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Da: per fulsere15/12/2008 16:24:04
ma perchè il tuo amico non preferisce fare il dirigente?

Da: ...15/12/2008 16:26:56
il prof era in ritardo?
Ma ora sono in corso?
A che punto sono?

Da: notiziona15/12/2008 16:37:07
sono folle d'amore per una persona che legge questo forum, voglio dichiararmi: TI ADOROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
se ci sei batti un colpo....

Da: ...15/12/2008 16:40:03
ci scassi tutto il layout del forum

Da: ora15/12/2008 16:42:26
sono al quarto candidato

Da: caspita15/12/2008 16:44:24
sono veloci oggi

E' disponibile l'App ufficiale di Mininterno per Android.
Scaricala subito GRATIS!

Da: notiziona15/12/2008 16:45:01
scusate ma lo amo

Da: se consideri15/12/2008 16:45:50
che il primo giorno alle 17 avevano terminato tutto....

Da: ma se consideri15/12/2008 16:54:17
che oggi hanno iniziato tardi...da quanto si dice qui sul forum...

Da: !!!15/12/2008 16:54:21
facciamo saltare la pagina, che è meglio!!!

Ciao Fulsere!!! :) Tienici aggiornati!!!


Ma nella graduatoria postata sono stati aggiunti a tutti i titoli?

Da: statistico15/12/2008 16:59:59
nella mia si sulla base delle info ricevute

Da: ...15/12/2008 17:00:11
...

Da: ??15/12/2008 17:02:38
per notiziona
Sono io, il tuo amore !!! Ora cerca di andare a rompere le balle da un'altra parte

Da: credo che15/12/2008 17:04:45
per le 18 al max avranno terminato

Da: !!!15/12/2008 17:13:45
Chi farà l'esame per l'abilitazione da avvocato? domani?!!!

Da: notiziona15/12/2008 17:16:05
caro "??" ti vorrò vedere quando ti prenderai una sbandata per un bel paio di !!

Da: ...15/12/2008 17:16:45
a che punto sono?
come vanno?
come si sta comportando la commissione?

Da: finora15/12/2008 17:18:40
non ci sono stati particolari problemi. le domande un pò si ripetono

Da: !!!15/12/2008 17:22:45
si ripetono? :)

Da: ...15/12/2008 17:23:07
a quale candidato si trovano ora?

Da: rispetto15/12/2008 17:23:19
a quelle degli altri giorni

Da: questo15/12/2008 17:24:03
non so dirtelo anche perchè nella sala non c'è campo. occorre uscire fuori per chiamare

Da: che culo15/12/2008 17:26:02
che hanno quelli che capitano gli ultimi gg!!!!

Da: ...15/12/2008 17:26:53
forse è schermata

Da: !!!15/12/2008 17:28:34
Il prefetto
Il Prefetto è un organo periferico dell'Amministrazione statale con competenza generale e funzioni di rappresentanza governativa a livello provinciale.
Il Prefetto:

rappresenta il governo a livello provinciale;
esercita tutte le funzioni dell'amministrazione periferica dello Stato non espressamente conferite ad altri Uffici;
sovrintende alle residue funzioni amministrative esercitate dallo Stato, coordinandole con quelle esercitate dagli Enti locali, direttamente o attraverso la presidenza della Conferenza permanente dei dirigenti degli Uffici statali;
vigila sulle Autorità amministrative operanti nella provincia e vi si sostituisce, in caso di urgente necessità, adottando le misure del caso (ordinanze di urgenza).
Chi è?

Il Prefetto è un organo a competenza generale che rappresenta, in ambito provinciale, il Governo nella sua unità; in quanto tale, è titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo (U.T.G.), struttura cui sono state attribuite tutte le funzioni esercitate a livello periferico dallo Stato, fatta esclusione per quelle relative ad alcune Amministrazioni espressamente individuate dal d.lgvo 300/99 (Affari Esteri, Giustizia, Tesoro, Finanze, Pubblica Istruzione, Beni e Attività Culturali).

Il ruolo di rappresentanza generale del Governo, riconosciuto al Prefetto, trova ulteriore conferma e supporto nell'istituzione della "Conferenza permanente" da lui presieduta e composta dai responsabili delle strutture periferiche dello Stato (art. 4 del DPR. 287 del 17 maggio 2001). Si tratta di un organismo che coadiuva il titolare dell'Ufficio Territoriale del Governo, nel coordinamento delle Pubbliche Amministrazioni statali sul territorio che sostituisce i Comitati provinciali e metropolitani della Pubblica Amministrazione.

Quale autorità provinciale di pubblica sicurezza, il Prefetto ha la responsabilità dell'ordine e della sicurezza pubblica e presiede il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Nell'ambito della protezione civile, il Prefetto sovrintende al coordinamento degli interventi di immediato soccorso per fronteggiare le situazioni di emergenza.
Nei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali il Prefetto riveste il ruolo di garante della continuità gestionale delle Amministrazioni locali ogni qualvolta vengano meno i candidati eletti dai cittadini, nonchè quello di vigilanza delle funzioni svolte in relazione ai servizi di competenza statale (anagrafe, stato civile, servizi elettorali).

Il Prefetto assicura il corretto svolgimento del procedimento elettorale e cura le procedure di scioglimento e sospensione dei consigli comunali, o di rimozione o sospensione degli amministratori. Nei confronti delle Amministrazioni locali svolge inoltre funzioni di raccordo e di collaborazione.

In quanto rappresentante generale del Governo, il Prefetto presiede la Conferenza Permanente, organo che l'aiuta nell'esercizio delle sue funzioni di coordinamento generale e di raccordo degli uffici periferici dello Stato.
Il Prefetto ha inoltre presieduto, nel periodo antecedente l'introduzione dell'euro e durante il "change over", il Comitato provinciale per l'Euro per l'introduzione della moneta unica sul territorio nazionale.
Tra le funzioni ricomprese nell'area dell'amministrazione generale vi sono le attività relative alla mediazione nelle vertenze di lavoro ed alla garanzia dei servizi pubblici essenziali, al riconoscimento delle persone giuridiche, alla concessione dello status di cittadino italiano, all'irrogazioni di sanzioni amministrative per infrazioni depenalizzate ed in materia di circolazione stradale.

Da: !!!15/12/2008 17:29:15
Approfondimento
L'evoluzione storica della figura del Prefetto



L'importanza del Prefetto durante il periodo liberale emerge dalle definizioni che i giuristi di quel periodo diedero dell'istituto. Giuseppe Saredo affermò: "Ogni Prefetto è un Ministro nella provincia che governa", Teodosio Marchi aggiunse: "Se si ha però riguardo al fatto che la legge concede al Prefetto ciò che non concede al Ministro, che gli concede cioè di fare in caso di urgenza i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami di servizio (articolo 3 della legge comunale e provinciale del 1865), si sarebbe tentati a concludere che un Prefetto è nella provincia qualcosa di più di un Ministro nello Stato".
Gli storici concordano con la valutazione dei giuristi Gaetano Salvemini definì, infatti, il periodo liberale "prefettocrazia". Durante il periodo liberale, era frequente la nomina a Prefetto tra personalità politiche di primo piano: Alfonso La Marmora fu Prefetto di Napoli; Luigi Torelli, Ministro dell'Agricoltura nel 1864-1865, resse le Prefetture di Bergamo, Pisa, Palermo, Venezia; Giuseppe Gadda, Ministro dei lavori pubblici nel 1869-1873, fu Prefetto di Foggia, Perugia, Padova, Roma; il marchese di Rudinì, Ministro dell'Interno nel 1869 e Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1891-1892 e nel 1896-1898, fu Prefetto di Napoli; Guglielmo Capitelli, già sindaco di Napoli, fu Prefetto di Bologna e di L'Aquila; il marchese Alessandro Guiccioli, già deputato e sindaco di Roma, fu Prefetto di Firenze e di Torino.
L'atto di nascita del Prefetto italiano è il regio decreto 9 ottobre 1861 n. 250 secondo cui i governatori delle province avrebbero dovuto assumere il titolo di Prefetto, gli intendenti di circondario quello di sottoPrefetto e i consiglieri di governo quello di consiglieri di prefettura. Nel nuovo regno, fu ripristinato il titolo attribuito, durante il dominio francese nella Penisola, ai rappresentanti periferici del Governo preferendolo a quello di "governatore" che era stato adoperato dalla legge comunale e provinciale piemontese 23 ottobre 1859 n. 3702. Il titolo di Prefetto fu prescelto perché il ricordo dei Prefetti del periodo napoleonico era associato all'unico esempio di amministrazione moderna e fattiva che l'Italia avesse sperimentato.
Le funzioni del Prefetto furono disciplinate dall'articolo 3 della legge comunale e provinciale 20 marzo 1865 n. 2248 allegato A che è opportuno riportare perché le disposizioni fondamentali sull'istituto prefettizio sono rimaste quasi immutate fino ad oggi.
Il Prefetto rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia; esercita le attribuzioni a lui demandate dalle leggi, e veglia sul mantenimento dei diritti dell'autorità amministrativa elevando, ove occorra, i conflitti di giurisdizione secondo la legge 20 novembre 1859 n. 3780; provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione delle leggi; veglia sull'andamento di tutte le Pubbliche Amministrazioni, ed in caso d'urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami del servizio; sopraintende alla pubblica sicurezza, ha il diritto di disporre della forza pubblica, e di richiedere la forza armata; dipende dal Ministro dell'Interno, e ne eseguisce le istruzioni".
La funzione fondamentale del Prefetto è quella di rappresentare il potere esecutivo, in altre parole il Governo nel suo insieme, nella provincia: è questa la pietra angolare dell'istituto sulla quale si fonda il conferimento di innumerevoli attribuzioni. Nel periodo liberale non vi fu legge riguardante l'amministrazione periferica dello Stato che non chiamasse in causa il Prefetto. I compiti più importanti del Prefetto durante il periodo liberale furono il controllo degli Enti Locali e la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. Il Prefetto era nominato con decreto reale, su deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata sulla proposta del Ministro dell'Interno, con lo stesso procedimento era traslocato da una sede all'altra.
Il Governo aveva la più ampia discrezionalità nella scelta dei Prefetti, nessun requisito era prescritto per la nomina. La stessa discrezionalità aveva il Governo nel trasferire i Prefetti da una sede all'altra o nel destituirli. La scelta dei Prefetti avvenne, fino alla fine del secolo, nominando, specialmente nelle città più importanti, eminenti uomini politici, donde la denominazione "prefetti politici" e, nelle sedi minori, funzionari provenienti dalla carriera prefettizia, cioè consiglieri di prefettura o sottoprefetti, denominati "prefetti amministrativi o di carriera". Dagli inizi del secolo XX, la scelta cadde prevalentemente sui funzionari della carriera prefettizia.
I Prefetti "politici" e quelli "amministrativi" furono però un corpo omogeneo. Il criterio di nomina corrispondeva alla concezione del Prefetto, considerato un amministratore piuttosto che un funzionario. Vittorio Emanuele Orlando mise in evidenza come il sistema misto nella scelta dei Prefetti fosse giustificato perché "la qualità di Prefetto, specialmente nelle grandi città, non richiede solo attitudini strettamente burocratiche, ma una mente vasta e direttiva, capace di intendere e di risolvere questioni d'indole piuttosto politica che amministrativa".
Lo Stato liberale volle dare ai cittadini un'immagine solenne delle nuove istituzioni; perciò le Prefetture, specialmente quelle delle capitali degli Stati preunitari, furono sistemate in importanti palazzi storici che assunsero la denominazione di "palazzo del Governo". Le sedi delle Prefetture e gli alloggi prefettizi furono arredati signorilmente e anche le sedi delle sottoprefetture e l'alloggio di servizio dei sottoprefetti nei capoluoghi di circondario furono convenientemente ammobiliati. Il regolamento per l'esecuzione della legge comunale e provinciale precisava, al riguardo, che per i locali e la mobilia degli alloggi dei Prefetti e sottoprefetti doveva tenersi conto del grado e dell'importanza dei funzionari chiamati a farne uso e del "decoro voluto per la città in cui risiedono", ma che si doveva, allo stesso tempo, "non abbondare soverchiamente nella provvista di oggetti di puro lusso.
Il Prefetto indossava, nelle cerimonie solenni, l'uniforme confezionata secondo il modello stabilito dal r.d. 11 dicembre 1859 per i governatori delle province sabaude che, come si è detto, furono denominati Prefetti nel nuovo regno. Il trattamento economico dei Prefetti era più elevato rispetto a quello attribuito allora ai direttori generali e ai segretari generali dei Ministeri; inoltre, ai Prefetti delle sedi più importanti erano concesse indennità per spese di rappresentanza (legge 25 giugno 1877 n. 325). Il Prefetto e il sottoPrefetto godevano della "garanzia amministrativa" per la quale non potevano essere chiamati a rendere conto dell'esercizio delle loro funzioni, fuorché dalla superiore autorità amministrativa, né sottoposti a procedimento penale per alcun atto di tale esercizio senza autorizzazione del Re, previo parere del Consiglio di Stato (articolo 8 della legge 20 marzo 1865 n. 2248).
La garanzia amministrativa era riconosciuta anche ai sindaci. Questo istituto derivava dall'articolo 8 della legge comunale e provinciale piemontese 23 ottobre 1859 n. 3702. La maggioranza dei giuristi del periodo liberale fu contraria al mantenimento di questo istituto che non trovava riscontro negli ordinamenti belga e francese, ai quali si era ispirata la legge comunale e provinciale italiana. La "garanzia amministrativa" fu però conservata perché la sua applicazione servì a proteggere il funzionamento delle istituzioni amministrative. In un periodo di aspre lotte politiche, quale fu quello di fine secolo, le autorizzazioni a procedere richieste contro i sindaci furono: nel 1891 novantotto delle quali solo due respinte; nel 1893, settantacinque delle quali una sola respinta; nel 1894, settantotto, tutte accolte; nel 1895, trentanove, tutte accolte. Negli stessi anni, non fu presentata alcuna richiesta di autorizzazione a procedere contro Prefetti o sottoprefetti.
Il Prefetto era il tutore delle prerogative dell'Amministrazione Pubblica nei confronti del potere giudiziario ed era perciò competente a promuovere i conflitti di attribuzione per impedire che i giudici ordinari invadessero il campo riservato al potere amministrativo. Dopo sette anni dalla nomina, i Prefetti potevano essere nominati senatori (articolo 33 n. 17 dello Statuto albertino). L'appartenenza alla camera vitalizia era perciò compatibile con l'esercizio delle funzioni prefettizie e, durante il periodo liberale, la maggior parte dei Prefetti delle città più importanti ottenne la nomina a senatore.
L'appartenenza a vita alla Camera alta garantiva ai Prefetti una notevole indipendenza nei confronti del Governo sia per il prestigio derivante dalla carica, sia perché l'eventuale destituzione danneggiava meno il Prefetto-senatore rispetto agli altri colleghi. Il senatore-Prefetto poteva anche svolgere, compatibilmente con l'esercizio delle sue funzioni, attività legislativa (normalmente, i Prefetti-senatori non partecipavano alle sedute del Senato). Durante il periodo liberale, furono nominati senatori 51 Prefetti. La storia dei Prefetti è storia locale perché il Prefetto è un funzionario che trascorre la carriera passando da un capoluogo all'altro di provincia: perciò la sua attività, e anche la sua vita privata, si intrecciano con quelle delle località nelle quali è inviato ad operare.
Il legame con le realtà locali fu accentuato, durante il periodo liberale, perché i Prefetti e i funzionari di prefettura appartenevano al ruolo dell'amministrazione provinciale dell'Interno, distinto dal ruolo del personale dell'amministrazione centrale del Ministero . Questo rapporto fu attenuato all'inizio del periodo fascista quando i due ruoli furono unificati (regio decreto 11 novembre 1923 n. 2395), con la conseguenza che, da quel momento, i funzionari di prefettura poterono prestare servizio sia presso il Ministero sia in periferia.
Il rapporto diretto con le diverse realtà locali ebbe l'effetto che, entro la cornice di un ordinamento giuridico uniforme, l'azione dei Prefetti variò notevolmente nelle varie province, in relazione alla situazione economico-sociale e alla personalità dei singoli Prefetti. Si possono però individuare alcuni motivi di fondo che ispirarono la loro azione durante il periodo liberale perché in quell'epoca i medesimi costituivano un corpo omogeneo per cultura e provenienza sociale. Tenendo presenti queste considerazioni, documentate nei ricordi biografici scritti da alcuni Prefetti e nelle relazioni ufficiali inviate al Ministero dell'Interno, si possono distinguere, con qualche approssimazione, tre fasi dell'attività dei Prefetti durante il periodo dall'unità d'Italia alla prima Guerra Mondiale.
La prima, vide protagonisti i Prefetti in carica nei primi anni del Regno che si possono, a ragione, denominare "i Prefetti dell'unificazione politica"; la seconda, quelli in servizio dopo il 1870, ai quali è dovuto il riconoscimento di "Prefetti dell'unificazione amministrativa"; la terza, quelli in servizio dall'inizio del secolo XX fino alla prima Guerra Mondiale, ai quali spetta l'appellativo di "Prefetti giolittiani".


I Prefetti dell'unificazione politica

La vita e l'opera dei Prefetti durante i primi anni del Regno d'Italia sono state descritte da Ernesto Ragionieri. In uno studio risalente al 1961, che inaugurò la storiografia italiana sui Prefetti, il Ragionieri mise in luce come i 59 Prefetti in carica al momento della proclamazione del Regno d'Italia, avessero un altissimo senso della loro funzione. L'illustre storico ha scritto: "rappresentare in un capoluogo di provincia, grande o piccolo che fosse, il nuovo Stato nazionale era un compito che questi uomini avvertivano quasi come espressione di un ordine civile e politico superiore [...] questi funzionari sentivano come grande missione della loro vita la rappresentanza del nuovo Stato nazionale".
I Prefetti erano allora un corpo omogeneo per origine sociale e formazione culturale, che coincidevano con la provenienza sociale e con la cultura della classe politica e della ristretta classe dirigente dell'epoca.
Furono, probabilmente, queste caratteristiche, piuttosto che le leggi di indirizzo accentratore, che permisero a quei funzionari di realizzare, in pochi anni, la fusione delle province degli Stati preunitari in un grande Stato nazionale. Al raggiungimento di quello scopo contribuirono anche i frequenti trasferimenti ai quali i Prefetti, ed in generale tutti i funzionari statali, erano soggetti, per cui si formò ben presto un'Amministrazione nazionale. In quegli anni, il sardo Pes di Villamarina fu Prefetto di Milano, il siciliano Fardella di Torrearsa Prefetto di Firenze, il valtellinese Luigi Torelli Prefetto di Palermo, il romagnolo Giuseppe Pasolini Prefetto di Torino, l'umbro Filippo Gualtiero Prefetto di Napoli, il fiorentino Carlo Bosi e il sardo Campi Bazan Prefetti di Macerata.
Un esempio, tratto dalle memorie di Giuseppe Giannelli, consigliere di Prefettura e sottoprefetto in varie province negli anni successivi all'unificazione, dimostra come l'omogeneità sociale dei membri della carriera prefettizia con la classe dirigente dell'epoca sia stata elemento determinante nel favorire l'unificazione del Paese.


I Prefetti dell'unificazione amministrativa

Con il trasferimento della Capitale a Roma, l'Unità d'Italia era compiuta. Ugualmente, con l'approvazione della legge 20 marzo 1865 n. 2248 che reca appunto il titolo "Legge per l'unificazione amministrativa", le scelte politiche circa la struttura del nuovo Regno erano compiute. Quindi, il compito principale dei Prefetti, sottoprefetti e consiglieri di Prefettura in servizio in quegli anni, fu quello di indirizzare gli Enti Locali entro i binari della nuova legislazione unitaria. In quel periodo, risolti i problemi dell'unificazione nazionale, si impose la "questione amministrativa" come testimoniano le discussioni parlamentari e il grandissimo numero di scritti pubblicati in quegli anni sulle istituzioni amministrative del nuovo Regno.
I Prefetti dell'epoca ebbero chiara coscienza del compito al quale erano chiamati come risulta dalle relazioni inviate al Ministero dell'Interno, dai loro ricordi biografici, dall'indirizzo dato alla loro azione. Un testimonianza eloquente è fornita da Giacinto Scelsi, che può essere considerato il modello del Prefetto amministrativo. Giacinto Scelsi, siciliano emigrato a Torino, prese parte con Crispi all'impresa dei Mille e dopo la proclamazione del Regno fu nominato Prefetto a 36 anni iniziando una carriera che lo vide a capo di 15 province in tutte le Regioni italiane.
Secondo lo Scelsi, il compito istituzionale del Prefetto era: "attuare la buona amministrazione con criteri moderni" ciò presupponeva la conoscenza delle condizioni economico-sociali della provincia. A questo scopo, il Prefetto, nel breve periodo durante il quale rimase a Foggia (un anno e quattro mesi), condusse a termine un'accurata ricerca di statistica sociale sulle condizioni della provincia e fece approvare dal consiglio provinciale un complesso piano di bonifica e irrigazione e la concessione di contributi per la costruzione di strade comunali che trassero il promontorio garganico dall'isolamento. Quello che aveva fatto a Foggia, Scelsi lo fece anche nelle altre province nelle quali esercitò le sue funzioni. Altri Prefetti lo imitarono, fra gli altri, Torelli per Venezia, Sormani Moretti per Verona, Tegas per Lucca, anche le grandi inchieste parlamentari di quel periodo: quella del 1875 sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia e quella del 1877 sulle condizioni dei contadini, nota come "inchiesta Jacini", si fondano sulla documentazione raccolta dai Prefetti.
I Prefetti si assunsero anche il compito di artefici della modernizzazione delle antiquate strutture economico-sociali ereditate dagli Stati preunitari. Particolarmente elevato risulta il livello culturale dei Prefetti e dei funzionari della carriera prefettizia in quel periodo, come dimostrano gli esempi seguenti. La prima traduzione italiana dall'inglese dell'opera di John Stuart Mill" La libertà classico del pensiero liberale" fu eseguita dal Prefetto di carriera Giuseppe Marsia.
Giuseppe Prezzolini così ricorda il padre, il Prefetto di carriera Luigi Prezzolini, che resse, durante gli anni 1884-1899, le Prefetture di Grosseto, Sondrio, Macerata, Belluno, Reggio Emilia, Udine, Novara: "Il primo letterato che conobbi fu mio padre. Veramente, mio padre era Prefetto, ma, uomo d'una bella cultura umanistica, portava, con sé, di residenza in residenza, una biblioteca".

I Prefetti giolittiani

Nico Randeraad ha esplorato gli archivi delle Prefetture di Venezia, Bologna e Reggio Calabria, mettendo in luce come il compito principale dei Prefetti nel corso delle elezioni fosse quello di "assicurarsi che venisse rispettata la legge"
Occorre, infatti, considerare che, fino alla riforma attuata con la legge 30 giugno 1912 n. 665 la quale introdusse il suffragio universale maschile (le prime elezioni politiche con la nuova legge si tennero il 26 ottobre 1913), il corpo elettorale era rappresentato da un'esigua minoranza della popolazione. La lotta politica non si svolgeva perciò fra partiti politici organizzati, ma fra consorterie e gruppi di interessi. Si tengano presenti i seguenti dati:
nel 1865, gli elettori erano il 2% della popolazione
nel 1890, gli elettori erano il 9% della popolazione
nel 1909, gli elettori erano l'8,3% della popolazione.
Soltanto nelle elezioni del 1913 gli aventi diritto al voto raggiunsero il 23,2% della popolazione. Pertanto, fino alla prima Guerra Mondiale, gli interventi dei Prefetti nelle elezioni si svolsero in assenza di partiti organizzati. Con la formazione dei partiti politici organizzati, gli interventi dei Prefetti non ebbero più spazio. Il Prefetto giolittiano è stato descritto da Gaetano Natale. Giovanni Giolitti, l'immane burocrate com'era soprannominato, avendo trascorso lunghi anni nell'Amministrazione pubblica, conosceva a perfezione la complessa macchina amministrativa per cui le istruzioni ai Prefetti furono sempre chiare e precise, come ricorda nelle sue memorie il Prefetto Amedeo Nasalli Rocca.
I Prefetti si sentirono perciò guidati da un esperto timoniere. Gaetano Natale ha scritto che Giolitti "mise il Prefetto di fronte alla questione sociale. Lo diresse a comprenderla ed a giudicarla nella sostanza più che nei riflessi politici".

1927 - 1956: Il Prefetto dal Fascismo alla Ricostruzione

L'"effetto Giolitti" sui membri della carriera prefettizia in particolare e, in generale, su tutta la burocrazia italiana è durato a lungo ed ha avuto l'effetto di preservare, almeno in parte, durante il periodo fascista, la Pubblica Amministrazione da eccessi e prevaricazioni perché i funzionari entrati in carriera durante il precedente periodo del liberalesimo giolittiano, si consideravano servitori dello Stato, piuttosto che del regime.
Lo ha testimoniato, nelle sue memorie, il socialista Giuseppe Romita che fu il primo Ministro dell'Interno nel secondo dopoguerra. Romita ha scritto: "I Prefetti [...] non erano stati così ben visti dai fascisti come si diceva. Effettivamente, taluni si erano posti a completo servizio del regime, ma altri, la maggioranza, avevano adempiuto al proprio dovere impedendo ai gerarchetti locali di compiere quelle prepotenze per le quali viceversa questi avevano una così profonda vocazione.
In una Italia divisa in due, la situazione dei Prefetti divenne ancora più complessa allorquando Mussolini, costituita la Repubblica Sociale (fine settembre '43), impartì a tutti i Prefetti che il Governo Badoglio aveva esonerato dall'Ufficio, la direttiva di riprendere immediatamente le loro funzioni nelle province ancora occupate dalle truppe tedesche.Nella stesura delle schede biografiche dei Prefetti in servizio nel decennio 1946/56, molti di loro risultavano già Prefetti nel periodo fascista o risultavano aver raggiunto gradi elevati nella carriera ed ancora incaricati di ricoprire incarichi nei settori più delicati della Pubblica Amministrazione e dello stesso Partito Nazionale Fascista (P.N.F.).
Nel ventennio fascista, risultano l'elevato grado di mobilità, l'accentuata precarietà della funzione, la capacita mirata del P.N.F. di scegliere gli uomini da nominare Prefetti ed ai quali affidare incarichi delicati, nonché i rapporti fra istituto prefettizio ed organismi del P.N.F. Il mutamento frequente di sede, come è noto, costituisce una caratteristica peculiare dell'istituto prefettizio ed evidenzia, a volte, correlazioni tra la sede ricoperta prima della nomina a Prefetto e quella di successiva assegnazione, anche alla luce della regione geografica di provenienza del funzionario o di eventuali legami con uomini politici locali.
La durata della permanenza in sede era in media di due anni e variava notevolmente in relazione all'importanza della sede stessa. Durante il ventennio per ciascuna sede si sono alternati in media 12 Prefetti, con variazioni che vanno da un minimo di 6 a Cremona ad un massimo di 20 a Caltanissetta. Ancor più interessante è notare, poi, la frequenza con la quale il Governo fascista ha fatto ricorso all'istituto dell'esonero temporaneo dalla funzione ed a quello del collocamento a riposo per ragioni di servizio. Raramente fu fatto uso degli istituti della disponibilità e dell'aspettativa e il collocamento a disposizione fu utilizzato come uno strumento ordinario di allontanamento temporaneo dall'ufficio.
Il collocamento a disposizione è stato da sempre considerato uno strumento "punitivo" al quale si ricollegava il conferimento di particolari incarichi. Spesso veniva utilizzato per rendere disponibili sedi da affidare eventualmente a Prefetti politici e, ancor più spesso, per allontanare il Prefetto in caso di contrasto con il locale Segretario Federale. Nonostante la circolare del Duce del 1927 ed il rispetto rigido del protocollo, che formalmente considerava il Prefetto come la prima Autorità locale, i Segretari Federali avevano sempre una corsia preferenziale per giungere al Capo del Governo.
Nel caso di contrasto con il Prefetto, in effetti, era sempre quest'ultimo ad essere allontanato proprio mediante il ricorso al collocamento a disposizione. I rapporti con i Segretari Federali risultavano, generalmente, assai difficili tanto che nel 1940 il Sottosegretario agli Interni Buffarini Guidi ritenne opportuno far chiamare nel Direttorio del P.N.F., un Prefetto anche se proveniente dai ranghi del Partito fascista il cui inserimento doveva servire come elemento moderatore nei rapporti fra Prefettura e Federazione fascista.La scelta cadde sul Prefetto Gaetani, persona gradita anche ai Prefetti di carriera.
Il collocamento a disposizione o a riposo venne spesso usato anche nei confronti di quei Prefetti che non erano in linea con la "politica fascista". È il caso, ad esempio, del Prefetto Achille De Martino collocato a disposizione nel novembre '27 ed a riposo per ragioni di servizio nel dicembre '27, dei Prefetti Paolo Bodo, Ottavio Gabetti, Furio Petroni, Giuseppe Spano ed anche di Marcello Tallarigo, proveniente dal P.N.F, che fu Prefetto di Taranto dal febbraio '38 all'agosto '39. Nel periodo in cui rivestì tale incarico egli sciolse il Rettorato, allontanò il Preside e chiese al Segretario del Partito l'allontanamento del Segretario Federale. La conseguenza fu la nomina a Prefetto (Varese) del Segretario Federale Giuseppe Russi ed il collocamento a disposizione del Direttorio del P.N.F., di Tallarigo, che vi rimase, però, un solo mese.
È il Prefetto Petroni ad individuare concretamente nel rapporto fra Segretario Federale - Direzione del Partito - Ministero dell'Interno il meccanismo per giungere ad influenzare i singoli Prefetti. Il controllo delle province, elemento su cui il Capo del Governo puntava per consolidare il regime, portò inevitabilmente a contrasti con i dirigenti locali del partito. Il Governo si trovò così - e questo fu uno dei motivi che portarono alla diramazione della circolare del 1927 - da un lato a far leva sul corpo prefettizio per assicurare la presenza dello Stato nelle province e, dall'altro, ad evitare condizionamenti da parte dei Segretari Federali, senza peraltro contrastarne l'operato.
Il collocamento a disposizione, per la sua durata (3 anni) - pur non rappresentando un valido mezzo di ricambio del corpo prefettizio in quanto il posto reso vacante non poteva essere utilizzato - rispondeva pienamente alle esigenze del Governo.
Il collocamento a riposo per ragioni di servizio finì, invece, per divenire lo strumento ordinario di rimozione dei Prefetti, necessario a consentire quel ricambio che il Governo perseguiva da tempo. Si instaurò, così, la prassi di collocare a riposo per ragioni di servizio tutti i Prefetti - salvo alcune eccezioni - al compimento del 35° anno di servizio. L'avvicendamento continuo messo a punto dal P.N.F., attraverso la scelta degli uomini, (che ebbe inizio nel novembre 1922, proseguì nel 1923 e nel 1926 per culminare nel vasto movimento del 1929) risulta essere stato ispirato più dall'esigenza di creare un corpo prefettizio di fede fascista che dalle necessità reali delle province.
Questa incessante opera, se pur lenta e graduale, ebbe il suo momento culminante nel luglio del 1929 quando 67 Prefetti furono avvicendati con 37 trasferimenti di sede, 17 nomine, 19 collocamenti a riposo e 46 a disposizione. A questo movimento furono interessati 17 Prefetti politici, 8 dei quali di prima nomina. E non mancano casi di Prefetti che hanno operato in due distinti e contrastanti periodi come quello liberale e quello fascista, o quello fascista e quello repubblicano.
La necessità primaria di Mussolini era quella di assicurare la continuità rispetto al vecchio Stato liberale, di controllare l'opposizione (avversari politici) e di rafforzare il potere esecutivo; in una parola ottenere il consolidamento del fascismo. Lo strumento più idoneo allo scopo fu individuato nell'istituto prefettizio. La scelta si scontrò con le gerarchie del partito uscite rafforzate dalla marcia su Roma e desiderose di vedere realizzate le loro aspettative di comando. Mussolini cercò di risolvere la questione, come si è visto, con un innesto di fascisti nel tessuto istituzionale.
Il Prefetto si riconfermava, almeno formalmente, la massima autorità della provincia ma i contrasti con il Segretario Federale non solo rimasero ma si accentuarono. Il problema non fu risolto neanche con la nomina a Prefetto di esponenti del Partito ma anzi, conseguentemente, si verificò un aumento delle pressioni di quest'ultimo sulle nomine a Prefetto. Questa fu una delle motivazioni che portarono alla normativa del 1937 che limitò numericamente la scelta dei Prefetti politici (2/5 dei posti in organico). È stato sostenuto da parte degli studiosi che la "fascistizzazione" della burocrazia non avvenne in conseguenza dell'immissione nei ruoli prefettizi dei dirigenti di Partito, o di persone ad esso vicine, ma piuttosto per l'adesione, anche se graduale, della burocrazia al regime.
Quest'ultimo fatto e l'adozione della normativa del '37 dimostrano quanto Mussolini fosse poco preoccupato dagli orientamenti politici dei Prefetti in carriera. Ma è sostenibile - e taluni lo dimostrano - che la "fascistizzazione" ci fu e fu massiccia. Lo testimonierebbe anche il numero di nuovi Prefetti di sicura fede politica e ne sarebbe la dimostrazione il rapporto fra Prefetti di carriera e quelli di provenienza politica nonché l'importanza degli incarichi ricoperti da questi ultimi.
Nell'intento di mettere chiaramente in evidenza il legame con il P.N.F. nelle schede biografiche sono state evidenziate tutte le benemerenze fasciste riconosciute, l'eventuale iscrizione al P.N.F., prima che divenisse obbligatoria, nonché notizie riferite ai procedimenti di epurazione e, nel tentativo di individuare i motivi che determinarono la nomina a Prefetto, i legami con il Partito e le cariche ricoperte prima dell'incarico. Dei 332 Prefetti nominati nel ventennio, 102 erano di provenienza politica e fra questi 67 avevano ricoperto la carica di Segretario Federale.La concentrazione più alta si ebbe nel l940 quando su una dotazione organica di 110 Prefetti 67 non erano di carriera.

DAL 1950 AI NOSTRI GIORNI: L'EVOLUZIONE DEL PREFETTO NELL'AMBITO DELLA TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO ITALIANO

Massimo organo amministrativo periferico, terminale politico-operativo dell'apparato della sicurezza, agente elettorale del governo, motore della vita economica e sociale della provincia, tutore dell'ente locale, il prefetto non pare risentire, ancora negli anni '50 e '60, della progressiva crisi dell'Amministrazione dell'Interno determinata dall'estendersi dei compiti dello Stato e dalla conseguente crescita del numero delle amministrazioni dello Stato e con lo spostamento del baricentro del governo in favore della Presidenza del Consiglio.
La Costituzione non nomina mai l'organo mentre prevede un Commissario del governo. Subito dopo, la legge 8 marzo 1949, n. 277 riformula l'art. 19 del t.u.l.com.prov. 1934 mantenendo il riconoscimento formale della posizione di eminenza del Prefetto rispetto alle altre cariche amministrative periferiche in virtù del riconoscimento della rappresentanza dell'esecutivo nella provincia e, conseguentemente, il carattere tendenzialmente "generale" del campo delle attribuzioni. Vengono meno, tuttavia, molti dei compiti più incidenti presenti nella precedente formulazione dell'art. 19.
L'unico settore di competenza che rimane integro è quello della sicurezza pubblica, anche in relazione al rilevante potere di cui all'art. 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.), concernente l'amplissima facoltà del Prefetto di adottare atti contingibili e urgenti per esigenze di sicurezza pubblica. Contemporaneamente, tuttavia, il nuovo testo dell'art. 19 cancella ogni ingerenza "tutoria" del prefetto sulla vita amministrativa degli Enti Locali (secondo una linea di tendenza che parte dall'art. 5 Cost. e che verrà trasfusa nel nuovo ordinamento delle autonomie locali), mentre forti resistenze si oppongono alla primazia prefettizia sugli altri uffici periferici dell'amministrazione dello Stato.
In realtà, ogni discorso sull'istituto prefettizio, quale esso oggi è, non può che essere ricostruito partendo dalla rappresentanza del governo e, conseguentemente, dal carattere "generale", aperto delle attribuzioni prefettizie. È questo l'elemento fondamentale delle varie competenze, anche minute, del Prefetto. Tale impostazione (che non presuppone, ovviamente, una astratta "gerarchia" tra le competenze) discende direttamente dalla tradizione storica dell'istituto, che si è sempre caratterizzato in primo luogo come il referente istituzionale delle istanze statuali unitarie a livello locale.
D'altro canto, tale assunto di base ha trovato, specialmente nell'ultimo quinquennio, più di una conferma nella legislazione speciale che ha affidato al Prefetto nuove competenze ovvero ha recuperato allo stesso ambiti di operatività, sviluppando le formulazioni precettive generali di cui all'art. 19 del t.u.l.com.prov. 1934: è questo il caso dei Comitati Provinciali della Pubblica Amministrazione e dei comitati metropolitani; delle nuove funzioni in materia di droga, scioperi nei servizi pubblici essenziali, antimafia, statistica; della ricostruzione del ruolo del Prefetto rispetto alle autonomie territoriali. Del resto, se è indiscutibile che all'indomani della regionalizzazione del 1970 il prefetto era entrato in una sorta di "cono d'ombra" istituzionale, si deve registrare come, a partire dagli anni '80, sia emersa nel contesto sociale una forte domanda di efficienza dello strumento amministrativo.
Nella ricerca di un punto di coagulo tra Amministrazione, servizi e utenza che fosse più vicino, anche fisicamente, alle istanze dei cittadini - ad un livello dunque substatale e subregionale - il carattere fortemente multipolare del sistema amministrativo periferico e locale ha portato ad una riscoperta significativa della presenza del Prefetto, caricandola di rinnovate valenze operative.Tale processo non si è, peraltro, accompagnato alla necessaria riflessione su possibili assetti più avanzati nel rapporto Stato-Regioni-Autonomie locali. In realtà, rimane ineludibile il problema del rapporto tra l'istituto prefettizio e la più generale questione istituzionale.
In altri termini, ritorna il tema della qualità della presenza del Prefetto in uno Stato a forte caratterizzazione decentrata se non, in prospettiva, federale. L'immagine generalista del Prefetto rimane un dato indiscusso ed anzi, come si è detto, consolidato dal punto di vista normativo.
Esso conferisce essenzialità ed attualità al ruolo del Prefetto come organo di "chiusura" dell'ordinamento, come soggetto che assicura comunque una sorta di supplenza istituzionale ed è chiamato a gestire, ove necessario, momenti di difficoltà o patologici del sistema.In questo contesto, il destino del Prefetto può quindi scindersi dalla questione istituzionale. A ben vedere, nulla esclude che, pur in un contesto di marcato decentramento, il Prefetto possa continuare a rappresentare il nucleo centrale per la riaggregazione delle funzioni statali decentrate, ora disperse e frantumate e, nel contempo, servire da cerniera tra centro e periferia e, soprattutto, nel rapporto tra lo Stato e il sistema delle Autonomie Locali.
Si pensi ai tanti piccoli comuni i quali, ove non adeguatamente supportati dal livello centrale, rischiano una condizione di isolamento istituzionale che ridonderebbe nella sostanziale negazione del principio costituzionale dell'autonomia. Rispetto all'opzione federalista la presenza del Prefetto può, perciò, trovare legittimazione proprio in virtù del principio di sussidiarietà, enunciato dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, che - com'è noto - intende introdurre nel sistema attuale una sorta di federalismo amministrativo a Costituzione invariata, ove si consideri che il carattere multipolare dell'Amministrazione Pubblica inevitabilmente richiede un momento di coesione a livello locale, un punto di riaggregazione delle residue funzioni statali decentrate, assicuri l'efficienza dell'azione amministrativa.
I problemi che l'Amministrazione oggi è costretta ad affrontare anche a livello locale sono di portata così vasta, soprattutto in materia economica, che essi non possono essere risolti se non mediante un collegamento efficace con l'articolazione complessiva degli interventi. Anche nella prospettiva di uno Stato delle Autonomie bisogna tener conto della sempre crescente necessità di un intervento statale nelle scelte decisive nell'ambito produttivo, sociale e politico.
Non è possibile ormai condurre a compimento una qualunque iniziativa di rilievo, specie se rivolta a soddisfare esigenze e spinte locali e settoriali, se non tramite il ricorso sempre più largo all'azione pubblica complessiva, collegando, cioè, il "particolare" al "generale".Tutto ciò pone, quindi, l'esigenza di un organismo non di semplice rappresentanza, ma di effettivo collegamento e mediazione, che sia in grado di fornire in sede centrale un quadro di riferimento obiettivo e preciso per l'intervento del governo. La nuova dimensione che il prefetto andrà a configurare si riconduce alla formula di Amministrazione generale che già lo caratterizzò nel periodo post-unitario e che oggi ritorna, con un'accezione moderna, in consonanza con l'esigenza di disporre in periferia di un polo unificante di realtà politico-amministrative che, seppure distinte, convergono verso scopi comuni.
Le profonde trasformazioni che il sistema amministrativo italiano sta subendo in questi anni coinvolgono la figura del Prefetto, incidendo direttamente o indirettamente, ma comunque sempre in modo significativo, sulla portata delle sue funzioni e sulla dimensione del suo ruolo. In un'amministrazione sempre più complessa, caratterizzata dalla settorializzazione e dalla verticalizzazione degli apparati, l'esigenza primaria per raggiungere livelli adeguati di efficienza è quella di rendere l'azione degli uffici pubblici sempre più vicina ai cittadini, favorendone la partecipazione e, comunque, snellendo le procedure.
L'affastellarsi di competenze eterogenee impegna il Prefetto sui più disparati campi sollecitandolo ad una maggiore attenzione al "sociale", ora riportandolo alla tutela della sicurezza (anche se in forme aggiornate), ora chiedendogli una complessa opera di ricucitura del tessuto amministrativo statale periferico e di questo con il sistema dei poteri e delle Autonomie Locali.


Da: !!!15/12/2008 17:30:35
DECRETO 4 giugno 2002, n. 144
Regolamento recante la disciplina del concorso pubblico di accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia.

Capo I
Disposizioni di carattere generale

IL MINISTRO DELL'INTERNO

di concerto con

IL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA

  Visto  l'articolo  4,  comma  2,  del decreto legislativo 19 maggio 2000,  n.  139, che demanda ad apposito regolamento la disciplina del concorso  pubblico  di accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia;
  Visto l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
  Udito il parere del Consiglio di Stato - Sezione consultiva per gli atti normativi, reso nell'adunanza del 6 maggio 2002;
  Effettuata   la  comunicazione  al  Presidente  del  Consiglio  dei Ministri,  ai  sensi  dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

A d o t t a

il seguente regolamento:

Art. 1.
Accesso alla carriera prefettizia

  1.  Alla  qualifica  iniziale  della carriera prefettizia si accede mediante  concorso  pubblico  a  carattere  nazionale,  per titoli ed esami.
  2.  Il  bando  di  concorso  e'  emanato  con  decreto del Capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali e pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica italiana. Il decreto indica le modalita'  di svolgimento del concorso, i requisiti di ammissione, il diario  e  le  sedi  della  prova preselettiva e delle prove d'esame, scritte  ed orali, i titoli valutabili ai fini della formazione della graduatoria,  le  modalita'  della loro presentazione, le percentuali dei posti riservati.
  3.  La  determinazione  del  numero dei posti messi a concorso puo' essere  effettuata  anche  sulla  base  dei  posti  che si renderanno disponibili  entro l'anno in cui e' indetto il concorso e nel biennio successivo.

     
                  Note alle premesse:

              -   Il   testo   dell'art.  4,  comma  2,  del  decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139 "Disposizioni in materia  di   rapporto  di  impiego  del  personale  della  carriera  prefettizia,  a  norma  dell'art.  10 della legge 28 luglio 1999, n. 266" e' il seguente:
              "2. Al concorso sono ammessi i candidati in possesso di laurea specialistica.  Con  regolamento  da  emanare  con  decreto  del  Ministro  dell'interno,  di  concerto  con il Ministro  per  la  funzione  pubblica, entro sei mesi dalla  data  di  entrata  in  vigore del  presente  decreto, sono indicati  la  classe di appartenenza dei corsi di studio ad indirizzo giuridico, economico e storico-sociologico per il conseguimento  della  laurea  specialistica  prescritta per l'ammissione  al  concorso,  nonche'  i  diplomi di laurea, utili  ai  medesimi  fini, rilasciati secondo l'ordinamento didattico  vigente  prima  del  suo  adeguamento  ai  sensi dell'art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e delle sue disposizioni  attuative.  Con  lo  stesso regolamento  sono,  altresi', stabilite le forme  di  preselezione per la partecipazione al concorso, le prove d'esame,  scritte e orali, le prime in numero non inferiore  a quattro, le modalita'  di svolgimento del concorso, di composizione della commissione giudicatrice e di formazione  della   graduatoria,   e  sono  individuati  i  diplomi  di  specializzazione  ed  i  titoli  di  dottorato  di  ricerca valutabili ai fini della formazione della graduatoria.".
              -  Il testo dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400  "Disciplina  dell'attivita'  di  Governo e ordinamento della   Presidenza   del  Consiglio  dei  Ministri"  e'  il  seguente:
              "Art.   17.   (Regolamenti).   -  1.  Con  decreto  del Presidente   della  Repubblica,  previa  deliberazione  del Consiglio  dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di  Stato  che  deve  pronunziarsi  entro  novanta giorni dalla richiesta, possono  essere emanati regolamenti per disciplinare:
                a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonche' dei regolamenti comunitari;
                b) l'attuazione  e  l'integrazione  delle leggi e dei  decreti  legislativi  recanti  norme  di principio, esclusi  quelli relativi a  materie  riservate  alla  competenza  regionale;
                c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi  o  di  atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
                d) l'organizzazione   ed   il   funzionamento delle amministrazioni  pubbliche  secondo le disposizioni dettate dalla legge.
              2.  Con decreto del Presidente della Repubblica, previa  deliberazione   del  Consiglio  dei  Ministri,  sentito  il Consiglio  di  Stato,  sono  emanati  i  regolamenti per la  disciplina  delle  materie, non coperte da riserva assoluta  di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi  della  Repubblica,  autorizzando l'esercizio della potesta'  regolamentare  del  Governo, determinano le norme generali  regolatrici  della materia e dispongono l'abrogazione delle norme  vigenti,  con  effetto  dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
              3.  Con  decreto  ministeriale  possono essere adottati  regolamenti  nelle  materie di competenza del Ministro o di  autorita'  sottordinate al  Ministro,  quando  la  legge  espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per  materie  di  competenza  di  piu'  Ministri, possono essere  adottati  con  decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
          I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono  dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati  dal  Governo.  Essi debbono essere comunicati al Presidente  del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
              4.  I  regolamenti  di  cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali  ed  interministeriali,  che  devono recare la denominazione di "regolamento , sono adottati previo parere del  Consiglio  di  Stato,  sottoposti  al  visto  ed  alla registrazione  della  Corte  dei  conti  e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale".
              4-bis.  L'organizzazione  e  la disciplina degli uffici  dei  Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai  sensi  del  comma  2,  su  proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con  il Ministro del tesoro, nel rispetto dei principi posti dal decreto  legislativo  3 febbraio  1993, n. 29, e successive modificazioni,  con  i  contenuti  e  con  l'osservanza dei  criteri che seguono:
                a) riordino  degli  uffici  di diretta collaborazione  con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive  competenze  di  supporto  dell'organo  di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;
                b) individuazione  degli uffici di livello dirigenziale  generale,  centrali  e  periferici,  mediante diversificazione  tra  strutture  con funzioni finali e con funzioni  strumentali  e  loro  organizzazione per funzioni omogenee  e  secondo criteri di flessibilita' eliminando le duplicazioni funzionali;
               c) previsione  di  strumenti  di  verifica  periodica dell'organizzazione e dei risultati;
               d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
               e) previsione  di  decreti ministeriali di natura non  regolamentare  per  la definizione dei compiti delle unita'  dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali.".

Art. 2.

Requisiti di ammissione al concorso

  1.  Per l'ammissione al concorso pubblico di accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia, i candidati debbono risultare in possesso,  alla  data  di  scadenza  del  termine  stabilito  per  la presentazione delle domande, dei seguenti requisiti:
    a) cittadinanza italiana;
    b) eta'   non   superiore  a  quella  stabilita  dal  regolamento adottato,  ai sensi del comma 6 dell'articolo 3 della legge 15 maggio 1997, n. 127, con decreto ministeriale del 23 luglio 1999, n. 357;
    c) qualita'  morali  e  di  condotta di cui all'articolo 26 della legge 1 febbraio 1989, n. 53;
    d) laurea  specialistica  conseguita  presso un'universita' della Repubblica   italiana   o   presso   altro   istituto  di  istruzione universitaria  equiparato,  appartenente ad una delle seguenti classi di  cui  al  decreto  del  Ministro  dell'universita' e della ricerca scientifica   e   tecnologica   28 novembre   2000,   pubblicato  nel supplemento  ordinario  alla  Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2001: giurisprudenza, scienze della politica, scienze delle pubbliche amministrazioni,  scienze dell'economia, sociologia, programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali, storia contemporanea, studi europei.
  2.  Ai  concorsi  banditi  dopo l'entrata in vigore del regolamento sono  ammessi  a  partecipare  i  candidati, anche se in possesso dei diplomi di laurea in giurisprudenza, in scienze politiche, in scienze dell'amministrazione,  in economia e commercio, in economia politica, in  economia  delle  amministrazioni  pubbliche  e  delle istituzioni internazionali,   in  sociologia  o  in  storia,  rilasciati  secondo l'ordinamento  didattico  vigente prima del suo adeguamento, previsto dall'articolo 17,  comma 95  della  legge  15 maggio 1997, n. 127. La disposizione  si  applica nei dieci anni successivi alla scadenza del termine fissato dall'articolo 1, comma 3, del decreto ministeriale di cui  al  precedente  comma  1,  lettera d), entro il quale gli atenei dovranno definire gli ordinamenti didattici dei corsi di studio.

     
                  Note all'art. 2, comma 1:
              -  Il testo dell'art. 3, comma 6, della legge 15 maggio 1997, n. 127   "Misure   urgenti   per  lo  snellimento dell'attivita'   amministrativa   e   dei  procedimenti  di  decisione e di controllo" e' il seguente:
              "6.  La partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche  amministrazioni  non  e'  soggetta  a limiti di eta', salvo  deroghe  dettate  da    regolamenti delle singole           amministrazioni  connesse  alla  natura  del  servizio o ad oggettive necessita' dell'amministrazione.".
              -  Il  decreto  del Ministro dell'interno del 29 luglio 1999,  n. 35 reca: "Regolamento recante norme sui limiti di eta' per la partecipazione ai concorsi pubblici di accesso ai ruoli del personale della carriera prefettizia".
              "Art. 1 (Limite superiore di eta' per la partecipazione  al  concorso)  -  1.  Per  l'ammissione  al concorso per la carriera  prefettizia e' richiesta una eta' non superiore a trentacinque anni.

              Art.  2 (Elevazione del limite superiore di eta' per la partecipazione  al  concorso)  -  1.  Il  limite di eta' di trentacinque anni e' elevato:
                a) di un anno per gli aspiranti coniugati;
                b) di un anno per ogni figlio vivente;
                c) di cinque anni per coloro che sono compresi fra le categorie  elencate  nella  legge  2 aprile 1968, n. 482, e successive  modifiche e integrazioni, e per coloro ai quali e' esteso lo stesso beneficio;
                d) di   un   periodo   pari   all'effettivo  servizio prestato,  comunque  non superiore a tre anni, a favore dei cittadini  che  hanno prestato servizio militare volontario di leva  e  di  leva prolungata,  ai  sensi  della  legge 24 dicembre 1986, n. 958.
              2.  Nelle  ipotesi  di cui al comma 1 il limite massimo non puo'  comunque  superare,  anche  in caso di cumulo di benefici, i quaranta anni di eta'. Lo stesso limite massimo e'  applicabile ai candidati che siano dipendenti civili di  ruolo  della  pubblica  amministrazione,  agli  ufficiali o sottufficiali dell'Esercito, della Marina o dell'Aeronautica  cessati  d'autorita'  o  a  domanda; agli ufficiali, ispettori, sovrintendenti, appuntati,  carabinieri  e  finanzieri in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri  e  del  Corpo  della  guardia di finanza, nonche' alle corrispondenti qualifiche negli altri corpi di polizia.".
                -  Il testo dell'art. 26 della legge 1 febbraio 1989, n.  53  "Modifiche  alle  norme  sullo  stato  giuridico  e sull'ordinamento   dei   vicebrigadieri,   dei  graduati  e militari  di  truppa  dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di  finanza,  nonche' disposizioni relative alla Polizia di Stato, al Corpo degli agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato", e' il seguente:
              "Art.  26.  Per  l'accesso ai ruoli del personale della Polizia  di  Stato  e delle altre Forze di polizia indicate dall'art.  16  della  legge  1  aprile  1981,  n.  121,  e' richiesto  il  possesso delle qualita' morali e di condotta stabilite  per  l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria".
              -  Le  classi  di  lauree specialistiche, indicate alla  lettera  d), sono quelle contenute nelle tabelle n. 22, 57, 64, 70, 71, 89, 94 e 99 allegate al decreto del Ministro dell'universita'  e della ricerca scientifica e tecnologica del 28 novembre 2000.

          Note all'art. 2, comma 2:
              -  Il  testo  dell'art.  17,  comma  95, della legge 15 maggio 1997 "Misure urgenti per lo snellimento  dell'attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" e' il seguente:
              "95.  L'ordinamento degli studi dei corsi universitari,  con  esclusione  del  dottorato di ricerca, e' disciplinato dagli  atenei, con le modalita' di cui all'art. 11, commi 1 e 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, in conformita' a criteri  generali  definiti,  nel  rispetto della normativa comunitaria  vigente in materia, sentiti  il  Consiglio universitario   nazionale  e  le  Commissioni  parlamentari competenti, con uno o piu' decreti  del  Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto  con altri Ministri interessati, limitatamente ai  criteri  relativi  agli  ordinamenti  per  i  quali  il medesimo  concerto  e'  previsto  alla  data  di entrata in vigore  della  presente  legge,  ovvero da disposizioni dei commi  da  96 a 119 del presente articolo. I decreti di cui  al presente comma determinano altresi':
                a) con riferimento ai corsi di cui al presente comma, accorpati per aree omogenee, la durata, anche eventualmente comprensiva del percorso formativo gia' svolto, l'eventuale serialita'  dei  predetti  corsi e dei relativi titoli, gli obiettivi formativi  qualificanti,  tenendo  conto  degli sbocchi  occupazionali  e  della  spendibilita'  a  livello internazionale, nonche' la previsione di nuove tipologie di corsi e di titoli  universitari,  in  aggiunta  o in sostituzione a quelli determinati dagli art. 1, 2, 3, comma 1 e 4, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, anche modificando gli ordinamenti e la durata di quelli di cui al decreto   legislativo 8 maggio 1998, n. 178, in corrispondenza di  attivita' didattiche di base, specialistiche,  di  perfezionamento  scientifico,  di alta formazione permanente e ricorrente;
                b)  modalita'  e  strumenti  per l'orientamento e per favorire la mobilita' degli studenti, nonche' la piu' ampia informazione sugli ordinamenti degli studi, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici;
                c)  modalita'  di attivazione da parte di universita' italiane, in collaborazione con atenei stranieri, dei corsi universitari, di cui al presente comma, nonche'  di dottorati  di ricerca, anche in deroga alle disposizioni di cui  al  Capo  II del Titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382".
              -  Il  testo  dell'art.  1,  comma  3,  del decreto del Ministro  dell'universita'  e  della  ricerca scientifica e tecnologica  del  28 novembre  2000  "Determinazioni  delle classi  delle  lauree  universitarie specialistiche", e' il  seguente:
                "3.  l regolamenti didattici di ateneo, disciplinanti gli ordinamenti didattici dei corsi di studio, sono redatti in conformita' alle  disposizioni  del  citato  decreto ministeriale  e  del  presente  decreto entro 18 mesi dalla data di  pubblicazione  di  quest'ultimo  nella  Gazzetta Ufficiale.".


Art. 3.

Riserva di posti

  1.  Per  la riserva del dieci per cento dei posti messi a concorso, si  applicano  le  disposizioni dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139.

                  Note all'art. 3:
              -   Il   testo   dell'art.  4,  comma  4,  del  decreto  legislativo 19 maggio 2000, n. 139 "Disposizioni in materia di rapporto  di  impiego  del  personale  della  carriera prefettizia,  a  norma  dell'art.  10 della legge 28 luglio 1999, n. 266", e' il seguente:
                "4.  Nel  concorso  il  dieci  per cento dei posti e' riservato ai dipendenti dell'amministrazione civile dell'interno  inquadrati nell'area funzionale C in possesso di  una  delle  lauree  indicate  agli  specifici  fini dal  decreto  del Ministro dell'interno di cui al comma 2, e con almeno due anni  di  effettivo  servizio  in  posizione funzionale  per  il cui accesso e' richiesto il possesso di uno  dei  medesimi  titoli di studio. l posti riservati non utilizzati  a  favore  dei candidati interni sono conferiti agli idonei.".

    

Art. 4.

Commissione giudicatrice

  1. La  commissione  giudicatrice del concorso, nominata con decreto del   Ministro   dell'interno,   e'   presieduta   da  un  magistrato amministrativo  con  qualifica non inferiore a Consigliere di Stato o da  un  Prefetto, ed e' composta dal Direttore della Scuola Superiore dell'Amministrazione  dell'interno,  di  due  viceprefetti  e  di due professori  di  ruolo di universita' statali o equiparate, docenti di discipline incluse nel programma di esame.
  2.  La  commissione e' integrata da uno o piu' esperti nelle lingue straniere  comprese  nel  programma  di  esame  e  da  un  esperto di informatica.
  3.  Le  funzioni  di  segretario sono svolte da un funzionario, con qualifica   di   viceprefetto   aggiunto,   in   servizio  presso  il Dipartimento per gli affari interni e territoriali.
  4.  I componenti della commissione possono essere nominati anche se collocati  a  riposo,  purche'  da non oltre un triennio alla data di nomina della commissione.

    

Art. 5.

Disposizioni in favore di alcune categorie di candidati

  1.  I  candidati  affetti  da patologie limitatrici della autonomia sono  assistiti,  nell'espletamento  della prova preselettiva e delle prove  scritte,  anche  da  personale  del  Ministero dell'interno in possesso   di   laurea   in   materie   diverse  da  quelle  indicate nell'articolo  2  o  di  diploma di scuola media superiore di secondo grado.
  2.  Per  i  portatori di handicap che ne abbiano fatto richiesta il tempo  previsto  dagli articoli 9 e 11 per l'espletamento della prova preselettiva e delle prove scritte e' aumentato fino ad un massimo di un quarto.

    


Capo II
Forme di preselezione

Art. 6.

Prova preselettiva

  1.  L'ammissione  dei  candidati  alle prove scritte e' subordinata allo  svolgimento di una prova preselettiva. La preselezione consiste in  quesiti  a  risposta  multipla diretti ad accertare la conoscenza delle    seguenti   discipline:   diritto   costituzionale,   diritto amministrativo,   diritto   civile,   diritto  comunitario,  economia politica e storia contemporanea. Il questionario a risposta sintetica dovra'  inoltre  contenere quesiti attinenti alla cultura generale in relazione  all'evoluzione  della  societa'  contemporanea,  volti  ad accertare  l'attitudine  del  candidato  ad  affrontare  e  risolvere problemi concreti connessi con la funzione di governo sul territorio.
La prova preselettiva non concorre alla formazione del voto finale di merito.
  2.  Sulla  base dei risultati della prova preselettiva e' ammesso a sostenere  le  prove  scritte  di  cui  all'articolo 11  un numero di candidati pari a cinque volte i posti messi a concorso. Sono comunque ammessi  i candidati che hanno conseguito un punteggio uguale al piu' basso  risultato  utile  ai  fini dell'ammissione secondo il suddetto criterio.
  3.  Qualora  il  numero  dei  candidati lo richieda, l'espletamento della  prova  preselettiva  puo' aver luogo in piu' sedi decentrate a livello   regionale  o  interregionale.  Con  decreto  del  Capo  del Dipartimento  per  gli  affari  interni  e  territoriali  puo' essereattribuita  agli  uffici  territoriali del Governo l'attuazione della fase   concorsuale   relativa   alla   ricezione   delle  domande  di partecipazione  ed allo svolgimento della prova preselettiva. In tale ipotesi,   ferme   restando   le   attribuzioni   della   commissione giudicatrice,  sono  costituiti  per  ogni sede di espletamento della prova preselettiva appositi comitati di vigilanza con le modalita' di cui  ai  commi 7 e 8 dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.

     
                  Note all'art. 6:
              -  Il  testo  dell'art. 9, commi 7 e 8, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994,  n.  487
          "Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalita' di svolgimento dei concorsi,  dei  concorsi  unici  e  delle  altre  forme  di ammissione ai pubblici impieghi", e' il seguente:
                "7.  Quando  le  prove  scritte abbiano luogo in piu'  sedi,  si  costituisce  in  ciascuna  sede  un  comitato di vigilanza, presieduto da un membro della commissione ovvero da   un   impiegato  dell'amministrazione  di  qualifica  o  categoria  non  inferiore  all'ottava,  e costituita da due impiegati  di  qualifica  o  categoria  non  inferiore alla settima  e  da  un  segretario  scelto tra gli impiegati di  settima o sesta qualifica o categoria.
                8.  Gli  impiegati  nominati  presidente e membri dei comitati  di  vigilanza  sono scelti fra quelli in servizio nella  sede di esame, a meno che, per giustificate esigenze di  servizio,  sia  necessario  destinare  a  tale funzione impiegati residenti in altra sede.".

    

Art. 7.

Modalita' di predisposizione dei quesiti  e di attribuzione dei relativi punteggi

  1.  Nell'archivio  informatico, previsto dal successivo articolo 8, viene  inserito  un  numero  di  quesiti vertenti nelle materie sulle quali  si  svolge  la  preselezione, in ragione di 1.000 per ciascuna
disciplina.
  2. La formulazione dei quesiti e' curata dal Ministero dell'interno per   il   tramite   della   Scuola   superiore  dell'amministrazione dell'interno,  avvalendosi di societa' specializzate e di istituti di ricerca,  operanti nel settore della selezione e della formazione del personale.
    3. Ciascun quesito viene elaborato predisponendo un'unica domanda seguita  da  4  risposte, delle quali solo una e' esatta. Le risposte sono  numerate  da  1  a  4.  La  posizione  della risposta esatta e' determinata  dal sistema automatizzato. I quesiti sono formulati come domande  dirette,  cui  deve  corrispondere  una, e una sola, delle 4 risposte, e sono suddivisi per materia e per grado di difficolta'. La classificazione  dei quesiti e il raggruppamento per materia mirano a garantire  che  a  ciascun  candidato  venga  assegnato  un numero di domande di pari difficolta'.
  4.  I  quesiti  hanno  un  grado  di  difficolta'  di  1, 2 e 3, in relazione alla natura della domanda che e' rispettivamente facile, di difficolta' media, e difficile. Il grado di difficolta' e la relativa numerazione  vengono  attribuiti in sede di formazione dell'archivio, di  cui all'articolo 8, dagli organi ad esso preposti. L'attribuzione del   punteggio  alle  singole  risposte  e'  differenziata,  secondo l'indice  statistico riportato nella tabella allegata, in rapporto al grado di difficolta' della domanda.

    

Art. 8.

Archivio informatico dei quesiti

  1.  Lo  svolgimento  della  preselezione  e' informato a criteri di imparzialita'  e  trasparenza.  A  tal  fine  e' istituito, presso il Centro  elaborazione  dati  del  Ministero  dell'interno, un archivio informatico  nel quale vengono inseriti i quesiti di cui all'articolo 7.   I   quesiti   vengono  pubblicati  quarantacinque  giorni  prima dell'inizio   dello   svolgimento  della  prova  preselettiva.  Fatta eccezione  per  la  pubblicazione  dei  quesiti, e' garantita la piu' rigorosa  segretezza  di  tutte  le fasi preparatorie della procedura concorsuale.
  2.  Per  la realizzazione degli scopi di cui al precedente comma 1, e' istituita con decreto ministeriale, una commissione presieduta dal Direttore  centrale  per  le  risorse  umane del Dipartimento per gli affari  interni  e  territoriali, e composta del Direttore del centro elaborazione  dati,  di  un rappresentante del collegio preposto alla direzione  del servizio del controllo interno, e di un rappresentante dell'Ispettorato generale di amministrazione.
  3.  La commissione dura in carica per un triennio ed e' rinnovabile per un periodo di uguale durata.
  4.  Oltre ai compiti indicati nel comma 1, la commissione di cui al comma  2  vigila  sullo  svolgimento di tutte le fasi connesse con la predisposizione  dei  quesiti e sul loro inserimento nell'archivio, e provvede,  d'intesa  con  la  Scuola  superiore  dell'amministrazione dell'interno,    all'aggiornamento    dei    quesiti,   verificandone l'attualita' all'esito dello svolgimento di ogni prova concorsuale.

    

Art. 9.

Svolgimento della prova preselettiva

  1.  La  prova preselettiva e' effettuata per gruppi di candidati in numero  non  superiore  a  cinquecento  per ciascuna sessione, divisi secondo  l'ordine  alfabetico del loro cognome, in base al calendario indicato nel bando.
  2. Dopo l'ingresso dei candidati nei locali ove si svolge la prova, la   commissione   giudicatrice   provvede   alla  distribuzione  dei questionari,  dopo averne disposto la selezione automatica tra quelli contenuti   nell'archivio  di  cui  all'articolo  8.  I  questionari, stampati  su  moduli  a  lettura ottica, sono contenuti in confezioni individualmente  sigillate,  la cui apertura contestuale da parte dei candidati  e' autorizzata dalla commissione. E' disposta l'esclusione dalla  prova  del  candidato  che abbia aperto il plico contenente il questionario prima della autorizzazione della commissione.
  3.  A  ciascun  candidato sono assegnati 210 quesiti vertenti sulle discipline  indicate  nell'articolo 6,  in ragione di 30 per ciascuna materia,  con  tempo massimo per la risposta di 240 minuti. I quesiti da  sottoporre  ai  candidati  sono  individuati  mediante  procedura automatizzata,  tenendo  conto  dell'esigenza di ripartire egualmente l'incidenza  del  grado  di  difficolta' della domanda. A tal fine le domande  facili  rappresentano  il  30%  del  totale, quelle di media difficolta'  il  50%,  e  quelle  difficili  il  20%. I candidati non possono avvalersi, durante la prova preselettiva, di codici, raccolte normative,  testi,  appunti di qualsiasi natura e di strumenti idonei alla memorizzazione di informazioni o alla trasmissione di dati.

    

Art. 10.

Formazione della graduatoria

  1.  La  correzione  degli  elaborati  e l'attribuzione del relativo punteggio  vengono  effettuati  con idonea strumentazione automatica, utilizzando procedimenti di lettura ottica.
  2.   Avvalendosi   del   sistema   automatizzato,   la  commissione giudicatrice forma la graduatoria della prova preselettiva sulla base dei  punteggi attribuiti, al termine di ogni sessione, ai questionari contenenti le risposte dei candidati.
  3. La graduatoria e' resa pubblica con le modalita' di cui al comma 1  dell'articolo  12  del  presente  decreto.  Ai candidati utilmente collocati  in  graduatoria e' comunicata l'ammissione almeno quindici giorni prima dello svolgimento delle prove scritte.

    


Capo III
Svolgimento delle prove concorsuali

Art. 11.

Prove scritte

  1. Le prove scritte consistono:
    a) nello   svolgimento  di  tre  elaborati,  rispettivamente,  su diritto  amministrativo  e/o  diritto costituzionale, diritto civile, storia   contemporanea  (a  partire  dall'unita'  d'Italia)  e  della pubblica amministrazione italiana;
    b) nella     risoluzione     di     un     caso     in     ambito giuridico-amministrativo   o  gestionale-organizzativo,  al  fine  di verificare l'attitudine del candidato all'analisi e alla soluzione di problemi inerenti alle funzioni dirigenziali;
    c) nella  traduzione,  con  l'uso  del vocabolario, di un testo o nella  risposta  ad  un  quesito  nella  lingua inglese o francese, a scelta del candidato.
  2.  La  durata delle prove scritte di cui al precedente comma 1, e' stabilita  in otto ore per quelle sub a), in sette ore per quella sub b) e in quattro ore per quella sub c).
  3.  La  commissione  giudicatrice,  qualora  durante la valutazione degli  elaborati scritti abbia attribuito ad uno di essi un punteggio inferiore  a  quello  minimo  prescritto,  non  procede all'esame dei successivi elaborati.

    

Art. 12.

Prove orali

  1.  Alle  prove  orali  sono  ammessi a partecipare i candidati che nelle  prove  scritte  abbiano  conseguito in media una votazione non inferiore  a ventuno trentesimi e non inferiore a diciotto trentesimi in  ciascuna prova. L'esame verte sulle materie delle prove scritte e sulle  seguenti  altre:  nozioni  generali di sociologia e di scienza dell'organizzazione;  diritto  comunitario;  scienza  delle  finanze; diritto  penale  (codice penale: libro I; libro II, titoli II e VII); legislazione  speciale  amministrativa  da  specificare  nel bando di concorso;   elementi   di   amministrazione   del   patrimonio  e  di contabilita' generale dello Stato.
  2.  Nel  corso della prova orale e' accertata inoltre la conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche piu' diffuse,  da  realizzarsi  anche  mediante  una verifica applicativa, nonche'  la  conoscenza  delle  potenzialita'  organizzative connesse all'uso degli strumenti informatici.
  3. I candidati che nella prova orale hanno conseguito una votazione non   inferiore  a  diciotto  trentesimi  sono  dichiarati  idonei  e collocati  nella  graduatoria  finale  di merito del concorso secondo l'ordine  determinato  dalla  somma  dei  punteggi  conseguiti  nelle singole prove scritte e nella prova orale.

    

Art. 13.

Prova facoltativa di lingua straniera

  1. Nell'ambito della prova orale, i candidati, che ne abbiano fatto richiesta  nella  domanda  di ammissione, possono sostenere una prova facoltativa  di  lingua  straniera  tra  le lingue francese, inglese, tedesco  e  spagnolo  diversa  da quella oggetto della prova scritta.
Alla  prova facoltativa e' attribuito un punteggio aggiuntivo fino ad un massimo di 0,5 trentesimi.

    

Art. 14.

Formazione della graduatoria

  1.  La graduatoria finale del concorso e' approvata con decreto del Capo  del  Dipartimento  per  gli affari interni e territoriali, reso consultabile  anche  su  Internet o presso il Ministero dell'interno, Dipartimento   per  gli  affari  interni  e  territoriali,  Direzione centrale per le risorse umane. Dell'approvazione della graduatoria e' data   notizia   mediante   avviso  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica italiana.
  2.  Il  possesso del diploma di specializzazione o del dottorato di ricerca  conseguiti  in  relazione  agli  obiettivi ed alle attivita' formative  dei  titoli di studio di cui all'articolo 2, determina, ai fini   della   formazione   della   graduatoria   finale  di  merito, l'attribuzione  di  un  ulteriore punteggio, rispettivamente, di 0,75 trentesimi e 1 trentesimo.
  3.  Non sono valutati i titoli di preferenza e di precedenza la cui documentazione  non  sia  conforme  a  quanto prescritto dal bando di concorso  ovvero  che  siano  pervenuti  all'amministrazione  dopo la scadenza  del  termine  stabilito  nel  bando stesso, salvi i casi di regolarizzazione  formale  da  effettuarsi entro il termine assegnato dall'amministrazione stessa.

    


Capo IV
Disposizioni finali

Art. 15.

Comunicazioni relative al concorso

  1.  Le  comunicazioni  dell'amministrazione relative alle procedure concorsuali   si  intendono  validamente  effettuate  se  inviate  al recapito  indicato  dal  candidato nella domanda di partecipazione al concorso.   Le   eventuali  variazioni  del  recapito  devono  essere comunicate  a  cura del candidato stesso a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento da inviarsi al Ministero dell'interno.

    

Art. 16.

Norme di rinvio

  1.  Per quanto non previsto nel presente regolamento si rinvia alle norme   in   materia   di   accesso  agli  impieghi  nelle  pubbliche amministrazioni,   contenute   nel   decreto   del  Presidente  della Repubblica   9 maggio   1994,  n.  487,  e  successive  modifiche  ed
integrazioni.
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
    Roma, 4 giugno 2002


Il Ministro dell'interno
           Scajola


Il Ministro per la funzione pubblica
               Frattini

Visto, il Guardasigilli: Castelli
Registrato alla Corte dei conti il 2 luglio 2002
Ministeri istituzionali, registro n. 8 Interno, foglio n. 334

          Avvertenza:

              Il  testo  delle  note  qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione   competente  per  materia,  ai  sensi dell'art.10,  comma  3,  del testo unico delle disposizioni  sulla   promulgazione   dalle  leggi,  sull'emanazione  dei decreti   del   Presidente   della   Repubblica   e   sulle pubblicazioni    ufficiali   della   Repubblica   italiana, approvato  con  D.P.R.  28 dicembre  1985, n. 1092, al solo fine  di  facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle  quali  e'  operato  il  rinvio.  Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

     
                  Note all'art. 16:

Da: !!!15/12/2008 17:31:34
Un pò di informazioni!!! speravo di aggiustare il layout...

Da: é colpa15/12/2008 17:34:57
di quel coglione di prima

Da: è colpa15/12/2008 17:36:53
a questo punto il layout lo può sistemare solo il "padrone" del forum

Pagina: 1, 2, 3, 4, 5, 6, ..., 301, 302, 303, 304, 305, 306, 307, 308, 309, 310, 311, ..., 552, 553, 554, 555, 556, 557 - Successiva >>


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