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35 posti per l'accesso alla qualifica iniziale alla carriera prefettizia
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Da: per fulsere | 15/12/2008 16:24:04 |
ma perchè il tuo amico non preferisce fare il dirigente? | |
Da: ... | 15/12/2008 16:26:56 |
il prof era in ritardo? Ma ora sono in corso? A che punto sono? | |
Da: notiziona | 15/12/2008 16:37:07 |
sono folle d'amore per una persona che legge questo forum, voglio dichiararmi: TI ADOROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO se ci sei batti un colpo.... | |
Da: ... | 15/12/2008 16:40:03 |
ci scassi tutto il layout del forum | |
Da: ora | 15/12/2008 16:42:26 |
sono al quarto candidato | |
Da: caspita | 15/12/2008 16:44:24 |
sono veloci oggi | |
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Da: notiziona | 15/12/2008 16:45:01 |
scusate ma lo amo | |
Da: se consideri | 15/12/2008 16:45:50 |
che il primo giorno alle 17 avevano terminato tutto.... | |
Da: ma se consideri | 15/12/2008 16:54:17 |
che oggi hanno iniziato tardi...da quanto si dice qui sul forum... | |
Da: !!! | 15/12/2008 16:54:21 |
facciamo saltare la pagina, che è meglio!!! Ciao Fulsere!!! :) Tienici aggiornati!!! Ma nella graduatoria postata sono stati aggiunti a tutti i titoli? | |
Da: statistico | 15/12/2008 16:59:59 |
nella mia si sulla base delle info ricevute | |
Da: ... | 15/12/2008 17:00:11 |
... | |
Da: ?? | 15/12/2008 17:02:38 |
per notiziona Sono io, il tuo amore !!! Ora cerca di andare a rompere le balle da un'altra parte | |
Da: credo che | 15/12/2008 17:04:45 |
per le 18 al max avranno terminato | |
Da: !!! | 15/12/2008 17:13:45 |
Chi farà l'esame per l'abilitazione da avvocato? domani?!!! | |
Da: notiziona | 15/12/2008 17:16:05 |
caro "??" ti vorrò vedere quando ti prenderai una sbandata per un bel paio di !! | |
Da: ... | 15/12/2008 17:16:45 |
a che punto sono? come vanno? come si sta comportando la commissione? | |
Da: finora | 15/12/2008 17:18:40 |
non ci sono stati particolari problemi. le domande un pò si ripetono | |
Da: !!! | 15/12/2008 17:22:45 |
si ripetono? :) | |
Da: ... | 15/12/2008 17:23:07 |
a quale candidato si trovano ora? | |
Da: rispetto | 15/12/2008 17:23:19 |
a quelle degli altri giorni | |
Da: questo | 15/12/2008 17:24:03 |
non so dirtelo anche perchè nella sala non c'è campo. occorre uscire fuori per chiamare | |
Da: che culo | 15/12/2008 17:26:02 |
che hanno quelli che capitano gli ultimi gg!!!! | |
Da: ... | 15/12/2008 17:26:53 |
forse è schermata | |
Da: !!! | 15/12/2008 17:28:34 |
Il prefetto Il Prefetto è un organo periferico dell'Amministrazione statale con competenza generale e funzioni di rappresentanza governativa a livello provinciale. Il Prefetto: rappresenta il governo a livello provinciale; esercita tutte le funzioni dell'amministrazione periferica dello Stato non espressamente conferite ad altri Uffici; sovrintende alle residue funzioni amministrative esercitate dallo Stato, coordinandole con quelle esercitate dagli Enti locali, direttamente o attraverso la presidenza della Conferenza permanente dei dirigenti degli Uffici statali; vigila sulle Autorità amministrative operanti nella provincia e vi si sostituisce, in caso di urgente necessità , adottando le misure del caso (ordinanze di urgenza). Chi è? Il Prefetto è un organo a competenza generale che rappresenta, in ambito provinciale, il Governo nella sua unità ; in quanto tale, è titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo (U.T.G.), struttura cui sono state attribuite tutte le funzioni esercitate a livello periferico dallo Stato, fatta esclusione per quelle relative ad alcune Amministrazioni espressamente individuate dal d.lgvo 300/99 (Affari Esteri, Giustizia, Tesoro, Finanze, Pubblica Istruzione, Beni e Attività Culturali). Il ruolo di rappresentanza generale del Governo, riconosciuto al Prefetto, trova ulteriore conferma e supporto nell'istituzione della "Conferenza permanente" da lui presieduta e composta dai responsabili delle strutture periferiche dello Stato (art. 4 del DPR. 287 del 17 maggio 2001). Si tratta di un organismo che coadiuva il titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo, nel coordinamento delle Pubbliche Amministrazioni statali sul territorio che sostituisce i Comitati provinciali e metropolitani della Pubblica Amministrazione. Quale autorità provinciale di pubblica sicurezza, il Prefetto ha la responsabilità dell'ordine e della sicurezza pubblica e presiede il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Nell'ambito della protezione civile, il Prefetto sovrintende al coordinamento degli interventi di immediato soccorso per fronteggiare le situazioni di emergenza. Nei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali il Prefetto riveste il ruolo di garante della continuità gestionale delle Amministrazioni locali ogni qualvolta vengano meno i candidati eletti dai cittadini, nonchè quello di vigilanza delle funzioni svolte in relazione ai servizi di competenza statale (anagrafe, stato civile, servizi elettorali). Il Prefetto assicura il corretto svolgimento del procedimento elettorale e cura le procedure di scioglimento e sospensione dei consigli comunali, o di rimozione o sospensione degli amministratori. Nei confronti delle Amministrazioni locali svolge inoltre funzioni di raccordo e di collaborazione. In quanto rappresentante generale del Governo, il Prefetto presiede la Conferenza Permanente, organo che l'aiuta nell'esercizio delle sue funzioni di coordinamento generale e di raccordo degli uffici periferici dello Stato. Il Prefetto ha inoltre presieduto, nel periodo antecedente l'introduzione dell'euro e durante il "change over", il Comitato provinciale per l'Euro per l'introduzione della moneta unica sul territorio nazionale. Tra le funzioni ricomprese nell'area dell'amministrazione generale vi sono le attività relative alla mediazione nelle vertenze di lavoro ed alla garanzia dei servizi pubblici essenziali, al riconoscimento delle persone giuridiche, alla concessione dello status di cittadino italiano, all'irrogazioni di sanzioni amministrative per infrazioni depenalizzate ed in materia di circolazione stradale. | |
Da: !!! | 15/12/2008 17:29:15 |
Approfondimento L'evoluzione storica della figura del Prefetto L'importanza del Prefetto durante il periodo liberale emerge dalle definizioni che i giuristi di quel periodo diedero dell'istituto. Giuseppe Saredo affermò: "Ogni Prefetto è un Ministro nella provincia che governa", Teodosio Marchi aggiunse: "Se si ha però riguardo al fatto che la legge concede al Prefetto ciò che non concede al Ministro, che gli concede cioè di fare in caso di urgenza i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami di servizio (articolo 3 della legge comunale e provinciale del 1865), si sarebbe tentati a concludere che un Prefetto è nella provincia qualcosa di più di un Ministro nello Stato". Gli storici concordano con la valutazione dei giuristi Gaetano Salvemini definì, infatti, il periodo liberale "prefettocrazia". Durante il periodo liberale, era frequente la nomina a Prefetto tra personalità politiche di primo piano: Alfonso La Marmora fu Prefetto di Napoli; Luigi Torelli, Ministro dell'Agricoltura nel 1864-1865, resse le Prefetture di Bergamo, Pisa, Palermo, Venezia; Giuseppe Gadda, Ministro dei lavori pubblici nel 1869-1873, fu Prefetto di Foggia, Perugia, Padova, Roma; il marchese di Rudinì, Ministro dell'Interno nel 1869 e Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1891-1892 e nel 1896-1898, fu Prefetto di Napoli; Guglielmo Capitelli, già sindaco di Napoli, fu Prefetto di Bologna e di L'Aquila; il marchese Alessandro Guiccioli, già deputato e sindaco di Roma, fu Prefetto di Firenze e di Torino. L'atto di nascita del Prefetto italiano è il regio decreto 9 ottobre 1861 n. 250 secondo cui i governatori delle province avrebbero dovuto assumere il titolo di Prefetto, gli intendenti di circondario quello di sottoPrefetto e i consiglieri di governo quello di consiglieri di prefettura. Nel nuovo regno, fu ripristinato il titolo attribuito, durante il dominio francese nella Penisola, ai rappresentanti periferici del Governo preferendolo a quello di "governatore" che era stato adoperato dalla legge comunale e provinciale piemontese 23 ottobre 1859 n. 3702. Il titolo di Prefetto fu prescelto perché il ricordo dei Prefetti del periodo napoleonico era associato all'unico esempio di amministrazione moderna e fattiva che l'Italia avesse sperimentato. Le funzioni del Prefetto furono disciplinate dall'articolo 3 della legge comunale e provinciale 20 marzo 1865 n. 2248 allegato A che è opportuno riportare perché le disposizioni fondamentali sull'istituto prefettizio sono rimaste quasi immutate fino ad oggi. Il Prefetto rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia; esercita le attribuzioni a lui demandate dalle leggi, e veglia sul mantenimento dei diritti dell'autorità amministrativa elevando, ove occorra, i conflitti di giurisdizione secondo la legge 20 novembre 1859 n. 3780; provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione delle leggi; veglia sull'andamento di tutte le Pubbliche Amministrazioni, ed in caso d'urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami del servizio; sopraintende alla pubblica sicurezza, ha il diritto di disporre della forza pubblica, e di richiedere la forza armata; dipende dal Ministro dell'Interno, e ne eseguisce le istruzioni". La funzione fondamentale del Prefetto è quella di rappresentare il potere esecutivo, in altre parole il Governo nel suo insieme, nella provincia: è questa la pietra angolare dell'istituto sulla quale si fonda il conferimento di innumerevoli attribuzioni. Nel periodo liberale non vi fu legge riguardante l'amministrazione periferica dello Stato che non chiamasse in causa il Prefetto. I compiti più importanti del Prefetto durante il periodo liberale furono il controllo degli Enti Locali e la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. Il Prefetto era nominato con decreto reale, su deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata sulla proposta del Ministro dell'Interno, con lo stesso procedimento era traslocato da una sede all'altra. Il Governo aveva la più ampia discrezionalità nella scelta dei Prefetti, nessun requisito era prescritto per la nomina. La stessa discrezionalità aveva il Governo nel trasferire i Prefetti da una sede all'altra o nel destituirli. La scelta dei Prefetti avvenne, fino alla fine del secolo, nominando, specialmente nelle città più importanti, eminenti uomini politici, donde la denominazione "prefetti politici" e, nelle sedi minori, funzionari provenienti dalla carriera prefettizia, cioè consiglieri di prefettura o sottoprefetti, denominati "prefetti amministrativi o di carriera". Dagli inizi del secolo XX, la scelta cadde prevalentemente sui funzionari della carriera prefettizia. I Prefetti "politici" e quelli "amministrativi" furono però un corpo omogeneo. Il criterio di nomina corrispondeva alla concezione del Prefetto, considerato un amministratore piuttosto che un funzionario. Vittorio Emanuele Orlando mise in evidenza come il sistema misto nella scelta dei Prefetti fosse giustificato perché "la qualità di Prefetto, specialmente nelle grandi città , non richiede solo attitudini strettamente burocratiche, ma una mente vasta e direttiva, capace di intendere e di risolvere questioni d'indole piuttosto politica che amministrativa". Lo Stato liberale volle dare ai cittadini un'immagine solenne delle nuove istituzioni; perciò le Prefetture, specialmente quelle delle capitali degli Stati preunitari, furono sistemate in importanti palazzi storici che assunsero la denominazione di "palazzo del Governo". Le sedi delle Prefetture e gli alloggi prefettizi furono arredati signorilmente e anche le sedi delle sottoprefetture e l'alloggio di servizio dei sottoprefetti nei capoluoghi di circondario furono convenientemente ammobiliati. Il regolamento per l'esecuzione della legge comunale e provinciale precisava, al riguardo, che per i locali e la mobilia degli alloggi dei Prefetti e sottoprefetti doveva tenersi conto del grado e dell'importanza dei funzionari chiamati a farne uso e del "decoro voluto per la città in cui risiedono", ma che si doveva, allo stesso tempo, "non abbondare soverchiamente nella provvista di oggetti di puro lusso. Il Prefetto indossava, nelle cerimonie solenni, l'uniforme confezionata secondo il modello stabilito dal r.d. 11 dicembre 1859 per i governatori delle province sabaude che, come si è detto, furono denominati Prefetti nel nuovo regno. Il trattamento economico dei Prefetti era più elevato rispetto a quello attribuito allora ai direttori generali e ai segretari generali dei Ministeri; inoltre, ai Prefetti delle sedi più importanti erano concesse indennità per spese di rappresentanza (legge 25 giugno 1877 n. 325). Il Prefetto e il sottoPrefetto godevano della "garanzia amministrativa" per la quale non potevano essere chiamati a rendere conto dell'esercizio delle loro funzioni, fuorché dalla superiore autorità amministrativa, né sottoposti a procedimento penale per alcun atto di tale esercizio senza autorizzazione del Re, previo parere del Consiglio di Stato (articolo 8 della legge 20 marzo 1865 n. 2248). La garanzia amministrativa era riconosciuta anche ai sindaci. Questo istituto derivava dall'articolo 8 della legge comunale e provinciale piemontese 23 ottobre 1859 n. 3702. La maggioranza dei giuristi del periodo liberale fu contraria al mantenimento di questo istituto che non trovava riscontro negli ordinamenti belga e francese, ai quali si era ispirata la legge comunale e provinciale italiana. La "garanzia amministrativa" fu però conservata perché la sua applicazione servì a proteggere il funzionamento delle istituzioni amministrative. In un periodo di aspre lotte politiche, quale fu quello di fine secolo, le autorizzazioni a procedere richieste contro i sindaci furono: nel 1891 novantotto delle quali solo due respinte; nel 1893, settantacinque delle quali una sola respinta; nel 1894, settantotto, tutte accolte; nel 1895, trentanove, tutte accolte. Negli stessi anni, non fu presentata alcuna richiesta di autorizzazione a procedere contro Prefetti o sottoprefetti. Il Prefetto era il tutore delle prerogative dell'Amministrazione Pubblica nei confronti del potere giudiziario ed era perciò competente a promuovere i conflitti di attribuzione per impedire che i giudici ordinari invadessero il campo riservato al potere amministrativo. Dopo sette anni dalla nomina, i Prefetti potevano essere nominati senatori (articolo 33 n. 17 dello Statuto albertino). L'appartenenza alla camera vitalizia era perciò compatibile con l'esercizio delle funzioni prefettizie e, durante il periodo liberale, la maggior parte dei Prefetti delle città più importanti ottenne la nomina a senatore. L'appartenenza a vita alla Camera alta garantiva ai Prefetti una notevole indipendenza nei confronti del Governo sia per il prestigio derivante dalla carica, sia perché l'eventuale destituzione danneggiava meno il Prefetto-senatore rispetto agli altri colleghi. Il senatore-Prefetto poteva anche svolgere, compatibilmente con l'esercizio delle sue funzioni, attività legislativa (normalmente, i Prefetti-senatori non partecipavano alle sedute del Senato). Durante il periodo liberale, furono nominati senatori 51 Prefetti. La storia dei Prefetti è storia locale perché il Prefetto è un funzionario che trascorre la carriera passando da un capoluogo all'altro di provincia: perciò la sua attività , e anche la sua vita privata, si intrecciano con quelle delle località nelle quali è inviato ad operare. Il legame con le realtà locali fu accentuato, durante il periodo liberale, perché i Prefetti e i funzionari di prefettura appartenevano al ruolo dell'amministrazione provinciale dell'Interno, distinto dal ruolo del personale dell'amministrazione centrale del Ministero . Questo rapporto fu attenuato all'inizio del periodo fascista quando i due ruoli furono unificati (regio decreto 11 novembre 1923 n. 2395), con la conseguenza che, da quel momento, i funzionari di prefettura poterono prestare servizio sia presso il Ministero sia in periferia. Il rapporto diretto con le diverse realtà locali ebbe l'effetto che, entro la cornice di un ordinamento giuridico uniforme, l'azione dei Prefetti variò notevolmente nelle varie province, in relazione alla situazione economico-sociale e alla personalità dei singoli Prefetti. Si possono però individuare alcuni motivi di fondo che ispirarono la loro azione durante il periodo liberale perché in quell'epoca i medesimi costituivano un corpo omogeneo per cultura e provenienza sociale. Tenendo presenti queste considerazioni, documentate nei ricordi biografici scritti da alcuni Prefetti e nelle relazioni ufficiali inviate al Ministero dell'Interno, si possono distinguere, con qualche approssimazione, tre fasi dell'attività dei Prefetti durante il periodo dall'unità d'Italia alla prima Guerra Mondiale. La prima, vide protagonisti i Prefetti in carica nei primi anni del Regno che si possono, a ragione, denominare "i Prefetti dell'unificazione politica"; la seconda, quelli in servizio dopo il 1870, ai quali è dovuto il riconoscimento di "Prefetti dell'unificazione amministrativa"; la terza, quelli in servizio dall'inizio del secolo XX fino alla prima Guerra Mondiale, ai quali spetta l'appellativo di "Prefetti giolittiani". I Prefetti dell'unificazione politica La vita e l'opera dei Prefetti durante i primi anni del Regno d'Italia sono state descritte da Ernesto Ragionieri. In uno studio risalente al 1961, che inaugurò la storiografia italiana sui Prefetti, il Ragionieri mise in luce come i 59 Prefetti in carica al momento della proclamazione del Regno d'Italia, avessero un altissimo senso della loro funzione. L'illustre storico ha scritto: "rappresentare in un capoluogo di provincia, grande o piccolo che fosse, il nuovo Stato nazionale era un compito che questi uomini avvertivano quasi come espressione di un ordine civile e politico superiore [...] questi funzionari sentivano come grande missione della loro vita la rappresentanza del nuovo Stato nazionale". I Prefetti erano allora un corpo omogeneo per origine sociale e formazione culturale, che coincidevano con la provenienza sociale e con la cultura della classe politica e della ristretta classe dirigente dell'epoca. Furono, probabilmente, queste caratteristiche, piuttosto che le leggi di indirizzo accentratore, che permisero a quei funzionari di realizzare, in pochi anni, la fusione delle province degli Stati preunitari in un grande Stato nazionale. Al raggiungimento di quello scopo contribuirono anche i frequenti trasferimenti ai quali i Prefetti, ed in generale tutti i funzionari statali, erano soggetti, per cui si formò ben presto un'Amministrazione nazionale. In quegli anni, il sardo Pes di Villamarina fu Prefetto di Milano, il siciliano Fardella di Torrearsa Prefetto di Firenze, il valtellinese Luigi Torelli Prefetto di Palermo, il romagnolo Giuseppe Pasolini Prefetto di Torino, l'umbro Filippo Gualtiero Prefetto di Napoli, il fiorentino Carlo Bosi e il sardo Campi Bazan Prefetti di Macerata. Un esempio, tratto dalle memorie di Giuseppe Giannelli, consigliere di Prefettura e sottoprefetto in varie province negli anni successivi all'unificazione, dimostra come l'omogeneità sociale dei membri della carriera prefettizia con la classe dirigente dell'epoca sia stata elemento determinante nel favorire l'unificazione del Paese. I Prefetti dell'unificazione amministrativa Con il trasferimento della Capitale a Roma, l'Unità d'Italia era compiuta. Ugualmente, con l'approvazione della legge 20 marzo 1865 n. 2248 che reca appunto il titolo "Legge per l'unificazione amministrativa", le scelte politiche circa la struttura del nuovo Regno erano compiute. Quindi, il compito principale dei Prefetti, sottoprefetti e consiglieri di Prefettura in servizio in quegli anni, fu quello di indirizzare gli Enti Locali entro i binari della nuova legislazione unitaria. In quel periodo, risolti i problemi dell'unificazione nazionale, si impose la "questione amministrativa" come testimoniano le discussioni parlamentari e il grandissimo numero di scritti pubblicati in quegli anni sulle istituzioni amministrative del nuovo Regno. I Prefetti dell'epoca ebbero chiara coscienza del compito al quale erano chiamati come risulta dalle relazioni inviate al Ministero dell'Interno, dai loro ricordi biografici, dall'indirizzo dato alla loro azione. Un testimonianza eloquente è fornita da Giacinto Scelsi, che può essere considerato il modello del Prefetto amministrativo. Giacinto Scelsi, siciliano emigrato a Torino, prese parte con Crispi all'impresa dei Mille e dopo la proclamazione del Regno fu nominato Prefetto a 36 anni iniziando una carriera che lo vide a capo di 15 province in tutte le Regioni italiane. Secondo lo Scelsi, il compito istituzionale del Prefetto era: "attuare la buona amministrazione con criteri moderni" ciò presupponeva la conoscenza delle condizioni economico-sociali della provincia. A questo scopo, il Prefetto, nel breve periodo durante il quale rimase a Foggia (un anno e quattro mesi), condusse a termine un'accurata ricerca di statistica sociale sulle condizioni della provincia e fece approvare dal consiglio provinciale un complesso piano di bonifica e irrigazione e la concessione di contributi per la costruzione di strade comunali che trassero il promontorio garganico dall'isolamento. Quello che aveva fatto a Foggia, Scelsi lo fece anche nelle altre province nelle quali esercitò le sue funzioni. Altri Prefetti lo imitarono, fra gli altri, Torelli per Venezia, Sormani Moretti per Verona, Tegas per Lucca, anche le grandi inchieste parlamentari di quel periodo: quella del 1875 sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia e quella del 1877 sulle condizioni dei contadini, nota come "inchiesta Jacini", si fondano sulla documentazione raccolta dai Prefetti. I Prefetti si assunsero anche il compito di artefici della modernizzazione delle antiquate strutture economico-sociali ereditate dagli Stati preunitari. Particolarmente elevato risulta il livello culturale dei Prefetti e dei funzionari della carriera prefettizia in quel periodo, come dimostrano gli esempi seguenti. La prima traduzione italiana dall'inglese dell'opera di John Stuart Mill" La libertà classico del pensiero liberale" fu eseguita dal Prefetto di carriera Giuseppe Marsia. Giuseppe Prezzolini così ricorda il padre, il Prefetto di carriera Luigi Prezzolini, che resse, durante gli anni 1884-1899, le Prefetture di Grosseto, Sondrio, Macerata, Belluno, Reggio Emilia, Udine, Novara: "Il primo letterato che conobbi fu mio padre. Veramente, mio padre era Prefetto, ma, uomo d'una bella cultura umanistica, portava, con sé, di residenza in residenza, una biblioteca". I Prefetti giolittiani Nico Randeraad ha esplorato gli archivi delle Prefetture di Venezia, Bologna e Reggio Calabria, mettendo in luce come il compito principale dei Prefetti nel corso delle elezioni fosse quello di "assicurarsi che venisse rispettata la legge" Occorre, infatti, considerare che, fino alla riforma attuata con la legge 30 giugno 1912 n. 665 la quale introdusse il suffragio universale maschile (le prime elezioni politiche con la nuova legge si tennero il 26 ottobre 1913), il corpo elettorale era rappresentato da un'esigua minoranza della popolazione. La lotta politica non si svolgeva perciò fra partiti politici organizzati, ma fra consorterie e gruppi di interessi. Si tengano presenti i seguenti dati: nel 1865, gli elettori erano il 2% della popolazione nel 1890, gli elettori erano il 9% della popolazione nel 1909, gli elettori erano l'8,3% della popolazione. Soltanto nelle elezioni del 1913 gli aventi diritto al voto raggiunsero il 23,2% della popolazione. Pertanto, fino alla prima Guerra Mondiale, gli interventi dei Prefetti nelle elezioni si svolsero in assenza di partiti organizzati. Con la formazione dei partiti politici organizzati, gli interventi dei Prefetti non ebbero più spazio. Il Prefetto giolittiano è stato descritto da Gaetano Natale. Giovanni Giolitti, l'immane burocrate com'era soprannominato, avendo trascorso lunghi anni nell'Amministrazione pubblica, conosceva a perfezione la complessa macchina amministrativa per cui le istruzioni ai Prefetti furono sempre chiare e precise, come ricorda nelle sue memorie il Prefetto Amedeo Nasalli Rocca. I Prefetti si sentirono perciò guidati da un esperto timoniere. Gaetano Natale ha scritto che Giolitti "mise il Prefetto di fronte alla questione sociale. Lo diresse a comprenderla ed a giudicarla nella sostanza più che nei riflessi politici". 1927 - 1956: Il Prefetto dal Fascismo alla Ricostruzione L'"effetto Giolitti" sui membri della carriera prefettizia in particolare e, in generale, su tutta la burocrazia italiana è durato a lungo ed ha avuto l'effetto di preservare, almeno in parte, durante il periodo fascista, la Pubblica Amministrazione da eccessi e prevaricazioni perché i funzionari entrati in carriera durante il precedente periodo del liberalesimo giolittiano, si consideravano servitori dello Stato, piuttosto che del regime. Lo ha testimoniato, nelle sue memorie, il socialista Giuseppe Romita che fu il primo Ministro dell'Interno nel secondo dopoguerra. Romita ha scritto: "I Prefetti [...] non erano stati così ben visti dai fascisti come si diceva. Effettivamente, taluni si erano posti a completo servizio del regime, ma altri, la maggioranza, avevano adempiuto al proprio dovere impedendo ai gerarchetti locali di compiere quelle prepotenze per le quali viceversa questi avevano una così profonda vocazione. In una Italia divisa in due, la situazione dei Prefetti divenne ancora più complessa allorquando Mussolini, costituita la Repubblica Sociale (fine settembre '43), impartì a tutti i Prefetti che il Governo Badoglio aveva esonerato dall'Ufficio, la direttiva di riprendere immediatamente le loro funzioni nelle province ancora occupate dalle truppe tedesche.Nella stesura delle schede biografiche dei Prefetti in servizio nel decennio 1946/56, molti di loro risultavano già Prefetti nel periodo fascista o risultavano aver raggiunto gradi elevati nella carriera ed ancora incaricati di ricoprire incarichi nei settori più delicati della Pubblica Amministrazione e dello stesso Partito Nazionale Fascista (P.N.F.). Nel ventennio fascista, risultano l'elevato grado di mobilità , l'accentuata precarietà della funzione, la capacita mirata del P.N.F. di scegliere gli uomini da nominare Prefetti ed ai quali affidare incarichi delicati, nonché i rapporti fra istituto prefettizio ed organismi del P.N.F. Il mutamento frequente di sede, come è noto, costituisce una caratteristica peculiare dell'istituto prefettizio ed evidenzia, a volte, correlazioni tra la sede ricoperta prima della nomina a Prefetto e quella di successiva assegnazione, anche alla luce della regione geografica di provenienza del funzionario o di eventuali legami con uomini politici locali. La durata della permanenza in sede era in media di due anni e variava notevolmente in relazione all'importanza della sede stessa. Durante il ventennio per ciascuna sede si sono alternati in media 12 Prefetti, con variazioni che vanno da un minimo di 6 a Cremona ad un massimo di 20 a Caltanissetta. Ancor più interessante è notare, poi, la frequenza con la quale il Governo fascista ha fatto ricorso all'istituto dell'esonero temporaneo dalla funzione ed a quello del collocamento a riposo per ragioni di servizio. Raramente fu fatto uso degli istituti della disponibilità e dell'aspettativa e il collocamento a disposizione fu utilizzato come uno strumento ordinario di allontanamento temporaneo dall'ufficio. Il collocamento a disposizione è stato da sempre considerato uno strumento "punitivo" al quale si ricollegava il conferimento di particolari incarichi. Spesso veniva utilizzato per rendere disponibili sedi da affidare eventualmente a Prefetti politici e, ancor più spesso, per allontanare il Prefetto in caso di contrasto con il locale Segretario Federale. Nonostante la circolare del Duce del 1927 ed il rispetto rigido del protocollo, che formalmente considerava il Prefetto come la prima Autorità locale, i Segretari Federali avevano sempre una corsia preferenziale per giungere al Capo del Governo. Nel caso di contrasto con il Prefetto, in effetti, era sempre quest'ultimo ad essere allontanato proprio mediante il ricorso al collocamento a disposizione. I rapporti con i Segretari Federali risultavano, generalmente, assai difficili tanto che nel 1940 il Sottosegretario agli Interni Buffarini Guidi ritenne opportuno far chiamare nel Direttorio del P.N.F., un Prefetto anche se proveniente dai ranghi del Partito fascista il cui inserimento doveva servire come elemento moderatore nei rapporti fra Prefettura e Federazione fascista.La scelta cadde sul Prefetto Gaetani, persona gradita anche ai Prefetti di carriera. Il collocamento a disposizione o a riposo venne spesso usato anche nei confronti di quei Prefetti che non erano in linea con la "politica fascista". È il caso, ad esempio, del Prefetto Achille De Martino collocato a disposizione nel novembre '27 ed a riposo per ragioni di servizio nel dicembre '27, dei Prefetti Paolo Bodo, Ottavio Gabetti, Furio Petroni, Giuseppe Spano ed anche di Marcello Tallarigo, proveniente dal P.N.F, che fu Prefetto di Taranto dal febbraio '38 all'agosto '39. Nel periodo in cui rivestì tale incarico egli sciolse il Rettorato, allontanò il Preside e chiese al Segretario del Partito l'allontanamento del Segretario Federale. La conseguenza fu la nomina a Prefetto (Varese) del Segretario Federale Giuseppe Russi ed il collocamento a disposizione del Direttorio del P.N.F., di Tallarigo, che vi rimase, però, un solo mese. È il Prefetto Petroni ad individuare concretamente nel rapporto fra Segretario Federale - Direzione del Partito - Ministero dell'Interno il meccanismo per giungere ad influenzare i singoli Prefetti. Il controllo delle province, elemento su cui il Capo del Governo puntava per consolidare il regime, portò inevitabilmente a contrasti con i dirigenti locali del partito. Il Governo si trovò così - e questo fu uno dei motivi che portarono alla diramazione della circolare del 1927 - da un lato a far leva sul corpo prefettizio per assicurare la presenza dello Stato nelle province e, dall'altro, ad evitare condizionamenti da parte dei Segretari Federali, senza peraltro contrastarne l'operato. Il collocamento a disposizione, per la sua durata (3 anni) - pur non rappresentando un valido mezzo di ricambio del corpo prefettizio in quanto il posto reso vacante non poteva essere utilizzato - rispondeva pienamente alle esigenze del Governo. Il collocamento a riposo per ragioni di servizio finì, invece, per divenire lo strumento ordinario di rimozione dei Prefetti, necessario a consentire quel ricambio che il Governo perseguiva da tempo. Si instaurò, così, la prassi di collocare a riposo per ragioni di servizio tutti i Prefetti - salvo alcune eccezioni - al compimento del 35° anno di servizio. L'avvicendamento continuo messo a punto dal P.N.F., attraverso la scelta degli uomini, (che ebbe inizio nel novembre 1922, proseguì nel 1923 e nel 1926 per culminare nel vasto movimento del 1929) risulta essere stato ispirato più dall'esigenza di creare un corpo prefettizio di fede fascista che dalle necessità reali delle province. Questa incessante opera, se pur lenta e graduale, ebbe il suo momento culminante nel luglio del 1929 quando 67 Prefetti furono avvicendati con 37 trasferimenti di sede, 17 nomine, 19 collocamenti a riposo e 46 a disposizione. A questo movimento furono interessati 17 Prefetti politici, 8 dei quali di prima nomina. E non mancano casi di Prefetti che hanno operato in due distinti e contrastanti periodi come quello liberale e quello fascista, o quello fascista e quello repubblicano. La necessità primaria di Mussolini era quella di assicurare la continuità rispetto al vecchio Stato liberale, di controllare l'opposizione (avversari politici) e di rafforzare il potere esecutivo; in una parola ottenere il consolidamento del fascismo. Lo strumento più idoneo allo scopo fu individuato nell'istituto prefettizio. La scelta si scontrò con le gerarchie del partito uscite rafforzate dalla marcia su Roma e desiderose di vedere realizzate le loro aspettative di comando. Mussolini cercò di risolvere la questione, come si è visto, con un innesto di fascisti nel tessuto istituzionale. Il Prefetto si riconfermava, almeno formalmente, la massima autorità della provincia ma i contrasti con il Segretario Federale non solo rimasero ma si accentuarono. Il problema non fu risolto neanche con la nomina a Prefetto di esponenti del Partito ma anzi, conseguentemente, si verificò un aumento delle pressioni di quest'ultimo sulle nomine a Prefetto. Questa fu una delle motivazioni che portarono alla normativa del 1937 che limitò numericamente la scelta dei Prefetti politici (2/5 dei posti in organico). È stato sostenuto da parte degli studiosi che la "fascistizzazione" della burocrazia non avvenne in conseguenza dell'immissione nei ruoli prefettizi dei dirigenti di Partito, o di persone ad esso vicine, ma piuttosto per l'adesione, anche se graduale, della burocrazia al regime. Quest'ultimo fatto e l'adozione della normativa del '37 dimostrano quanto Mussolini fosse poco preoccupato dagli orientamenti politici dei Prefetti in carriera. Ma è sostenibile - e taluni lo dimostrano - che la "fascistizzazione" ci fu e fu massiccia. Lo testimonierebbe anche il numero di nuovi Prefetti di sicura fede politica e ne sarebbe la dimostrazione il rapporto fra Prefetti di carriera e quelli di provenienza politica nonché l'importanza degli incarichi ricoperti da questi ultimi. Nell'intento di mettere chiaramente in evidenza il legame con il P.N.F. nelle schede biografiche sono state evidenziate tutte le benemerenze fasciste riconosciute, l'eventuale iscrizione al P.N.F., prima che divenisse obbligatoria, nonché notizie riferite ai procedimenti di epurazione e, nel tentativo di individuare i motivi che determinarono la nomina a Prefetto, i legami con il Partito e le cariche ricoperte prima dell'incarico. Dei 332 Prefetti nominati nel ventennio, 102 erano di provenienza politica e fra questi 67 avevano ricoperto la carica di Segretario Federale.La concentrazione più alta si ebbe nel l940 quando su una dotazione organica di 110 Prefetti 67 non erano di carriera. DAL 1950 AI NOSTRI GIORNI: L'EVOLUZIONE DEL PREFETTO NELL'AMBITO DELLA TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO ITALIANO Massimo organo amministrativo periferico, terminale politico-operativo dell'apparato della sicurezza, agente elettorale del governo, motore della vita economica e sociale della provincia, tutore dell'ente locale, il prefetto non pare risentire, ancora negli anni '50 e '60, della progressiva crisi dell'Amministrazione dell'Interno determinata dall'estendersi dei compiti dello Stato e dalla conseguente crescita del numero delle amministrazioni dello Stato e con lo spostamento del baricentro del governo in favore della Presidenza del Consiglio. La Costituzione non nomina mai l'organo mentre prevede un Commissario del governo. Subito dopo, la legge 8 marzo 1949, n. 277 riformula l'art. 19 del t.u.l.com.prov. 1934 mantenendo il riconoscimento formale della posizione di eminenza del Prefetto rispetto alle altre cariche amministrative periferiche in virtù del riconoscimento della rappresentanza dell'esecutivo nella provincia e, conseguentemente, il carattere tendenzialmente "generale" del campo delle attribuzioni. Vengono meno, tuttavia, molti dei compiti più incidenti presenti nella precedente formulazione dell'art. 19. L'unico settore di competenza che rimane integro è quello della sicurezza pubblica, anche in relazione al rilevante potere di cui all'art. 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.), concernente l'amplissima facoltà del Prefetto di adottare atti contingibili e urgenti per esigenze di sicurezza pubblica. Contemporaneamente, tuttavia, il nuovo testo dell'art. 19 cancella ogni ingerenza "tutoria" del prefetto sulla vita amministrativa degli Enti Locali (secondo una linea di tendenza che parte dall'art. 5 Cost. e che verrà trasfusa nel nuovo ordinamento delle autonomie locali), mentre forti resistenze si oppongono alla primazia prefettizia sugli altri uffici periferici dell'amministrazione dello Stato. In realtà , ogni discorso sull'istituto prefettizio, quale esso oggi è, non può che essere ricostruito partendo dalla rappresentanza del governo e, conseguentemente, dal carattere "generale", aperto delle attribuzioni prefettizie. È questo l'elemento fondamentale delle varie competenze, anche minute, del Prefetto. Tale impostazione (che non presuppone, ovviamente, una astratta "gerarchia" tra le competenze) discende direttamente dalla tradizione storica dell'istituto, che si è sempre caratterizzato in primo luogo come il referente istituzionale delle istanze statuali unitarie a livello locale. D'altro canto, tale assunto di base ha trovato, specialmente nell'ultimo quinquennio, più di una conferma nella legislazione speciale che ha affidato al Prefetto nuove competenze ovvero ha recuperato allo stesso ambiti di operatività , sviluppando le formulazioni precettive generali di cui all'art. 19 del t.u.l.com.prov. 1934: è questo il caso dei Comitati Provinciali della Pubblica Amministrazione e dei comitati metropolitani; delle nuove funzioni in materia di droga, scioperi nei servizi pubblici essenziali, antimafia, statistica; della ricostruzione del ruolo del Prefetto rispetto alle autonomie territoriali. Del resto, se è indiscutibile che all'indomani della regionalizzazione del 1970 il prefetto era entrato in una sorta di "cono d'ombra" istituzionale, si deve registrare come, a partire dagli anni '80, sia emersa nel contesto sociale una forte domanda di efficienza dello strumento amministrativo. Nella ricerca di un punto di coagulo tra Amministrazione, servizi e utenza che fosse più vicino, anche fisicamente, alle istanze dei cittadini - ad un livello dunque substatale e subregionale - il carattere fortemente multipolare del sistema amministrativo periferico e locale ha portato ad una riscoperta significativa della presenza del Prefetto, caricandola di rinnovate valenze operative.Tale processo non si è, peraltro, accompagnato alla necessaria riflessione su possibili assetti più avanzati nel rapporto Stato-Regioni-Autonomie locali. In realtà , rimane ineludibile il problema del rapporto tra l'istituto prefettizio e la più generale questione istituzionale. In altri termini, ritorna il tema della qualità della presenza del Prefetto in uno Stato a forte caratterizzazione decentrata se non, in prospettiva, federale. L'immagine generalista del Prefetto rimane un dato indiscusso ed anzi, come si è detto, consolidato dal punto di vista normativo. Esso conferisce essenzialità ed attualità al ruolo del Prefetto come organo di "chiusura" dell'ordinamento, come soggetto che assicura comunque una sorta di supplenza istituzionale ed è chiamato a gestire, ove necessario, momenti di difficoltà o patologici del sistema.In questo contesto, il destino del Prefetto può quindi scindersi dalla questione istituzionale. A ben vedere, nulla esclude che, pur in un contesto di marcato decentramento, il Prefetto possa continuare a rappresentare il nucleo centrale per la riaggregazione delle funzioni statali decentrate, ora disperse e frantumate e, nel contempo, servire da cerniera tra centro e periferia e, soprattutto, nel rapporto tra lo Stato e il sistema delle Autonomie Locali. Si pensi ai tanti piccoli comuni i quali, ove non adeguatamente supportati dal livello centrale, rischiano una condizione di isolamento istituzionale che ridonderebbe nella sostanziale negazione del principio costituzionale dell'autonomia. Rispetto all'opzione federalista la presenza del Prefetto può, perciò, trovare legittimazione proprio in virtù del principio di sussidiarietà , enunciato dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, che - com'è noto - intende introdurre nel sistema attuale una sorta di federalismo amministrativo a Costituzione invariata, ove si consideri che il carattere multipolare dell'Amministrazione Pubblica inevitabilmente richiede un momento di coesione a livello locale, un punto di riaggregazione delle residue funzioni statali decentrate, assicuri l'efficienza dell'azione amministrativa. I problemi che l'Amministrazione oggi è costretta ad affrontare anche a livello locale sono di portata così vasta, soprattutto in materia economica, che essi non possono essere risolti se non mediante un collegamento efficace con l'articolazione complessiva degli interventi. Anche nella prospettiva di uno Stato delle Autonomie bisogna tener conto della sempre crescente necessità di un intervento statale nelle scelte decisive nell'ambito produttivo, sociale e politico. Non è possibile ormai condurre a compimento una qualunque iniziativa di rilievo, specie se rivolta a soddisfare esigenze e spinte locali e settoriali, se non tramite il ricorso sempre più largo all'azione pubblica complessiva, collegando, cioè, il "particolare" al "generale".Tutto ciò pone, quindi, l'esigenza di un organismo non di semplice rappresentanza, ma di effettivo collegamento e mediazione, che sia in grado di fornire in sede centrale un quadro di riferimento obiettivo e preciso per l'intervento del governo. La nuova dimensione che il prefetto andrà a configurare si riconduce alla formula di Amministrazione generale che già lo caratterizzò nel periodo post-unitario e che oggi ritorna, con un'accezione moderna, in consonanza con l'esigenza di disporre in periferia di un polo unificante di realtà politico-amministrative che, seppure distinte, convergono verso scopi comuni. Le profonde trasformazioni che il sistema amministrativo italiano sta subendo in questi anni coinvolgono la figura del Prefetto, incidendo direttamente o indirettamente, ma comunque sempre in modo significativo, sulla portata delle sue funzioni e sulla dimensione del suo ruolo. In un'amministrazione sempre più complessa, caratterizzata dalla settorializzazione e dalla verticalizzazione degli apparati, l'esigenza primaria per raggiungere livelli adeguati di efficienza è quella di rendere l'azione degli uffici pubblici sempre più vicina ai cittadini, favorendone la partecipazione e, comunque, snellendo le procedure. L'affastellarsi di competenze eterogenee impegna il Prefetto sui più disparati campi sollecitandolo ad una maggiore attenzione al "sociale", ora riportandolo alla tutela della sicurezza (anche se in forme aggiornate), ora chiedendogli una complessa opera di ricucitura del tessuto amministrativo statale periferico e di questo con il sistema dei poteri e delle Autonomie Locali. | |
Da: !!! | 15/12/2008 17:30:35 |
DECRETO 4 giugno 2002, n. 144 Regolamento recante la disciplina del concorso pubblico di accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia. Capo I Disposizioni di carattere generale IL MINISTRO DELL'INTERNO di concerto con IL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA Visto l'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, che demanda ad apposito regolamento la disciplina del concorso pubblico di accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia; Visto l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Udito il parere del Consiglio di Stato - Sezione consultiva per gli atti normativi, reso nell'adunanza del 6 maggio 2002; Effettuata la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400; A d o t t a il seguente regolamento: Art. 1. Accesso alla carriera prefettizia 1. Alla qualifica iniziale della carriera prefettizia si accede mediante concorso pubblico a carattere nazionale, per titoli ed esami. 2. Il bando di concorso e' emanato con decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il decreto indica le modalita' di svolgimento del concorso, i requisiti di ammissione, il diario e le sedi della prova preselettiva e delle prove d'esame, scritte ed orali, i titoli valutabili ai fini della formazione della graduatoria, le modalita' della loro presentazione, le percentuali dei posti riservati. 3. La determinazione del numero dei posti messi a concorso puo' essere effettuata anche sulla base dei posti che si renderanno disponibili entro l'anno in cui e' indetto il concorso e nel biennio successivo. Note alle premesse: - Il testo dell'art. 4, comma 2, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139 "Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'art. 10 della legge 28 luglio 1999, n. 266" e' il seguente: "2. Al concorso sono ammessi i candidati in possesso di laurea specialistica. Con regolamento da emanare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono indicati la classe di appartenenza dei corsi di studio ad indirizzo giuridico, economico e storico-sociologico per il conseguimento della laurea specialistica prescritta per l'ammissione al concorso, nonche' i diplomi di laurea, utili ai medesimi fini, rilasciati secondo l'ordinamento didattico vigente prima del suo adeguamento ai sensi dell'art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e delle sue disposizioni attuative. Con lo stesso regolamento sono, altresi', stabilite le forme di preselezione per la partecipazione al concorso, le prove d'esame, scritte e orali, le prime in numero non inferiore a quattro, le modalita' di svolgimento del concorso, di composizione della commissione giudicatrice e di formazione della graduatoria, e sono individuati i diplomi di specializzazione ed i titoli di dottorato di ricerca valutabili ai fini della formazione della graduatoria.". - Il testo dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 "Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri" e' il seguente: "Art. 17. (Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonche' dei regolamenti comunitari; b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge. 2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta' regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari. 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di piu' Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione. 4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di "regolamento , sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale". 4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei principi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono: a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione; b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilita' eliminando le duplicazioni funzionali; c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati; d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche; e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unita' dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali.". Art. 2. Requisiti di ammissione al concorso 1. Per l'ammissione al concorso pubblico di accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia, i candidati debbono risultare in possesso, alla data di scadenza del termine stabilito per la presentazione delle domande, dei seguenti requisiti: a) cittadinanza italiana; b) eta' non superiore a quella stabilita dal regolamento adottato, ai sensi del comma 6 dell'articolo 3 della legge 15 maggio 1997, n. 127, con decreto ministeriale del 23 luglio 1999, n. 357; c) qualita' morali e di condotta di cui all'articolo 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53; d) laurea specialistica conseguita presso un'universita' della Repubblica italiana o presso altro istituto di istruzione universitaria equiparato, appartenente ad una delle seguenti classi di cui al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica 28 novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2001: giurisprudenza, scienze della politica, scienze delle pubbliche amministrazioni, scienze dell'economia, sociologia, programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali, storia contemporanea, studi europei. 2. Ai concorsi banditi dopo l'entrata in vigore del regolamento sono ammessi a partecipare i candidati, anche se in possesso dei diplomi di laurea in giurisprudenza, in scienze politiche, in scienze dell'amministrazione, in economia e commercio, in economia politica, in economia delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali, in sociologia o in storia, rilasciati secondo l'ordinamento didattico vigente prima del suo adeguamento, previsto dall'articolo 17, comma 95 della legge 15 maggio 1997, n. 127. La disposizione si applica nei dieci anni successivi alla scadenza del termine fissato dall'articolo 1, comma 3, del decreto ministeriale di cui al precedente comma 1, lettera d), entro il quale gli atenei dovranno definire gli ordinamenti didattici dei corsi di studio. Note all'art. 2, comma 1: - Il testo dell'art. 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997, n. 127 "Misure urgenti per lo snellimento dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" e' il seguente: "6. La partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non e' soggetta a limiti di eta', salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessita' dell'amministrazione.". - Il decreto del Ministro dell'interno del 29 luglio 1999, n. 35 reca: "Regolamento recante norme sui limiti di eta' per la partecipazione ai concorsi pubblici di accesso ai ruoli del personale della carriera prefettizia". "Art. 1 (Limite superiore di eta' per la partecipazione al concorso) - 1. Per l'ammissione al concorso per la carriera prefettizia e' richiesta una eta' non superiore a trentacinque anni. Art. 2 (Elevazione del limite superiore di eta' per la partecipazione al concorso) - 1. Il limite di eta' di trentacinque anni e' elevato: a) di un anno per gli aspiranti coniugati; b) di un anno per ogni figlio vivente; c) di cinque anni per coloro che sono compresi fra le categorie elencate nella legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive modifiche e integrazioni, e per coloro ai quali e' esteso lo stesso beneficio; d) di un periodo pari all'effettivo servizio prestato, comunque non superiore a tre anni, a favore dei cittadini che hanno prestato servizio militare volontario di leva e di leva prolungata, ai sensi della legge 24 dicembre 1986, n. 958. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 il limite massimo non puo' comunque superare, anche in caso di cumulo di benefici, i quaranta anni di eta'. Lo stesso limite massimo e' applicabile ai candidati che siano dipendenti civili di ruolo della pubblica amministrazione, agli ufficiali o sottufficiali dell'Esercito, della Marina o dell'Aeronautica cessati d'autorita' o a domanda; agli ufficiali, ispettori, sovrintendenti, appuntati, carabinieri e finanzieri in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, nonche' alle corrispondenti qualifiche negli altri corpi di polizia.". - Il testo dell'art. 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53 "Modifiche alle norme sullo stato giuridico e sull'ordinamento dei vicebrigadieri, dei graduati e militari di truppa dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, nonche' disposizioni relative alla Polizia di Stato, al Corpo degli agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato", e' il seguente: "Art. 26. Per l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato e delle altre Forze di polizia indicate dall'art. 16 della legge 1 aprile 1981, n. 121, e' richiesto il possesso delle qualita' morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria". - Le classi di lauree specialistiche, indicate alla lettera d), sono quelle contenute nelle tabelle n. 22, 57, 64, 70, 71, 89, 94 e 99 allegate al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica del 28 novembre 2000. Note all'art. 2, comma 2: - Il testo dell'art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997 "Misure urgenti per lo snellimento dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" e' il seguente: "95. L'ordinamento degli studi dei corsi universitari, con esclusione del dottorato di ricerca, e' disciplinato dagli atenei, con le modalita' di cui all'art. 11, commi 1 e 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, in conformita' a criteri generali definiti, nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia, sentiti il Consiglio universitario nazionale e le Commissioni parlamentari competenti, con uno o piu' decreti del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con altri Ministri interessati, limitatamente ai criteri relativi agli ordinamenti per i quali il medesimo concerto e' previsto alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero da disposizioni dei commi da 96 a 119 del presente articolo. I decreti di cui al presente comma determinano altresi': a) con riferimento ai corsi di cui al presente comma, accorpati per aree omogenee, la durata, anche eventualmente comprensiva del percorso formativo gia' svolto, l'eventuale serialita' dei predetti corsi e dei relativi titoli, gli obiettivi formativi qualificanti, tenendo conto degli sbocchi occupazionali e della spendibilita' a livello internazionale, nonche' la previsione di nuove tipologie di corsi e di titoli universitari, in aggiunta o in sostituzione a quelli determinati dagli art. 1, 2, 3, comma 1 e 4, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, anche modificando gli ordinamenti e la durata di quelli di cui al decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178, in corrispondenza di attivita' didattiche di base, specialistiche, di perfezionamento scientifico, di alta formazione permanente e ricorrente; b) modalita' e strumenti per l'orientamento e per favorire la mobilita' degli studenti, nonche' la piu' ampia informazione sugli ordinamenti degli studi, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici; c) modalita' di attivazione da parte di universita' italiane, in collaborazione con atenei stranieri, dei corsi universitari, di cui al presente comma, nonche' di dottorati di ricerca, anche in deroga alle disposizioni di cui al Capo II del Titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382". - Il testo dell'art. 1, comma 3, del decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica del 28 novembre 2000 "Determinazioni delle classi delle lauree universitarie specialistiche", e' il seguente: "3. l regolamenti didattici di ateneo, disciplinanti gli ordinamenti didattici dei corsi di studio, sono redatti in conformita' alle disposizioni del citato decreto ministeriale e del presente decreto entro 18 mesi dalla data di pubblicazione di quest'ultimo nella Gazzetta Ufficiale.". Art. 3. Riserva di posti 1. Per la riserva del dieci per cento dei posti messi a concorso, si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139. Note all'art. 3: - Il testo dell'art. 4, comma 4, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139 "Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'art. 10 della legge 28 luglio 1999, n. 266", e' il seguente: "4. Nel concorso il dieci per cento dei posti e' riservato ai dipendenti dell'amministrazione civile dell'interno inquadrati nell'area funzionale C in possesso di una delle lauree indicate agli specifici fini dal decreto del Ministro dell'interno di cui al comma 2, e con almeno due anni di effettivo servizio in posizione funzionale per il cui accesso e' richiesto il possesso di uno dei medesimi titoli di studio. l posti riservati non utilizzati a favore dei candidati interni sono conferiti agli idonei.". Art. 4. Commissione giudicatrice 1. La commissione giudicatrice del concorso, nominata con decreto del Ministro dell'interno, e' presieduta da un magistrato amministrativo con qualifica non inferiore a Consigliere di Stato o da un Prefetto, ed e' composta dal Direttore della Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'interno, di due viceprefetti e di due professori di ruolo di universita' statali o equiparate, docenti di discipline incluse nel programma di esame. 2. La commissione e' integrata da uno o piu' esperti nelle lingue straniere comprese nel programma di esame e da un esperto di informatica. 3. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario, con qualifica di viceprefetto aggiunto, in servizio presso il Dipartimento per gli affari interni e territoriali. 4. I componenti della commissione possono essere nominati anche se collocati a riposo, purche' da non oltre un triennio alla data di nomina della commissione. Art. 5. Disposizioni in favore di alcune categorie di candidati 1. I candidati affetti da patologie limitatrici della autonomia sono assistiti, nell'espletamento della prova preselettiva e delle prove scritte, anche da personale del Ministero dell'interno in possesso di laurea in materie diverse da quelle indicate nell'articolo 2 o di diploma di scuola media superiore di secondo grado. 2. Per i portatori di handicap che ne abbiano fatto richiesta il tempo previsto dagli articoli 9 e 11 per l'espletamento della prova preselettiva e delle prove scritte e' aumentato fino ad un massimo di un quarto. Capo II Forme di preselezione Art. 6. Prova preselettiva 1. L'ammissione dei candidati alle prove scritte e' subordinata allo svolgimento di una prova preselettiva. La preselezione consiste in quesiti a risposta multipla diretti ad accertare la conoscenza delle seguenti discipline: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto civile, diritto comunitario, economia politica e storia contemporanea. Il questionario a risposta sintetica dovra' inoltre contenere quesiti attinenti alla cultura generale in relazione all'evoluzione della societa' contemporanea, volti ad accertare l'attitudine del candidato ad affrontare e risolvere problemi concreti connessi con la funzione di governo sul territorio. La prova preselettiva non concorre alla formazione del voto finale di merito. 2. Sulla base dei risultati della prova preselettiva e' ammesso a sostenere le prove scritte di cui all'articolo 11 un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso. Sono comunque ammessi i candidati che hanno conseguito un punteggio uguale al piu' basso risultato utile ai fini dell'ammissione secondo il suddetto criterio. 3. Qualora il numero dei candidati lo richieda, l'espletamento della prova preselettiva puo' aver luogo in piu' sedi decentrate a livello regionale o interregionale. Con decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali puo' essereattribuita agli uffici territoriali del Governo l'attuazione della fase concorsuale relativa alla ricezione delle domande di partecipazione ed allo svolgimento della prova preselettiva. In tale ipotesi, ferme restando le attribuzioni della commissione giudicatrice, sono costituiti per ogni sede di espletamento della prova preselettiva appositi comitati di vigilanza con le modalita' di cui ai commi 7 e 8 dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487. Note all'art. 6: - Il testo dell'art. 9, commi 7 e 8, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 "Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalita' di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di ammissione ai pubblici impieghi", e' il seguente: "7. Quando le prove scritte abbiano luogo in piu' sedi, si costituisce in ciascuna sede un comitato di vigilanza, presieduto da un membro della commissione ovvero da un impiegato dell'amministrazione di qualifica o categoria non inferiore all'ottava, e costituita da due impiegati di qualifica o categoria non inferiore alla settima e da un segretario scelto tra gli impiegati di settima o sesta qualifica o categoria. 8. Gli impiegati nominati presidente e membri dei comitati di vigilanza sono scelti fra quelli in servizio nella sede di esame, a meno che, per giustificate esigenze di servizio, sia necessario destinare a tale funzione impiegati residenti in altra sede.". Art. 7. Modalita' di predisposizione dei quesiti e di attribuzione dei relativi punteggi 1. Nell'archivio informatico, previsto dal successivo articolo 8, viene inserito un numero di quesiti vertenti nelle materie sulle quali si svolge la preselezione, in ragione di 1.000 per ciascuna disciplina. 2. La formulazione dei quesiti e' curata dal Ministero dell'interno per il tramite della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno, avvalendosi di societa' specializzate e di istituti di ricerca, operanti nel settore della selezione e della formazione del personale. 3. Ciascun quesito viene elaborato predisponendo un'unica domanda seguita da 4 risposte, delle quali solo una e' esatta. Le risposte sono numerate da 1 a 4. La posizione della risposta esatta e' determinata dal sistema automatizzato. I quesiti sono formulati come domande dirette, cui deve corrispondere una, e una sola, delle 4 risposte, e sono suddivisi per materia e per grado di difficolta'. La classificazione dei quesiti e il raggruppamento per materia mirano a garantire che a ciascun candidato venga assegnato un numero di domande di pari difficolta'. 4. I quesiti hanno un grado di difficolta' di 1, 2 e 3, in relazione alla natura della domanda che e' rispettivamente facile, di difficolta' media, e difficile. Il grado di difficolta' e la relativa numerazione vengono attribuiti in sede di formazione dell'archivio, di cui all'articolo 8, dagli organi ad esso preposti. L'attribuzione del punteggio alle singole risposte e' differenziata, secondo l'indice statistico riportato nella tabella allegata, in rapporto al grado di difficolta' della domanda. Art. 8. Archivio informatico dei quesiti 1. Lo svolgimento della preselezione e' informato a criteri di imparzialita' e trasparenza. A tal fine e' istituito, presso il Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno, un archivio informatico nel quale vengono inseriti i quesiti di cui all'articolo 7. I quesiti vengono pubblicati quarantacinque giorni prima dell'inizio dello svolgimento della prova preselettiva. Fatta eccezione per la pubblicazione dei quesiti, e' garantita la piu' rigorosa segretezza di tutte le fasi preparatorie della procedura concorsuale. 2. Per la realizzazione degli scopi di cui al precedente comma 1, e' istituita con decreto ministeriale, una commissione presieduta dal Direttore centrale per le risorse umane del Dipartimento per gli affari interni e territoriali, e composta del Direttore del centro elaborazione dati, di un rappresentante del collegio preposto alla direzione del servizio del controllo interno, e di un rappresentante dell'Ispettorato generale di amministrazione. 3. La commissione dura in carica per un triennio ed e' rinnovabile per un periodo di uguale durata. 4. Oltre ai compiti indicati nel comma 1, la commissione di cui al comma 2 vigila sullo svolgimento di tutte le fasi connesse con la predisposizione dei quesiti e sul loro inserimento nell'archivio, e provvede, d'intesa con la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno, all'aggiornamento dei quesiti, verificandone l'attualita' all'esito dello svolgimento di ogni prova concorsuale. Art. 9. Svolgimento della prova preselettiva 1. La prova preselettiva e' effettuata per gruppi di candidati in numero non superiore a cinquecento per ciascuna sessione, divisi secondo l'ordine alfabetico del loro cognome, in base al calendario indicato nel bando. 2. Dopo l'ingresso dei candidati nei locali ove si svolge la prova, la commissione giudicatrice provvede alla distribuzione dei questionari, dopo averne disposto la selezione automatica tra quelli contenuti nell'archivio di cui all'articolo 8. I questionari, stampati su moduli a lettura ottica, sono contenuti in confezioni individualmente sigillate, la cui apertura contestuale da parte dei candidati e' autorizzata dalla commissione. E' disposta l'esclusione dalla prova del candidato che abbia aperto il plico contenente il questionario prima della autorizzazione della commissione. 3. A ciascun candidato sono assegnati 210 quesiti vertenti sulle discipline indicate nell'articolo 6, in ragione di 30 per ciascuna materia, con tempo massimo per la risposta di 240 minuti. I quesiti da sottoporre ai candidati sono individuati mediante procedura automatizzata, tenendo conto dell'esigenza di ripartire egualmente l'incidenza del grado di difficolta' della domanda. A tal fine le domande facili rappresentano il 30% del totale, quelle di media difficolta' il 50%, e quelle difficili il 20%. I candidati non possono avvalersi, durante la prova preselettiva, di codici, raccolte normative, testi, appunti di qualsiasi natura e di strumenti idonei alla memorizzazione di informazioni o alla trasmissione di dati. Art. 10. Formazione della graduatoria 1. La correzione degli elaborati e l'attribuzione del relativo punteggio vengono effettuati con idonea strumentazione automatica, utilizzando procedimenti di lettura ottica. 2. Avvalendosi del sistema automatizzato, la commissione giudicatrice forma la graduatoria della prova preselettiva sulla base dei punteggi attribuiti, al termine di ogni sessione, ai questionari contenenti le risposte dei candidati. 3. La graduatoria e' resa pubblica con le modalita' di cui al comma 1 dell'articolo 12 del presente decreto. Ai candidati utilmente collocati in graduatoria e' comunicata l'ammissione almeno quindici giorni prima dello svolgimento delle prove scritte. Capo III Svolgimento delle prove concorsuali Art. 11. Prove scritte 1. Le prove scritte consistono: a) nello svolgimento di tre elaborati, rispettivamente, su diritto amministrativo e/o diritto costituzionale, diritto civile, storia contemporanea (a partire dall'unita' d'Italia) e della pubblica amministrazione italiana; b) nella risoluzione di un caso in ambito giuridico-amministrativo o gestionale-organizzativo, al fine di verificare l'attitudine del candidato all'analisi e alla soluzione di problemi inerenti alle funzioni dirigenziali; c) nella traduzione, con l'uso del vocabolario, di un testo o nella risposta ad un quesito nella lingua inglese o francese, a scelta del candidato. 2. La durata delle prove scritte di cui al precedente comma 1, e' stabilita in otto ore per quelle sub a), in sette ore per quella sub b) e in quattro ore per quella sub c). 3. La commissione giudicatrice, qualora durante la valutazione degli elaborati scritti abbia attribuito ad uno di essi un punteggio inferiore a quello minimo prescritto, non procede all'esame dei successivi elaborati. Art. 12. Prove orali 1. Alle prove orali sono ammessi a partecipare i candidati che nelle prove scritte abbiano conseguito in media una votazione non inferiore a ventuno trentesimi e non inferiore a diciotto trentesimi in ciascuna prova. L'esame verte sulle materie delle prove scritte e sulle seguenti altre: nozioni generali di sociologia e di scienza dell'organizzazione; diritto comunitario; scienza delle finanze; diritto penale (codice penale: libro I; libro II, titoli II e VII); legislazione speciale amministrativa da specificare nel bando di concorso; elementi di amministrazione del patrimonio e di contabilita' generale dello Stato. 2. Nel corso della prova orale e' accertata inoltre la conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche piu' diffuse, da realizzarsi anche mediante una verifica applicativa, nonche' la conoscenza delle potenzialita' organizzative connesse all'uso degli strumenti informatici. 3. I candidati che nella prova orale hanno conseguito una votazione non inferiore a diciotto trentesimi sono dichiarati idonei e collocati nella graduatoria finale di merito del concorso secondo l'ordine determinato dalla somma dei punteggi conseguiti nelle singole prove scritte e nella prova orale. Art. 13. Prova facoltativa di lingua straniera 1. Nell'ambito della prova orale, i candidati, che ne abbiano fatto richiesta nella domanda di ammissione, possono sostenere una prova facoltativa di lingua straniera tra le lingue francese, inglese, tedesco e spagnolo diversa da quella oggetto della prova scritta. Alla prova facoltativa e' attribuito un punteggio aggiuntivo fino ad un massimo di 0,5 trentesimi. Art. 14. Formazione della graduatoria 1. La graduatoria finale del concorso e' approvata con decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali, reso consultabile anche su Internet o presso il Ministero dell'interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Direzione centrale per le risorse umane. Dell'approvazione della graduatoria e' data notizia mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 2. Il possesso del diploma di specializzazione o del dottorato di ricerca conseguiti in relazione agli obiettivi ed alle attivita' formative dei titoli di studio di cui all'articolo 2, determina, ai fini della formazione della graduatoria finale di merito, l'attribuzione di un ulteriore punteggio, rispettivamente, di 0,75 trentesimi e 1 trentesimo. 3. Non sono valutati i titoli di preferenza e di precedenza la cui documentazione non sia conforme a quanto prescritto dal bando di concorso ovvero che siano pervenuti all'amministrazione dopo la scadenza del termine stabilito nel bando stesso, salvi i casi di regolarizzazione formale da effettuarsi entro il termine assegnato dall'amministrazione stessa. Capo IV Disposizioni finali Art. 15. Comunicazioni relative al concorso 1. Le comunicazioni dell'amministrazione relative alle procedure concorsuali si intendono validamente effettuate se inviate al recapito indicato dal candidato nella domanda di partecipazione al concorso. Le eventuali variazioni del recapito devono essere comunicate a cura del candidato stesso a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento da inviarsi al Ministero dell'interno. Art. 16. Norme di rinvio 1. Per quanto non previsto nel presente regolamento si rinvia alle norme in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modifiche ed integrazioni. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 4 giugno 2002 Il Ministro dell'interno Scajola Il Ministro per la funzione pubblica Frattini Visto, il Guardasigilli: Castelli Registrato alla Corte dei conti il 2 luglio 2002 Ministeri istituzionali, registro n. 8 Interno, foglio n. 334 Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art.10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione dalle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti. Note all'art. 16: | |
Da: !!! | 15/12/2008 17:31:34 |
Un pò di informazioni!!! speravo di aggiustare il layout... | |
Da: é colpa | 15/12/2008 17:34:57 |
di quel coglione di prima | |
Da: è colpa | 15/12/2008 17:36:53 |
a questo punto il layout lo può sistemare solo il "padrone" del forum | |
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