipotesi in cui sul soggetto della cui responsabilità si discute, gravi una posizione di
garanzia che gli imponga di impedire gli errori degli altri o di porvi rimedio: a questa fattispecie si
può ricondurre l'ipotesi del medico posto a capo dell'équipe.
Ebbene, secondo la regula iuris enunciata dalla Corte a tal riguardo, sul capo équipe grava un
obbligo giuridico di controllo e supervisione, "costante e diligente" dell'altrui operato, nell'ottica di
una "istituzionale cooperazione" di più professionisti, portatori di competenze diverse e
specialistiche, che deve essere "sottratta all'anarchismo" (il virgolettato fa riferimento ad alcuni
passaggi della pronuncia in commento).
Seguendo questa linea argomentativa, il principio di affidamento, secondo la Corte, non
opererebbe, in linea di massima, nei confronti, appunto, di una simile figura apicale.
Prescindendo dalle specificità del caso concreto, deve fin da subito sottolinearsi come la
pretesa valenza generale di tale ricostruzione suscita, nel suo rigore, più di qualche perplessità, con
riferimento, anzitutto, a quello che è il reale svolgimento dei rapporti tra medici nell'ambito del
quadro organizzativo delle strutture sanitarie.
In altri termini, il dovere di controllo che incombe sul capo équipe, "(…) non può essere
semplicisticamente interpretato come obbligo di sorveglianza continua e costante sull'operato altrui durante
l'intero iter operatorio, ma deve, invece essere individuato in modo da non vanificare il principio della
divisione del lavoro e dell'affidamento, che caratterizza il rapporto tra sanitari anche negli interventi attuati
da un équipe medico-chirurgica strutturata in modo gerarchico" (L. Gizzi, Équipe medica e responsabilità
penale, Milano, 2011, 108).
Diversamente opinando, la costruzione offerta dalla giurisprudenza di legittimità
dell'obbligo di controllo che grava sul capo équipe, rischia di apparire non aderente alle attuali
realtà organizzative, nelle quali gli operatori si trovano a prestare il loro servizio.
Nell'ambito delle moderne organizzazioni complesse, infatti, "il capo équipe, forse più di ogni
altro componente dell'équipe stessa, deve poter confidare sull'operato altrui sia per svolgere i suoi compiti
come operatore sia per sovraintendere all'organizzazione ed al funzionamento della sala operatoria" (R. De
Matteis, Responsabilità e servizi sanitari. Modelli e funzioni, in Trattato di Diritto Commerciale e di Diritto
Pubblico dell'Economia, diretto da F. Galgano, Padova, 413 ss.)
In definitiva, svuotare completamente di significato il principio di affidamento nei
confronti del capo équipe "(…) per fare capo al principio opposto del non affidamento, reclamato
dall'esigenza di un controllo continuo e costante sull'operato di tutti i componenti l'équipe, sembra non
essere oggi sostenibile, specie se si pensa all'impegno che in tali termini (di controllo continuo sull'attività
dell'équipe e di stretta sorveglianza sugli atti) dovrebbe essere profuso a fronte della complessità di lavoro e
funzionamento di una sala operatoria" (R. De Matteis, Responsabilità e servizi sanitari. Modelli e funzioni,
op. cit.).
Secondo la Cassazione, tuttavia, la teorica della responsabilità della figura apicale
nell'équipe medica, non è senza limiti.
Ciò si verifica, tutte le volte che sia in questione un sapere altamente specialistico che
giustifica la preminenza del ruolo decisorio e della responsabilità della figura che è portatrice delle
maggiori competenze specialistiche.
Ad esempio, per rimanere alla esemplificazione proposta dai giudici del Supremo Collegio,
l'anestesista rianimatore è portatore, ovviamente, di conoscenze specialistiche ed assume la
connessa responsabilità in relazione alle fasi di qualche qualificata complessità nell'ambito dell'atto
operatorio.
Il discorso cambia - e ricade nuovamente nella concettualizzazione dell'obbligo di controllo
e supervisione del capo équipe - quando si tratta di scelte e determinazioni che rientrano nel
comune sapere di un accorto terapeuta, nonché nelle ipotesi di ambiti disciplinari nei quali è
coinvolta la concorrente competenza di diverse figure.
In tali situazioni, appunto, riemerge il ruolo guida e la responsabilità del capo équipe, il
quale, perciò, non può esimersi dal dirigere la comune azione ed imporre la soluzione più
appropriata.
Alla luce di questi principi, in modo condivisibile, viene risolto il caso in esame, per cui si
era in presenza di specifica questione anestesiologica a carattere interdisciplinare, posto che il tema
afferente alla tipologia dell'anestesista interferiva con quella afferente al controllo dell'edema e
delle funzioni respiratorie e rientrava nella sfera di conoscenza del chirurgo otorino la
ponderazione delle implicazioni connesse all'anestesia.

estrapolate
Rispondi

Da: AVV16/12/2015 10:44:18
AMICI PENALISTI POTRESTE POSTARE UN POSSIBILE SCHEMA DI PARERE PER LA SECONDA TRACCIA???
Rispondi

Da: Ghj16/12/2015 10:44:58
Sinceramente trovo che le sentenze indicate per la prima traccia siano totalmente risolutive del caso in esame... La 133819 del 1976 è in pratica la stessa cosa!
Rispondi

Da: pareri penale16/12/2015 10:45:39
da concludere x l estorsione tentata perche rispetto all usura ce la violenza
Rispondi

Da: IngenereAiutoAvvocato16/12/2015 10:46:06
Qualcuno può dare uno schema della traccia 1 pls?
In cambio poi vi giro un parere :)

Rispondi

Da: Ghj16/12/2015 10:48:39

siamo difensori di Tizio e la traccia stessa dice che la morte è conseguente all errata trasfusione. Ora questa errata trasfusione sembra, da Cass. 33329/2015 anche 133819/1976, interrompere il nesso di causalità perciò credo che sia opportuno
Analizzare il nesso causale 41 cp
Analizzare la condotta di mevio secondo me inquadrabile nelle lesioni colpose
Analizzare la condotta di sempr che per una grave negligenza porta alla morte Caio
Riconoscere la assenza di responsabilità di tizio nel cagiona,entro della morte di caio ma solo delle lesioni colpose 590 cp
Naturalmente è una mia visione della vicenda che non deve essere assolutamente corretta
Rispondi

Da: aiutiamoliiii 16/12/2015 10:50:29
si celeste 16 ..è confermata!
Rispondi

Da: juliet8216/12/2015 10:51:14
ragazzi anche ieri sul sito  l     y      b     r    a    all'inizio giravano sentenze di dubbia pertinenza....bisogna avere un po' di pazienza e non prendete tutto per oro colato

Rispondi

Da: avvocaticchio16/12/2015 10:51:35
estorsione, usura, lesioni personali
Rispondi

Da: Giuseppe201516/12/2015 10:51:36
ragazzi mi confermate la seconda per favore????
la prima la trovo complicata... ci si può perdere.
mentre la seconda è lineare.
grazie mille
Rispondi

Da: pareri penale16/12/2015 10:52:35
sicuramente ci sono le lesioni ex 590.

ipotesi 1 Tentativo di concorso in usura ( perke si tratta di un reato a schema duplice  che si commette anche incassando le somme): no. ce la violenz.
ipotesi 2 tentativo di concorso in esercizio arbitrario. No ce la violenza.
ipotesi 3 : tentativo di estorsione. si.

lesioni e tentativo di estorsione sono in comcorso formale: udi violenza x far pagare: l azione e unica.
ci puoi anche inserire il sequestro di person ex 630.
tu non devi risolvere, devi prospettare.
basta che escludi l esercizio arbitrario e l usura.
Rispondi

Da: aiutamo16/12/2015 10:52:35
sono coonfermate
Rispondi

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