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Importanza voto laurea in giurisprudenza
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Da: pablo escopazzo | 13/12/2017 18:53:57 |
laureati con 110 e lode disoccupati ne conosco un bel po..o magari a fare gli avvocati di prestigio stanno.. la verità è che questo è un paese di deficienti che si sono fatti fottere il futuro da quei 4 maiali all'ingrasso a roma senza alzare tacco.. ma sui forum tutti magistrati però | |
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Da: Maestro del diritto | 10/06/2018 21:33:34 |
Diciamo se non prendi allo stato attuale un voto elevato, avrai gravi difficoltà ad affermarsi nella società e ad avere concrete opportunità lavorative che trascendono dal classico concorso di magistratura. Pensa solo una cosa, ci sono 110 lode che stanno a casa disoccupati. 110 lode che si fanno il mazzo e non passano il concorso di magistratura. Come dovrebbe fare un tizio con un voto inferiore a 100, a passare tali concorsi che per definizione sono assurdi? Francesco Caringella, Bellomo, Santise altri grandi giuristi che sono ed erano consiglieri di stato, hanno preso 110 lode con plauso della commissione ed avevano un curriculum accademico eccelso. E ci sta di più, molto di questi, inoltre, oltre alla laurea avevano fatto assistenti volontari dei professori. Diciamo che il voto di laurea rappresenta qualcosa perché i professori che giudicano dovrebbero essere dei cultori della materia, il voto dell'esame superiore non conta nulla perché quella gente è diventata professore facendo concorsoni orribili e con una discutibile preparazione e curriculum accademico (se avessero avuto un curriculum valido non facevano i dipendenti statali da 4 soldi ma ben altri lavori). | |
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Da: Boh | 12/06/2018 00:35:11 |
Non sapreo | |
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Da: Il voto conta ma non è tutto | 14/08/2018 11:32:51 |
Il voto a Giurisprudenza conta, soprattutto per il privato. Gli studi legali più prestigiosi e le società di consulenza migliori lo valutano come criterio di selezione anche ad anni di distanza dalla laurea, purtroppo, anche se lo reputo una stupidaggine se una persona ha maturato esperienze lavorative significative pur senza un voto elevato. Il fatto che si sia assestata la competizione a livelli così alti è dovuta secondo me all'eccessivo numero di iscritti che ancora invadono le aule di giurisprudenza. Gran parte delle università non fa una dovuta selezione durante gli studi e non esiste selezione all'ingresso, quindi il numero di laureati è giocoforza esuberante rispetto a ciò che il mercato riesce ad assorbire: il risultato è che la selezione viene spostata a un momento successivo, quando ormai si è già speso tempo, soldi e fatica a studiare materie complesse. C'e Da dire che il voto conta molto più nel privato che nel pubblico, in quanto gran parte dei concorsi non prevede il voto come requisito di ammissione ma al massimo come un elemento per attribuire punteggio aggiuntivo in graduatoria. Inoltre, le università non specializzano, non prevedono percorsi davvero formativi e le materie insegnate non riflettono le esigenze di mercato (tanto che a quanto pare per l'ennesima volta in pochi anni stanno per riformare giurisprudenza): se esistesse in tutte le facoltà d'italia una differenziazione seria dei curricula di studio, il problema del voto sarebbe abbondantemente superato. Io credo che selezionare per voto di laurea sia una stupidaggine incredibile, perché non sempre il voto riflette la preparazione di una persona (che magari poi ha proseguito gli studi) e non sia indicativo delle qualità professionali dell'individuo nel complesso, Specie se ci aggiungiamo il dato noto per cui le università non valutano gli studenti in modo uniforme: ci sono quelle che regalano i voti e quelle in cui il voto si suda, e parecchio. E questo i datori di lavoro lo sanno, alla faccia delle varie UniPegaso etc. Purtroppo, però, chi assume ha bisogno di un'indicazione sulla persona per fare screening tra i C.V. e questa indicazione viene dal voto di laurea (e dal tempo di conseguimento). Risultato: se uno si laurea con un voto alto, lavorerà ad alto livello e si costruirà un C.V. coi fiocchi. Chi non ha un voto alto dovrà arrangiarsi come riesce. Questo al netto di 110isti tutto studio ma niente capacità pratica, con corsisti di lungo corso (per i quali il voto alla lunga non conta più nulla) e persone comunque capaci a lavorare bene in proprio anche senza voti alti. Dovrebbero mettere il numero programmato e chiudere la questione una volta per tutte ma per farlo ci vuole il coraggio di scontrarsi contro un sistema consolidato che lucra e vuole continuare a lucrare su matricole che credono ancora che "con giurisprudenza si trova lavoro". | |
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Da: Cosa | 14/08/2018 23:55:25 |
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Da: ... | 15/08/2018 09:37:53 |
Mi riferivo a quelli che pur essendo usciti con 110, o un voto prossimo a questo, si fermano anni a studiare per i concorsi (spesso quello di magistratura) senza passarne nemmeno uno. Dopo qualche anno il voto di laurea per questi perde valenza, perché è passato troppo tempo tra la data di laurea e la maturazione di esperienza lavorativa presso datori privati. Per questi, come per altri, l'unica alternativa rimane vincere un concorso pubblico. | |
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Da: ... | 15/08/2018 09:47:44 |
Quanto lungo non saprei dire esattamente. Lo quantifico in anni. | |
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Da: Antonino92 | 15/08/2018 10:47:02 |
Il voto di laurea è e resta un indicatore importante della preparazione e impegno di un individuo e per questo mi sembra giusto valorizzarlo. In un momento storico come questo, dove vi sono 100 mila laureati in giurisprudenza all'anno, il voto riveste ulteriormente una sua importanza. Per come la vedo io, il voto rappresenta la condizione sine qua non grazie al quale una persona può svolgere esperienze e lavori altamente qualificati che gli permettono di migliorare le sue prospettive occupazionali. C'è da dire, però, che oramai la situazione scarsamente Florida nel mercato privato italiano, induce ragazzi molto validi a buttarsi in concorsi pubblici dove spesso il voto non viene valutato. Per questo, se si deve valutare in termini di trade-off tra voto e tempo di laurea, io preferisco sempre un ragazzo che si è laureato in pochissimo tempo rispetto al voto in quanto potrà dedicarsi allo studio dei concorsi e accedere a concorsi come magistratura prima del previsto. Se però uno vuole accedere al privato, è ovvio che deve prendere almeno 110 | |
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Da: Antonino92 | 15/08/2018 10:48:33 |
Tra l'altro i percorsi post-lauream (tirocini, praticantato ecc...) precedono il voto di laurea minimo di 105. Oggi come oggi se non prendi almeno 105, avrai una strada particolarmente spinosa | |
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Da: dici | 15/08/2018 13:02:38 |
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Da: Non conta niente | 15/08/2018 14:13:03 |
farete tutti lavori di merda, da chi prende 110 e lode a chi se l'è cavata col voto minimo. Compressione salariale, globalizzazione ecc.ecc. | |
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Da: Antonino92 | 15/08/2018 15:03:50 |
Diciamo dipende anche dalle proprie ambizioni, se si vuole fare un lavoro da 4 soldi allora va bene prendere un voto basso se invece si vuole fare un lavoro alto livello o almeno buono è necessario un bel voto | |
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Da: ci_riprovo | 15/08/2018 19:00:30 |
A malapena ho utilizzato la laurea figuriamoci il voto | |
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Da: Per sopra | 16/08/2018 02:46:53 |
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Da: Jiren | 16/08/2018 05:26:05 |
Ma a che vi serve il voto alto se poi andate a fare concorsi per militari/vigili urbani/impiegati livello c? | |
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Da: MALA TEMPURA | 16/08/2018 07:11:33 |
Il voto di laurea non conta un bel niente. Un laureato con 75/110 che riesce a farsi raccomandare e diventare notaio, guadagnerà, dieci volte lo stipendio di un laureato con 110 e lode che fa l' avvocato o diventa magistrato. | |
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Da: MaestroDel | 16/08/2018 11:29:50 |
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Da: MaestroDelDiritto | 16/08/2018 11:34:48 |
Il voto di laurea serve se si vuole fare il tirocinio presso gli uffici giudiziari, pratica presso avvocatura generale dello stato italiano e tirocini presso autorità indipendenti ben retribuiti. Serve anche come titolo valutato nei concorsi di dottorato di ricerca, per collaborare con cattedre e professori universitari, per ottenere assegni di tutorato. Inoltre viene valutato anche nelle imprese e nelle aziende dove uno vuole lavorare insieme ad altre esperienze ovviamente. Inoltre in molti concorsi viene sempre più valorizzato basta vedere il concorso per il comune di Napoli e i concorsi nelle authority come quello in banca di Italia. Infine oltre al voto di laurea conta anche la tesi e la specializzazione che si fa durante il proprio percorso di studio ossia è necessario specializzarsi in un ambito che possibilmente sia inerente alla propria tesi di laurea. Questo è se si vuole lavorare a livelli abbastanza elevati e soprattutto competitivi. In alternativa, ci sono i concorsi comunali cat c che basta che tieni la laurea | |
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Da: Per sopra | 17/08/2018 02:02:32 |
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Da: Magari esistesse la specializzazione | 17/08/2018 09:37:18 |
Sarebbe necessario arrivati a questo punto che seri percorsi di specializzazione (magari con tirocini curricolari dedicati) fossero già previsti dalle Università. In tal modo si supererebbe il problema del voto e si comincerebbe a creare figure un più specifiche fin dagli studi universitari. Per come è impostato adesso l'insegnamento universitario, è tutto rimandato a dopo la laurea, con gli effetti che vediamo. Dovrebbero fare selezione all'ingresso (così da prendere gente motivata al percorso giuridico), selezione per i percorsi di specializzazione (così da non inflazionare subito i percorsi più "gettonati) e infine stabilire un modo uniforme per assegnare i voti agli esami, così non si avrebbero più discrepanza tra le facoltà e si eviterebbero 110sti che in altre università avrebbero preso 90. Staremo a vedere cosa faranno con la nuova laurea in giurisprudenza, anche se temo che gli interessi delle solite cariatidi rovineranno anche questo tentativo di rilancio. | |
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Da: an | 17/08/2018 13:24:35 |
Nella mia brevissima esperienza da neolaureato, posso dire che conta. Sto svolgendo il tirocinio in tribunale che richiede come voto di laurea almeno 105. Un amico che è nel privato, ha da poco ottenuto l'indeterminato con somme dignitose e l'azienda, tra i requisiti di selezione, chiedeva essersi laureati con 110. Sono d'accordo con chi afferma come ciò non sia sintomatico di effettive competenze e professionalità ma è indubbiamente premiale essere usciti con il massimo (in tempo o con un leggero fuoricorso) anche per eventuali posizioni successive: un conto è dire di aver svolto un tirocinio in una realtà aziendale importante o in Tribunale, altro di aver fatto la pratica dal dominus x di paese. Resta il fatto che sicuramente c'è poco da vantarsi o da essere felici vista la situazione generale. | |
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Da: Luieeee.. | 17/08/2018 14:01:54 |
Per me tre il votoun indicatore deve essere il tempo per laurearsi. Se io dovessi scegliere prenderei un 105 laureato nei termini che un 110 fuori corso.il rispetto dei tempi.per conseguire un obiettivo è un indice importante | |
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Da: Luieeee.. | 17/08/2018 14:02:57 |
Oltre il voto un . | |
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Da: MALA TEMPURA | 17/08/2018 14:08:35 |
Il voto di laurea non conta un bel niente. Un laureato con 75/110 che riesce a farsi raccomandare e diventare notaio, guadagnerà, dieci volte lo stipendio di un laureato con 110 e lode che fa l' avvocato o diventa magistrato. | |
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Da: in | 18/08/2018 04:53:59 |
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Da: an | 18/08/2018 11:08:56 |
Preferisco non fare nomi ma in una realtà molto affermata e può stare sereno. Ho scelto il tirocinio, senza mezzi termini, come ultima spiaggia. Volevo iniziare a guadagnare dopo la laurea ma dopo che studi legali mi hanno offerto in città grandi al massimo 500 euro al mese chiedendo fedeltà assoluta ("si lavora anche la notte e tutti i weekend") e non avendo passato selezioni di realtà che mi interessavano maggiormente, ho deciso di tornare nella mia città dove svolgevo un piccolo lavoretto che ho ripreso. Nel mentre è uscito il bando per il Tribunale, ed eccomi qui. Ho superato il colloquio per una banca ma si trattava di fare il centralinista in una città molto costosa e, al netto di tutto, sarei andato in pari. Ancora non so se pentirmi o meno della scelta ma tant'è. La mia è stata una mera procrastinazione: fra meno di un anno sono punto e a capo. Non sogno affatto magistratura ma ho pensato tra me e me che,laddove volessi riciclarmi in qualche realtà (studio legale, azienda ecc...) aver lavorato accanto ad un magistrato possa essere valorizzato maggiormente rispetto ad una normale pratica legale. Visto che entrambe sono gratis, proviamo a fare quella che vede un minimo di selezione all'ingresso. Ho la fortuna di parlare due lingue straniere, di aver studiato all'estero varie volte ma temo che più vada avanti con l'età meno siano determinanti come fattori, contando il difficile mondo delle law firm (per cui sono già vecchio) e delle realtà elitarie. | |
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Da: Vade retro | 18/08/2018 11:43:26 |
Io mi sono laureato con meno di 100 e con un po' di ritardo. Ho svolto congiuntamente il praticantato (rigorosamente gratuito) e la SSPL. Sono diventato avvocato al primo tentativo e ho provato una volta il concorso in magistratura, senza successo. Pensavo che avere l'abilitazione contasse qualcosa ma sono finito a lavorare in uno studio legale a euro 500/mese con la prospettiva di arrivare a euro 900/mese nell'arco di un anno: in sintesi, al netto delle spese, avrei lavorato per meno di euro 3000 all'anno con cui avrei dovuto pagarmi un affitto e vivere con il resto. Impensabile. Purtroppo per noi laureati in giurisprudenza c'è Un intero settore, quello dell'avvocatura, che è impraticabile per un giovane: anni di sfruttamento e poi, se va bene, ci si mette in proprio. Oppure di continua a fare la fame a oltranza. Per il resto le aziende non assumono quasi più questo tipo di personale e i concorsi pubblici sono sempre iperaffollati. Siamo arrivati al punto che o si è una vera eccellenza oppure non si lavora (salvo raccomandati e chi ha le conoscenze). Questo perché negli anni non si è fatta programmazione e si sono sfornati troppi giuristi: non a caso giurisprudenza ha perso in questi ultimi anni oltre il 40% delle matricole in tutta Italia. Ai giovani che vogliono intraprendere questo percorso va detto di astenersene, salvo ne siano veramente motivati. Ricordo che c'è un disegno di legge depositato in parlamento per istituire la figura dell'avvocato dipendente ma l'attuale dirigenza politica ha scelto di non appoggiarlo per ragioni non note. Siamo noi giovani che dovremmo pretendere tutele e una formazione adeguata ma di questo argomento non ne parla mai nessuno. | |
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Da: MaestroDelDiritto | 18/08/2018 12:29:13 |
Sulla equazione giurisprudenza e disoccupazione, devo dire che è una equazione che non corrisponde alla realtà o meglio che dipende molto dal voto e dall'età con cui esci dall'università e soprattutto dall'ateneo uno ha conseguito il titolo. Dico questo per esperienza diretta di molti miei colleghi laureati con lode che all'età di 24 anni dopo la laurea, non avevano più voglia di studiare e hanno inviato candidature in banche e studi legali e puntualmente sono stati presi. Esempio un collega che conosco all'età di 24 anni già lavorava in Credem a 1500 euro al mese, vicino dove abita, con contratto a tempo determinato che dopo un anno è stato convertito a tempo indeterminato. Ora è inquadrato come consulente in Banca. Così come altri miei colleghi si sono trasferiti a Mlano per lavorare presso importanti studi legali come Simmons and Simmons e Tonelli, superando il colloquio al quale hanno potuto accedere e grazie ai loro meriti hanno potuto superare. L'ammissione al colloquio è dipeso sostanzialmente da 5 fattori: 110 lode, età giovane, ateneo prestigioso, tesi interessante, buona conoscenza della lingua inglese. Diciamo che il possesso di tali requisiti non ti garantisce un posto di lavoro ma ti dà una chance che non avresti se non possiedi parte o tutti di tali requisiti. Quindi evitiamo di scoraggiare i giovani e chi si appresta a intraprendere il percorso di laurea in giurisprudenza in quanto dopo la laurea non si trova lavoro perché oggi, rispetto a prima, le opportunità sono cresciute a dismisura basta pensare che se prendi 105 vai a fare il tirocinio in tribunale che non è particolarmente impegnativo e prendi 400 euro al mese ed è formativo perché ti specializzi in un settore stando a contatto con i giudici e la realtà giudiziaria. Comunque il discorso che giurisprudenza lo devono fare solo le persone brave, è un discorso che non si applica solo a giurisprudenza ma a tutte le facoltà visto che conosco un casino di ingegneri laureati con voti bassi e che stanno a spasso per strada non trovando un lavoro. Aggiungo, concludendo, che giurisprudenza è una facoltà che per come è strutturata offre opportunità a tutti. Sei andato male all'università e reputi che sia stato vittima di una ingiustizia? Nelle altre facoltà, come economia, diciamo schiatti e ti accontenti dei lavori in aziende da quattro soldi. In giurisprudenza puoi dimostrare il tuo valore accedendo ai concorsi più prestigiosi (magistratura, notariato, procuratore dello stato, prefettura, commissario e tanti altri) che non prevedono il voto di laurea. Se uno ha le palle e vuole dimostrare di essere uno buono, studia come un pazzo e cerca di passare uno di questi concorsi dimostrando a se stessi e agli altri che il voto di laurea è un semplice numero. | |
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Da: MaestroDelDiritto | 18/08/2018 12:34:11 |
Infine vista da un'altra prospettiva io penso che prendere un voto basso a giurisprudenza può anche essere un fatto positivo perché non potendo accedere a certe cose, ti concentri solo sullo studio di certi concorsi appena esci, incrementando a dismisura le possibilità di passarli dopo 3/4 anni rispetto ad altri colleghi che sono risultati più meritevoli e sono pieni di opportunità e offerte. | |
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Da: Spar | 18/08/2018 13:19:03 |
E le autorita indipendenti | |
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