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13 dicembre 2016: Parere CIVILE
748 messaggi, letto 127232 volte

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Da: Luisette13/12/2016 14:26:25
Ragazzi la questione dei 50000 euro  come la si risolve??
Rispondi

Da: st13/12/2016 14:28:25
lota!!!
Rispondi

Da: px13/12/2016 14:29:07
impiegato statale?
Rispondi

Da: bum13/12/2016 14:31:36
ma che ti sei fumato?
Rispondi

Da: kelloMar13/12/2016 14:32:18
per quanto riguarda i 50000  la legge non offre un riferimento ben preciso ma si limita a stabilire, nel secondo comma dell'articolo 783 del codice civile, che "la modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante".
Rispondi

Da: IO13/12/2016 14:33:54
QUALCUNO PUBBLICA LA SOLUZIONE ALLA
PRIMA TRACCIA?
Rispondi

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Da: kelloMar13/12/2016 14:35:49
"Prego madre natura di infradiciarti di emorroidi, di farti sputare sangue alla mattina appena alzato, di spappolarti gradualmente il fegato, di farti dono di un verme solitario che ti riempia la pancia, di darti emicranie continue e nausea dirompente, due carie per ogni dente, un raffreddore perpetuo, una ciste gigante proprio in punta al naso, di farti sordo, muto ma non per sempre: che la voce ti venga sporadicamente e per pochi secondi, nei quali tu spari cazzate immani."
Rispondi

Da: NOC NOC13/12/2016 14:36:37
La responsabilità del proprietario per i danni causati dagli animali ha radici molto antiche: risalgono al diritto romano le actiones de pauperie e de pastu che obbligavano al risarcimento il pater familias per i danni causati dagli animali domestici prodotti da atti contrari alla loro natura o a causa del pascolo abusivo sul fondo altrui.
Fino all'età giustinianea il danno era riferibile al soggetto tenuto al risarcimento senza alcuna indagine intorno all'elemento psicologico del danneggiante, si rammenti che anche la lex Aquilia non faceva alcun riferimento alla culpa, ma in seguito -fino agli estremi del diritto intermedio che conveniva in giudizio l'animale- si fece sempre più strada la ricerca di una stato psicologico di colpa nel soggetto che era tenuto al risarcimento, risarcimento visto, come insegnavano i giusnaturalisti, come una pena. Ecco perché quando è giunta in Italia, sulla scorta della previsione del Code Napoléon, la previsione della responsabilità per danni causati da animali la dottrina e la giurisprudenza hanno cercato di ricondurla nell'alveo della responsabilità per colpa
Cavaliere è colui che utilizza l'animale e quindi è inapplicabile l'art. 2052,
Soggetti responsabili sono il proprietario dell'animale, o ( e si tratta di una "o" disgiuntiva, e quindi la responsabilità non sarà solidale, a minor garanzia del danneggiato) chi ha in uso l'animale.
Utente è colui che trae dall'animale le stesse utilità che trarrebbe il proprietario adoperandolo secondo la sua natura e la sua destinazione economico sociale.
I concetti di "utilizzo" e di "custodia" dell'animale sono basati esclusivamente sul conseguimento dei relativi vantaggi patrimoniali: si tratta, infatti, di una responsabilità modellata sulla regola ubi commoda, ibi et incommoda. Quindi l'allievo di una scuola di equitazione non può essere inteso come utilizzatore dell'animale, in quanto è pacifico che non è lui ma il gestore del maneggio a trarre vantaggio economico dal cavallo e in quanto a lui è sottratta la disponibilità dell'animale che deve obbedire agli ordini impartiti dall'istruttore.
L'attività di maneggio, all'interno del circolo, in presenza di personale qualificato, con cavalli collaudati e adatti all'attività di insegnamento, su un tracciato sicuro e ben conosciuto, non può considerarsi "attività pericolosa". Il gestore risponderà, perciò, per i danni occorsi agli allievi, ex art. 2052, in quanto proprietario, o persona che ha in uso l'animale. Quando, però, si tratta di esercitazioni di principianti, ignari di ogni regola di equitazione, o di allievi giovanissimi la cui inesperienza, e conseguente incapacità di controllo sull'animale, che potrebbe essere imprevedibile nelle sue reazioni se non sottoposto a valido comando, o quando specifiche caratteristiche proprie del caso sono idonee a rendere pericolosa l'attività equestre (ecco che torna la valutazione ex post) lo svolgimento dell'attività imprenditoriale di maneggio diventa pericolosa. In quest'ultima ipotesi il gestore, pertanto, risponderà ex art. 2050 Cod.Civ. dal momento che il cavallo costituisce lo strumento dell'attività pericolosa.

Diagnosi errata - Responsabilità dell'ente clinico - Esclusione - Onere della prova - Erronea lettura di radiografia.
In tema di responsabilità dell'ente ospedaliero o clinico in relazione ai danni riportati dal paziente, in particolare, per una diagnosi errata o, comunque, incompleta, atteso che siffatta responsabilità deve essere ricondotta nell'ambito di quella professionale medica, deve ritenersi applicabile la disciplina di cui all'art. 2236 c.c.. L'azienda ospedaliera, in particolare, non risponde dei danni derivanti da prestazioni che comportino la soluzione di problemi di particolare difficoltà (salvo i limiti necessariamente connessi al dolo ed alla colpa grave) purché offra compiuta dimostrazione circa l'esistenza, nel caso concreto, di siffatto presupposto attenuativo. Non può, in particolare, ritenersi attenuata o attenuabile la responsabilità dell'Ente in relazione all'omessa diagnosi di una frattura delle dita del piede atteso che tale patologia risulta rilevabile con la semplice lettura dell'esame radiografico, lettura che, per consolidata esperienza medica, non risulta particolarmente difficoltosa
Rispondi

Da: Lasoluzione 13/12/2016 14:40:50
Il parere in esame richiede di affrontare in primo luogo la questione della responsabilità extracontrattuale connessa con l'attività equestre nell'ipotesi in cui il danneggiato sia un principiante.
Si tratta, in sintesi, di stabilire se la disciplina applicabile al caso in questione sia quella prevista dall'art. 2050 ovvero dall'art. 2052 c.c.
La gestione di impianti sportivi con l'impiego di animali comporta l'insorgere di almeno due diverse specie di responsabilità, rientranti entrambe nell'alveo della responsabilità oggettiva: la responsabilità per esercizio di attività pericolose (art. 2050 c.c.) e responsabilità per danni prodotti da animali (art. 2052 c.c.).
L'art. 2050 c.c. prevede che ci si libera da responsabilità solo provando di "avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno": la prova liberatoria non verte dunque sulle modalità del fatto che ha cagionato il danno, ma sulle modalità di organizzazione dell'attività pericolosa, che debbono apparire idonee a prevenire eventuali danni. In realtà, poiché si verte in materia di responsabilità oggettiva, la vera prova liberatoria, al dunque, potrà raggiungersi solo dimostrando che il danno è dovuto ad un evento non prevedibile né superabile con l'adeguata diligenza, ossia che il danno è dovuto ad un caso fortuito.
Ai sensi dell'art. 2052 c.c., invece, "il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito".
Il primo presupposto della responsabilità per i danni da animali è che il danno sia «cagionato» dall'animale, ossia il danno deve essere "conseguente" al comportamento dell'animale risultando del tutto irrilevante il requisito della pericolosità dell'animale, per cui la responsabilità in questione opererà anche se il danno proviene da un animale di indole mansueta.
Il dettato normativo prevede, inoltre, che possano essere chiamati a risarcire i danni cagionati dall'animale solo il proprietario o l'utilizzatore dello stesso, i quali ne rispondono sia che l'animale fosse sotto la loro custodia sia che fosse smarrito o fuggito.
Tornando al tema che ci interessa più da vicino, passiamo ora a chiederci quale sia il regime di responsabilità invocabile da parte dei Sig.ri Beta, e cioè se quello generale previsto dall'art. 2050 c.c. ovvero la disciplina specifica di cui all'art. 2052 c.c.
La giurisprudenza, in più occasioni ha affermato che il gestore di un maneggio, proprietario o utilizzatore dei cavalli ivi esistenti, adibiti allo svolgimento di lezioni di equitazione da parte di allievi, risponde quale esercente di attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c., dei danni riportati dai partecipanti qualora siano cavallerizzi principianti o inesperti (Cass. 27 novembre 2015, n. 24211) e, più in generale, ha predicato l'applicabilità dell'art. 2050 c.c. soltanto laddove l'esperienza del fantino, le caratteristiche del percorso o il comportamento dell'animale montato comportino una maggiore esposizione al rischi di incidenti (cfr. Cass., 4 dicembre 1998, n. 12307).
E, dunque, nel caso specifico dovrà ritenersi certamente responsabile il gestore del maneggio, quale esercente un'attività pericolosa, per i danni riportati al piccolo Tizio a seguito della caduta da un cavallo imbizzarrito durante una lezione di equitazione.
Quest'ultimo, invero, allievo principiante, è stato scaraventato a terra da un cavallo che già all'inizio dell'esercitazione aveva dato segni di evidente nervosismo tanto da far intervenire l'istruttore per calmarlo e senza che, per questo, si provvedesse alla sua immediata sostituzione.
D'altronde assegnare ad un allievo non esperto un animale potenzialmente nervoso è sicuramente condotta inidonea alla prevenzione del rischio.
Per altro verso, difficilmente potrà giovare al proprietario del maneggio la clausola sottoscritta dai Sig.ri Beta con cui lo si esonerava da ogni responsabilità connessa all'attività di equitazione svolta all'interno del Circolo.
A tal proposito "La dichiarazione unilaterale dell'allievo di una scuola di equitazione, con la quale il gestore sia esonerato da ogni responsabilità per i danni patiti dagli allievi, è improduttiva di effetti nei casi di responsabilità per colpa grave, ex art. 1229 c.c. Tale colpa grave è ravvisabile nella condotta degli istruttori i quali, pur avendo notato che uno degli animali impiegati per l'esercitazione dava segni di nervosismo, non lo abbiano sostituito" (Cassazione civile, sez. III, 19/06/2008, n. 16637).
Le clausole di esonero o di limitazione non esonerano da responsabilità neppure in caso di colpa lieve, se il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di «obblighi derivanti da norme di ordine pubblico» (art. 1229, secondo comma, c.c.). Tali sono le norme poste a presidio della integrità fisica, della sicurezza, della salute della persona e, in genere, dei diritti della personalità.
Concludendo si può senz'altro affermare che i Sig.ri Beta, genitori del minorenne Tizio, potranno invocare l'art. 2050 c.c. per ottenere il risarcimento dei danni subiti nei confronti del proprietario dell'impianto ippico presso cui si erano recati perché venissero impartite delle lezioni di equitazione al figlioletto e ciò principalmente a ragione del fatto che, da un lato, il bambino era un cavaliere principiante ed inesperto e, dall'altro lato, che  pare non sussistano elementi per ipotizzare la presenza del caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità del gestore del maneggio, nei confronti del quale può, invece, addirittura adombrarsi la presenza di una colpa, per non aver sostituito il cavallo assegnato a Tizio in ragione del fatto che dall'inizio dell'esercitazione quest'ultimo aveva manifestato evidenti segni di nervosismo, rendendo quindi prevedibile quello che poi purtroppo è in effetti accaduto (Cass. Civ. sent. N. 7093/2015).   
Con riguardo alla errata ed intempestiva diagnosi della frattura da parte dei medici del pronto soccorso, vi sono maggiori difficoltà che riguardano il risarcimento del danno e l'accertamento del danno subito dalla persona proprio a causa di quell'errore. Non è sempre facile, infatti, accertare se il pregiudizio lamentato si sarebbe verificato ugualmente anche in ipotesi di diagnosi corretta o tempestiva.
Da quanto si evidenzia dal caso in esame, pare di facile comprensione che, nonostante un intervento chirurgico eseguito a regola d arte, il piccolo Tizio sia comunque rimasto invalido al 6%; ciò fa presumere che nonostante il pronto soccorso avesse diagnosticato per tempo la frattura, la lesione derivata dalla caduta fosse stata talmente grave da far derivare comunque la suddetta invalidità.
Pertanto, se così fosse, anche l'ipotetica negligenza o imperizia dei medici, persino ove di elevata gravità, non è idonea ad elidere il nesso causale tra la condotta e l'evento, in quanto l'intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini della esclusione del nesso di causalità occorre un errore sanitario del tutto eccezionale che da solo determini l'evento (Sentenza della Cassazione n. 28246 del 07 Luglio 2016).
Rispondi

Da: NOC NOC13/12/2016 14:42:55
CLAUSOLE DI ESONERO DA RESPONSABILITA'
E' prassi far sottoscrivere, presso i maneggi o i circoli ippici, prima della partecipazione a lezioni di equitazione o prima delle passeggiate all'esterno, delle dichiarazioni di esonero dalla responsabilità della struttura che gestisce la scuola di equitazione per eventuali danni subiti o arrecati dai cavalieri. Pur non mancando pareri contrari è ritenuto dai più, ed è anche opinione di chi scrive, che tali clausole siano assolutamente nulle, ai sensi dell'art. 1229 Cod. Civ. ("E' nullo qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico). Ciò soprattutto con riguardo ad eventuali danni fisici, stante l'indisponibilità del diritto all'integrità fisica. A parte le considerazioni meramente tecnico-giuridiche, non si può negare che la sottoscrizione delle clausole in parola possa essere letta come il tentativo di legittimare atteggiamenti colposi o di leggerezza degli organizzatori dell'attività equestre, incentivando l'elusione di regole e trasformando una sana attività sportiva, al servizio del benessere psicofisico della persona, in una fonte incontrollata di pericoli.
Di nessun valore saranno soprattutto quelle dichiarazioni sottoscritte per praticare attività all'interno di un maneggio, sotto la guida di personale ed istruttori inseriti nella struttura sportiva, ancor più in considerazione della giovane età degli allievi. E' inoltre da tenere presente che il recente "Codice del consumo" (D.lgs 6 settembre 2005 n. 206) ha sancito il diritto dei partecipanti alle lezioni di discipline sportive  a ricevere, in quanto "consumatori" un servizio "sicuro" e "garantito" ed ha altresì espressamente sancito (all'art. 36 comma 2 lett. a) la nullità "….delle clausole che (….) abbiano per oggetto o per effetto di escludere o limitare la responsabilità del professionista, in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista".
Si potrebbe ipotizzare la validità di clausole di esonero dalla responsabilità in caso di attività di equiturismo o trekking a cavallo, esercitata da cavalieri esperti, laddove si ravvisi il carattere di pericolosità oggettiva dell'attività. In tal caso la dichiarazione di ogni partecipante di assumersi la responsabilità dei danni che potrebbe subire o causare potrebbe valere come dichiarazione di accettazione di una particolare e consensuale ripartizione dei rischi.
Alla luce delle considerazioni espresse nei precedenti paragrafi, riteniamo che potrebbero essere ben più utili delle dichiarazioni scritte nelle quali l'utente dei servizi offerti dal circolo ippico attesta il suo grado di abilità nella pratica equestre (suffragandolo magari con attestazioni o brevetti posseduti) e nel quale viene descritta compiutamente l'attività che si andrà a svolgere (lezioni base, lezioni avanzate, attività di maneggio, escursioni all'esterno), sottolineando, qualora ne ricorrano gli elementi, la concessione dell'utilizzo "in autonomia" del cavallo, al fine di testimoniare, in caso di bisogno, la concessione in uso del cavallo al cliente, ed escludere così la responsabilità del proprietario
Rispondi

Da: NOC NOC13/12/2016 14:43:29
CLAUSOLE DI ESONERO DA RESPONSABILITA'
E' prassi far sottoscrivere, presso i maneggi o i circoli ippici, prima della partecipazione a lezioni di equitazione o prima delle passeggiate all'esterno, delle dichiarazioni di esonero dalla responsabilità della struttura che gestisce la scuola di equitazione per eventuali danni subiti o arrecati dai cavalieri. Pur non mancando pareri contrari è ritenuto dai più, ed è anche opinione di chi scrive, che tali clausole siano assolutamente nulle, ai sensi dell'art. 1229 Cod. Civ. ("E' nullo qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico). Ciò soprattutto con riguardo ad eventuali danni fisici, stante l'indisponibilità del diritto all'integrità fisica. A parte le considerazioni meramente tecnico-giuridiche, non si può negare che la sottoscrizione delle clausole in parola possa essere letta come il tentativo di legittimare atteggiamenti colposi o di leggerezza degli organizzatori dell'attività equestre, incentivando l'elusione di regole e trasformando una sana attività sportiva, al servizio del benessere psicofisico della persona, in una fonte incontrollata di pericoli.
Di nessun valore saranno soprattutto quelle dichiarazioni sottoscritte per praticare attività all'interno di un maneggio, sotto la guida di personale ed istruttori inseriti nella struttura sportiva, ancor più in considerazione della giovane età degli allievi. E' inoltre da tenere presente che il recente "Codice del consumo" (D.lgs 6 settembre 2005 n. 206) ha sancito il diritto dei partecipanti alle lezioni di discipline sportive  a ricevere, in quanto "consumatori" un servizio "sicuro" e "garantito" ed ha altresì espressamente sancito (all'art. 36 comma 2 lett. a) la nullità "….delle clausole che (….) abbiano per oggetto o per effetto di escludere o limitare la responsabilità del professionista, in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista".
Si potrebbe ipotizzare la validità di clausole di esonero dalla responsabilità in caso di attività di equiturismo o trekking a cavallo, esercitata da cavalieri esperti, laddove si ravvisi il carattere di pericolosità oggettiva dell'attività. In tal caso la dichiarazione di ogni partecipante di assumersi la responsabilità dei danni che potrebbe subire o causare potrebbe valere come dichiarazione di accettazione di una particolare e consensuale ripartizione dei rischi.
Alla luce delle considerazioni espresse nei precedenti paragrafi, riteniamo che potrebbero essere ben più utili delle dichiarazioni scritte nelle quali l'utente dei servizi offerti dal circolo ippico attesta il suo grado di abilità nella pratica equestre (suffragandolo magari con attestazioni o brevetti posseduti) e nel quale viene descritta compiutamente l'attività che si andrà a svolgere (lezioni base, lezioni avanzate, attività di maneggio, escursioni all'esterno), sottolineando, qualora ne ricorrano gli elementi, la concessione dell'utilizzo "in autonomia" del cavallo, al fine di testimoniare, in caso di bisogno, la concessione in uso del cavallo al cliente, ed escludere così la responsabilità del proprietario
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Da: Luisette13/12/2016 14:44:41
Raga la questione dei 50000??
Rispondi

Da: karma100013/12/2016 14:45:26
un giorno pagherai per tutto questo...sto ricercando la tua posizione
Rispondi

Da: Gauguin13/12/2016 14:47:31
2050 e 2043 c.c.
Rispondi

Da: Psichiatra per parere13/12/2016 14:49:06

- Messaggio eliminato -

Rispondi

Da: fralia13/12/2016 14:56:57
scusate potreste indicarmi gli altri siti per favore? forexinfo non ha ancora messo le soluzioni
Rispondi

Da: Come si fa13/12/2016 14:58:02
La traccia
Rispondi

Da: IO13/12/2016 14:59:10
dove trovare la soluzione prima traccia? grazie a chi mi risponderà

Rispondi

Da: st13/12/2016 14:59:25
parere numero 2?? perfavore
Rispondi

Da: E basta13/12/2016 14:59:26
Esseri repressi.non fate rabbia, fate schifo!
Gente come voi è la feccia dell'umanità
Rispondi

Da: Esame98013/12/2016 15:00:26
X responsabilità medica il 2043 è ok?
Rispondi

Da: NezPerces 13/12/2016 15:00:33
ma gli admin nn provvedono ad eliminare questi esseri malvagi?
Ps qualcuno che posta la probabile soluzione 1 traccia, grazie
Rispondi

Da: Francyfg  13/12/2016 15:01:23
La cercavo anche io ma non ancora escono
Rispondi

Da: Aiutamoli senza polemiche13/12/2016 15:02:11
Qualcuno che posta la probabile soluzione 2 traccia, grazie!!!!!!!!!!
Rispondi

Da: memeri13/12/2016 15:03:59
la traccia su caio e l donazione sull appezzamento di terreno....  suggerimenti?
Rispondi

Da: aiutone 13/12/2016 15:07:38
Art 2043 é giusto?
Rispondi

Da: blasio 13/12/2016 15:11:15
Donazione si deve parlare anche della successione testamentaria mi hanno detto. Confermate?
Rispondi

Da: Xvyar13/12/2016 15:15:26
Avete uno schema per la seconda traccia?
Rispondi

Da: Tecco13/12/2016 15:19:33
GIURDAN..

Norme di riferimento
Art. 2050 c.c.

Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno

Art. 2052 c.c.

l proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni [2056] cagionati dall'animale (1), sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.

Art. 1229 c.c.

E' nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.
E' nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico

Art. 36, 2°comma, lett. a) Codice del Consumo

1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista.

Art. 2236 c.c.

Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave

Massime della giurisprudenza di riferimento
Sulla responsabilità del maneggio

Cassazione civile, sentenza, n. 27 novemembre 2015, n. 24211.

Nel caso di allievi più esperti l'attività equestre è soggetta alla presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c. ( con la conseguenza che spetta al proprietario od all'utilizzatore dell'animale che ha causato il danno fornire non soltanto la prova della propria assenza di colpa, ma anche quella che il danno é stato causato da un evento fortuito ), il gestore del maneggio risponde viceversa quale esercente di attività pericolosa ex art, 2050 c.c. dei danni riportati dai soggetti partecipanti alle lezioni di equitazione qualora gli allievi siano come nella specie principianti, del tutto ignari dì ogni regola di equitazione, ovvero giovanissimi.

Cassazione civile, sentenza 12 gennaio - 9 aprile 2015, n. 7093.

Lo stabilire se una attività sia da reputare "pericolosa" ai sensi dell'art. 2050 c.c., al fine di sottoporre chi la esercita alla presunzione prevista da quella norma, è un accertamento di fatto, non una valutazione in diritto. "Pericolosa", ex art. 2050 c.c., è infatti l'attività potenzialmente causativa di danno non solo per la sua natura, ma anche per la natura dei mezzi adoperati. Esistono dunque attività pericolose di per sé, ed attività svolte in modo pericoloso, cioè pericolose in relazione al caso concreto: e per queste ultime l'accertamento della "pericolosità" non può che essere compiuto dal giudice di merito tenendo conto di tutte le specificità della fattispecie, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità. La gestione d'una scuola d'equitazione può essere in concreto pericolosa, ma può anche non esserlo: tale requisito non sussiste in astratto, ma va accertato in concreto in base alle modalità con cui viene impartito l'insegnamento, alle caratteristiche degli animali impiegati ed alla qualità degli allievi.

Questa Corte ha da molto tempo suggerito, al riguardo, una massima di esperienza quale criterio orientativo per la soluzione dei casi pratici: ovvero quella consistente nel presumere che, di norma, impartire lezioni di equitazione a fanciulli o principianti comporta pericoli che non sussistono quando gli allievi sono esperti; con la conseguenza che la prima attività (impartire lezioni a principianti) sarebbe pericolosa, la seconda (impartire lezioni ad esperti) non lo sarebbe .

Deve tuttavia essere ben chiaro che quella appena indicata non è una regula iuris, ma una mera massima d'esperienza, basata sull'id quod plerumque accidit: sicché non viola l'art. 2050 c.c. il giudice di merito che, motivando, ritenesse nel caso concreto pericolosa l'attività di insegnamento dell'equitazione impartita ad allievi esperti, ovvero ritenesse non pericoloso l'insegnamento dell'equitazione a fanciulli.

(…)

La responsabilità dell'esercente attività pericolosa (art. 2050 c.c.) ha dato invece luogo a maggiori discussioni in dottrina, e ad una significativa evoluzione della giurisprudenza di questa Corte.

Secondo l'orientamento più antico, l'art. 2050 c.c. prevedrebbe una mera presunzione di colpa, con la conseguenza che l'esercente l'attività pericolosa si libera da responsabilità fornendo la prova di avere tenuto una condotta diligente, e non è necessario che fornisca anche la prova del caso fortuito. Più di recente tuttavia, si è affermato che la responsabilità di cui all'art. 2050 c.c. ha natura oggettiva: essa pertanto sussiste sulla base del solo nesso di causalità, a prescindere da qualsiasi rimprovero in termini di colpa che possa essere mosso all'esercente l'attività stessa.

All'esercente l'attività pericolosa non basta, per evitare la condanna, la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l'evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere in modo certo il nesso causale tra l'attività pericolosa e l'evento, e non già quando costituisca elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l'insorgenza a causa delle inidoneità delle misure preventive adottate. Non vi è dubbio che assegnare ad un allievo non esperto un animale potenzialmente nervoso è condotta inidonea alla prevenzione del rischio.

Cassazione civile, sez. III, 9.3.2010, n. 5664

L'attività sportiva consistente nella partecipazione ad una lezione di equitazione da parte di allievi dotati di sufficiente esperienza rientra, ai fini della responsabilità civile, nella fattispecie dell'art. 2052 cod. civ. con applicazione della relativa presunzione; spetta pertanto al gestore dell'animale (utilizzatore o proprietario) che ha causato il danno fornire non solo la prova dell'assenza della propria colpa, ma anche quella che il danno è stato cagionato dal caso fortuito, poiché ciò che rileva è la semplice relazione esistente tra il gestore e l'animale e il nesso di causalità tra il comportamento di questo e il danno (nella specie il gestore è stato ritenuto responsabile del danno causato dal calcio improvviso di un cavallo sferrato mentre il gruppo di allievi, sotto la guida dell'istruttore, procedeva in fila indiana).

Cassazione civile, 19 luglio 2008, n. 20063:

In tema di danno cagionato da animali, il proprietario o utente dell'animale (nella specie Centro ippico che utilizza il cavallo a fini di lucro) per sottrarsi alla responsabilità presunta è tenuto a fornire la prova del caso fortuito, che può consistere anche nel fatto del terzo, ma solo dopo che sia stato dimostrato in modo in equivoco la sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento dell'animale, del suo cavaliere ed il danno causato.

Cassazione civile, 17 ottobre 2002, n. 14743:

In tema di responsabilità per danni causati da animali, perché la responsabilità del proprietario gravi su di un altro soggetto, occorre che il proprietario giuridicamente o di fatto si sia spogliato della facoltà di far uso dello stesso (intendendo tale locuzione nel senso di trarne un profitto economico), trasferendolo ad un terzo. Qualora, invece, il proprietario continui a far uso dell'animale sia pure tramite un terzo e, quindi, abbia ingerenza nel governo dello stesso, resta responsabile dei danni arretrati dallo stesso di qualunque danno.

Cassazione civile 23 novembre 1998, n. 11861

L'attività di equitazione svolta all'interno di un circolo ippico, alla presenza di un istruttore, con cavalli collaudati ed addestrati ad essere montati da persone non esperte, le quali, peraltro, in quanto allievi, vengono portate a conoscenza delle regole fondamentali della equitazione, non può, in linea di principio, proprio per tali caratteristiche, essere annoverata tra le attività pericolose di cui all'art. 2050 c.c. salvo l'accertamento, in fatto, di specifiche caratteristiche proprie del caso concreto, idonee a rendere obiettivamente pericoloso lo svolgimento dell'attività equestre ed è, pertanto, soggetta, per i danni subiti dagli allievi durante le esercitazioni, alla presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario o di chi si serve dell'animale per il periodo in cui lo ha in uso, in relazione ai danni cagionati dallo stesso.

Cassazione civile, 19 giugno 2008 , n. 16637

La dichiarazione unilaterale dell'allievo di una scuola di equitazione, con la quale il gestore sia esonerato da ogni responsabilità per i danni patiti dagli allievi, è improduttiva di effetti nei casi di responsabilità per colpa grave, ex art. 1229 c.c. Tale colpa grave è ravvisabile nella condotta degli istruttori i quali, pur avendo notato che uno degli animali impiegati per l'esercitazione dava segni di nervosismo, non lo abbiano sostituito.

Sulla responsabilità del medico

Tribunale di Firenze, 4 settembre 2014 n. 2594

Il medico che incorre in errore professionale per essersi reso conto del distacco di un frammento della componente protesica con grave ritardo rispetto all'evento (in quanto già visibile chiaramente dalle radiografie effettuate a seguito dell'intervento), causando un dolore aggiuntivo al paziente e costringendolo ad una nuova operazione, deve risarcirlo del danno subito per la persistente sintomatologia dolorosa. Inoltre, viene riconosciuto anche il danno non patrimoniale derivato dall'omessa corretta e tempestiva informazione, che avrebbe dato modo quanto meno di anticipare nel tempo la decisione di sottoporsi a nuovo intervento chirurgico.

Tribunale di Monza, Sezione 1 Civile, Sentenza 12 aprile 2011, n. 1130



In tema di responsabilità dell'ente ospedaliero o clinico in relazione ai danni riportati dal paziente, in particolare, per una diagnosi errata o, comunque, incompleta, atteso che siffatta responsabilità deve essere ricondotta nell'ambito di quella professionale medica, deve ritenersi applicabile la disciplina di cui all'art. 2236 c.c.. L'azienda ospedaliera, in particolare, non risponde dei danni derivanti da prestazioni che comportino la soluzione di problemi di particolare difficoltà (salvo i limiti necessariamente connessi al dolo ed alla colpa grave) purché offra compiuta dimostrazione circa l'esistenza, nel caso concreto, di siffatto presupposto attenuativo. Non può, in particolare, ritenersi attenuata o attenuabile la responsabilità dell'Ente in relazione all'omessa diagnosi di una frattura delle dita del piede atteso che tale patologia risulta rilevabile con la semplice lettura dell'esame radiografico, lettura che, per consolidata esperienza medica, non risulta particolarmente difficoltosa.

Cassazione civile, 18 settembre 2008, n. 23846

In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso allorché abbia determinato la tardiva esecuzione degli opportuni interventi al fine di evitare l'evento (nella fattispecie asportazione della milza) e risulti inoltre che per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la "chance" di conservare una migliore qualità della vita nonché la "chance" di vivere per un tempo più lungo di quello poi effettivamente vissuto.
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Da: poket13/12/2016 15:21:39
donazione terreno, diretta o indiretta?
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